L`immensa tenerezza

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L`immensa tenerezza
L’immensa tenerezza
9° Convegno del Laicato somasco
Albano 26-28 agosto 2016
Intervista a p.Franco Moscone
D: Nel contesto del Giubileo della
misericordia, voluto da papa Francesco, ci
sembra molto significativo l’aver scelto
l’espressione
‘immensa
tenerezza’
contenuta nella preghiera di san Girolamo:
‘Ascoltaci Signore, perché benigna è la tua
misericordia e nella tua immensa
tenerezza volgiti verso di noi’.
Come è stato possibile per un uomo…
soldato, orgoglioso e ambizioso come
Girolamo, diventare ‘tenero’ al punto da
essere in seguito proclamato dalla Chiesa
padre universale degli orfani e della
gioventù abbandonata?
R: E’ possibile perché “tenero” è un aggettivo/qualità di Dio (presente nell’AT soprattutto nei testi
dei Profeti: hesed, rajamin …) … quindi chi aderisce a Dio e si fa sua immagine non può non
essere “tenero”.
D: Siamo convinti che la tenerezza è la forza più umile e più potente per cambiare il mondo. Non si
tratta di “tenerume”, non è debolezza, ma forza che sboccia solo in un cuore libero, capace di offrire
e ricevere amore.
E’ però diffusa l’idea che la tenerezza rappresenti una connotazione quasi solo femminile o
comunque poco maschile. Sarebbe come dire che la sensibilità e la capacità di esprimere affetto,
l’attenzione alla vita, la dolcezza dell’amore di Dio o la delicatezza della carità evangelica sono
realtà negate all’uomo. Sei d’accordo nell’affermare che è un pregiudizio infondato e che va
rimosso?
R: Non solo è un pregiudizio, ma non è in linea con il testo della Genesi e dei Vangeli sinottici:
maschio e femmina li creò … i due saranno una carne sola. Espressione che abbiamo sempre
letto, o meglio applicato nella predicazione al sacramento del matrimonio, mentre, credo,
andrebbe prima applicata all’antropologia umano-teologica, ossia alla rivelazione di ciò che la
persona umana è davanti a Dio, nel piano di Dio. Relazione tra maschile e femminile è tale che
antievangelico è il “machismo” e il “femminismo unidirezionale”, non l’aderire ed esprimere
attitudini come è la “tenerezza” (sentimento visto normalmente come proprio della donna, ma
non esclusivo di essa!).
D: Il messaggio di papa Francesco alla messa di Natale (2014) è stato il richiamo alla “rivoluzione
della tenerezza”. E diceva: “Quando ci rendiamo conto che Dio è innamorato della nostra
piccolezza, che Egli stesso si fa piccolo per incontrarci meglio, non possiamo non aprirgli il nostro
cuore, e supplicarlo: “Signore, aiutami ad essere come te, donami la grazia della tenerezza
nelle circostanze più dure della vita”. Ma renderci conto che Dio è innamorato di noi… suppone
aver purificato l’immagine che abbiamo di Lui. Come fare?
R: Per prima cosa faccio notare che nella frase del Papa ci stà una delle due “giaculatorie” di san
Girolamo: Signore aiutami e sarò tuo!
Siamo troppo abituati a pensare a Dio in modo “metafisico” (l’onnipotenza!) e ci dimentichiamo
che il Dio biblico, il Dio di Gesù, si manifesta nella kenosis (e tutti gli aggettivi che si collegano),
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è il Dio della “storia” prima che dell’ontologia o della cosmologia … e la “storia” parte sempre dal
“piccolo”, come il “seme”, non dall’albero maturo… siamo troppo abituati a mettere la creazione
(forse perché il testo della Sacra Scrittura inizia col racconto della creazione) prima della Pasqua
(sia quella ebraica: passaggio del mar Rosso, sia quella cristiana: Risurrezione di Gesù). La nostra
fede inizia e si sviluppa nella storia che Dio fa con l’umanità … poi cerca anche risposte
cosmologiche (= creazione) o ontologiche (onnipotenza e altri attributi divini). Anche per noi
Somaschi dobbiamo sempre partire da ciò
che il Signore ha fatto a san Girolamo (=
liberazione dal carcere), non da quelle che
chiamiamo caratteristiche o fondamenti del
nostro carisma (p. es. la paternità …); le
caratteristiche verranno di conseguenza.
D: Nello stesso messaggio natalizio, papa
Francesco si domandava: “Abbiamo il
coraggio di accogliere con tenerezza le
situazioni difficili e i problemi di chi ci sta
accanto, oppure preferiamo le soluzioni
impersonali, magari efficienti, ma prive del
calore del Vangelo?”.
Che dire di questo
rischio, in relazione al nostro mondo
terribilmente tecnico e ‘asettico’?
