Scarica PDF - Cinematografo

Transcript

Scarica PDF - Cinematografo
rC
d
rivista del
dal 1928
M E N S I L E N . 1 0 O T T O B R E 2 0 0 8 € 3,50
Italia in
festival
Anteprime e film
da non perdere tra
Roma e Venezia
LA
SPIA
AMERICANA
Di Caprio contro il terrorismo globale,
in Nessuna verità di Ridley Scott
fondazione ente™
dello spettacolo
Poste Italiane SpA - Sped. in Abb. Post. - D.I. 353/2003
(conv. in L. 27.02.2004, n° 46), art. 1, comma 1, DCB Milano
Prove di
regia
Vicari al giro di boa
e l'esordio dello
scrittore Baricco
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
Nuova serie - Anno 78 N. 10 - ottobre 2008
In copertina Leonardo Di Caprio in Nessuna verità
pu nt i di vi st a
DIRETTORE RESPONSABILE
Dario Edoardo Viganò
CAPOREDATTORE
Marina Sanna
REDAZIONE
Gianluca Arnone, Federico Pontiggia, Valerio Sammarco
Addio Paul Newman
CONTATTI
[email protected]
PROGETTO GRAFICO
P.R.C. - Roma
ART DIRECTOR
Alessandro Palmieri
HANNO COLLABORATO
Pietro Coccia, Silvio Danese, Giovanni Giordani, Bruno Fornara,
Antonio Fucito, Massimo Monteleone, Franco Montini,
Morando Morandini, Peppino Ortoleva, Anna Maria Pasetti,
Sergio Perugini, Giorgia Priolo, Angela Prudenzi, Roberto
Semprebene, Boris Sollazzo, Marco Spagnoli, Luca Stabile,
Giada Tofani, Paolo Travisi, Andrea Verdecchia, Paolo Zelati
REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE DI ROMA
N. 380 del 25 luglio 1986
Iscrizione al R.O.C. n. 15183 del 21/05/2007
STAMPA
Società Tipografica Romana S.r.l. - Via Carpi 19 - 00040 Pomezia (RM)
Finita di stampare il 30 settembre 2008
MARKETING E ADVERTISING
Eureka! S.r.l. - Via L. Soderini, 47 - 20146 Milano
Tel./Fax: 02-45497366 - Cell. 335-5428.710
e-mail: [email protected]
DISTRIBUTORE ESCLUSIVO
ME.PE. MILANO
ABBONAMENTI
ABBONAMENTO PER L’ITALIA (10 numeri) 30,00 euro
ABBONAMENTO PER L’ESTERO (10 numeri) 110 euro
SERVIZIO CORTESIA
Direct Channel S.r.l. - Milano - Tel. 02.252007.200 Fax 02-252007.333
[email protected]
PROPRIETA’ ED EDITORE
PRESIDENTE
Dario Edoardo Viganò
DIRETTORE
Antonio Urrata
UFFICIO STAMPA
[email protected]
COMUNICAZIONE E SVILUPPO
Franco Conta
[email protected]
“Mi immagino, aveva detto una volta, il mio
epitaffio: ‘Qui giace Paul Newman, morto per
un infarto perché i suoi occhi erano diventati
marroni’“. Così non è andata, Paul Newman
ha chiuso i suoi “occhi blu di Hollywood”,
all’età di 83 anni il 27 settembre, stroncato da
un cancro ai polmoni. Accanto a lui, nella sua
casa di New York, la moglie Joanne, che
aveva sposato 50 anni fa, e le figlie.
“Credo di aver preso
strade sbagliate e
altre giuste, spero
solo che nell’ultima
corsa la bilancia
penderà di più verso
quelle di cui posso
essere orgoglioso”, diceva, e così è stato,
caro Paul.
La notizia della sua morte arriva mentre
Da un lutto americano al cinema italostiamo andando in stampa: poche righe,
brasiliano, con Adolfo Celi. Nel 1964, finito
dunque, per salutare l’indimenticabile
L’Homme de Rio, Celi torna in Italia, dopo
protagonista de Lo spaccone, Nick mano
esser stato per 15 anni protagonista della
fredda, La gatta sul tetto che scotta, La
cultura brasiliana. La sua carriera
stangata, Butch Cassidy, e l’ultimo, Era mio
Oltreoceano è però misconosciuta nel nostro
padre, del 2002. Newman aveva esordito nel
Paese, comprese le sue due regie soliste,
1954 con Il calice d’argento, due anni dopo, la Caiçara e Tico-Tico no fubà, e L’Alibi. Un
prima affermazione con il
vuoto che la Fondazione Ente
Rocky Graziano di Lassù
dello Spettacolo intende
qualcuno mi ama di Wise. Nel
colmare con una rassegna, in
In più di 60 film, i suoi
1986, dopo 30 anni di carriera,
sinergia con la terza edizione
“occhi blu di Hollywood” del Festival di Roma: l’accento è
vince l’Oscar per Il colore dei
hanno riflesso le roots
soldi di Scorsese, sequel
sulla sua avventura brasiliana,
dello Spaccone, che non ritira
ripercorsa nel doc. Adolfo Celi –
libertarie dell’America
in segno di protesta per le
Un uomo per due culture firmato
troppe volte che era stato
dal figlio Leonardo, e quella di
candidato e mai premiato.
altri “italiani do Brasil”, quali
Fabio Carpi e Luciano Salce.
Tra corse automobilistiche e impegno
Sempre con uno sguardo dedicato al Brasile,
filantropico, in più di 60 film questo americano il nostro Ente propone la mostra fotografica
dalla faccia pulita, autoironico ma capace di
“Con gli occhi di un bambino” sugli indios
battaglie etiche esemplari, è divenuto una
Yanomami. Un’altra tappa della nostra azione
leggenda, incarnando le roots libertarie, ma
culturale, sempre tesa all’integrazione e al
non eversive (Marlon Brando) degli States:
dialogo.
COORDINAMENTO SEGRETERIA
Livia Fiorentino
[email protected]
DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE
Via G. Palombini, 6 - 00165 Roma - Tel. 06.66.37.455 - Fax 06-66.37.321
[email protected]
Associato all’USPI
Unione Stampa - Periodica Italiana
Iniziativa realizzata con il contributo della Direzione Generale
Cinema - Ministero per i Beni e le Attività Culturali
ottobre 2008
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
5
DAL 10 OTTOBRE AL CINEMA
s o m m a r io
n. 10
otto bre
2008
PERSONAGGI
36 Salvate il soldato Ben
Arriva Tropic Thunder e i war-movie
tremano. Stiller in trincea per combattere
con le risate i vizi di Hollywood
FILM DEL MESE
38 Vicari e Baricco
Registi si nasce. E si diventa. Alla
scoperta di Il passato è una terra
straniera e Lezione Ventuno
SERVIZI
42 Le utopie di Cantet
Ritratto “a tempo pieno” di un regista
di Classe. Che porta nelle nostre sale
la sua Palma d’Oro
46 Wall·E
50 Zohan
51 Il papà di Giovanna
51 Babylon A.D.
52 Mamma mia!
52 Sfida senza regole
53 The Mist
54 La terra degli uomini
rossi
54 Il seme della discordia
56 La fabbrica dei tedeschi
56 La classe - Entre les murs
56 Vicky Cristina Barcelona
57 Lezione 21
58 Burn After Reading
60 The Women
Anne Hathaway
in passerella a
Venezia con Rachel
Getting Married
62 Nei meandri di Roma
Galantuomini in Concorso, indipendenti in
Altro Cinema e viaggio in Brasile per
Occhio sul mondo. Ecco la 3ª edizione
della kermesse capitolina
20 COVER
In guerra per Scott
Di Caprio infiltrato in una cellula
terroristica in Giordania e Russell Crowe
cinico veterano della CIA: Nessuna verità
sul fronte orientale
24 VENEZIA 2008
Il dopofestival
Sguardo a ritroso sulla 65ª Mostra. Tra
Leoni combattenti, Coppe Volpi rinnegate
e film da non dimenticare
Tilde Corsi, Domenico Procacci e Gianni Romoli presentano
dal romanzo di
un film di
Gianrico Carofiglio
Daniele Vicari
IL PASSATO È UNA TERRA
ELIO
GERMANO
MICHELE
C H I A R A CA S E L L I VA L E N T I N A LO D OV I N I M A R C O B A L I A N I DA N I E L A P O G G I M A R I A J U R A D O
R O M I N A C A R R I S I F E D E R I C O PA C I F I C I c o n L O R E N Z A I N D O V I N A
soggetto GIANRICO CAROFIGLIO sceneggiatura FRANCESCO CAROFIGLIO, GIANRICO CAROFIGLIO, MASSIMO GAUDIOSO e DANIELE VICARI
casting LAURA MUCCINO ( U.I.C.) costumi FRANCESCA VECCHI ROBERTA VECCHI scenografia BEATRICE SCARPATO suono REMO UGOLINELLI montaggio del suono BENNI ATRIA ( a.i.t.s) musiche TEHO TEARDO
montaggio MARCO SPOLETINI ( a.m.c.) fotografia GHERARDO GOSSI organizzatore generale IVAN FIORINI supervisore alla produzione CLAUDIO ZAMPETTI produttore delegato LAURA PAOLUCCI
una produzione FANDANGO - R&C PRODUZIONI in collaborazione con RAI CINEMA
in collaborazione con GIUSEPPE PERUGIA per PUBLIMEDIA 2000 e con PIERPAOLO TREZZINI per ARMADILLO CINEMATOGRAFICA
prodotto da TILDE CORSI, DOMENICO PROCACCI e GIANNI ROMOLI regia di DANIELE VICARI
F i l m r e a l i z z a t o c o n i l c o n t r i b u t o d e l M I N I S T E R O P E R I B E N I C U LT U R A L I E A M B I E N TA L I – D I P A R T I M E N T O D E L L O S P E T TA C O L O
Tr a t t o d a l r o m a n z o I L P A S S AT O E ’ U N A T E R R A S T R A N I E R A d i G I A N R I C O C A R O F I G L I O – e d i t o d a R I Z Z O L I
www.fandango.it
D A L
3 1
www.01distribution.it
www.01distribution.it
www.rcproduzioni.com
O T T O B R E
A L
C I N E M A
vertigo design
RIONDINO
so mmario
10
Morandini in pillole
Diario dal Lido: tra invidia
strisciante, ignoranza arrogante
e critici alla Nutella
12
Circolazione
extracorporea
Se bastasse una sola
canzone… Con l’avvento
del sonoro il brano
musicale diventa feticcio
oltre la visione
14
Glamorous
Gli scatti di Pierre
Verger in Mostra al
Festival di Roma
News e tendenze: le fughe
invisibili di Jessica Alba,
l’analcolico obbligato per Craig
007, e i folli cachet delle star
16
Colpo d’occhio
Belli ed emergenti: Jennifer
Lawrence e Ben Barnes,
premio Mastroianni e novello
Dorian Gray
18
Hollywood Ending
Dalla Béart scambiata per la
Binoche all’esordio in regia di
Heather Parisi. A rimettere
ordine ci pensano i Festival
del mese
72
Dvd & Satellite
Moretti a tappe, l’Italia dei maestri
e il primo Phantom of the Opera.
In Tv si festeggia Tim Robbins
78
Borsa del cinema
Nuove frontiere e vecchi
problemi del digitale. A tu per
tu con Raffaella Filipponi
di DreamWorks Animation
80
Libri
Dialogo virtuale con
Michelangelo Antonioni,
analisi del cinema anglofono
durante il periodo coloniale
pensieri e parole
un critico DOC
Quello che gli altri non dicono: riflessioni a posteriori di
MORANDINI in pillole
di Morando Morandini
Critici alla Nutella
Al Lido di Venezia, alla fine dei primi due giorni della 65° Mostra
del Cinema, c’erano già diversi giornalisti/critici giovani di lingua
italiana che manifestavano dissenso, disgusto, noia, parlando di
cinema/depresso, atmosfera triste, film orrendi, inutili, scelti
male. Forse perché appartengo a una generazione di dinosauri
che non sono cresciuti a pane e nutella, ma alla fine dei primi
due giorni avevo già visto tre film italiani importanti, di quelli che
resistono al tempo: Lo sceicco bianco di Fellini (+ Lo sceicco
ritrovato), La Rabbia di Pasolini (ricostruito) e Puccini e la fanciulla di Paolo Benvenuti e Paola Baroni.
Ho visto
Shirin per
ostinazione e
perché amo la
compagnia
delle donne
Al Lido di
Venezia
l’invidia è il
vizio più
diffuso e
verificabile.
Anche tra i
critici
Accoppiata inosservata
A 12 ore di distanza al Lido il 28 agosto vengono proiettati Shirin
di Kiarostami e Puccini e la fanciulla di Benvenuti. Nel primo
non si vede il film che racconta la storia-leggenda della dolce
Shirin, ma lo si ascolta, e lo si immagina, attraverso i volti delle
spettatrici che lo stanno guardando. Tranne una parola sussurrata (“Aiutatemi”), il secondo è privo di dialoghi, sostituti da
brani di lettere e telegrammi. Ho resistito fino in fondo agli 82’ di
Shirin per tre motivi: a) per ostinazione; b) perché, in generale,
amo molto la compagnia delle donne; c) sono un ammiratore
delle donne iraniane (già persiane): quando sono belle, sono
bellissime.
Che peccato
L’invidia - uno dei sette peccati captali secondo il catechismo
cattolico - è uno dei più potenti motori della vita sociale. Al Lido
di Venezia, durante la Mostra del cinema, è il vizio più diffuso,
trasparente, verificabile. Anche tra i critici.
Ignoranza arrogante
Il 4 settembre, alla
proiezione mattutina
per la stampa, The
Hurt Locker di
Kathryn Bigelow,
unica donna in gara
per il Leone, fu
accolto da un gelido
silenzio. E’ uno dei
quattro film USA in
concorso, ma fin dal primo giorno i media italiani hanno cominciato a dire che alla Mostra “mancavano gli americani”. La
Bigelow e Jonathan Demme sono tra i pochi registi/autori di
talento dell’attuale cinema hollywoodiano, ma molti, troppi giornalisti e critici italiani non lo sanno. Ignoranti più di loro, i loro
direttori e caporedattori ne ignorano l’esistenza. Su Celentano e
Olmi non hanno dubbi: vende di più, dunque è più popolare e
importante Celentano.
FINE PEN(N)A MAI
VISIONI FORZATE E INDULTI
CRITICI
Robert De Niro e Al Pacino: Dio li fa e
poi li accoppa. Se per Michael Mann
non era stata vera Sfida, i due si
ritrovano ora vicinivicini per il
poliziottesco di Jon Avnet. Facendoci
rimpiangere la separazione che fu...
#### Camorra – Belzebù: 1 - 0.
Gomorra verso gli Oscar, e Giulio
Andreotti insorge: se il nostro cinema
da esportazione è quello che non “lava
i panni sporchi in casa”, perché agli
Academy Awards non ci va Il Divo, “che
più sporco non si può”? #### Tra i
due litiganti, il tedesco non gode. Dal
Lido, Wim Wenders tuona: “Mai più in
giuria, fino alla fine del mondo”. Il
wrestler Mickey Rourke ringrazia, il
papà Silvio Orlando pure…
ALMOST (IN)FAMOUS: DALLE
STALLE ALLE STARLETTE
W. non va al Festival di Roma: sgradito
a Berlusconi, vociferano i maligni.
Assolutamente vero, ma il casus belli
non è la politica, ma l’invidia: per l’amico
George si muove Oliver Stone, Mister B.,
invece, deve accontentarsi del Moretti
Caimano e di tale Berardo Carboni
(Shooting Silvio)… STOP Wesley Snipes
sarà James Brown per Spike Lee: futuro
molto condizionale, perché prima deve
uscire di galera. Altro che Prisoner of
Love… STOP “Sei invecchiato…”:
l’86enne Gian Luigi Rondi al
quarantenne regista Daniele Costantini.
Federico Pontiggia
10
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
ottobre 2008
CLAUDE BERRI
E
JEROME SEYDOUX
PRESENTANO
MEDUSA FILM
“SI RIDE FINO ALLE
LACRIME.”
Le Monde
DANY BOON
KAD MERAD
UN FILM DI
DANY BOON
DAL 31 OT TOBRE AL CINEMA
con il supporto del programma MEDIA dell'Unione Euoropea.
www.medusa.it
circolazione extracorporea
Fruizioni multiple nell’era della riproducibilità
a cura di Peppino Ortoleva
IL TEMPO DI
UNA CANZONE
DALLE ORIGINI DEL CINEMA SONORO IL BRANO
MUSICALE DIVENTA IL PIÙ RICERCATO TRA I
FETICCI CHE PROLUNGANO LA VISIONE DEL FILM
La circolazione extracorporea del film non è cominciata con il digitale. Anzi. Il
bisogno di travasare in qualche modo volti e situazioni, emozioni e ritmi dal cinema ad altri mezzi era tanto più forte quando l’esperienza del film era circoscritta
nello spazio della sala e soprattutto nel tempo dell’effimera programmazione.
Prima che un’astuta trovata di commercializzazione, il
merchandising degli oggetti evocativi (i salvadanai di
Charlot, i giochi di Paperino o i poster di Bogey) è stato
un omaggio all’ingenuo e persistente feticismo del cinefilo nostalgico o del bambino che voleva rivivere il suo
cartoon; ed è prolungamento del cinema con altri media
anche la lunga serie dei cineromanzi e delle stesse riviste destinate al grande pubblico. Tutti aiuta-memoria e
insieme strumenti di esperienza sostitutiva. Almeno
dalle origini del cinema sonoro (e dalla quasi coeva
affermazione della radio e del 78 giri, seguito nel dopoguerra dal microsolco), la canzone è stata la più pregiata
e ricercata tra i feticci che prolungano e in parte suppliscono alla visione del film: dal grande successo di
Parlami d’amore Mariù in un’Italia che conosceva appena l’esistenza del grammofono al geniale lancio delle
varie Bibidi Bobidi Bu da parte di una Walt Disney Co. in
procinto di diventare uno dei primi imperi multimediali,
fino alla Febbre del sabato sera e oltre. Niente di cui
stupirsi: la canzone è un’emozione sintetizzata e concentrata, è per definizione memorizzabile anche perché generalmente fatta di parole
e musiche stereotipate, se viene da un film ne può evocare momenti e situazioni.
Soprattutto, la canzone è, con il film, il prodottoprincipe della cultura di massa, il più amato e
Emozione
insieme il più pervasivo.
Negli anni Ottanta, la lunga love story tra la canzo- sintetizzata,
ne e il linguaggio delle immagini in movimento ha
conosciuto una nuova stagione e in certo senso facile da ricordare
un’inversione: con il videoclip è stata la canzone a perché fatta di
tesaurizzare il cinema facendone (sulle orme della
pubblicità) base per i suoi micro-racconti, dalla parole e suoni
Metropolis inserita un po’ a forza in Radio Gaga dei stereotipati
Queen al micro-remake di tanti film dell’orrore in
Thriller . Nell’epoca di YouTube, ottant’anni di
incontri tra film e canzone sembrano precipitare in un unico grande repertorio:
dove le immagini filmiche sono generalmente strette nei tempi di un clip, o servono da base a esperimenti diffusi (dai più dilettanteschi ai quasi professionale) di
sonorizzazione, e i “numeri” dei musical o le più celebri canzoni da cinema incontrano un successo indipendente, spesso, dall’età.
