La rassegna di oggi

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La rassegna di oggi
RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – giovedì 19 gennaio 2017
(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono
scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)
ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE (pag. 2)
Cie, Serracchiani da Minniti. Scontro sui fondi ai profughi (M. Veneto)
La Cisl alla Regione: «Serve una svolta per giovani e donne» (M. Veneto)
La linea di Russo: «Il Pd ritorni allo schema Illy» (M. Veneto)
CRONACHE LOCALI (pag. 5)
Sangalli, Sisecam incontra i lavoratori (M. Veneto Udine)
Unione al via, ma già verso lo sciopero (Gazzettino Udine)
Weissenfels, condannato ex manager. Non versò le ritenute dei dipendenti (M. Veneto Ud)
Vertice col gruppo Sassoli: «Garanzie per il futuro» (M. Veneto Pordenone)
L’Aas 5 ottiene i rinforzi. In arrivo altri 26 infermieri (M. Veneto Pordenone)
«Lavoro ai profughi? Bene, ma prima ai nostri disoccupati» (Gazzettino Pordenone)
Sereni Orizzonti, l'appello: non lasciateci senza lavoro (Gazzettino Pordenone)
Commissione del Senato in città per la Ferriera (Piccolo Trieste)
Tariffe stracciate per far rivivere i ricreatori in crisi (Piccolo Trieste)
Operaio in cella per associazione mafiosa (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
«Fincantieri potrebbe spostare lavoro a Stx» (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Consorzio “fai da te”, battesimo entro tre mesi (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Il caso Pipistrel approda in Parlamento (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
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ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE
Cie, Serracchiani da Minniti. Scontro sui fondi ai profughi (M. Veneto)
di Mattia Pertoldi - Dopo voci, indiscrezioni, mezze parole oggi è il giorno in cui il ministro
dell’Interno Marco Minniti mostrerà le carte. A Roma, infatti, è previsto l’incontro tra il titolare del
Viminale e i presidenti delle Regioni in cui il ministro delineerà ai governatori il cambio di rotta
sull’immigrazione deciso rispetto al suo predecessore – Angelino Alfano – nel frattempo transitato
agli Esteri. Un piano che, stando a quanto si è appreso in questi giorni, dovrebbe prevedere una
stretta sull’accoglienza, riducendo la possibilità di impugnare il diniego di una richiesta d’asilo a un
grado di giudizio. Non solo, perché Minniti punta a spingere sugli accordi bilaterali per la
riammissione con quei Paesi da cui provengono i migranti, sull’obbligo per i profughi di prendere
parte ai lavori socialmente utili in attesa della risposta delle commissioni di verifica e, soprattutto, la
riapertura dei Cie che dovrebbero cambiare nome – tramutandosi in Centri di permanenza per il
rimpatrio – e soprattutto struttura: piccoli centri, uno per regione, da 80-100 posti e controllati,
all’esterno, dagli uomini dell’esercito. E se su quest’ultima opzione bisogna registrare la contrarietà
della Cgil del Fvg – per bocca del responsabile immigrazione Emanuele Iodice – su un altro dei
punti del piano Minniti, quello che riguarda i rimpatri volontari, si è scatenata la polemica del
centrodestra regionale che contesta, in particolare, l’accordo stretto tra Stato e giunta che prevede
un finanziamento da 3 mila 500 euro (di cui mille regionali) per chi decide di fare ritorno,
spontaneamente, nel proprio Paese d’origine. «Dire che mille euro spesi per un rimpatrio fanno
risparmiare alla collettività – ha attaccato la consigliera regionale Barbara Zilli – è semplicemente
vergognoso e non fa altro che alimentare una spirale viziosa: l’assessore Gianni Torrenti invita gli
immigrati a raggiungere la nostra Regione». A farle eco, poi, ci ha pensato il collega di Fdi Luca
Ciriani. «Credo che sulla questione immigrazione questa Regione stia davvero toccando il fondo –
ha tuonato –. Come si può anche solo pensare di rimpatriare volontariamente persone che non
hanno alcun diritto a stare qui, mettendo nelle loro tasche mance da 3 mila 500 euro ciascuno di
soldi nostri? È pura follia». Dura, infine, anche la posizione di Fi espressa dal consigliere Roberto
Novelli. «All’improvviso sembra che i fondi comunitari che la Regione potrebbe utilizzare per i
rimpatri – ha spiegato – non pesino sulle tasche di nessuno. La sinistra che fino a ieri ha predicato
accoglienza e integrazione dimenticandosi delle priorità sociali, di cui dovrebbero per primi
beneficiare gli italiani, si è messa a fare un mestiere non suo e adesso scimmiotta malamente le
posizioni più rigide del centrodestra su una situazione insostenibile. Se la Regione darà, come
proposto, mille euro ad ogni richiedente asilo che decide di rimpatriare volontariamente, dia anche
mille euro in più a ogni indigente italiano, secondo regole che si possono scrivere per mantenere la
pace sociale e quel senso di equità e giustizia che la sinistra con la sua politica sino a ora
terzomondista aveva smarrito».
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La Cisl alla Regione: «Serve una svolta per giovani e donne» (M. Veneto)
Voucher, ma non solo, nel confronto tra Cisl Fvg e Regione svoltosi a Monfalcone per iniziativa del
sindacato ci sono infatti le politiche attive del lavoro nel loro complesso, ovvero quel pacchetto di
misure ed interventi finalizzati a sostenere l’occupazione e che, guardando al dato sull’utilizzo dei
voucher, devono guardare soprattutto ai giovani e alle donne. Ed è stata l’assessore regionale
Loredana Panariti a lanciare la prima proposta per rafforzare appunto quelle politiche indispensabili
a contrastare e sanare gli effetti di una crisi tutt’altro che risolta: aprire un Libro Bianco con
l’obiettivo di aggiornare gli strumenti previsti dalla legge regionale 18 del 2005 del “Buon Lavoro”.
