Il primo di una nuova specie

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Il primo di una nuova specie
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PROVE
Unison Research Upower
Il primo di una nuova specie
C
hi sia Unison Research crediamo non sia più davvero il caso
di ripeterlo, ma per chi avesse
casualmente saltato tutti i numeri in
cui abbiamo provato qualche componente di questo costruttore basterà
recuperare il fascicolo di ottobre 2012,
in cui è presente un reportage dedicato sia ad Unison Research che alla
consorella Opera Loudspeakers. In
estrema sintesi possiamo ricordare
che si tratta di aziende che tengono
alto il tricolore nel mondo, sia perché
esportano la quasi totalità della produzione, sia perché i loro prodotti sono al contempo ricercati esteticamente, raffinati elettroacusticamente ed
identificabili a colpo d'occhio come
realizzati in Italia. Ci sono aziende che
puntano tutto, o quasi, sulla "parte
che l'occhio vuole", altre che fanno
cose anche molto interessanti sul piano del risultato acustico, ma che solo
pochi accetterebbero di mettere in
salotto ed in bella evidenza. Unison
propone elettroniche belle e con un
cuore tecnologico d'avanguardia, sviluppato da progettisti che non temo-
no confronti con nessuno dei nomi sacri dell'hi-fi d'oltreatlantico.
Il più unico degli Unico
In termini di confronto, poi, Upower
davvero non ha termini di paragone, essendo il solo rappresentante della sua
categoria, quella dei cosiddetti "booster". Invero, il concetto di "booster" è
abbastanza alieno al mondo dell'alta fedeltà, ed anzi viene spesso equivocato
per ragioni storiche. Si iniziò infatti a
parlare di booster qualche decennio fa,
quando sul mercato car hi-fi vennero
immessi degli amplificatori dotati di ingressi da collegare alle uscite di potenza delle autoradio. Queste ultime erogavano infatti pochi watt ed in molti casi non avevano uscite di segnale, per cui
l'unico modo per poter gestire potenze
adeguate ad un ascolto dignitoso era
sfruttare quei segnali per pilotare dei finali più potenti, previa attenuazione
passiva o comunque impostando bassi
valori di guadagno. "To boost" significa
però "incrementare", non "sostituire",
che è invece ciò che elettricamente facevano quegli apparati. Veri "booster"
sono ad esempio i razzi laterali dello
Shuttle, che per l'appunto "rafforzano"
la spinta dei motori principali, mentre
nell'ambito degli amplificatori questo
termine è stato sempre riferito a circuiti
che erano semplicemente dimensionati
in modo da poter ricevere in ingresso
dei segnali di potenza. I quali, però, non
arrivavano mai al carico.
Upower è qualcosa di completamente
differente. Questo amplificatore finale,
in sintesi, è unico per quattro motivi:
- la sua amplificazione in tensione è pari a 6 dB (ovvero 2 volte in tensione,
un valore molto basso).
- la sua impedenza d'ingresso è virtualmente pari a quella caricata sulla sua
uscita.
- della potenza erogata in uscita, un
quarto proviene direttamente dal finale che pilota l'ingresso (il che lo rende
un vero booster).