DALLO SCHERMO AL VIDEOCLIP
La Metropolis di Lang in “Radio Ga Ga”
dei Queen. Sotto il Thriller di Michael
Jackson, micro-remake di tanti film horror
12
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
ottobre 2008
glamo rous
Ultimissime dal pianeta cinema: news e tendenze
14
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
ottobre 2008
a cura di
Gianluca Arnone
MAGHI BACCHETTATI
A Draco Malfoy non ne va bene una. Dopo
Radcliffe pure Tom Felton, nel film l’odioso
rivale di Harry Potter, voleva posare
senza veli. Ma la Warner, che non si è
ancora ripresa dal nudo di Daniel, lo ha
frenato. Questione di bacchetta, gli
hanno detto. Pardon, d’etichetta.
COCA COLA 007
Dopo aver perso il pelo (dal vello di Connery al
silk epil di Craig) James Bond perde pure il
vizio. Vodka Martini addio. In Quantum of Solace
la spia di Sua Maestà berrà solo Coca Cola
Zero. La produzione vuole che l’agente meno
segreto al mondo resti sobrio per evitare nuovi
incidenti automobilistici. E intascare i 6 milioni
di euro sganciati dalla multinazionale in
pubblicità (occulta). La bevanda è se non altro
leggera. Basterà perché i fan la mandino giù?
GAFFE “ENORME”
ALBASCURA
Per Jessica Alba la
(in)visibilità è tutto. A scuola
“era Jessica in mezzo ad
altre 800 ragazzine con lo
stesso nome”. In Dark Angel
si nascondeva da tutto e da
tutti. Tra i Fantastici quattro
era la donna invisibile. In The
Eye a non vederci era lei. E
per il suo ritorno al set, 3
mesi dopo il parto di Honor
Marie Warren, decide di
girare An Invisible Sign of my
Own. Un’altra scelta poco
(anzi, per niente) oculata.
E’ divisione dei beni tra Jerry
O’Connell e Rebecca Romijn? Forse.
Alla Mystica di X-Men non è piaciuta la
sortita del marito, famigerato gaffeur
e attore di Ultraman. In uno dei tvshow più seguiti d’America Jerry ha
definito la moglie “enorme”. Nulla di
strano, è la moglie di Ultraman. Il
problema è che anche incinta da mesi.
Il marito se n’è mai accorto?
RICCA D’OSSIGENO
Paris Hilton, Elvis Presley e Oprah Winfrey
sono tra le star più fannullone e pagate al
mondo. La classifica è un’appendice di quella
generale stilata da Forbes. Passi per Elvis
che non campa nemmeno coi diritti d’autore
(è morto dal ’77), ma la Hilton becca 1
milione solo per farsi vedere ai party, mentre
la Winfrey, mezz’ora di tv al giorno, intasca
385 milioni di dollari l’anno, 61 dollari a
respiro. Vero fiato per il denaro.
ottobre 2008
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
15
colpo d’occhio
JENNIFER
LAWRENCE
Accanto in The
Burning Plain
La Lawrence è la speranza,
Barnes la promessa: chi sarà
la star di domani?
Jennifer Lawrence a Venezia non doveva
neppure esserci. E’ sbarcata al Lido in
economica, grazie al biglietto che i genitori le
avevano regalato per il
diciottesimo compleanno.
Soldi spesi bene. La
ragazzona del Kentucky, 1
metro e 75 di poderosa
bellezza, occhi radiosi e
sano ottimismo, ha
stravolto le gerarchie della
delegazione di The Burning
Plain (che non l’aveva
voluta), vincendo l’unico premio che il film di
Arriaga ha strappato ai giurati del Lido: il
“Mastroianni” come migliore attrice emergente.
Trionfo che luccica come il grigio satinato
Ferretti, l’abito che la fascia da vera
reginetta della Laguna, la più intensa
tra la Basinger e la Theron, compagne
di set ed ex modelle, proprio come
Jennifer. Che sentitamente ringrazia,
onora il grande Marcello (“un attore
mitico”) e attende fiduciosa l’inizio
di una folgorante carriera. Dopo
l’antipasto di dolce vita.
A tt or i em erg en ti
BEN BARNES
A destra con Colin Firth
in Dorian Gray
La maturità può attendere. A 27 anni
può sembrare un paradosso, ma Ben
Barnes ne è convinto: “Negli ultimi
anni non ho fatto altro che accettare
parti da diciottenne. Perché dovrei
smettere adesso?“. Al “principe
Caspian” l’eterna giovinezza fa
comodo. Gli ha procurato fan, soldi e
contratti. Uno l’ha pure rotto
veramente, rischiando una
denuncia. Ma i ragazzi son così,
impulsivi. Avanti a testa bassa
allora, per un’altra avventura
nel regno di Narnia (Il
viaggio del veliero), e
(prima) un duetto col
grande Colin Firth nel cine
Dorian Gray tratto da Wilde. Dirige lo
specialista Oliver Parker
(L’importanza di chiamarsi Ernesto).
Barnes è il giovane terrorizzato
dall’idea d’invecchiare. Ovviamente.
Caspian l’indeciso
16
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
Vertigo Design Type Zennaro
Domenico Procacci presenta
un film di
A le s s a n d ro B a r i cco
N O A H TAY L O R C L I V E R U S S E L L
c o n L E O N O R W AT L I N G e c o n J O H N H U R T
SOGGETTO E SCENEGGIATURA ALESSANDRO BARICCO AIUTO REGISTA ROY BAVA
VISUAL CONSULTANT TANINO LIBERATORE SCENOGRAFIA MARTA MAFFUCCI COSTUMI CARLO POGGIOLI SUONO BRUNO PUPPARO MONTAGGIO GIOGIO’ FRANCHINI DIRETTORE DELLA FOTOGRAFIA GHERARDO GOSSI
ORGANIZZAZIONE IVAN FIORINI SUPERVISIONE ALLA PRODUZIONE VALERIA LICURGO PRODUTTORE DELEGATO LAURA PAOLUCCI
UNA COPRODUZIONE ITALIA - REGNO UNITO FANDANGO - POTBOILER IN COLLABORAZIONE CON RAI CINEMA PRODOTTO DA DOMENICO PROCACCI DIRETTO DA ALESSANDRO BARICCO
FILM REALIZZATO CON IL CONTRIBUTO DEL MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI – DIPARTIMENTO DELLO SPETTACOLO FILM REALIZZATO CON IL CONTRIBUTO DELLA PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO
FILM REALIZZATO CON IL SUPPORTO DI MEDIA PROGRAMME DELLA COMUNITA’ EUROPEA
COLONNA SONORA DISPONIBILE SU CD DEUTSCHE GRAMMOPHON
www.01distribution.it
dal 17 OTTOBRE al CINEMA
www.fandango.it
FE ST IVAL DE L M ES E
di Massimo Monteleone
Silenzio, parla il cinema muto di
Pordenone. La Francia va a Firenze
e il “nostro” Billo a Chicago
LE GIORNATE DEL
CINEMA MUTO
XXVII edizione del prestigioso
festival sul cinema muto
mondiale, organizzato dalla
Cineteca del Friuli. Rarità
ritrovate e classici restaurati. Fra
le retrospettive, l’ultima parte di
“Il progetto Griffith” e una
personale dei film muti di
W.C.Fields. Ospita la XIII edizione
di FilmFair, fiera del libro e del
collezionismo cinematografici.
1
FESTIVAL DEL CINEMA
LATINO AMERICANO
XXIII edizione della rassegna
competitiva, fra le principali in
Europa ad occuparsi dei film
dell’America Latina. Molti i titoli
nelle varie sezioni: concorso,
contemporanea, documentari,
cortometraggi, retrospettiva (sul
peruviano Francisco Lombardi).
Località Trieste, Italia
Periodo 11-19 novembre
tel. (041) 5382371 (riferimento a
Venezia)
Sito web
www.cinelatinotrieste.org
E-mail
[email protected]
Resp. Rodrigo Diaz
5
EUROVISIONI 2008
XXII edizione del festival
internazionale di cinema e
televisione. Il tema di
quest’anno è: “La televisione
digitale come vettore di
coesione o frammentazione
sociale”.
Località Roma, Italia
Periodo 19-24 ottobre
tel. (06) 59606372
Sito web
www.eurovisioni.eu
E-mail
[email protected]
Resp. Giacomo Mazzone
6
H o ll y wo o d
Ending
Località Pordenone, Italia
Periodo 4-11 ottobre
tel. (0432) 980458
Sito web www.giornatedelcinema
muto.it
E-mail
[email protected]
Resp. David Robinson
FRANCE CINEMA
2 XXIII
edizione della rassegna
I DUE VOLTI DELLA BÉART
dedicata al cinema francese,
organizzata dall’Associazione
François Truffaut. In programma
una selezione di film-evento
della stagione cinematografica
parigina 2007-2008, e una
retrospettiva su Marcel CarnetJacques Prevert.
Località Firenze, Italia
Periodo 31 ottobre - 2 novembre
tel. (055) 214053
Sito web www.francecinema.it
E-mail [email protected]
Resp. Aldo Tassone
“Ma io non sono la Binoche!”. Gaffe
grande quanto una casa al Lido quando
nella sala del Casinò, una stizzita
Emmanuelle Béart ha ripreso una fan
che supplicava insistentemente per avere un autografo. Il problema era che la
malcapitata aveva dato alla bella attrice
una foto di Juliette Binoche. La donna è
stata presa a mazzate poco dopo.
Denunciato il suo oculista.
CINEKID
XXII edizione della
manifestazione competitiva
internazionale di cinema,
televisione e new media,
indirizzata ai bambini e ai
ragazzi.
Località Amsterdam, Olanda
Periodo 19-26 ottobre
tel. (0031-20) 5317890
Sito web http://www.cinekid.nl
E-mail [email protected]
Resp. Sannette Naeye
“Un brutto film della Disney”. Lapidario Matt Damon
sulla candidata repubblicana alla vice-presidenza
Sarah Palin, che era già stata paragonata da Obama a
un “maiale col rossetto”. Che il brutto film sia I tre
porcellini? La Disney nega: “I nostri maiali sono democratici”.
FOTO PIETRO COCCIA
HEATHER ALLA CIECA
Blind Maze è l’esordio in regia di Heather Parisi.
Storie di bamboccioni a disagio col mondo adulto.
Spunto autobiografico. Danza e musica a fare da collante. Che a spezzarsi per ora basta il cinema.
18
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
ottobre 2008
XLIV edizione per il più anziano
festival mondiale del Nord
America a carattere
competitivo. Sullo schermo
circa 150 lungometraggi (tra cui
l’italiano Billo), ed anche “corti”,
documentari, opere
studentesche.
3
RASSEGNA DEL
4 DOCUMENTARIO
- PREMIO
HOLLYWOOD ELECTION
CHICAGO INTERNATIONAL
7 FILM
FESTIVAL
LIBERO BIZZARRI
XV edizione del
festival
competitivo che
assegna il
Premio “Libero
Bizzarri” al
miglior
documentario
italiano (Italia
Doc).e il Premio
alla Carriera
per il
Documentario.
Altre sezioni competitive: Il
Nostro Tempo E’ Ora, Media
Educazione.
Località San Benedetto del
Tronto (Ascoli Piceno), Italia
Periodo 10-18 ottobre
tel. (0735) 753334
Sitoweb www.fondazionebizzarri.org
E-mail [email protected]
Resp. F. Pesiri, M. Consorti
Località Chicago (Illinois), USA
Periodo 16-29 ottobre
tel. (001-312) 6830121
Sito web
www.chicagofilmfestival.com
E-mail
[email protected]
Resp. Michael Kutza
RELIGION TODAY FILM
8 FESTIVAL
XI edizione del “Festival
internazionale di cinema e
religione”, inteso a promuovere
la conoscenza delle opere in cui
l’esperienza religiosa assume
una cifra estetica su cui
riflettere. Il tema odierno è “Il
volto dell’altro”. Fra le sezioni:
film a soggetto, documentari,
cortometraggi.
Località Bolzano-Trento-RomaFerrara-Nomadelfia, Italia
Periodo 16-31 ottobre
tel. (0461) 981853
Sito web
http://www.religionfilm.com
E-mail
[email protected]
Resp. Lia G.Beltrami
COVER
Leonardo Di Caprio è
l’operativo CIA Roger
Ferris in Nessuna
verità; a fianco, con
Russell Crowe
Il corpo d
La spia Di Caprio e il veterano
Crowe per Ridley Scott.
In Medio Oriente fra tranelli e
Nessuna verità americana
di Federico Pontiggia
“SITUATION” O “WAR”? La differenza è tutta qui: è una
situazione o una guerra, quella in corso in Iraq?. Per la CIA,
per bocca dell’operativo Roger Ferris, è una situazione, a
senso unico: attentati suicidi, stragi di civili, stillicidio di
poliziotti, sequestri; per chi sta dall’altra parte, la sorella
della ragazza giordana di cui Ferris si è innamorato,
viceversa è guerra: in Iraq e in Medio Oriente, tra America,
“jews e crusaders”, e Islam.
Dicotomia di vedute, prospettive agli antipodi, che un cinema
di parte cerca di consegnare al pubblico senza troppa
partigianeria: è il cinema Usa contemporaneo, che avrà
20
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
ottobre 2008
el reato
ottobre 2008
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
21
COVER
perso la radicalità politica degli anni
’70, ma di certo si è fatto più tempestivo.
Se il Vietnam rimase nel fuoricampo di
Hollywood per lunghi anni, viceversa
l’ombra delle torri dell’11 settembre e i
conflitti correlati, dall’Afghanistan
all’Iraq, si sono presto stampigliati sullo
schermo, da World Trade Center e
United 93, passando per Syriana e
Jarhead, fino a Redacted e The Hurt
Locker. Davvero la “situazione” del
Middle East oggi è embedded nel cinema
stelle & strisce, che cerca di costruire un
controcampo emozionale, star al seguito,
alla prosaicità e laconicità delle breaking
news televisive e della bassa definizione
del web.
Alla nutrita - e qualitativamente
eterogenea - compagine si unisce ora Sir
Ridley Scott con Nessuna verità (Body of
Lies), sceneggiato da William Monahan a
partire dal romanzo del columnist del
Washington Post David Ignatius (2007).
Protagonisti Leonardo Di Caprio, con la
barbetta e le ferite dell’agente segreto
Roger Ferris, operativo tra Giordania,
Emirati, Siria e Iraq alla ricerca della
mente di micidiali attentati in Europa, e il
suo superiore, per lo più voce all’altro
capo di una linea telefonica protetta: il
veterano Ed Hoffman, ovvero Russell
Crowe, invecchiato e appesantito ad hoc
per decidere dagli States, tra la pipì di un
figlio e la partita di un altro, vita e morte
degli informatori in loco, e dello stesso
Ferris.
Sono loro a incarnare le sfaccettature
della prospettiva Usa sul conflitto: sul
campo, quella di Ferris, che si fa scrupoli
morali, perde le dita, la faccia e quasi la
testa, si innamora e si becca nel corpo i
frammenti di ossa del suo attendente
locale; l’asetticità di Langley, con la
routine pragmatica di Hoffman, che ha
poco del drôle de guerre, tranne
l’ottusità. Umano, troppo umano l’uno, su
cui pioverà una probabile candidatura
all’Oscar, bolso e disilluso l’altro, hanno
un minimo comune denominatore: la
dissimulazione, anzi un body of lies, tra
doppi giochi, tranelli, mezze verità e
piene menzogne, con un terzo vertice: il
“Situation” o “War”, quella in Iraq?
Tra menzogne e doppigiochi, si apre
la via per risposte meno comode
22
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
ottobre 2008
“Leo d’Arabia”;
sopra, a tavolino
con il suo capo
Russell Crowe
capo dei servizi giordani, interpretato da
un fascinoso Mark Strong. E’ lui a
tracciare la terza via, giordano che
collabora con il nemico-amico
americano, a una condizione, ovviamente
impossibile: la verità. Quella stessa
verità che il film di Ridley Scott insegue,
senza troppa fiducia: lussuosa – e già
vista – confezione, con un manipolo di
premi Oscar tra montaggio (Pietro
Scalia), costumi (Janty Yates) e cast
(Crowe), effetti molto speciali, per
esplosioni e pirotecnica varia, e due –
ineludibili? – argini: l’innocuo Spy Game
del fratello Tony e il più complesso
Syriana di Gaghan. Poco importa, Body of
Lies ci consegna il solito body of
evidence: il corpo del reato americano. %
MEDUSA FILM E BIANCA FILM
PRESENTANO
PIERFRANCESCO FAVINO KSENIA RAPPOPORT
e con MONICA BELLUCCI
l’uomo
che ama
MARIA SOLE TOGNAZZI
MARISA PAREDES PIERA DEGLI ESPOSTI ARNALDO NINCHI
un film di
24-10-2008
www.luomocheama.com
schegge di festival
Mel
FOTO: ROBERTO SEMPREBENE
Un “giovane” Bresson
24
“Il cinema ha bisogno di questi premi che legittimano il
lavoro di chi al successo antepone la ricerca. E il mondo
necessita di questo cinema per continuare a guardarsi
dentro”. Conciso e saggio (ma senza capelli bianchi), Daniel
Burman è, a 35 anni, il più giovane vincitore del Robert
Bresson, lo storico riconoscimento che la nostra Rivista
assegna ogni anno al cineasta la cui opera sia stata
specchio “fedele e spirituale” della vita.
(G.A.)
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
ottobre 2008
SI RINGRAZIA L'ISFCI - ISTITUTO SUPERIORE DI FOTOGRAFIA E COMUNICAZIONE INTEGRATA
Poche star, tante critiche: la 65ma Mostra si è chiusa tra il malcontento
generale. Ma al contrario degli italiani, i film da premiare erano molti di più
di Marina Sanna foto Pietro Coccia, Luca Stabile, Giada Tofani
ancholia
ottobre 2008
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
25
schegge di festival
Darren Aronofsky e il suo
Wrestler Mickey Rourke
con il Leone d’Oro.