Un intervento auspicato dalla Cisl da almeno tre anni e che oggi trova concretezza nella parole
dell’assessore, con il sindacato che spinge sull’acceleratore, chiedendo l’avvio urgente di un
confronto sul tema, con la consapevolezza - traduce il segretario Alberto Monticco – «che le
politiche del lavoro devono accompagnarsi a quelle industriali perché solo dalla somma di queste
può nascere occupazione». Quanto ai voucher – definiti dalla professoressa Anna Zilli, il “jolly del
mercato del lavoro” – siamo di fronte ad uno strumento ad oggi ingovernabile, stante l’assenza - e
questa è una delle criticità più evidenti - di indicazioni legislative sulle prestazioni accessorie così
retribuibili. «Insomma – chiarisce la docente di diritto del lavoro - c’è una libertà enorme senza
paletti, senza contare che in Italia ci sono 8 mega committenti che hanno acquistato voucher per
compensare prestazioni lavorative continuative, oltre i dubbi sull’estensione della possibilità di
utilizzare i voucher anche all’interno della pubblica amministrazione». «Il punto vero - spiega il
segretario generale della Cisl Fvg, Giovanni Fania, alla vigilia anche della decisione della Corte
Costituzionale sull’ammissibilità del referendum – è riportare i voucher alla loro vocazione
originaria, prevista dalla legge Biagi, ovvero il loro utilizzo per coprire esclusivamente le
prestazioni occasionali, incrementando i controlli e le ispezioni per evitare ogni forma di abuso».
Insomma per la Cisl Fvg i voucher «non vanno cancellati, ma ripensati, anche perché sono uno
strumento indispensabile per contrastare il sommerso ed il nero». In altra sede ieri mattina si è
riunito il consiglio generale della Cisl del Fvg, alla presenza del segretario organizzativo nazionale
Giovanna Ventura, che ha votato i regolamenti con cui il sindacato dà ufficialmente il via alla
stagione dei congressi. Su proposta di una lavoratrice del pubblico impiego è stata posta in
votazione e approvata (con un solo voto contrario e 4 astenuti) una mozione a sostegno dell’opera di
rinnovamento e moralizzazione avviata a livello nazionale dalla segretaria Annamaria Furlan che ha
recentemente commissariato la Funzione Pubblica. Tra i voti a favore, anche quello del leader
regionale Giovanni Fania. (e.d.g.)
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La linea di Russo: «Il Pd ritorni allo schema Illy» (M. Veneto)
di Mattia Pertoldi - Il fioretto, Francesco Russo, lo ha “dimenticato” nella fodera da tempo, almeno
dalle amministrative di primavera che hanno riconsegnato la “sua” Trieste al centrodestra. Il
senatore del Pd, da sei mesi a questa parte, nella palestra – parecchio turbolenta – del partito
regionale è uomo di spada, capace di affondare nelle ferite aperte tra i dem senza timore di
muoversi in controtendenza rispetto alla linea ufficiale, almeno di gran parte del movimento,
arroccata a difesa delle scelte prese dalla giunta Serracchiani in questi quasi quattro anni di
legislatura. Russo parte proprio dall’esecutivo per lanciare il suo grido di allarme in vista delle
Regionali: il Pd ha bisogno di discontinuità per sperare di tornare a occupare lo scranno principale
di piazza Unità e il Fvg, nel suo complesso, di ritrovare quell’unità perduta necessaria a consentirgli
di cancellare quell’alone di opacità – in primis economica – di cui pare essere ormai circondato.
Senatore, prendiamo il discorso alla larga: qual è lo stato di salute, attuale, del Pd del Fvg?
«Abbiamo un oggettivo problema di scollamento tra giunta regionale e cittadini del Fvg. Lo si è
visto alle amministrative in cui siamo passati dal guidare otto dei primi nove Comuni della regione
ad avere in mano soltanto Udine. Mi ha colpito, poi, la classifica sulla “Governance Pool” de Il Sole
24 Ore con dati impietosi per Serracchiani. Perché se da un lato è normale che chi governa subisca
il vento di protesta che spira sul Paese, dall’altro questi dati ci dicono con chiarezza che per
recuperare il terreno perduto servono segnali forti». E da chi dovrebbero arrivare questi segnali?
«La prima a doversi muovere in questo senso è Serracchiani. La presidente deve spiegare se intende
ricandidarsi alla guida della Regione nel 2018, e in quel caso un messaggio chiaro per i nostri
elettori sarebbe la rinuncia al suo ruolo nella segreteria nazionale, oppure se pensa di guidare la
futura pattuglia di parlamentari del Pd eletti in Fvg. Un obiettivo lecito e per il quale la presidente
ha le carte in regola. Ma noi abbiamo bisogno di chiarezza perché una presa di posizione netta, che
eventualmente certificherebbe la rinuncia alla ricandidatura, ci consentirebbe di aprire una
riflessione sulla sua successione in Regione. Il Pd deve uscire dall’impasse in cui è caduto da mesi
riflettendo serenamente sulla bontà della propria azione amministrativa, ma anche sugli errori
commessi». Veramente la maggior parte del suo partito sostiene che le sconfitte elettorali siano
legate alla mancata capacità di comunicazione delle riforme messe in atto... «Lo so, ma è ora di
finirla con la litania del “non ci siamo spiegati” oppure, ancora peggio, la teoria secondo cui “non
siamo stati capiti”. La realtà è che sono stati commessi degli errori di cui bisogna prenderne atto,
cambiando rotta e garantendo una reale discontinuità rispetto a questi anni». Quali errori
rimprovera, in particolare, alla giunta? «La gestione della riforma sanitaria ci è costata più di
qualche amministrazione, a partire da Monfalcone, ma sono le Unioni territoriali intercomunali
(Uti) l’emblema di come si sia smarrita la rotta. Rivendico la decisione di eliminare le Province,
così come la necessità di provare ad accorpare i piccoli Comuni, ma nel momento in cui in
Consiglio si votano 13 versioni diverse per avviare le Uti, decine di sindaci salgono sulle barricate
per affossare la riforma e si impedisce perfino di discutere del concetto di aree metropolitane
significa non rendersi conto della realtà contingente. Ed è anche per questo che insisto nel suggerire
un cambio al vertice del partito regionale». Continua, in altre parole, a pretendere la testa di
Antonella Grim. Corretto? «È quello che ci chiede la nostra base. La difesa acritica delle scelte
prese della giunta, a partire proprio da Uti e sanità, non rende credibile il Pd tra i propri elettori. Se
continuiamo a negare il bisogno di cambiare faremo bene a non cominciare nemmeno la campagna
elettorale per il 2018 perché daremmo a tutti l’idea che non siamo interessati al bene della regione,
ma soltanto alle nostre poltrone». Lei insiste sulla necessità che il Pd avvii una sorta di nouvelle
vague, ma per il ruolo di candidato presidente si fanno i nomi di Sergio Bolzonello, Franco Iacop e
Cristiano Shaurli... «Non ho niente contro di loro, ma agli amici che stanno pensando a una
possibile candidatura sono stato il primo a ricordare come abbiamo bisogno di uno “strappo” con il
passato. Non ho difficoltà a dire che dobbiamo prenderci il tempo per pensare che si possa trovare
valido personale politico al nostro esterno. Ricordo, infatti, che la migliore stagione della politica
regionale, in termini di visione ed efficienza, è stata quella della giunta guidata da Riccardo Illy per
cui dovremmo chiederci, seriamente, se non sia il caso di replicare quello schema virtuoso». Russo
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non è che sta pensando che potrebbe essere lei l’uomo giusto per la Regione? «No, faccio un altro
mestiere e quanto alle primarie ho già dato a Trieste. Quando parlo di discontinuità lo faccio
recitando il mea culpa per la parte politica che rappresento – visto che l’errore più grande è stato
quello di andare diritti per la propria strada senza lasciare spazio a trattative o compromessi –, ma
anche perché penso che il Fvg non abbia più tempo da perdere e debba ritrovare unità e visione
d’insieme. Sulle grandi scelte e direzioni di marcia per lo sviluppo della regione centrosinistra,
centrodestra e M5s devono marciare insieme». E quali sono questi grandi temi su cui chiede
convergenza? «Partiamo dagli enti locali. Sono da sempre sostenitore dell’organizzazione basata
sulle aree urbane. La città metropolitana non riguarda soltanto Trieste, ma pure Udine. Mi
piacerebbe che ripensassimo il territorio non sulla base del campanilismo storico, ma in relazione
alla mobilità dei cittadini, ai cluster di ricerca e ai distretti industriali. È una sfida che lancio a Lega
e Fi altrimenti le spinte centrifughe cui stiamo assistendo, a partire da Pordenone, ci travolgeranno.
