La bellezza disarmata

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La bellezza disarmata
Il 7 aprile in Cattedrale la
presentazione del libro “La
bellezza
disarmata”
con
l'autore, il responsabile di
CL
È in programma la sera di giovedì 7 aprile, alle 21, in
Cattedrale, la presentazione del libro “La bellezza disarmata”
di don Julian Carron, responsabile del Movimento di Comunione
e Liberazione. Il volume, edito da Rizzoli, parla della crisi
della cultura occidentale toccando temi di stringente
attualità, dall’immigrazione alla famiglia, dal terrorismo
alla politica. La presentazione alla presenza dell’autore e di
Fausto Bertinotti, già presidente della Camera dei Deputati e
presidente della Fondazione “Cercare ancora”. Prevista anche
la partecipazione del vescovo di Cremona, mons. Antonio
Napolioni.
La serata, che si aprirà con un momento musicale, sarà
introdotta da Paolo Mirri, responsabile del Movimento CL di
Cremona, che lascerà quindi la parola al vescovo Napolioni per
un intervento di saluto.
La presentazione del libro entrerà quindi nel vivo con la
relazione dell’ex presidente della Camera Fausto Bertinotti,
presidente della Fondazione “Cercare ancora”, cui seguirà la
prolusione di don don Julian Carron, responsabile del
Movimento di Comunione e Liberazione e autore del libro “La
bellezza disarmata”.
Il libro “La bellezza disarmata”
“La bellezza disarmata” propone gli elementi essenziali della
riflessione svolta da don Julián Carrón a partire dal 2005,
anno della sua elezione a presidente della Fraternità di
Comunione e Liberazione dopo la scomparsa del fondatore, il
servo di Dio don Luigi Giussani, che nel 2004 lo aveva
chiamato dalla Spagna per condividere con lui la
responsabilità di guida del movimento.
Gli scritti, nati in occasioni diverse, sono stati ampiamente
rielaborati e ordinati dall’Autore allo scopo di fornire
organicamente i fattori di un percorso decennale, lungo il
quale egli ha approfondito il contenuto della proposta
cristiana nel solco di don Giussani, alla luce del magistero
pontificio e in paragone col travaglio e le urgenze dell’uomo
contemporaneo.
Il volume intende offrire il contributo di una esperienza di
vita a chiunque sia alla ricerca di ragioni adeguate per
vivere e costruire spazi di libertà e di convivenza in una
società pluralistica.
Un invito ad aprirsi agli altri e a non irrigidirsi sulle
proprie posizioni. Un’occasione di incontro e una circostanza
preziosa anche per il cristiano, chiamato a verificare la
capacità della fede di reggere davanti alle nuove sfide,
chiamati a entrare senza timore in un dialogo a tutto campo
nello spazio pubblico.
Video di presentazione da parte dell’autore
Biografia di don Julián Carrón
Julián Carrón nasce nel 1950 a Navaconcejo (Cáceres, Spagna).
Giovanissimo entra nel Seminario Conciliar di Madrid, dove
svolge gli studi secondari superiori e teologici. Viene
ordinato sacerdote nel 1975 e nell’anno successivo ottiene la
laurea in Teologia, con specializzazione in Sacra Scrittura,
presso l’Università Pontificia Comillas.
È docente presso l’Università Complutense di Madrid. Ottiene
la nomina a Élève Titulaire presso l’École Biblique et
Archéologique Française di Gerusalemme, dove lavora sotto la
direzione di M.-É. Boismard. Compie un anno di ricerca presso
la Catholic University of America (Washington), è docente
presso lo Studio Teologico del Seminario Conciliar di Madrid.
È responsabile del Seminario Minore, professore di Religione,
incaricato della pastorale presso il Collegio Arcivescovile de
la Immaculada di San Dámaso (Madrid), di cui diviene direttore
dal 1987 al 1994. Consegue il dottorato in Teologia presso la
Facoltà Teologica del Norte de España, a Burgos, nel 1984. È
docente presso l’Istituto di Teologia, Scienze religiose e
catechetiche San Dámaso e professore ordinario di Nuovo
Testamento alla Facoltà di Teologia San Dámaso di Madrid, dove
è docente di “Introduzione alla Sacra Scrittura”, “Corpo
paolino e Atti degli Apostoli”, “Origini del cristianesimo”. È
inoltre membro del comitato direttivo della collana “Studia
Semitica Novi Testamenti”. È direttore dell’Istituto di
Filologia Classica e Orientale San Justino di Madrid. Nel
corso degli anni Novanta, tiene numerose conferenze sulla
storicità dei Vangeli a Madrid, Milano, Torino, Bologna, Roma,
Firenze, Rimini, e lezioni presso la New York University, il
John Paul II Institute della Catholic University di
Washington, la University of San Francisco, sul tema: «Alla
ricerca della certezza del valore storico dei Vangeli». Oltre
a numerosi articoli in diverse riviste, pubblica El Mesías
manifestado. Tradición literaria y trasfondo judío de Hch 3,
19-26 (Studia Semitica Novi Testamenti 2, Madrid 1993).
È stato direttore dell’edizione spagnola della rivista
cattolica internazionale Communio, della rivista Estudios
Bíblicos, nonché della Biblioteca della Facoltà di Teologia
San Dámaso di Madrid e dell’Istituto di Scienze religiose
legato alla stessa Facoltà.
Dal settembre 2004 si trasferisce a Milano, chiamato da don
Luigi Giussani, fondatore del movimento ecclesiale di
Comunione e Liberazione, a condividere con lui la
responsabilità di guida dell’intero movimento.
Dall’anno accademico 2004-2005 è docente di Introduzione alla
Teologia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di
Milano.
Il 19 marzo 2005 la Diaconia Centrale della Fraternità di CL
lo nomina Presidente della Fraternità di Comunione e
Liberazione, quale successore di don Giussani, scomparso il 22
febbraio 2005. Il 13 maggio 2005 il Pontificio Consiglio per i
Laici lo nomina Assistente Ecclesiastico dell’Associazione
Memores Domini.
Il 26 agosto 2005 viene ricevuto per la prima volta in udienza
privata a Castel Gandolfo da Benedetto XVI in qualità di
Presidente della Fraternità di CL.
Nell’ottobre 2005 partecipa al Sinodo su «L’Eucaristia: fonte
e culmine della vita e della missione della Chiesa» come padre
sinodale di nomina pontificia.
L’8 marzo 2008, essendo giunto a termine il mandato, la
Diaconia Centrale della Fraternità di CL riconferma la sua
nomina a Presidente della Fraternità per i successivi sei
anni.
Nell’aprile 2008 è nominato da Benedetto XVI Consultore del
Pontificio Consiglio per i Laici.
Nell’ottobre 2008 partecipa al Sinodo su «La Parola di Dio
nella vita e nella missione della Chiesa» come padre sinodale
di nomina pontificia.
Dal 2005 al 2009 dirige la Collana «I libri dello spirito
cristiano» presso la Casa Editrice Rizzoli e, dal 2005 al
2010, la Collana discografica «Spirto gentil», entrambe
fondate da don Giussani.