Accanto Haile Gerima
SARANNO STATE LE CRITICHE
estenuanti (Mostra nervosa, sottotono,
malinconica, ecc …), a farcela sembrare
meno scialba e noiosa, anzi
decisamente più interessante di quello
che hanno ripetuto i quotidiani? Il
rischio era evidente: non si può
sottovalutare l’aspetto mediatico di un
festival come Venezia, ora più che mai
con Roma in assetto da guerra. Il
presidente Baratta se l’è presa con la
crisi globale e la location, ossia la
mancanza di ospitalità da parte del Lido,
che non è una novità, il direttore Müller
con lo sciopero degli sceneggiatori. La
verità è nel mezzo: i film più belli se li è
presi Cannes e Venezia costa troppo per
gli americani, specie in questo
momento. Ma, tanto per cominciare, non
è vero che, come ha scritto qualcuno,
poche opere erano “degne della
qualifica di nuovo e importante”. Basta
guardare ai premi per capire che la
giuria si è divisa, anzi fratturata,
nell’assegnazione dei riconoscimenti, al
di là delle esternazioni impulsive del
26
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
ottobre 2008
Al di là delle esternazioni impulsive di
Wenders, la giuria si è fratturata
nell’assegnazione dei riconoscimenti
presidente Wim Wenders. Due qua
(Leone d’Argento e Osella per la
fotografia a Paper Soldier di Aleksey
German jr.), due là (Premio speciale
della giuria e Osella per la
sceneggiatura al bell’etiope Teza), la
coppa Volpi a Silvio Orlando che doveva
essere di Mickey Rourke per la
straordinaria performance in The
Wrestler (ben gli è andata ad Aronofsky
che ha vinto il Leone d’Oro); la coppa
alla francese Dominique Blanc per
L’autre, mentre fino all’ultimo la favorita
era Anne Hathaway, intensa e
bravissima, diretta da Jonathan Demme.
Incomprensibile invece il Leone per
l’insieme dell’opera a Werner Schroeter
L’attrice Dominique
Blanc con la Coppa
Volpi vinta per
L’Autre
(per avere un’idea del suo Nuit de chien
consigliamo di recuperare la simpatica
striscia di Stefano Disegni sul daily di
Ciak). I premi non hanno esaurito i titoli,
nelle pagine successive vi segnaleremo
quelli da non perdere, a partire da
Demme e il suo Rachel Getting Married,
girato come un documentario e più
sconvolgente di una sessione di
psicoterapia. O il sorprendente The Hurt
Locker di Kathryn Bigelow
(premio La Navicella e
Signis), che affronta con
sguardo nuovo il conflitto
iracheno e gli effetti
collaterali del disastro
americano.
I giapponesi animati sono
passati in sordina:
Miyazaki con il delizioso
Ponyo on the Cliff by the
Sea e l’affascinante e
dolente The Sky Crawlers
di Oshii. L’originale Vegas:
Based on True Story
dell’iraniano Naderi,
Achille e la tartaruga di
Takeshi Kitano, risorto
dalle sue ceneri, e
l’esordio alla regia di
Arriaga con The Burning
Plain (premio Mastroianni
all’esordiente Jennifer
Lawrence). Quanto agli italiani, se il
linciaggio reiterato di Ferzan Ozpetek e
del suo Giorno perfetto era in qualche
modo prevedibile, la squadra nel
complesso era davvero in tono minore.
Melancholia, come suggerisce il titolo
filippino che ha sbaragliato la
concorrenza di Orizzonti.
%
Piccolo grande uomo
“Vorrei questo attimo si fermasse per sempre”, dice l’Orlando gioioso
“Vorrei che questo attimo
meraviglioso si fermasse per
sempre”. Silvio Orlando ha accolto
così la Coppa Volpi per il suo Papà di
Giovanna. E meno male che subito
dopo è uscito dalla Sala Grande per le
prime interviste da vincitore, perché
“il mitico” - come l’aveva appena
definito - Wim Wenders teneva in
caldo una pubblica diminutio per
l’Orlando gioioso: in sintesi,
regolamento permettendo, la sua
Coppa sarebbe andata al Wrestler
Mickey Rourke.
Povero Silvio, che si era preparato
“un bellissimo discorso sulla
recitazione, sul rapporto con Napoli,
ma poi non ho capito più niente, e mi
sono messo a farneticare cose su tutti
i registi con cui ho lavorato”, “urlando
per non piangere” e dispensando
gaffe, del calibro: “Ringrazio Pupi che
ci guarda dall’alto dei cieli” e “Non so
Valeria (la giurata Golino, NdR) come
hai fatto a convincerli…”.
L’indomani, cronaca delle polemiche
wendersiane a parte, i quotidiani
l’avrebbero celebrato come “il Dustin
Hoffman italiano”, ma lo schiaffo
della giuria deve bruciare ancora.
Meglio, dunque, tornare alla sua
prova, “nonostante l’apparente
complessità, una delle più semplici
della mia carriera, perché nata da un
copione solido, quello che Pupi ha
tratto dal suo romanzo, in cui c’era
già tutto il futuro del film”. Al centro
de Il papà di Giovanna, il rapporto tra
un padre (Orlando), e la figlia (Alba
Rohrwacher) con gravi problemi
mentali, nella Bologna anni ‘40: “Una
storia che ti prende al cuore, a
differenza di tanto cinema italiano
che raffredda i sentimenti, perché li
considera volgari. Viceversa, in
questo film non esiste alcuna
reticenza emotiva”, confessava
(F.P.)
Orlando.
Takeshi Kitano,
Valeria Golino e
Wim Wenders.
A sinistra Anne
Hathaway
ottobre 2008
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
27
gli imperdibili
Sol Levante?
Un mare di tenerezza per Ponyo di Miyazaki, le evoluzioni dei Kildren per Oshii
di Federico Pontiggia
“PONYO PONYO PONYO...”: l‘inno della
65esima Mostra è la colonna sonora
dell’animazione del maestro nipponico
Hayao Miyazaki, Ponyo on the Cliff by
the Sea. Leone d’Oro alla carriera nel
2005, quando portò in Laguna Il
castello errante di Howl, Miyazaki
ritorna a commuovere, con la consueta
ricetta: la semplicità. Semplicità
grafica, con artigianalità e manualità di
tratto, fattura e lavorazione distante
anni luce dai byte della computer
graphic di Pixar e DreamWorks, e
semplicità di caratteri, che nascono per
i bambini e crescono fino a regalare un
28
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
ottobre 2008
insegnamento - morale - agli adulti.
Una casa sospesa sul mare, dove vive il
piccolo Sosuke. Un giorno, incontra una
pesciolina rossa, scappata dal fondo
degli abissi, che ribattezza Ponyo. Si
innamorano: “Ti proteggerò”, promette
il ragazzino alla pesciolina-bambina.
Infanzia, ecologia, tolleranza, diversità,
anzianità, femminismo, sono tutti temi
che affiorano, sul mare animato di
Miyazaki, depurati di qualsiasi scoria:
pesantezza stilistica, saccenza poetica
e intenzioni pedagogiche rimangono nel
fuoricampo, scacciate via dalla
tenerezza, l’apertura al mondo di due
Oshii in the Sky
Piloti giovani in eterno per un
war game da adulti
creature di 5 anni. Ponyo, che corre sui
cavalloni, adora il prosciutto e porta
sulla terra la luce del mare, Sosuke,
che regala l’infanzia alle vecchiette,
comunica al padre con la luce e piange
per la madre che non trova: sono loro i
protagonisti di un romanzo di
formazione “al contrario”, letto dai
bambini ai genitori. Sulla scorta de La
sirenetta di Andersen e La valchiria di
Wagner, “una fiaba avventurosa
sull’amore infantile e una risposta alle
afflizioni dei nostri tempi” per Miyazaki,
che, negando di aver ricreato “il suo
maremoto” sulla scorta dello tsunami
di Phuket e Krabi del 26 dicembre 2004,
canta le lodi dell’oceano: “Il mare va, il
mare viene: l‘uomo non può farci
niente, solo accettarlo”. Vero, Ponyo? %
Giappone animato: Hayao Miyazaki e Mamoru
Oshii
Giappone-Venezia sola andata:
ecco i “Kildren”, piloti
geneticamente modificati per
un’eterna adolescenza e
addestrati per i war games degli
adulti, protagonisti del secondo
anime in concorso, The Sky
Crawlers di Mamoru Oshii, già
nella storia per Ghost in the Shell
e Innocence. Dalla serie a fumetti
di Hiroshi Mori, il regista porta in
cielo i Kildren, crasi di “Kill” e
“Children”: apatici a terra,
(ri)vivono in volo, e solo lì possono
morire, per le logiche
dell’entertainment. La guerra
serve alla pace - questo l’assunto
- ancor più se piegata alla
spettacolarizzazione dei media:
the show must go on, con i Kildren
per metà kamikaze e per metà
figuranti televisivi.
Stupende musiche di Kenji Kawai,
ottimo sonoro del lynchano Randy
Thom, The Sky Crawlers –
premiato col Future Film Festival
Digital Award - riesce in una
perfetta alchimia di matite e CGI,
le prime a disegnare l’atonia e il
nonsense del suolo, la seconda a
regalare nubi soffici, evoluzioni
aeree, eliche vorticose e destini
incrociati. Ma è una sinergia
riuscita solo sul piano formale: a
terra rimane pure la psicologia dei
personaggi, mentre l’altitudine è
solo war game, splendide mosse
senza perché. Oshii in the sky,
without diamonds.
(F.P.)
ottobre 2008
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
29
gli imperdibili
Dalla delusione
The Fountain alla
vittoria con The Wrestler:
Aronofsky commuove il
Lido con un mostruoso
Mickey Rourke
di Valerio Sammarco
Sul ring, un Leone!
“IL FILM È MOLTO PICCOLO, la storia
esile, ma ha un cuore aperto e
sanguinante, che non smette di battere.
Venezia l’ha amato perché qui c’é un
talento che mette in gioco il suo cuore,
Mickey Rourke”.
Darren Aronofsky – ritorno trionfale al
Lido a due anni dalla delusione The
Fountain – lo sa e non fa molto per
nasconderlo: The Wrestler non sarebbe
stato la stessa cosa senza Mickey Rourke
nei panni di Randy “Ram” Robinson,
leggendario lottatore professionista negli
anni ’80, ora ridotto a combattere ogni
weekend nel circuito indipendente e a
farsi scattare fotografie da autografare
per 8 dollari. Intorno a lui, in quel mondo
di ex lottatori invecchiati e appesantiti –
chi sulla sedia a rotelle, chi costretto ad
andare in giro con il catetere – esiste
ancora lealtà e solidarietà, ma anche
anabolizzanti e cicatrici: meno profonde,
però, di quelle causate dalla vita “reale”.
Ram l’ariete è solo, in un “mondo che se
ne frega di lui”, con una figlia
adolescente (Evan Rachel Wood) che
30
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
ottobre 2008
prova inutilmente a riconquistare dopo
anni passati chissà dove e l’illusione di un
nuovo amore (Pam/Cassidy,
spogliarellista agée interpretata da
Marisa Tomei) che non ci sarà mai.
Nessuna svolta mielosa o consolatori
sentimentalismi: Aronofsky non smette
di seguire il suo Randy - inquadrandolo
spesso di nuca, con macchina a spalla e
pianisequenza - illudendolo di poter
sognare altri ingressi trionfali: l’eco dei
tifosi rimbomba poco prima di iniziare il
nuovo lavoro al banco alimentari, ma non
appena oltrepassata la tendina del
“dietro le quinte” è il silenzio a calare
nuovamente sulla sua vita. Lo stesso che
l’aveva circondato dopo l’infarto costringendolo a smettere con le
esibizioni e tentare la via di una vita
“normale”: ma è un fallimento che Randy
non può sopportare,
preferendo una volta
di più il martirio
della carne e il grido
del pubblico,
accettando l’epico
confronto con “The
Beast of MiddleEast” a vent’anni
dall’ultimo
combattimento.
Ed uscire di scena
dalla porta
principale, volando
dalle corde verso il
centro-ring.
%
“Burning” in the Usa
L’Iraq nel mirino: tra sci-fi e
reportage, ecco l’Hurt
Locker di Kathryn Bigelow
Anne Hathaway in
passerella. Sotto il
regista Jonathan
Demme. Accanto una
scena di The Hurt
Locker e Kathryn
Bigelow
Rachel Getting Married: Demme torna alla fiction con un
toccante album di famiglia e la Hathaway in stato di grazia
di Gianluca Arnone
LA DISASTRATA FAMIGLIA
avrebbe meritato un
premio. Con Rachel
Getting Married Jonathan
Demme ci regala un
ritratto d’interni toccante,
imperniato sulla figura di
Kym, membra e tossica dei
Buchmann, dimessa da un rehab per
partecipare alle nozze della sorella
Rachel. Ritorno a casa tra le gioie dei
preparativi e le crisi di una famiglia
disgregata, che vorrebbe ritrovarsi e non
sa, forse non vuole, riuscirci. “Che cosa
devo essere ora?”, chiede la
protagonista, e la domanda riverbera
dallo schermo alla sala segnalandoci un
irreparabile strappo affettivo,
l’impossibilità di corrispondere alle
richieste degli altri. Strappo tirato da
una parte e dall’altra, delle ragioni agli
antipodi, degli sguardi che occludono,
dei passati che non passano. E
tenerezza anche, sorrisi e
abbracci dopo le lacrime,
spiraglio lasciato aperto,
fondamento irragionevole
dei legami di sangue.
L’esperienza
documentaria ha giovato
al cinema di Demme. Gli
ha trasmesso una prassi
che insegue il vibrato del reale e lo
assorbe, convertendo ogni sussulto in
discorso. Così, più della storia, a contare
è la sua forma che, memore del cinema
immediato di Cassavetes e Kechiche,
trascina lo spettatore nell’hic et nunc di
una recita familiare dove passano
fantasmi, slanci, sconfitte e voglia di
ricominciare. Una forma supportata da
una scrittura viva e spigliata,
contrappuntata dai vari numeri musicali,
restituita alla sua verità da un parterre
d’attori in stato di grazia e una Hathaway
immensa, capace di far recitare anche
gli zigomi.
DAL REPORTAGE al grande schermo, per
raccontare i giorni vissuti
pericolosamente da un reparto speciale
dell’esercito, destinato alla bonifica dei
campi iracheni. Ore passate tra il
countdown delle bombe e le crisi di nervi,
la paura e l’esaltazione, i nemici e le
imboscate dietro ogni via. Camera a
mano e focali corte: armi in mano alla
Bigelow per “trascinarci” nella battaglia,
corpo a corpo con la guerra, tra i
frammenti di pelle e l’odore di sangue,
nell’azione che non è azione, ma disegna,
scena dopo scena, un’elicoide narrativa
che ricomincia sempre daccapo,
attorcigliata all’asse vita/morte. La
Bigelow procede senza fronzoli né
ideologie, punta alla tensione e
mette in scena un Iraq simile al
“pianeta rosso”, inospitale e
minaccioso, soldati dentro
scafandri da astronauti e robot
esploratori che vanno in tilt. Un
debito con l’immaginario sci-fi
sottolineato da una citazione di
2001: Odissea nello spazio,
quando l’oscillazione in ralenti di
un ordigno riporta alla memoria
quella dell’osso/astronave nel
capolavoro di Kubrick. Come se 40
anni dopo quel “saggio sulla
violenza” non solo la civiltà ma
anche il cinema americano fosse
incapace di creare immagini nuove
e prospettive inedite.
(G.A.)
ottobre 2008
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
31
gli imperdibili
Amir nell’inferno di
Vegas
Indipendenti e infelici: la regia
secondo Naderi. Escluso
(colpevolmente) dal palmares
veneziano
di Federico Pontiggia
“VEGAS? UNA STORIA AMERICANA, di
quell’America che non viene descritta
dai mass media, e nemmeno dalle
menzogne di Hollywood”. Periferia
dell’Impero del divertimento stelle &
strisce, un prefabbricato in the middle
of nowhere, dove le luci dei casinò non
arrivano, e una famiglia: il gommista e
drogato di slot machine Eddie Parker
(Mark Greenfield), la moglie Tracy
(Nancy La Scala), cameriera e drogata
di pulizia, il figlio dodicenne Mitch (Zach
Thomas), grunge e cazzuto. Famiglia
white trash, pronta a finire
nell’inceneritore dell’azzardo, ovvero
del reality-gambling, che ha un volto –
sconosciuto - e un sospetto - la
refurtiva di una rapina milionaria è
seppellita nel giardino di casa?
“Amo (Las) Vegas, perché è un inferno”,
confessa Amir Naderi, in concorso con
l’indipendente, low budget e digitale
Vegas: Based on a True Story, dato tra i
favoriti per il Leone e poi rimasto –
colpevolmente - a bocca asciutta. Già al
festival di Torino con Marathon -
32
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
ottobre 2008
Il regista Amir
Naderi. A sinistra
Mark Greenfield in
Vegas: Based on a
True Story
Enigma a Manhattan nel 2002 e Sound
Barrier tre anni dopo, qui il regista
iraniano trapiantato negli States ha
dovuto “abbandonare il mio metodo
sperimentale in favore di una struttura
narrativa. Las Vegas non è solo luci,
colori e neon: c’è anche la gente, e
volevo raccontarla”.
Una scommessa nel film, e tanti azzardi
per realizzarlo: “Ho vissuto sei mesi in
un motel, tirando a campare con i soldi
che vincevo al casinò. Ho conosciuto
altri giocatori, e proprio loro mi hanno
finanziato il film: se vincevamo al tavolo
di notte, la mattina dopo si batteva il
ciak; se perdevamo, “oggi non giriamo,
il tempo non è buono...”. “Non facile,
ma alla fine medicamentosa” per
Nancy La Scala, “bella e terribile” per
Greenfield, la lavorazione di Vegas ha
infettato arte e vita, ossessione e
mestiere, senza compromessi: “Alla
fine, mi volevano picchiare. Li tenevo
sotto pressione, mettendoli l’uno contro
l’altro, sono arrivato perfino a dire: o
rigiri la scena o mi uccidi adesso, con
un coltello....
Fa parte della mia natura: amo il
rischio, la sfida, mettermi in situazioni
terribili”. E uscirne vivo, con una
giovane speranza, di nome Mitch.
%
Rugiada africana
Un viaggio nel tempo, dove il futuro ha poche
speranze: è il sorprendente Teza di Haile Gerima
di Silvio Danese
DI SORPRENDENTE, nel film che ha
imposto ai quotidiani e alle televisioni,
da Venezia, titoli di testa su un autore
etiope e attori sconosciuti, c’è la ricca
combinazione di “impressioni”
cinematografiche. Tra le capanne e
l’indigenza rurale d’Africa, i vecchi coi
bastoni e il sole all’orizzonte, incomincia
come una pellicola di Sembene, se non
fosse che l’educazione americana del
regista Haile Gerima imprime un ritmo
svelto di stacchi e punti di vista. Quando
il tormento di Anberber sollecita il
passato, si aprono flashback
sull’esperienza studentesca in
Germania, che illumina come in un
Oliver Stone africano le ragioni delle
speranze sociali e delle delusioni
politiche.
Teza è una bella scoperta, un romanzo
sociale di emozionanti sviluppi, ritorni e
riprese, epopea della tragica esperienza
dittatoriale comunista di Mengistu nella
storia del biologo Anberber che, torna in
Etiopia e affronta i rischi, le vessazioni di
un regime brutale, con vendette
assassine al posto delle promesse di
civiltà e libertà. È un kolossal africano
con idee, in fondo, capace di produrre
scintille tra il razzismo d’occidente,
l’ottuso marxismo africano e le arcaiche
regole del mondo rurale delle origini. Di
Gerima si sa poco. È figlio d’arte, suo
padre era drammaturgo, ha studiato alla
Ucla e insegna a Washington.
