Scarica PDF - Cinematografo
Transcript
Scarica PDF - Cinematografo
rC d rivista del dal 1928 M E N S I L E N . 1 0 O T T O B R E 2 0 0 8 € 3,50 Italia in festival Anteprime e film da non perdere tra Roma e Venezia LA SPIA AMERICANA Di Caprio contro il terrorismo globale, in Nessuna verità di Ridley Scott fondazione ente™ dello spettacolo Poste Italiane SpA - Sped. in Abb. Post. - D.I. 353/2003 (conv. in L. 27.02.2004, n° 46), art. 1, comma 1, DCB Milano Prove di regia Vicari al giro di boa e l'esordio dello scrittore Baricco rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo Nuova serie - Anno 78 N. 10 - ottobre 2008 In copertina Leonardo Di Caprio in Nessuna verità pu nt i di vi st a DIRETTORE RESPONSABILE Dario Edoardo Viganò CAPOREDATTORE Marina Sanna REDAZIONE Gianluca Arnone, Federico Pontiggia, Valerio Sammarco Addio Paul Newman CONTATTI [email protected] PROGETTO GRAFICO P.R.C. - Roma ART DIRECTOR Alessandro Palmieri HANNO COLLABORATO Pietro Coccia, Silvio Danese, Giovanni Giordani, Bruno Fornara, Antonio Fucito, Massimo Monteleone, Franco Montini, Morando Morandini, Peppino Ortoleva, Anna Maria Pasetti, Sergio Perugini, Giorgia Priolo, Angela Prudenzi, Roberto Semprebene, Boris Sollazzo, Marco Spagnoli, Luca Stabile, Giada Tofani, Paolo Travisi, Andrea Verdecchia, Paolo Zelati REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE DI ROMA N. 380 del 25 luglio 1986 Iscrizione al R.O.C. n. 15183 del 21/05/2007 STAMPA Società Tipografica Romana S.r.l. - Via Carpi 19 - 00040 Pomezia (RM) Finita di stampare il 30 settembre 2008 MARKETING E ADVERTISING Eureka! S.r.l. - Via L. Soderini, 47 - 20146 Milano Tel./Fax: 02-45497366 - Cell. 335-5428.710 e-mail: [email protected] DISTRIBUTORE ESCLUSIVO ME.PE. MILANO ABBONAMENTI ABBONAMENTO PER L’ITALIA (10 numeri) 30,00 euro ABBONAMENTO PER L’ESTERO (10 numeri) 110 euro SERVIZIO CORTESIA Direct Channel S.r.l. - Milano - Tel. 02.252007.200 Fax 02-252007.333 [email protected] PROPRIETA’ ED EDITORE PRESIDENTE Dario Edoardo Viganò DIRETTORE Antonio Urrata UFFICIO STAMPA [email protected] COMUNICAZIONE E SVILUPPO Franco Conta [email protected] “Mi immagino, aveva detto una volta, il mio epitaffio: ‘Qui giace Paul Newman, morto per un infarto perché i suoi occhi erano diventati marroni’“. Così non è andata, Paul Newman ha chiuso i suoi “occhi blu di Hollywood”, all’età di 83 anni il 27 settembre, stroncato da un cancro ai polmoni. Accanto a lui, nella sua casa di New York, la moglie Joanne, che aveva sposato 50 anni fa, e le figlie. “Credo di aver preso strade sbagliate e altre giuste, spero solo che nell’ultima corsa la bilancia penderà di più verso quelle di cui posso essere orgoglioso”, diceva, e così è stato, caro Paul. La notizia della sua morte arriva mentre Da un lutto americano al cinema italostiamo andando in stampa: poche righe, brasiliano, con Adolfo Celi. Nel 1964, finito dunque, per salutare l’indimenticabile L’Homme de Rio, Celi torna in Italia, dopo protagonista de Lo spaccone, Nick mano esser stato per 15 anni protagonista della fredda, La gatta sul tetto che scotta, La cultura brasiliana. La sua carriera stangata, Butch Cassidy, e l’ultimo, Era mio Oltreoceano è però misconosciuta nel nostro padre, del 2002. Newman aveva esordito nel Paese, comprese le sue due regie soliste, 1954 con Il calice d’argento, due anni dopo, la Caiçara e Tico-Tico no fubà, e L’Alibi. Un prima affermazione con il vuoto che la Fondazione Ente Rocky Graziano di Lassù dello Spettacolo intende qualcuno mi ama di Wise. Nel colmare con una rassegna, in In più di 60 film, i suoi 1986, dopo 30 anni di carriera, sinergia con la terza edizione “occhi blu di Hollywood” del Festival di Roma: l’accento è vince l’Oscar per Il colore dei hanno riflesso le roots soldi di Scorsese, sequel sulla sua avventura brasiliana, dello Spaccone, che non ritira ripercorsa nel doc. Adolfo Celi – libertarie dell’America in segno di protesta per le Un uomo per due culture firmato troppe volte che era stato dal figlio Leonardo, e quella di candidato e mai premiato. altri “italiani do Brasil”, quali Fabio Carpi e Luciano Salce. Tra corse automobilistiche e impegno Sempre con uno sguardo dedicato al Brasile, filantropico, in più di 60 film questo americano il nostro Ente propone la mostra fotografica dalla faccia pulita, autoironico ma capace di “Con gli occhi di un bambino” sugli indios battaglie etiche esemplari, è divenuto una Yanomami. Un’altra tappa della nostra azione leggenda, incarnando le roots libertarie, ma culturale, sempre tesa all’integrazione e al non eversive (Marlon Brando) degli States: dialogo. COORDINAMENTO SEGRETERIA Livia Fiorentino [email protected] DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE Via G. Palombini, 6 - 00165 Roma - Tel. 06.66.37.455 - Fax 06-66.37.321 [email protected] Associato all’USPI Unione Stampa - Periodica Italiana Iniziativa realizzata con il contributo della Direzione Generale Cinema - Ministero per i Beni e le Attività Culturali ottobre 2008 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 5 DAL 10 OTTOBRE AL CINEMA s o m m a r io n. 10 otto bre 2008 PERSONAGGI 36 Salvate il soldato Ben Arriva Tropic Thunder e i war-movie tremano. Stiller in trincea per combattere con le risate i vizi di Hollywood FILM DEL MESE 38 Vicari e Baricco Registi si nasce. E si diventa. Alla scoperta di Il passato è una terra straniera e Lezione Ventuno SERVIZI 42 Le utopie di Cantet Ritratto “a tempo pieno” di un regista di Classe. Che porta nelle nostre sale la sua Palma d’Oro 46 Wall·E 50 Zohan 51 Il papà di Giovanna 51 Babylon A.D. 52 Mamma mia! 52 Sfida senza regole 53 The Mist 54 La terra degli uomini rossi 54 Il seme della discordia 56 La fabbrica dei tedeschi 56 La classe - Entre les murs 56 Vicky Cristina Barcelona 57 Lezione 21 58 Burn After Reading 60 The Women Anne Hathaway in passerella a Venezia con Rachel Getting Married 62 Nei meandri di Roma Galantuomini in Concorso, indipendenti in Altro Cinema e viaggio in Brasile per Occhio sul mondo. Ecco la 3ª edizione della kermesse capitolina 20 COVER In guerra per Scott Di Caprio infiltrato in una cellula terroristica in Giordania e Russell Crowe cinico veterano della CIA: Nessuna verità sul fronte orientale 24 VENEZIA 2008 Il dopofestival Sguardo a ritroso sulla 65ª Mostra. Tra Leoni combattenti, Coppe Volpi rinnegate e film da non dimenticare Tilde Corsi, Domenico Procacci e Gianni Romoli presentano dal romanzo di un film di Gianrico Carofiglio Daniele Vicari IL PASSATO È UNA TERRA ELIO GERMANO MICHELE C H I A R A CA S E L L I VA L E N T I N A LO D OV I N I M A R C O B A L I A N I DA N I E L A P O G G I M A R I A J U R A D O R O M I N A C A R R I S I F E D E R I C O PA C I F I C I c o n L O R E N Z A I N D O V I N A soggetto GIANRICO CAROFIGLIO sceneggiatura FRANCESCO CAROFIGLIO, GIANRICO CAROFIGLIO, MASSIMO GAUDIOSO e DANIELE VICARI casting LAURA MUCCINO ( U.I.C.) costumi FRANCESCA VECCHI ROBERTA VECCHI scenografia BEATRICE SCARPATO suono REMO UGOLINELLI montaggio del suono BENNI ATRIA ( a.i.t.s) musiche TEHO TEARDO montaggio MARCO SPOLETINI ( a.m.c.) fotografia GHERARDO GOSSI organizzatore generale IVAN FIORINI supervisore alla produzione CLAUDIO ZAMPETTI produttore delegato LAURA PAOLUCCI una produzione FANDANGO - R&C PRODUZIONI in collaborazione con RAI CINEMA in collaborazione con GIUSEPPE PERUGIA per PUBLIMEDIA 2000 e con PIERPAOLO TREZZINI per ARMADILLO CINEMATOGRAFICA prodotto da TILDE CORSI, DOMENICO PROCACCI e GIANNI ROMOLI regia di DANIELE VICARI F i l m r e a l i z z a t o c o n i l c o n t r i b u t o d e l M I N I S T E R O P E R I B E N I C U LT U R A L I E A M B I E N TA L I – D I P A R T I M E N T O D E L L O S P E T TA C O L O Tr a t t o d a l r o m a n z o I L P A S S AT O E ’ U N A T E R R A S T R A N I E R A d i G I A N R I C O C A R O F I G L I O – e d i t o d a R I Z Z O L I www.fandango.it D A L 3 1 www.01distribution.it www.01distribution.it www.rcproduzioni.com O T T O B R E A L C I N E M A vertigo design RIONDINO so mmario 10 Morandini in pillole Diario dal Lido: tra invidia strisciante, ignoranza arrogante e critici alla Nutella 12 Circolazione extracorporea Se bastasse una sola canzone… Con l’avvento del sonoro il brano musicale diventa feticcio oltre la visione 14 Glamorous Gli scatti di Pierre Verger in Mostra al Festival di Roma News e tendenze: le fughe invisibili di Jessica Alba, l’analcolico obbligato per Craig 007, e i folli cachet delle star 16 Colpo d’occhio Belli ed emergenti: Jennifer Lawrence e Ben Barnes, premio Mastroianni e novello Dorian Gray 18 Hollywood Ending Dalla Béart scambiata per la Binoche all’esordio in regia di Heather Parisi. A rimettere ordine ci pensano i Festival del mese 72 Dvd & Satellite Moretti a tappe, l’Italia dei maestri e il primo Phantom of the Opera. In Tv si festeggia Tim Robbins 78 Borsa del cinema Nuove frontiere e vecchi problemi del digitale. A tu per tu con Raffaella Filipponi di DreamWorks Animation 80 Libri Dialogo virtuale con Michelangelo Antonioni, analisi del cinema anglofono durante il periodo coloniale pensieri e parole un critico DOC Quello che gli altri non dicono: riflessioni a posteriori di MORANDINI in pillole di Morando Morandini Critici alla Nutella Al Lido di Venezia, alla fine dei primi due giorni della 65° Mostra del Cinema, c’erano già diversi giornalisti/critici giovani di lingua italiana che manifestavano dissenso, disgusto, noia, parlando di cinema/depresso, atmosfera triste, film orrendi, inutili, scelti male. Forse perché appartengo a una generazione di dinosauri che non sono cresciuti a pane e nutella, ma alla fine dei primi due giorni avevo già visto tre film italiani importanti, di quelli che resistono al tempo: Lo sceicco bianco di Fellini (+ Lo sceicco ritrovato), La Rabbia di Pasolini (ricostruito) e Puccini e la fanciulla di Paolo Benvenuti e Paola Baroni. Ho visto Shirin per ostinazione e perché amo la compagnia delle donne Al Lido di Venezia l’invidia è il vizio più diffuso e verificabile. Anche tra i critici Accoppiata inosservata A 12 ore di distanza al Lido il 28 agosto vengono proiettati Shirin di Kiarostami e Puccini e la fanciulla di Benvenuti. Nel primo non si vede il film che racconta la storia-leggenda della dolce Shirin, ma lo si ascolta, e lo si immagina, attraverso i volti delle spettatrici che lo stanno guardando. Tranne una parola sussurrata (“Aiutatemi”), il secondo è privo di dialoghi, sostituti da brani di lettere e telegrammi. Ho resistito fino in fondo agli 82’ di Shirin per tre motivi: a) per ostinazione; b) perché, in generale, amo molto la compagnia delle donne; c) sono un ammiratore delle donne iraniane (già persiane): quando sono belle, sono bellissime. Che peccato L’invidia - uno dei sette peccati captali secondo il catechismo cattolico - è uno dei più potenti motori della vita sociale. Al Lido di Venezia, durante la Mostra del cinema, è il vizio più diffuso, trasparente, verificabile. Anche tra i critici. Ignoranza arrogante Il 4 settembre, alla proiezione mattutina per la stampa, The Hurt Locker di Kathryn Bigelow, unica donna in gara per il Leone, fu accolto da un gelido silenzio. E’ uno dei quattro film USA in concorso, ma fin dal primo giorno i media italiani hanno cominciato a dire che alla Mostra “mancavano gli americani”. La Bigelow e Jonathan Demme sono tra i pochi registi/autori di talento dell’attuale cinema hollywoodiano, ma molti, troppi giornalisti e critici italiani non lo sanno. Ignoranti più di loro, i loro direttori e caporedattori ne ignorano l’esistenza. Su Celentano e Olmi non hanno dubbi: vende di più, dunque è più popolare e importante Celentano. FINE PEN(N)A MAI VISIONI FORZATE E INDULTI CRITICI Robert De Niro e Al Pacino: Dio li fa e poi li accoppa. Se per Michael Mann non era stata vera Sfida, i due si ritrovano ora vicinivicini per il poliziottesco di Jon Avnet. Facendoci rimpiangere la separazione che fu... #### Camorra – Belzebù: 1 - 0. Gomorra verso gli Oscar, e Giulio Andreotti insorge: se il nostro cinema da esportazione è quello che non “lava i panni sporchi in casa”, perché agli Academy Awards non ci va Il Divo, “che più sporco non si può”? #### Tra i due litiganti, il tedesco non gode. Dal Lido, Wim Wenders tuona: “Mai più in giuria, fino alla fine del mondo”. Il wrestler Mickey Rourke ringrazia, il papà Silvio Orlando pure… ALMOST (IN)FAMOUS: DALLE STALLE ALLE STARLETTE W. non va al Festival di Roma: sgradito a Berlusconi, vociferano i maligni. Assolutamente vero, ma il casus belli non è la politica, ma l’invidia: per l’amico George si muove Oliver Stone, Mister B., invece, deve accontentarsi del Moretti Caimano e di tale Berardo Carboni (Shooting Silvio)… STOP Wesley Snipes sarà James Brown per Spike Lee: futuro molto condizionale, perché prima deve uscire di galera. Altro che Prisoner of Love… STOP “Sei invecchiato…”: l’86enne Gian Luigi Rondi al quarantenne regista Daniele Costantini. Federico Pontiggia 10 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2008 CLAUDE BERRI E JEROME SEYDOUX PRESENTANO MEDUSA FILM “SI RIDE FINO ALLE LACRIME.” Le Monde DANY BOON KAD MERAD UN FILM DI DANY BOON DAL 31 OT TOBRE AL CINEMA con il supporto del programma MEDIA dell'Unione Euoropea. www.medusa.it circolazione extracorporea Fruizioni multiple nell’era della riproducibilità a cura di Peppino Ortoleva IL TEMPO DI UNA CANZONE DALLE ORIGINI DEL CINEMA SONORO IL BRANO MUSICALE DIVENTA IL PIÙ RICERCATO TRA I FETICCI CHE PROLUNGANO LA VISIONE DEL FILM La circolazione extracorporea del film non è cominciata con il digitale. Anzi. Il bisogno di travasare in qualche modo volti e situazioni, emozioni e ritmi dal cinema ad altri mezzi era tanto più forte quando l’esperienza del film era circoscritta nello spazio della sala e soprattutto nel tempo dell’effimera programmazione. Prima che un’astuta trovata di commercializzazione, il merchandising degli oggetti evocativi (i salvadanai di Charlot, i giochi di Paperino o i poster di Bogey) è stato un omaggio all’ingenuo e persistente feticismo del cinefilo nostalgico o del bambino che voleva rivivere il suo cartoon; ed è prolungamento del cinema con altri media anche la lunga serie dei cineromanzi e delle stesse riviste destinate al grande pubblico. Tutti aiuta-memoria e insieme strumenti di esperienza sostitutiva. Almeno dalle origini del cinema sonoro (e dalla quasi coeva affermazione della radio e del 78 giri, seguito nel dopoguerra dal microsolco), la canzone è stata la più pregiata e ricercata tra i feticci che prolungano e in parte suppliscono alla visione del film: dal grande successo di Parlami d’amore Mariù in un’Italia che conosceva appena l’esistenza del grammofono al geniale lancio delle varie Bibidi Bobidi Bu da parte di una Walt Disney Co. in procinto di diventare uno dei primi imperi multimediali, fino alla Febbre del sabato sera e oltre. Niente di cui stupirsi: la canzone è un’emozione sintetizzata e concentrata, è per definizione memorizzabile anche perché generalmente fatta di parole e musiche stereotipate, se viene da un film ne può evocare momenti e situazioni. Soprattutto, la canzone è, con il film, il prodottoprincipe della cultura di massa, il più amato e Emozione insieme il più pervasivo. Negli anni Ottanta, la lunga love story tra la canzo- sintetizzata, ne e il linguaggio delle immagini in movimento ha conosciuto una nuova stagione e in certo senso facile da ricordare un’inversione: con il videoclip è stata la canzone a perché fatta di tesaurizzare il cinema facendone (sulle orme della pubblicità) base per i suoi micro-racconti, dalla parole e suoni Metropolis inserita un po’ a forza in Radio Gaga dei stereotipati Queen al micro-remake di tanti film dell’orrore in Thriller . Nell’epoca di YouTube, ottant’anni