La rassegna di oggi
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La rassegna di oggi
RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – giovedì 19 gennaio 2017 (Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti) ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE (pag. 2) Cie, Serracchiani da Minniti. Scontro sui fondi ai profughi (M. Veneto) La Cisl alla Regione: «Serve una svolta per giovani e donne» (M. Veneto) La linea di Russo: «Il Pd ritorni allo schema Illy» (M. Veneto) CRONACHE LOCALI (pag. 5) Sangalli, Sisecam incontra i lavoratori (M. Veneto Udine) Unione al via, ma già verso lo sciopero (Gazzettino Udine) Weissenfels, condannato ex manager. Non versò le ritenute dei dipendenti (M. Veneto Ud) Vertice col gruppo Sassoli: «Garanzie per il futuro» (M. Veneto Pordenone) L’Aas 5 ottiene i rinforzi. In arrivo altri 26 infermieri (M. Veneto Pordenone) «Lavoro ai profughi? Bene, ma prima ai nostri disoccupati» (Gazzettino Pordenone) Sereni Orizzonti, l'appello: non lasciateci senza lavoro (Gazzettino Pordenone) Commissione del Senato in città per la Ferriera (Piccolo Trieste) Tariffe stracciate per far rivivere i ricreatori in crisi (Piccolo Trieste) Operaio in cella per associazione mafiosa (Piccolo Gorizia-Monfalcone) «Fincantieri potrebbe spostare lavoro a Stx» (Piccolo Gorizia-Monfalcone) Consorzio “fai da te”, battesimo entro tre mesi (Piccolo Gorizia-Monfalcone) Il caso Pipistrel approda in Parlamento (Piccolo Gorizia-Monfalcone) 1 ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE Cie, Serracchiani da Minniti. Scontro sui fondi ai profughi (M. Veneto) di Mattia Pertoldi - Dopo voci, indiscrezioni, mezze parole oggi è il giorno in cui il ministro dell’Interno Marco Minniti mostrerà le carte. A Roma, infatti, è previsto l’incontro tra il titolare del Viminale e i presidenti delle Regioni in cui il ministro delineerà ai governatori il cambio di rotta sull’immigrazione deciso rispetto al suo predecessore – Angelino Alfano – nel frattempo transitato agli Esteri. Un piano che, stando a quanto si è appreso in questi giorni, dovrebbe prevedere una stretta sull’accoglienza, riducendo la possibilità di impugnare il diniego di una richiesta d’asilo a un grado di giudizio. Non solo, perché Minniti punta a spingere sugli accordi bilaterali per la riammissione con quei Paesi da cui provengono i migranti, sull’obbligo per i profughi di prendere parte ai lavori socialmente utili in attesa della risposta delle commissioni di verifica e, soprattutto, la riapertura dei Cie che dovrebbero cambiare nome – tramutandosi in Centri di permanenza per il rimpatrio – e soprattutto struttura: piccoli centri, uno per regione, da 80-100 posti e controllati, all’esterno, dagli uomini dell’esercito. E se su quest’ultima opzione bisogna registrare la contrarietà della Cgil del Fvg – per bocca del responsabile immigrazione Emanuele Iodice – su un altro dei punti del piano Minniti, quello che riguarda i rimpatri volontari, si è scatenata la polemica del centrodestra regionale che contesta, in particolare, l’accordo stretto tra Stato e giunta che prevede un finanziamento da 3 mila 500 euro (di cui mille regionali) per chi decide di fare ritorno, spontaneamente, nel proprio Paese d’origine. «Dire che mille euro spesi per un rimpatrio fanno risparmiare alla collettività – ha attaccato la consigliera regionale Barbara Zilli – è semplicemente vergognoso e non fa altro che alimentare una spirale viziosa: l’assessore Gianni Torrenti invita gli immigrati a raggiungere la nostra Regione». A farle eco, poi, ci ha pensato il collega di Fdi Luca Ciriani. «Credo che sulla questione immigrazione questa Regione stia davvero toccando il fondo – ha tuonato –. Come si può anche solo pensare di rimpatriare volontariamente persone che non hanno alcun diritto a stare qui, mettendo nelle loro tasche mance da 3 mila 500 euro ciascuno di soldi nostri? È pura follia». Dura, infine, anche la posizione di Fi espressa dal consigliere Roberto Novelli. «All’improvviso sembra che i fondi comunitari che la Regione potrebbe utilizzare per i rimpatri – ha spiegato – non pesino sulle tasche di nessuno. La sinistra che fino a ieri ha predicato accoglienza e integrazione dimenticandosi delle priorità sociali, di cui dovrebbero per primi beneficiare gli italiani, si è messa a fare un mestiere non suo e adesso scimmiotta malamente le posizioni più rigide del centrodestra su una situazione insostenibile. Se la Regione darà, come proposto, mille euro ad ogni richiedente asilo che decide di rimpatriare volontariamente, dia anche mille euro in più a ogni indigente italiano, secondo regole che si possono scrivere per mantenere la pace sociale e quel senso di equità e giustizia che la sinistra con la sua politica sino a ora terzomondista aveva smarrito». 2 La Cisl alla Regione: «Serve una svolta per giovani e donne» (M. Veneto) Voucher, ma non solo, nel confronto tra Cisl Fvg e Regione svoltosi a Monfalcone per iniziativa del sindacato ci sono infatti le politiche attive del lavoro nel loro complesso, ovvero quel pacchetto di misure ed interventi finalizzati a sostenere l’occupazione e che, guardando al dato sull’utilizzo dei voucher, devono guardare soprattutto ai giovani e alle donne. Ed è stata l’assessore regionale Loredana Panariti a lanciare la prima proposta per rafforzare appunto quelle politiche indispensabili a contrastare e sanare gli effetti di una crisi tutt’altro che risolta: aprire un Libro Bianco con l’obiettivo di aggiornare gli strumenti previsti dalla legge regionale 18 del 2005 del “Buon Lavoro”. Un intervento auspicato dalla Cisl da almeno tre anni e che oggi trova concretezza nella parole dell’assessore, con il sindacato che spinge sull’acceleratore, chiedendo l’avvio urgente di un confronto sul tema, con la consapevolezza - traduce il segretario Alberto Monticco – «che le politiche del lavoro devono accompagnarsi a quelle industriali perché solo dalla somma di queste può nascere occupazione». Quanto ai voucher – definiti dalla professoressa Anna Zilli, il “jolly del mercato del lavoro” – siamo di fronte ad uno strumento ad oggi ingovernabile, stante l’assenza - e questa è una delle