Non siamo in grado noi, come Pd, di trovare da soli risposte adeguate, ma non lo è nemmeno il
centrodestra». Le risposte su misura, tarate sulle singole esigenze locali, dunque, secondo lei non
funzionano? «Come regione siamo cresciuti solo quando siamo stati uniti e possiamo tornare agli
antichi fasti. Prendete il porto di Trieste che, grazie all’opera di Zeno D’Agostino, è diventato un
asset strategico per l’intera imprenditoria regionale, compresa quella friulana e pordenonese. Lo
stesso si può dire per Porto Vecchio che vale dai 3 ai 5 miliardi di euro di investimenti e rappresenta
una sfida che non può essere solo triestina. Ma ricordo anche le chance legate a innovazione,
formazione meccatronica, tecnologie digitali per il Fvg, turismo e manifattura. Possiamo diventare
la Silicon Valley europea, ma dobbiamo correre, sfruttando la nostra Specialità, perché siamo già in
ritardo». Curiosità finale: secondo lei quando si andrà al voto per le Politiche? «Consulta, difficoltà
di realizzare una legge elettorale che permetta realmente di governare e i temi che dobbiamo
affrontare con urgenza mi fanno propendere più per l’autunno che per giugno».
CRONACHE LOCALI
Sangalli, Sisecam incontra i lavoratori (M. Veneto Udine)
La Sisecam Flat Glass Italy incontrerà i lavoratori della Sangalli Vetro Porto Nogaro di ciascun
turno con i quali organizzerà un sopralluogo in stabilimento assieme ai rappresentati dell’Unione
Sindacale Italiana (Usi) per verificare di persona le segnalazioni e i suggerimenti per migliorare le
condizioni di lavoro dei dipendenti. Questo in sintesi uno degli accordi siglati nell’incontro tenutosi
martedì nello stabilimento di Sisecam tra il general manager Sahin, il procuratore speciale D’Errico
e i legali di Sisecam avvocati Gamabrota e Totaro; presente in conference call l’avvocato Carrà e il
segretario nazionale Usi Renato Grego e il segretario interconfederale Gabriele Rigo, con le Rsa
Raffaele D’Andrea, Andrea Fontana, Antonio Santoro, Andrea Spangaro e RorarioVizzini Rosario,
per discutere in merito alle problematiche emerse nell’incontro del 13 gennaio. Dopo una breve
presentazione personale del general manager e ampia discussione relativa alle tematiche sul
riconoscimento delle Rsa Usi, sulle modalità di rappresentanza sindacale all’interno dell’azienda e
sulla possibilità di indizione delle elezioni per le Rsu, le parti hanno concordato che entro la
prossima settimana l’azienda convocherà un incontro con i rappresentanti dell’Usi (relativamente a
tale convocazione l’Usi chiede che la convocazione sia inviata alle Rsa Usi che dovrebbe tenersi
entro la fine del mese di gennaio; un incontro delle Responsabili della sicurezza con la direzione il
giorno 23 gennaio per discutere relativamente ai temi della sicurezza sul lavoro. (f.a.)
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Unione al via, ma già verso lo sciopero (Gazzettino Udine)
Cisal e Ugl: «Proporremo l'astensione dal lavoro» - Testo non disponibile
Weissenfels, condannato ex manager. Non versò le ritenute dei dipendenti (M. Veneto Udine)
di Luana de Francisco - Quando l’imprenditore Giovanni Azzano Cantarutti sbarcò a Fusine in
Valromana per tirare fuori dalle secche la Weissenfels spa, in liquidazione da un anno, l’operazione
fu salutata dal sindaco di Tarvisio come «una nuova bella pagina per la comunità». Era il 2010 e,
nei tre anni che seguirono, l’era targata Weissenfels Tech-Chains non tradì le aspettative. Così,
almeno, a sentire il nuovo establishment che, tuttavia, non riuscì a impedire che il tribunale di
Udine, il 22 maggio 2014, ne dichiarasse il fallimento, nè che la Procura avviasse una serie di
procedimenti penali. Quello a carico del solo Cantarutti, 67 anni, di Udine, per omesso versamento
di ritenute previdenziali e assistenziali sulle retribuzioni dei propri dipendenti e delle ritenute
certificate si è chiuso ieri, davanti al tribunale monocratico Paolo Lauteri, con sentenza di condanna
a 8 mesi di reclusione e 500 euro di multa (pena sospesa con la condizionale), a fronte dell’anno
chiesto dal vice procuratore onorario. Il procedimento riunificava due fascicoli: quello con cui il pm
Viviana Del Tedesco gli contestava il mancato pagamento all’Inps di una somma complessiva di
149.892,03 euro per il periodo compreso tra il novembre 2011 e l’ottobre 2012, e quello con cui il
pm Luca Olivotto aveva quantificato in 301.833 euro le ritenute risultanti dalla certificazione
rilasciata ai sostituti per l’anno d’imposta 2011. Lunedì 30 gennaio sarà invece la volta del ben più
complesso procedimento per bancarotta, esteso a una platea più ampia di imputati, a cominciare
dallo stesso ex presidente Azzano Cantarutti, e comprensivo anche di ipotesi di omesso versamento
per i periodi successivi. L’udienza preliminare sarà celebrata davanti al gup Andrea Comez. «Le
vicende trattate in questa sede – ha detto il difensore, avvocato Carlotta Campeis, al termine del
processo – sono strettamente connesse alla bancarotta e troveranno trattazione completa in quel
procedimento. Naturalmente impugneremo la sentenza e, in attesa dell’appello, valuteremo gli
sviluppi della bancarotta». Nel respingere entrambe le contestazioni e chiedere per Azzano
Cantarutti l’assoluzione «perchè il fatto non costituisce reato per mancanza di dolo», il legale aveva
ricordato come gli omessi versamenti delle ritenute fossero legati all’inizio della crisi della società,
tra la fine del 2011 e i primi mesi del 2012. «Le difficoltà del mercato, con l’aumento dei costi delle
materie prime – ha insistito l’avvocato Campeis –, e il blocco di pagamenti e finanze per 800 mila
euro da parte del gruppo Pewag finirono per causare all’azienda una riduzione di liquidità.