di incontri tra film e canzone sembrano precipitare in un unico grande repertorio: dove le immagini filmiche sono generalmente strette nei tempi di un clip, o servono da base a esperimenti diffusi (dai più dilettanteschi ai quasi professionale) di sonorizzazione, e i “numeri” dei musical o le più celebri canzoni da cinema incontrano un successo indipendente, spesso, dall’età. DALLO SCHERMO AL VIDEOCLIP La Metropolis di Lang in “Radio Ga Ga” dei Queen. Sotto il Thriller di Michael Jackson, micro-remake di tanti film horror 12 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2008 glamo rous Ultimissime dal pianeta cinema: news e tendenze 14 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2008 a cura di Gianluca Arnone MAGHI BACCHETTATI A Draco Malfoy non ne va bene una. Dopo Radcliffe pure Tom Felton, nel film l’odioso rivale di Harry Potter, voleva posare senza veli. Ma la Warner, che non si è ancora ripresa dal nudo di Daniel, lo ha frenato. Questione di bacchetta, gli hanno detto. Pardon, d’etichetta. COCA COLA 007 Dopo aver perso il pelo (dal vello di Connery al silk epil di Craig) James Bond perde pure il vizio. Vodka Martini addio. In Quantum of Solace la spia di Sua Maestà berrà solo Coca Cola Zero. La produzione vuole che l’agente meno segreto al mondo resti sobrio per evitare nuovi incidenti automobilistici. E intascare i 6 milioni di euro sganciati dalla multinazionale in pubblicità (occulta). La bevanda è se non altro leggera. Basterà perché i fan la mandino giù? GAFFE “ENORME” ALBASCURA Per Jessica Alba la (in)visibilità è tutto. A scuola “era Jessica in mezzo ad altre 800 ragazzine con lo stesso nome”. In Dark Angel si nascondeva da tutto e da tutti. Tra i Fantastici quattro era la donna invisibile. In The Eye a non vederci era lei. E per il suo ritorno al set, 3 mesi dopo il parto di Honor Marie Warren, decide di girare An Invisible Sign of my Own. Un’altra scelta poco (anzi, per niente) oculata. E’ divisione dei beni tra Jerry O’Connell e Rebecca Romijn? Forse. Alla Mystica di X-Men non è piaciuta la sortita del marito, famigerato gaffeur e attore di Ultraman. In uno dei tvshow più seguiti d’America Jerry ha definito la moglie “enorme”. Nulla di strano, è la moglie di Ultraman. Il problema è che anche incinta da mesi. Il marito se n’è mai accorto? RICCA D’OSSIGENO Paris Hilton, Elvis Presley e Oprah Winfrey sono tra le star più fannullone e pagate al mondo. La classifica è un’appendice di quella generale stilata da Forbes. Passi per Elvis che non campa nemmeno coi diritti d’autore (è morto dal ’77), ma la Hilton becca 1 milione solo per farsi vedere ai party, mentre la Winfrey, mezz’ora di tv al giorno, intasca 385 milioni di dollari l’anno, 61 dollari a respiro. Vero fiato per il denaro. ottobre 2008 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 15 colpo d’occhio JENNIFER LAWRENCE Accanto in The Burning Plain La Lawrence è la speranza, Barnes la promessa: chi sarà la star di domani? Jennifer Lawrence a Venezia non doveva neppure esserci. E’ sbarcata al Lido in economica, grazie al biglietto che i genitori le avevano regalato per il diciottesimo compleanno. Soldi spesi bene. La ragazzona del Kentucky, 1 metro e 75 di poderosa bellezza, occhi radiosi e sano ottimismo, ha stravolto le gerarchie della delegazione di The Burning Plain (che non l’aveva voluta), vincendo l’unico premio che il film di Arriaga ha strappato ai giurati del Lido: il “Mastroianni” come migliore attrice emergente. Trionfo che luccica come il grigio satinato Ferretti, l’abito che la fascia da vera reginetta della Laguna, la più intensa tra la Basinger e la Theron, compagne di set ed ex modelle, proprio come Jennifer. Che sentitamente ringrazia, onora il grande Marcello (“un attore mitico”) e attende fiduciosa l’inizio di una folgorante carriera. Dopo l’antipasto di dolce vita. A tt or i em erg en ti BEN BARNES A destra con Colin Firth in Dorian Gray La maturità può attendere. A 27 anni può sembrare un paradosso, ma Ben Barnes ne è convinto: “Negli ultimi anni non ho fatto altro che accettare parti da diciottenne. Perché dovrei smettere adesso?“. Al “principe Caspian” l’eterna giovinezza fa comodo. Gli ha procurato fan, soldi e contratti. Uno l’ha pure rotto veramente, rischiando una denuncia. Ma i ragazzi son così, impulsivi. Avanti a testa bassa allora, per un’altra avventura nel regno di Narnia (Il viaggio del veliero), e (prima) un duetto col grande Colin Firth nel cine Dorian Gray tratto da Wilde. Dirige lo specialista Oliver Parker (L’importanza di chiamarsi Ernesto). Barnes è il giovane terrorizzato dall’idea d’invecchiare. Ovviamente. Caspian l’indeciso 16 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo Vertigo Design Type Zennaro Domenico Procacci presenta un film di A le s s a n d ro B a r i cco N O A H TAY L O R C L I V E R U S S E L L c o n L E O N O R W AT L I N G e c o n J O H N H U R T SOGGETTO E SCENEGGIATURA ALESSANDRO BARICCO AIUTO REGISTA ROY BAVA VISUAL CONSULTANT TANINO LIBERATORE SCENOGRAFIA MARTA MAFFUCCI COSTUMI CARLO POGGIOLI SUONO BRUNO PUPPARO MONTAGGIO GIOGIO’ FRANCHINI DIRETTORE DELLA FOTOGRAFIA GHERARDO GOSSI ORGANIZZAZIONE IVAN FIORINI SUPERVISIONE ALLA PRODUZIONE VALERIA LICURGO PRODUTTORE DELEGATO LAURA PAOLUCCI UNA COPRODUZIONE ITALIA - REGNO UNITO FANDANGO - POTBOILER IN COLLABORAZIONE CON RAI CINEMA PRODOTTO DA DOMENICO PROCACCI DIRETTO DA ALESSANDRO BARICCO FILM REALIZZATO CON IL CONTRIBUTO DEL MINISTERO PER I BENI CULTURALI E AMBIENTALI – DIPARTIMENTO DELLO SPETTACOLO FILM REALIZZATO CON IL CONTRIBUTO DELLA PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO FILM REALIZZATO CON IL SUPPORTO DI MEDIA PROGRAMME DELLA COMUNITA’ EUROPEA COLONNA SONORA DISPONIBILE SU CD DEUTSCHE GRAMMOPHON www.01distribution.it dal 17 OTTOBRE al CINEMA www.fandango.it FE ST IVAL DE L M ES E di Massimo Monteleone Silenzio, parla il cinema muto di Pordenone. La Francia va a Firenze e il “nostro” Billo a Chicago LE GIORNATE DEL CINEMA MUTO XXVII edizione del prestigioso festival sul cinema muto mondiale, organizzato dalla Cineteca del Friuli. Rarità ritrovate e classici restaurati. Fra le retrospettive, l’ultima parte di “Il progetto Griffith” e una personale dei film muti di W.C.Fields. Ospita la XIII edizione di FilmFair, fiera del libro e del collezionismo cinematografici. 1 FESTIVAL DEL CINEMA LATINO AMERICANO XXIII edizione della rassegna competitiva, fra le principali in Europa ad occuparsi dei film dell’America Latina. Molti i titoli nelle varie sezioni: concorso, contemporanea, documentari, cortometraggi, retrospettiva (sul peruviano Francisco Lombardi). Località Trieste, Italia Periodo 11-19 novembre tel. (041) 5382371 (riferimento a Venezia) Sito web www.cinelatinotrieste.org E-mail [email protected] Resp. Rodrigo Diaz 5 EUROVISIONI 2008 XXII edizione del festival internazionale di cinema e televisione. Il tema di quest’anno è: “La televisione digitale come vettore di coesione o frammentazione sociale”. Località Roma, Italia Periodo 19-24 ottobre tel. (06) 59606372 Sito web www.eurovisioni.eu E-mail [email protected] Resp. Giacomo Mazzone 6 H o ll y wo o d Ending Località Pordenone, Italia Periodo 4-11 ottobre tel. (0432) 980458 Sito web www.giornatedelcinema muto.it E-mail [email protected] Resp. David Robinson FRANCE CINEMA 2 XXIII edizione della rassegna I DUE VOLTI DELLA BÉART dedicata al cinema francese, organizzata dall’Associazione François Truffaut. In programma una selezione di film-evento della stagione cinematografica parigina 2007-2008, e una retrospettiva su Marcel CarnetJacques Prevert. Località Firenze, Italia Periodo 31 ottobre - 2 novembre tel. (055) 214053 Sito web www.francecinema.it E-mail [email protected] Resp. Aldo Tassone “Ma io non sono la Binoche!”. Gaffe grande quanto una casa al Lido quando nella sala del Casinò, una stizzita Emmanuelle Béart ha ripreso una fan che supplicava insistentemente per avere un autografo. Il problema era che la malcapitata aveva dato alla bella attrice una foto di Juliette Binoche. La donna è stata presa a mazzate poco dopo. Denunciato il suo oculista. CINEKID XXII edizione della manifestazione competitiva internazionale di cinema, televisione e new media, indirizzata ai bambini e ai ragazzi. Località Amsterdam, Olanda Periodo 19-26 ottobre tel. (0031-20) 5317890 Sito web http://www.cinekid.nl E-mail [email protected] Resp. Sannette Naeye “Un brutto film della Disney”. Lapidario Matt Damon sulla candidata repubblicana alla vice-presidenza Sarah Palin, che era già stata paragonata da Obama a un “maiale col rossetto”. Che il brutto film sia I tre porcellini? La Disney nega: “I nostri maiali sono democratici”. FOTO PIETRO COCCIA HEATHER ALLA CIECA Blind Maze è l’esordio in regia di Heather Parisi. Storie di bamboccioni a disagio col mondo adulto. Spunto autobiografico. Danza e musica a fare da collante. Che a spezzarsi per ora basta il cinema. 18 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2008 XLIV edizione per il più anziano festival mondiale del Nord America a carattere competitivo. Sullo schermo circa 150 lungometraggi (tra cui l’italiano Billo), ed anche “corti”, documentari, opere studentesche. 3 RASSEGNA DEL 4 DOCUMENTARIO - PREMIO HOLLYWOOD ELECTION CHICAGO INTERNATIONAL 7 FILM FESTIVAL LIBERO BIZZARRI XV edizione del festival competitivo che assegna il Premio “Libero Bizzarri” al miglior documentario italiano (Italia Doc).e il Premio alla Carriera per il Documentario. Altre sezioni competitive: Il Nostro Tempo E’ Ora, Media Educazione. Località San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno), Italia Periodo 10-18 ottobre tel. (0735) 753334 Sitoweb www.fondazionebizzarri.org E-mail [email protected] Resp. F. Pesiri, M. Consorti Località Chicago (Illinois), USA Periodo 16-29 ottobre tel. (001-312) 6830121 Sito web www.chicagofilmfestival.com E-mail [email protected] Resp. Michael Kutza RELIGION TODAY FILM 8 FESTIVAL XI edizione del “Festival internazionale di cinema e religione”, inteso a promuovere la conoscenza delle opere in cui l’esperienza religiosa assume una cifra estetica su cui riflettere. Il tema odierno è “Il volto dell’altro”. Fra le sezioni: film a soggetto, documentari, cortometraggi. Località Bolzano-Trento-RomaFerrara-Nomadelfia, Italia Periodo 16-31 ottobre tel. (0461) 981853 Sito web http://www.religionfilm.com E-mail [email protected] Resp. Lia G.Beltrami COVER Leonardo Di Caprio è l’operativo CIA Roger Ferris in Nessuna verità; a fianco, con Russell Crowe Il corpo d La spia Di Caprio e il veterano Crowe per Ridley Scott. In Medio Oriente fra tranelli e Nessuna verità americana di Federico Pontiggia “SITUATION” O “WAR”? La differenza è tutta qui: è una situazione o una guerra, quella in corso in Iraq?. Per la CIA, per bocca dell’operativo Roger Ferris, è una situazione, a senso unico: attentati suicidi, stragi di civili, stillicidio di poliziotti, sequestri; per chi sta dall’altra parte, la sorella della ragazza giordana di cui Ferris si è innamorato, viceversa è guerra: in Iraq e in Medio Oriente, tra America, “jews e crusaders”, e Islam. Dicotomia di vedute, prospettive agli antipodi, che un cinema di parte cerca di consegnare al pubblico senza troppa partigianeria: è il cinema Usa contemporaneo, che avrà 20 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2008 el reato ottobre 2008 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 21 COVER perso la radicalità politica degli anni ’70, ma di certo si è fatto più tempestivo. Se il Vietnam rimase nel fuoricampo di Hollywood per lunghi anni, viceversa l’ombra delle torri dell’11 settembre e i conflitti correlati, dall’Afghanistan all’Iraq, si sono presto stampigliati sullo schermo, da World Trade Center e United 93, passando per Syriana e Jarhead, fino a Redacted e The Hurt Locker. Davvero la “situazione” del Middle East oggi è embedded nel cinema stelle & strisce, che cerca di costruire un controcampo emozionale, star al seguito, alla prosaicità e laconicità delle breaking news televisive e della bassa definizione del web. Alla nutrita - e qualitativamente eterogenea - compagine si unisce ora Sir Ridley Scott con Nessuna verità (Body of Lies), sceneggiato da William Monahan a partire dal romanzo del columnist del Washington Post David Ignatius (2007). Protagonisti Leonardo Di Caprio, con la barbetta e le ferite dell’agente segreto Roger Ferris, operativo tra Giordania, Emirati, Siria e Iraq alla ricerca della mente di micidiali attentati in Europa, e il suo superiore, per lo più voce all’altro capo di una linea telefonica protetta: il veterano Ed Hoffman, ovvero Russell Crowe, invecchiato e appesantito ad hoc per decidere dagli States, tra la pipì di un figlio e la partita di un altro, vita e morte degli informatori in loco, e dello stesso Ferris. Sono loro a incarnare le sfaccettature della prospettiva Usa sul conflitto: sul campo, quella di Ferris, che si fa scrupoli morali, perde le dita, la faccia e quasi la testa, si innamora e si becca nel corpo i frammenti di ossa del suo attendente locale; l’asetticità di Langley, con la routine pragmatica di Hoffman, che ha poco del drôle de guerre, tranne l’ottusità. Umano, troppo umano l’uno, su cui pioverà una probabile candidatura all’Oscar, bolso e disilluso l’altro, hanno un minimo comune denominatore: la dissimulazione, anzi un body of lies, tra doppi giochi, tranelli, mezze verità e piene menzogne, con un terzo vertice: il “Situation” o “War”, quella in Iraq? Tra menzogne e doppigiochi, si apre la via per risposte meno comode 22 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2008 “Leo d’Arabia”; sopra, a tavolino con il suo capo Russell Crowe capo dei servizi giordani, interpretato da un fascinoso Mark Strong. E’ lui a tracciare la terza via, giordano che collabora con il nemico-amico americano, a una condizione, ovviamente impossibile: la verità. Quella stessa verità che il film di Ridley Scott insegue, senza troppa fiducia: lussuosa – e già vista – confezione, con un manipolo di premi Oscar tra montaggio (Pietro Scalia), costumi (Janty Yates) e cast (Crowe), effetti molto speciali, per esplosioni e pirotecnica varia, e due – ineludibili? – argini: l’innocuo Spy Game del fratello Tony e il più complesso Syriana di Gaghan. Poco importa, Body of Lies ci consegna il solito body of evidence: il corpo del reato americano. % MEDUSA FILM E BIANCA FILM PRESENTANO PIERFRANCESCO FAVINO KSENIA RAPPOPORT e con MONICA BELLUCCI l’uomo che ama MARIA SOLE TOGNAZZI MARISA PAREDES PIERA DEGLI ESPOSTI ARNALDO NINCHI un film di 24-10-2008 www.luomocheama.com schegge di festival Mel FOTO: ROBERTO SEMPREBENE Un “giovane” Bresson 24 “Il cinema ha bisogno di questi premi che legittimano il lavoro di chi al successo antepone la ricerca. E il mondo necessita di questo cinema per continuare a guardarsi dentro”. Conciso e saggio (ma senza capelli bianchi), Daniel Burman è, a 35 anni, il più giovane vincitore del Robert Bresson, lo storico riconoscimento che la nostra Rivista assegna ogni anno al cineasta la cui opera sia stata specchio “fedele e spirituale” della vita. (G.A.) rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2008 SI RINGRAZIA L'ISFCI - ISTITUTO SUPERIORE DI FOTOGRAFIA E COMUNICAZIONE INTEGRATA Poche star, tante critiche: la 65ma Mostra si è chiusa tra il malcontento generale. Ma al contrario degli italiani, i film da premiare erano molti di più di Marina Sanna foto Pietro Coccia, Luca Stabile, Giada Tofani ancholia ottobre 2008 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 25 schegge di festival Darren Aronofsky e il suo Wrestler Mickey Rourke con il Leone d’Oro. Accanto Haile Gerima SARANNO STATE LE CRITICHE estenuanti (Mostra nervosa, sottotono, malinconica, ecc …), a