criticità più evidenti - di indicazioni legislative sulle prestazioni accessorie così retribuibili. «Insomma – chiarisce la docente di diritto del lavoro - c’è una libertà enorme senza paletti, senza contare che in Italia ci sono 8 mega committenti che hanno acquistato voucher per compensare prestazioni lavorative continuative, oltre i dubbi sull’estensione della possibilità di utilizzare i voucher anche all’interno della pubblica amministrazione». «Il punto vero - spiega il segretario generale della Cisl Fvg, Giovanni Fania, alla vigilia anche della decisione della Corte Costituzionale sull’ammissibilità del referendum – è riportare i voucher alla loro vocazione originaria, prevista dalla legge Biagi, ovvero il loro utilizzo per coprire esclusivamente le prestazioni occasionali, incrementando i controlli e le ispezioni per evitare ogni forma di abuso». Insomma per la Cisl Fvg i voucher «non vanno cancellati, ma ripensati, anche perché sono uno strumento indispensabile per contrastare il sommerso ed il nero». In altra sede ieri mattina si è riunito il consiglio generale della Cisl del Fvg, alla presenza del segretario organizzativo nazionale Giovanna Ventura, che ha votato i regolamenti con cui il sindacato dà ufficialmente il via alla stagione dei congressi. Su proposta di una lavoratrice del pubblico impiego è stata posta in votazione e approvata (con un solo voto contrario e 4 astenuti) una mozione a sostegno dell’opera di rinnovamento e moralizzazione avviata a livello nazionale dalla segretaria Annamaria Furlan che ha recentemente commissariato la Funzione Pubblica. Tra i voti a favore, anche quello del leader regionale Giovanni Fania. (e.d.g.) 3 La linea di Russo: «Il Pd ritorni allo schema Illy» (M. Veneto) di Mattia Pertoldi - Il fioretto, Francesco Russo, lo ha “dimenticato” nella fodera da tempo, almeno dalle amministrative di primavera che hanno riconsegnato la “sua” Trieste al centrodestra. Il senatore del Pd, da sei mesi a questa parte, nella palestra – parecchio turbolenta – del partito regionale è uomo di spada, capace di affondare nelle ferite aperte tra i dem senza timore di muoversi in controtendenza rispetto alla linea ufficiale, almeno di gran parte del movimento, arroccata a difesa delle scelte prese dalla giunta Serracchiani in questi quasi quattro anni di legislatura. Russo parte proprio dall’esecutivo per lanciare il suo grido di allarme in vista delle Regionali: il Pd ha bisogno di discontinuità per sperare di tornare a occupare lo scranno principale di piazza Unità e il Fvg, nel suo complesso, di ritrovare quell’unità perduta necessaria a consentirgli di cancellare quell’alone di opacità – in primis economica – di cui pare essere ormai circondato. Senatore, prendiamo il discorso alla larga: qual è lo stato di salute, attuale, del Pd del Fvg? «Abbiamo un oggettivo problema di scollamento tra giunta regionale e cittadini del Fvg. Lo si è visto alle amministrative in cui siamo passati dal guidare otto dei primi nove Comuni della regione ad avere in mano soltanto Udine. Mi ha colpito, poi, la classifica sulla “Governance Pool” de Il Sole 24 Ore con dati impietosi per Serracchiani. Perché se da un lato è normale che chi governa subisca il vento di protesta che spira sul Paese, dall’altro questi dati ci dicono con chiarezza che per recuperare il terreno perduto servono segnali forti». E da chi dovrebbero arrivare questi segnali? «La prima a doversi muovere in questo senso è Serracchiani. La presidente deve spiegare se intende ricandidarsi alla guida della Regione nel 2018, e in quel caso un messaggio chiaro per i nostri elettori sarebbe la rinuncia al suo ruolo nella segreteria nazionale, oppure se pensa di guidare la futura pattuglia di parlamentari del Pd eletti in Fvg. Un obiettivo lecito e per il quale la presidente ha le carte in regola. Ma noi abbiamo bisogno di chiarezza perché una presa di posizione netta, che eventualmente certificherebbe la rinuncia alla ricandidatura, ci consentirebbe di aprire una riflessione sulla sua successione in Regione. Il Pd deve uscire dall’impasse in cui è caduto da mesi riflettendo serenamente sulla bontà della propria azione amministrativa, ma anche sugli errori commessi». Veramente la maggior parte del suo partito sostiene che le sconfitte elettorali siano legate alla mancata capacità di comunicazione delle riforme messe in atto... «Lo so, ma è ora di finirla con la litania del “non ci siamo spiegati” oppure, ancora peggio, la teoria secondo cui “non siamo stati capiti”. La realtà è che sono stati commessi degli errori di cui bisogna prenderne atto, cambiando rotta e garantendo una reale discontinuità rispetto a questi anni». Quali errori rimprovera, in particolare, alla giunta? «La gestione della riforma sanitaria ci è costata più di qualche amministrazione, a partire da Monfalcone, ma sono le Unioni territoriali intercomunali (Uti) l’emblema di come si sia smarrita la rotta. Rivendico la decisione di eliminare le Province, così come la necessità di provare ad accorpare i piccoli Comuni, ma nel momento in cui in Consiglio si votano 13 versioni diverse per avviare le Uti, decine di sindaci salgono sulle barricate per affossare la riforma e si impedisce perfino di discutere del concetto di aree metropolitane significa non rendersi conto della realtà contingente. Ed è anche per questo che insisto nel suggerire un cambio al vertice del partito regionale». Continua, in altre parole, a pretendere la testa di Antonella Grim. Corretto? «È quello che ci chiede la nostra base. La difesa acritica delle scelte prese della giunta, a partire proprio da Uti e sanità, non rende credibile il Pd tra i propri elettori. Se continuiamo a negare il bisogno di cambiare faremo bene a non cominciare nemmeno la campagna elettorale per il 2018 perché daremmo a tutti l’idea che non siamo interessati al bene della regione, ma soltanto alle nostre poltrone». Lei insiste sulla necessità che il Pd avvii una sorta di nouvelle vague, ma per il ruolo di candidato presidente si fanno i nomi di Sergio Bolzonello, Franco Iacop e Cristiano Shaurli... «Non ho niente contro di loro, ma agli amici che stanno pensando a una possibile candidatura sono