Scegliendo di proseguire l’attività d’impresa e di mantenere invariato il numero dei posti di lavoro,
non è rimasta altra soluzione che il taglio del versamento delle imposte».
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Vertice col gruppo Sassoli: «Garanzie per il futuro» (M. Veneto Pordenone)
di Donatella Schettini - Cercare finanziamenti per rilanciare i due siti produttivi di Aviano e Villotta
di Chions, Sigma Re e Lavinox. È la richiesta di Andrea Sassoli, del gruppo Sassoli che è nella
proprietà dei due stabilimenti, al vicesindaci di Aviano, Sandrino Della Puppa, e di Chions, Renato
Santin, che ha incontrato ieri pomeriggio. Il gruppo Sassoli prevede un 2017 all’insegna
dell’ottimismo, come ha comunicato nel vertice chiesto dalle due amministrazioni comunali dopo le
sollecitazioni dei lavoratori preoccupati dalla situazione dei due stabilimenti. Condizioni diverse
certo, ma timore unico per gli addetti che temono di perdere il posto di lavoro. Ad Aviano qualche
settimana fa l’amministrazione comunale aveva incontrato prima i sindacati e poi un rappresentante
del gruppo. Non solo per la ex Nuova Infa, visto che una parte di lavoratori di Lavinox, che è dello
stesso gruppo, arriva dalla ex Pressben di Aviano. «Sassoli ci ha illustrato i piani della società –
dice il vicesindaco di Aviano Sandrino Della Puppa, presente all’incontro con l’assessore alle
attività produttive Carlo Tassan Viol – e i programmi. Ci hanno detto che prevedono un 2017
migliore degli anni precedenti e che faranno di tutto per rilanciare i siti produttivi. Le prospettive,
quindi, secondo loro sono ottimistiche e alle amministrazioni locali hanno chiesto di aiutarli a
trovare finanziamenti, cosa che ci siamo impegnati a fare». L’amministrazione comunale
coinvolgerà la Regione per capire se ci siano possibilità di finanziamento attraverso gli strumenti
messi a disposizione da Friulia, mentre quella di Chions si impegnerà a contattare alcune banche.
«Noi auspichiamo che ci possa essere uno sviluppo – aggiunge Della Puppa – e noi adesso
contatteremo la Regione per capire se ci siano gli strumenti per intervenire in questa situazione». Il
vicesindaco spiega che se ci sarà bisogno incontreranno nuovamente i sindacati, ma per ora la strada
è quella della ricerca di fonti di finanziamento. I compiti adesso ci sono sia per il gruppo che per le
amministrazioni locali, impegnate a gestire la situazione. Per quanto riguarda l’ex Nuova Infa di
Aviano dopo le proteste per il ritardo nel pagamento degli stipendi la situazione è rientrata nella
normalità, seppur con preoccupazione da parte di lavoratori e sindacati. Più complessa la situazione
alla Lavinox di Villotta di Chions, dove lavorano 176 addetti. A dicembre è partita la mobilità
volontaria per 10 persone. Situazioni di difficoltà che mettono in stato di forte preoccupazione i
lavoratori e le loro famiglie.
L’Aas 5 ottiene i rinforzi. In arrivo altri 26 infermieri (M. Veneto Pordenone)
Nel pieno del dibattito sul personale sanitario, con il Nursind (sindacato delle professioni
infermieristiche) che prima minaccia lo sciopero e poi lo ritratta dopo avere avuto garanzia come
detto dal segretario provinciale Gianluca Altavilla, l’Aas 5 è riuscita a portare a casa, dalla
contrattazione con Regione e altre Aas, altri 26 infermieri e attende la risposta alla richiesta di 5 oss
(operatori socio sanitari). Gli infermieri si aggiungono a quelli che hanno preso servizio nelle scorse
settimane grazie al “concorsone”. Su 40 assunzioni di infermieri decise da Trieste, più della metà
arriverà all’Aas 5 di Pordenone. In 26, a tempo indeterminato, verranno “pescati” dalla graduatoria
regionale del concorso effettuato dall’Egas. «Ne abbiamo già avuti 84 – ha detto il direttore
generale dell’Aas 5, Giorgio Simon –. Dal concorso regionale ne erano rimasti 40 e siamo riusciti a
ottenerne 26. Ora sulla base delle esperienze decideremo la destinazione». Privilegiati saranno i
reparti che sono in sofferenza come medicina, chirurgia e area dell’emergenza. (d.s.)
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«Lavoro ai profughi? Bene, ma prima ai nostri disoccupati» (Gazzettino Pordenone)
Vada per i piccoli interventi di pulizia della piazza di Torre o del cortile del Centro studi, ma no a
iniziative che favoriscano i richiedenti asilo rispetto ai pordenonesi in lavori di pubblica utilità. In
attesa che siano chiariti i dettagli dell'iniziativa del ministro dell'Interno Marco Minniti, che si
appresta a presentare al Parlamento un pacchetto di proposte in materia di immigrazione, fra le quali
quella di lavori socialmente utili obbligatori per i richiedenti asilo in attesa del riconoscimento dello
status di rifugiati, l'assessore alle Politiche sociali Eligio Grizzo mette subito le mani avanti. «Nelle
iniziative che ha realizzato la nostra amministrazione sul fronte dell'occupazione ai richiedenti asilo
in attesa, il numero dei profughi impiegati era contingentato, tale da non creare una turbativa sul
mercato del lavoro, e si trattava di interventi non facilmente commissionabili a imprese. Per gli
immigrati, si trattava di poco più che un passatempo: tre ore al giorno per un gesto di buona volontà
nei confronti della comunità che li accoglie». Su circa 360 richiedenti asilo presenti attualmente sul
territorio di Pordenone, sono una trentina quelli che hanno partecipato a questi cantieri. L'iniziativa
aveva debuttato nello scorso mese di settembre, non senza polemiche: quattro gruppi di richiedenti
asilo erano stati impiegati in interventi di pulizia della piazza di Torre, nel cortile interno del Centro
studi e in piazza Maestri del lavoro, sotto la guida di altrettanti tutor italiani con tanto di giubbino di
colore diverso. Un altro lavoro che dovrebbe essere affidato loro a breve dovrebbe essere un
intervento di pulizia delle colonne di corso Vittorio Emanuele.