farcela sembrare meno scialba e noiosa, anzi decisamente più interessante di quello che hanno ripetuto i quotidiani? Il rischio era evidente: non si può sottovalutare l’aspetto mediatico di un festival come Venezia, ora più che mai con Roma in assetto da guerra. Il presidente Baratta se l’è presa con la crisi globale e la location, ossia la mancanza di ospitalità da parte del Lido, che non è una novità, il direttore Müller con lo sciopero degli sceneggiatori. La verità è nel mezzo: i film più belli se li è presi Cannes e Venezia costa troppo per gli americani, specie in questo momento. Ma, tanto per cominciare, non è vero che, come ha scritto qualcuno, poche opere erano “degne della qualifica di nuovo e importante”. Basta guardare ai premi per capire che la giuria si è divisa, anzi fratturata, nell’assegnazione dei riconoscimenti, al di là delle esternazioni impulsive del 26 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2008 Al di là delle esternazioni impulsive di Wenders, la giuria si è fratturata nell’assegnazione dei riconoscimenti presidente Wim Wenders. Due qua (Leone d’Argento e Osella per la fotografia a Paper Soldier di Aleksey German jr.), due là (Premio speciale della giuria e Osella per la sceneggiatura al bell’etiope Teza), la coppa Volpi a Silvio Orlando che doveva essere di Mickey Rourke per la straordinaria performance in The Wrestler (ben gli è andata ad Aronofsky che ha vinto il Leone d’Oro); la coppa alla francese Dominique Blanc per L’autre, mentre fino all’ultimo la favorita era Anne Hathaway, intensa e bravissima, diretta da Jonathan Demme. Incomprensibile invece il Leone per l’insieme dell’opera a Werner Schroeter L’attrice Dominique Blanc con la Coppa Volpi vinta per L’Autre (per avere un’idea del suo Nuit de chien consigliamo di recuperare la simpatica striscia di Stefano Disegni sul daily di Ciak). I premi non hanno esaurito i titoli, nelle pagine successive vi segnaleremo quelli da non perdere, a partire da Demme e il suo Rachel Getting Married, girato come un documentario e più sconvolgente di una sessione di psicoterapia. O il sorprendente The Hurt Locker di Kathryn Bigelow (premio La Navicella e Signis), che affronta con sguardo nuovo il conflitto iracheno e gli effetti collaterali del disastro americano. I giapponesi animati sono passati in sordina: Miyazaki con il delizioso Ponyo on the Cliff by the Sea e l’affascinante e dolente The Sky Crawlers di Oshii. L’originale Vegas: Based on True Story dell’iraniano Naderi, Achille e la tartaruga di Takeshi Kitano, risorto dalle sue ceneri, e l’esordio alla regia di Arriaga con The Burning Plain (premio Mastroianni all’esordiente Jennifer Lawrence). Quanto agli italiani, se il linciaggio reiterato di Ferzan Ozpetek e del suo Giorno perfetto era in qualche modo prevedibile, la squadra nel complesso era davvero in tono minore. Melancholia, come suggerisce il titolo filippino che ha sbaragliato la concorrenza di Orizzonti. % Piccolo grande uomo “Vorrei questo attimo si fermasse per sempre”, dice l’Orlando gioioso “Vorrei che questo attimo meraviglioso si fermasse per sempre”. Silvio Orlando ha accolto così la Coppa Volpi per il suo Papà di Giovanna. E meno male che subito dopo è uscito dalla Sala Grande per le prime interviste da vincitore, perché “il mitico” - come l’aveva appena definito - Wim Wenders teneva in caldo una pubblica diminutio per l’Orlando gioioso: in sintesi, regolamento permettendo, la sua Coppa sarebbe andata al Wrestler Mickey Rourke. Povero Silvio, che si era preparato “un bellissimo discorso sulla recitazione, sul rapporto con Napoli, ma poi non ho capito più niente, e mi sono messo a farneticare cose su tutti i registi con cui ho lavorato”, “urlando per non piangere” e dispensando gaffe, del calibro: “Ringrazio Pupi che ci guarda dall’alto dei cieli” e “Non so Valeria (la giurata Golino, NdR) come hai fatto a convincerli…”. L’indomani, cronaca delle polemiche wendersiane a parte, i quotidiani l’avrebbero celebrato come “il Dustin Hoffman italiano”, ma lo schiaffo della giuria deve bruciare ancora. Meglio, dunque, tornare alla sua prova, “nonostante l’apparente complessità, una delle più semplici della mia carriera, perché nata da un copione solido, quello che Pupi ha tratto dal suo romanzo, in cui c’era già tutto il futuro del film”. Al centro de Il papà di Giovanna, il rapporto tra un padre (Orlando), e la figlia (Alba Rohrwacher) con gravi problemi mentali, nella Bologna anni ‘40: “Una storia che ti prende al cuore, a differenza di tanto cinema italiano che raffredda i sentimenti, perché li considera volgari. Viceversa, in questo film non esiste alcuna reticenza emotiva”, confessava (F.P.) Orlando. Takeshi Kitano, Valeria Golino e Wim Wenders. A sinistra Anne Hathaway ottobre 2008 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 27 gli imperdibili Sol Levante? Un mare di tenerezza per Ponyo di Miyazaki, le evoluzioni dei Kildren per Oshii di Federico Pontiggia “PONYO PONYO PONYO...”: l‘inno della 65esima Mostra è la colonna sonora dell’animazione del maestro nipponico Hayao Miyazaki, Ponyo on the Cliff by the Sea. Leone d’Oro alla carriera nel 2005, quando portò in Laguna Il castello errante di Howl, Miyazaki ritorna a commuovere, con la consueta ricetta: la semplicità. Semplicità grafica, con artigianalità e manualità di tratto, fattura e lavorazione distante anni luce dai byte della computer graphic di Pixar e DreamWorks, e semplicità di caratteri, che nascono per i bambini e crescono fino a regalare un 28 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2008 insegnamento - morale - agli adulti. Una casa sospesa sul mare, dove vive il piccolo Sosuke. Un giorno, incontra una pesciolina rossa, scappata dal fondo degli abissi, che ribattezza Ponyo. Si innamorano: “Ti proteggerò”, promette il ragazzino alla pesciolina-bambina. Infanzia, ecologia, tolleranza, diversità, anzianità, femminismo, sono tutti temi che affiorano, sul mare animato di Miyazaki, depurati di qualsiasi scoria: pesantezza stilistica, saccenza poetica e intenzioni pedagogiche rimangono nel fuoricampo, scacciate via dalla tenerezza, l’apertura al mondo di due Oshii in the Sky Piloti giovani in eterno per un war game da adulti creature di 5 anni. Ponyo, che corre sui cavalloni, adora il prosciutto e porta sulla terra la luce del mare, Sosuke, che regala l’infanzia alle vecchiette, comunica al padre con la luce e piange per la madre che non trova: sono loro i protagonisti di un romanzo di formazione “al contrario”, letto dai bambini ai genitori. Sulla scorta de La sirenetta di Andersen e La valchiria di Wagner, “una fiaba avventurosa sull’amore infantile e una risposta alle afflizioni dei nostri tempi” per Miyazaki, che, negando di aver ricreato “il suo maremoto” sulla scorta dello tsunami di Phuket e Krabi del 26 dicembre 2004, canta le lodi dell’oceano: “Il mare va, il mare viene: l‘uomo non può farci niente, solo accettarlo”. Vero, Ponyo? % Giappone animato: Hayao Miyazaki e Mamoru Oshii Giappone-Venezia sola andata: ecco i “Kildren”, piloti geneticamente modificati per un’eterna adolescenza e addestrati per i war games degli adulti, protagonisti del secondo anime in concorso, The Sky Crawlers di Mamoru Oshii, già nella storia per Ghost in the Shell e Innocence. Dalla serie a fumetti di Hiroshi Mori, il regista porta in cielo i Kildren, crasi di “Kill” e “Children”: apatici a terra, (ri)vivono in volo, e solo lì possono morire, per le logiche dell’entertainment. La guerra serve alla pace - questo l’assunto - ancor più se piegata alla spettacolarizzazione dei media: the show must go on, con i Kildren per metà kamikaze e per metà figuranti televisivi. Stupende musiche di Kenji Kawai, ottimo sonoro del lynchano Randy Thom, The Sky Crawlers – premiato col Future Film Festival Digital Award - riesce in una perfetta alchimia di matite e CGI, le prime a disegnare l’atonia e il nonsense del suolo, la seconda a regalare nubi soffici, evoluzioni aeree, eliche vorticose e destini incrociati. Ma è una sinergia riuscita solo sul piano formale: a terra rimane pure la psicologia dei personaggi, mentre l’altitudine è solo war game, splendide mosse senza perché. Oshii in the sky, without diamonds. (F.P.) ottobre 2008 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 29 gli imperdibili Dalla delusione The Fountain alla vittoria con The Wrestler: Aronofsky commuove il Lido con un mostruoso Mickey Rourke di Valerio Sammarco Sul ring, un Leone! “IL FILM È MOLTO PICCOLO, la storia esile, ma ha un cuore aperto e sanguinante, che non smette di battere. Venezia l’ha amato perché qui c’é un talento che mette in gioco il suo cuore, Mickey Rourke”. Darren Aronofsky – ritorno trionfale al Lido a due anni dalla delusione The Fountain – lo sa e non fa molto per nasconderlo: The Wrestler non sarebbe stato la stessa cosa senza Mickey Rourke nei panni di Randy “Ram” Robinson, leggendario lottatore professionista negli anni ’80, ora ridotto a combattere ogni weekend nel circuito indipendente e a farsi scattare fotografie da autografare per 8 dollari. Intorno a lui, in quel mondo di ex lottatori invecchiati e appesantiti – chi sulla sedia a rotelle, chi costretto ad andare in giro con il catetere – esiste ancora lealtà e solidarietà, ma anche anabolizzanti e cicatrici: meno profonde, però, di quelle causate dalla vita “reale”. Ram l’ariete è solo, in un “mondo che se ne frega di lui”, con una figlia adolescente (Evan Rachel Wood) che 30 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2008 prova inutilmente a riconquistare dopo anni passati chissà dove e l’illusione di un nuovo amore (Pam/Cassidy, spogliarellista agée interpretata da Marisa Tomei) che non ci sarà mai. Nessuna svolta mielosa o consolatori sentimentalismi: Aronofsky non smette di seguire il suo Randy - inquadrandolo spesso di nuca, con macchina a spalla e pianisequenza - illudendolo di poter sognare altri ingressi trionfali: l’eco dei tifosi rimbomba poco prima di iniziare il nuovo lavoro al banco alimentari, ma non appena oltrepassata la tendina del “dietro le quinte” è il silenzio a calare nuovamente sulla sua vita. Lo stesso che l’aveva circondato dopo l’infarto costringendolo a smettere con le esibizioni e tentare la via di una vita “normale”: ma è un fallimento che Randy non può sopportare, preferendo una volta di più il martirio della carne e il grido del pubblico, accettando l’epico confronto con “The Beast of MiddleEast” a vent’anni dall’ultimo combattimento. Ed uscire di scena dalla porta principale, volando dalle corde verso il centro-ring. % “Burning” in the Usa L’Iraq nel mirino: tra sci-fi e reportage, ecco l’Hurt Locker di Kathryn Bigelow Anne Hathaway in passerella. Sotto il regista Jonathan Demme. Accanto una scena di The Hurt Locker e Kathryn Bigelow Rachel Getting Married: Demme torna alla fiction con un toccante album di famiglia e la Hathaway in stato di grazia di Gianluca Arnone LA DISASTRATA FAMIGLIA avrebbe meritato un premio. Con Rachel Getting Married Jonathan Demme ci regala un ritratto d’interni toccante, imperniato sulla figura di Kym, membra e tossica dei Buchmann, dimessa da un rehab per partecipare alle nozze della sorella Rachel. Ritorno a casa tra le gioie dei preparativi e le crisi di una famiglia disgregata, che vorrebbe ritrovarsi e non sa, forse non vuole, riuscirci. “Che cosa devo essere ora?”, chiede la protagonista, e la domanda riverbera dallo schermo alla sala segnalandoci un irreparabile strappo affettivo, l’impossibilità di corrispondere alle richieste degli altri. Strappo tirato da una parte e dall’altra, delle ragioni agli antipodi, degli sguardi che occludono, dei passati che non passano. E tenerezza anche, sorrisi e abbracci dopo le lacrime, spiraglio lasciato aperto, fondamento irragionevole dei legami di sangue. L’esperienza documentaria ha giovato al cinema di Demme. Gli ha trasmesso una prassi che insegue il vibrato del reale e lo assorbe, convertendo ogni sussulto in discorso. Così, più della storia, a contare è la sua forma che, memore del cinema immediato di Cassavetes e Kechiche, trascina lo spettatore nell’hic et nunc di una recita familiare dove passano fantasmi, slanci, sconfitte e voglia di ricominciare. Una forma supportata da una scrittura viva e spigliata, contrappuntata dai vari numeri musicali, restituita alla sua verità da un parterre d’attori in stato di grazia e una Hathaway immensa, capace di far recitare anche gli zigomi. DAL REPORTAGE al grande schermo, per raccontare i giorni vissuti pericolosamente da un reparto speciale dell’esercito, destinato alla bonifica dei campi iracheni. Ore passate tra il countdown delle bombe e le crisi di nervi, la paura e l’esaltazione, i nemici e le imboscate dietro ogni via. Camera a mano e focali corte: armi in mano alla Bigelow per “trascinarci” nella battaglia, corpo a corpo con la guerra, tra i frammenti di pelle e l’odore di sangue, nell’azione che non è azione, ma disegna, scena dopo scena, un’elicoide narrativa che ricomincia sempre daccapo, attorcigliata all’asse vita/morte. La Bigelow procede senza fronzoli né ideologie, punta alla tensione e mette in scena un Iraq simile al “pianeta rosso”, inospitale e minaccioso, soldati dentro scafandri da astronauti e robot esploratori che vanno in tilt. Un debito con l’immaginario sci-fi sottolineato da una citazione di 2001: Odissea nello spazio, quando l’oscillazione in ralenti di un ordigno riporta alla memoria quella dell’osso/astronave nel capolavoro di Kubrick. Come se 40 anni dopo quel “saggio sulla violenza” non solo la civiltà ma anche il cinema americano fosse incapace di creare immagini nuove e prospettive inedite. (G.A.) ottobre 2008 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 31 gli imperdibili Amir nell’inferno di Vegas Indipendenti e infelici: la regia secondo Naderi. Escluso (colpevolmente) dal palmares veneziano di Federico Pontiggia “VEGAS? UNA STORIA AMERICANA, di quell’America che non viene descritta dai mass media, e nemmeno dalle menzogne di Hollywood”. Periferia dell’Impero del divertimento stelle & strisce, un prefabbricato in the middle of nowhere, dove le luci dei casinò non arrivano, e una famiglia: il gommista e drogato di slot machine Eddie Parker (Mark Greenfield), la moglie Tracy (Nancy La Scala), cameriera e drogata di pulizia, il figlio dodicenne Mitch (Zach Thomas), grunge e cazzuto. Famiglia white trash, pronta a finire nell’inceneritore dell’azzardo, ovvero del reality-gambling, che ha un volto – sconosciuto - e un sospetto - la refurtiva di una rapina milionaria è seppellita nel giardino di casa? “Amo (Las) Vegas, perché è un inferno”, confessa Amir Naderi, in concorso con l’indipendente, low budget e digitale Vegas: Based on a True Story, dato tra i favoriti per il Leone e poi rimasto – colpevolmente - a bocca asciutta. Già al festival di Torino con Marathon - 32 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2008 Il regista Amir Naderi. A sinistra Mark Greenfield in Vegas: Based on a True Story Enigma a Manhattan nel 2002 e Sound Barrier tre anni dopo, qui il regista iraniano trapiantato negli States ha dovuto “abbandonare il mio metodo sperimentale in favore di una struttura narrativa. Las Vegas non è solo luci, colori e neon: c’è anche la gente, e volevo raccontarla”. Una scommessa nel film, e tanti azzardi per realizzarlo: “Ho vissuto sei mesi in un motel, tirando a campare con i soldi che vincevo al casinò. Ho conosciuto altri giocatori, e proprio loro mi hanno finanziato il film: se vincevamo al tavolo di notte, la mattina dopo si batteva il ciak; se perdevamo, “oggi non giriamo, il tempo non è buono...”