Nel novembre 2010 interviene a Mosca alla conferenza teologica
della Chiesa Ortodossa Russa sul tema: «La vita in Cristo,
l’etica cristiana, la tradizione ascetica della Chiesa e le
sfide contemporanee», e, sempre nel novembre 2010, al XII
Congresso Cattolici e Vita Pubblica organizzato dalla
Fondazione Universitaria “San Pablo Ceu” di Madrid sul tema:
«Radicati in Cristo: fermi nella fede e nella missione».
Il 19 maggio 2011 Benedetto XVI lo nomina Consultore del nuovo
Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova
Evangelizzazione.
Il 12 maggio 2012 l’Università Cattolica d’America di
Washington gli conferisce il dottorato in Teologia honoris
causa con questa motivazione: «Per il suo insigne servizio nel
campo della teologia, specialmente della Sacra Scrittura, e
per la sua guida di un movimento ecclesiale internazionale
riconosciuto dal Papa».
Il 22 febbraio 2012 inoltra all’Arcivescovo di Milano,
cardinale Angelo Scola, la richiesta di apertura della causa
di beatificazione e di canonizzazione di don Giussani.
Il 29 marzo 2014, allo scadere del mandato, la Diaconia
rielegge don Carrón Presidente della Fraternità di CL per i
prossimi sei anni.
Don Carrón è professore di Teologia presso l’Università
Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Nel settembre 2015, ha scritto il libro La bellezza disarmata,
edito da Rizzoli.
L'incontro a tu per tu di un
gruppo di giovani cremonesi
con Papa Francesco: «Sperate
nonostante tutto»
Lunedì scorso, a poche ore dall’inizio del pellegrinaggio
diocesano degli adolescenti a Roma, il vescovo Antonio,
accompagnato da una delegazione della Federazione oratori, ha
salutato brevemente papa Francesco in un salottino di Casa
Santa Marta, la struttura di accoglienza proprio dietro la
basilica di San Pietro, dove dimora il Santo Padre.
L’incontro è avvenuto subito dopo la recita del Regina Coeli
ed è durato una decina di minuti: “Il Papa ci ha fatto un
grande regalo – racconta ancora emozionato mons. Napolioni –
dedicandoci qualche minuto del suo tempo prezioso. Gli abbiamo
portato il famoso torrone che scherzosamente ci aveva chiesto
durante il pellegrinaggio giubilare delle scorse settimane
insieme ad altri prodotti tipici del nostro territorio
cremonese. Ma soprattutto gli abbiamo portato alcuni ragazzi
in rappresentanza degli altri 130 che proprio in quel momento
stavano arrivando a Roma per vivere il loro Giubileo ed essere
confermati nella fede. Il Papa, con il suo stile sempre
accogliente, ha salutato i ragazzi uno per uno e si è
informato sul programma del pellegrinaggio».
Con mons. Napolioni erano presenti don Paolo Arienti
presidente della Fedarazione Oratori e i collaboratori della
F.O.Cr. Martina Allevi (Misano Gera d’Adda), Beatrice
Nicoletti (Torre de’ Picenardi), Federico Parizzi (Vescovato),
Marco Cavagnoli (Cremona Sant’Imerio), Pietro Digiuni (Cremona
Sant’Imerio) e Simone Stella (Agnadello). Presenti anche due
giovanissimi: Melissa Marchi di Torre de’ Picenardi e Paolo
Ghiggi di Castelverde. Completavano la delegazione Stefano
Priori e Sonia Ballestrero operatori dei media diocesani.
«A Francesco – prosegue mons. Napolioni – abbiamo chiesto
quale messaggio trasmettere a tutto il gruppo. Il Papa senza
esitare ha esclamato: “Invitateli a sperare sempre nonostante
tutto quello che accade nel mondo. Se anche i giovani smettono
di sperare è un guaio”. Il Papa ci è parso un poco stanco e
sicuramente provato dalle notizie che erano giunte dal
Pakistan: l’attentato dei talebani contro un gruppo di
cristiani che stava festeggiando la Pasqua. Gli abbiamo
augurato di riposare un poco».
A tu per tu con il vescovo il Pontefice ha rinnovato il suo
augurio per la sua nuova missione pastorale in terra cremonese
complimentandosi ancora per la scelta di essere stato ordinato
vescovo dal predecessore, mons. Lafranconi: un gesto che
mostra chiaramente il senso della successione apostolica.
«Sono molto contento di questa possibilità che ci ha offerto
il Papa – conclude mons. Napolioni -. I nostri ragazzi,
emozionatissimi, hanno potuto avvicinarlo e anche se per poco
tempo ascoltare la sua parola. Idealmente lo abbiamo
abbracciato a nome di tutti i giovani cremonesi e gli abbiamo
promesso di essere in tanti a Cracovia per la Giornata
mondiale della Gioventù».
All’incontro, terminato con la benedizione del Pontefice, era
presente anche mons. Cesare Burgazzi, sacerdote cremonese in
servizio presso la Segreteria di Stato.
Video di servizio senza audio su gentile concessione del CTV
Reportage del pellegrinaggio:
prima giornata
seconda giornata
terza giornata
Il Vescovo ai cremonesi alla
processione
della
Sacra
Spina: «Sono commosso e fiero
di servire questo popolo»
«Sono commosso e fiero di servire questo popolo che stasera ha
vissuto così il Venerdì Santo. Un segno di unità tra le
comunità parrocchiali, per le quali ringrazio i parroci e le
famiglie. Un segno di fede e di devozione, vissuto con grande
dignità e consapevolezza. Grazie! Grazie perché mi educate, mi
trasmettete la fede che avete ricevuto». Sono state queste le
prime parole che il vescovo Napolioni ha rivolto ai tanti
cremonesi che gremivano la Cattedrale al termine della
tradizionale processione serale del Venerdì Santo per le vie
cittadine.
La processione si era svolta poco dopo le 21, una volta che i
ministranti e i sacerdoti avevano raggiunto il presbiterio.
Dietro la croce in tanti si sono messi in cammino. Un folto e
variegato insieme di persone delle diverse parrocchie
cittadine. Basti pensare che mentre la testa del gruppo
iniziava il passaggio nei pressi dei Giardini Pubblici, dopo
aver percorso largo Boccaccino, via Mercatello e corso
Mazzini, l’ultima parte della processione ancora doveva
lasciare piazza del Comune.
Dopo i fedeli laici, lo spazio riservato alle religiose, cui
seguivano i ministranti e i sacerdoti della città con i
parroci nei loro piviali. Tra loro anche il vicario zonale,
don Gianpaolo Maccagni.
Quindi i canonici del Capitolo, seguiti dal vescovo emerito
mons. Dante Lafranconi.
Subito dietro due turiboli fumiganti aprivano la strada al
baldacchino sotto il quale vi era il vescovo Antonio
Napolioni, che reggeva la preziosa reliquia: secondo la
tradizione un frammento della corona di spine usata da Cristo,
donata, subito dopo l’elezione al Soglio di Pietro, da
Gregorio XIV alla città di Cremona, della quale era stato
vescovo.