Ricordiamo soltanto un film, la
fotomodella posseduta di Sankofa, visto
a qualche festival quindici anni fa. In un
dialetto africano il titolo significa
“tornare al passato e volgersi al futuro”.
Anche Teza è un viaggio nel tempo, dove
il futuro ha meno speranze.
%
Combinazione di impressioni per un romanzo
sociale di emozionanti sviluppi e ritorni
Haile Gerima in
mezzo agli attori di
Teza. Sulla destra il
protagonista
Aron Arefe
ottobre 2008
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
33
gli imperdibili
Orizzonti senza
volto
Dalla sezione parallela
della Mostra gli interrogativi
di Mograbi in Z32
di Carlo Chatrian
PUÒ UN DOCUMENTARIO negare il
volto dei suoi protagonisti? La parola, la
testimonianza hanno un valore diverso
se pronunciate da un uomo
incappucciato?
Z32, l’ultimo lavoro di Avi Mograbi,
filmmaker israeliano impegnato da
vent’anni in una riflessione critica verso
il suo paese, parte da questo assunto.
Inizialmente è il regista con il volto
coperto da una calzamaglia a giocare il
ruolo del “terrorista”: le sue parole
sottolineano lo status di uomo non
identificato: la questione dell’identità è
così posta.
Z32 mette a confronto due posizioni,
antitetiche e alternative: quella del
cittadino e quella del soldato. La prima
ha a che fare con la scelta: la decisione
di mostrarsi, di agire nella società
civile, di denunciare gli eventuali
soprusi e abusi di potere (come lo
stesso regista ha fatto nel precedente
film, Avenge but One of My Two Eyes,
quando si era confrontato con un
soldato israeliano ad un checkpoint). La
34
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
ottobre 2008
seconda è sottoposta ad un contratto
che nega ogni decisione: il soldato
finisce per essere una macchina che
esegue degli ordini (nel caso in
questione l’esecuzione in una missione
punitiva di due guardie palestinesi). Dal
momento che in Israele la leva è
obbligatoria per tutti, ecco che le due
posizioni, così inconciliabili, finiscono,
Il regista Avi Mograbi. Sopra una scena di Z32
nella grandissima maggioranza dei
casi, per convivere all’interno di una
sola persona.
E’ questa identità, impossibile e
lacerata, che Mograbi pone al centro
del suo film. La struttura è costituita da
un ideale campo e controcampo con da
una parte il regista e i suoi commenti
(surreali e brechtiani) e dall’altra il
soldato e la sua ragazza con i volti
mascherati. Senza imporre delle
soluzioni Mograbi sembra con questo
film, in cui non può filmare i volti e le
loro emozioni, fare un passo indietro
rispetto ai suoi documentari militanti e
mettere in una situazione di scacco il
concetto stesso di documentario.
Che cosa resta sullo schermo?
Un’interrogazione sulla situazione in
cui si trova il soldato, che è altro da noi,
per quella maschera digitale che
sovrappone al suo volto un altro volto, e
al contempo uno qualunque di noi.
Senza più identità, il soldato è allora
l’emblema del destino tragico in cui si
trova Israele tutto.
%
Tratto dal libro di Tomi
Ungerer "I TRE BRIGANTI" pubblicato dalla Nord-Sud Edizioni,
un marchio della Adriano Salani Editore
casus belli
Sold
Ben Stiller, Robert
Downey Jr. e Jack
Black. Accanto il cast
schierato, sotto Steve
Coogan
Stiller, Black e
Downey Jr. per il “più
grande film di guerra
mai realizzato”:
Tropic Thunder
di Valerio Sammarco
36
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
ottobre 2008
ati per gioco
SPEEDMAN (Stiller), Lazarus (Downey
Jr.) e Portnoy (Black): cognomi che ai più
non diranno niente, ma bastano i tre
(finti) trailer in testa a Tropic Thunder
(nelle sale dal 24 ottobre) per far
chiarezza sui personaggi in questione.
Star dell’action-movie il primo, 5 volte
premio Oscar il secondo (in arrivo la sua
ultima prova, ambiguo frate albino - ogni
riferimento al Codice da Vinci è
puramente casuale… - al fianco di Tobey
Maguire), comico trasformista il terzo,
sulla cresta dell’onda grazie alle sue
performance flatulenti in Fatties:
insieme, si ritrovano sul set del “più
grande war-movie mai realizzato”,
Tropic Thunder, basato sul memoriale di
un veterano del Vietnam (Nick Nolte),
soldato di un’unità speciale formata da
10 uomini. Di questi, solamente in 4
ritornarono. Tra loro, 3 scrissero un libro.
Due vennero pubblicati, uno stava per
diventare un film: le premesse per
superare precedenti capisaldi come
Platoon o Apocalypse Now non mancano,
peccato però che i costi di produzione
stiano lievitando, gli attori non carburino
e l’impaziente Grossman (Tom Cruise,
pelato e imbolsito) non minacci di
interrompere tutto. Sarà allora che l’ex
soldato suggerirà al regista (Steve
Coogan) di portare i cinque protagonisti
(nel cast anche il rapper Alpa Chino –
leggetelo Al Pacino… - interpretato da
Brandon T. Jackson, e il giovane
Sanduski, Jay Baruchel) nel cuore della
giungla, per fargli toccare con mano la
realtà che cercano di rappresentare sullo
schermo…
Sette anni dopo Zoolander, Ben Stiller
torna a scrivere (con Justin Theroux ed
Etan Cohen) e dirigere un film,
prendendo di mira non più l’universo
della moda ma il suo stesso, dorato e
impazzito mondo: “Ho scritto, prodotto,
diretto e interpretato Tropic Thunder
perché trovo divertente il fatto che tutti
gli attori dei film di guerra raccontino di
aver vissuto con tale intensità
quell’esperienza come se avessero
combattuto davvero, dimenticandosi
quali siano le reali problematiche che i
soldati veri sono costretti ad affrontare
durante la guerra”. Umorismo di fine
rozzezza – la fisicità di Jack Black non
può più essere contenuta, la presa in giro
di attori devoti al “metodo” come
Lazarus, australiano che si sottopone ad
un trattamento di pigmentazione per
interpretare un soldato afroamericano –
ed efficace citazionismo le chiavi per
raccontare una guerra mai così
divertente. Chissà che la sofferta
consacrazione di Speedman (alla fine
premiato con l’Oscar…) non porti ulteriori
fortune anche a Stiller.
%
Non più l’universo della moda nel
mirino del comico-regista, ma il suo
stesso dorato e impazzito mondo
ottobre 2008
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
37
questione di stile
Un passato
Daniele Vicari porta al Festival di Roma il
romanzo di Carofiglio. Dal testo all’immagine,
Baricco esordisce con Lezione Ventuno
di Valerio Sammarco
38
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
ottobre 2008
straniero
ottobre 2008
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
39
questione di stile
BARI, GIORNI NOSTRI. Giorgio (Elio
Germano), giovane magistrato, viene
fermato da una ragazza con l’aria
dimessa (Valentina Lodovini). “Non ti ho
mai ringraziato per quella notte. Ecco,
volevo farlo ora. Ma ti ricordi di me? Sono
Antonia…”. E il pensiero ritorna a
qualche tempo prima, a quando mancava
ancora un esame per laurearsi, a quando
– dopo aver conosciuto Francesco
(Michele Riondino), abile e misterioso
giocatore di carte – il suo mondo
borghese e rassicurante si trasformò in
un vortice dai contorni sfocati,
catturandolo su tavoli da poker in ville
sontuose o bettole senza nome, per una
discesa agli inferi verso angoli dell’anima
fino ad allora ignoti.
Ecco allora che Il passato diventa una
terra straniera, e quanto scritto da
Gianrico Carofiglio – premio Bancarella
2005 – raggiunge lo schermo per mano
di Daniele Vicari, al suo terzo
lungometraggio di finzione, il primo da
un soggetto non originale ma, per sua
stessa ammissione, un film “totalmente
libero, che estremizza alcuni aspetti ai
quali il libro allude solamente”.
Dal testo all’immagine, passando per gli
ambienti, le atmosfere e le mani a poker
che caratterizzano il film: come si
fondono questi elementi?
Dopo aver letto il libro, ho capito che
Carofiglio conosceva molto bene le cose
di cui parlava: quei mondi, quei
personaggi, le strade e i vicoli notturni di
una Bari dai connotati indecifrabili
esistevano veramente, come la continua
sovrapposizione tra società altolocata e il
fumo di bische o cantine malfamate.
Questo, più di ogni altra cosa, mi ha
convinto a fare il film, il fatto che seppur
di genere, il romanzo avesse un’impronta
così fortemente realistica. Siamo riusciti
a fornire una rappresentazione credibile
di quello che ruota intorno al poker
perché lo abbiamo calato in ambienti
verosimili: di fatto, è l’acqua in cui
nuotano i due personaggi principali.
Quale è stato il lavoro con Carofiglio?
Il primo referente è stato ovviamente
Massimo Gaudioso, il vero sceneggiatore
del film. Gianrico Carofiglio e il fratello
Francesco hanno dato un contributo
generale, aderendo con intelligenza al
progetto ed è stato un lavoro proficuo,
soprattutto perché – a differenza del
romanzo, ambientato nell’89 – abbiamo
spostato tutto al presente, insistendo
molto su alcuni aspetti che nel romanzo
rimanevano solo in nuce, come ad
esempio il fatto che la personalità più
violenta è quella di Giorgio, non di
Francesco.
È comunque evidente che senza
Francesco non ci sarebbe stata
l’evoluzione – se così si può chiamare –
di Giorgio.
Francesco è l’elemento di fascinazione
Una scena di
Lezione 21. Al lato
Michele Riondino e
a destra Elio
Germano nel film
di Vicari
La “Nona” di Baricco
“Un animale strambo”: è la prima regia dello scrittore torinese
“UN ANIMALE STRAMBO”. Così
Alessandro Baricco definisce il suo
esordio al cinema, Lezione Ventuno.
Protagonista la prima esecuzione della
Nona Sinfonia di Beethoven, la sera del
7 maggio 1824, “indagata come fosse
un thriller” attraverso la rievocazione di
una studentessa universitaria (Leonor
Watling) della 21esima lezione del
professore Mondrian Kilroy
(personaggio preso dal suo City, con il
volto di John Hurt) sulla misteriosa
40
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
ottobre 2008
accoglienza dell’Inno alla gioia.
Da lui scritto e diretto, prodotto da
Fandango e in anteprima a Locarno,
Lezione Ventuno è stato girato tra il
Trentino e Londra, con cast di lingua
inglese: oltre a Hurt e Watling, il
giovane maestro di musica Noah Taylor
e Clive Russell, mentre Beethoven
compare di schiena per soli quattro
secondi. Per Baricco, “un’opera figlia
del teatro e dei miei 50 anni, nutriti di
vecchia tv e Carosello. Sono partito
dalla collisione tra la quotidianità e un
momento storico capitale, e ho capito
che il cinema sarebbe stato lo
strumento migliore per fotografarla”.
“Un animale strambo”, perché?
E’ stramba la situazione: uno scrittore
che esordisce al cinema a 50 anni. Ed è
strambo questo film-saggio, che mette
insieme la mia narrativa contaminata di
saggistica e le mie esperienze teatrali.
Quale reazione ti aspetti?
Spero che la gente venga spostata su un
angolo visuale che permetta di cogliere
un Beethoven inedito. L’angolo giusto
per ritornare a pensare lui e altri per
per Giorgio, che però “non esisterebbe”
se dalla semplice attrazione verso
l’ignoto e il torbido non mettesse in
pratica quella violenza: non ci sarebbe
discesa agli inferi, nessun percorso alla
scoperta di sé che non avrebbe senso se
non vissuto direttamente sulla propria
pelle. In fondo, però, Giorgio non sa con
certezza chi è, perché fa certe cose, non
comprende a fondo se stesso. Anche per
questo ho lavorato separatamente con
Elio Germano e Michele Riondino, per
scavare sul piano psicanalitico le
differenti personalità dei due personaggi,
cercando poi di creare una sorta di
sovrapposizione anche dal punto di vista
della messa in scena.
Che è regolata da continue trasfocate e
sonorità indelebili. In che modo la
fotografia di Gossi e le musiche di
Teardo influenzano il film?
Con Gherardo Gossi collaboro dai tempi
di Velocità massima, ormai lavoriamo in
simbiosi: stavolta abbiamo utilizzato il
cinemascope per sfruttare le
caratteristiche di particolari obiettivi, per
ottenere le sfocature e le deformità
necessarie – come nella sequenza in
casa della ragazza a Barcellona, dove
Francesco e Giorgio diventano tutt’uno –
“Ho lavorato separatamente con Germano
e Riondino per scavare le differenti
personalità dei due personaggi”
e permettere alle immagini di costruire
la continuità tra i due personaggi,
inserendo lenti aggiuntive per rendere
ancora più sfalsate alcune sfocature,
considerando che quello che vediamo è il
rimosso di Giorgio, il ricordo che
improvvisamente riemerge.
A Teho Teardo ho dato pochissime
indicazioni perché volevo fossero
musiche viscerali, non descrittive o di
commento: ha colto pienamente le
atmosfere, il passo del film, che è un
passo lungo, quasi un blues.
In sala il 31 ottobre. Prima però ci sono
il Festival di Roma e quello di Londra. Ti
hanno strappato a Venezia?
Quello che è successo a Venezia lo sanno
Müller e Procacci: il film era pronto, poi
mi hanno detto che non saremmo andati.
Felicissimo così, comunque: mi basta
l’entusiasmo delle persone che hanno
visto il film e hanno deciso di
selezionarlo sia a Roma che a Londra. %
Leonor Watling per
Baricco. A sinistra
Chiara Caselli e
Romina Jr. Carrisi in
Il passato è una
terra straniera
quello che erano ai tempi: non geni
della cultura alta, bensì star
dell’entertainment, come oggi sono i
registi.
Una prospettiva poco affascinante…
No, all’interno del mestiere vi erano
spazi di genialità pura, di profezia in uno
schema laico. La Nona pare
consegnataci da Dio tramite il genio di
Beethoven, invece si trattava di una
sera in cui la gente era andata a teatro
e poi a cena, non diversamente da
quanto fa oggi dopo un film di Coppola o
Wenders.
Come ti sei trovato con la macchina da
presa?
Grazie a Gherardo Gossi, un ottimo
direttore della fotografia, non ho avuto
traumi. Inoltre, quando si scrive, si
mettono in moto macchine da presa
delicatissime: si fanno sempre
inquadrature, anche sulla carta.
Che stile hai voluto dare a questa
Lezione?
Abbiamo tratto ispirazione dal cinema
orientale per la composizione del
quadro: volevamo un film che si vivesse
in profondità, anche visivamente, con
immagini che galleggiano in un mondo
che brulica. Farlo al cinema è
decisamente più arduo che in
letteratura.
Quali difficoltà in questo esordio?
Non me l’aspettavo, ma la scelta delle
location: uno scrittore è abituato a
immaginare, qui viceversa trova il reale.
Un processo inverso, come per i
costumi.
All’orizzonte c’è un’opera seconda?
Prima voglio vedere il percorso di
Lezione Ventuno, poi deciderò. Se
nessuno leggesse un mio libro,
continuerei a scrivere; se nessuno
vedesse il mio film, non ne farei un altro.
FEDERICO PONTIGGIA
ottobre 2008
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
41
ritratti
Sguardo a tutto tondo sul cineasta
francese, capace non solo di
contemplare gesti di resistenza, ma di
registrare la nascita di nuove tendenze.
E di nuove utopie
di Giovanni Giordani
Cantet,
regista di
Classe
42
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
ottobre 2008
LAURENT CANTET è nato nel 1961 a
Malle, nel Poitou-Charentes, da due
maestri elementari. Al cinema arriva
passando per la fotografia, di cui
apprende i rudimenti in un corso
universitario, a Marsiglia. Siamo agli
inizi degli ottanta, l’epoca del video.
Cantet acquista una videocamera con la
quale gira delle sceneggiature scritte
con gli amici. Un po’ per scherzo, un po’
per gioco tenta il concorso alla scuola
nazionale di cinema. È preso.
Il primo vero film è un cortometraggio,
Tous à la manif, tutti alla
manifestazione (1994). La storia: Serge
lavora nel bar del padre, un gruppo di
studenti vi si riunisce tutti i giorni per
pianificare un corteo. Il ragazzo viene
progressivamente coinvolto nel
progetto. Tutto Cantet è già in questo
primo film. Da una parte c‘è il metodo
di lavoro, che ha dato i suoi frutti più
sorprendenti proprio con La classe. Le
riprese sono precedute da una fase di
laboratorio, durante la quale il regista
adatta la sceneggiatura al cast, tutto di
non professionisti. Dall’altra ci sono i
temi del suo cinema. Tre saltano
all’occhio. Il primo è il rapporto tra i
padri e i figli, ricorrente in tutte le
storie di Cantet, due in particolare:
quella dello studente di economia e del
suo padre operaio di Ressources
humaines (1999); e l’altra, ispirata ad
un fatto di cronaca, dell’avvocato che
massacra la propria famiglia, da cui è
tratto L’Emploie du temps (2001).
Il secondo tema è l’opposizione di un
eroe alla sua comunità. Il tratto in
comune agli eroi di Cantet è di trovarsi
al posto sbagliato, di non sentirsi in
fase con le persone che li circondano.
Les Sanguinaires (1997), primo
lungometraggio, girato per la
televisione, tratta questo sentimento di
Una scena di
Verso il Sud.
In alto a sinistra il
regista Laurent
Cantet
ottobre 2008
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
43
ritratti
estraneità. François lavora in un
agenzia di viaggi. Convince la famiglia e
il gruppo dei suoi amici più stretti ad
attendere l’arrivo del nuovo millennio
su un’isola disabitata della Corsica.
Spera di sfuggire alla società moderna
e ai suoi riti. Fuga inutile. Nel piccolo
paradiso dell’isola, il gruppo riproduce,
in miniatura, quella società che
François voleva lasciarsi alle spalle. Più
tardi, e precisamente nella Classe,
Cantet prova a considerare questo
meccanismo straniante non come una
condanna ma come una possibilità.
Possibilità di osservare il microcosmo
della scuola astraendolo – per una volta
– dal contesto sociale. Possibilità di
reinventarla da zero, come una
Repubblica di Platone.
Il terzo elemento è infatti l’utopia.
Osservando l’odissea vagabonda
dell’eroe di L’Emploie du temps, ci si
chiede quale sia il piano di questo
manager che, perso il lavoro, mente a
tutti inventando un impiego in Svizzera
che lo tiene in viaggio tra Ginevra e
Grenoble. Un piano in realtà non c’è.
L’obiettivo è l’inedia. Lasciarsi
trasportare dal rollio dell’automobile.
Camminare nella neve delle alpi.