. “Non facile, ma alla fine medicamentosa” per Nancy La Scala, “bella e terribile” per Greenfield, la lavorazione di Vegas ha infettato arte e vita, ossessione e mestiere, senza compromessi: “Alla fine, mi volevano picchiare. Li tenevo sotto pressione, mettendoli l’uno contro l’altro, sono arrivato perfino a dire: o rigiri la scena o mi uccidi adesso, con un coltello.... Fa parte della mia natura: amo il rischio, la sfida, mettermi in situazioni terribili”. E uscirne vivo, con una giovane speranza, di nome Mitch. % Rugiada africana Un viaggio nel tempo, dove il futuro ha poche speranze: è il sorprendente Teza di Haile Gerima di Silvio Danese DI SORPRENDENTE, nel film che ha imposto ai quotidiani e alle televisioni, da Venezia, titoli di testa su un autore etiope e attori sconosciuti, c’è la ricca combinazione di “impressioni” cinematografiche. Tra le capanne e l’indigenza rurale d’Africa, i vecchi coi bastoni e il sole all’orizzonte, incomincia come una pellicola di Sembene, se non fosse che l’educazione americana del regista Haile Gerima imprime un ritmo svelto di stacchi e punti di vista. Quando il tormento di Anberber sollecita il passato, si aprono flashback sull’esperienza studentesca in Germania, che illumina come in un Oliver Stone africano le ragioni delle speranze sociali e delle delusioni politiche. Teza è una bella scoperta, un romanzo sociale di emozionanti sviluppi, ritorni e riprese, epopea della tragica esperienza dittatoriale comunista di Mengistu nella storia del biologo Anberber che, torna in Etiopia e affronta i rischi, le vessazioni di un regime brutale, con vendette assassine al posto delle promesse di civiltà e libertà. È un kolossal africano con idee, in fondo, capace di produrre scintille tra il razzismo d’occidente, l’ottuso marxismo africano e le arcaiche regole del mondo rurale delle origini. Di Gerima si sa poco. È figlio d’arte, suo padre era drammaturgo, ha studiato alla Ucla e insegna a Washington. Ricordiamo soltanto un film, la fotomodella posseduta di Sankofa, visto a qualche festival quindici anni fa. In un dialetto africano il titolo significa “tornare al passato e volgersi al futuro”. Anche Teza è un viaggio nel tempo, dove il futuro ha meno speranze. % Combinazione di impressioni per un romanzo sociale di emozionanti sviluppi e ritorni Haile Gerima in mezzo agli attori di Teza. Sulla destra il protagonista Aron Arefe ottobre 2008 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 33 gli imperdibili Orizzonti senza volto Dalla sezione parallela della Mostra gli interrogativi di Mograbi in Z32 di Carlo Chatrian PUÒ UN DOCUMENTARIO negare il volto dei suoi protagonisti? La parola, la testimonianza hanno un valore diverso se pronunciate da un uomo incappucciato? Z32, l’ultimo lavoro di Avi Mograbi, filmmaker israeliano impegnato da vent’anni in una riflessione critica verso il suo paese, parte da questo assunto. Inizialmente è il regista con il volto coperto da una calzamaglia a giocare il ruolo del “terrorista”: le sue parole sottolineano lo status di uomo non identificato: la questione dell’identità è così posta. Z32 mette a confronto due posizioni, antitetiche e alternative: quella del cittadino e quella del soldato. La prima ha a che fare con la scelta: la decisione di mostrarsi, di agire nella società civile, di denunciare gli eventuali soprusi e abusi di potere (come lo stesso regista ha fatto nel precedente film, Avenge but One of My Two Eyes, quando si era confrontato con un soldato israeliano ad un checkpoint). La 34 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2008 seconda è sottoposta ad un contratto che nega ogni decisione: il soldato finisce per essere una macchina che esegue degli ordini (nel caso in questione l’esecuzione in una missione punitiva di due guardie palestinesi). Dal momento che in Israele la leva è obbligatoria per tutti, ecco che le due posizioni, così inconciliabili, finiscono, Il regista Avi Mograbi. Sopra una scena di Z32 nella grandissima maggioranza dei casi, per convivere all’interno di una sola persona. E’ questa identità, impossibile e lacerata, che Mograbi pone al centro del suo film. La struttura è costituita da un ideale campo e controcampo con da una parte il regista e i suoi commenti (surreali e brechtiani) e dall’altra il soldato e la sua ragazza con i volti mascherati. Senza imporre delle soluzioni Mograbi sembra con questo film, in cui non può filmare i volti e le loro emozioni, fare un passo indietro rispetto ai suoi documentari militanti e mettere in una situazione di scacco il concetto stesso di documentario. Che cosa resta sullo schermo? Un’interrogazione sulla situazione in cui si trova il soldato, che è altro da noi, per quella maschera digitale che sovrappone al suo volto un altro volto, e al contempo uno qualunque di noi. Senza più identità, il soldato è allora l’emblema del destino tragico in cui si trova Israele tutto. % Tratto dal libro di Tomi Ungerer "I TRE BRIGANTI" pubblicato dalla Nord-Sud Edizioni, un marchio della Adriano Salani Editore casus belli Sold Ben Stiller, Robert Downey Jr. e Jack Black. Accanto il cast schierato, sotto Steve Coogan Stiller, Black e Downey Jr. per il “più grande film di guerra mai realizzato”: Tropic Thunder di Valerio Sammarco 36 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2008 ati per gioco SPEEDMAN (Stiller), Lazarus (Downey Jr.) e Portnoy (Black): cognomi che ai più non diranno niente, ma bastano i tre (finti) trailer in testa a Tropic Thunder (nelle sale dal 24 ottobre) per far chiarezza sui personaggi in questione. Star dell’action-movie il primo, 5 volte premio Oscar il secondo (in arrivo la sua ultima prova, ambiguo frate albino - ogni riferimento al Codice da Vinci è puramente casuale… - al fianco di Tobey Maguire), comico trasformista il terzo, sulla cresta dell’onda grazie alle sue performance flatulenti in Fatties: insieme, si ritrovano sul set del “più grande war-movie mai realizzato”, Tropic Thunder, basato sul memoriale di un veterano del Vietnam (Nick Nolte), soldato di un’unità speciale formata da 10 uomini. Di questi, solamente in 4 ritornarono. Tra loro, 3 scrissero un libro. Due vennero pubblicati, uno stava per diventare un film: le premesse per superare precedenti capisaldi come Platoon o Apocalypse Now non mancano, peccato però che i costi di produzione stiano lievitando, gli attori non carburino e l’impaziente Grossman (Tom Cruise, pelato e imbolsito) non minacci di interrompere tutto. Sarà allora che l’ex soldato suggerirà al regista (Steve Coogan) di portare i cinque protagonisti (nel cast anche il rapper Alpa Chino – leggetelo Al Pacino… - interpretato da Brandon T. Jackson, e il giovane Sanduski, Jay Baruchel) nel cuore della giungla, per fargli toccare con mano la realtà che cercano di rappresentare sullo schermo… Sette anni dopo Zoolander, Ben Stiller torna a scrivere (con Justin Theroux ed Etan Cohen) e dirigere un film, prendendo di mira non più l’universo della moda ma il suo stesso, dorato e impazzito mondo: “Ho scritto, prodotto, diretto e interpretato Tropic Thunder perché trovo divertente il fatto che tutti gli attori dei film di guerra raccontino di aver vissuto con tale intensità quell’esperienza come se avessero combattuto davvero, dimenticandosi quali siano le reali problematiche che i soldati veri sono costretti ad affrontare durante la guerra”. Umorismo di fine rozzezza – la fisicità di Jack Black non può più essere contenuta, la presa in giro di attori devoti al “metodo” come Lazarus, australiano che si sottopone ad un trattamento di pigmentazione per interpretare un soldato afroamericano – ed efficace citazionismo le chiavi per raccontare una guerra mai così divertente. Chissà che la sofferta consacrazione di Speedman (alla fine premiato con l’Oscar…) non porti ulteriori fortune anche a Stiller. % Non più l’universo della moda nel mirino del comico-regista, ma il suo stesso dorato e impazzito mondo ottobre 2008 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 37 questione di stile Un passato Daniele Vicari porta al Festival di Roma il romanzo di Carofiglio. Dal testo all’immagine, Baricco esordisce con Lezione Ventuno di Valerio Sammarco 38 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2008 straniero ottobre 2008 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 39 questione di stile BARI, GIORNI NOSTRI. Giorgio (Elio Germano), giovane magistrato, viene fermato da una ragazza con l’aria dimessa (Valentina Lodovini). “Non ti ho mai ringraziato per quella notte. Ecco, volevo farlo ora. Ma ti ricordi di me? Sono Antonia…”. E il pensiero ritorna a qualche tempo prima, a quando mancava ancora un esame per laurearsi, a quando – dopo aver conosciuto Francesco (Michele Riondino), abile e misterioso giocatore di carte – il suo mondo borghese e rassicurante si trasformò in un vortice dai contorni sfocati, catturandolo su tavoli da poker in ville sontuose o bettole senza nome, per una discesa agli inferi verso angoli dell’anima fino ad allora ignoti. Ecco allora che Il passato diventa una terra straniera, e quanto scritto da Gianrico Carofiglio – premio Bancarella 2005 – raggiunge lo schermo per mano di Daniele Vicari, al suo terzo lungometraggio di finzione, il primo da un soggetto non originale ma, per sua stessa ammissione, un film “totalmente libero, che estremizza alcuni aspetti ai quali il libro allude solamente”. Dal testo all’immagine, passando per gli ambienti, le atmosfere e le mani a poker che caratterizzano il film: come si fondono questi elementi? Dopo aver letto il libro, ho capito che Carofiglio conosceva molto bene le cose di cui parlava: quei mondi, quei personaggi, le strade e i vicoli notturni di una Bari dai connotati indecifrabili esistevano veramente, come la continua sovrapposizione tra società altolocata e il fumo di bische o cantine malfamate. Questo, più di ogni altra cosa, mi ha convinto a fare il film, il fatto che seppur di genere, il romanzo avesse un’impronta così fortemente realistica. Siamo riusciti a fornire una rappresentazione credibile di quello che ruota intorno al poker perché lo abbiamo calato in ambienti verosimili: di fatto, è l’acqua in cui nuotano i due personaggi principali. Quale è stato il lavoro con Carofiglio? Il primo referente è stato ovviamente Massimo Gaudioso, il vero sceneggiatore del film. Gianrico Carofiglio e il fratello Francesco hanno dato un contributo generale, aderendo con intelligenza al progetto ed è stato un lavoro proficuo, soprattutto perché – a differenza del romanzo, ambientato nell’89 – abbiamo spostato tutto al presente, insistendo molto su alcuni aspetti che nel romanzo rimanevano solo in nuce, come ad esempio il fatto che la personalità più violenta è quella di Giorgio, non di Francesco. È comunque evidente che senza Francesco non ci sarebbe stata l’evoluzione – se così si può chiamare – di Giorgio. Francesco è l’elemento di fascinazione Una scena di Lezione 21. Al lato Michele Riondino e a destra Elio Germano nel film di Vicari La “Nona” di Baricco “Un animale strambo”: è la prima regia dello scrittore torinese “UN ANIMALE STRAMBO”. Così Alessandro Baricco definisce il suo esordio al cinema, Lezione Ventuno. Protagonista la prima esecuzione della Nona Sinfonia di Beethoven, la sera del 7 maggio 1824, “indagata come fosse un thriller” attraverso la rievocazione di una studentessa universitaria (Leonor Watling) della 21esima lezione del professore Mondrian Kilroy (personaggio preso dal suo City, con il volto di John Hurt) sulla misteriosa 40 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2008 accoglienza dell’Inno alla gioia. Da lui scritto e diretto, prodotto da Fandango e in anteprima a Locarno, Lezione Ventuno è stato girato tra il Trentino e Londra, con cast di lingua inglese: oltre a Hurt e Watling, il giovane maestro di musica Noah Taylor e Clive Russell, mentre Beethoven compare di schiena per soli quattro secondi. Per Baricco, “un’opera figlia del teatro e dei miei 50 anni, nutriti di vecchia tv e Carosello. Sono partito dalla collisione tra la quotidianità e un momento storico capitale, e ho capito che il cinema sarebbe stato lo strumento migliore per fotografarla”. “Un animale strambo”, perché? E’ stramba la situazione: uno scrittore che esordisce al cinema a 50 anni. Ed è strambo questo film-saggio, che mette insieme la mia narrativa contaminata di saggistica e le mie esperienze teatrali. Quale reazione ti aspetti? Spero che la gente venga spostata su un angolo visuale che permetta di cogliere un Beethoven inedito. L’angolo giusto per ritornare a pensare lui e altri per per Giorgio, che però “non esisterebbe” se dalla semplice attrazione verso l’ignoto e il torbido non mettesse in pratica quella violenza: non ci sarebbe discesa agli inferi, nessun percorso alla scoperta di sé che non avrebbe senso se non vissuto direttamente sulla propria pelle. In fondo, però, Giorgio non sa con certezza chi è, perché fa certe cose, non comprende a fondo se stesso. Anche per questo ho lavorato separatamente con Elio Germano e Michele Riondino, per scavare sul piano psicanalitico le differenti personalità dei due personaggi, cercando poi di creare una sorta di sovrapposizione anche dal punto di vista della messa in scena. Che è regolata da continue trasfocate e sonorità indelebili. In che modo la fotografia di Gossi e le musiche di Teardo influenzano il film? Con Gherardo Gossi collaboro dai tempi di Velocità massima, ormai lavoriamo in simbiosi: stavolta abbiamo utilizzato il cinemascope per sfruttare le caratteristiche di particolari obiettivi, per ottenere le sfocature e le deformità necessarie – come nella sequenza in casa della ragazza a Barcellona, dove Francesco e Giorgio diventano tutt’uno – “Ho lavorato separatamente con Germano e Riondino per scavare le differenti personalità dei due personaggi” e permettere alle immagini di costruire la continuità tra i due personaggi, inserendo lenti aggiuntive per rendere ancora più sfalsate alcune sfocature, considerando che quello che vediamo è il rimosso di Giorgio, il ricordo che improvvisamente riemerge. A Teho Teardo ho dato pochissime indicazioni perché volevo fossero musiche viscerali, non descrittive o di commento: ha colto pienamente le atmosfere, il passo del film, che è un passo lungo, quasi un blues. In sala il 31 ottobre. Prima però ci sono il Festival di Roma e quello di Londra. Ti hanno strappato a Venezia? Quello che è successo a Venezia lo sanno Müller e Procacci: il film era pronto, poi mi hanno detto che non saremmo andati. Felicissimo così, comunque: mi basta l’entusiasmo delle persone che hanno visto il film e hanno deciso di selezionarlo sia a Roma che a Londra. % Leonor Watling per Baricco. A sinistra Chiara Caselli e Romina Jr. Carrisi in Il passato è una terra straniera quello che erano ai tempi: non geni della cultura alta, bensì star dell’entertainment, come oggi sono i registi. Una prospettiva poco affascinante… No, all’interno del mestiere vi erano spazi di genialità pura, di profezia in uno schema laico. La Nona pare consegnataci da Dio tramite il genio di Beethoven, invece si trattava di una sera in cui la gente era andata a teatro e poi a cena, non diversamente da quanto fa oggi dopo un film di Coppola o Wenders. Come ti sei trovato con la macchina da presa? Grazie a Gherardo Gossi, un ottimo direttore della fotografia, non ho avuto traumi. Inoltre, quando si scrive, si mettono in moto macchine da presa delicatissime: si fanno sempre inquadrature, anche sulla carta. Che stile hai voluto dare a questa Lezione? Abbiamo tratto ispirazione dal cinema orientale per la composizione del quadro: volevamo un film che si vivesse in profondità, anche visivamente, con immagini che galleggiano in un mondo che brulica. Farlo al cinema è decisamente più arduo che in letteratura. Quali difficoltà