stato il primo a ricordare come abbiamo bisogno di uno “strappo” con il passato. Non ho difficoltà a dire che dobbiamo prenderci il tempo per pensare che si possa trovare valido personale politico al nostro esterno. Ricordo, infatti, che la migliore stagione della politica regionale, in termini di visione ed efficienza, è stata quella della giunta guidata da Riccardo Illy per cui dovremmo chiederci, seriamente, se non sia il caso di replicare quello schema virtuoso». Russo 4 non è che sta pensando che potrebbe essere lei l’uomo giusto per la Regione? «No, faccio un altro mestiere e quanto alle primarie ho già dato a Trieste. Quando parlo di discontinuità lo faccio recitando il mea culpa per la parte politica che rappresento – visto che l’errore più grande è stato quello di andare diritti per la propria strada senza lasciare spazio a trattative o compromessi –, ma anche perché penso che il Fvg non abbia più tempo da perdere e debba ritrovare unità e visione d’insieme. Sulle grandi scelte e direzioni di marcia per lo sviluppo della regione centrosinistra, centrodestra e M5s devono marciare insieme». E quali sono questi grandi temi su cui chiede convergenza? «Partiamo dagli enti locali. Sono da sempre sostenitore dell’organizzazione basata sulle aree urbane. La città metropolitana non riguarda soltanto Trieste, ma pure Udine. Mi piacerebbe che ripensassimo il territorio non sulla base del campanilismo storico, ma in relazione alla mobilità dei cittadini, ai cluster di ricerca e ai distretti industriali. È una sfida che lancio a Lega e Fi altrimenti le spinte centrifughe cui stiamo assistendo, a partire da Pordenone, ci travolgeranno. Non siamo in grado noi, come Pd, di trovare da soli risposte adeguate, ma non lo è nemmeno il centrodestra». Le risposte su misura, tarate sulle singole esigenze locali, dunque, secondo lei non funzionano? «Come regione siamo cresciuti solo quando siamo stati uniti e possiamo tornare agli antichi fasti. Prendete il porto di Trieste che, grazie all’opera di Zeno D’Agostino, è diventato un asset strategico per l’intera imprenditoria regionale, compresa quella friulana e pordenonese. Lo stesso si può dire per Porto Vecchio che vale dai 3 ai 5 miliardi di euro di investimenti e rappresenta una sfida che non può essere solo triestina. Ma ricordo anche le chance legate a innovazione, formazione meccatronica, tecnologie digitali per il Fvg, turismo e manifattura. Possiamo diventare la Silicon Valley europea, ma dobbiamo correre, sfruttando la nostra Specialità, perché siamo già in ritardo». Curiosità finale: secondo lei quando si andrà al voto per le Politiche? «Consulta, difficoltà di realizzare una legge elettorale che permetta realmente di governare e i temi che dobbiamo affrontare con urgenza mi fanno propendere più per l’autunno che per giugno». CRONACHE LOCALI Sangalli, Sisecam incontra i lavoratori (M. Veneto Udine) La Sisecam Flat Glass Italy incontrerà i lavoratori della Sangalli Vetro Porto Nogaro di ciascun turno con i quali organizzerà un sopralluogo in stabilimento assieme ai rappresentati dell’Unione Sindacale Italiana (Usi) per verificare di persona le segnalazioni e i suggerimenti per migliorare le condizioni di lavoro dei dipendenti. Questo in sintesi uno degli accordi siglati nell’incontro tenutosi martedì nello stabilimento di Sisecam tra il general manager Sahin, il procuratore speciale D’Errico e i legali di Sisecam avvocati Gamabrota e Totaro; presente in conference call l’avvocato Carrà e il segretario nazionale Usi Renato Grego e il segretario interconfederale Gabriele Rigo, con le Rsa Raffaele D’Andrea, Andrea Fontana, Antonio Santoro, Andrea Spangaro e RorarioVizzini Rosario, per discutere in merito alle problematiche emerse nell’incontro del 13 gennaio. Dopo una breve presentazione personale del general manager e ampia discussione relativa alle tematiche sul riconoscimento delle Rsa Usi, sulle modalità di rappresentanza sindacale all’interno dell’azienda e sulla possibilità di indizione delle elezioni per le Rsu, le parti hanno concordato che entro la prossima settimana l’azienda convocherà un incontro con i rappresentanti dell’Usi (relativamente a tale convocazione l’Usi chiede che la convocazione sia inviata alle Rsa Usi che dovrebbe tenersi entro la fine del mese di gennaio; un incontro delle Responsabili della sicurezza con la direzione il giorno 23 gennaio per discutere relativamente ai temi della sicurezza sul lavoro. (f.a.) 5 Unione al via, ma già verso lo sciopero (Gazzettino Udine) Cisal e Ugl: «Proporremo l'astensione dal lavoro» - Testo non disponibile Weissenfels, condannato ex manager. Non versò le ritenute dei dipendenti (M. Veneto Udine) di Luana de Francisco - Quando l’imprenditore Giovanni Azzano Cantarutti sbarcò a Fusine in Valromana per tirare fuori dalle secche la Weissenfels spa, in liquidazione da un anno, l’operazione fu salutata dal sindaco di Tarvisio come «una nuova bella pagina per la comunità». Era il 2010 e, nei tre anni che seguirono, l’era targata Weissenfels Tech-Chains non tradì le aspettative. Così, almeno, a sentire il nuovo establishment che, tuttavia, non riuscì a impedire che il tribunale di Udine, il 22 maggio 2014, ne dichiarasse il fallimento, nè che la Procura avviasse una serie di procedimenti penali. Quello a carico del solo Cantarutti, 67 anni, di Udine, per omesso versamento di ritenute previdenziali e assistenziali sulle retribuzioni dei propri dipendenti e delle ritenute certificate si è chiuso ieri, davanti al tribunale monocratico Paolo Lauteri, con sentenza di condanna a 8 mesi di reclusione e 500 euro di multa (pena sospesa con la condizionale), a fronte dell’anno chiesto dal vice procuratore onorario. Il procedimento riunificava due fascicoli: quello con cui il pm Viviana Del Tedesco gli contestava il mancato pagamento all’Inps di una somma complessiva di 149.892,03 euro per il periodo compreso tra il novembre 2011 e l’ottobre 2012, e quello con cui il pm Luca Olivotto aveva quantificato in 301.833 euro le ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituti per l’anno d’imposta 2011. Lunedì 30 gennaio sarà invece la volta del ben più complesso procedimento