R: Che sia un rischio per il mondo di oggi, dove la globalizzazione cancella o riduce le differenze
(anche quelle relative ai sentimenti personali e sociali), direi che è un dato di fatto di cui rendersi
conto e contro cui non si può fare molto (socialmente). Mi preoccupa di più se questa
cancellazione o riduzione dei sentimenti tocca quelli evangelici e carismatici (in questo caso quelli
nostri somaschi di figli di san Girolamo). E questa preoccupazione è dovuta al fatto che la
globalizzazione evangelica ha proprio la caratteristica opposta, non cancella, ma conserva ed
esalta le differenze (… e tutte le differenze, anche quelle legate a condizioni fisiche o di handicap,
o come si dice oggi di “diversamente abili” … credo che sia in questa linea in cui, come cristiani
si possa cercare di opporsi per esempio all’aborto e all’eugenetica). La globalizzazione evangelica,
non è omogeneizzazione! Il carisma somasco contribuisce oggi, con proprio stile di vita e di
azione, a questa lotta all’omogeneizzazione mondiale.
D: La tenerezza rimane solo un bel sentimento… se non si traduce nella pratica quotidiana di gesti
concreti, appunto le opere di misericordia materiali e spirituali, che non solo 14, ma tantissime.
Secondo la tua ricca esperienza, in qualità di preposito generale della famiglia somasca, che ti ha
permesso di girare il mondo diverse volte visitando i 5 continenti dove operano religiosi e laici, ti
chiediamo: qual è l’opera di misericordia, oggi, per te più urgente (se così si può dire), di cui il
mondo ha più bisogno?
R: Risponderei esattamente come Gesù nel raccontare la parabola del “buon samaritano” (Lc 15):
l’opera più urgente è FARSI PROSSIMO, è essere PERSONE DI PROSSIMITA’. La MISERICORDIA
è prima di tutto prossimità, farsi prossimo, la MISERICORDIA non la posso vivere da solo, isolato
o pensando solo a me stesso. MISERICORDIA è uscire da me stesso (poi anche uscire dagli
“individui sociali”: gruppi, movimenti, associazioni di ogni tipo, società, ecc. anche gli “individui
ecclesiali”: comunità religiose, parrocchie, ecc.). Tutto ciò che mi fa uscire da me per andare
incontro all’altro, abbracciare l’altro è essere e fare MISERICORDIA (… e qui mettiamo poi tutte le
“fantasie della carità possibili” … in Congregazione e nella famiglia somasca di queste fantasie ce
ne sono tante ed ovunque si è presenti).
D: “Ponerse en los zapatos de los demàs”, mettersi nelle ‘scarpe degli altri’, è un’espressione tipica
latinoamericana. Che vuol dire accorgersi dell’altro, usare empatia e tenerezza. Don Tonino Bello,
vescovo di Molfetta, scrivendo una lettera alla sua Diocesi, in occasione del mercoledì delle Ceneri,
decise di darle questo titolo: “Dalla testa ai piedi, un cammino abbastanza lungo” (dal mercoledì
delle ceneri al giovedì santo … mi pare avesse scritto don Tonino). E affermava: “Non si tratta di
percorrere mezzo metro o i due metri della nostra altezza, ma di andare dalla testa ai piedi degli
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altri. Un cammino lungo, molto lungo” (sempre don Tonino scriveva che questo cammino durava
non 40 giorni – la Quaresima – ma tutta la vita). Per ‘piedi’ alludeva al gesto di Gesù: la lavanda
dei piedi del Giovedì santo. Ti chiediamo: perché, secondo te, è un cammino lungo? E, a tal
proposito, che cosa ti aspetti da questo 9° Convegno del MLS ?
R: E’ la domanda più difficile. Non ho la lampada di Aladino
per fare miracoli o la bolla della maga che legge il futuro, ma
ho la fede carica di speranza che mi fa dire che il meglio deve
ancora venire … e questo anche per il MLS! Come dice il Card.
Tagle noi cristiani siamo gente di Pasqua. Allora anche il MLS
è fatto di gente di Pasqua … non può che avere davanti a sé
che la Risurrezione.
Molto interessante è la catechesi di Papa Francesco del 10
agosto dove ha parlato di misericordia e compassione. “La
misericordia parte dal cuore (= riceve il perdono di Dio, che
perdona sempre e tutto!) e arriva alle mani (= si trasforma nelle
opere di misericordia verso gli altri)”.
Commento. Possiamo affermare che la misericordia ha nel
cuore il proprio organo propulsore: = fa il pieno del perdono
di Dio, e nel perdono trova il carburante per far muovere la
testa (= vede, intende …), i piedi (= vanno verso l’altro …) e le
mani (= operano la carità), che sono gli organi operativi.
Ha poi parlato di un vescovo che nella sua cattedrale ha aperto 2 porte della misericordia, la prima
in entrata (= perdono di Dio), la seconda in uscita (= le opere di misericordia verso i fratelli).
Commento. Penso che nell’esperienza di san Girolamo troviamo entrambe le esperienze o porte di
misericordia: basta leggere e fermarsi su alcuni passi della vita dell’Anonimo … e allora diventa
chiaro che per Girolamo “Dio non abbandona mai … e dopo la prova tornava al lavoro – opere di
misericordia – con più forza e convinzione di prima”.
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