in questo esordio? Non me l’aspettavo, ma la scelta delle location: uno scrittore è abituato a immaginare, qui viceversa trova il reale. Un processo inverso, come per i costumi. All’orizzonte c’è un’opera seconda? Prima voglio vedere il percorso di Lezione Ventuno, poi deciderò. Se nessuno leggesse un mio libro, continuerei a scrivere; se nessuno vedesse il mio film, non ne farei un altro. FEDERICO PONTIGGIA ottobre 2008 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 41 ritratti Sguardo a tutto tondo sul cineasta francese, capace non solo di contemplare gesti di resistenza, ma di registrare la nascita di nuove tendenze. E di nuove utopie di Giovanni Giordani Cantet, regista di Classe 42 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2008 LAURENT CANTET è nato nel 1961 a Malle, nel Poitou-Charentes, da due maestri elementari. Al cinema arriva passando per la fotografia, di cui apprende i rudimenti in un corso universitario, a Marsiglia. Siamo agli inizi degli ottanta, l’epoca del video. Cantet acquista una videocamera con la quale gira delle sceneggiature scritte con gli amici. Un po’ per scherzo, un po’ per gioco tenta il concorso alla scuola nazionale di cinema. È preso. Il primo vero film è un cortometraggio, Tous à la manif, tutti alla manifestazione (1994). La storia: Serge lavora nel bar del padre, un gruppo di studenti vi si riunisce tutti i giorni per pianificare un corteo. Il ragazzo viene progressivamente coinvolto nel progetto. Tutto Cantet è già in questo primo film. Da una parte c‘è il metodo di lavoro, che ha dato i suoi frutti più sorprendenti proprio con La classe. Le riprese sono precedute da una fase di laboratorio, durante la quale il regista adatta la sceneggiatura al cast, tutto di non professionisti. Dall’altra ci sono i temi del suo cinema. Tre saltano all’occhio. Il primo è il rapporto tra i padri e i figli, ricorrente in tutte le storie di Cantet, due in particolare: quella dello studente di economia e del suo padre operaio di Ressources humaines (1999); e l’altra, ispirata ad un fatto di cronaca, dell’avvocato che massacra la propria famiglia, da cui è tratto L’Emploie du temps (2001). Il secondo tema è l’opposizione di un eroe alla sua comunità. Il tratto in comune agli eroi di Cantet è di trovarsi al posto sbagliato, di non sentirsi in fase con le persone che li circondano. Les Sanguinaires (1997), primo lungometraggio, girato per la televisione, tratta questo sentimento di Una scena di Verso il Sud. In alto a sinistra il regista Laurent Cantet ottobre 2008 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 43 ritratti estraneità. François lavora in un agenzia di viaggi. Convince la famiglia e il gruppo dei suoi amici più stretti ad attendere l’arrivo del nuovo millennio su un’isola disabitata della Corsica. Spera di sfuggire alla società moderna e ai suoi riti. Fuga inutile. Nel piccolo paradiso dell’isola, il gruppo riproduce, in miniatura, quella società che François voleva lasciarsi alle spalle. Più tardi, e precisamente nella Classe, Cantet prova a considerare questo meccanismo straniante non come una condanna ma come una possibilità. Possibilità di osservare il microcosmo della scuola astraendolo – per una volta – dal contesto sociale. Possibilità di reinventarla da zero, come una Repubblica di Platone. Il terzo elemento è infatti l’utopia. Osservando l’odissea vagabonda dell’eroe di L’Emploie du temps, ci si chiede quale sia il piano di questo manager che, perso il lavoro, mente a tutti inventando un impiego in Svizzera che lo tiene in viaggio tra Ginevra e Grenoble. Un piano in realtà non c’è. L’obiettivo è l’inedia. Lasciarsi trasportare dal rollio dell’automobile. Camminare nella neve delle alpi. Passare le serate in uno chalet o le notti a dormire in una stazione di servizio. Con L’Emploie du temps Cantet scopre che il proprio cinema può essere lirico, utopistico, senza per questo essere meno incisivo e documentario. Il film crea un personaggio che nella sua erranza è tanto l’incarnazione degli eroi della letteratura tardo cavalleresca, tanto la metafora del lavoratore post capitalista. Dopo la fabbrica, dopo il capitale, Vers le sud (2006) profana l’ultimo paradiso delle ideologie del ventesimo secolo: il terzo mondo. Due cinquantenni nordamericane cercano la pace dei sensi ad Haiti tra le braccia di un Entrando tra le mura di una scuola, Cantet filma il luogo dove si sono “rifugiati” tutti i discorsi politici ragazzo di colore di trent’anni più giovane di loro. Cantet si appropria di un tema d’attualità, il turismo sessuale, e ne inverte i luoghi comuni. Inventa un colonialismo erotico al femminile, antistorico ma non meno politico. Inverte o elimina tutti i dettagli di contesto. Si tratta di un lavoro per differenza, che punta però a rimettere l’elemento politico al centro della scena, liberato dalla simbologia ideologica – la razza, il sesso, la classe –, ma sottilmente onnipresente in ogni gesto, discorso, sguardo sottoforma di micro conflitti di potere. È con questa formula, ormai definitivamente rodata, che Cantet affronta, nel 2007, il Risorse umane e Sanguinaires. In alto il regista sul set de La classe 44 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2008 progetto di un film sulla scuola. Entrando tra le mura di una media inferiore, Cantet filma il luogo dove si sono rifugiati tutti i discorsi politici: sulla società, sull’integrazione, sul pubblico, sul privato, sulla classe. La preparazione di La classe dura un anno. Insieme a veri studenti e a veri professori, il regista organizza e dirige un laboratorio dove vengono create e provate delle scene tratte dal libro autobiografico di François Bégaudeau, Entre les murs (Verticales, Paris 2006), quest’ultimo cosceneggiatore e protagonista del film. A Laurent Cantet dobbiamo un aggiornamento del cinema politico francese, il suo adattamento alla situazione contemporanea, inseguito caparbiamente, un film dopo l’altro. Missione doppia. Da un lato, uscire dall’imbarazzo di provenire dopo: dopo la nouvelle vague, dopo il sessantotto, dopo Pialat, perfino dopo il disimpegno. Dall’altro, trovare un modo per riempire i film di contenuti politici, per non cadere nella nostalgia. Detto altrimenti, fare un cinema che sia capace non solo di contemplare dei gesti di resistenza, ma di registrare la nascita di nuove pratiche. E di nuove utopie. % CAPOLAVORO DA NON PERDERE BUONO DISCRETO DELUDENTE Wall•E La Pixar fa di nuovo centro: equilibrio perfetto di modernità e sofisticata leggerezza con il piccolo robot spazzino i film del mese anteprima CAPOLAVORO SILENZIO, PARLA IL CINEMA. Essenziale, magico, semplicemente Pixar. Che con Wall•E corre un unico rischio: superare se stessa, ovvero l’eccellenza del linguaggio d’animazione. Dopo il viaggio nella Parigi culinaria, i geni della lampada cambiano rotta e si spingono sulla radicalità delle immagini: il nono lavoro della factory californiana è – di fatto – un blockbuster muto. Sorprendente ossimoro che, scardinando le regole del 46 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2008 Regia Genere Distr. Durata mainstream, ha già conquistato critica e popolo in madrepatria. Il ritorno alla regia di Andrew Stanton, uscito in Usa il 27 giugno, ha totalizzato 215 milioni di dollari in meno di due mesi, piazzandosi al sesto posto tra i migliori incassi Pixar (il primo resta Nemo). Equilibrio di modernità estrema e sofisticata leggerezza, la tenera vicenda del robottino Wall•E è una sinfonia di giustapposizione tra bellezza visiva e Andrew Stanton Animazione, Colore Walt Disney 97’ sonora, perché, a differenza della scarsità verbale, i “rumori” nel film sono molti e densi di significato, complice la straordinaria colonna sonora di Thomas Newman. Nell’anno 2700, Wall•E (acronimo di Waste Allocation Load Lifter Earth-class, in ottobre 2008 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 47 i film del mese altre parole “spazzino”) è l’unico e inspiegabile sopravvissuto all’esodo dalla Terra dell’intera umanità, relegata invece in un fluttuante interspazio, dove galleggia obesa e mentalmente regredita. Unico modo per rientrare sul pianeta verde è un germoglio, che però sembra introvabile sulla Terra, sterile e ridotta a fantasmagorico condensato di ecoballe. Di queste si occupa il piccolo eroe di ferraglie, raccogli-immondizia, perseverante nel suo lavoro e allietato nella quotidianità dalla sola compagnia di uno scarafaggio e del VHS di Hello Dolly! da cui apprende la gioia della danza e del corteggiamento. L’approdo terrestre di EVE (alias Extraterrestrial Vegetation Evaluator), robot “femmina”, sconvolge l’esistenza di Wall•E, novello Will “Legend” Smith ma di costui assai più docile. Le due macchine non verbalizzano ma gradualmente riescono a comunicare alla perfezione, dando vita ad un’inverosimile e alquanto dolcissima storia d’amore. Finché la piantina in germoglio che Wall•E offre in dono ad EVE non scatena eventi inattesi e direttamente legati al destino dell’umanità. La vicenda si eleva negli spazi siderali, l’ironia assume ritmi più dinamici ed evidenti diventano i temi di emergenza su cui la Pixar decide di puntare il dito in questo suo nuovo capolavoro, ossia il rispetto dell’uomo verso se stesso e dunque verso l’ambiente circostante. E nessuna Wall·E alle prese con il cubo di Rubik Essenziale e scarno, ricchissimo di metafore e impreziosito da nobili citazioni ben restituite indulgenza è riservata a chi trascura il richiamo: testimone è l’invalidante obesità in cui versano gli umani (americani in primis, ma non solo…), fonte di ilarità ma denuncia di un processo di grave portata sociologica. La salvezza è un chiaro ritorno alle origini avvalorato dalla saggezza del senno di poi. A fronte della penuria di parole, emerge l’abbondanza di metafore, tutte sublimi e stratificate e che portano Wall•E non solo nella rosa dei migliori prodotti Pixar, ma tra i più apprezzabili esempi di animazione degli ultimi anni: una prodigiosa espressione di momenti audio-visivi, arricchita da nobili citazioni della cine-fantascienza (2001: Odissea nello spazio, E.T., Blade Runner, Incontri ravvicinati del terzo tipo, Metropolis) magnificamente restituite. ANNA MARIA PASETTI % 48 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2008 Zohan Tutte le donne vengono al pettine in sala Regia Con BUONO Dennis Dugan Adam Sandler, John Turturro, Emmanuelle Chriqui Genere Distr. Durata Commedia, Colore Sandler agente del Mossad con un insolito sogno Sony Pictures Italia 113’ SERVIREBBE UNO COME ZOHAN per mettere la museruola, una volta per tutte, ai cervelloni del marketing che mettono i sottotitoli italiani. Il Borat israeliano è arrivato, si porterà dietro un po’ di polemiche - la sua comicità politica demenziale darà fastidio - e surclasserà il cugino kazako. A patto, però, che lo vediate in lingua originale, con un sontuoso ed esilarante Adam Sandler a replicare l’accento dell’inglese parlato a Tel Aviv e con Turturro alle prese con un irresistibile anglo palestinese. Già, perché Zohan, sessuomane ma soprattutto agente del Mossad invincibile, dovrebbe fare un salto anche in sala doppiaggio e prima di stenderli con le sue mosse, mix tra Matrix, Nadia Comaneci e Jackie Chan, chiedergli perché dovrebbe parlare con la erre 50 Comicità politica stile Borat: Adam rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2008 moscia (passi) e soprattutto con una patata in bocca. Ma pazienza, la premiata ditta Judd Apatow-Adam Sandler (anche cosceneggiatori per il regista, o meglio l’esecutore, Dennis Dugan), scavando nelle proprie origini - Allen insegna - si scatena e partendo dalla spiaggia di Bat Yam e dalle sue bellezze arriva a New York cercando di seppellire il Medio Oriente e i suoi fanatismi sotto quintali di gag che definire selvagge è un Irresistibile John Turturro eufemismo. Zohan Dvir è il migliore, ha doti straordinarie, nascoste e non, è un’arma letale, che sia al servizio dell’amore e dell’odio. Il problema è che ha un sogno troppo ingombrante, diventare un parrucchiere. Altro che uzi, lui vuole phon, tinte, forbici. L’unica è fuggire da questa guerra che non sopporta, in cui non crede, di cui è l’eroe goliardico. Vuole la pace, ma non quella dei sensi, e divertirsi. E serenità e forse amore li trova in un Caramel a stelle e strisce e nella splendida Emanuelle Chriqui. Palestinese. Tra cammei geniali (Fonzie terrorizzato, John McEnroe tifoso stripper), risate crasse (si sa, Judd e Adam non vanno mai per il sottile) e un gran ritmo si incappa anche in un finale molto politico, per cui gli opposti estremismi sono forse figli di un’unica strumentalizzazione. Occhio alla colonna sonora da urlo, o come direbbe Zohan: disco disco! BORIS SOLLAZZO % Il papà di Giovanna Babylon A. D. Vin Diesel per un fallimentare mix di action low-tech e apologo millenaristico: Kassovitz non sa più “odiare” Regia Con Genere Distr. Durata in sala DISCRETO Avati nella Bologna fascista per esplorare il delicato legame tra Silvio Orlando e “sua” figlia Alba Rohrwacher NELLA BOLOGNA FASCISTA del 1938, la diciassettenne Giovanna Casali (Alba Rohrwacher) uccide per gelosia la sua compagna di banco, nonché migliore amica, e viene rinchiusa nel manicomio psichiatrico di Reggio Emilia. Il padre dell’omicida (Silvio Orlando), professore nella stessa scuola e da sempre impegnato nel cercare di far uscire la figlia dal guscio di insicurezze che ne caratterizza aspetto e movenze, sarà l’unico a rimanerle vicino. Pupi Avati torna in Concorso a Venezia tre anni dopo La seconda notte di nozze, reimmergendo i protagonisti della vicenda in un contesto storico ben preciso, tornando nella Bologna della sua infanzia e centrando il racconto sulla figura di un padre talmente accecato dall’affetto per la figlia da non voler ammettere (mai, nemmeno di fronte all’evidenza) che la ragazza abbia seri disagi mentali e comportamentali. Ed è proprio questo il punto di forza di Il papà di Giovanna: il legame tra un perfetto uomo medio e la figlia adolescente, reso perfettamente dall’affiatamento dei due protagonisti, Silvio Orlando (Coppa Volpi) e Alba Rohrwacher, veramente convincenti a dispetto di una messa in scena convenzionale, caratterizzazioni (Ezio Greggio drammatico da rivedere) e sviluppi del contorno a tratti discutibili. VALERIO SAMMARCO % Regia Con Genere Distr. Durata Mathieu Kassovitz Vin Diesel, Mélanie Thierry Action/Sci-fi, Colore Moviemax 90’ ALBA DEL XXI SECOLO, la mafia dell’Europa dell’Est affida a Toorop (Vin Diesel), mercenario di tante battaglie, una missione ad alto rischio: scortare la misteriosa 18enne Aurora (Mélanie Thierry) da un monastero in Mongolia fino a Manhattan. Mai uscita dal convento, sorvegliata a vista da suor Rebecca (Michelle Yeoh), Aurora ha sviluppato capacità paranormali di preveggenza: Toorop dovrà limitarne i contatti col mondo esterno, ma non sarà impresa facile… Dopo il mediocre risultato di Gothika, Mathieu Kassovitz tenta il rilancio a Hollywood: dal romanzo Babylon Babies di Maurice Dantec, mette in cantiere Babylon A.D. - titolo scelto anche per l’appetibile (sic!) acronimo B.A.D. –, a oggi il suo film più costoso. Abbandonato dal suo vecchio produttore, Christophe Rossignon, che non ci credeva, Kassovitz cerca un mix di action low-tech stile eighties, thriller sci-fi e apologo millenaristico: tentativo nobile, e miseramente fallito, con lo spettro di Children of Men che mette all’angolo anche le sequenze – poche - più riuscite. Se Kassovitz perde pure il consueto brio in regia, il tremebondo Vin Diesel pare aver smarrito la mano della madre. Povero Mathieu: non sa più odiare, e ora confeziona omogeneizzati. FEDERICO PONTIGGIA % anteprima DISCRETO Pupi Avati Silvio Orlando, Alba