per bancarotta, esteso a una platea più ampia di imputati, a cominciare dallo stesso ex presidente Azzano Cantarutti, e comprensivo anche di ipotesi di omesso versamento per i periodi successivi. L’udienza preliminare sarà celebrata davanti al gup Andrea Comez. «Le vicende trattate in questa sede – ha detto il difensore, avvocato Carlotta Campeis, al termine del processo – sono strettamente connesse alla bancarotta e troveranno trattazione completa in quel procedimento. Naturalmente impugneremo la sentenza e, in attesa dell’appello, valuteremo gli sviluppi della bancarotta». Nel respingere entrambe le contestazioni e chiedere per Azzano Cantarutti l’assoluzione «perchè il fatto non costituisce reato per mancanza di dolo», il legale aveva ricordato come gli omessi versamenti delle ritenute fossero legati all’inizio della crisi della società, tra la fine del 2011 e i primi mesi del 2012. «Le difficoltà del mercato, con l’aumento dei costi delle materie prime – ha insistito l’avvocato Campeis –, e il blocco di pagamenti e finanze per 800 mila euro da parte del gruppo Pewag finirono per causare all’azienda una riduzione di liquidità. Scegliendo di proseguire l’attività d’impresa e di mantenere invariato il numero dei posti di lavoro, non è rimasta altra soluzione che il taglio del versamento delle imposte». 6 Vertice col gruppo Sassoli: «Garanzie per il futuro» (M. Veneto Pordenone) di Donatella Schettini - Cercare finanziamenti per rilanciare i due siti produttivi di Aviano e Villotta di Chions, Sigma Re e Lavinox. È la richiesta di Andrea Sassoli, del gruppo Sassoli che è nella proprietà dei due stabilimenti, al vicesindaci di Aviano, Sandrino Della Puppa, e di Chions, Renato Santin, che ha incontrato ieri pomeriggio. Il gruppo Sassoli prevede un 2017 all’insegna dell’ottimismo, come ha comunicato nel vertice chiesto dalle due amministrazioni comunali dopo le sollecitazioni dei lavoratori preoccupati dalla situazione dei due stabilimenti. Condizioni diverse certo, ma timore unico per gli addetti che temono di perdere il posto di lavoro. Ad Aviano qualche settimana fa l’amministrazione comunale aveva incontrato prima i sindacati e poi un rappresentante del gruppo. Non solo per la ex Nuova Infa, visto che una parte di lavoratori di Lavinox, che è dello stesso gruppo, arriva dalla ex Pressben di Aviano. «Sassoli ci ha illustrato i piani della società – dice il vicesindaco di Aviano Sandrino Della Puppa, presente all’incontro con l’assessore alle attività produttive Carlo Tassan Viol – e i programmi. Ci hanno detto che prevedono un 2017 migliore degli anni precedenti e che faranno di tutto per rilanciare i siti produttivi. Le prospettive, quindi, secondo loro sono ottimistiche e alle amministrazioni locali hanno chiesto di aiutarli a trovare finanziamenti, cosa che ci siamo impegnati a fare». L’amministrazione comunale coinvolgerà la Regione per capire se ci siano possibilità di finanziamento attraverso gli strumenti messi a disposizione da Friulia, mentre quella di Chions si impegnerà a contattare alcune banche. «Noi auspichiamo che ci possa essere uno sviluppo – aggiunge Della Puppa – e noi adesso contatteremo la Regione per capire se ci siano gli strumenti per intervenire in questa situazione». Il vicesindaco spiega che se ci sarà bisogno incontreranno nuovamente i sindacati, ma per ora la strada è quella della ricerca di fonti di finanziamento. I compiti adesso ci sono sia per il gruppo che per le amministrazioni locali, impegnate a gestire la situazione. Per quanto riguarda l’ex Nuova Infa di Aviano dopo le proteste per il ritardo nel pagamento degli stipendi la situazione è rientrata nella normalità, seppur con preoccupazione da parte di lavoratori e sindacati. Più complessa la situazione alla Lavinox di Villotta di Chions, dove lavorano 176 addetti. A dicembre è partita la mobilità volontaria per 10 persone. Situazioni di difficoltà che mettono in stato di forte preoccupazione i lavoratori e le loro famiglie. L’Aas 5 ottiene i rinforzi. In arrivo altri 26 infermieri (M. Veneto Pordenone) Nel pieno del dibattito sul personale sanitario, con il Nursind (sindacato delle professioni infermieristiche) che prima minaccia lo sciopero e poi lo ritratta dopo avere avuto garanzia come detto dal segretario provinciale Gianluca Altavilla, l’Aas 5 è riuscita a portare a casa, dalla contrattazione con Regione e altre Aas, altri 26 infermieri e attende la risposta alla richiesta di 5 oss (operatori socio sanitari). Gli infermieri si aggiungono a quelli che hanno preso servizio nelle scorse settimane grazie al “concorsone”. Su 40 assunzioni di infermieri decise da Trieste, più della metà arriverà all’Aas 5 di Pordenone. In 26, a tempo indeterminato, verranno “pescati” dalla graduatoria regionale del concorso effettuato dall’Egas. «Ne abbiamo già avuti 84 – ha detto il direttore generale dell’Aas 5, Giorgio Simon –. Dal concorso regionale ne erano rimasti 40 e siamo riusciti a ottenerne 26. Ora sulla base delle esperienze decideremo la destinazione». Privilegiati saranno i reparti che sono in sofferenza come medicina, chirurgia e area dell’emergenza. (d.s.) 7 «Lavoro ai profughi? Bene, ma prima ai nostri disoccupati» (Gazzettino Pordenone) Vada per i piccoli interventi di pulizia della piazza di Torre o del cortile del Centro studi, ma no a iniziative che favoriscano i richiedenti asilo rispetto ai pordenonesi in lavori di pubblica utilità. In attesa che siano chiariti i dettagli dell'iniziativa del ministro dell'Interno Marco Minniti, che si appresta a presentare al Parlamento un pacchetto di proposte in materia di immigrazione, fra le quali quella di lavori socialmente utili obbligatori per i richiedenti asilo in attesa del riconoscimento dello status di rifugiati, l'assessore alle Politiche sociali Eligio Grizzo mette subito le mani avanti. «Nelle iniziative che ha realizzato la nostra amministrazione sul fronte dell'occupazione ai richiedenti asilo in attesa, il numero dei profughi impiegati era contingentato, tale da non creare una turbativa sul mercato del lavoro, e si trattava di interventi non facilmente commissionabili a imprese. Per gli immigrati, si trattava di poco più