- la funzione di trasferimento (in sintesi
draconiana, il "suono" di quell'amplificatore) collima con quella del finale
di pilotaggio, a parte il livello (che è
UNISON RESEARCH UPOWER
Amplificatore finale
Costruttore e distributore: Unison
Research, Via Barone 4, 31030 Dosson di
Casier (TV). Tel. 0422 633547 - Fax 0422
633550 - http://unisonresearch.com
Prezzo: Euro 1.800,00
AUDIOREVIEW n. 338 novembre 2012
CARATTERISTICHE DICHIARATE
DAL COSTRUTTORE
Potenza: 100 watt RMS per canale su 8
ohm. Stadio di potenza: Classe A
Dinamica, due coppie complementari per
canale di MosFet di potenza. Sensibilità
d'ingresso: 25 watt. Impedenza
d'ingresso: identica all'impedenza di
carico. Larghezza di banda: -0,1 dB a 10
Hz, -0,5 dB a 100 kHz. THD: 0,1% a 10
watt, 1 kHz. Potenza assorbita: 380 W
max. Dimensioni: 43,5x43x13 cm. Peso
netto: 13 kg
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Amplificatore finale UNISON RESEARCH UPOWER. Mat.: 510022
CARATTERISTICHE RILEVATE
Sensibilità: 14,1 V (per 100 watt su 8 ohm, guadagno pari a 2)
Tensione di rumore pesata "A" riportata all'ingresso: 3,7 µV
(ingresso terminato su 600 ohm)
USCITA DI POTENZA
Caratteristica di carico limite
Rapporto segnale/rumore pesato "A": 131,5 dB
(ingresso terminato su 600 ohm, rif. uscita nominale)
Risposta in frequenza
(a 2,83 V su 8 ohm)
Fattore di smorzamento su 8 ohm: 106 a 100 Hz; 116 a 1 kHz; 99 a 10 kHz
Tritim in regime continuo
Carico resistivo 4 ohm
Carico induttivo 8 ohm / +60 gradi
Carico capacitivo 8 ohm / -60 gradi
Tritim in regime impulsivo
Carico resistivo 4 ohm
Carico induttivo 8 ohm / +60 gradi
Carico capacitivo 8 ohm / -60 gradi
I
l solo vero booster esistente è stato ovviamente provato con
un finale di pilotaggio massimamente lineare, e le prestazioni
riportate sono state in taluni casi ricavate "per differenza" (risposta ed impedenza interna in particolare). Altra considerazione da riportare preliminarmente è che questi dati rappresentano
il limite superiore delle prestazioni, ottenibile con un pilotaggio
ideale, mentre nella pratica (a meno di non usare un finale dai
parametri ideali, quale nessun valvolare effettivamente è) le prestazioni seguono ovviamente quelle del finale di pilotaggio, ma
ad un livello di potenza quadruplo. Il carico limite è ottimo, la
potenza effettiva eccede del 15% quella dichiarata su 8 ohm e
sale con ottima pendenza fino al limite inferiore di misura (2
72
ohm), dove si toccano i 220 watt continui per canale ed i 290
per burst da 40 millisecondi. Anche le tritim vengono superate
brillantemente, con livelli di intermodulazione trascurabili ed invece livelli di saturazione molto elevati, a conferma che la capacità di pilotare impedenze impegnative non verrà ridotta da
questo componente bensì rimarrà la stessa del finale di pilotaggio. Ottimi risultati vengono anche dalla risposta e dall'impedenza interna (che in media si aggira sugli 80 milliohm), mentre
in termini di rumore un solo altro componente - tra le centinaia
provati in queste pagine nell'arco di oltre trent'anni - è riuscito a
fare leggermente meglio.
F. Montanucci
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C Ciascuno dei 4 subamplificatori finali impiega una coppia di hexfet,
A Gli 8 elettrolitici di filtro, da 4.700 μF ciascuno, sono collocati sullo
stampato ed a breve distanza dai loro principali "clienti", ovvero
i finali di potenza, il che è utile a ridurre le impedenze parassite
altrimenti collocate in serie tra tali componenti.
i ben noti IRFP240/9240.
D Tutte le resistenze sono a bassa tolleranza (1%).
B I 4 ponti rettificatori per le altrettante sezioni di alimentazione di
E La componentistica attiva in cui transita il segnale è tutta
potenza impiegate dai due canali di Upower.
discretizzata.
B
A
D
C
E
La componentistica utilizzata è quella di qualità indiscussa utilizzata negli altri componenti Unison provati in passato: resistenza con
tolleranza 1%, condensatori sul segnale in polipropilene, componentistica attiva discretizzata, etc. La configurazione di alimentazione è in
pratica una quasi dual mono con il solo primario in comune, per cui esistono 2+2 ponti per 4+4 elettrolitici di filtro, corrispondenti ai 2+2
amplificatori presenti. I finali sono due coppie di MosFet di potenza IRFP240/9240 per canale, largamente surdimensionati per la potenza
in gioco. Il dissipatore è del tipo a profilo circolare usato in tutti i finali a stato solido della Casa anche se in questo caso, non essendoci
problemi di spazio né criticità di schermatura, non è collocato in prossimità del toroidale di alimentazione.