Passare le serate in uno chalet o le
notti a dormire in una stazione di
servizio. Con L’Emploie du temps
Cantet scopre che il proprio cinema può
essere lirico, utopistico, senza per
questo essere meno incisivo e
documentario. Il film crea un
personaggio che nella sua erranza è
tanto l’incarnazione degli eroi della
letteratura tardo cavalleresca, tanto la
metafora del lavoratore post capitalista.
Dopo la fabbrica, dopo il capitale, Vers
le sud (2006) profana l’ultimo paradiso
delle ideologie del ventesimo secolo: il
terzo mondo. Due cinquantenni
nordamericane cercano la pace dei
sensi ad Haiti tra le braccia di un
Entrando tra le mura di una scuola,
Cantet filma il luogo dove si
sono “rifugiati” tutti i discorsi politici
ragazzo di colore di trent’anni più
giovane di loro. Cantet si appropria di
un tema d’attualità, il turismo sessuale,
e ne inverte i luoghi comuni. Inventa un
colonialismo erotico al femminile,
antistorico ma non meno politico.
Inverte o elimina tutti i dettagli di
contesto. Si tratta di un lavoro per
differenza, che punta però a rimettere
l’elemento politico al centro della
scena, liberato dalla simbologia
ideologica – la razza, il sesso, la classe
–, ma sottilmente onnipresente in ogni
gesto, discorso, sguardo sottoforma di
micro conflitti di potere. È con questa
formula, ormai definitivamente rodata,
che Cantet affronta, nel 2007, il
Risorse umane e Sanguinaires. In alto il regista sul set de La classe
44
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
ottobre 2008
progetto di un film sulla scuola.
Entrando tra le mura di una media
inferiore, Cantet filma il luogo dove si
sono rifugiati tutti i discorsi politici:
sulla società, sull’integrazione, sul
pubblico, sul privato, sulla classe. La
preparazione di La classe dura un
anno. Insieme a veri studenti e a veri
professori, il regista organizza e dirige
un laboratorio dove vengono create e
provate delle scene tratte dal libro
autobiografico di François Bégaudeau,
Entre les murs (Verticales, Paris 2006),
quest’ultimo cosceneggiatore e
protagonista del film.
A Laurent Cantet dobbiamo un
aggiornamento del cinema politico
francese, il suo adattamento alla
situazione contemporanea, inseguito
caparbiamente, un film dopo l’altro.
Missione doppia. Da un lato, uscire
dall’imbarazzo di provenire dopo: dopo
la nouvelle vague, dopo il sessantotto,
dopo Pialat, perfino dopo il disimpegno.
Dall’altro, trovare un modo per riempire
i film di contenuti politici, per non
cadere nella nostalgia. Detto altrimenti,
fare un cinema che sia capace non solo
di contemplare dei gesti di resistenza,
ma di registrare la nascita di nuove
pratiche. E di nuove utopie.
%
CAPOLAVORO
DA NON PERDERE
BUONO
DISCRETO
DELUDENTE
Wall•E
La Pixar fa di nuovo centro: equilibrio
perfetto di modernità e sofisticata leggerezza
con il piccolo robot spazzino
i film del mese
anteprima
CAPOLAVORO
SILENZIO, PARLA IL CINEMA.
Essenziale, magico, semplicemente
Pixar. Che con Wall•E corre un unico
rischio: superare se stessa, ovvero
l’eccellenza del linguaggio
d’animazione. Dopo il viaggio nella
Parigi culinaria, i geni della lampada
cambiano rotta e si spingono sulla
radicalità delle immagini: il nono lavoro
della factory californiana è – di fatto –
un blockbuster muto. Sorprendente
ossimoro che, scardinando le regole del
46
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
ottobre 2008
Regia
Genere
Distr.
Durata
mainstream, ha già conquistato
critica e popolo in madrepatria. Il
ritorno alla regia di Andrew
Stanton, uscito in Usa il 27 giugno,
ha totalizzato 215 milioni di dollari
in meno di due mesi, piazzandosi al
sesto posto tra i migliori incassi Pixar
(il primo resta Nemo).
Equilibrio di modernità estrema e
sofisticata leggerezza, la tenera vicenda
del robottino Wall•E è una sinfonia di
giustapposizione tra bellezza visiva e
Andrew Stanton
Animazione, Colore
Walt Disney
97’
sonora, perché, a differenza della
scarsità verbale, i “rumori” nel film
sono molti e densi di significato,
complice la straordinaria colonna
sonora di Thomas Newman. Nell’anno
2700, Wall•E (acronimo di Waste
Allocation Load Lifter Earth-class, in
ottobre 2008
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
47
i film del mese
altre parole “spazzino”) è l’unico e
inspiegabile sopravvissuto all’esodo
dalla Terra dell’intera umanità, relegata
invece in un fluttuante interspazio, dove
galleggia obesa e mentalmente
regredita. Unico modo per rientrare sul
pianeta verde è un germoglio, che però
sembra introvabile sulla Terra, sterile e
ridotta a fantasmagorico condensato di
ecoballe. Di queste si occupa il piccolo
eroe di ferraglie, raccogli-immondizia,
perseverante nel suo lavoro e allietato
nella quotidianità dalla sola compagnia
di uno scarafaggio e del VHS di Hello
Dolly! da cui apprende la gioia della
danza e del corteggiamento.
L’approdo terrestre di EVE (alias Extraterrestrial Vegetation Evaluator), robot
“femmina”, sconvolge l’esistenza di
Wall•E, novello Will “Legend” Smith ma
di costui assai più docile. Le due
macchine non verbalizzano ma
gradualmente riescono a comunicare
alla perfezione, dando vita ad
un’inverosimile e alquanto dolcissima
storia d’amore. Finché la piantina in
germoglio che Wall•E offre in dono ad
EVE non scatena eventi inattesi e
direttamente legati al destino
dell’umanità. La vicenda si eleva negli
spazi siderali, l’ironia assume ritmi più
dinamici ed evidenti diventano i temi di
emergenza su cui la Pixar decide di
puntare il dito in questo suo nuovo
capolavoro, ossia il rispetto dell’uomo
verso se stesso e dunque verso
l’ambiente circostante. E nessuna
Wall·E alle prese con
il cubo di Rubik
Essenziale e scarno, ricchissimo
di metafore e impreziosito da nobili
citazioni ben restituite
indulgenza è riservata a chi trascura il
richiamo: testimone è l’invalidante
obesità in cui versano gli umani
(americani in primis, ma non solo…),
fonte di ilarità ma denuncia di un
processo di grave portata sociologica.
La salvezza è un chiaro ritorno alle
origini avvalorato dalla saggezza del
senno di poi.
A fronte della penuria di parole, emerge
l’abbondanza di metafore, tutte sublimi
e stratificate e che portano Wall•E non
solo nella rosa dei migliori prodotti
Pixar, ma tra i più apprezzabili esempi
di animazione degli ultimi anni: una
prodigiosa espressione di momenti
audio-visivi, arricchita da nobili
citazioni della cine-fantascienza (2001:
Odissea nello spazio, E.T., Blade
Runner, Incontri ravvicinati del terzo
tipo, Metropolis) magnificamente
restituite.
ANNA MARIA PASETTI
%
48
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
ottobre 2008
Zohan
Tutte le donne
vengono
al pettine
in sala
Regia
Con
BUONO
Dennis Dugan
Adam Sandler, John Turturro,
Emmanuelle Chriqui
Genere
Distr.
Durata
Commedia, Colore
Sandler agente del Mossad con un insolito sogno
Sony Pictures Italia
113’
SERVIREBBE UNO COME ZOHAN per
mettere la museruola, una volta per
tutte, ai cervelloni del marketing che
mettono i sottotitoli italiani. Il Borat
israeliano è arrivato, si porterà dietro un
po’ di polemiche - la sua comicità politica
demenziale darà fastidio - e surclasserà
il cugino kazako. A patto, però, che lo
vediate in lingua originale, con un
sontuoso ed esilarante Adam Sandler a
replicare l’accento dell’inglese parlato a
Tel Aviv e con Turturro alle prese con un
irresistibile anglo palestinese. Già,
perché Zohan, sessuomane ma
soprattutto agente del Mossad
invincibile, dovrebbe fare un salto anche
in sala doppiaggio e prima di stenderli
con le sue mosse, mix tra Matrix, Nadia
Comaneci e Jackie Chan, chiedergli
perché dovrebbe parlare con la erre
50
Comicità politica stile Borat: Adam
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
ottobre 2008
moscia (passi) e soprattutto con una
patata in bocca. Ma pazienza, la premiata
ditta Judd Apatow-Adam Sandler (anche
cosceneggiatori per il regista, o meglio
l’esecutore, Dennis Dugan), scavando
nelle proprie origini - Allen insegna - si
scatena e partendo dalla spiaggia di Bat
Yam e dalle sue bellezze arriva a New
York cercando di seppellire il Medio
Oriente e i suoi fanatismi sotto quintali di
gag che definire selvagge è un
Irresistibile John Turturro
eufemismo. Zohan Dvir è il migliore, ha
doti straordinarie, nascoste e non, è
un’arma letale, che sia al servizio
dell’amore e dell’odio. Il problema è che
ha un sogno troppo ingombrante,
diventare un parrucchiere. Altro che uzi,
lui vuole phon, tinte, forbici. L’unica è
fuggire da questa guerra che non
sopporta, in cui non crede, di cui è l’eroe
goliardico. Vuole la pace, ma non quella
dei sensi, e divertirsi. E serenità e forse
amore li trova in un Caramel a stelle e
strisce e nella splendida Emanuelle
Chriqui. Palestinese. Tra cammei geniali
(Fonzie terrorizzato, John McEnroe tifoso
stripper), risate crasse (si sa, Judd e
Adam non vanno mai per il sottile) e un
gran ritmo si incappa anche in un finale
molto politico, per cui gli opposti
estremismi sono forse figli di un’unica
strumentalizzazione. Occhio alla colonna
sonora da urlo, o come direbbe Zohan:
disco disco!
BORIS SOLLAZZO
%
Il papà di
Giovanna
Babylon
A. D.
Vin Diesel per un fallimentare mix
di action low-tech e apologo millenaristico:
Kassovitz non sa più “odiare”
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
in sala
DISCRETO
Avati nella Bologna fascista per esplorare
il delicato legame tra Silvio Orlando e “sua”
figlia Alba Rohrwacher
NELLA BOLOGNA FASCISTA del 1938, la diciassettenne
Giovanna Casali (Alba Rohrwacher) uccide per gelosia la sua
compagna di banco, nonché migliore amica, e viene
rinchiusa nel manicomio psichiatrico di Reggio Emilia. Il
padre dell’omicida (Silvio Orlando), professore nella stessa
scuola e da sempre impegnato nel cercare di far uscire la
figlia dal guscio di insicurezze che ne caratterizza aspetto e
movenze, sarà l’unico a rimanerle vicino. Pupi Avati torna in
Concorso a Venezia tre anni dopo La seconda notte di nozze,
reimmergendo i protagonisti della vicenda in un contesto
storico ben preciso, tornando nella Bologna della sua
infanzia e centrando il racconto sulla figura di un padre
talmente accecato dall’affetto per la figlia da non voler
ammettere (mai, nemmeno di fronte all’evidenza) che la
ragazza abbia seri disagi mentali e comportamentali. Ed è
proprio questo il punto di forza di Il papà di Giovanna: il
legame tra un perfetto uomo medio e la figlia adolescente,
reso perfettamente dall’affiatamento dei due protagonisti,
Silvio Orlando (Coppa Volpi) e Alba Rohrwacher, veramente
convincenti a dispetto di una messa in scena convenzionale,
caratterizzazioni (Ezio Greggio drammatico da rivedere) e
sviluppi del contorno a tratti discutibili.
VALERIO SAMMARCO
%
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
Mathieu Kassovitz
Vin Diesel, Mélanie Thierry
Action/Sci-fi, Colore
Moviemax
90’
ALBA DEL XXI SECOLO, la mafia dell’Europa dell’Est affida a
Toorop (Vin Diesel), mercenario di tante battaglie, una
missione ad alto rischio: scortare la misteriosa 18enne
Aurora (Mélanie Thierry) da un monastero in Mongolia fino a
Manhattan. Mai uscita dal convento, sorvegliata a vista da
suor Rebecca (Michelle Yeoh), Aurora ha sviluppato capacità
paranormali di preveggenza: Toorop dovrà limitarne i
contatti col mondo esterno, ma non sarà impresa facile…
Dopo il mediocre risultato di Gothika, Mathieu Kassovitz
tenta il rilancio a Hollywood: dal romanzo Babylon Babies di
Maurice Dantec, mette in cantiere Babylon A.D. - titolo
scelto anche per l’appetibile (sic!) acronimo B.A.D. –, a oggi
il suo film più costoso. Abbandonato dal suo vecchio
produttore, Christophe Rossignon, che non ci credeva,
Kassovitz cerca un mix di action low-tech stile eighties,
thriller sci-fi e apologo millenaristico: tentativo nobile, e
miseramente fallito, con lo spettro di Children of Men che
mette all’angolo anche le sequenze – poche - più riuscite. Se
Kassovitz perde pure il consueto brio in regia, il tremebondo
Vin Diesel pare aver smarrito la mano della madre. Povero
Mathieu: non sa più odiare, e ora confeziona omogeneizzati.
FEDERICO PONTIGGIA
%
anteprima
DISCRETO
Pupi Avati
Silvio Orlando, Alba Rohrwacher
Drammatico, Colore
Medusa
104’
ottobre 2008
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
51
Mamma mia!
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
in sala
BUONO
Dal musical
al grande schermo:
ecco l’Across the Universe degli Abba, giocoso
e irriverente come loro
L’AMORE TRIONFA SEMPRE. Mamma mia, però, quanto ci
mette per riuscirci. E’ questa la lezione del musical di
Catherine Johnson che prende il nome da una delle hit del
terzo album (1975) del mitico gruppo svedese degli Abba,
rappresentato in 8 lingue e in teatri di ogni latitudine e ora
adattato, con suo soggetto e sceneggiatura, per il cinema.
Phyllida Loyd
Meryl Streep, Pierce Brosnan
Musicale, Colore
Universal
108’
Entrambi scontano la dichiarata e sfacciata ispirazione a
Buonasera, signora Campbell di Melvin Frank con Gina
Lollobrigida. Lì un’italiana durante la guerra ha una figlia e
tre ufficiali come probabili padri, e ne approfitta. Qui invece
Donna (una Meryl Streep pronta per le olimpiadi), ex cantante
hippie dedita all’amore libero e spensierato, è invece fuggita
da loro, si è costruita una vita e un alberghetto scalcinato in
un’isola greca - splendide le location di Skiathos e Skopelos e si ritrova i tre (Pierce Brosnan, Stellan Skarsgård e Colin
Firth) invitati a tradimento dall’adorabile figlia Sophie
(Amanda Seyfried) al suo stesso matrimonio. Con i due leader
del gruppo tra i produttori esecutivi e la teatrante Phyllida
Lloyd esordiente alla regia cinematografica arriva l’Across the
Universe degli Abba. Un film romantico, sensuale, giocoso e
dolcemente irriverente, proprio come loro.
BORIS SOLLAZZO
%
Sfida senza regole
Sovrapposizione
e mescolanza per i
detective De Niro e Pacino: per la prima volta
“veramente” insieme in un film, senza mordente
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
Jon Avnet
Robert De Niro, Al Pacino
Thriller, Colore
01 distribution
100’
DETECTIVE DI LUNGO CORSO al Dipartimento di polizia di New
York, Turk e Rooster sono sulle tracce di un serial killer deciso
a ripulire le strade della città, uccidendo la feccia e lasciando
ogni volta una poesia in rima baciata per motivarne la dipartita.
Per la prima volta “veramente” insieme in un film (in Heat
erano assieme in due sole sequenze, nemmeno girate
contemporaneamente), Robert De Niro e Al Pacino
cannibalizzano l’intero racconto, strutturato alla bell’e meglio
sullo script di Russell Gewirtz (Inside Man) e imbastito col solito
tocco del mestierante Jon Avnet: onnipresenti scena dopo
scena, quasi a rimarcare la portata dell’evento, i due mostri
52
sacri gigioneggiano quanto basta per condurre in porto la
barchetta, tra già visti delittuosi e battute di grana grossa,
imbolsiti (De Niro in tuta felpata color grigio topo
all’inseguimento in surplace è duro da digerire…) oltre quanto
richiesto dai rispettivi ruoli. Che Avnet cerca di sovrapporre,
mescolare, magari per ricordarci che Al e Bob rappresentano
due facce della stessa medaglia… Proprio per questo, difficile
da osservare contemporaneamente da entrambi i lati.
VALERIO SAMMARCO
%
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
ottobre 2008
in sala
DELUDENTE
i film del mese
The Mist
Regia
Con
Frank Darabont
in uscita
Thomas Jane, Marcia Gay
DA NON PERDERE
Harden
Genere
Distr.
Durata
Horror, Colore
Key Films
127’
PROVINCIA AMERICANA. Esterno notte.
Una piccola città costiera viene sconvolta
da una tempesta. La mattina dopo, una
strana e fitta nebbia compare
all’orizzonte, emergendo dal mare. David
(Thomas Jane), disegnatore di poster, si
reca insieme al figlio Billy (Nathan
Gamble) al supermercato cittadino dove
altre persone stanno facendo compere.
All’improvviso, un uomo insanguinato
irrompe urlando nel negozio: qualcosa,
dice, è uscito dalla nebbia (che, nel
frattempo, è arrivata sulla terraferma) e
lo ha aggredito. In breve tempo David
scopre che il pericolo è reale anche se
non tutti sembrano crederci. Il gruppo si
divide in due fazioni mentre, all’esterno, la
situazione diventa sempre più critica.
Dopo Le ali della libertà e Il miglio verde,
Frank Darabont dimostra di conoscere
meglio di chiunque altro regista l’universo
Piccolo capolavoro di Frank Darabont, tra i
pochi a conoscere l’universo metaforico di King
kingiano (con buona pace di Mick Garris)
confezionando con The Mist un piccolo
capolavoro. Costruito sulla struttura
classica del film “d’assedio”, il film di
Darabont ha il pregio non comune di
fondere alla perfezione due approcci
narrativi spesso agli antipodi, ovvero
l’horror “evocativo” (dove è
l’immaginazione dello spettatore a fare la
Il protagonista Thomas Jane
differenza) e quello esplicito in cui l’orrore
viene mostrato “in piena luce”. Ma anche
quando sono gli splendidi effetti speciali
della KNB a rubare la scena ai dialoghi e
alla caratterizzazione dei personaggi, il
focus del film rimane la divisione interna
nel gruppo degli assediati. E’ disagio vero
quello che si prova nel vedere la lenta
trasformazione dell’evangelica Mrs.
Carmody (Marcia Gay Harden) in una
minaccia forse peggiore rispetto ai
tentacoli che fuoriescono dalla nebbia.