Rohrwacher Drammatico, Colore Medusa 104’ ottobre 2008 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 51 Mamma mia! Regia Con Genere Distr. Durata in sala BUONO Dal musical al grande schermo: ecco l’Across the Universe degli Abba, giocoso e irriverente come loro L’AMORE TRIONFA SEMPRE. Mamma mia, però, quanto ci mette per riuscirci. E’ questa la lezione del musical di Catherine Johnson che prende il nome da una delle hit del terzo album (1975) del mitico gruppo svedese degli Abba, rappresentato in 8 lingue e in teatri di ogni latitudine e ora adattato, con suo soggetto e sceneggiatura, per il cinema. Phyllida Loyd Meryl Streep, Pierce Brosnan Musicale, Colore Universal 108’ Entrambi scontano la dichiarata e sfacciata ispirazione a Buonasera, signora Campbell di Melvin Frank con Gina Lollobrigida. Lì un’italiana durante la guerra ha una figlia e tre ufficiali come probabili padri, e ne approfitta. Qui invece Donna (una Meryl Streep pronta per le olimpiadi), ex cantante hippie dedita all’amore libero e spensierato, è invece fuggita da loro, si è costruita una vita e un alberghetto scalcinato in un’isola greca - splendide le location di Skiathos e Skopelos e si ritrova i tre (Pierce Brosnan, Stellan Skarsgård e Colin Firth) invitati a tradimento dall’adorabile figlia Sophie (Amanda Seyfried) al suo stesso matrimonio. Con i due leader del gruppo tra i produttori esecutivi e la teatrante Phyllida Lloyd esordiente alla regia cinematografica arriva l’Across the Universe degli Abba. Un film romantico, sensuale, giocoso e dolcemente irriverente, proprio come loro. BORIS SOLLAZZO % Sfida senza regole Sovrapposizione e mescolanza per i detective De Niro e Pacino: per la prima volta “veramente” insieme in un film, senza mordente Regia Con Genere Distr. Durata Jon Avnet Robert De Niro, Al Pacino Thriller, Colore 01 distribution 100’ DETECTIVE DI LUNGO CORSO al Dipartimento di polizia di New York, Turk e Rooster sono sulle tracce di un serial killer deciso a ripulire le strade della città, uccidendo la feccia e lasciando ogni volta una poesia in rima baciata per motivarne la dipartita. Per la prima volta “veramente” insieme in un film (in Heat erano assieme in due sole sequenze, nemmeno girate contemporaneamente), Robert De Niro e Al Pacino cannibalizzano l’intero racconto, strutturato alla bell’e meglio sullo script di Russell Gewirtz (Inside Man) e imbastito col solito tocco del mestierante Jon Avnet: onnipresenti scena dopo scena, quasi a rimarcare la portata dell’evento, i due mostri 52 sacri gigioneggiano quanto basta per condurre in porto la barchetta, tra già visti delittuosi e battute di grana grossa, imbolsiti (De Niro in tuta felpata color grigio topo all’inseguimento in surplace è duro da digerire…) oltre quanto richiesto dai rispettivi ruoli. Che Avnet cerca di sovrapporre, mescolare, magari per ricordarci che Al e Bob rappresentano due facce della stessa medaglia… Proprio per questo, difficile da osservare contemporaneamente da entrambi i lati. VALERIO SAMMARCO % rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2008 in sala DELUDENTE i film del mese The Mist Regia Con Frank Darabont in uscita Thomas Jane, Marcia Gay DA NON PERDERE Harden Genere Distr. Durata Horror, Colore Key Films 127’ PROVINCIA AMERICANA. Esterno notte. Una piccola città costiera viene sconvolta da una tempesta. La mattina dopo, una strana e fitta nebbia compare all’orizzonte, emergendo dal mare. David (Thomas Jane), disegnatore di poster, si reca insieme al figlio Billy (Nathan Gamble) al supermercato cittadino dove altre persone stanno facendo compere. All’improvviso, un uomo insanguinato irrompe urlando nel negozio: qualcosa, dice, è uscito dalla nebbia (che, nel frattempo, è arrivata sulla terraferma) e lo ha aggredito. In breve tempo David scopre che il pericolo è reale anche se non tutti sembrano crederci. Il gruppo si divide in due fazioni mentre, all’esterno, la situazione diventa sempre più critica. Dopo Le ali della libertà e Il miglio verde, Frank Darabont dimostra di conoscere meglio di chiunque altro regista l’universo Piccolo capolavoro di Frank Darabont, tra i pochi a conoscere l’universo metaforico di King kingiano (con buona pace di Mick Garris) confezionando con The Mist un piccolo capolavoro. Costruito sulla struttura classica del film “d’assedio”, il film di Darabont ha il pregio non comune di fondere alla perfezione due approcci narrativi spesso agli antipodi, ovvero l’horror “evocativo” (dove è l’immaginazione dello spettatore a fare la Il protagonista Thomas Jane differenza) e quello esplicito in cui l’orrore viene mostrato “in piena luce”. Ma anche quando sono gli splendidi effetti speciali della KNB a rubare la scena ai dialoghi e alla caratterizzazione dei personaggi, il focus del film rimane la divisione interna nel gruppo degli assediati. E’ disagio vero quello che si prova nel vedere la lenta trasformazione dell’evangelica Mrs. Carmody (Marcia Gay Harden) in una minaccia forse peggiore rispetto ai tentacoli che fuoriescono dalla nebbia. Quando King scrisse l’omonimo racconto (contenuto in “Scheletri”) Ronald Reagan citava l’Armageddon un giorno sì e l’altro pure e il radicalismo (religioso-politicoeconomico) divise il Paese. Il merito di Darabont è quello di non aver banalizzato una storia come “The Mist” ma, anzi, di averne sottolineato la valenza metaforica fino alla sorprendente sequenza finale che, per molto tempo, perseguiterà il vostro sonno… Chapeau. PAOLO ZELATI % ottobre 2008 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 53 La terra degli uomini rossi Il seme della discordia Corsicato tradisce le attese, ma conferma la sua poetica: mix d'estetiche e cinefilia per un divertissement fine a se stesso Regia Con Genere Distr. Durata in sala DISCRETO Onesto ma imperfetto il tentativo di Bechis di restituire le ragioni degli indios. Con un’eccessiva tendenza al “teatro” C’È UNA SEQUENZA MEMORABILE in Birdwatchers. E’ quella dell’incontro/scontro tra il fazendeiro che rivendica i diritti di proprietà su una terra “che mio padre ha acquisito 60 anni fa” e il Guarani-Kaiowa Nadio che mangia quella stessa terra, tanto per ricordare di cosa son fatti gli indios. Emblematica della capacità di Bechis di metaforizzare, condensandolo in poche decisive immagini, il senso. Il frammento per il tutto, procedimento che negli altri lavori del regista italo-cileno (su tutti Garage Olimpo), consentiva un mutuo scambio tra il privato e il pubblico, l’individuale e lo storico. Un inversione che qui funziona meno per le dimensioni dell’operazione tentata da Bechis: raccontare cioè con il massimo di verità e di drammaturgia la progressiva sparizione della foresta amazzonica e degli indios. In una commistione di documentario e di fiction che convince meno di altre volte, e in un tentativo (solo parzialmente riuscito) di restituire la reale tragedia di un popolo con orpelli drammaturgici (dai cliché al cast “italiano”, ad alcune situazioni poco credibili, come l’esagerato finale) che enfatizzano laddove ci sarebbe voluta maggiore asciuttezza, e indugiano quando sarebbe stato sufficiente accennare. GIANLUCA ARNONE % Regia Con Genere Distr. Durata 54 Marco Bechis Abrisio Da Silva Pedro Drammatico, Colore 01 distribution 108’ rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2008 Pappi Corsicato C. Murino, A. Gassman Commedia, Colore Medusa 85’ DA RIVEDERE IL RITORNO ALL’OPERA di Corsicato, 7 anni dopo Chimera. Partendo da La marchesa von O di von Kleist, il regista napoletano orchestra una commedia di corpi e sguardi al femminile, incastonata in un carillon di memorie cinefile. Esile la trama: una giovane e avvenente donna (Caterina Murino) resta incinta, ma il marito (Alessandro Gassman) guarda caso è sterile. Tutto si gioca su un piano diverso da quello narrativo. La battuta e l’equivoco vengono rimpiazzate da continui deja-vu audiovisivi (da Via col vento a La corazzata Potemkin) che ricollocati in un nuovo contesto vorrebbero provocare effetti stranianti. Ma il citazionismo post-moderno di Pappi (che omaggia anche il re delle citazioni, il Tarantino di Kill Bill) è troppo meccanico per divertire davvero, e l’operazione di riciclaggio è la riprova di quanto saturo sia l’immaginario. Viceversa, il film si fa apprezzare per l’insolito miscuglio di estetica kitsch, sequenze d’autore (vedi l’incipit), nostalgie per i ‘60 e ricadute nel pecoreccio. Il divertissement però rimane fine a se stesso e non sposta di una virgola le valutazioni espresse in passato sul cinema di Corsicato: alcuni buoni momenti, un’ossessione (Almodovar), e nessuna vera zampata. GIANLUCA ARNONE % in sala DISCRETO Istituto di Studi Teologici e Storico Sociali Terni Narni Amelia FILM FESTIVAL POPOLI E RELIGIONI TERNI 9-16 NOVEMBRE 2008 IV EDIZIONE per informazioni: tel. 0744.424786 ZZZÀOPIHVWLYDOSRSROLHUHOLJLRQLLWLQIR#ÀOPIHVWLYDOSRSROLHUHOLJLRQLLW come raggiungerci da Roma:GLUH]LRQH)LUHQ]HXVFLWDD2UWH GLUH]LRQH7HUQL6SROHWRXVFLWD7HUQL2YHVW &LQHPDCityplex /JR6WDQLVODR)DOFKL Ministero per i Beni e le Attività Culturali 3RQWLÀFLR &RQVLJOLR GHOOD&XOWXUD Diocesi di Terni Narni Amelia Regione dell'Umbria Provincia di Terni Comune di Terni Università di Perugia 3ROR6FLHQWLÀFR Didattico di Terni i film del mese La fabbrica dei tedeschi La classe - En L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro e i lavoratori: vivi o morti. In docufiction il ricordo dell’inferno della ThyssenKrupp Regia Con Genere Distr. Durata Mimmo Calopresti Valeria Golino, Silvio Orlando Docufiction, Colore Istituto Luce 90’ in uscita IL ROGO DELLA THYSSENKRUPP a Torino è l’11 settembre del lavoro. Anche per un paese malato cronico di Alzheimer quando deve preservare la sua memoria storica. Nella notte del 6 dicembre 2007, alla linea 5 di quella maledetta acciaieria, La fabbrica dei tedeschi appunto, sette giovani muoiono consumati dalle fiamme divampate in una fabbrica in dismissione sotto gli occhi dei colleghi che li soccorrono con estintori vuoti. Un momento, il più mediatico, dell’olocausto permanente di morti bianche che in Italia rende cantieri, fabbriche e affini più pericolosi di Iraq e Afghanistan. Mimmo Calopresti, calabrese di nascita, torinese d’adozione e operaio d’estrazione racconta le parole e la disperazione dopo la strage. Speranze e sensazioni delle vittime ci vengono restituite con una manciata di minuti di fiction interpretati da sette attori (Monica Guerritore, Valeria Golino, Luca Lionello, Giuseppe Zeno, Vincenzo Russo, Silvio Orlando, Rosalia Porcaro), il seguito, un po’ troppo televisivo ed enfatico, sono rabbia, sconcerto e testimonianze. Di piccoli sogni di operai spezzati, di una consapevolezza del pericolo soffocata dal ricatto precario del “salario della paura” e del profitto parossistico. L’Italia è una repubblica fondata sul lavoro e i lavoratori. Vivi o morti. BORIS SOLLAZZO % in sala DISCRETO LOREM IPSUM DOLOR SIT AMET, consectetuer adipiscing elit. la mauris Palmaind’Oro Donec vel diam dell’ultimo Festival di Cannes: didattico nel senso più nobile del termine, imperdiet aliquam. Nullam per una scuola da ripensare fermentum. Sed consequat. Arriva CI VOLEVA UN EX CRITICO CINEMATOGRAFICO di Playboy, anima del gruppo punk rock Zabriskie Point ed ex collaboratore dei Cahiers du Cinèma per riportare la Palma d’oro in Francia. Parliamo di Francois Bégaudeau, insegnante di scuola media e scrittore, protagonista del mockumentary di Vicky Cristina Troppo lieve , secondo i detrattori. Ma Allen offre ancora una volta più di un argomento per riflettere sulla condizione umana SPAGNA, TERRA DI PASSIONI. Questo e altri luoghi comuni compaiono nell’ultima prova di Allen, che procede anch’essa per schemi narrativi consolidati essendo l’ennesima variante di una ronde che ha per protagonisti le due americane Vicky e Cristina e una ex coppia di artisti spagnoli, Maria Melena e Juan Antonio. Nonostante il titolo, né Vicky né Cristina sono il punto di forza della storia ma Maria Melena, che inserendosi a metà del racconto ruba loro la scena. Del resto a interpretarla è una Penelope Cruz in stato di grazia, in grado di offuscare persino la Johansson, ultima musa riconosciuta di Allen, Se nella gara tra star Penelope brilla come mai, nel Regia Con Genere Distr. Durata 56 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2008 BUONO Woody Allen Scarlett Johansson, Penelope Cruz Commedia, Colore Medusa 96’ tre les murs Regia Con Genere Distr. Durata Lezione Ventuno Laurent Cantet Francois Begaudeau, Nassim Amrabt Docufiction, Colore Mikado La Nona di Beethoven per l’esordio in regia di Alessandro Baricco. Tra intenti pop e vizi letterari 128’ Laurent Cantet sulla scuola transalpina tratto dal suo best seller. Quello era un diario di viaggio, la pellicola è uno sguardo diretto sulla realtà che ha il pregio di mostrare la profonda complessità attuale dei ruoli di studente e docente. Non siamo, come in quasi tutto il cinema scolastico, in una realtà estrema, ma in una normale aula che racchiude diverse anime etiche, etniche, culturali, di classe. Sociale e non. Cantet, fine conoscitore delle ferite sociali del nostro mondo (dal precariato al turismo sessuale), prende gli attori dalla scuola e dopo un lungo training li mette a confronto con il professore-attore-autore, in una docufiction appassionata e appassionante. Diverte, fa riflettere, coinvolge, mostra una scuola viva (forse troppo, merito della macchina da presa) ma da rifondare e ripensare. Si è gridato al capolavoro, è soprattutto un film didattico, nel senso più nobile del termine: impareranno molto genitori, professori, ragazzi. Promosso. BORIS SOLLAZZO % Barcelona in uscita BUONO film è costretta a soccombere di fronte alle ciniche rivali, in grado di fare a pezzi anche il tenebroso Juan Antonio. In amore vince chi fugge e comunque chi domina i sentimenti. Una morale che Allen fa trasparire immedesimandosi una volta tanto nelle figure femminili: un cambio di sguardo che giova non poco al film, lieve come un leggero tocco di donna. Troppo lieve, diranno i detrattori. Invece Vicky Cristina Barcelona offre molti argomenti per riflettere sulla condizione umana. Basta averne voglia. ANGELA PRUDENZI % in uscita Regia Con Genere Distr. Durata DISCRETO Alessandro Baricco John Hurt, Leonor Watling Musicale, Colore 01 distribution 92’ COME FU LA PRIMA VOLTA della Nona Sinfonia di Beethoven, la sera del 7 maggio 1824? Interrogativo buono per l’esordio di Alessandro Baricco dietro la macchina da presa: Lezione Ventuno. “Una prima capitale, indagata come fosse un thriller”, attraverso la rievocazione di una studentessa universitaria della ventunesima lezione del professore Mondrian Kilroy (personaggio preso da City), incentrata sulla misteriosa accoglienza dell’Inno alla gioia. Da lui scritto e diretto, prodotto da Fandango e girato tra il Trentino e Londra, con cast di lingua inglese - John Hurt è il professor Kilroy, Leonor Watling la studentessa, Noah Taylor il giovane maestro di musica Hans Peters, e Clive Russell – Lezione Ventuno prosegue al cinema la riduzione della distanza tra cultura alta e bassa, già lungamente sperimentata dal Baricco scrittore. Una frattura, di cui Beethoven fu uno degli artefici, che il neoregista cerca di sanare con una costruzione polifonica, sorretta dal lavoro “orientale” sull’inquadratura di Gherardo Gossi, per ricondurre il pubblico alla verità di Beethoven: star dell’entertainment, e non genio inaccessibile. Intenzione pregevole, viziata da difetti, ovviamente, letterari: prolissità, involuzione e un filo di saccenza. Un pareggio sofferto. FEDERICO PONTIGGIA % ottobre 2008 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 57 i film del mese Burn After Reading Regia Con Genere