Ma adesso le cose sembrerebbero differenti stando alle prime indicazioni sulla proposta del
Viminale. «Aspetto di vedere le direttive - continua l'assessore - ci sono molte cose da chiarire.
Innanzitutto i lavori nei quali impieghiamo ora i richiedenti asilo prevedono la volontarietà: su
dieci, tre o quattro hanno dato la disponibilità. Voglio vedere se nel regolamento si prevede
l'obbligatorietà: mi sembra difficile, considerato anche che si è precisato che l'adesione o meno a
queste iniziative non può comportare valutazioni positive o meno ai fini del riconoscimento dello
status di rifugiato». L'iniziativa del Comune aveva peraltro consentito di impiegare anche, nel ruolo
di tutor, persone italiane in stato di disoccupazione, garantendo loro un'entrata, per quanto modesta.
«Ma i soldi della Regione sono finiti subito, fra l'acquisto dei materiali, i corsi sulla sicurezza, le
attrezzature e i compensi per i tutor. Non può essere questa la soluzione al problema degli immigrati
- conclude Grizzo -: non è una soluzione di buon senso. Che cosa facciamo, spendiamo soldi su
soldi per garantire loro questi lavoretti, che non richiedono alcuna professionalità e non creiamo
posti di lavoro per i nostri? E che cosa diranno i sindacati che già criticano la formula dei voucher?
Va bene qualche lavoretto per evitare che queste persone passino il tempo a bighellonare, ma non
che sottraggano il lavoro ai pordenonesi».
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Sereni Orizzonti, l'appello: non lasciateci senza lavoro (Gazzettino Pordenone)
Lorenzo Padovan - Da una parte i circa quaranta addetti che hanno inviato una lettera - la terza,
dopo quella della proprietà e dei familiari - al Comune per cercare di scongiurare la perdita del loro
posto di lavoro; dall'altra la Giunta di Aviano che ha preso tempo, ma che non sembra voler tornare
sui propri passi e intende invece procedere con la chiusura al 31 marzo della casa di riposo di Pra'
de Plana. È quanto accaduto ieri nella vertenza sul futuro della struttura gestita dal 2011 dalla
società Sereni Orizzonti. Tra le parti c'è stato un contatto telefonico, ma le distanze sembrano
invariate. «Comunicheremo la nostra decisione finale la prossima settimana - ha fatto sapere il vice
sindaco di Aviano, Sandrino Della Puppa -, ma è giusto che si sappia che la nostra linea è quella di
proseguire la sperimentazione in altre forme. Non vogliamo illudere nessuno e pertanto
auspichiamo si proceda con la dimissione progressiva degli anziani ospiti e la loro ricollocazione
nelle strutture della provincia». Dalla società friulana fanno sapere di «aver prospettato al Comune
una soluzione che consente all'amministrazione comunale di realizzare nuova gara di appalto per la
gestione del servizio di sperimentazione residenziale. Una gara spiegano i legali di Sereni Orizzonti
che darebbe continuità al servizio e salvaguarderebbe i posti di lavoro degli operatori occupati nella
struttura. Un lieto fine che si realizzerebbe indipendentemente da chi sarà l'aggiudicatario della
concessione».
«In questi 5 anni, il servizio reso da Sereni Orizzonti ha dato una risposta concreta e puntuale
all'esigenza di posti letto espressa dal territorio, senza pesare in alcun modo sulle casse del Comune.
Sarebbe assurdo spiegano da Udine - far chiudere un servizio che funziona, offre una risposta a
molte famiglie e garantisce occupazione a 40 dipendenti, madri e padri di famiglia che rischiano di
ritrovarsi senza un posto di lavoro tra meno di tre mesi». Proprio i dipendenti della struttura, in
attesa che venga chiarito il loro futuro, hanno redatto una lettera-appello all'amministrazione civica.
La società, da parte sua, continua a dichiararsi disponibile «a collaborare con il Comune, la Regione
e l'Azienda sanitaria per trovare insieme la risposta migliore nell'interesse principale degli ospiti e
dei 40 occupati».
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Commissione del Senato in città per la Ferriera (Piccolo Trieste)
Il Parlamento vuole vedere da vicino la Ferriera di Servola e valutare lo stato della riconversione
industriale nell’ambito della siderurgia nazionale. Oggi la Commissione Industria, commercio e
turismo del Senato arriva a Trieste per effettuare un sopralluogo allo stabilimento siderurgico di
Servola e per svolgere un ciclo di audizioni nell’ambito dell’indagine conoscitiva “sul gruppo Ilva
nel quadro della siderurgia e dell’industria italiana”. Alle 17, la Commissione del Senato, presieduta
da Massimo Mucchetti del Pd, incontrerà la stampa in una sala della prefettura di Trieste. Le
audizioni, che si terranno nel Palazzo del governo di piazza Unità, avranno come protagonisti la
presidente della Regione Debora Serracchiani, il sindaco Roberto Dipiazza, il prefetto Annapaola
Porzio, Confindustria, le rappresentanze sindacali, associazioni e comitati ambientalisti. Obiettivo
della trasferta passare al setaccio le prospettive di sviluppo dello stabilimento e affrontare,
inevitabilmente, i nodi legati alle emissioni. «L’iniziativa si iscrive in un’indagine che abbiamo
aperto da qualche tempo sull’Ilva e sulla situazione della siderurgia italiana più in generale - ha
anticipato nei giorni scorsi Mucchetti -. Dopo Trieste, infatti, ci recheremo all’acciaieria Arvedi di
Cremona. Lo scopo è accertare lo stato dell’arte, tanto a Trieste quanto a Cremona, dei due
principali stabilimenti del gruppo, per capire come vanno le cose in una delle realtà più importanti
del Paese nel settore, visto che Arvedi è l'’ndustriale italiano presente nella cordata promossa dalla
Cassa depositi e prestiti per l’acquisizione dell'Ilva, assieme a Leonardo Del Vecchio e al gruppo
indiano Jindal». E quindi? « In sostanza - ha proseguito Mucchetti - l’interesse del governo e del
Parlamento si focalizza sul gruppo Arvedi in quanto tale e sul gruppo Arvedi in quanto socio della
cordata italiana che punta all’Ilva. I giochi si faranno a febbraio, di qui l’utilità di ascoltare le varie
realtà del territorio». Anche il tema ambientale sarà preso in considerazione. «Certo - ha concluso
Mucchetti -, la questione è costantemente all’attenzione del Senato. Il nostro focus, però, sarà
soprattutto sulle opportunità di carattere industriale. Un quadro che non può prescindere
dall’impatto sul territorio circostante, ma nella logica che le produzioni ci devono essere».