che un passatempo: tre ore al giorno per un gesto di buona volontà nei confronti della comunità che li accoglie». Su circa 360 richiedenti asilo presenti attualmente sul territorio di Pordenone, sono una trentina quelli che hanno partecipato a questi cantieri. L'iniziativa aveva debuttato nello scorso mese di settembre, non senza polemiche: quattro gruppi di richiedenti asilo erano stati impiegati in interventi di pulizia della piazza di Torre, nel cortile interno del Centro studi e in piazza Maestri del lavoro, sotto la guida di altrettanti tutor italiani con tanto di giubbino di colore diverso. Un altro lavoro che dovrebbe essere affidato loro a breve dovrebbe essere un intervento di pulizia delle colonne di corso Vittorio Emanuele. Ma adesso le cose sembrerebbero differenti stando alle prime indicazioni sulla proposta del Viminale. «Aspetto di vedere le direttive - continua l'assessore - ci sono molte cose da chiarire. Innanzitutto i lavori nei quali impieghiamo ora i richiedenti asilo prevedono la volontarietà: su dieci, tre o quattro hanno dato la disponibilità. Voglio vedere se nel regolamento si prevede l'obbligatorietà: mi sembra difficile, considerato anche che si è precisato che l'adesione o meno a queste iniziative non può comportare valutazioni positive o meno ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato». L'iniziativa del Comune aveva peraltro consentito di impiegare anche, nel ruolo di tutor, persone italiane in stato di disoccupazione, garantendo loro un'entrata, per quanto modesta. «Ma i soldi della Regione sono finiti subito, fra l'acquisto dei materiali, i corsi sulla sicurezza, le attrezzature e i compensi per i tutor. Non può essere questa la soluzione al problema degli immigrati - conclude Grizzo -: non è una soluzione di buon senso. Che cosa facciamo, spendiamo soldi su soldi per garantire loro questi lavoretti, che non richiedono alcuna professionalità e non creiamo posti di lavoro per i nostri? E che cosa diranno i sindacati che già criticano la formula dei voucher? Va bene qualche lavoretto per evitare che queste persone passino il tempo a bighellonare, ma non che sottraggano il lavoro ai pordenonesi». 8 Sereni Orizzonti, l'appello: non lasciateci senza lavoro (Gazzettino Pordenone) Lorenzo Padovan - Da una parte i circa quaranta addetti che hanno inviato una lettera - la terza, dopo quella della proprietà e dei familiari - al Comune per cercare di scongiurare la perdita del loro posto di lavoro; dall'altra la Giunta di Aviano che ha preso tempo, ma che non sembra voler tornare sui propri passi e intende invece procedere con la chiusura al 31 marzo della casa di riposo di Pra' de Plana. È quanto accaduto ieri nella vertenza sul futuro della struttura gestita dal 2011 dalla società Sereni Orizzonti. Tra le parti c'è stato un contatto telefonico, ma le distanze sembrano invariate. «Comunicheremo la nostra decisione finale la prossima settimana - ha fatto sapere il vice sindaco di Aviano, Sandrino Della Puppa -, ma è giusto che si sappia che la nostra linea è quella di proseguire la sperimentazione in altre forme. Non vogliamo illudere nessuno e pertanto auspichiamo si proceda con la dimissione progressiva degli anziani ospiti e la loro ricollocazione nelle strutture della provincia». Dalla società friulana fanno sapere di «aver prospettato al Comune una soluzione che consente all'amministrazione comunale di realizzare nuova gara di appalto per la gestione del servizio di sperimentazione residenziale. Una gara spiegano i legali di Sereni Orizzonti che darebbe continuità al servizio e salvaguarderebbe i posti di lavoro degli operatori occupati nella struttura. Un lieto fine che si realizzerebbe indipendentemente da chi sarà l'aggiudicatario della concessione». «In questi 5 anni, il servizio reso da Sereni Orizzonti ha dato una risposta concreta e puntuale all'esigenza di posti letto espressa dal territorio, senza pesare in alcun modo sulle casse del Comune. Sarebbe assurdo spiegano da Udine - far chiudere un servizio che funziona, offre una risposta a molte famiglie e garantisce occupazione a 40 dipendenti, madri e padri di famiglia che rischiano di ritrovarsi senza un posto di lavoro tra meno di tre mesi». Proprio i dipendenti della struttura, in attesa che venga chiarito il loro futuro, hanno redatto una lettera-appello all'amministrazione civica. La società, da parte sua, continua a dichiararsi disponibile «a collaborare con il Comune, la Regione e l'Azienda sanitaria per trovare insieme la risposta migliore nell'interesse principale degli ospiti e dei 40 occupati». 9 Commissione del Senato in città per la Ferriera (Piccolo Trieste) Il Parlamento vuole vedere da vicino la Ferriera di Servola e valutare lo stato della riconversione industriale nell’ambito della siderurgia nazionale. Oggi la Commissione Industria, commercio e turismo del Senato arriva a Trieste per effettuare un sopralluogo allo stabilimento siderurgico di Servola e per svolgere un ciclo di audizioni nell’ambito dell’indagine conoscitiva “sul gruppo Ilva nel quadro della siderurgia e dell’industria italiana”. Alle 17, la Commissione del Senato, presieduta da Massimo Mucchetti del Pd, incontrerà la stampa in una sala della prefettura di Trieste. Le audizioni, che si terranno nel Palazzo del governo di piazza Unità, avranno come protagonisti la presidente della Regione Debora Serracchiani, il sindaco Roberto Dipiazza, il prefetto Annapaola Porzio, Confindustria, le rappresentanze sindacali, associazioni e comitati ambientalisti. Obiettivo della trasferta passare al setaccio le prospettive di sviluppo dello stabilimento e affrontare, inevitabilmente, i nodi legati alle emissioni. «L’iniziativa si iscrive in un’indagine che abbiamo aperto da qualche tempo sull’Ilva e sulla situazione della siderurgia italiana più in generale - ha anticipato nei giorni scorsi Mucchetti -. Dopo Trieste, infatti, ci recheremo all’acciaieria Arvedi di Cremona. Lo scopo è accertare lo stato dell’arte, tanto a Trieste quanto a Cremona, dei due principali stabilimenti del gruppo, per capire come vanno le cose in una delle realtà più importanti del Paese nel settore, visto che Arvedi è l'’ndustriale italiano presente nella cordata promossa dalla Cassa depositi e prestiti per l’acquisizione dell'Ilva, assieme a Leonardo Del Vecchio e al gruppo indiano Jindal». E quindi? « In sostanza - ha proseguito Mucchetti - l’interesse del governo e del Parlamento si focalizza sul gruppo Arvedi in quanto tale e sul gruppo Arvedi in quanto socio della cordata italiana che punta all’Ilva. I giochi si faranno a febbraio, di qui l’utilità di ascoltare le varie realtà del territorio». Anche il tema ambientale sarà preso in considerazione. «Certo - ha concluso Mucchetti -, la questione è costantemente all’attenzione del Senato. Il nostro focus, però, sarà soprattutto sulle opportunità di carattere industriale. Un quadro che non può prescindere dall’impatto sul territorio circostante, ma nella logica che le produzioni ci devono essere». 