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Analisi circuitale
È
un mondo strano quello dell'Audio, lo abbiamo detto altre
volte ma si tratta di un concetto che giova ripetere. Esistono
costruttori - o meglio, i loro uffici marketing - che reclamano lo
sviluppo di innovazioni mirabolanti quando tali innovazioni, in sé,
hanno spessori da fisica quantistica, od ancor più frequentemente
sono la riproposizione di un nuovo metodo per portare l'ossido
d'idrogeno allo stato di vapore. Parallelamente, ma forse sarebbe
meglio dire "ortogonalmente", ce ne sono altri che immettono
cose realmente nuove e non ne parlano nemmeno, forse confidando (con qualche eccesso di ottimismo...) che quando c'è sostanza la pubblicità non serve, i prodotti sono in grado di farcela
da soli.
Gli Unison Research Unico seguono questa seconda filosofia da
non meno di dieci anni, ovvero perlomeno da quando provammo
l'Unico P (AR 218, dicembre 2003), che pur essendo un piccolo
integrato - ovvero un componente in cui non ci si aspetta di trovare soluzioni innovative - di innovazioni ne aveva da vendere, a
partire da uno stadio finale ibrido in cui l'ingresso a triodi operava
solo in AC mentre un anello a stato solido in DC manteneva l'offset perfettamente azzerato, tanto che la valvola poteva essere inserita e rimossa anche ad apparecchio acceso. Al Top Audio dell'anno seguente chi scrive rimase basito nell'ascoltare le critiche
di un progettista piuttosto noto secondo il quale, in sintesi, questa circostanza dimostrava che in quel contesto la valvola non faceva nulla e poteva quindi anche non esserci (il che poteva essere
vero, a patto di usare quell'integrato solo come soprammobile).
In effetti questa storia dimostra solo che notorietà ed insipienza,
nel mondo dell'audio, possono tranquillamente convivere, basta
riuscire a convincere della bontà delle proprie argomentazioni un
certo numero di appassionati, soprattutto di quelli che scrivono
nei forum, a prescindere dalla loro razionalità (delle argomentazioni, e talvolta degli appassionati).
Ed ora ci risiamo: Leopoldo (per gli amici, per i concorrenti è il
prof. Rossetto dell'Università di Padova) ne ha sviluppata un'altra
delle sue, come se non fossero bastate quelle che abbiamo esaminato nel corso di questi dieci anni.
Quando abbiamo ricevuto Upower e le prime note descrittive, in
cui si affermava categoricamente che si trattava di un vero booster e che quindi il finale di pilotaggio continuava a fornire la propria corrente al carico di uscita, abbiamo subito pensato alla
struttura di Figura 1, ovvero ad un finale aggiuntivo operante a
ponte rispetto a quello di ingresso. Ma ovviamente non poteva
La soluzione Unison/Rossetto: due
amplificatori, con tensioni di lavoro in
rapporto 2 ad 1, il primo di tensione ed il
secondo di corrente (similmente a
quanto visto in Figura 2). Ma in questo
caso il segnale di potenza di ingresso
viene usato per "offsettare" rispetto alla
massa il livello di alimentazione basso
fornito al primo amplificatore, ovvero, in
pratica, per pilotare al contempo
l'ingresso ed i rami di alimentazione.
L'amplificatore di tensione ha guadagno
pari a 2, e se usato da solo otterrebbe lo
stesso risultato della configurazione a
ponte di Figura 1, ovvero l'impedenza di
carico offerta al finale da "boosterare"
sarebbe dimezzata (pur non avendo più
in uscita un segnale simmetrico rispetto a
massa). Ecco perché esiste il secondo
amplificatore di corrente, alimentato alla
massima tensione di picco con cui viene
alimentato il primo, con funzione di
duplicatore di corrente. Anche qui lo
schema riporta dei sensori di Hall, ma in
pratica la duplicazione avviene leggendo
la caduta di tensione ai capi di resistenze
di piccolo valore.
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Figura 1
Il modo più semplice per realizzare un booster che amplifichi la
potenza entrante è questo: usare il finale di pilotaggio per
pilotare contemporaneamente il carico ed un finale in controfase
collocato sull'altra polarità. Il guadagno di quest'ultimo
determina il guadagno di potenza (se è pari a -3 la potenza
entrante viene quadruplicata), ma con un problema: il carico
"visto" dal lato del finale di pilotaggio varia a seconda del
guadagno del finale contrapposto (nel caso ipotizzato
diventerebbe pari ad un quarto) e solo nel caso di guadagno
nullo (ovvero con guadagno di potenza altrettanto nullo) rimane
identico all'originale. È una condizione ovviamente inaccettabile
soprattutto con gli amplificatori valvolari, che "soffrono" molto i
carichi bassi, e che contraddice la definizione di "booster" ideale.