Distr. Durata BUONO John Malkovich, George Clooney Spy-Comedy, Colore Intrigo corale e cast sugli scudi: intelligente Medusa spy-comedy nel segno dei Coen 95’ BASTEREBBERO I TITOLI di testa di Burn After Reading per avere da subito chiare le intenzioni dei fratelli Coen, che per la prima volta concepiscono una vera e propria spy-story senza però dimenticare i tratti distintivi dei loro divertissement d’autore. Intrigo corale, fisime e paranoie dell’uomo di mezz’età, ricatti e sospetti: tutto ruota intorno al ritrovamento fortuito di un CD contenente informazioni su Osbourne Cox (John Malkovich), analista della CIA fresco di licenziamento e sposato con una donna (Tilda Swinton) che da tempo lo tradisce con Harry Pfarrer (George Clooney), funzionario del Tesoro e paranoico sessuomane. Finito nelle mani di Chad Feldheimer (Brad Pitt), personal trainer schizzato e ingenuotto di una palestra alla periferia di Washington, quel CD 58 in sala Joel & Ethan Coen rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2008 potrebbe trasformarsi nel passepartout agognato dalla sua collega Linda Litzke (straordinaria Frances McDormand), per pagare i “necessari” ritocchi chirurgici di cui ha tanto bisogno. Basterà entrare in un vortice di ricatti da cui non sarà poi così facile uscire... Sceneggiatura (quasi) di ferro, satira intelligente e divertente sui film di spionaggio (dalle inquadrature sui piedi dei funzionari CIA negli asettici corridoi Clooney, Pitt e McDormand in grande spolvero, ma alla fine la spunta Malkovich al fantastico duetto finale nell’ufficio del Direttore generale), Burn After Reading dimostra una volta di più quanto il cinema dei fratelli Coen sia in grado di parlare innumerevoli lingue, meglio ancora se pensato e scritto per essere interpretato da attori di altissimo livello: la “perfetta idiozia” di Clooney (volutamente o meno, sintesi parodistica dei personaggi già interpretati in Syriana e Michael Clayton), Pitt e la McDormand non sorprende, così come la trattenuta e misurata classe di Tilda Swinton e Richard Jenkins (il manager della palestra innamorato di Linda), enorme caratterista di tanto cinema e tv USA. Su tutti, però, al fotofinish la spunta John Malkovich, anche lui all’esordio in un film dei fratelli Coen, perno centrale dell’intera vicenda, superbo nel rendere il progressivo disfacimento psicofisico di un uomo distrutto. VALERIO SAMMARCO % www.temagrafico.it HVadcZegd[Zhh^dcVaZeZg^aX^cZbV!aViZaZk^h^dcZZ^abjai^bZY^V Il primo evento fieristico in Italia dedicato all’incontro tra la domanda e l’offerta del settore audiovisivo. Protagoniste le aziende e i professionisti della Motion Picture Industry, che presenteranno le tendenze dell’intera filiera cinematografica dalla produzione alla post-produzione sino alla distribuzione. Un’ampia area espositiva e un ricco &-#&.#'% CDK:B7G: '%%IDG>CD calendario di eventi per conoscere le tecnologie e le idee per l’industria audiovisiva. mmm$Y_d[i^em$_j In collaborazione con Sponsor Tecnico Ideato e organizzato da Media Partner Conference Service Srl - via de’ Buttieri 5/a - 40125 Bologna - Italy - tel. +39.051.4298311 - fax +39.051.4298312 - [email protected] i film del mese The Women Regia Con Genere Distr. Durata DISCRETO Meg Ryan, Annette Bening Commedia, Colore BIM Donne in cerca di guai nel remake da George Cukor: Meg Ryan & Co. deludenti 114’ PRENDETE L’ORIGINALE di George Cukor, datato 1939, strizzate l’occhio alla contemporanea – e mediocre - vie en rose cinematografica, da Sex and the City a Mamma mia!, passando per Il diavolo veste Prada, seguite le orme del feminine touch di Nancy Meyers e Norah Ephron, fate il calco alle icone dei film menzionati sopra, da Samantha Jones a Miranda Priestly, sgombrate il campo da qualsiasi presenza maschile: ecco The Women, scritto e diretto da Diane English, ispirandosi alla piece di Clare Boothe Luce, già adattata da Cukor. Precedente cui l’esordiente regista si attiene fedelmente, mancando purtroppo l’attualizzazione: ecco, dunque, una signor casalinga (Meg Ryan), un invisibile marito fedifrago, che fa il tycoon a Wall Street, una migliore amica, editor di un magazine di bellezza, 60 in uscita Diane English rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2008 pronta a pugnalarti alle spalle (Annette Bening), un’altra amica che fa figli come conigli (Debra Messing), una terza, nera e lesbica, in rappresentanza delle minoranze dell’altra metà del cielo (Jada Pinkett Smith), e “l’altra”, ovvero la sensuale commessa di cosmetici Eva Mendes, a formare una compagine mal assortita, che fa nascere subito un’irritante questione: dove, come e Nel cast anche Eva Mendes perché si sono conosciute? Interrogativo destinato a nessuna risposta, in ossequio alla natura del film stesso, che tira dritto per 114’ senza ricordarsi la destinazione. Per fortuna, c’è il cast: un’inedita – causa chirurgia plastica - Meg Ryan ripresenta Harry ti presento Sally, Annette Bening perde l’ennesima occasione per farci capire perché Warren Beatty l’abbia sposata, le altre per fortuna hanno poche inquadrature – c’è anche Bette Midler in cameo. Che si salva? Non lo score mellifluo di Mark Isham, non la regia “alimentare” della English, rimane poco, ovvero il pianeta fashion – il prologo calzaturiero è la cosa migliore del film – non esplorato fino in fondo. Se le donne non mancheranno di marcare visita, è prevedibile l’astensione in massa – occhio per occhio… - del pubblico maschile: Donne, du du du, in cerca di guai... FEDERICO PONTIGGIA % schermo capitale Uno scatto di Pierre Verger. Accanto Verônica di Maurício Farias e Keira Knightley in The Duchess Roma, il melting La Festa è diventata Festival e i film, sparsi per le varie sezioni, lo confermano. Con un filo rosso: contaminazione (ed estraneità) di popoli e culture di Marina Sanna 62 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2008 pot SE LA PAROLA D’ORDINE è Brasile (mostre, concerti, una retrospettiva), multietnicità e commistione di linguaggi sono il filo rosso della terza edizione di Roma, trasformatosi da Festa in Festival, sotto la guida del presidente Gian Luigi Rondi. Dalla Cambogia in concorso con Un barrage contre le Pacifique di Rithy Panh, già atteso a Cannes e tratto dal romanzo di Marguerite Duras, al collettivo 8-Eight, ispirato agli obiettivi fissati dall’Onu per migliorare le condizioni di vita globali (tra le firme Mira Nair, Wim Wenders e Jane Campion), a Opium War di Siddiq Barmak, in cui l’incubo afgano è vissuto da due piloti americani sopravvissuti, la rappresentazione delle civiltà è ampia e in alcuni casi sorprendente. Ci sono i Galantuomini dell’italiano Winspeare e la mafia pugliese, il dramma di una piccola città sconvolta e dimezzata da un’esplosione nel coreano Iri di Lu Zhang, o ancora, il nuovo Dupeyron, Aide toi, le ciel t’aidera, ambientato nella comunità africana di Parigi. Girando per ottobre 2008 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 63 L'atteso High School Musical 3 e una scena di O Pai di Monique Gardenberg le altre sezioni il tema rimane dominante, non fa eccezione Alice nella città in cui si salta da un continente all’altro: dall’indiano Tahaan: a Boy with a Grenade di Satosh Sivan e il filippino Santa Mesa dell’esordiente Ron Morales, che racconta una storia di amicizia e crescita a Manila, al blockbuster annunciato High School Musical 3. Ma è soprattutto Extra (diventata L’Altro Cinema) che dà una panoramica completa di quello che accade nel mondo, con la selezione di lungometraggi che si affianca in modo autonomo a quella dei documentari. Da non perdere: $ 9.99 metafora sul senso della vita, realizzata in stop motion da un’israeliana con marchio di fabbrica australiano, il ritorno di Thomas Vinterberg, e JCVD un mockumentary con Van Damme che interpreta se stesso, e per i documentari Gyumri sul terremoto che nell’88 fece strage di 64 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2008 La rappresentazione delle civiltà è ampia e in alcuni casi sorprendente schermo capitale bambini nella città armena. La varietà dell’offerta si ripete con la formula, già felicemente collaudata, degli incontri con autori e attori: si parte con Al Pacino che ritira il premio Marc’Aurelio d’Oro alla carriera, e si prosegue con Michael Cimino, che offre al pubblico una lezione sulle più belle scene di ballo della storia del cinema. Per concludere, una personale di David Cronenberg, composta da rielaborazioni digitali di 50 inquadrature tratte dai suoi film. il meglio di... L’ALTRO CINEMA BRASILE ANDATA E RITORNO E’ il paese dell’anno, come dimostra anche l’interesse di Aurelio De $9.99 Capolavoro in stop-motion sul senso della vita. Da non perdere Qual è il senso della vita e soprattutto c’è un prezzo per conoscerlo? Dave, rimasto senza lavoro e con molto tempo libero, pensa di sì e con meno di dieci dollari compra una guida quasi esaustiva. Nel frattempo nel palazzo in cui vive si intrecciano trame parallele, grottesche e beffarde (è il caso dell’angelo impostore o dell’anarchico suicida), amori disperati e a lieto fine. L’eterna rappresentazione della condizione umana, solo che a raccontarla ci sono dei pupazzetti di plastilina, talmente realistici da sembrare attori in carne e ossa. Un capolavoro in stopmotion, realizzato dall’israeliana Tatia Rosenthal e ambientato in una claustrofobica Sydney. il meglio di... OCCHIO SUL MONDO Verger in Mostra Volti, figure e paesaggi per la prima volta in Italia Per la prima volta in Italia, le foto del maestro brasiliano Pierre Verger: etnografo e fotografo precursore di Sebastiao Salgado, è stato un libero pensatore dalla vocazione nomade. Ha iniziato a viaggiare giovanissimo tra Africa, Europa e Brasile aprendo la propria cultura a nuovi influssi. Parigi, Benin, Bahia, i luoghi privilegiati di una ricerca che vuole arricchire la visione artistica. La mostra è centrata sulle foto scattate nello stato di Bahia, immagini utili a capire il “metodo Verger”: l’esperienza diretta unita all’astrazione dell’arte. Volti, figure, paesaggi raccontano di un mondo ancorato alla tradizione della terra di origine, l’Africa. Gli autori del Cinema Novo lo consideravano un maestro. ottobre 2008 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 65 schermo capitale L'Altro Cinema dà una panoramica completa di quello che accade nel mondo Walt & El Grupo ripercorre il viaggio di Walt Disney in Sudamerica alla ricerca di nuove idee 66 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2008 Laurentiis (Natale a Rio de Janeiro) e le iniziative che coinvolgono l’Italia (vedi la recente Settimana del Cinema Contemporaneo organizzato dalla Camera di Commercio italo-brasiliana). Proprio dieci anni fa Walter Salles con Central do Brasil faceva incetta di premi fino a vincere l’Oscar. Da allora l’onda non si è placata e i festival fanno a gara per accaparrarsi le pellicole brasiliane, mentre attori come Alice Braga e Rodrigo Santoro (ospite d’onore al Festival di Roma) spopolano in produzioni americane. Una rinascita che non si vedeva dai tempi del Cinema Novo. Gli argomenti del resto sono spesso gli stessi: il Nordest, le favelas, la vita degli emarginati, la povertà, sebbene la produzione contemporanea guardi anche alla borghesia e alle città, prima tra tutte San Paolo. Ma se i temi ricordano Glauber Rocha e Nelson Pereira dos Santos, le tecniche, le La scommessa del CONCORSO Galantuomini Winspeare torna in Salento per raccontare una terra senza più innocenza il meglio di... OCCHIO SUL MONDO Estomago - una storia gastronomica Marcos Jorge serve all’esordio una ricetta che fonde Italia e Brasile Marcos Jorge si è diplomato al Centro Sperimentale di Cinematografia. La sua cultura è profondamente brasiliana ma considera l’Italia, e Roma, una seconda patria. Al debutto nel lungometraggio con Estômago Una storia gastronomica, Jorge fonde le due radici in un film che parla di cibo, amore, vendetta. La vicenda è ambientata in Brasile, ma l’arte culinaria di cui il protagonista diviene un maestro è tutta italiana. Un mix perfetto anche la “ricetta” produttiva: Estômago è finanziato dalla brasiliana Zencrane e dall’italiana Indiana, società di cui fa parte anche Gabriele Muccino. Segno di un riavvicinamento culturale tra due popoli da sempre molto legati, e che tornano a incontrarsi anche grazie al cinema. “Una storia d’amore sullo sfondo di una terra che è cambiata e ha perso l’innocenza”. Il Salento secondo Winspeare: in Galantuomini il regista torna a raccontare la sua terra dopo la parentesi tarantina de Il miracolo. Ritorno segnato dalla consapevolezza che qualcosa si è guastato tra i paesaggi del tacco d’Italia: i galantuomini non ci sono più, spazzati via dalla stagione della Sacra Corona Unita. Un mutamento che Winspeare iscrive nelle correnti torbide del melodramma, nella passione impossibile tra un magistrato, Fabrizio Gifuni, e una donna della malavita, Donatella Finocchiaro. G.A. risorse e la distribuzione sono quelli del mercato internazionale. E questo fa la differenza, avendo il cinema risentito positivamente della crescita economica del paese ed essendosi avvantaggiato di leggi che permettono ai piccoli produttori di realizzare i loro progetti. Una rivoluzione di cui sono testimoni alcuni dei film della sezione Occhio sul mondo, come Verônica di Maurício Farias: un vero miracolo produttivo girato in HD per una storia che ricorda Gloria di Cassavetes (una maestra deve salvare uno studente dalla vendetta di una banda sullo sfondo della tragica ottobre 2008 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 67 schermo capitale il meglio di... L’ALTRO CINEMA Riunione di famiglia Ancora padri e figli per il nuovo Festen di Thomas Vinterberg La famiglia è una vera ossessione per Thomas Vinterberg. Stavolta il regista si concentra sul rapporto padre-figlio. La storia si svolge in una cittadina in subbuglio per il ritorno a casa del grande Karl Kristian Schmidt, cantante di opera di successo. Mentre fervono i preparativi per il suo rientro Sebastian, adolescente un po’ imbranato che sta per sposarsi con Claudia, scopre di essere il figlio segreto di Karl e di essere ancora innamorato di Maria, sua antica fiamma, improvvisamente riapparsa. Tra dramma e commedia, e con feroce malizia (potrebbe alludere alle vicende di un nostro connazionale), Riunione di famiglia segna il ritorno di Vinterberg dopo il successo di Festen. realtà delle favelas di Rio), che è la prova di come il cambio di tendenza sia avvantaggiato dai costi contenuti delle nuove tecnologie. Frutto di produzioni indipendenti anche O Pai di Monique Gardenberg, sulla vita degli abitanti del distretto di Pelourinho, nel cuore di Salvador, e Meu nome não e Johnny di Mauro Lima, ritratto di un giovane della ricca borghesia di Rio, boss della droga più per noia che per scelta, campione di incassi della passata stagione. A Roma poi si possono definitivamente apprezzare l’inventiva di Eduardo Coutinho e il talento di Joao Moreira Salles. % il meglio di... L’ALTRO CINEMA Baghead Nel segno degli indipendenti Duplass Bros.: come ti insacchetto il killer Al Pacino, a Roma per il Marc'Aurelio alla carriera 68 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2008 Dalle teste barattolo (Jarhead di Sam Mendes) alle buste in testa – Baghead – dei fratelli Duplass, Jay e Mark, elementi di spicco del cinema indie USA e habitué al Sundance di Redford. Non più soldati, ma killer immaginari incappucciati sotto sacchetti di carta: questa l’idea di quattro aspiranti attori senza lavoro – tra cui Steve Zissis, non nuovo a collaborazioni con i Duplass – che decidono di trascorrere il weekend in uno chalet in mezzo al bosco per buttare giù la sceneggiatura di un thriller. A turno, il