10 Tariffe stracciate per far rivivere i ricreatori in crisi (Piccolo Trieste) di Gianpaolo Sarti - Ricreatori (quasi) gratis per tutti. La giunta Dipiazza sta studiando un piano per togliere le tariffe a partire dal prossimo anno. Un’iniziativa, conferma l’assessore competente Angela Brandi, pensata per ridare slancio alle strutture, ormai sempre più vuote. Sono i numeri a raccontare la fuga registrata negli ultimi anni: dopo l’introduzione delle rette obbligatorie, avvenuta nel 2013, gli iscritti sono scesi progressivamente passando dai 3.500 di quattro anni fa, ai circa 1.700 attuali. Dimezzati. Le famiglie in effetti sono costrette a pagare somme che possono raggiungere anche i 200 euro l’anno. Non poco, oggigiorno. La quota esatta chiesta ai genitori è comunque correlata all’Isee e consente l’esonero totale per i nuclei in difficoltà economica. Via tutto, non sarà più così: l’assessore Brandi intende ritornare al vecchio sistema, con una quota simbolica di pochi euro, 12 al massimo. Praticamente gratuito. «Da quando è entrato in vigore il sistema dell’Isee le iscrizioni sono diminuite. Noi invece puntiamo a portare avanti il programma del sindaco approvato dal Consiglio comunale», afferma l’esponente della giunta Dipiazza. «Il programma prevede proprio lo sviluppo degli spazi che negli ultimi anni, purtroppo, sono sempre meno frequentati». Ce ne sono dodici in tutta la città, tutti con una propria storia. «Va detto aggiunge Brandi - che i ricreatori, nel tempo, hanno smarrito anche la loro funzione originaria, quella di promuovere la socializzazione e il divertimento perché sono diventati sempre più una sorta di prolungamento delle scuole. Il Sis, il Servizio integrativo scolastico (un doposcuola pomeridiano, ndr), introdotto nelle strutture, ha fagocitato il resto delle attività ludiche. Con il risultato che i bambini e i ragazzi alla fine andavano in ricreatorio per studiare e non per giocare». La nuova giunta ha fissato una regola: alle 16 e 30 si chiude tutto. Quaderni e libri finiscono negli zaini per lasciar posto, piuttosto, a palloni e racchette. Tariffe e orari ristretti per i compiti non sono le uniche strategie che la giunta sta avviando: in questi mesi l’assessorato ha lavorato per allargare la rete di attività da portare tra i giovani, soprattutto per la fascia degli adolescenti considerata più a rischio. Al “Gentilli” di Servola e al “De Amicis” di Campi Elisi, ad esempio, è partita una collaborazione con la Scuola di musica 55 per i corsi di chitarra, strumenti a fiato, tastiera e pianoforte. Al “Nordio”, invece, si farà tiro a segno grazie a una convenzione con il Coni. «Vogliamo favorire la mobilità - osserva ancora l’assessore - quindi i ragazzi potranno recarsi in tutte le strutture e partecipare a ciò che desiderano. Dobbiamo rivitalizzare i ricreatori - rimarca Brandi -, rappresentano un’identità storica per la città che non può andar persa». Il taglio alle tariffe, peraltro suggerito pure dai consiglieri comunali di Forza Italia, per ragioni di tenuta del bilancio ha bisogno del via libera degli uffici. «Voglio portare a casa il risultato - sottolinea Brandi - perché i ricreatori, così come i servizi educativi in generale, non possono essere visti come un peso per le casse comunali». 11 Operaio in cella per associazione mafiosa (Piccolo Gorizia-Monfalcone) di Laura Borsani - Un operaio dipendente di una ditta d’appalto di Fincantieri, nello stabilimento di Panzano, è stato arrestato per associazione di tipo mafioso, nell’ambito del clan camorristico Gionta di Torre Annunziata, dedito al traffico illecito di stupefacenti, estorsione, detenzione e porto illecito di armi. L’arresto di Antonio Palumbo, di 34 anni, è avvenuto ieri mattina, contestualmente alle misure di custodia cautelare in carcere scattate a Torre Annunziata e a Torre del Greco. Sono infatti otto gli arresti in ordine all’ordinanza che è stata emessa dal Gip del Tribunale di Napoli, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia. Gli otto indagati, in particolare, sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, tentato omicidio, associazione finalizzata al traffico illecito di droga, estorsione, detenzione e porto illecito di armi, tutti aggravati dalle finalità mafiose. Una disponibilità di armi molto ampia, a fronte di un utilizzo spregiudicato nei confronti dei nemici-resistenti al “pizzo”, ad aggravare l’associazione a delinquere. Tutto, dunque, fa riferimento al “Clan Gionta” radicato nella città campana, «dedito ad una plurarità di attività delittuose - come è stato spiegato dagli inquirenti - e forte di una vasta rete di affiliati». L’operazione è stata condotta dai carabinieri del Nucleo investigativo di Torre Annunziata, in collaborazione con il Nucleo investigativo dei militari di Gorizia. Una vasta rete specializzata, tra lo spaccio di stupefacenti e la richiesta del “pizzo” imposto a imprenditori e commercianti di Torre Annunziata, costretti a “mantenere” gli affiliati detenuti e le loro famiglie, comprese le spese legali e processuali, nonchè a fornire servizi e prestazioni gratuite. E l’indagine partenopea dunque è approdata a Monfalcone. Dove Antonio Palumbo ha “preso casa” e lavoro nel cantiere navale. L’uomo è stato arrestato ieri mattina alle 5, quando si sono presentati i carabinieri nella sua abitazione in via