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Tariffe stracciate per far rivivere i ricreatori in crisi (Piccolo Trieste)
di Gianpaolo Sarti - Ricreatori (quasi) gratis per tutti. La giunta Dipiazza sta studiando un piano per
togliere le tariffe a partire dal prossimo anno. Un’iniziativa, conferma l’assessore competente
Angela Brandi, pensata per ridare slancio alle strutture, ormai sempre più vuote. Sono i numeri a
raccontare la fuga registrata negli ultimi anni: dopo l’introduzione delle rette obbligatorie, avvenuta
nel 2013, gli iscritti sono scesi progressivamente passando dai 3.500 di quattro anni fa, ai circa
1.700 attuali. Dimezzati. Le famiglie in effetti sono costrette a pagare somme che possono
raggiungere anche i 200 euro l’anno. Non poco, oggigiorno. La quota esatta chiesta ai genitori è
comunque correlata all’Isee e consente l’esonero totale per i nuclei in difficoltà economica. Via
tutto, non sarà più così: l’assessore Brandi intende ritornare al vecchio sistema, con una quota
simbolica di pochi euro, 12 al massimo. Praticamente gratuito. «Da quando è entrato in vigore il
sistema dell’Isee le iscrizioni sono diminuite. Noi invece puntiamo a portare avanti il programma
del sindaco approvato dal Consiglio comunale», afferma l’esponente della giunta Dipiazza. «Il
programma prevede proprio lo sviluppo degli spazi che negli ultimi anni, purtroppo, sono sempre
meno frequentati». Ce ne sono dodici in tutta la città, tutti con una propria storia. «Va detto aggiunge Brandi - che i ricreatori, nel tempo, hanno smarrito anche la loro funzione originaria,
quella di promuovere la socializzazione e il divertimento perché sono diventati sempre più una sorta
di prolungamento delle scuole. Il Sis, il Servizio integrativo scolastico (un doposcuola pomeridiano,
ndr), introdotto nelle strutture, ha fagocitato il resto delle attività ludiche. Con il risultato che i
bambini e i ragazzi alla fine andavano in ricreatorio per studiare e non per giocare». La nuova
giunta ha fissato una regola: alle 16 e 30 si chiude tutto. Quaderni e libri finiscono negli zaini per
lasciar posto, piuttosto, a palloni e racchette. Tariffe e orari ristretti per i compiti non sono le uniche
strategie che la giunta sta avviando: in questi mesi l’assessorato ha lavorato per allargare la rete di
attività da portare tra i giovani, soprattutto per la fascia degli adolescenti considerata più a rischio.
Al “Gentilli” di Servola e al “De Amicis” di Campi Elisi, ad esempio, è partita una collaborazione
con la Scuola di musica 55 per i corsi di chitarra, strumenti a fiato, tastiera e pianoforte. Al
“Nordio”, invece, si farà tiro a segno grazie a una convenzione con il Coni. «Vogliamo favorire la
mobilità - osserva ancora l’assessore - quindi i ragazzi potranno recarsi in tutte le strutture e
partecipare a ciò che desiderano. Dobbiamo rivitalizzare i ricreatori - rimarca Brandi -,
rappresentano un’identità storica per la città che non può andar persa». Il taglio alle tariffe, peraltro
suggerito pure dai consiglieri comunali di Forza Italia, per ragioni di tenuta del bilancio ha bisogno
del via libera degli uffici. «Voglio portare a casa il risultato - sottolinea Brandi - perché i ricreatori,
così come i servizi educativi in generale, non possono essere visti come un peso per le casse
comunali».
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Operaio in cella per associazione mafiosa (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Laura Borsani - Un operaio dipendente di una ditta d’appalto di Fincantieri, nello stabilimento di
Panzano, è stato arrestato per associazione di tipo mafioso, nell’ambito del clan camorristico Gionta
di Torre Annunziata, dedito al traffico illecito di stupefacenti, estorsione, detenzione e porto illecito
di armi. L’arresto di Antonio Palumbo, di 34 anni, è avvenuto ieri mattina, contestualmente alle
misure di custodia cautelare in carcere scattate a Torre Annunziata e a Torre del Greco. Sono infatti
otto gli arresti in ordine all’ordinanza che è stata emessa dal Gip del Tribunale di Napoli, su
richiesta della Direzione distrettuale antimafia. Gli otto indagati, in particolare, sono ritenuti
responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, tentato omicidio, associazione
finalizzata al traffico illecito di droga, estorsione, detenzione e porto illecito di armi, tutti aggravati
dalle finalità mafiose. Una disponibilità di armi molto ampia, a fronte di un utilizzo spregiudicato
nei confronti dei nemici-resistenti al “pizzo”, ad aggravare l’associazione a delinquere. Tutto,
dunque, fa riferimento al “Clan Gionta” radicato nella città campana, «dedito ad una plurarità di
attività delittuose - come è stato spiegato dagli inquirenti - e forte di una vasta rete di affiliati».
L’operazione è stata condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo di Torre Annunziata, in
collaborazione con il Nucleo investigativo dei militari di Gorizia. Una vasta rete specializzata, tra lo
spaccio di stupefacenti e la richiesta del “pizzo” imposto a imprenditori e commercianti di Torre
Annunziata, costretti a “mantenere” gli affiliati detenuti e le loro famiglie, comprese le spese legali
e processuali, nonchè a fornire servizi e prestazioni gratuite. E l’indagine partenopea dunque è
approdata a Monfalcone. Dove Antonio Palumbo ha “preso casa” e lavoro nel cantiere navale.