Dietro il baldacchino il gonfalone del Comune di Cremona e la
rappresentanza dell’Amministrazione comunale, formata dal
sindaco Gianluca Galimberti con la moglie, l’assessore Barbara
Manfredini, il consigliere Luca Burgazzi e il comandante della
Polizia Locale Pierluigi Sforza.
Seguivano alcuni altri fedeli e tra loro anche alcuni anziani
in carrozzina, ospiti della casa di riposo di via Massarotti
che hanno potuto prendere parte a questo momento tradizionale
per la città di Cremona grazie alla disponibilità di alcuni
volontari.
Il lungo corteo dopo essere passato per corso Cavour, via
Verdi e piazza Stradivari ha imboccato via Baldesio per
raggiungere nuovamente piazza del Comune e fare ingresso in
Cattedrale. Circa un quarto d’ora è stato necessario per
consentire l’ingresso a quanti erano in processione.
In una Cattedrale gremita, con tutti i posti a sedere
occupati, nella navata centrale così come nel transetto
settentrionale e le navate laterali affollate di gente, ha
preso la parola il Vescovo che ha focalizzato l’attenzione
principalmente su due aspetti.
Anzitutto il riferimento ai fatti tragici che hanno segnato
questo inizio di Settimana Santa, proprio come avvenne nel
2009, quando il Lunedì Santo ci fu il terremoto a L’Aquila.
Proprio con riferimento a quell’evento il Vescovo ha proposto
una preghiera che, proposta quel giorno nella Liturgia delle
Ore, lo aiutò a vivere quel momento difficile: “Guarda, Dio
onnipotente, l’umanità sfinita per la sua debolezza mortale, e
fa’ che riprenda vita per la passione del tuo unico Figlio”. E
qui il riferimento alla debolezza umana. «Dio l’ha condivisa –
ha detto il Vescovo –. Non l’ha solamente tollerata: l’ha
trasformata. Per cui gli possiamo dire: fa’ che la nostra
umanità riprenda vita. Quante volte abbiamo ripreso vita! E
quante volte ancora la possiamo riprendere! Non si compra in
un negozio e neppure in chiesa, ma fiorisce in noi perché Lui
c’è, perché la sua morte, quella sua spina, quel suo dolore,
non è un dolore qualsiasi, non è una morte qualsiasi. È la
misericordia di Dio che splende. È la verità di Dio che è
crocifissa. È l’amore di Dio che è eterno».
E poi ha proseguito: «C’è un modo concreto anche per
assaporare e partecipare questa vita più forte della morte:
accoglierci! Mettere da parte i pregiudizi, guardarci con
benevolenza, tendere la mano». Quindi, facendo riferimento
alla parabola del padre misericordioso, ha affermato: «Quante
energie di vita sono nascoste anche dentro i nostri momenti di
dolore! Perché è la passione del Figlio di Dio che manda
avanti le nostre anime, le attira, le rende forti, le rende
attente a quelle degli altri, ci impasta gli uni con gli
altri. L’Eucaristia ci nutre: fa di noi il suo corpo. Noi
completiamo la sua passione che dà vita al mondo».
In secondo luogo mons. Napolioni si è soffermato sulla data
del 25 marzo, che al di fuori della Settimana Santa sarebbe la
festa dell’Annunciazione. «Eccola lassù – ha detto il Vescovo,
indicando l’affresco nel catino absidale – più in alto
possibile l’hanno voluta i nostri padri e gli artisti che
lavoravano per esprimere la fede dei nostri padri. Qualcosa
sta nascendo. Nella morte di Cristo il terreno è fecondo: il
grembo di Dio e della Chiesa è gravido di vita nuova. Noi qui
diciamo un grande sì alla vita. È vita anche la morte, anche
al di là della morte la vita trionfa».
«Pregustiamo allora – ha detto ancora – non solo la
celebrazione della Pasqua, domani notte, il giorno di
domenica, ma in tutte le situazioni in cui ci troveremo a
lottare tra la vita e la morte, saremo provati e spremuti. Il
Signore concepisce sempre una novità per noi: il Figlio!
Crescerà suo Figlio dentro le nostre macerie, dentro i nostri
apparenti fallimenti. Abbandoniamoci a Lui! Farà della nostra
terra e dei nostri giorni, giorni santi, una terra santa, un
luogo santo. Non perché siamo bravi, ma perché siamo
continuamente purificati e rigenerati da Lui che è sempre
nuovo, è sempre giovane, è sempre all’inizio della vita». «È
l’augurio più grande che vi faccio – ha concluso –: vivere
insieme queste ore, questi giorni e tutto quello che il
Signore ci darà da vivere stupendoci sempre di più di quanto
Egli è fedele ai suoi figli: non li abbandona. Non solo li
consola, ma li rigenera nel profondo.
La celebrazione si è conclusa con la raccolta di offerte per
le necessità della Chiesa in Terra Santa e la benedizione
episcopale con la reliquia della Sacra Spina.
Photogallery
Mons. Napolioni nell'azione
liturgica del Venerdì Santo:
«Gesù ha il posto d’onore?»
Nel pomeriggio di venerdì 25 marzo in Cattedrale il vescovo
Antonio Napolioni ha presieduto l’azione liturgica della
passione e morte del Signore. Una celebrazione semplice e
austera, iniziata e conclusa nel silenzio.
Molti i fedeli che hanno preso parte alla liturgia,
caratterizzata da tre momenti: la liturgia della Parola con il
Passio secondo Giovanni, l’adorazione della croce e i riti di
comunione.
Alla celebrazione era presente anche il vescovo emerito, mons.
Dante Lafranconi, il vicario generale, mons. Marchesi, il
delegato episcopali per la Pastorale, don Irvano Maglia, i
canonici del Capitolo, con il presidente mons. Giuseppe
Perotti e il parroco della Cattedrale mons. Alberto Franzini,
i superiori del Seminario e alcuni altri sacerdoti. Le offerte
raccolte sono state destinate ai bisogni della Chiesa in Terra
Santa.
La mensa eucaristica senza tovaglia, l’altare maggiore
disadorno di croce e candelieri, il Vescovo senza bastone
pastorale. In questa ambientazione la processione d’ingresso
ha raggiunto il presbiterio in silenzio, con i sacerdoti che
si sono prostrati dinanzi all’altare nudo.
Dopo le letture il racconto della passione, proclamato dal
diacono don Francesco Gandioli insieme ai seminaristi Nicoli
Premoli e Arrigo Duranti.
«Noi conosciamo bene il racconto della Passione del Signore –
ha detto il Vescovo nell’omelia – ma dove lo mettiamo nella
nostra vita? Lo mettiamo tra i riti del Venerdì santo? Tra le
cose da fare per essere buoni cristiani in questo momento
dell’anno? O lo mettiamo nel tesoro più intimo della nostra
persona, della nostra famiglia, tra i ricordi più cari,
insieme ai morti, ai santi e ai cari delle nostre famiglie?
Gesù ha il posto d’onore? Noi dobbiamo decidere che cosa fare
di questo racconto, dove metterlo, quanto dipendere da esso
per vivere».