Quando King scrisse l’omonimo racconto
(contenuto in “Scheletri”) Ronald Reagan
citava l’Armageddon un giorno sì e l’altro
pure e il radicalismo (religioso-politicoeconomico) divise il Paese. Il merito di
Darabont è quello di non aver banalizzato
una storia come “The Mist” ma, anzi, di
averne sottolineato la valenza metaforica
fino alla sorprendente sequenza finale
che, per molto tempo, perseguiterà il
vostro sonno… Chapeau.
PAOLO ZELATI
%
ottobre 2008
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
53
La terra degli
uomini rossi
Il seme della
discordia
Corsicato tradisce le attese, ma conferma
la sua poetica: mix d'estetiche e cinefilia per un
divertissement fine a se stesso
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
in sala
DISCRETO
Onesto ma imperfetto il
tentativo di Bechis di restituire le ragioni degli
indios. Con un’eccessiva tendenza al “teatro”
C’È UNA SEQUENZA MEMORABILE in Birdwatchers. E’
quella dell’incontro/scontro tra il fazendeiro che rivendica i
diritti di proprietà su una terra “che mio padre ha acquisito
60 anni fa” e il Guarani-Kaiowa Nadio che mangia quella
stessa terra, tanto per ricordare di cosa son fatti gli indios.
Emblematica della capacità di Bechis di metaforizzare,
condensandolo in poche decisive immagini, il senso. Il
frammento per il tutto, procedimento che negli altri lavori
del regista italo-cileno (su tutti Garage Olimpo), consentiva
un mutuo scambio tra il privato e il pubblico, l’individuale e
lo storico. Un inversione che qui funziona meno per le
dimensioni dell’operazione tentata da Bechis: raccontare
cioè con il massimo di verità e di drammaturgia la
progressiva sparizione della foresta amazzonica e degli
indios. In una commistione di documentario e di fiction che
convince meno di altre volte, e in un tentativo (solo
parzialmente riuscito) di restituire la reale tragedia di un
popolo con orpelli drammaturgici (dai cliché al cast
“italiano”, ad alcune situazioni poco credibili, come
l’esagerato finale) che enfatizzano laddove ci sarebbe
voluta maggiore asciuttezza, e indugiano quando sarebbe
stato sufficiente accennare.
GIANLUCA ARNONE
%
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
54
Marco Bechis
Abrisio Da Silva Pedro
Drammatico, Colore
01 distribution
108’
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
ottobre 2008
Pappi Corsicato
C. Murino, A. Gassman
Commedia, Colore
Medusa
85’
DA RIVEDERE IL RITORNO ALL’OPERA di Corsicato, 7 anni
dopo Chimera. Partendo da La marchesa von O di von Kleist,
il regista napoletano orchestra una commedia di corpi e
sguardi al femminile, incastonata in un carillon di memorie
cinefile. Esile la trama: una giovane e avvenente donna
(Caterina Murino) resta incinta, ma il marito (Alessandro
Gassman) guarda caso è sterile. Tutto si gioca su un piano
diverso da quello narrativo. La battuta e l’equivoco vengono
rimpiazzate da continui deja-vu audiovisivi (da Via col vento
a La corazzata Potemkin) che ricollocati in un nuovo
contesto vorrebbero provocare effetti stranianti. Ma il
citazionismo post-moderno di Pappi (che omaggia anche il
re delle citazioni, il Tarantino di Kill Bill) è troppo meccanico
per divertire davvero, e l’operazione di riciclaggio è la
riprova di quanto saturo sia l’immaginario. Viceversa, il film
si fa apprezzare per l’insolito miscuglio di estetica kitsch,
sequenze d’autore (vedi l’incipit), nostalgie per i ‘60 e
ricadute nel pecoreccio. Il divertissement però rimane fine a
se stesso e non sposta di una virgola le valutazioni espresse
in passato sul cinema di Corsicato: alcuni buoni momenti,
un’ossessione (Almodovar), e nessuna vera zampata.
GIANLUCA ARNONE
%
in sala
DISCRETO
Istituto di Studi Teologici e Storico Sociali
Terni Narni Amelia
FILM FESTIVAL
POPOLI
E RELIGIONI
TERNI
9-16 NOVEMBRE 2008
IV EDIZIONE
per informazioni: tel. 0744.424786
ZZZÀOPIHVWLYDOSRSROLHUHOLJLRQLLWLQIR#ÀOPIHVWLYDOSRSROLHUHOLJLRQLLW
come raggiungerci da Roma:GLUH]LRQH)LUHQ]HXVFLWDD2UWH
GLUH]LRQH7HUQL6SROHWRXVFLWD7HUQL2YHVW
&LQHPDCityplex /JR6WDQLVODR)DOFKL
Ministero
per i Beni e le
Attività Culturali
3RQWLÀFLR
&RQVLJOLR
GHOOD&XOWXUD
Diocesi
di Terni Narni Amelia
Regione dell'Umbria
Provincia di Terni
Comune di Terni
Università di Perugia
3ROR6FLHQWLÀFR
Didattico di Terni
i film del mese
La fabbrica
dei tedeschi
La classe - En
L’Italia
è una repubblica fondata sul lavoro
e i lavoratori: vivi o morti. In docufiction il
ricordo dell’inferno della ThyssenKrupp
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
Mimmo Calopresti
Valeria Golino, Silvio Orlando
Docufiction, Colore
Istituto Luce
90’
in uscita
IL ROGO DELLA THYSSENKRUPP a Torino è l’11 settembre del
lavoro. Anche per un paese malato cronico di Alzheimer
quando deve preservare la sua memoria storica. Nella notte
del 6 dicembre 2007, alla linea 5 di quella maledetta acciaieria,
La fabbrica dei tedeschi appunto, sette giovani muoiono
consumati dalle fiamme divampate in una fabbrica in
dismissione sotto gli occhi dei colleghi che li soccorrono con
estintori vuoti. Un momento, il più mediatico, dell’olocausto
permanente di morti bianche che in Italia rende cantieri,
fabbriche e affini più pericolosi di Iraq e Afghanistan. Mimmo
Calopresti, calabrese di nascita, torinese d’adozione e operaio
d’estrazione racconta le parole e la disperazione dopo la
strage. Speranze e sensazioni delle vittime ci vengono restituite
con una manciata di minuti di fiction interpretati da sette attori
(Monica Guerritore, Valeria Golino, Luca Lionello, Giuseppe
Zeno, Vincenzo Russo, Silvio Orlando, Rosalia Porcaro), il
seguito, un po’ troppo televisivo ed enfatico, sono rabbia,
sconcerto e testimonianze. Di piccoli sogni di operai spezzati, di
una consapevolezza del pericolo soffocata dal ricatto precario
del “salario della paura” e del profitto parossistico. L’Italia è
una repubblica fondata sul lavoro e i lavoratori. Vivi o morti.
BORIS SOLLAZZO
%
in sala
DISCRETO
LOREM IPSUM DOLOR SIT AMET,
consectetuer adipiscing elit.
la mauris
Palmaind’Oro
Donec vel
diam dell’ultimo Festival di
Cannes:
didattico
nel
senso
più nobile del termine,
imperdiet aliquam. Nullam
per una scuola da ripensare
fermentum. Sed consequat.
Arriva
CI VOLEVA UN EX CRITICO CINEMATOGRAFICO di Playboy,
anima del gruppo punk rock Zabriskie Point ed ex
collaboratore dei Cahiers du Cinèma per riportare la Palma
d’oro in Francia. Parliamo di Francois Bégaudeau, insegnante
di scuola media e scrittore, protagonista del mockumentary di
Vicky Cristina
Troppo lieve
, secondo i detrattori. Ma
Allen offre ancora una volta più di un argomento
per riflettere sulla condizione umana
SPAGNA, TERRA DI PASSIONI. Questo e altri luoghi comuni
compaiono nell’ultima prova di Allen, che procede anch’essa
per schemi narrativi consolidati essendo l’ennesima variante
di una ronde che ha per protagonisti le due americane Vicky e
Cristina e una ex coppia di artisti spagnoli, Maria Melena e
Juan Antonio. Nonostante il titolo, né Vicky né Cristina sono il
punto di forza della storia ma Maria Melena, che inserendosi
a metà del racconto ruba loro la scena. Del resto a
interpretarla è una Penelope Cruz in stato di grazia, in grado
di offuscare persino la Johansson, ultima musa riconosciuta
di Allen, Se nella gara tra star Penelope brilla come mai, nel
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
56
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
ottobre 2008
BUONO
Woody Allen
Scarlett Johansson, Penelope Cruz
Commedia, Colore
Medusa
96’
tre les murs
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
Lezione
Ventuno
Laurent Cantet
Francois Begaudeau, Nassim Amrabt
Docufiction, Colore
Mikado
La Nona di Beethoven
per l’esordio
in regia di Alessandro Baricco. Tra intenti pop
e vizi letterari
128’
Laurent Cantet sulla scuola transalpina tratto dal suo best
seller. Quello era un diario di viaggio, la pellicola è uno
sguardo diretto sulla realtà che ha il pregio di mostrare la
profonda complessità attuale dei ruoli di studente e docente.
Non siamo, come in quasi tutto il cinema scolastico, in una
realtà estrema, ma in una normale aula che racchiude diverse
anime etiche, etniche, culturali, di classe. Sociale e non.
Cantet, fine conoscitore delle ferite sociali del nostro mondo
(dal precariato al turismo sessuale), prende gli attori dalla
scuola e dopo un lungo training li mette a confronto con il
professore-attore-autore, in una docufiction appassionata e
appassionante. Diverte, fa riflettere, coinvolge, mostra una
scuola viva (forse troppo, merito della macchina da presa) ma
da rifondare e ripensare. Si è gridato al capolavoro, è
soprattutto un film didattico, nel senso più nobile del termine:
impareranno molto genitori, professori, ragazzi. Promosso.
BORIS SOLLAZZO
%
Barcelona
in uscita
BUONO
film è costretta a soccombere di fronte alle ciniche rivali, in
grado di fare a pezzi anche il tenebroso Juan Antonio. In
amore vince chi fugge e comunque chi domina i sentimenti.
Una morale che Allen fa trasparire immedesimandosi una
volta tanto nelle figure femminili: un cambio di sguardo che
giova non poco al film, lieve come un leggero tocco di donna.
Troppo lieve, diranno i detrattori. Invece Vicky Cristina
Barcelona offre molti argomenti per riflettere sulla condizione
umana. Basta averne voglia.
ANGELA PRUDENZI
%
in uscita
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
DISCRETO
Alessandro Baricco
John Hurt, Leonor Watling
Musicale, Colore
01 distribution
92’
COME FU LA PRIMA VOLTA della Nona Sinfonia di Beethoven,
la sera del 7 maggio 1824? Interrogativo buono per l’esordio di
Alessandro Baricco dietro la macchina da presa: Lezione
Ventuno. “Una prima capitale, indagata come fosse un
thriller”, attraverso la rievocazione di una studentessa
universitaria della ventunesima lezione del professore
Mondrian Kilroy (personaggio preso da City), incentrata sulla
misteriosa accoglienza dell’Inno alla gioia. Da lui scritto e
diretto, prodotto da Fandango e girato tra il Trentino e Londra,
con cast di lingua inglese - John Hurt è il professor Kilroy,
Leonor Watling la studentessa, Noah Taylor il giovane maestro
di musica Hans Peters, e Clive Russell – Lezione Ventuno
prosegue al cinema la riduzione della distanza tra cultura alta
e bassa, già lungamente sperimentata dal Baricco scrittore.
Una frattura, di cui Beethoven fu uno degli artefici, che il
neoregista cerca di sanare con una costruzione polifonica,
sorretta dal lavoro “orientale” sull’inquadratura di Gherardo
Gossi, per ricondurre il pubblico alla verità di Beethoven: star
dell’entertainment, e non genio inaccessibile. Intenzione
pregevole, viziata da difetti, ovviamente, letterari: prolissità,
involuzione e un filo di saccenza. Un pareggio sofferto.
FEDERICO PONTIGGIA
%
ottobre 2008
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
57
i film del mese
Burn After
Reading
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
BUONO
John Malkovich, George Clooney
Spy-Comedy, Colore
Intrigo corale e cast sugli scudi: intelligente
Medusa
spy-comedy nel segno dei Coen
95’
BASTEREBBERO I TITOLI di testa di
Burn After Reading per avere da subito
chiare le intenzioni dei fratelli Coen,
che per la prima volta concepiscono
una vera e propria spy-story senza però
dimenticare i tratti distintivi dei loro
divertissement d’autore. Intrigo corale,
fisime e paranoie dell’uomo di
mezz’età, ricatti e sospetti: tutto ruota
intorno al ritrovamento fortuito di un
CD contenente informazioni su
Osbourne Cox (John Malkovich),
analista della CIA fresco di
licenziamento e sposato con una donna
(Tilda Swinton) che da tempo lo tradisce
con Harry Pfarrer (George Clooney),
funzionario del Tesoro e paranoico
sessuomane. Finito nelle mani di Chad
Feldheimer (Brad Pitt), personal trainer
schizzato e ingenuotto di una palestra
alla periferia di Washington, quel CD
58
in sala
Joel & Ethan Coen
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
ottobre 2008
potrebbe trasformarsi nel passepartout
agognato dalla sua collega Linda Litzke
(straordinaria Frances McDormand),
per pagare i “necessari” ritocchi
chirurgici di cui ha tanto bisogno.
Basterà entrare in un vortice di ricatti
da cui non sarà poi così facile uscire...
Sceneggiatura (quasi) di ferro, satira
intelligente e divertente sui film di
spionaggio (dalle inquadrature sui piedi
dei funzionari CIA negli asettici corridoi
Clooney, Pitt
e McDormand in
grande spolvero,
ma alla fine la
spunta Malkovich
al fantastico duetto finale nell’ufficio del
Direttore generale), Burn After Reading
dimostra una volta di più quanto il
cinema dei fratelli Coen sia in grado di
parlare innumerevoli lingue, meglio
ancora se pensato e scritto per essere
interpretato da attori di altissimo
livello: la “perfetta idiozia” di Clooney
(volutamente o meno, sintesi
parodistica dei personaggi già
interpretati in Syriana e Michael
Clayton), Pitt e la McDormand
non sorprende, così come la trattenuta
e misurata classe di Tilda Swinton e
Richard Jenkins (il manager della
palestra innamorato di Linda), enorme
caratterista di tanto cinema e tv USA.
Su tutti, però, al fotofinish la spunta
John Malkovich, anche lui all’esordio in
un film dei fratelli Coen, perno centrale
dell’intera vicenda, superbo nel rendere
il progressivo disfacimento psicofisico
di un uomo distrutto.
VALERIO SAMMARCO
%
www.temagrafico.it
HVadcZegd[Zhh^dcVaZeZg^aX^cZbV!aViZaZk^h^dcZZ^abjai^bZY^V
Il primo evento fieristico in Italia
dedicato all’incontro tra la domanda
e l’offerta del settore audiovisivo.
Protagoniste le aziende e
i professionisti della Motion
Picture Industry, che presenteranno
le tendenze dell’intera filiera
cinematografica dalla produzione
alla post-produzione sino alla
distribuzione.
Un’ampia area espositiva e un ricco
&-#&.#'%
CDK:B7G:
'%%IDG>CD
calendario di eventi per conoscere
le tecnologie e le idee per l’industria
audiovisiva.
mmm$Y_d[i^em$_j
In collaborazione con
Sponsor Tecnico
Ideato e organizzato da
Media Partner
Conference Service Srl - via de’ Buttieri 5/a - 40125 Bologna - Italy - tel. +39.051.4298311 - fax +39.051.4298312 - [email protected]
i film del mese
The Women
Regia
Con
Genere
Distr.
Durata
DISCRETO
Meg Ryan, Annette Bening
Commedia, Colore
BIM
Donne in cerca di guai
nel remake da
George Cukor: Meg Ryan & Co. deludenti
114’
PRENDETE L’ORIGINALE di George
Cukor, datato 1939, strizzate l’occhio alla
contemporanea – e mediocre - vie en
rose cinematografica, da Sex and the
City a Mamma mia!, passando per Il
diavolo veste Prada, seguite le orme del
feminine touch di Nancy Meyers e Norah
Ephron, fate il calco alle icone dei film
menzionati sopra, da Samantha Jones a
Miranda Priestly, sgombrate il campo da
qualsiasi presenza maschile: ecco The
Women, scritto e diretto da Diane
English, ispirandosi alla piece di Clare
Boothe Luce, già adattata da Cukor.
Precedente cui l’esordiente regista si
attiene fedelmente, mancando
purtroppo l’attualizzazione: ecco,
dunque, una signor casalinga (Meg
Ryan), un invisibile marito fedifrago, che
fa il tycoon a Wall Street, una migliore
amica, editor di un magazine di bellezza,
60
in uscita
Diane English
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
ottobre 2008
pronta a pugnalarti alle spalle (Annette
Bening), un’altra amica che fa figli come
conigli (Debra Messing), una terza, nera
e lesbica, in rappresentanza delle
minoranze dell’altra metà del cielo (Jada
Pinkett Smith), e “l’altra”, ovvero la
sensuale commessa di cosmetici Eva
Mendes, a formare una compagine mal
assortita, che fa nascere subito
un’irritante questione: dove, come e
Nel cast anche Eva Mendes
perché si sono conosciute?
Interrogativo destinato a nessuna
risposta, in ossequio alla natura del film
stesso, che tira dritto per 114’ senza
ricordarsi la destinazione. Per fortuna,
c’è il cast: un’inedita – causa chirurgia
plastica - Meg Ryan ripresenta Harry ti
presento Sally, Annette Bening perde
l’ennesima occasione per farci capire
perché Warren Beatty l’abbia sposata, le
altre per fortuna hanno poche
inquadrature – c’è anche Bette Midler in
cameo. Che si salva? Non lo score
mellifluo di Mark Isham, non la regia
“alimentare” della English, rimane poco,
ovvero il pianeta fashion – il prologo
calzaturiero è la cosa migliore del film –
non esplorato fino in fondo. Se le donne
non mancheranno di marcare visita, è
prevedibile l’astensione in massa –
occhio per occhio… - del pubblico
maschile: Donne, du du du, in cerca di
guai...