Fontanot. In città era giunto sei mesi fa, grazie al posto trovato in una delle ditte di appalto. Un trasloco in un territorio tranquillo, è stato riferito. Il 34enne è accusato di estorsione ai danni di un imprenditore di Torre Annunziata. Fatti, pertanto, ricondotti alla terra campana. Gli inquirenti hanno spiegato, infatti, che tutte le attività illecite si sono consumante a Torre Annunziata e comuni limitrofi. Con ciò, pertanto, escludendo, almeno ad oggi, eventuali “connessioni” con il nostro territorio e con il cantiere. L’incipit inquirente risale al febbraio 2015, a seguito del tentato omicidio di Leo Giuseppe. Un agguato che aveva sorpreso l’uomo in unìarea di servizio in pieno centro urbano di Torre Annunziata. Due killer allora, a bordo di una moto e armati di pistola, avevano esploso diversi colpi di arma da fuoco, uno dei quali lo colpì alla testa. La morte di Leo, ordinata dai vertici del clan, voleva essere esemplare, un monito escaltante: Leo Giuseppe si era infatti ribellato al pagamento di una tangente richiesta quale “regalo di Natale per i carcerati”. Il percorso investigativo ha focalizzato anche l’ascesa criminale di Izzo Pietro, 40 anni, individuato quale capo del gruppo riconducibile a quel clan, esecutore del tentato omicidio di Leo Giuseppe, nonchè referente del giro di estorsioni per conto del sodalizio a Torre Annunziata. Regole impietose e feroci. Come il pagamento delm “regalo per i carcerati” a colpi di intimidazione. Estorsioni a imprenditori e commercianti minacciati all’insegna di “ultimatum” del tipo «se vuoi lavorare tranquillo prepara la busta», oppure «qua ci vuole il regalo di Pasqua», e la raccomandazione di ricordarsi di avere a che fdare con “quelli dell’Annunziata”. 12 «Fincantieri potrebbe spostare lavoro a Stx» (Piccolo Gorizia-Monfalcone) C’è preoccupazione tra le maestranze della Fincantieri dopo l'acquisizione del 66,67% di Stx France e quindi dei cantieri di Saint-Nazaire. Perchè secondo i lavoratori e difficoltà strutturali di Monfalcone e le nuove opportunità che si apriranno con l'acquisizione del sito francese, potrebbero in futuro portare allo spostamento di quote di produzione verso quel sito. A lanciare il grido di allarme è il consigliere comunale del Pd Omar Greco che ha interrogato il sindaco Anna Cisint. Ciò in considerazione degli incontri in corso con Fincantieri e tra il sindaco e l’ad Fincantieri Giuseppe Bono. Greco interroga il sindaco se «non ritiene opportuno chiedere conto all'azienda di chiarire questo passaggio, non solo perchè si tratta di un'azienda pubblica ma anche per la responsabilità che Fincantieri ha verso Monfalcone e il territorio». Il consigliere inoltre chiede a Cisint se ha intenzione, «come secondo me andrebbe fatto, di coinvolgere in questo approfondimento la Regione ma soprattutto il Governo, vista la condizione di azionista dello Stato italiano e la strategicità per il comparto produttivo ed industriale nazionale della cantieristica». Greco ricorda che con Fincantieri è aperta un'interlocuzione a tutto campo «dal sistema degli appalti dentro la fabbrica, alle ricadute esterne che determinano un impatto sulla Città, fino ad arrivare al problema parcheggi». Un’occasione preziosa per chiarire anche la vicenda Stx e i possibili riflessi su Monfalcone. Infatti, aggiunge «la linea di produzione scafi che parte dal parco lamiere e finisce in bacino è stata realizzata alla fine degli anni '60». Ma il mercato è profondamente cambiato. «All'epoca le richieste erano differenti rispetto a quelle attuali -insiste Greco - ed a quelle che si possono prevedere per il futuro. In particolare la produzione di navi da crociera sta scivolando sempre più verso forme di "gigantismo" che anche un grande cantiere come il nostro sta iniziando a far fatica a contenere». Il consigliere fa presente poi che «è noto da tempo che il fondo del bacino del cantiere navale di Monfalcone è a rischio collasso e le stesse gru presenti nel bacino oggi rappresentano un limite al preallestimento spinto, che in cantieri concorrenti ha rappresentato un grande salto di qualità in termini di competitività». Inoltre ultimamente le costruzioni uscite dal bacino «erano sempre più spoglie e quindi completate dopo la loro uscita, con problemi di sicurezza, sovrapposizione delle lavorazioni e complessità nell'imbarco dell'allestimento». La ragione di questa scelta è appunto, l'inadeguatezza delle infrastrutture interne al cantiere ed è questa situazione che preoccupa Greco che ha raccolto i timori delle maestranze su possibili spostamenti di quote produttive verso la Francia dove il cantiere di Saint-Nazaire dispone del bacino più lungo del continente, oltre un chilometro, che permette di conquistare commesse sempre più grandi e che il mercato sta appunto andando verso quella direzione. 13 Consorzio “fai da te”, battesimo entro tre mesi (Piccolo Gorizia-Monfalcone) di Francesco Fain - Mancava il “timbro” della Regione. Erano arrivate, sì, garanzie verbali che non ci sarebbero stati ostacoli alla creazione del Consorzio «fai da te» tutto goriziano che doveva nascere dalla fusione tra la nuova società consortile dell’aeroporto Duca d’Aosta, la Sdag e il Consorzio industriale goriziano. Ma mancava, come si suol dir, il nero su bianco. Oggi, è arrivato pure quello. Per la verità un po’ nascosto e criptico visto che è contenuto nella legge regionale 21 intitolata “Disciplina delle politiche regionali nel settore turistico e dell’attrattività del territorio regionale, nonché modifiche a leggi regionali in materia di turismo e attività produttive”: al comma 9 bis si scrive a chiare lettere che i consorzi possono ricomprendere «anche i gestori di servizi logistici insistenti in agglomerati industriali di competenza quali l’interporto di Cervignano, la Sdag e l’aeroporto “Duca d’Aosta” di Gorizia». La benedizione della Regione Significa che il matrimonio s’ha da fare. Ma significa anche che lo strappo con il Consorzio di Monfalcone è ormai concreto, reale, definitivo. «Della partita non farà parte l’interporto di Cervignano che ha prese altre strade. Noi procederemo, mi auguro entro due/tre mesi, alla fusione del nostro Consorzio con la Sdag