Spunto per la riflessione sono stati quindi alcuni passaggio
della prima lettura, tratta dal libro del profeta Isaia, con
una forte provocazione: «Anche noi qualche volta vorremmo
togliere di mezzo il Crocifisso. Non tanto dalle scuole, o
dagli ospedali, ma dal nostro modo di pensare e di fare.
Quando la chiamata a essere misericordiosi è troppo. Quando
siamo stanchi di perdonare. Quando vorremmo giustizia. Quando
non siamo pronti a porgere l’altra guancia».
Infine uno sguardo a Maria a cui Cristo affida Giovanni come
figlio, segno dell’umanità affidata alla Chiesa. «È un abisso
– ha spiegato mons. Napolioni – questo mistero di comunione
tra il padre e il figlio. L’unica strada che possiamo
percorrere per avvicinarsi a questo mistero è la mamma». «E
allora – ha proseguito – ci mettiamo anche noi, con i nostri
dubbi e con il nostro smarrimento, con il silenzio necessario
di queste ore del Venerdì Santo, nell’abbraccio di Maria.
Perché Gesù ci dice: ecco tua madre, non avere paura, è la
Chiesa. E dice a lei, presentandogli ciascuno di noi,
soprattutto chi più soffre, chi è più solo e più disperato:
ecco tuo figlio. Ma lo dice alla Chiesa, non solo alla
Madonna!». Quindi ha concluso: «Aiutaci, Signore, a essere
talmente accanto a te, in braccio Maria, da diventare anche
noi un volto materno per chi soffre, per chi non ce la fa, per
chi muore nella disperazione».
È seguita la preghiera universale durante la quale si è
pregato non solo per la Chiesa, ma anche per i cristiani di
altre confessioni, per i non credenti in Dio e per la pace e
la concordia del mondo.
Poi l’ingresso della croce, per il secondo grande momento
dell’azione liturgica: l’adorazione del patibolo su cui fu
conficcato il Cristo. Per tre volte il vescovo Antonio ha
osteso il sacro legno e l’assemblea si è inginocchiata in
segno di venerazione. Quindi il gesto di affetto più comune e
più semplice: il bacio del Crocifisso. Prima il vescovo
Napolioni, quindi mons. Lafranconi e gli altri sacerdoti;
infine l’assemblea.
Quando il diacono, rivestito della continenza rossa,
dall’altare della Santissimo ha portato l’Eucaristia al centro
della Cattedrale (il venerdì santo è giorno in cui non si
celebra la Messa). Preparata la mensa e pregato il Padre
Nostro si sono svolti quindi i riti di Comunione.
Infine una orazione, senza benedizione da parte del Vescovo,
ha concluso la celebrazione. Che si è sciolta nel silenzio
così come era iniziata.
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Venerdì Santo la Colletta pro
Terra
Santa:
un
«dovere
antico che ci procura la
gioia di aiutare i nostri
fratelli»
Durante quest’anno della misericordia, risuona ancora più
forte l’invito a partecipare alla Colletta del Venerdì Santo,
l’iniziativa che permetta alla Chiesa universale
di raccogliersi intorno alla Terra Santa, sia spiritualmente,
sia con un aiuto concreto. Significativo il contesto del
Venerdì in cui si ricorda la passione e la morte del Signore,
durante la quale il male e la sofferenza sembrano
trionfare anche sul Figlio di Dio; lo sguardo cristiano spinge
però ad allargare l’orizzonte alla speranza, nell’attesa che
da quel sepolcro rinasca la vita.
È in questa prospettiva che i fedeli di tutte le chiese locali
sono invitati a rivolgere l’attenzione proprio verso luogo dal
quale è scaturita questa salvezza, terra sempre più martoriata
da conflitti e divisioni. In tutto il Medio Oriente ogni
giorno sfollati, rifugiati, anziani, ammalati vivono in
contesti di bisogno costante e molte famiglie sono messe a
dura prova a causa delle persecuzioni. Nonostante questo «la
Terra Santa è luogo di dialogo – afferma il card. Leonardo
Sandri, prefetto delle Congregazione delle Chiese Orientali –
abitata da uomini che non smettono di sognare e di costruire
ponti, nelle quale vivono comunità cristiane dove si proclama
il vangelo della pace».
Attorno a queste comunità e alla loro condizione di
emarginazione e di sofferenza si raccolgono, dunque, tutte le
comunità cristiane, invitate anche da Papa Francesco a non
restare indifferenti e, innanzitutto, a pregare per quanti in
quelle zone sono vittime di violenza, solitudine e angoscia.
«Questa terra chiama in causa la nostra carità da sempre, e
oggi con accresciuta urgenza – continua il card. Sandri nella
lettera ai vescovi all’inizio di questa Quaresima -. Perché
ogni persona che là vive e opera, ha bisogno delle nostre
preghiere e del nostro aiuto concreto, per essere sostenuta
nell’impegno di lenire le ferite continuando con fiducia
l’impegno di realizzare la giustizia e operare per la pace».
Le offerte raccolte durante i riti santi saranno dunque
destinate ad interventi, sostegni ed emergenze che riguardano
non solo Israele, ma anche i Territori Palestinesi, il Libano,
la Siria e molti altri paesi limitrofi, dove sono in
aumento i cristiani che vivono in condizioni di estrema
necessità.
Tra
gli
obiettivi
è
particolarmente
importante quello di intensificare e favorire la presenza
cristiana in Medio Oriente, ma importante risulta anche e la
conservazione dei luoghi di culto. Il ricavato della Colletta
verrà come sempre affidato alla Custodia Francescana,
incaricata storicamente non solo al mantenimento dei Luoghi
Santi ma anche alla cura delle strutture pastorali, educative,
assistenziali e sanitarie.
Tra le opere ultimate con gli aiuti della Colletta dello
scorso anno molte sono scuole, laboratori artigianali, centri
giovanili, di formazione e luoghi di assistenza medicosanitaria per la popolazione locale. Tra gli edifici
realizzati, anche complessi abitativi per ospitare bisognosi e
giovani coppie, che hanno così la possibilità di formare una
famiglia nella loro terra d’origine. Alcune opere, poi, sono
rivolte agli edifici e ai luoghi di culto frequentati dai
pellegrini, come ad esempio la realizzazione di scavi
archeologici, di impianti di illuminazione e varie opere di
ristrutturazione che si rendono necessarie visto il costante
afflusso di visitatori. Non meno importanti i fondi destinati
alle situazioni di emergenza e al sostegno delle piccole
comunità locali dei territori vicini a Israele, che
necessitano la realizzazione e la ricostruzione di opere e
strutture.
L’iniziativa della Colletta diviene allora per i cristiani
gesto concreto che permette di farsi più prossimi ai fratelli
martoriati dalle ancora numerose croci del nostro tempo.
Un’occasione che permette di accostarci ancora di più al
mistero della Passione e della morte di Cristo, che si
riflette ancora oggi in quanti, innocenti e indifesi, soffrono
e perdono la vita. Come afferma il card. Sandri, «la Colletta
per la Terra Santa richiama un dovere “antico”, che la storia
di questi ultimi anni ha reso ancora più urgente, ma ci
procura la gioia di aiutare i nostri fratelli».
