vedi qui
Transcript
vedi qui
Stanisław Czerniewicz ai padri e fratelli della provincia Polock, 13 agosto 1783 ARSI, Russia 1001, VII-2. Orig. “Lettera del R.P. Stanisław Czerniewicz ai Padri e ai Fratelli, con l’annuncio della dichiarazione a viva voce fatta dal Papa Pio VI. In data 13 agosto 1783” [titolo dell’archivista] Testo latino pubblicato in Marek Inglot SJ, La Compagnia di Gesù nell’Impero Russo (1772-1820) e la sua parte nella restaurazione generale della Compagnia (Rome, 1997), pp 273-5 Ai reverendi Padri e carissimi Fratelli della minima Compagnia di Gesù in Russia Bianca: vi saluto nel Signore. Quello che S. Giovanni Crisostomo, nell’omelia 8.va su Matteo, ha lasciato scritto di tutti i servi di Dio, che cioè Dio misericordioso non permette che abbiano continue tribolazioni né continue gioie, ma intreccia nella vita dei giusti, con ammirevole varietà, sia le avversità che i momenti prosperi, questo fa anche con noi, secondo il volere della sua clementissima Provvidenza, tanto che sperimentiamo più di quanto, delle nostre vicende, si debba raccontare. Ogni volta che, all’irrompere di nuove tempeste, credevamo che per noi fosse finita, ci siamo invece rallegrati perché da questi stessi pericoli è venuto per noi un bene. Non ci eravamo ancora ripresi dal timore che a Roma si decidesse qualcosa di funesto contro di noi, o che a Pietroburgo, in nome del Sommo Pontefice, si tramasse qualcosa di mortale per noi, quand’ecco che il desideratissimo, a Roma e a Pietroburgo, arrivo dell’illustrissimo e reverendissimo signore Giovanni Benisławski, coadiutore dell’arcivescovo di Mogilev, ci fa sapere che, là come qui, le nostre cose sono fuori pericolo; e che in particolare il Sommo Pontefice ratifica tutto ciò che qui è stato fatto per stabilire la nostra minima Compagnia: e lo ha detto con parole chiare e ripetute. Avendo ricevuto una notizia così lieta, non posso trattenermi dal comunicare alle vostre Reverenze il 1 sollievo che ne ho tratto e invitarvi a rendere grazie a Dio, Padre di nostro Signore Gesù Cristo, che in ogni nostra tribolazione ci conforta in modo così meraviglioso. In particolare desidero che, a tal fine, ossia per rendere grazie, ogni padre offra a sua Divina Maestà tre sacrifici della Messa e ogni fratello tre comunioni. Ma questo sacrificio di lode sarà tanto più accetto, quanto più cercheremo di dargli gloria in opere e in verità. Due sono le cose che il Signore sembra ora esigere, fra l’altro, dalla nostra minima Compagnia, custodendola incolume in mezzo a tanti pericoli, cioè una strenua cura della salvezza del prossimo e la mutua carità fra di noi. Se il fine per cui, attraverso il nostro santo Padre Ignazio, ispirato da Dio, è stata istituita la Compagnia, fu la propagazione della divina gloria mediante la ricerca della perfezione, unita alla zelo di guadagnare le anime redente dal prezioso sangue di Cristo, non è difficile capire che il fine per il quale la somma provvidenza volle che la parte residua della medesima Compagnia fosse conservata in questa Russia Bianca, non è altro, tenuto conto della nostra condizione e con particolare riguardo per i ministeri e gli uffici, che il nostro sforzarci con ogni mezzo di essere utili agli abitanti di questa regione. Stando così le cose, non abbiamo forse qualche motivo per temere che il Signore ci respinga lontano da sé come servi inutili e indegni della sua mirabile tutela, se, stanchi di faticare nella sua vigna, o cerchiamo di sfuggire le opere che riguardano l’aiuto del prossimo, o le curiamo fiaccamente; se, tutti presi dalle comodità della vita, ci dedichiamo soltanto ai nostri studi, poco preoccupati della rovina di tante anime, in questo mondo pieno di scandali. Se vi fosse fra noi qualcuno, il quale sente che il proprio animo si lascia andare all’ozio e alla pigrizia, gli sarebbe di grande aiuto riportarsi alla mente ciò che dice San Gregorio Magno nell’omelia 17.ma: Consideriamo dunque attentamente di quale dannazione sarebbe meritevole chi riceve il compenso del proprio lavoro senza aver lavorato; quale delitto sia di fronte a Dio mangiare il prezzo dei peccati e non 2 predicare in nessun modo contro i peccati stessi; teniamo presenti coloro che, convertiti dal nostro parlare, grazie ai nostri rimproveri tratti fuori dai loro cattivi comportamenti, hanno fatto penitenza; ricordiamo qual è il nostro guadagno davanti a Dio, che ci ha dato i talenti e ci ha inviati all’opera. Si apre largamente al nostro zelo il campo di una seria educazione