FEDERICO PONTIGGIA
%
schermo capitale
Uno scatto di Pierre
Verger. Accanto
Verônica di Maurício
Farias e Keira
Knightley in The
Duchess
Roma,
il melting
La Festa è diventata Festival e i film, sparsi per le varie sezioni, lo
confermano. Con un filo rosso: contaminazione (ed estraneità) di popoli e culture
di Marina Sanna
62
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
ottobre 2008
pot
SE LA PAROLA D’ORDINE è Brasile
(mostre, concerti, una retrospettiva),
multietnicità e commistione di linguaggi
sono il filo rosso della terza edizione di
Roma, trasformatosi da Festa in Festival,
sotto la guida del presidente Gian Luigi
Rondi. Dalla Cambogia in concorso con
Un barrage contre le Pacifique di Rithy
Panh, già atteso a Cannes e tratto dal
romanzo di Marguerite Duras, al
collettivo 8-Eight, ispirato agli obiettivi
fissati dall’Onu per migliorare le
condizioni di vita globali (tra le firme Mira
Nair, Wim Wenders e Jane Campion), a
Opium War di Siddiq Barmak, in cui
l’incubo afgano è vissuto da due piloti
americani sopravvissuti, la
rappresentazione delle civiltà è ampia e
in alcuni casi sorprendente. Ci sono i
Galantuomini dell’italiano Winspeare e la
mafia pugliese, il dramma di una piccola
città sconvolta e dimezzata da
un’esplosione nel coreano Iri di Lu
Zhang, o ancora, il nuovo Dupeyron, Aide
toi, le ciel t’aidera, ambientato nella
comunità africana di Parigi. Girando per
ottobre 2008
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
63
L'atteso High School
Musical 3 e una scena
di O Pai di Monique
Gardenberg
le altre sezioni il tema rimane
dominante, non fa eccezione Alice nella
città in cui si salta da un continente
all’altro: dall’indiano Tahaan: a Boy with
a Grenade di Satosh Sivan e il filippino
Santa Mesa dell’esordiente Ron Morales,
che racconta una storia di amicizia e
crescita a Manila, al blockbuster
annunciato High School Musical 3. Ma è
soprattutto Extra (diventata L’Altro
Cinema) che dà una panoramica
completa di quello che accade nel
mondo, con la selezione di
lungometraggi che si affianca in modo
autonomo a quella dei documentari. Da
non perdere: $ 9.99 metafora sul senso
della vita, realizzata in stop motion da
un’israeliana con marchio di fabbrica
australiano, il ritorno di Thomas
Vinterberg, e JCVD un mockumentary
con Van Damme che interpreta se
stesso, e per i documentari Gyumri sul
terremoto che nell’88 fece strage di
64
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
ottobre 2008
La rappresentazione delle civiltà
è ampia e in alcuni casi sorprendente
schermo capitale
bambini nella città armena. La varietà
dell’offerta si ripete con la formula, già
felicemente collaudata, degli incontri
con autori e attori: si parte con Al
Pacino che ritira il premio Marc’Aurelio
d’Oro alla carriera, e si prosegue con
Michael Cimino, che offre al pubblico
una lezione sulle più belle scene di ballo
della storia del cinema. Per concludere,
una personale di David Cronenberg,
composta da rielaborazioni digitali di 50
inquadrature tratte dai suoi film.
il meglio di... L’ALTRO CINEMA
BRASILE ANDATA E RITORNO
E’ il paese dell’anno, come dimostra
anche l’interesse di Aurelio De
$9.99
Capolavoro in stop-motion sul senso della vita. Da non perdere
Qual è il senso della vita e
soprattutto c’è un prezzo per
conoscerlo? Dave, rimasto senza
lavoro e con molto tempo libero,
pensa di sì e con meno di dieci
dollari compra una guida quasi
esaustiva. Nel frattempo nel palazzo
in cui vive si intrecciano trame
parallele, grottesche e beffarde (è il
caso dell’angelo impostore o
dell’anarchico suicida), amori
disperati e a lieto fine. L’eterna
rappresentazione della condizione
umana, solo che a raccontarla ci sono
dei pupazzetti di plastilina, talmente
realistici da sembrare attori in
carne e ossa. Un capolavoro in stopmotion, realizzato dall’israeliana
Tatia Rosenthal e ambientato in una
claustrofobica Sydney.
il meglio di... OCCHIO SUL MONDO
Verger in
Mostra
Volti, figure e paesaggi per la prima
volta in Italia
Per la prima volta in Italia, le foto del
maestro brasiliano Pierre Verger:
etnografo e fotografo precursore di
Sebastiao Salgado, è stato un libero
pensatore dalla vocazione nomade.
Ha iniziato a viaggiare giovanissimo
tra Africa, Europa e Brasile aprendo
la propria cultura a nuovi influssi.
Parigi, Benin, Bahia, i luoghi
privilegiati di una ricerca che vuole
arricchire la visione artistica. La
mostra è centrata sulle foto scattate
nello stato di Bahia, immagini utili a
capire il “metodo Verger”:
l’esperienza diretta unita
all’astrazione dell’arte. Volti, figure,
paesaggi raccontano di un mondo
ancorato alla tradizione della terra di
origine, l’Africa. Gli autori del Cinema
Novo lo consideravano un maestro.
ottobre 2008
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
65
schermo capitale
L'Altro Cinema
dà una panoramica
completa di quello
che accade
nel mondo
Walt & El Grupo
ripercorre il viaggio di Walt
Disney in Sudamerica alla
ricerca di nuove idee
66
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
ottobre 2008
Laurentiis (Natale a Rio de Janeiro) e le
iniziative che coinvolgono l’Italia (vedi la
recente Settimana del Cinema
Contemporaneo organizzato dalla
Camera di Commercio italo-brasiliana).
Proprio dieci anni fa Walter Salles con
Central do Brasil faceva incetta di
premi fino a vincere l’Oscar. Da allora
l’onda non si è placata e i festival fanno
a gara per accaparrarsi le pellicole
brasiliane, mentre attori come Alice
Braga e Rodrigo Santoro (ospite
d’onore al Festival di Roma) spopolano
in produzioni americane.
Una rinascita che non si vedeva dai
tempi del Cinema Novo. Gli argomenti
del resto sono spesso gli stessi: il
Nordest, le favelas, la vita degli
emarginati, la povertà, sebbene la
produzione contemporanea guardi
anche alla borghesia e alle città, prima
tra tutte San Paolo. Ma se i temi
ricordano Glauber Rocha e Nelson
Pereira dos Santos, le tecniche, le
La scommessa del CONCORSO
Galantuomini
Winspeare torna in Salento per raccontare una terra senza più innocenza
il meglio di... OCCHIO SUL MONDO
Estomago - una storia gastronomica
Marcos Jorge serve all’esordio una ricetta che fonde Italia e Brasile
Marcos Jorge si è diplomato al Centro
Sperimentale di Cinematografia. La
sua cultura è profondamente
brasiliana ma considera l’Italia, e
Roma, una seconda patria. Al debutto
nel lungometraggio con Estômago Una storia gastronomica, Jorge fonde
le due radici in un film che parla di
cibo, amore, vendetta. La vicenda è
ambientata in Brasile, ma l’arte
culinaria di cui il protagonista diviene
un maestro è tutta italiana. Un mix
perfetto anche la “ricetta” produttiva:
Estômago è finanziato dalla brasiliana
Zencrane e dall’italiana Indiana,
società di cui fa parte anche Gabriele
Muccino. Segno di un riavvicinamento
culturale tra due popoli da sempre
molto legati, e che tornano a
incontrarsi anche grazie al cinema.
“Una storia d’amore sullo sfondo di
una terra che è cambiata e ha perso
l’innocenza”. Il Salento secondo
Winspeare: in Galantuomini il regista
torna a raccontare la sua terra dopo
la parentesi tarantina de Il miracolo.
Ritorno segnato dalla consapevolezza
che qualcosa si è guastato tra i
paesaggi del tacco d’Italia: i
galantuomini non ci sono più,
spazzati via dalla stagione della
Sacra Corona Unita. Un mutamento
che Winspeare iscrive nelle correnti
torbide del melodramma, nella
passione impossibile tra un
magistrato, Fabrizio Gifuni, e una
donna della malavita, Donatella
Finocchiaro.
G.A.
risorse e la distribuzione sono quelli
del mercato internazionale. E questo fa
la differenza, avendo il cinema risentito
positivamente della crescita economica
del paese ed essendosi avvantaggiato di
leggi che permettono ai piccoli
produttori di realizzare i loro progetti.
Una rivoluzione di cui sono testimoni
alcuni dei film della sezione Occhio sul
mondo, come Verônica di Maurício
Farias: un vero miracolo produttivo
girato in HD per una storia che ricorda
Gloria di Cassavetes (una maestra deve
salvare uno studente dalla vendetta di
una banda sullo sfondo della tragica
ottobre 2008
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
67
schermo capitale
il meglio di... L’ALTRO CINEMA
Riunione di
famiglia
Ancora padri e figli per il nuovo
Festen di Thomas Vinterberg
La famiglia è una vera ossessione per
Thomas Vinterberg. Stavolta il regista
si concentra sul rapporto padre-figlio.
La storia si svolge in una cittadina in
subbuglio per il ritorno a casa del
grande Karl Kristian Schmidt,
cantante di opera di successo.
Mentre fervono i preparativi per il suo
rientro Sebastian, adolescente un po’
imbranato che sta per sposarsi con
Claudia, scopre di essere il figlio
segreto di Karl e di essere ancora
innamorato di Maria, sua antica
fiamma, improvvisamente riapparsa.
Tra dramma e commedia, e con
feroce malizia (potrebbe alludere alle
vicende di un nostro connazionale),
Riunione di famiglia segna il ritorno
di Vinterberg dopo il successo di
Festen.
realtà delle favelas di Rio), che è la
prova di come il cambio di tendenza sia
avvantaggiato dai costi contenuti delle
nuove tecnologie. Frutto di produzioni
indipendenti anche O Pai di Monique
Gardenberg, sulla vita degli abitanti del
distretto di Pelourinho, nel cuore di
Salvador, e Meu nome não e Johnny di
Mauro Lima, ritratto di un giovane della
ricca borghesia di Rio, boss della droga
più per noia che per scelta, campione di
incassi della passata stagione. A Roma
poi si possono definitivamente
apprezzare l’inventiva di Eduardo
Coutinho e il talento di Joao Moreira
Salles.
%
il meglio di... L’ALTRO CINEMA
Baghead
Nel segno degli indipendenti Duplass Bros.: come ti insacchetto il killer
Al Pacino, a Roma
per il Marc'Aurelio
alla carriera
68
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
ottobre 2008
Dalle teste barattolo (Jarhead di Sam
Mendes) alle buste in testa – Baghead
– dei fratelli Duplass, Jay e Mark,
elementi di spicco del cinema indie
USA e habitué al Sundance di Redford.
Non più soldati, ma killer immaginari
incappucciati sotto sacchetti di carta:
questa l’idea di quattro aspiranti attori
senza lavoro – tra cui Steve Zissis, non
nuovo a collaborazioni con i Duplass –
che decidono di trascorrere il
weekend in uno chalet in mezzo al
bosco per buttare giù la
sceneggiatura di un thriller. A turno, il
sacchetto passa di testa in testa: ma
realtà e finzione, forzati spaventi e
leggeri sospetti si trasformano
quando, nel buio dell’orizzonte, la
busta di cartone nasconderà un
inaspettato quinto “ospite”.
V.S.
POWERED BY
telecomando
teratura: novità e bilanci
Homevideo, musica, industria e let
DVD
Tutto Moretti,
Star Wars no limit e
opere di frontiera
Borsa del cinema
L’infinito dibattito sul
digitale: a Venezia
con Microcinema
Libri
Il muto italiano,
l’incontro amoroso e le
influenze letterarie
Autunno
caldo
Triplo cofanetto
marchiato Stephen King:
dolcetto o scherzetto?
Telecomando
DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE
DVD
Da recente protagonista
per Grimaldi al tuffo nel
passato con Io sono un
autarchico, Caro diario e
Aprile
Nanni, che
Caos!
72
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
ottobre 2008
di Valerio Sammarco
DALLA PANCHINA di Caos
calmo, ultimo film interpretato
in ordine di tempo da Nanni
Moretti per la regia di
Antonello Grimaldi (in sala,
come adesso in DVD, distribuito da 01), una passeggiata
a ritroso – di nuovo in sella
all’amata Vespa – per arrivare
alla “nascita” di Michele
Apicella, in Super-8, con Io
sono un autarchico (1976) e
ritrovare se stesso in Caro diario (1993) e Aprile (1998).
Prosegue, in questo senso, il
cammino intrapreso da
Warner Home Video, che sta
rieditando tutti i film del regista e attore romano, nativo di
Brunico.
La tragedia vissuta da Pietro
Paladini, personaggio nato
dalla penna di Sandro
Veronesi, e l’inizio di un’apparente, lenta attesa, con la
panchina di una piazzetta che
diventa centro di un nuovo
mondo, abitato appunto da
quel caos calmo che regola i
giorni dell’uomo all’indomani
della perdita della moglie. Lo
stesso caos, molto meno
“calmo”, che caratterizza il
periodo di malattia di Moretti
- non più personaggio - raccontato nella terza e ultima
parte di Caro diario
(“Medici”), dopo lo sguardo
su una Roma ferragostana
abbandonata proprio dal caos
(“In Vespa”), con struggente
tappa all’Idroscalo di Ostia in sella alle note del Koln
Concert di Keith Jarrett - per
omaggiare Pasolini, e la speranza di trovare scampoli di
umanità ancora incorrotta
nelle Eolie (“Isole”): Miglior
Regia a Cannes e in qualche
modo prototipo di quello
che, 5 anni dopo, sempre in
Contenuti speciali
IO SONO UN
AUTARCHICO
(1976, di Nanni Moretti)
Accesso diretto alle scene
Inserto speciale
Interviste
Menu interattivi
CARO DIARIO
(1993, di Nanni Moretti)
Accesso diretto alle scene
Dietro le quinte
Menu interattivi
Scene inedite
Trailer cinematografico
APRILE
(1998, di Nanni Moretti)
Accesso diretto alle scene
Inserto speciale
Menu interattivi
Special
Trailer cinematografico
(DISTR. WARNER
HOME VIDEO)
(DISTR. WARNER
HOME VIDEO)
(DISTR. WARNER
HOME VIDEO)
CAOS CALMO
(2008, di Antonello
Grimaldi)
Commento audio del
regista
Scene tagliate o
modificate
con commento del
regista
Backstage
Interviste
“L’amore trasparente”
di Ivano Fossati
Trailer
(DISTR.
01 DISTRIBUTION)
forma di “diario”, fu Aprile,
film – come puntualmente
ricordato da Mereghetti –
“che affronta con lucidità la
difficoltà, o l’impossibilità, di
trovare un linguaggio capace
di raccontare, se non di spiegare, l’Italia contemporanea”.
ottobre 2008
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
73
Telecomando
DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE
DVD
La cl as se de i cl as si ci
a cura di Bruno Fornara
REGIA Jean
Renoir
CON Marcel Dalio,
Nora Grégor
GENERE Commedia
(1939)
DISTR. Flamingo
Video
La regola del gioco
UN CLASSICO che più classico
King of
Halloween
Collezione da incubo: 3 cofanetti nel
segno del maestro dell’horror
DOLCETTO O SCHERZETTO? In occasione
della notte delle streghe, e in concomitanza con
l’85° anniversario della Warner, arrivano tre cofanetti da collezione per gli amanti di Stephen King:
Shining, Il miglio verde, Cuori in atlantide, L’ultima eclissi
e L’acchiappasogni per il volume “Cinema”, con le
opere tratte dai racconti del maestro del brivido (il
capolavoro di Kubrick e il film di Darabont in
doppio disco ed edizione speciale) più una vasta
selezione dei film per la Tv – molti diretti dallo
stesso autore – in altri due cofanetti: nel primo Il
diario di Ellen Rimbauer, Desperation, Rose Red e “l’altro” Shining (anche questi due in doppio disco), nel
secondo Salem’s Lot, Incubi e deliri (3 dischi) e l’immortale IT, vero e proprio manifesto demoniaco
che quasi vent’anni fa entrò prepotentemente nell’immaginario collettivo di adolescenti e non. Avete
ancora qualche dubbio? Dolcetto o scherzetto?...
DISTR. WARNER HOME VIDEO
74
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
ottobre 2008
non si può. Un caposaldo della
modernità cinematografica. Un
film di svolta nella storia del
cinema (in coppia con Quarto
potere di Orson Welles, che è di
due anni dopo). Insuccesso
commerciale alla prima uscita
alla vigilia della guerra, nel 1939,
e anche alla seconda uscita, nel
1945, a guerra appena finita.
Attaccato come opera incoerente e ineguale. Poi riabilitato ed
esaltato dai giovani critici dei
“Cahiers du Cinéma” come uno
dei massimi film francesi. Un
gruppo di persone si ritrovano
nella tenuta di un marchese per
una battuta di caccia alla lepre.
Ipocrisia, humour, eleganza,
corteggiamenti, amori e tradimenti, i padroni e i domestici, le
regole del gioco sociale, un omicidio. E, quanto alla regia, il
magistrale uso della profondità
di campo e del piano sequenza,
una macchina da presa che si
muove con fluidità, dialoghi
superlativi, leggerezza inquieta,
una malinconia languida, personaggi sicuri di sé insieme ad altri
incerti e vulnerabili. Come giocare al gioco del mondo, come
stare in una commedia che si
volge in tragedia, come muoversi in un piccolo universo in cui,
come disse Renoir, tutti hanno
le loro buone ragioni.
Fi lm in or bi ta
a cura di Federico Pontiggia
Tim Robbins
(Sky Cinema Mania)
Buon compleanno, Mr. Robbins! Sky festeggia i 50
anni dell’attore e regista premio Oscar, il 16 ottobre,
con una doppia torta: I protagonisti di Robert Altman e
Alta fedeltà di Stephen Frears.
Pushing Daisies
(Joi)
Pushing Daisies, dagli Usa la serie culto con
protagonista Ned (Lee Pace), pasticcere con un dono
incredibile: può resuscitare i defunti, ma se li sfiora
per due volte… Altro che gelida manina!
The Tudors
(Mya)
Enrico VIII concede il bis! Jonathan Rhys Meyers
ritorna a vestire (si fa per dire) i broccati del sovrano
nella seconda stagione del fortunato drama storico (in
America si prepara la terza).
Doppietta
Stellare
Prequel e Trilogy: la saga di Lucas come non l’avete mai vista
Da una “galassia lontana lontana”
arriva finalmente l’esalogia completa
e ricca di contenuti speciali della saga
di Star Wars: Prequel Trilogy (Ep. I - La
minaccia fantasma, Ep. 2 - L’attacco
dei cloni e Ep. 3 - La vendetta dei Sith)
e Trilogy (Ep. IV – Una nuova speranza,
Ep. V – L’impero colpisce ancora, Ep.
VI – Il Ritorno dello Jedi) il nome dei
due cofanetti, entrambi con la
versione doppio disco per ciascun
film. Le versioni cinematografiche del
1977, 1980 e 1983 accoppiate a quelle
rimasterizzate e restaurate
digitalmente, per un combattimento
stellare che è già leggenda.
DISTR. 20TH CENTURY FOX ENTERTAINMENT
L’Italia che fu
LA NOTTE
In mezzo a
L’avventura e
L’eclisse nel ’61
Antonioni fece
scendere La
notte:
alienazione e
disagio
esistenziale con
Mastroianni diviso tra Jeanne
Moreau e Monica Vitti.
DISTR. MEDUSA
LA VOGLIA MATTA
Il 40enne Tognazzi
e la non ancora
maggiorenne
Catherine Spaak:
la spensieratezza
della gioventù
per un Salce
d’annata. Tra i
contenuti:
intervista all’attrice e a Gianni Garko.