Mons. Napolioni nella Messa
in Coena Domini: «La medicina
di
Gesù
per
le
nostre
violenze
e
divisioni
è
invitarci tutti a cena»
Ha voluto puntare l’attenzione sui giovani e sugli oratori
aprendo il Triduo Pasquale. Per questo il vescovo Antonio ha
scelto una rappresentanza di giovani animatori per lavare loro
i piedi. Non solo: per baciarli. Perché – ha detto citando il
profeta Isaia – «come sono belli i piedi di chi porta il lieto
annuncio: della pace, della giustizia, dell’amore fedele di
Dio». Poi, riprendendo le parole di Gesù nel Vangelo,
l’invito: «Lavatevi i piedi gli uni gli altri tornando a
casa», ai bambini che si incontrano in oratorio o agli anziani
e agli ammalati.
Nella Messa in cui si commemora l’Ultima Cena il vescovo
Napolioni ha voluto idealmente invitare tutti a cena: un
momento atteso e di festa. Ma quante cene sono invece rovinate
dalle notizie di disgrazie, violenze e paure che, in modo
ancor più forte in questi giorni, propongono i telegiornali.
«Sarebbe troppo comodo spegnere e continuare a far finta di
niente – ha affermato il Vescovo –. La cena del Signore non è
la cena di chi fa finta che tutto vada bene, ma è la cena che
rappresenta davvero la condizione della nostra vita».
Con un riferimento alla propria fanciullezza e ai richiami dei
genitori che magari dopo qualche marachella mandano a letto
senza cena, il Vescovo ha indirizzato lo sguardo all’idea di
punire per correggere anche a fronte di chi semina odio. Una
logica che, però, non è quella di un Dio che si ferma a tavola
anche con il peccatore. «Un Dio amante della vita, venuto a
dare la sua vita perché noi l’avessimo in abbondanza – ha
proseguito – ci impegna e ci attira ad amare e servire ancora
di più la vita, a invitaci a cena gli uni gli altri».
L’attenzione si è poi indirizzata al termine “l’ultima cena”.
Con una precisazione: «Quella cena è talmente “ultima” che
contiene tutto il nostro tempo fino al ritorno del Signore. È
la cena definitiva, è la cena per eccellenza, è la cena che
sfocerà nel banchetto celeste. E infatti Gesù oggi fa cena con
noi! Ancora, in ogni Eucarestia, in ogni incontro umano, ci
dice: “Aprimi la porta, io vengo da te”. Quella cena non si è
più conclusa».
Poi lo sguardo si è focalizzato tutto sui 13 giovani a cui il
Vescovo ha lavato i piedi: Sara Alvergna, Silvia Calvi,
Alberto e Camilla Cigoli, Elena e Marco Dasti, Barbara e
Lorenzo Guarneri delle parrocchie di S. Agata e S. Ilario e
Luca Bona, Anna Bonali, Michele Mazzoni, Simone Rebessi e
Marco Verdelli di S. Sebastiano.
In particolare il Vescovo si è soffermato sul fatto che di lì
a poco avrebbe baciato loro i piedi, citando il profeta Isaia:
«come sono belli i piedi di chi porta il lieto annuncio, della
pace, della giustizia, dell’amore fedele di Dio». Perché «voi
– ha detto mons. Napolioni – e i vostri amici in tutte le
nostre parrocchie e negli oratori lo fate con i ragazzi e con
i bambini. Non richiedete la carta d’identità! Non chiedete se
vanno a messa tutte le domeniche, se no non aprite l’oratorio.
Li prendete come sono! E immagino vengano anche bambini e
ragazzi di tante nazionalità, di tante culture. Quelli di cui
a volte noi diffidiamo, quelli ai quali abbiamo paura ad
aprire le porte di casa e delle nostre città. Ma in
quell’ultima cena Gesù ha preparato un posto per tutti! La sua
medicina per le nostre violenze e divisioni è invitarci a cena
tutti, nutrirci tutti, darci pace e vita a tutti. E voi lo
state facendo! Come per gioco: ma è un gioco che costruisce un
futuro di pace. E allora vi benedico. E vi chiedo di non
mollare. E chiedo alla comunità di esservi vicino, perché gli
oratori sono delicati e non sono proprietà del curato, del
vicario o di un gruppetto di ragazzi: sono la porta aperta sul
futuro della nostra civiltà, perché sia accogliente e
solidale, coraggiosa nel testimoniare e convinta di custodire
la forza necessaria per vincere il male».
«Lavatevi i piedi gli uni gli altri tornando a casa – ha
quindi concluso il Vescovo –. Baciate anche voi i piedi dei
ragazzi che giocano nel campetto o che danzano nella palestra.
Così come chi torna a casa dagli anziani e dagli ammalati
riconosca in quelle membra sofferenti del corpo di Cristo il
sacramento della presenza del Figlio di Dio tra noi. Veramente
non siamo soli! Nulla ci può separare dall’amore di Cristo.
Possiamo talmente nutrirci di noi da essere ancora il segno
visibile dall’amore di Dio per questo mondo».
Cuore della celebrazione è stata quindi la liturgia
eucaristica. Accanto a mons. Napolioni il vescovo emerito,
mons. Dante Lafranconi, e il vicario generale, mons. Mario
Marchesi. E poi i canonici del Capitolo, il delegato
episcopale per la Pastorale, i superiori del Seminario e don
Michele Martinelli, vicario di S. Sebastiano e referente
cittadino per la Pastorale giovanile.
Dopo le comunioni un altro gesto caratteristico di questa
celebrazione: la processione verso la Cappella del Santissimo
per la reposizione dell’Eucaristia. Dopo un momento di
adorazione l’assemblea si è quindi sciolta nel silenzio.
Photogallery
La prima settimana santa del
vescovo
Napolioni
in
Cattedrale
Con la celebrazione della Domenica delle Palme il nuovo
vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, ha aperto i
suggestivi e impegnativi riti della Settimana Santa in
Cattedrale. Le liturgie, che saranno trasmesse tutte in
diretta streaming sul portale diocesano, saranno nel segno
della tradizione, pur con qualche significativa novità.
Giovedì 24 marzo
S. Messa del Crisma – L’Eucaristia, concelebrata da tutti i
presbiteri della diocesi, che rinnoveranno le promesse
sacerdotali, inizierà alle 9.30 con la processione dal Palazzo
Vescovile. Nell’omelia mons. Napolioni ricorderà gli
anniversari di ordinazione. Quest’anno festeggia il 70° mons.
Francesco Lucchi, mentre celebrano il 50° don Mario
Dellacorna, don Luigi Parmigiani, don Giuseppe Salomoni e don
Giovanni Sanfelici. Ricorda il 25° don Davide Ferretti e due
sacerdoti che, pur non essendo incardinati a Cremona, svolgono
il loro ministero pastorale nel territorio diocesano: don
Anton Jicmon (cappellano della comunità cattolica romena) e il
camilliano padre Giuseppe Ripamonti (collaboratore nell’unità
pastorale di Casalmorano).