e la società consortile dell’aeroporto - spiega il sindaco Ettore Romoli -. Non ci sono elementi ostativi e la strada è pressoché spianata: andrà, comunque, chiesto il permesso anche a Enac (l’Ente nazionale per l’aviazione civile, ndr)». Una volta creato il Consorzio de noantri, Gorizia si guarderà attorno. La volontà del Comune non è quella di chiudersi nel suo fortino, in un assai poco splendido isolamento. Continuano, infatti, i contatti con il futuro Consorzio industriale di Trieste (Ezit). «Mi sembra che Zeno D’Agostino a più riprese abbia manifestato un certo interesse per la Sdag di Gorizia che potrebbe svolgere funzioni di retroporto. L’intenzione è di arrivare a un accordo sempre più stretto con Trieste». Ma in molti, soprattutto a Monfalcone, continuano a considerare l’autoporto una polpetta avvelenata. «La Sdag, quest’anno, chiuderà i propri conti producendo utili. È stata ricapitalizzata e funziona. Certo, non è una società che fa miracoli ma ha il bilancio in ordine», rimarca il primo cittadino. Di sicuro, la partnership non toccherà Monfalcone, dopo il burrascoso esito dell’iter che avrebbe dovuto portare alla nascita del Consorzio industriale isontino, risultato della fusione del Csia con il Consorzio industriale di sviluppo del Monfalconese. L’assemblea e la delibera Un altro disco verde alla creazione del nuovo soggetto tutto goriziano è arrivato, l’altro giorno, dall’assemblea del Consorzio industriale e artigianale (Csia). «C’è stata piena unanimità al progetto di fusione - rimarca Guido Germano Pettarin, assessore comunale alle Società partecipate -. Erano presenti i rappresentanti del Comune di Gorizia, del Comune di Savogna d’Isonzo, della Camera di commercio. Non ha partecipato alla riunione la Provincia, o meglio la Regione che sostituisce l’ente intermedio all’interno del Consorzio». Pettarin difende questa scelta. «Sposarci con Monfalcone avrebbe significato essere fagocitati da quella realtà. Ora, con questa fusione, nascerà un soggetto più forte che potrà sedersi sui tavoli di trattativa con gli altri consorzi senza complessi di inferiorità». Comunque vada, la nuova realtà dovrà nascere entro e non oltre la fine di agosto. «Anche se la nostra speranza è di riuscire a farlo prima. Molto prima», sottolineano all’unisono il sindaco Romoli e Pettarin che stanno seguendo la vicenda in prima persona. 14 Il caso Pipistrel approda in Parlamento (Piccolo Gorizia-Monfalcone) di Francesco Fain - Cosa sta succedendo all’aeroporto Duca d’Aosta? Perché la Pipistrel è oggetto di continui raid vandalici? Chi è l’autore? Il caso dell’azienda slovena approda in Parlamento. Attraverso quattro interrogazioni: due presentate dalla senatrice Laura Fasiolo, altrettante dall’onorevole Giorgio Brandolin. Difficile sapere se è stata un’azione concertata o se, piuttosto, si è trattato di una coincidenza. Fatto sta che la questione è finita sulle scrivanie dei ministri degli Interni e dei Trasporti. «Nelle interrogazioni ho fatto una breve cronistoria della Pipistrel: ho ricordato che dovrebbe portare 250 posti di lavoro in città, ho ricordato anche che è stata oggetto di ripetuti e inquietanti atti vandalici - spiega Fasiolo -. Ai ministri ho chiesto di poter conoscere i motivi per cui i lavori di realizzazione dello stabilimento si sono dilungati in questa maniera, rammentando che ci sono ingenti investimenti pubblici in ballo. Poi, ho chiesto anche di conoscere, per quanto possibile, in che direzioni di stanno muovendo le indagini per individuare i responsabili dell’azione vandalica. Credo sia necessario venga fatta piena luce. Ce lo chiedono i cittadini». In parallelo, anche Brandolin ha scelto la strada delle interrogazioni, rivolte una al ministro dell’Interno, l’altra a quello delle Infrastrutture e Trasporti. L’obiettivo? Fare luce su entrambe le vicende, ovvero i ritardi per l’apertura della fabbrica e i danneggiamenti. Nella prima interrogazione, rivolta al ministro delle Infrastutture, Brandolin ripercorre la vicenda della Pipistrel, iniziata ancora nel lontano 2005 con il primo annuncio da parte della proprietà dell’azienda di voler aprire una sede a Merna, a cui fece seguito nel 2014 l’avvio dei cantieri per la realizzazione della sede-magazzino all’aeroporto Duca d'Aosta. Al momento tutto è fermo in attesa del via libera dell’Enac. Brandolin chiede al ministro «i motivi per i quali, da settembre 2016, l’Enac non ha ancora ottemperato all’obbligo di affidare in via definitiva la gestione dell’aeroporto Duca d’Aosta alla società consortile, atto che consentirebbe l’immediato avvio dell’operatività alla Pipistrel dando così una vera svolta all’economia della provincia isontina messa a dura prova dalla crisi». La seconda interrogazione, al ministro degli Interni, riguarda una questione se possibile ancora più spinosa, ovvero gli atti di vandalismo di cui l’azienda è stata fatta oggetto: subito dopo l’inizio dei primi lavori, la Pipistrel subì il primo atto teppistico, con il danneggiamento di una cisterna e dell’impianto elettrico (notizia che l’azienda decise però di tenere riservata), nel dicembre del 2014 un altro atto vandalico con la rottura a sassate di una decina di finestre, nel marzo del 2016 fu la volta di quaranta vetrate mandate in frantumi per un danno che si aggira attorno ai 50mila euro. «Infine nel dicembre 2016 si è verificato un nuovo danneggiamento alle vetrate, ma questa volta i responsabili dell’atto sono riusciti a mettere fuori uso anche il quadro elettrico e, cosa ben più grave, hanno lasciato un messaggio scritto in vernice rosso sul muro interno alla struttura appena realizzata: “Ivo go home”, ovvero “Ivo (riferito a Boscarol, il patron dell’azienda slovena) vai a casa”. Brandolin, quindi, vuole sapere dal ministro se non ritenga che «il fatto, già grave in quanto atto vandalico diretto verso una nuova realtà imprenditoriale molto importante per il territorio, non sia aggravato da una componente nazionalistica e razzista vista la provenienza slovena dell’azienda e del titolare, elemento particolarmente preoccupante in una zona come quella goriziana che dovrebbe fare della collaborazione transfrontaliera il suo punto di forza». 15