Figura 2
Se però all'amplificatore contrapposto, e con guadagno -1, si affianca
un duplicatore di corrente (che in questa ipotesi è controllato da un
sensore di Hall), allora la potenza quadruplica ma il carico visto dal
finale di pilotaggio torna ad essere pari a quello effettivo. Ovvero, il
finale di pilotaggio controlla la forma d'onda consegnata al carico, ma
fornisce a questo solo un quarto della potenza complessiva. Da
notare, en passant, che una soluzione del genere si può
implementare in pratica solo con lo stato solido, perché il duplicatore
di corrente deve (per l'appunto, essendo in corrente) presentare
un'impedenza interna elevatissima, idealmente infinita, e con le
valvole ciò è molto difficile da ottenere anche usando dei pentodi.
Figura 3
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essere così, perché in tal modo l'impedenza di carico si dimezza, mentre nella
descrizione Unison si specificava che
l'impedenza "vista" dal finale di pilotaggio rimaneva quella con cui Upower veniva caricato. Abbiamo quindi immaginato una "complicazione" non da poco,
quella di Figura 2 (che peraltro viene
dalla stessa Unison), in cui esiste anche
un duplicatore di corrente, immaginato
come controllato da un sensore di Hall
(che in uscita fornisce un segnale in tensione proporzionale per l'appunto alla
corrente del circuito su cui è affacciato).
In questo modo viene raddoppiata anche la corrente, alias l'impedenza di carico torna ad essere quella del caricamento diretto. Ma Rossetto ha fatto
qualcosa di ben più elegante, che possiamo vedere schematizzato in Figura
3: esistono due amplificatori, con tensioni di lavoro in rapporto 2 ad 1, ed il
segnale di potenza di ingresso viene
usato per "offsettare" rispetto alla massa il livello di alimentazione basso fornito al primo amplificatore, ovvero, in
pratica, pilotando al contempo l'ingresso ed i rami di alimentazione. Questo
amplificatore ha guadagno pari a 2, e
se usato da solo otterrebbe lo stesso risultato della configurazione a ponte di
Figura 1, ovvero l'impedenza di carico
offerta al finale da "boosterare" sarebbe dimezzata (pur non avendo più in
uscita un segnale simmetrico rispetto a
massa). Ecco perché esiste un secondo
amplificatore alimentato alla massima
tensione di picco con cui viene alimentato il primo, con funzione di duplicatore di corrente (anche qui lo schema riporta dei sensori di Hall, ma in pratica la
duplicazione avviene leggendo la caduta di tensione ai capi di resistenze di
piccolo valore). Si comprende subito
che con una struttura siffatta si potrebbe facilmente adottare qualsiasi fattore
di moltiplicazione della potenza (agendo in parallelo sul guadagno in tensione
del primo finale e su quello in corrente
del secondo) ma si è invece scelto un
coefficiente fisso pari a 4 per ragioni sia
di semplicità che di congruenza con lo
scopo finale, quello di portare nella regione dei 100 watt quegli amplificatori
valvolari che escono con poche decine
di watt, ed in particolare (ma non solo) i
single-ended, di cui il catalogo Unison
offre vasta scelta.
Le difficoltà insite in un progetto del
genere non sono poche, ed attengono
soprattutto al sincronismo delle correnti ad alta frequenza, nonché all'obbligo
di non modificare in modo apprezzabile la funzione di trasferimento entrante:
in pratica, il circuito deve essere estremamente veloce e non distorcere di
suo. Entrambe sono state ampiamente
soddisfatte in relazione al target progettuale.
F.Montanucci
AUDIOREVIEW n. 338 novembre 2012
Andamenti
frequenza/distorsione su
carico di 8 ohm per
potenze di prova di 1, 10
e 100 watt. La distorsione
propria del componente è
molto bassa sotto il
chilohertz, poi sale
gradualmente fino a circa
lo 0,3% a 20 kHz, un
valore tipicamente
inferiore alla distorsione
generata dai finali
valvolari, soprattutto se
single-ended.
Andamento
potenza/distorsione su
carico di 8 ohm, 0 dB pari
a 100 watt su 8 ohm.
Saturazione verticale,
come atteso dalla
descrizione del circuito
fornita dalla Casa.