Non mancherà una preghiera di suffragio per i sacerdoti
scomparsi durante i dodici mesi precedenti: don Giancarlo
Gremizzi, don Massimo Morselli, don Alessandro Fagnani, mons.
Alberto Pianazza e mons. Carlo Abbiati.
Durante l’omelia saranno benedetti gli oli santi che, al
termine della Messa, il Vescovo consegnerà ai Vicari zonali
perché siano distribuiti in tutte le parrocchie.
Accanto a mons. Napolioni, prenderanno posto sul presbiterio
il vescovo emerito mons. Dante Lafranconi, il vicario generale
mons. Mario Marchesi, i delegati episcopali, i canonici del
Capitolo, i vicari delle undici zone pastorali, i sacerdoti
che festeggiano un particolare anniversario di ordinazione.
Il servizio liturgico, così come per tutte le liturgie della
Settimana Santa, sarà garantito dagli studenti di Teologia del
Seminario Vescovile di Cremona, sotto la direzione del
segretario e cerimoniere episcopale don Flavio Meani. I canti
dell’assemblea saranno diretti da don Graziano Ghisolfi e
accompagnati all’organo dal maestro Fausto Caporali. Saranno
presenti alcuni cantori del Coro della Cattedrale.
La celebrazione sarà trasmessa in diretta streaming sul
portale diocesano www.diocesidicremona.it in sinergia con il
centro di produzione radiotelevisiva diocesano TRC.
Alle 12.15, in Seminario, mons. Napolioni pranzerà con tutti i
sacerdoti della diocesi.
S. Messa in Coena Domini – Alle ore 18 in Cattedrale il
vescovo Napolioni celebrerà la Messa “in Coena Domini” con il
suggestivo rito della lavanda dei piedi, non più ai bambini
della parrocchia della Cattedrale, ma a un gruppo di giovani
che negli oratori della diocesi svolgono il delicato compito
di educatori.
La liturgia, concelebrata dal Capitolo della Cattedrale, sarà
animata con il canto dal Coro della Cattedrale diretto dal
maestro don Graziano Ghisolfi; all’organo il maestro Fausto
Caporali.
La celebrazione sarà trasmessa in diretta radiofonica su RCN e
via streaming sul portale diocesano www.diocesidicremona.it in
sinergia con il centro di produzione radiotelevisiva diocesano
TRC.
Venerdì 25 marzo
Liturgia delle Ore – La giornata si aprirà in Cattedrale alle
8.45 con la preghiera della Liturgia delle Ore presieduta dal
Vescovo insieme al Capitolo della Cattedrale.
Azione liturgica della Passione e Morte del Signore – Alle ore
18 in Cattedrale mons. Napolioni presiederà l’azione liturgica
della Passione e Morte del Signore caratteritizzata dalla
lettura dialogata della passione secondo l’evangelista
Giovanni e dall’adorazione della Croce. La celebrazione sarà
trasmessa in diretta radiofonica su RCN e via streaming sul
portale diocesano www.diocesidicremona.it in sinergia con il
centro di produzione radiotelevisiva diocesano TRC.
Processione della Sacra Spina – Alle ore 21 si terrà la
processione cittadina con la reliquia della Sacra Spina. La
processione, alla presenza delle massime autorità del
territorio, si snoderà da piazza del Comune in largo
Boccaccino, via Mercatello, corso Mazzini, piazza Roma (lato
sud), corso Cavour, via Verdi, piazza Stradivari, via Baldesio
e di nuovo piazza del Comune. La conclusione della processione
come sempre di nuovo in Cattedrale, dove il Vescovo terrà
l’omelia e impartirà la benedizione con la preziosa reliquia.
I canti saranno proposti dal Coro della Cattedrale, diretto da
don Graziano Ghisolfi. Le offerte raccolte durante l’intera
giornata saranno devolute ai bisogni della Chiesa in Terra
Santa.
Sabato 26 marzo
Liturgia delle Ore – La giornata si aprirà in Cattedrale alle
8.45 con la preghiera della Liturgia delle Ore presieduta dal
Vescovo insieme al Capitolo della Cattedrale.
Veglia di Pasqua – Alle ore 21.30 mons. Napolioni presiederà
la solenne Veglia pasquale, che avrà inizio nel cortile del
palazzo Vescovile con la liturgia della luce. Quindi
proseguirà in Cattedrale. Accanto al Vescovo il vicario
generale e il Capitolo della Cattedrale.
Dopo l’omelia, il Vescovo amministrerà i Sacramenti
dell’Iniziazione cristiana a 11 catecumeni provenienti da
Albania, Costa d’Avorio e Camerun e che risiedono a Cremona,
Bonemerse, Cassano d’Adda, Casirate d’Adda e Scandolara
Ravara. Si tratta di Bardhi Kaci, Elegantina Pjetri Kaci
(marito e moglie), Fran Biba, Dominique Annette Naossi Nadia,
Sylvestre Yao N’Goran, Rudina Mecaj, Marie Beurge, Franck
Dongo, i coniugi Todi Prendi e Juliana Prendi e Carine Yedo
Assoma.
La liturgia sarà animata con il canto dal Coro della
Cattedrale accompagnato all’organo dal maestro Fausto
Caporali. Direzione affidata al maestro don Graziano Ghisolfi.
La celebrazione, che sarà
radiofonica su RCN e via
www.diocesidicremona.it
produzione radiotelevisiva
come sempre trasmessa in diretta
streaming sul portale diocesano
in sinergia con il centro di
diocesano TRC, sarà proposta anche
in televisione
terrestre).
da
Cremona1
(canale
211
del
digitale
Domenica 27 marzo
S. Messa di Pasqua – Alle ore 11 in Cattedrale il Vescovo
presiederà il solenne Pontificale al termine del quale
impartirà la benedizione apostolica con annessa indulgenza
plenaria. Accanto al Vescovo il vicario generale e il Capitolo
della Cattedrale.
Presente il Coro della Cattedrale, diretto dal maestro don
Graziano Ghisolfi. L’accompagnamento sarà affidato agli
organisti Fausto Caporali (al Mascioni) e Marco Ruggeri (al
Positivo).
La liturgia sarà trasmessa in diretta dall’emittente
televisiva Cremona1 (canale digitale 211), oltre che su RCN e
via streaming sul portale diocesano www.diocesidicremona.it.
Vespri di Pasqua – Alle ore 17, infine, il Vescovo presiederà
i Secondi Vespri di Pasqua a conclusione del Triduo Pasquale,
alla presenza dei canonici del Perinsigne Capitolo della
Cattedrale presieduto da mons. Giuseppe Perotti. L’animazione
musicale sarà a cura del Coro della Cattedrale.
Il
Vescovo
al
Crisma:
«Prebisterio
unito
per
affrontare le sfide del mondo
di oggi»
«Una speciale manifestazione di Gesù vivo nella sua Chiesa»
così mons. Napolioni ha definito la sua prima Messa Crismale
in terra cremonese concelebrata nella mattinata del 24 marzo,
giovedì santo, in Cattedrale, con il presbiterio diocesano.