L’uomo è stato arrestato ieri mattina alle 5, quando si sono presentati i carabinieri nella sua
abitazione in via Fontanot. In città era giunto sei mesi fa, grazie al posto trovato in una delle ditte di
appalto. Un trasloco in un territorio tranquillo, è stato riferito. Il 34enne è accusato di estorsione ai
danni di un imprenditore di Torre Annunziata. Fatti, pertanto, ricondotti alla terra campana. Gli
inquirenti hanno spiegato, infatti, che tutte le attività illecite si sono consumante a Torre Annunziata
e comuni limitrofi. Con ciò, pertanto, escludendo, almeno ad oggi, eventuali “connessioni” con il
nostro territorio e con il cantiere. L’incipit inquirente risale al febbraio 2015, a seguito del tentato
omicidio di Leo Giuseppe. Un agguato che aveva sorpreso l’uomo in unìarea di servizio in pieno
centro urbano di Torre Annunziata. Due killer allora, a bordo di una moto e armati di pistola,
avevano esploso diversi colpi di arma da fuoco, uno dei quali lo colpì alla testa. La morte di Leo,
ordinata dai vertici del clan, voleva essere esemplare, un monito escaltante: Leo Giuseppe si era
infatti ribellato al pagamento di una tangente richiesta quale “regalo di Natale per i carcerati”. Il
percorso investigativo ha focalizzato anche l’ascesa criminale di Izzo Pietro, 40 anni, individuato
quale capo del gruppo riconducibile a quel clan, esecutore del tentato omicidio di Leo Giuseppe,
nonchè referente del giro di estorsioni per conto del sodalizio a Torre Annunziata. Regole impietose
e feroci. Come il pagamento delm “regalo per i carcerati” a colpi di intimidazione. Estorsioni a
imprenditori e commercianti minacciati all’insegna di “ultimatum” del tipo «se vuoi lavorare
tranquillo prepara la busta», oppure «qua ci vuole il regalo di Pasqua», e la raccomandazione di
ricordarsi di avere a che fdare con “quelli dell’Annunziata”.
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«Fincantieri potrebbe spostare lavoro a Stx» (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
C’è preoccupazione tra le maestranze della Fincantieri dopo l'acquisizione del 66,67% di Stx France
e quindi dei cantieri di Saint-Nazaire. Perchè secondo i lavoratori e difficoltà strutturali di
Monfalcone e le nuove opportunità che si apriranno con l'acquisizione del sito francese, potrebbero
in futuro portare allo spostamento di quote di produzione verso quel sito. A lanciare il grido di
allarme è il consigliere comunale del Pd Omar Greco che ha interrogato il sindaco Anna Cisint. Ciò
in considerazione degli incontri in corso con Fincantieri e tra il sindaco e l’ad Fincantieri Giuseppe
Bono. Greco interroga il sindaco se «non ritiene opportuno chiedere conto all'azienda di chiarire
questo passaggio, non solo perchè si tratta di un'azienda pubblica ma anche per la responsabilità che
Fincantieri ha verso Monfalcone e il territorio». Il consigliere inoltre chiede a Cisint se ha
intenzione, «come secondo me andrebbe fatto, di coinvolgere in questo approfondimento la Regione
ma soprattutto il Governo, vista la condizione di azionista dello Stato italiano e la strategicità per il
comparto produttivo ed industriale nazionale della cantieristica». Greco ricorda che con Fincantieri
è aperta un'interlocuzione a tutto campo «dal sistema degli appalti dentro la fabbrica, alle ricadute
esterne che determinano un impatto sulla Città, fino ad arrivare al problema parcheggi».
Un’occasione preziosa per chiarire anche la vicenda Stx e i possibili riflessi su Monfalcone. Infatti,
aggiunge «la linea di produzione scafi che parte dal parco lamiere e finisce in bacino è stata
realizzata alla fine degli anni '60». Ma il mercato è profondamente cambiato. «All'epoca le richieste
erano differenti rispetto a quelle attuali -insiste Greco - ed a quelle che si possono prevedere per il
futuro. In particolare la produzione di navi da crociera sta scivolando sempre più verso forme di
"gigantismo" che anche un grande cantiere come il nostro sta iniziando a far fatica a contenere». Il
consigliere fa presente poi che «è noto da tempo che il fondo del bacino del cantiere navale di
Monfalcone è a rischio collasso e le stesse gru presenti nel bacino oggi rappresentano un limite al
preallestimento spinto, che in cantieri concorrenti ha rappresentato un grande salto di qualità in
termini di competitività». Inoltre ultimamente le costruzioni uscite dal bacino «erano sempre più
spoglie e quindi completate dopo la loro uscita, con problemi di sicurezza, sovrapposizione delle
lavorazioni e complessità nell'imbarco dell'allestimento». La ragione di questa scelta è appunto,
l'inadeguatezza delle infrastrutture interne al cantiere ed è questa situazione che preoccupa Greco
che ha raccolto i timori delle maestranze su possibili spostamenti di quote produttive verso la
Francia dove il cantiere di Saint-Nazaire dispone del bacino più lungo del continente, oltre un
chilometro, che permette di conquistare commesse sempre più grandi e che il mercato sta appunto
andando verso quella direzione.
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Consorzio “fai da te”, battesimo entro tre mesi (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Francesco Fain - Mancava il “timbro” della Regione. Erano arrivate, sì, garanzie verbali che non
ci sarebbero stati ostacoli alla creazione del Consorzio «fai da te» tutto goriziano che doveva
nascere dalla fusione tra la nuova società consortile dell’aeroporto Duca d’Aosta, la Sdag e il
Consorzio industriale goriziano. Ma mancava, come si suol dir, il nero su bianco. Oggi, è arrivato
pure quello. Per la verità un po’ nascosto e criptico visto che è contenuto nella legge regionale 21
intitolata “Disciplina delle politiche regionali nel settore turistico e dell’attrattività del territorio
regionale, nonché modifiche a leggi regionali in materia di turismo e attività produttive”: al comma
9 bis si scrive a chiare lettere che i consorzi possono ricomprendere «anche i gestori di servizi
logistici insistenti in agglomerati industriali di competenza quali l’interporto di Cervignano, la Sdag
e l’aeroporto “Duca d’Aosta” di Gorizia». La benedizione della Regione Significa che il
matrimonio s’ha da fare. Ma significa anche che lo strappo con il Consorzio di Monfalcone è ormai
concreto, reale, definitivo. «Della partita non farà parte l’interporto di Cervignano che ha prese altre
strade. Noi procederemo, mi auguro entro due/tre mesi, alla fusione del nostro Consorzio con la
Sdag e la società consortile dell’aeroporto - spiega il sindaco Ettore Romoli -. Non ci sono elementi
ostativi e la strada è pressoché spianata: andrà, comunque, chiesto il permesso anche a Enac (l’Ente
nazionale per l’aviazione civile, ndr)». Una volta creato il Consorzio de noantri, Gorizia si guarderà
attorno. La volontà del Comune non è quella di chiudersi nel suo fortino, in un assai poco splendido
isolamento. Continuano, infatti, i contatti con il futuro Consorzio industriale di Trieste (Ezit). «Mi
sembra che Zeno D’Agostino a più riprese abbia manifestato un certo interesse per la Sdag di
Gorizia che potrebbe svolgere funzioni di retroporto. L’intenzione è di arrivare a un accordo sempre
più stretto con Trieste». Ma in molti, soprattutto a Monfalcone, continuano a considerare
l’autoporto una polpetta avvelenata. «La Sdag, quest’anno, chiuderà i propri conti producendo utili.