Ovviamente, fino al
raggiungimento del
proprio clipping, la
caratteristica di
saturazione è quella
propria del finale di
pilotaggio.
per l'appunto di 6 dB maggiore) e le
eventuali non-linearità da esso aggiunte. Nel caso dei falsi "booster" di cui
sopra ciò non è vero, quantomeno
perché il finale di pilotaggio non può
"vedere" il carico di uscita.
Lo scopo di Upower è in sostanza
quello di rendere potenti i finali a valvole da poche decine di watt, che
spesso piacciono per la resa sonora,
ma che non possono reggere i pieni
orchestrali o l'impatto di una rock
band senza entrare in crisi di erogazione. Come ciò avvenga viene descritto
nell'apposito box di approfondimento,
qui annotiamo solo che sul piano funzionale si tratta di un amplificatore finale identico agli altri, salvo che va pilotato non su delle prese RCA bensì su
dei morsetti serrafilo e che va connesso ad un finale da non più di 25-30
watt per canale su 8 ohm anziché ad
un preamplificatore. Il tetto di potenza
erogabile è quello che riportiamo nel
riquadro misure, pari a 100+100 watt
nominali su 8 ohm ed a circa 120+120
effettivi con alimentazione di rete a
230 volt. Ciò significa che oltre i 70-80
watt effettivi di ingresso l'incremento
di potenza non sarebbe decisivo. Altro
elemento da tenere in considerazione
è che il "suono" del finale di pilotaggio viene ovviamente mantenuto a
meno del livello sonoro assoluto, e
quindi, di norma, ascoltare agli stessi
livelli di pressione con cui si può ascoltare in modalità "diretta" significa
ascoltare con meno distorsione.
Esteticamente, Upower è del tutto affine ai fratelli della serie "Unico" che
abbiamo provato in passato, ovvero è
semplice, ben proporzionato ed ottimamente rifinito. Il frontale, oltre al logo aziendale, ospita il solo LED di accensione, dato che il relativo pulsante
è posto lateralmente.
Costruzione
I materiali di Upower sono dello stesso
rango visto nelle altre amplificazioni
Unico, ovvero di qualità elevata. L'alimentazione è ovviamente molto più
complessa di quella di un finale tradizionale, dato che deve asservire quattro unità distinte, e per di più è semi
dual mono, ovvero ha il primario del
toroidale di alimentazione come unico
elemento comune dei canali. Esistono
quindi quattro ponti rettificatori ed otto elettrolitici di filtraggio, da 4.700
µF/63 V della Itelcond, e sono collocati
"on board". I finali sono due coppie
per canale di IRFP240/9240, hexfet di
potenza complementari, tra i più adatti
per applicazioni audio e largamente
surdimensionati per la pur non certo
modesta potenza in gioco in questo
caso. L'alettatura ha profilo circolare
come negli altri Unico ed è pure ben
dimensionata, anche perché ha sezione decrescente e superficie ondulata,
elementi che oltre ad agevolare il trasferimento del calore e massimizzare
l'area esposta limitano anche l'effetto
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Trattandosi di un vero booster, non sorprende che anche le prese d'ingresso siano dei... semplici morsetti. È automaticamente vero anche
l'opposto: se in un amplificatore qualificato come "booster" trovate anche dei pin RCA, o degli XLR, allora si può esser certi che si tratta di
un finale "mascherato" da booster. I morsetti di uscita sono identici, ovvero della tipologia WBT, e sono doppi per agevolare connessioni
bi-wiring. Dotandosi di 2 Upower è anche possibile il bi-amping, collegando in parallelo gli ingressi di ogni unità.
di "specchio termico" nella regione infrarossa. In sintesi, non c'è traccia di
scelte legate al risparmio, o criticabili
anche solo dal punto di vista della "filosofia" audiofila.