Una celebrazione corale, quasi un’epifania della Chiesa, corpo
di Cristo, organicamente strutturato in diversi ministeri e
carismi che hanno la loro radice nell’iniziazione cristiana.
Non a caso nella suggestiva liturgia sono stati benedetti gli
oli per i battesimi e le Cresime oltre che quello degli
infermi. Accanto a mons. Napolioni il vescovo emerito Dante,
il vicario generale, mons. Mario Marchesi, i delegati
episcopali, i canonici del Capitolo, gli undici vicari zonali
che proprio al termine della celebrazione hanno ricevuto dalle
mani del presule gli olii da distribuire nelle varie
parrocchie e alcuni presbiteri che quest’anno festeggiano un
particolare anniversario di ordinazione.
Alle 9.30, oltre 200 sacerdoti, in fila per quattro, sono
usciti dal portone dell’episcopio al canto delle litanie dei
santi della Chiesa cremonese e hanno attraversato una piazza
del Duomo assolata e piena di cremonesi incuriositi per questo
strano spettacolo. Nel massimo tempio cittadino le invocazioni
dei santi hanno lasciato spazio alle possenti note dell’organo
Mascioni, suonato dal maesto Fausto Caporali, e al solista che
ha intonato il canto di ingresso: «Popolo sacerdotale,
assemblea santa, stirpe sacerdotale, popolo di Dio, canta al
tuo Signore». Parole tratte dalla prima lettera di Pietro che
ben hanno introdotto alla celebrazione.
Dopo i riti iniziali, con il Gloria gregoriano intonato dalla
numerosa assemblea in camice e stola bianca, le letture
offerte dai seminaristi diocesani e il Vangelo proclamato da
un diacono permanente ha preso la parola mons. Napolioni.
All’inizio della sua omelia il Vescovo ha ricordato che
proprio in Cattedrale, il 30 gennaio scorso, è stato
consacrato con il crisma di salvezza. «Lo stesso olio – ha
precisato – aveva unto le nostre mani di sacerdoti,
destinandoci alla missione di Cristo, pastore e sposo della
Chiesa. Lui, l’unico Salvatore, fa di tutti i battezzati, il
suo Corpo, il Suo regno di sacerdoti, il nuovo popolo di Dio».
In questo senso la Messa crismale è «una speciale
manifestazione di Gesù vivo nella sua Chiesa».
Sempre riandando a quell’ultimo giorno
Napolioni ha ricordato quel «Fate quello
solenne ricevuto dalla Vergine Maria: «Era
all’ascolto, alla conoscenza reciproca,
di gennaio mons.
che dirà», impegno
uno speciale invito
per discernere la
volontà di Dio su Dio». E i primi passi del vescovo Antonio in
terra lombarda sono stati molto positivi: «Ringrazio il
Signore per la bellezza di questo nuovo inizio: voi e le
vostre comunità mi avete accolto a braccia aperte, con tanta
fede. Avete reso più facile il distacco, per abbandonarmi
totalmente a ciò che Dio mi prepara qui, con voi».
Mons. Napolioni partendo dall’incomprensione della gente di
Nazaret verso Gesù che predica nella sinagoga ha ricordato i
dialogi delle scorse settimane tra lui e i sacerdoti, negli
incontri nelle zone pastorali. Da essi emergeva: «il disagio
che proviamo, portando avanti con generosità programmi e stili
pastorali collaudati da secoli, compiti cui siamo stati
preparati sistematicamente dagli anni di seminario, mentre il
mondo cambia ad una velocità impressionante, chiedendoci un
rinnovamento che a volte tentiamo, ma spesso senza
convinzione. Percepiamo intorno a noi occhi silenziosi che
chiedono – senza saperlo – diversi volti di Chiesa: le
tradizioni degli anziani, i problemi delle famiglie, le sfide
dei giovani, persino la triste scomparsa dei bambini».
Di fronte al dramma dell’incomprensione Gesù che fa? Non
fugge, ma nemmeno offre risposte frettolose: «Andò, invece, a
farsi un gruppetto di discepoli, amici con cui condividere
giorni tra la folla, notti nel deserto, speranze e fallimenti.
Non li scelse tra i migliori, ma “li chiamò perché stessero
con Lui e per mandarli a predicare”. Inventò il presbiterio!».
E il suo presbiterio Gesù lo riunisce nel Cenacolo, una casa
dove tutto è pronto per una cena speciale. E nella
consapevolezza che la Chiesa nasce e rinasce dalla case il
presule ha invitato i preti ad aprire le proprie abitazioni ai
confratelli che vivono accanto: «Ho sofferto – ha confidato –
nel sentire da tantissimi di voi che, anche nella stessa
parrocchia, ciascuno vive in casa sua, mangia da solo». «
Pietro e Andrea, Giacomo e Giovanni, Giuda e gli altri sono
stati coinvolti da Gesù in un’esperienza quotidiana – e non
necessariamente comoda – di familiarità, per un efficace
apprendistato della fede, della comunione e della missione.
Questi sono gli obiettivi che il Concilio Vaticano II ci ha
riconsegnato, perché pienamente corrispondenti alla volontà di
Dio. E corrispondenti al bene della gente, che tutto il resto
può procurarselo da sé e altrove».
Per mons. Napolioni la risposta alle sfide della missione è
anzitutto: essere presbiterio. «La varietà di doni e vicende
che ci caratterizza, accolta lavandoci i piedi
vicendevolmente, con la delicatezza che vince il riserbo, può
dare la gioia di una splendida polifonia. Questa Chiesa se lo
è certamente riproposto ogni anno, con la guida dei Pastori
che mi hanno preceduto. Proviamoci ancora, con l’umiltà che
l’odierna complessità impone, ma anche con serena curiosità
nei confronti delle sorprese che Dio ci prepara». In questa
prospettiva mons. Napolioni ha annunciato la consegna a ogni
sacerdote di una sua lettera nella quale egli chiede consiglio
circa le scelte future da compiere.
Poi essendo una “festa di famiglia” c’è stato spazio per
ricordare gli anniversari di ordinazione: i 70 di sacerdoti di
don Francesco Lucchi, il 50° di don Mario Dellacorna, don
Luigi Parmigiani, don Giuseppe Salomoni e don Giovanni
Sanfelici, e il 25° di don Davide Ferretti, don Anton Jicmon e
padre Giuseppe Ripamonti. Senza dimenticare chi ora è già
nella liturgia celeste: don Giancarlo Gremizzi, don Massimo
Morselli, don Alessandro Fagnani, don Vittorio Bergomi, mons.
Alberto Pianazza e mons. Carlo Abbiati il cui funerale è stato
celebrato il mercoledì santo proprio in Cattedrale.
«Chiedo scusa – ha proseguito il presule – ai religiosi e alle
religiose, ai diaconi e ai fratelli laici, se oggi ho
concentrato la mia attenzione soprattutto sul presbiterio. E’
il primo compito che la Chiesa mi affida, ed è anche un bene
per tutto il popolo di Dio». E infine un ultimo pensiero ai
preti: «Che ciascuno possa accorgersi che “non poteva
capitarmi niente di più bello della vocazione sacerdotale!”.
