Teoria del codice e follia

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Teoria del codice e follia
TEORIA DEL CODICE E FOLLIA
(Pubblicato sulla Rivista di Neuropsichiatria “Capodichino” – Anno XII n. 8 novembre-dicembre 1979)
INTRODUZIONE
Il codice di comportamento può essere diviso in due parti: “codice consensuale” e “codice
privato”.
Il codice consensuale è l’insieme delle norme esistenti in una comunità. Per norme si
intendono tutte le regole accettate dal gruppo sociale di appartenenza. Il codice consensuale non
è qualcosa di stabile e definitivo, ma cambia con lo sviluppo delle forze e dei rapporti di
produzione. Avviene cioè che un codice di classe (riconosciuto dai suoi componenti) per
circostanze storiche diviene consensuale (riconosciuto da tutti).
E’ logico, perciò, definirlo codice di parte, perché rispecchia gli interessi della classe
dominante.
Il codice privato risulta invece dall’insieme dei comportamenti derivati dalla trasgressione
del comportamento imposto dal codice consensuale. L’uscire dal tracciato delle norme
consensuali dà luogo alla devianza.
Il deviante è potenzialmente un rivoluzionario, in effetti è un emarginato, escluso dai suoi
simili. Alieno dalla realtà, che rifiuta, distorce, ignora, mette al primo posto se stesso, i propri
desideri, i propri impulsi.
Molto spesso avviene che un comportamento che viola gli standards di condotta e la
moralità apprezzata e condivisa è considerato come di colui che ha perso il senno: il pazzo.
Dal punto di vista fenomenologico, si può definire con Fornari la pazzia come un tipo di
simbolizzazione privata, deviante rispetto a quella consensuale di un determinato gruppo.
La presenza della simbolizzazione privata dà luogo nel gruppo ad uno stato di paura, si
considera il deviante come un nemico. Nasce uno stato di ansia, che è legato non solo alla
simbolizzazione affettiva, ma anche al livello cognitivo. Esiste infatti nel comportamento deviante
la imprevedibilità della pazzia: non si hanno informazioni sulle possibili iniziative.
Avviene così l’emarginazione e l’esclusione del “matto”, dovuto al timore della classe
sociale dominante di confrontarsi con la ragione del diverso, e mettere quindi in discussione le
norme, il proprio potere, se stessa.
Dal punto di vista psicoanalitico v’è una correlazione fra questo processo di esclusione e la
rimozione che avviene nell’ambito interpersonale; infatti, le pulsioni istintuali che entrano in
conflitto con l’io ed il super-io sono rimosse dal soggetto.
Nella mia esperienza di lavoro ho seguito indirettamente all’interno della scuola, il caso di
un ragazzo considerato pazzo, Gigi: ha 14 anni, 5 fratelli, il padre fa il ladro, la madre ospita in casa
coppie clandestine, la nonna vende sigarette di contrabbando 1. I rapporti fra i suoi genitori sono
affatto negativi e si è creato un conflitto vizioso nella triade madre-figlio-nonna paterna.
La madre, che non ha un rapporto positivo con la nonna, iperprotettiva a suo modo con
Gigi, proietta sul ragazzo tutta l’aggressività rivolta a lei. Gigi è abbandonato a se stesso, ha una
condotta alimentare instabile, si dedica al furto delle autoradio.
Frequenta la scuola con una certa costanza, ma in classe è aggressivo, litigioso, ha un
comportamento scorretto, usa un linguaggio poco ortodosso. Emarginato dai compagni, ma nello
stesso tempo strumentalizzato da loro, per evitare le lezioni, è il capro espiatorio di tutti.
Dal punto di vista scolastico, non vi è alcun rendimento. Il suo lasso di attenzione è nullo,
tanto più la partecipazione e l’impegno.
Il lamento dei professori è generale: “Il programma non si può svolgere, Gigi mette tutti in
agitazione, è impossibile far lezione”. I professori escono dalla classe sconvolti, frustrati perché
non hanno potuto adempiere al loro lavoro, in uno stato di ansia per il comportamento
imprevedibile del ragazzo, tesi per la responsabilità della scolaresca.
Chi è Gigi? Un ragazzo che presenta “difetto della personalità ed insieme, attraverso il
processo di interiorizzazione, difetto di adattamento alle esigenze dell’ambiente e della vita
sociale. . . alterazioni dell’affettività, causa di contrasto fra l’io proprio e l’io sociale” 2.