DISTR. MEDUSA
ROMA
La città eterna
agli occhi di
Fellini: la stazione
Termini
nell’immediato
dopoguerra,
l’ingorgo di auto
nei primi anni ’70,
e in mezzo satira
e visionarietà.
DISTR. MEDUSA
LA CADUTA DEGLI DEI
“Il Macbeth
moderno” di
Luchino Visconti:
l’ascesa e lo
sfaldarsi del
nazismo
attraverso le
vicende della
famiglia von
Essenbeck. Indimenticabili Dirk
Bogarde e Ingrid Thulin.
DISTR. MEDUSA
ottobre 2008
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
75
Telecomando
DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE
DVD
Senza frontiere
LA ZONA
Un muro divide il
dentro (ricchezza)
e il fuori (povertà
e delinquenza).
Lo sguardo
impietoso di
Rodrigo Plá per
una delle opere
prime più
importanti della passata stagione.
DISTR. WARNER HOME VIDEO
IMATRA
Nostalgia all’Opera
I corti di Buster Keaton e il Phantom di Lon Chaney: risate col brivido
Il cinema degli albori. Quando ancora si era
capaci di far ridere o terrorizzare solamente
grazie alle immagini, senza l’aiuto di voci o
“trucchi” sonori. Il cinema dei Buster Keaton e
Lon Chaney, per intendersi, che 01 distribution
ripropone in due particolari edizioni. “Buster
Keaton Festival” raccoglie 4 corti di poco
antecedenti l’esordio del comico nel
mediometraggio (The Three Ages, 1923), con The
Boat (1921), The Blacksmith, The Paleface e
Daydreams, tutti del 1922, contenitori di
rapidissime gag con la solita, inconfondibile
triste maschera dell’ex acrobata del Kansas. E
ancora una maschera – a celare il volto
sfigurato di Lon Chaney in The Phantom of the
Opera (1925), prima e ancora mai eguagliata
trasposizione dal romanzo di Leroux – per una
delle più antiche “opere” avvolte da mistero sia
sullo schermo che dietro: diretto da Rupert
Julian, il film venne portato a termine per
problemi sul set dallo stesso Lon Chaney,
insieme a Ernst Laemmle e Edward Sedgwick.
DISTR. 01 DISTRIBUTION
Que stio ni di ruol o
L’avventura di
Fable 2
76
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
ottobre 2008
DISTR. DONZELLI ED.
TV SLUM
Angelo Loy mette
la videocamera
in mano ad 8
ragazzi di
Nairobi: i sogni,
le speranze e le
miserie
raccontate da
chi sulla strada e
nelle discariche ci vive, ogni giorno.
DISTR. 01 DISTIBUTION
BABA MANDELA + SPEAK AFRICA
In esclusiva su Xbox 360 per magnifiche
battaglie da condividere online
Immaginate di vivere un’avventura (digitale)
fantastica, dove tutto quello che fate va ad
incidere sugli abitanti di questo mondo, che si
ricorderanno della vostra bontà o cattiveria
ricevuta. Immaginate di poterlo fare anche
online assieme ad altri giocatori umani, portando
a termine rompicapo, avendo la meglio sui
nemici ed esplorando luoghi incantati e
fiabeschi, con lo scopo di crescere e vivere
Libro + DVD per il
film premiato a
Locarno nel 2007:
Corso Salani
nella cittadina
finlandese al
confine con la
Russia per
ritrovare la sua
donna. Con la scusa del Doc.
un’avventura straordinaria.
Questo è Fable 2, avventura/gioco di ruolo
partorito dalla mente di Peter Molyneux, autore
tra gli altri di titoli del calibro di Populous, Black
and White e The Movies. In uscita il 24 ottobre in
esclusiva su Xbox 360.
Per saperne di più visitate
http://www.multiplayer.it
ANTONIO FUCITO
Riccardo Milani
e Paolo Novelli
attraverso le
baraccopoli di
Nairobi, il monte
Kenia e il Lago
Vittoria: a parlare
la Mombasa
Road e gli
abitanti di Kenia e Tanzania.
DISTR. 01 DISTIBUTION
Telecomando
DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE
Borsa del cinema
di Franco Montini
Dilemma Digitale
Negli USA le sale si adeguano ai tempi che cambiano. E in Italia? Le risposte nel
convegno Microcinema organizzato a Venezia
Secondo alcuni
analisti è
cominciata una
vera
rivoluzione
tecnologica
78
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
ottobre 2008
L’INDUSTRIA AMERICANA
sembra convinta che la salvezza
del cinema in sala sarà il film
digitale in 3D. Per vincere la
concorrenza dei nuovi mezzi
che consentono la visione del
film a costi inferiori rispetto
all’acquisto del biglietto per la
sala, è necessario che la visione
su grande schermo sia un’esperienza completamente diversa
rispetto a tutto il resto ed offra
qualcosa che gli altri supporti
non sono in grado di proporre.
Secondo alcuni analisti è
cominciata una nuova rivoluzione tecnologica, che apre nuovi
ed inediti orizzonti, come accaduto in passato con l’avvento
del sonoro e del colore, ma che
contiene anche elementi pericolosi, perché la produzione digi-
tale in 3D rischia di favorire
prevalentemente la produzione
di film ad alto contenuto spettacolare e fantastico, a scapito del
cinema che produce senso ed
indaga sulla realtà. E’ un problema con il quale gli autori di
cinema dovranno inevitabilmente confrontarsi.
In ogni caso dopo la produzione, anche l’esercizio americano
Cast & Crew
di Marco Spagnoli
A rt e in m o v im e n to
Da Kung Fu Panda alle frontiere del 3D: parla Raffaella Filipponi
si sta attrezzando alla svolta.
Nell’ultimo anno negli Stati
Uniti il numero degli schermi
digitali è raddoppiato ed oggi
sono oltre 4.500 i cinema già
attrezzati con questo sistema,
ovvero il 10% dell’esercizio
americano. Secondo le previsioni, a livello mondiale, entro il
2012, circa la metà dei cinema
sarà digitalizzata. Ma se negli
Stati Uniti la trasformazione sta
procedendo rapidamente, non
altrettanto si può dire per il
resto del mondo e in particolare
per il nostro paese. In Europa i
cinema digitali sono attualmente 829; in Italia non più di una
sessantina, nonostante gli esperimenti già avviati stiano dando
esiti assai positivi. Va segnalato
in particolare il circuito di sale
di Microcinema, complessivamente oltre 50, soprattutto
locali dei piccoli centri e sale
della Comunità, che, collegate
via etere, sono in grado di
proiettare su grande schermo,
oltre ai film, anche eventi di
altro tipo e in particolare i più
prestigiosi spettacoli della lirica.
Ma perché, se la trasformazione
al digitale appare inevitabile e il
successo garantito, in Italia lo
sviluppo sta procedendo con
molte difficoltà? Le risposte
sono emerse dal convegno “Il
punto sul digitale: flessibile,
interoperabile, sostenibile”,
organizzato proprio da
Microcinema durante la recente
Mostra del Cinema di Venezia.
Il problema è la mancanza di
uno standard garantito in grado
di poter leggere tutti i diversi
formati e soprattutto i costi. La
trasformazione di una sala da
“normale”, ovvero attrezzata
per la proiezione in pellicola, a
digitale comporta costi non
indifferenti, ai quali gli esercenti
vorrebbero che partecipassero
Da dieci anni, Raffaella Filipponi è un’esponente di spicco fra gli artisti italiani che lavorano alla DreamWorks Amimation di Jeffrey
Katzenberg. Dopo aver collaborato alla saga
di Shrek, a Madagascar e a La Gang del bosco,
oggi è tra gli artefici di Kung Fu Panda ed è al
lavoro su Monsters vs. Aliens, primo film d’animazione realizzato interamente con il
nuovo sistema 3D.
Con il 3D cosa cambia per l’animazione?
E’ una rivoluzione molto importante: con il
3D il cinema torna ad esprimere un primato
tecnico che rende l’andare a vedere il film in
sala qualcosa di completamente nuovo. Le
difficoltà sono tante e sono legate ai volumi.
Quando lavoriamo abbiamo due schermi. Se
con il 3D vogliamo controllare tutti i punti
di vista delle nostre animazioni dobbiamo
metterci gli stessi occhialetti che si mettono
al cinema.
Qual è il segreto di un’animazione riuscita?
Il modello umano è insostituibile. Noi pos-
siamo replicare i movimenti del corpo, ma
un essere umano ha un volto che difficilmente riesce ad essere animato. Polar Express
è un film bellissimo, ma l’espressione dei
personaggi ricorda quella degli zombie e non
certo degli attori che l’hanno ispirata.
Che consiglio darebbe a chi vuole fare il
suo lavoro?
Fare molta attenzione ai dettagli: il movimento è qualcosa di molto complesso: anche
le pause sono fondamentali nel nostro lavoro, perché una cosa è la staticità di un personaggio, un’altra la sua inerzia.
box office (aggiornato al 21 settembre)
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
Hancock
Burn After Reading
Kung Fu Panda
Il papà di Giovanna
Un giorno perfetto
Pranzo di Ferragosto
Star Wars: The Clone Wars
The Rocker – Il batterista nudo
Le cronache di Narnia: Il Principe Caspian
Il seme della discordia
€ 39,337,400
€ 31,913,363
€ 15,586,315
€ 32,051,237
€ 32,583,385
€ 13 858,221
€ 33,197,239
€ 33,176,144
€ 37,973,767
€ 33,876,371
N.B. Le posizioni sono da riferirsi all’ultimo weekend preso in esame. Gli incassi sono complessivi
anche i distributori. Proprio nel
citato convegno veneziano,
Paolo Protti presidente
dell’Anec, l’associazione degli
esercenti, è stato esplicito:
“Bisogna prendere esempio
dagli altri paesi europei dove
viene adottata la virtual print
fee (VPF), una sorta di contributo da parte delle società di
distribuzione alle spese di
installazione dei sistemi digitali.
Ogni anno in Italia si spendono
60 milioni di euro per la stampa
dei film in pellicola; per la distribuzione il digitale porterà un
grosso risparmio che merita un
equivalente grosso investimento
da parte della distribuzione
stessa. Per arrivare ad una VPF
italiana è necessario creare un
tavolo di confronto fra tutti gli
operatori del settore, istituire
dei gruppi di acquisto e rivolgersi a società di intermediazione, senza mai dimenticare che
prima di tutto vengono le regole del mercato”. Ma come accade sovente nel nostro paese, si
sa che siglare accordi fra le
diverse categorie, anche di uno
stesso settore, non è mai semplice.
ottobre 2008
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
79
Telecomando
DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE
Libri
Vittorio Giacci torna ad
esplorare la poetica di
Michelangelo. Poi
l’Inghilterra coloniale e
il Belpaese nell’era del
tax shelter
Antonioni Point
Sgu ard o est atic o
Imp ero ang lofo no
Ritornare attraverso le immagini e le parole allo sguardo che
ha fatto di Michelangelo Antonioni uno dei più importanti
registi del ‘900. E’ una visuale che tenta di rispondere ad una
sorta di dialogo virtuale tra l’autore e il regista attraverso uno
sguardo comprensivo e sistematico delle opere di Antonioni.
Concepito come uno “sguardo estatico”, il volume
Michelangelo Antonioni (di Vittorio Giacci, Centro
Sperimentale di Cinematografia, € 30,00)
raccoglie interventi di tutti quegli amici,
registi e studiosi che insieme al cineasta
hanno vissuto e lavorato nella costruzione
di un modello artistico che attraversa
tutto il secolo passato. Vittorio Giacci,
esperto studioso delle sue opere, torna a
parlare del cinema di Antonioni dopo
numerosi articoli a lui dedicati insieme
all’ultimo libro fotografico L’avventura.
Con Il bianco, il nero, il colore. Cinema dell’impero britannico
e delle sue ex-colonie, 1929-1972 (Le Lettere, pagg. 288, €
25,00), Pajalich si propone di indagare la rappresentazione del
rapporto tra “Io” bianco e “Altro” nero nel cinema “imperiale”
britannico e americano fra il 1929 e il 1972. Partendo dalla
recensione di alcune pellicole, considerate esemplari della
filmografia anglofona del periodo, l’autore ricostruisce
l’evoluzione dei rapporti fra le culture dei
Paesi coinvolti, in un percorso che va dalla
piena sottomissione delle colonie - e dalla
non considerazione della loro identità -, al
raggiungimento della loro indipendenza e
autonomia espressiva. Il volume non
fornisce un forte apparato teorico rispetto
alle tematiche proposte, offrendo piuttosto
una panoramica generale dal valore
divulgativo.
ANDREA VERDECCHIA
80
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
ottobre 2008
ROBERTO SEMPREBENE
L’It alia del mu to
Autore di numerosi saggi sul cinema italiano e internazionale,
Gian Piero Brunetta, professore ordinario di Storia e critica
del cinema a Padova, ha recentemente pubblicato Il cinema
muto italiano (Laterza, € 22,00), argomento già esplorato anni
fa per gli Editori Riuniti. La necessità di questo ritorno deriva
dal desiderio di ripercorrere i primi passi della
cinematografia italiana sino alla fine degli anni Venti, grazie
anche all’impulso ricevuto da interessanti studi che hanno
mutato “il quadro di riferimento bibliografico”. Uno sguardo
rinnovato su una prolifica, ma anche
complessa, stagione cinematografica
italiana, segnata da opere come Quo Vadis?,
Gli Ultimi giorni di Pompei, Cabiria, dalle
prime grandi dive, quali Lyda Borelli,
Francesca Bertini, Eleonora Duse, oppure da
personaggi forzuti come il Maciste di Pagano
o ladri gentiluomini alla Za-la Mort di Ghione.
Tutto l’amore
che c’è
L’incontro/evento e le varie declinazioni filmiche
di Silvio Grasselli
SERGIO PERUGINI
Ind izi lett era ri
Matteo Colombi e Stefania Esposito hanno curato la
realizzazione del volume L’immagine ripresa in parola
(Meltemi Editore, pagg. 359, € 27,00), raccolta di saggi che
indaga i rapporti tra letteratura e cultura visuale, per la quale
grande rilevanza è riconosciuta al cinema.
Con una serie di differenti percorsi, il libro ci
guida alla scoperta di questi legami,
fornendoci un interessante supporto per lo
studio comparato di forme espressive in
costante dialogo. In parte alla letteratura
rimanda anche Il processo della verità, libro
di Anton Giulio Mancino (Kaplan, pagg. 323,
€ 20,00) che nel definire e argomentare
l’intrigante concetto di cinema “politicoindiziario”, porta fra gli esempi La terra trema di
Visconti, le cui ascendenze letterarie sono note
quasi quanto il suo valore artistico.
ROBERTO SEMPREBENE
Cin em a bip arti san
Il mercante e l’artista (Ed. Spirali, € 20,00) è un testo voluto
da Gabriella Carlucci e Willer Bordon a completamento di
un’iniziativa politica da loro intrapresa a favore del cinema
italiano, coronata con l’inserimento nella Legge Finanziaria
del 2008 di provvedimenti fiscali quali il “tax credit” e il “tax
shelter”. Composto da saggi redatti da tecnici del settore e
completato dalle considerazioni di figure politiche di
riferimento, questo volume si propone di
illustrare l’attuale situazione del settore
cinematografico italiano, anche
attraverso comparazioni con il contesto
internazionale, e spiegare quali vantaggi
dovrebbe produrre l’introduzione del tax
shelter nel nostro ordinamento.
Un’interessante analisi multifocale sullo
stato del cinema italiano e sui suoi
possibili sviluppi futuri.
ROBERTO SEMPREBENE
Tra-due
Roberto De
Gaetano
Ed. Luigi
Pellegrini,
€ 12,00
Se c’è un argomento sul quale davvero sembra
impossibile ancora teorizzare, temerariamente
sfidando luoghi comuni e facili schematismi,
generalizzazioni e banalità, questo è certo l’amore.
Eppure Roberto De Gaetano – studioso di cinema e
di filosofia, docente presso il Dams dell’Università
della Calabria, nonché direttore della collana
Frontiere nella quale esce, per Luigi Pellegrini
Editore, questo suo ultimo saggio –, in Tra-due L’immaginazione cinematografica dell’evento
d’amore, si occupa proprio di ridefinire la vera
natura dell’incontro amoroso, rintracciandone gli
elementi primi, e compiendo poi un breve percorso
attraverso alcune delle più illuminanti narrazioni
cinematografiche che dell’amore hanno fatto
questione. In appena un centinaio di pagine De
Gaetano tenta di comporre un quadro sinottico
esaustivo non solo sull’amore “tra-due” –
l’incontro/evento che con la sua immotivazione e
a-razionalità eccede la situazione della
contingenza superando del tutto, con la sua
tensione all’infinito, la finitezza dell’hic et nunc –
ma pure sulle due altre declinazioni, quella
estetica (l’arte), e ancor più quella politica, il tramolti “cinematografato” da Godard e da Garrel.
Citando da Deleuze ad Althusser, e da Jovanotti a
Gino Paoli, De Gaetano costruisce la sua parabola
filmografica sull’amore trascorrendo dall’ascetico
credere di Gertrud al disperato fremere de Il gusto
dell’anguria.
ottobre 2008
rivista del cinematografo
fondazione ente dello spettacolo
81
Warner Bros. Pictures
e
Cattleya
presentano
© Cattleya S.p.A. 2008/foto: Claudio Iannone
luca
argentero
diane
fleri
Solo
un padre
un film di
luca lucini
WARNER BROS. PICTURES E CATTLEYA PRESENTANO
UNA PRODUZIONE CATTLEYA IN COLLABORAZIONE CON WARNER BROS. PICTURES “SOLO UN PADRE” UN FILM DI LUCA LUCINI CON LUCA ARGENTERO DIANE FLERI FABIO TROIANO ANNA FOGLIETTA
SARA D’AMARIO ALESSANDRO SAMPAOLI E CON CLAUDIA PANDOLFI TRATTO DAL ROMANZO “LE AVVENTURE SEMISERIE DI UN RAGAZZO PADRE” DI NICK EARLS EDITO DA SONZOGNO SOGGETTO E SCENEGGIATURA DI GIULIA CALENDA MADDALENA RAVAGLI
CASTING FRANCESCO VEDOVATI AIUTO REGIA ALESSIO MARIA FEDERICI COSTUMI SABINA AMELIA MAGLIA SCENOGRAFIA MARCO BELLUZZI SUONO TIZIANO CROTTI MONTAGGIO FABRIZIO ROSSETTI MUSICHE FABRIZIO CAMPANELLI FOTOGRAFIA MANFREDO ARCHINTO
PRODUTTORE ESECUTIVO LUIGI PATRIZI PRODUTTORE ESECUTIVO CATTLEYA MATTEO DE LAURENTIIS PRODUTTORE DELEGATO FRANCESCA LONGARDI PRODOTTO DA RICCARDO TOZZI GIOVANNI STABILINI MARCO CHIMENZ REGIA DI LUCA LUCINI
www.solounpadre.it
dal 28 novembre al cinema
www.chanel.com
La Linea di CHANEL - Numero con addebito ripartito 840.000.210 (0,08 € al minuto)