Se questa coscienza trasparirà appena un po’ nel nostro stile
di vita, non mancheranno vocazioni alla nostra Chiesa».
Omelia del vescovo Napolioni: leggi il testo
La solenne liturgia è proseguita con le rinnovazione delle
promesse sacerdotali, la preghiera per il vescovo e per tutti
i presbiteri e la benedizione degli oli. Tre grosse anfore in
argento sono state portate dinanzi al Vescovo da alcuni
diaconi. Prima è stato benedetto l’olio degli infermi, poi
quello dei catecumeni e infine, il Sacro Crisma a cui è stato
aggiunto del balsamo profumato.
La Messa è continuata con la liturgia eucaristica e i riti di
comunione. Prima della benedizione mons. Napolioni ha
consegnato agli undici vicari zonali un confanetto contenente
le ampolle degli olii da distribuire in tutte le parrocchie
della diocesi.
E prima della benedizione finale mons. Napolioni ha riservato
una sorpresa ai suoi sacerdoti. Il presule, infatti, ha
chiesto al Coro San Vincenzo Grossi di Pizzighettone, diretto
da Roberta Ghidoni, di eseguire il canto “Un prete contento”,
scritto dalla stata direttrice e musicato da Lodovico Saccol
in occasione del canonizzazione di don Vincenzo Grossi
avvenuta il 18 ottobre 2015 in Vaticano. Un modo simpatico per
formulare ai presbiteri gli auguri pasquali e per indicare
loro l’esempio di un prete cremonese, che ha raggiunto la
santità nella quotidianità del suo ministero pastorale.
Il Coro, nato nel novembre 1996, conta 44 cantori con età
compresa dai 4 ai 12 anni provenienti dall’unità pastorale di
Pizzighettone, ma anche dai paesi limitrofi. La giovanissima
compagine vanta esibizioni in tutta Italia comprese alcune
presenze in televisione insieme al Piccolo Coro «Mariele
Ventre» dell’Antoniano di Bologna.
E mentre si formava la processione finale il presule ha
incontrato brevemente i cresimandi presenti ai quali ha
chiesto di proseguire con gioia il loro itinerario alla
scoperta di Gesù anche dopo la Cresima.
Le parole del Vescovo ai cresimandi
La bella giornata sacerdotale si è conclusa in Seminario con
il pranzo fraterno.
Photogallery:
processione d’ingresso dei sacerdoti
liturgia della Parola
benedizione degli oli santi
liturgia eucaristica e consegna degli oli
canto “Un prete contento” e incontro con i cresimandi
saluti del Vescovo ai fedeli presenti
A Casalbuttano tre serate per
riflettere
su
come
sono
cambiate le relazioni con le
nuove tecnologie
“Tutti connessi”. È questo il titolo della serie di incontri
promossi dalla parrocchia di Casalubuttano per i genitori di
preadolescenti e adolescenti. L’iniziativa, realizzata in
collaborazione con il Criaf (Centro riabilitazione infanzia
adolescenza famiglia), si svolgerà in tre venerdì sera di
aprile (8, 15 e 22) alle ore 21 presso l’auditorium
dell’oratorio.
Primo appuntamento venerdì 8 aprile per cercare di rispondere
alla domanda: “Cosa è cambiato nelle relazione con i nostri
figli?”. Si continua il venerdì sera successivo (15 aprile)
analizzando “Quando la relazione ‘fa male’: il cyberbullismo”.
La conclusione venerdì 22 affrontando il tema: “Navigare senza
naufragare: etica delle nuove tecnologie”.
«Si tratta di tre serate – precisano gli organizzatori – per
riflettere su come le nuove tecnologie stanno cambiando il
modo di relazionarsi tra adolescenti, tra adolescenti e mondo
degli adulti, ma anche tra gli stessi adulti, i quali non
disdegnano di sostare un po’ troppo davanti al computer o
chattare».
«La speranza – concludono i promotori del ciclo d’incontri – è
che in tanti, genitore ed educatori, si diano il tempo per
partecipare agli incontri e non si nascondano dietro il solito
muro di gomma dell’indifferenza o di chi pensa di sapere già
tutto».
Gli incontri sono organizzati con il patrocino del Comune di
Casalbuttano e la collaborazione del locale istituto
comprensivo.
Attentati a Bruxelles: la
vicinanza
solidale
dei
Vescovi italiani nelle parole
del segretario CEI Galantino
«Al dolore per le vittime e alla solidarietà con i famigliari
si unisce la nostra ferma condanna, come Vescovi italiani, per
questi attentati, che contribuiscono ad accrescere a tutti i
livelli un clima di insicurezza e di paura. Questa tragedia ci
ricorda tristemente come non ci siano posti sicuri e al riparo
dal fanatismo, di qualsiasi matrice esso sia. In questi
momenti tutti – non solo chi ha responsabilità di governo – ci
chiediamo cosa fare, come reagire, come difenderci».
Così il segretario generale della CEI, mons. Nunzio Galantino,
interpellato da alcune testate giornalistiche in merito agli
attentati che hanno colpito Bruxelles.
«Certamente vanno confermate e rafforzate le misure di
sicurezza già in atto – continua mons. Galantino –. Nel
contempo, però, siamo convinti che esse da sole non possano
risolvere ragionevolmente ed efficacemente questo dramma, come
non potranno farlo le politiche di chiusura, i muri, il filo
spinato».
«In un momento tanto difficile – conclude il segretario
generale della CEI – dobbiamo tutti riflettere e intraprendere
strade nuove, prima fra tutte quella dell’integrazione sociale
e culturale, almeno per quanti si rendono disponibili. Come
Vescovi riteniamo che sia questa la sfida che ci attende,
convinti che da qui debba partire la reazione di tutti
rispetto a questa “guerra mondiale a pezzi”, come l’ha
definita Papa Francesco».
Anche Papa Francesco «condanna nuovamente la violenza cieca
che provoca così tanta sofferenza» e implora a Dio «il dono
della pace». Lo si legge nel messaggio di cordoglio per le
vittime degli attentati terroristici a Bruxelles che il
cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, ha inviato, a
nome del Santo Padre, all’arcivescovo di Malines-Bruxelles,
monsignor Jozef De Kesel.
«Prendendo conoscenza degli attentati a Bruxelles, che
colpiscono molte persone, il Santo Padre Papa Francesco affida
alla misericordia di Dio le persone che hanno perso la vita e
si unisce in preghiera con i loro cari. Esprime la sua più
profonda solidarietà ai feriti e alle loro famiglie così come
a tutti coloro che stanno lavorando nei soccorsi, chiedendo al
Signore di portare loro conforto e consolazione nella prova.
Il Santo Padre condanna nuovamente la violenza cieca che causa
così tanta sofferenza e implorando da Dio il dono della pace,
invoca sulle famiglie provate e sul popolo belga il beneficio
delle benedizioni divine».