Lombroso avrebbe parlato di costituzione fisica. Oggi seguendo la tesi di Sutherland,
possiamo dire che questo è un comportamento acquisito, che non è spiegabile con i caratteri
biopsichici individuali. Risulta invece da un processo di comunicazione all’interno del gruppo dove
il soggetto assorbe la cultura che lo circonda e acquista i valori, le norme e le regole di vita di
1
Il nome è fittizio.
2
Guadagno, G. : “La Nuova Sociologia Criminale”, Napoli, Liguori, 1973.
questa. “In presenza di circostanze adatte, le persone gravitano verso un’appropriata forma
deviante” 3.
Analizziamo, scomponendolo, il comportamento di Gigi.
Ruba – Questo comportamento è frutto di identificazione col padre, che svolge l’illecita
attività di ladro; di insufficienza di autocritica e di giudizio, di interazione con soggetti con
personalità insane.
E’ aggressivo – Tutti gli individui sono dotati di impulsi ed istinti aggressivi. “Nella sua
ultima formulazione Freud ha proposto di considerare gli aspetti istintuali della nostra vita psichica
postulando l’esistenza di due pulsioni: la sessuale e la aggressiva. . . l’una è quella che dà origine
alla componente erotica delle attività mentali mentre l’altra dà origine alla componente
puramente distruttiva” 4. Come dice Altavilla, deve essere il sistema dei contro-impulsi, che deriva
dai valori morali e sociali, ad opporsi a questa aggressività. Si forma così un controistinto che
permette la convivenza umana e fa sviluppare l’io sociale. Ma quali valori morali e culturali sono
stati trasmessi a Gigi? Ogni idea o principio guida etico-morale è venuto meno, si è sviluppata
l’anomia, cioè l’inesistenza del rapporto tra le richieste sociali e l’organizzazione della vita
individuale.
Usa un linguaggio scurrile – Ma come parlano a casa di Gigi? Certamente con un dialetto
infiorato di parolacce, che noi, per un certo etnocentrismo culturale e per la limitatezza del nostro
relativismo, non accettiamo e consideriamo volgari. Molto spesso il significante della parolaccia è
diverso. Per Gigi essa è un intercalare, un modo di atteggiarsi, è elemento che desta attenzione
specie nell’ambito scolastico. Oltretutto, in chiave psicoanalitica, c’è da dire che la parolaccia
scarica energia psichica, dà un appagamento sessuale.
Non è attento in classe – Come può esserlo, se è insicuro, con un carattere instabile, senza
motivazioni, emarginato, ed oltretutto in difficoltà nel comprendere lezioni svolte con il linguaggio
egemone, che non è il suo?
3
Matza, D. : “Prentice-Hall”, New Jersey, Englewood Cliffs, 1969. Trad. It. : “Come si diventa deviant”, Bologna, Il
Mulino, 1976.
4
Brenner, Ch. : “An Elementary Textbook of Psychoanalysis”, New York, International Universities Press, 1955. Trad.
It. : “Breve Corso di Psicoanalisi”, Firenze, Martinelli, 1976.
Purtroppo, se l’ambiente familiare è così sfavorevole, l’organizzazione scolastica non riesce
a sopperire alle carenze educative. Non riesce a fargli comprendere quelle regole di vita la cui
conoscenza gli darebbe la possibilità di valutare, dal punto di vista etico, il proprio
comportamento.
Certamente la vita scolastica ha influito sulla formazione psichica di Gigi, ma in maniera
irrilevante. Egli ha avuto una scarsa socializzazione ed ha acquisito, all’interno della scuola, un solo
ruolo: quello del “pazzo”. Egli è “significato” come pazzo, continua ad assumere comportamenti
non accettabili e trae profitto e sofferenza da questo. Un giorno mi ha detto: “Pozzo fa chello che
voglio, so pazzo”.
Giova ribadire il concetto che, come non può esistere forma di condotta umana che non sia
sempre espressione sia di fattori individuali che ambientali, così “non può esistere condotta
antisociale e animosa che non sia contemporaneamente legata sia all’individuo (recettività e
reattività individuale) che all’ambiente” 5.
BIBLIOGRAFIA
GUADAGNO, G. : “La Nuova Sociologia Criminale”, Napoli, Liguori, 1973.
MATZA, D. : “Prentice-Hall”, New Jersey, Englewood Cliffs, 1969.
BRENNER, Ch. : “An Elementary Textbook of Psychoanalysis”, New York, International Universities,
Press, 1955.
DI TULLIO, B. : “Principi di Criminologia Generale e Clinica e Psicopatologia Sociale”, Roma, Istituto
Italiano di Medicina Sociale, 1971.
5
Di Tullio, B. : “Principi di Criminologia Generale e Clinica e Psicopatologia Sociale”, Roma, Istituto Italiano di Medicina
Sociale, 1971.