È stata ricapitalizzata e funziona. Certo, non è una società che fa miracoli ma ha il bilancio in
ordine», rimarca il primo cittadino. Di sicuro, la partnership non toccherà Monfalcone, dopo il
burrascoso esito dell’iter che avrebbe dovuto portare alla nascita del Consorzio industriale isontino,
risultato della fusione del Csia con il Consorzio industriale di sviluppo del Monfalconese.
L’assemblea e la delibera Un altro disco verde alla creazione del nuovo soggetto tutto goriziano è
arrivato, l’altro giorno, dall’assemblea del Consorzio industriale e artigianale (Csia). «C’è stata
piena unanimità al progetto di fusione - rimarca Guido Germano Pettarin, assessore comunale alle
Società partecipate -. Erano presenti i rappresentanti del Comune di Gorizia, del Comune di
Savogna d’Isonzo, della Camera di commercio. Non ha partecipato alla riunione la Provincia, o
meglio la Regione che sostituisce l’ente intermedio all’interno del Consorzio». Pettarin difende
questa scelta. «Sposarci con Monfalcone avrebbe significato essere fagocitati da quella realtà. Ora,
con questa fusione, nascerà un soggetto più forte che potrà sedersi sui tavoli di trattativa con gli altri
consorzi senza complessi di inferiorità». Comunque vada, la nuova realtà dovrà nascere entro e non
oltre la fine di agosto. «Anche se la nostra speranza è di riuscire a farlo prima. Molto prima»,
sottolineano all’unisono il sindaco Romoli e Pettarin che stanno seguendo la vicenda in prima
persona.
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Il caso Pipistrel approda in Parlamento (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Francesco Fain - Cosa sta succedendo all’aeroporto Duca d’Aosta? Perché la Pipistrel è oggetto
di continui raid vandalici? Chi è l’autore? Il caso dell’azienda slovena approda in Parlamento.
Attraverso quattro interrogazioni: due presentate dalla senatrice Laura Fasiolo, altrettante
dall’onorevole Giorgio Brandolin. Difficile sapere se è stata un’azione concertata o se, piuttosto, si
è trattato di una coincidenza. Fatto sta che la questione è finita sulle scrivanie dei ministri degli
Interni e dei Trasporti. «Nelle interrogazioni ho fatto una breve cronistoria della Pipistrel: ho
ricordato che dovrebbe portare 250 posti di lavoro in città, ho ricordato anche che è stata oggetto di
ripetuti e inquietanti atti vandalici - spiega Fasiolo -. Ai ministri ho chiesto di poter conoscere i
motivi per cui i lavori di realizzazione dello stabilimento si sono dilungati in questa maniera,
rammentando che ci sono ingenti investimenti pubblici in ballo. Poi, ho chiesto anche di conoscere,
per quanto possibile, in che direzioni di stanno muovendo le indagini per individuare i responsabili
dell’azione vandalica. Credo sia necessario venga fatta piena luce. Ce lo chiedono i cittadini». In
parallelo, anche Brandolin ha scelto la strada delle interrogazioni, rivolte una al ministro
dell’Interno, l’altra a quello delle Infrastrutture e Trasporti. L’obiettivo? Fare luce su entrambe le
vicende, ovvero i ritardi per l’apertura della fabbrica e i danneggiamenti. Nella prima
interrogazione, rivolta al ministro delle Infrastutture, Brandolin ripercorre la vicenda della Pipistrel,
iniziata ancora nel lontano 2005 con il primo annuncio da parte della proprietà dell’azienda di voler
aprire una sede a Merna, a cui fece seguito nel 2014 l’avvio dei cantieri per la realizzazione della
sede-magazzino all’aeroporto Duca d'Aosta. Al momento tutto è fermo in attesa del via libera
dell’Enac. Brandolin chiede al ministro «i motivi per i quali, da settembre 2016, l’Enac non ha
ancora ottemperato all’obbligo di affidare in via definitiva la gestione dell’aeroporto Duca d’Aosta
alla società consortile, atto che consentirebbe l’immediato avvio dell’operatività alla Pipistrel dando
così una vera svolta all’economia della provincia isontina messa a dura prova dalla crisi». La
seconda interrogazione, al ministro degli Interni, riguarda una questione se possibile ancora più
spinosa, ovvero gli atti di vandalismo di cui l’azienda è stata fatta oggetto: subito dopo l’inizio dei
primi lavori, la Pipistrel subì il primo atto teppistico, con il danneggiamento di una cisterna e
dell’impianto elettrico (notizia che l’azienda decise però di tenere riservata), nel dicembre del 2014
un altro atto vandalico con la rottura a sassate di una decina di finestre, nel marzo del 2016 fu la
volta di quaranta vetrate mandate in frantumi per un danno che si aggira attorno ai 50mila euro.
«Infine nel dicembre 2016 si è verificato un nuovo danneggiamento alle vetrate, ma questa volta i
responsabili dell’atto sono riusciti a mettere fuori uso anche il quadro elettrico e, cosa ben più
grave, hanno lasciato un messaggio scritto in vernice rosso sul muro interno alla struttura appena
realizzata: “Ivo go home”, ovvero “Ivo (riferito a Boscarol, il patron dell’azienda slovena) vai a
casa”. Brandolin, quindi, vuole sapere dal ministro se non ritenga che «il fatto, già grave in quanto
atto vandalico diretto verso una nuova realtà imprenditoriale molto importante per il territorio, non
sia aggravato da una componente nazionalistica e razzista vista la provenienza slovena dell’azienda
e del titolare, elemento particolarmente preoccupante in una zona come quella goriziana che
dovrebbe fare della collaborazione transfrontaliera il suo punto di forza».
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