dei giovani, e quindi quello, secondo l’intento del nostro Santo Padre, che voleva che le lettere fossero un mezzo per il fine, che è l’inizio della sapienza ossia del timore di Dio, dell’infondere nei loro teneri animi l’amore per la virtù e l’integrità dei costumi. Mai quanto oggi dobbiamo fare ogni sforzo perché le nostre scuole rispondano all’aspettativa del pubblico e perché siano osservate con esattezza tutte le prescrizioni della Ratio Studiorum; altrimenti, questo mezzo non sarà idoneo per il fine che le scuole della nostra Compagnia si sono fissato. Dedichiamoci perciò a quest’opera con animo alacre e coraggioso, in modo che non manchi nulla di ciò che è desiderabile quanto a dottrina, anche se non dobbiamo insistere su questo come se fosse lo scopo; non si risparmino i maestri e i professori nell’erudire volentieri i loro alunni perché facciano profitto nelle lettere, ma ancor più perché, dalla nostra educazione, essi escano così onesti e retti, così solidi in ciò che viene loro inculcato sulla religione e sull’amore della virtù, da poter essere non solo famosi oratori, filosofi, matematici, ecc., ma insieme anche buoni cittadini e ottimi cristiani. Tuttavia, poiché in questo la fatica non è poca, chi mai si dedicherebbe a un bene altrui, se non animato dallo spirito di carità ? E come si può avere carità verso gli esterni, se non si ha carità verso i propri compagni ? Senza la carità, allo stesso modo nessuna comunità può resistere, e un edificio che manca di una forte connessione fra le sue parti meno che meno può reggere ai colpi violenti delle tempeste o delle macchinazioni. Un esercito, invincibile dagli assalti nemici, può essere sconfitto dalle frecce degli interni dissidi che i cittadini si lanciano fra di loro. Dove vi è carità, pace e reciproco consenso degli animi, Cristo è presente, come egli stesso ha detto: Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, Io sto in mezzo a loro. E dove è presente Cristo, 3 nulla può esservi di nocivo: benché la barca degli apostoli fosse sopraffatta dalle onde e benché Gesù dormisse, dal momento che era con loro, tutto fu salvo. Invece, dove vi sono ira, invidia, competizioni e fazioni, sospetti e conflitti, gli uomini non possono pensare di essere riuniti nel nome del Signore. Dio non voglia che questo accada facilmente fra di noi, che siamo chiamati, e siamo, figli di Dio e perciò figli della pace ! Volgiamo piuttosto gli occhi ai nostri primi padri, la cui storia ci descrive la mutua carità e ci mostra un’immagine del paradiso da loro abitato. Si racconta che allora, nella casa professa di Roma, oltre a sei professi vi erano dodici fratelli, che erano entrati poco prima nella Compagnia: ciascuno esercitava diligentemente il proprio ufficio, e si coltivava con ardore l’impegno della primitiva pietà … La volontà di obbedire era somma, il rispetto era profondo e solerte, la purezza d’animo nel vivere insieme era mirabile, i costumi erano semplici, i volti avevano atteggiamento modesto, il che è un indice di onestà: uno spettacolo per il cielo e una gioia per gli uomini ! Nessuna competizione, se non per la virtù, nessuna maldicenza invidiosa, nessuna parola di lamento. Tutti gareggiavano negli uffici comuni, e nel rendersi onore reciprocamente. L’unica contesa era per l’umiltà, che è madre della pace e della concordia; benché fossero così diversi data la varietà dei costumi, dei paesi d’origine e delle età, fra di loro vivevano in grande armonia, un solo corpo e un solo spirito: si sarebbe detto che fossero non uomini di questa terra, ma una compagnia di angeli in corpo umano. Così descrive Orlandini i nostri primi padri [cfr N.Orlandini, Historia Societatis Jesu …, Roma 1614], e affinché la posterità possa così leggere anche di noi, per il dolcissimo vincolo di carità che ci tiene uniti, come quella perla preziosa per la quale colui che l’ha trovata, dà tutti i suoi beni e la compra, dobbiamo far sì che nulla vi sia per noi di più caro, e di cui non vogliamo facilmente privarci. Uniamo le nostre preghiere al Principe della pace e a colui che ama la carità, perché ci renda concordi con la sua grazia. Mi raccomando intensamente ai Santi Sacrifici delle vostre Reverenze. E infine prego il Reverendo Padre Provinciale di comunicare a tutti i nostri collegi e missioni questa mia lettera, perché sia letta a tavola. 4 Polock, 13 agosto dell’anno del Signore 1783 Delle vostre Reverenze e Carità servo in Cristo Stanisłao Czerniewicz. V.G.S.I., in Russia Bianca m.p. 5