Conclusioni
Upower è un'idea nuova e brillante, con
risvolti intriganti anche dal punto di vista
economico. Chi ama ad esempio il suono dei single-ended si trova nella pratica
impossibilità di ascoltare a volume elevato, a meno di non impiegare altoparlanti
ad alta efficienza (con i problemi a questi
connaturati) o di dotarsi di uno dei pochi
e costosi finali di questa natura e di alta
potenza che il mercato offre. Ma con
Upower bastano 15 watt effettivi per
averne disponibili 60, con lo stesso tipo
di impronta sonora, ad un prezzo che
può rimanere nella regione dei 4.000 euro. Non molto diversi sono peraltro i vantaggi ottenibili associando Upower ad
amplificazioni valvolari push-pull, perché
per arrivare nella regione dei 100 watt indistorti occorre comunque un investimento rilevante, ben superiore a quello
richiesto da Upower + integrato o finale
da 25-30 watt per canale. L'unico ostacolo da superare, dal punto di vista dell'audiofilo "puro e duro", è di tipo psicologico: sapere che 3 watt su 4 di quanto sta
ascoltando derivano da circuiti a stato
solido, anche se il progetto è studiato
per far sì che quei 3 watt siano la copia
fedele del singolo watt proveniente dai
tubi. Una difficoltà del genere risulterà
forse insuperabile per gli "integralisti",
quelli che ad esempio non hanno bisogno di ascoltare un'amplificazione silicea
per sapere che non può andare meglio
di una valvolare, ma chi dispone di una
mentalità più aperta potrà investire utilmente del tempo nei luoghi e nelle occasioni in cui Upower verrà dimostrato.
Visti i risultati conseguiti nei nostri ambienti di lavoro, crediamo che molte reticenze cadranno rapidamente.
Fabrizio Montanucci
L’ascolto
A
pparecchio innovativo (e decisamente solido), l’Unico Upower nasce per affiancare un amplificatore a
valvole di cui si vuole incrementare l’erogazione di potenza. Disponendo dell’Almarro A50125A ho quindi effettuato un doppio ascolto, prima senza e poi con l’Upower, al
fine di valutarne le differenze. Per la prova ho utilizzato il
lettore CD/SACD Marantz Sa-Ki Pearl Lite e i diffusori Audio Physic Classic 20. Osservato il rituale periodo di riscaldamento previsto dal “manuale del bravo ascoltatore”,
ho analizzato con calma la resa musicale del sistema, utilizzando contenuti a me ben noti e cercando di concentrarmi sul comportamento dell’amplificatore.
In questo contesto l’Almarro offre una resa eccellente per
estensione della risposta e capacità di dettaglio nella riproposizione degli strumenti, delle voci (ben in primo piano), e delle singole note riprodotte.
Notevole il contrabbasso suonato in velocità nelle ottave
più profonde, una delle prove più difficili per impianti con
amplificazione a valvole (e non solo).
La buona erogazione di potenza rende l’Almarro meno
bisognoso di “booster” rispetto a tanti altri amplificatori
valvolari, ma permette di spingere a livelli più impegnativi
l'oggetto della nostra prova, il davvero “unico” Upower.
L'interposizione dell'Upower consegue subito l'effetto
desiderato: il sistema suona più forte a pari posizione del
volume, ma il bello è che a tale (notevole) incremento delle prestazioni di potenza sembra non contrapporsi alcun
deterioramento sostanziale.
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Il primo parametro che vado ad analizzare è il rumore:
non è udibile in alcun modo un peggioramento del rapporto S/N, cosa decisamente sorprendente trattandosi di
un dispositivo analogico.
Dal punto di vista timbrico, si nota una leggera prevalenza della gamma media e parte della medio alta, con gli
strumenti e le voci che si portano in primo piano, mentre
le altissime frequenze (forse per effetto di questo “aiuto”
alla gamma adiacente), sembrano meno effervescenti.
Parliamo di una sfumatura timbrica già notata all’ascolto
dell’Almarro e che l’Upower rende più evidente. Al contempo non si rilevano peggioramenti in termini di distorsione, che sembra pressoché identica a quella in assetto
“senza Upower”, né riesco a percepire accenni di “compressione” della scatola sonora, come a volte accade
quando si cerca di ottenere potenza a basso costo. Il palcoscenico virtuale resta immobile, e gli orchestrali non si
addensano verso il centro al salire della pressione: ciascuno mantiene il proprio posto ed il medesimo rispetto nel
suonare insieme agli altri. Un risultato decisamente esaltante, che tuttavia mi lascia la curiosità di verificarne la resa abbinato ad un valvolare single-ended di piccola potenza. Ci riserviamo di approfondire tutte le sue caratteristiche sonore il prossimo mese, quando avremo in prova
un buon numero di finali a valvole single-ended di bassa
potenza.
A presto.
A. Scappaticci
AUDIOREVIEW n. 338 novembre 2012

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