sacchetto passa di testa in testa: ma realtà e finzione, forzati spaventi e leggeri sospetti si trasformano quando, nel buio dell’orizzonte, la busta di cartone nasconderà un inaspettato quinto “ospite”. V.S. POWERED BY telecomando teratura: novità e bilanci Homevideo, musica, industria e let DVD Tutto Moretti, Star Wars no limit e opere di frontiera Borsa del cinema L’infinito dibattito sul digitale: a Venezia con Microcinema Libri Il muto italiano, l’incontro amoroso e le influenze letterarie Autunno caldo Triplo cofanetto marchiato Stephen King: dolcetto o scherzetto? Telecomando DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE DVD Da recente protagonista per Grimaldi al tuffo nel passato con Io sono un autarchico, Caro diario e Aprile Nanni, che Caos! 72 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2008 di Valerio Sammarco DALLA PANCHINA di Caos calmo, ultimo film interpretato in ordine di tempo da Nanni Moretti per la regia di Antonello Grimaldi (in sala, come adesso in DVD, distribuito da 01), una passeggiata a ritroso – di nuovo in sella all’amata Vespa – per arrivare alla “nascita” di Michele Apicella, in Super-8, con Io sono un autarchico (1976) e ritrovare se stesso in Caro diario (1993) e Aprile (1998). Prosegue, in questo senso, il cammino intrapreso da Warner Home Video, che sta rieditando tutti i film del regista e attore romano, nativo di Brunico. La tragedia vissuta da Pietro Paladini, personaggio nato dalla penna di Sandro Veronesi, e l’inizio di un’apparente, lenta attesa, con la panchina di una piazzetta che diventa centro di un nuovo mondo, abitato appunto da quel caos calmo che regola i giorni dell’uomo all’indomani della perdita della moglie. Lo stesso caos, molto meno “calmo”, che caratterizza il periodo di malattia di Moretti - non più personaggio - raccontato nella terza e ultima parte di Caro diario (“Medici”), dopo lo sguardo su una Roma ferragostana abbandonata proprio dal caos (“In Vespa”), con struggente tappa all’Idroscalo di Ostia in sella alle note del Koln Concert di Keith Jarrett - per omaggiare Pasolini, e la speranza di trovare scampoli di umanità ancora incorrotta nelle Eolie (“Isole”): Miglior Regia a Cannes e in qualche modo prototipo di quello che, 5 anni dopo, sempre in Contenuti speciali IO SONO UN AUTARCHICO (1976, di Nanni Moretti) Accesso diretto alle scene Inserto speciale Interviste Menu interattivi CARO DIARIO (1993, di Nanni Moretti) Accesso diretto alle scene Dietro le quinte Menu interattivi Scene inedite Trailer cinematografico APRILE (1998, di Nanni Moretti) Accesso diretto alle scene Inserto speciale Menu interattivi Special Trailer cinematografico (DISTR. WARNER HOME VIDEO) (DISTR. WARNER HOME VIDEO) (DISTR. WARNER HOME VIDEO) CAOS CALMO (2008, di Antonello Grimaldi) Commento audio del regista Scene tagliate o modificate con commento del regista Backstage Interviste “L’amore trasparente” di Ivano Fossati Trailer (DISTR. 01 DISTRIBUTION) forma di “diario”, fu Aprile, film – come puntualmente ricordato da Mereghetti – “che affronta con lucidità la difficoltà, o l’impossibilità, di trovare un linguaggio capace di raccontare, se non di spiegare, l’Italia contemporanea”. ottobre 2008 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 73 Telecomando DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE DVD La cl as se de i cl as si ci a cura di Bruno Fornara REGIA Jean Renoir CON Marcel Dalio, Nora Grégor GENERE Commedia (1939) DISTR. Flamingo Video La regola del gioco UN CLASSICO che più classico King of Halloween Collezione da incubo: 3 cofanetti nel segno del maestro dell’horror DOLCETTO O SCHERZETTO? In occasione della notte delle streghe, e in concomitanza con l’85° anniversario della Warner, arrivano tre cofanetti da collezione per gli amanti di Stephen King: Shining, Il miglio verde, Cuori in atlantide, L’ultima eclissi e L’acchiappasogni per il volume “Cinema”, con le opere tratte dai racconti del maestro del brivido (il capolavoro di Kubrick e il film di Darabont in doppio disco ed edizione speciale) più una vasta selezione dei film per la Tv – molti diretti dallo stesso autore – in altri due cofanetti: nel primo Il diario di Ellen Rimbauer, Desperation, Rose Red e “l’altro” Shining (anche questi due in doppio disco), nel secondo Salem’s Lot, Incubi e deliri (3 dischi) e l’immortale IT, vero e proprio manifesto demoniaco che quasi vent’anni fa entrò prepotentemente nell’immaginario collettivo di adolescenti e non. Avete ancora qualche dubbio? Dolcetto o scherzetto?... DISTR. WARNER HOME VIDEO 74 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2008 non si può. Un caposaldo della modernità cinematografica. Un film di svolta nella storia del cinema (in coppia con Quarto potere di Orson Welles, che è di due anni dopo). Insuccesso commerciale alla prima uscita alla vigilia della guerra, nel 1939, e anche alla seconda uscita, nel 1945, a guerra appena finita. Attaccato come opera incoerente e ineguale. Poi riabilitato ed esaltato dai giovani critici dei “Cahiers du Cinéma” come uno dei massimi film francesi. Un gruppo di persone si ritrovano nella tenuta di un marchese per una battuta di caccia alla lepre. Ipocrisia, humour, eleganza, corteggiamenti, amori e tradimenti, i padroni e i domestici, le regole del gioco sociale, un omicidio. E, quanto alla regia, il magistrale uso della profondità di campo e del piano sequenza, una macchina da presa che si muove con fluidità, dialoghi superlativi, leggerezza inquieta, una malinconia languida, personaggi sicuri di sé insieme ad altri incerti e vulnerabili. Come giocare al gioco del mondo, come stare in una commedia che si volge in tragedia, come muoversi in un piccolo universo in cui, come disse Renoir, tutti hanno le loro buone ragioni. Fi lm in or bi ta a cura di Federico Pontiggia Tim Robbins (Sky Cinema Mania) Buon compleanno, Mr. Robbins! Sky festeggia i 50 anni dell’attore e regista premio Oscar, il 16 ottobre, con una doppia torta: I protagonisti di Robert Altman e Alta fedeltà di Stephen Frears. Pushing Daisies (Joi) Pushing Daisies, dagli Usa la serie culto con protagonista Ned (Lee Pace), pasticcere con un dono incredibile: può resuscitare i defunti, ma se li sfiora per due volte… Altro che gelida manina! The Tudors (Mya) Enrico VIII concede il bis! Jonathan Rhys Meyers ritorna a vestire (si fa per dire) i broccati del sovrano nella seconda stagione del fortunato drama storico (in America si prepara la terza). Doppietta Stellare Prequel e Trilogy: la saga di Lucas come non l’avete mai vista Da una “galassia lontana lontana” arriva finalmente l’esalogia completa e ricca di contenuti speciali della saga di Star Wars: Prequel Trilogy (Ep. I - La minaccia fantasma, Ep. 2 - L’attacco dei cloni e Ep. 3 - La vendetta dei Sith) e Trilogy (Ep. IV – Una nuova speranza, Ep. V – L’impero colpisce ancora, Ep. VI – Il Ritorno dello Jedi) il nome dei due cofanetti, entrambi con la versione doppio disco per ciascun film. Le versioni cinematografiche del 1977, 1980 e 1983 accoppiate a quelle rimasterizzate e restaurate digitalmente, per un combattimento stellare che è già leggenda. DISTR. 20TH CENTURY FOX ENTERTAINMENT L’Italia che fu LA NOTTE In mezzo a L’avventura e L’eclisse nel ’61 Antonioni fece scendere La notte: alienazione e disagio esistenziale con Mastroianni diviso tra Jeanne Moreau e Monica Vitti. DISTR. MEDUSA LA VOGLIA MATTA Il 40enne Tognazzi e la non ancora maggiorenne Catherine Spaak: la spensieratezza della gioventù per un Salce d’annata. Tra i contenuti: intervista all’attrice e a Gianni Garko. DISTR. MEDUSA ROMA La città eterna agli occhi di Fellini: la stazione Termini nell’immediato dopoguerra, l’ingorgo di auto nei primi anni ’70, e in mezzo satira e visionarietà. DISTR. MEDUSA LA CADUTA DEGLI DEI “Il Macbeth moderno” di Luchino Visconti: l’ascesa e lo sfaldarsi del nazismo attraverso le vicende della famiglia von Essenbeck. Indimenticabili Dirk Bogarde e Ingrid Thulin. DISTR. MEDUSA ottobre 2008 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 75 Telecomando DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE DVD Senza frontiere LA ZONA Un muro divide il dentro (ricchezza) e il fuori (povertà e delinquenza). Lo sguardo impietoso di Rodrigo Plá per una delle opere prime più importanti della passata stagione. DISTR. WARNER HOME VIDEO IMATRA Nostalgia all’Opera I corti di Buster Keaton e il Phantom di Lon Chaney: risate col brivido Il cinema degli albori. Quando ancora si era capaci di far ridere o terrorizzare solamente grazie alle immagini, senza l’aiuto di voci o “trucchi” sonori. Il cinema dei Buster Keaton e Lon Chaney, per intendersi, che 01 distribution ripropone in due particolari edizioni. “Buster Keaton Festival” raccoglie 4 corti di poco antecedenti l’esordio del comico nel mediometraggio (The Three Ages, 1923), con The Boat (1921), The Blacksmith, The Paleface e Daydreams, tutti del 1922, contenitori di rapidissime gag con la solita, inconfondibile triste maschera dell’ex acrobata del Kansas. E ancora una maschera – a celare il volto sfigurato di Lon Chaney in The Phantom of the Opera (1925), prima e ancora mai eguagliata trasposizione dal romanzo di Leroux – per una delle più antiche “opere” avvolte da mistero sia sullo schermo che dietro: diretto da Rupert Julian, il film venne portato a termine per problemi sul set dallo stesso Lon Chaney, insieme a Ernst Laemmle e Edward Sedgwick. DISTR. 01 DISTRIBUTION Que stio ni di ruol o L’avventura di Fable 2 76 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2008 DISTR. DONZELLI ED. TV SLUM Angelo Loy mette la videocamera in mano ad 8 ragazzi di Nairobi: i sogni, le speranze e le miserie raccontate da chi sulla strada e nelle discariche ci vive, ogni giorno. DISTR. 01 DISTIBUTION BABA MANDELA + SPEAK AFRICA In esclusiva su Xbox 360 per magnifiche battaglie da condividere online Immaginate di vivere un’avventura (digitale) fantastica, dove tutto quello che fate va ad incidere sugli abitanti di questo mondo, che si ricorderanno della vostra bontà o cattiveria ricevuta. Immaginate di poterlo fare anche online assieme ad altri giocatori umani, portando a termine rompicapo, avendo la meglio sui nemici ed esplorando luoghi incantati e fiabeschi, con lo scopo di crescere e vivere Libro + DVD per il film premiato a Locarno nel 2007: Corso Salani nella cittadina finlandese al confine con la Russia per ritrovare la sua donna. Con la scusa del Doc. un’avventura straordinaria. Questo è Fable 2, avventura/gioco di ruolo partorito dalla mente di Peter Molyneux, autore tra gli altri di titoli del calibro di Populous, Black and White e The Movies. In uscita il 24 ottobre in esclusiva su Xbox 360. Per saperne di più visitate http://www.multiplayer.it ANTONIO FUCITO Riccardo Milani e Paolo Novelli attraverso le baraccopoli di Nairobi, il monte Kenia e il Lago Vittoria: a parlare la Mombasa Road e gli abitanti di Kenia e Tanzania. DISTR. 01 DISTIBUTION Telecomando DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE Borsa del cinema di Franco Montini Dilemma Digitale Negli USA le sale si adeguano ai tempi che cambiano. E in Italia? Le risposte nel convegno Microcinema organizzato a Venezia Secondo alcuni analisti è cominciata una vera rivoluzione tecnologica 78 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2008 L’INDUSTRIA AMERICANA sembra convinta che la salvezza del cinema in sala sarà il film digitale in 3D. Per vincere la concorrenza dei nuovi mezzi che consentono la visione del film a costi inferiori rispetto all’acquisto del biglietto per la sala, è necessario che la visione su grande schermo sia un’esperienza completamente diversa rispetto a tutto il resto ed offra qualcosa che gli altri supporti non sono in grado di proporre. Secondo alcuni analisti è cominciata una nuova rivoluzione tecnologica, che apre nuovi ed inediti orizzonti, come accaduto in passato con l’avvento del sonoro e del colore, ma che contiene anche elementi pericolosi, perché la produzione digi- tale in 3D rischia di favorire prevalentemente la produzione di film ad alto contenuto spettacolare e fantastico, a scapito del cinema che produce senso ed indaga sulla realtà. E’ un problema con il quale gli autori di cinema dovranno inevitabilmente confrontarsi. In ogni caso dopo la produzione, anche l’esercizio americano Cast & Crew di Marco Spagnoli A rt e in m o v im e n to Da Kung Fu Panda alle frontiere del 3D: parla Raffaella Filipponi si sta attrezzando alla svolta. Nell’ultimo anno negli Stati Uniti il numero degli schermi digitali è raddoppiato ed oggi sono oltre 4.500 i cinema già attrezzati con questo sistema, ovvero il 10% dell’esercizio americano. Secondo le previsioni, a livello mondiale, entro il 2012, circa la metà dei cinema sarà digitalizzata. Ma se negli Stati Uniti la trasformazione sta procedendo rapidamente, non altrettanto si può dire per il resto del mondo e in particolare per il nostro paese. In Europa i cinema digitali sono attualmente 829; in Italia non più di una sessantina, nonostante gli esperimenti già avviati stiano dando esiti assai positivi. Va segnalato in particolare il circuito di sale di Microcinema, complessivamente oltre 50, soprattutto locali dei piccoli centri e sale della Comunità, che, collegate via etere, sono in grado di proiettare su grande schermo, oltre ai film, anche eventi di altro tipo e in particolare i più prestigiosi spettacoli della lirica. Ma perché, se la trasformazione al digitale appare inevitabile e il successo garantito, in Italia lo sviluppo sta procedendo con molte difficoltà? Le risposte sono emerse dal convegno “Il punto sul digitale: flessibile, interoperabile, sostenibile”, organizzato proprio da Microcinema durante la recente Mostra del Cinema di Venezia. Il problema è la mancanza di uno standard garantito in grado di poter leggere tutti i diversi formati e soprattutto i costi. La trasformazione di una sala da “normale”, ovvero attrezzata per la proiezione in pellicola, a digitale comporta costi non indifferenti, ai quali gli esercenti vorrebbero che partecipassero Da dieci anni, Raffaella Filipponi è un’esponente di spicco fra gli artisti italiani che lavorano alla DreamWorks Amimation di Jeffrey Katzenberg. Dopo aver collaborato alla saga di Shrek, a Madagascar e a La Gang del bosco, oggi è tra gli artefici di Kung Fu Panda ed è al lavoro su Monsters vs. Aliens, primo film d’animazione realizzato interamente con il nuovo sistema 3D. Con il 3D cosa cambia per l’animazione? E’ una rivoluzione molto importante: con il 3D il cinema torna ad esprimere un primato tecnico che rende l’andare a vedere il film in sala qualcosa di completamente nuovo. Le difficoltà sono tante e sono legate ai volumi. Quando lavoriamo abbiamo due schermi. Se con il 3D vogliamo controllare tutti i punti di vista delle nostre animazioni dobbiamo metterci gli stessi occhialetti che si mettono al cinema. Qual è il segreto di un’animazione riuscita? Il modello umano è insostituibile. Noi pos- siamo replicare i movimenti del corpo, ma un essere umano ha un volto che difficilmente riesce ad essere animato. Polar Express è un film bellissimo, ma l’espressione dei personaggi ricorda quella degli zombie e non certo degli attori che l’hanno ispirata. Che consiglio darebbe a chi vuole fare il suo lavoro? Fare molta attenzione ai dettagli: il movimento è qualcosa di molto complesso: anche le pause sono fondamentali nel nostro lavoro, perché una cosa è la staticità di un personaggio, un’altra la sua inerzia. box office (aggiornato al 21 settembre) 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Hancock Burn After Reading Kung Fu Panda Il papà di Giovanna Un giorno perfetto Pranzo di Ferragosto Star Wars: The Clone Wars The Rocker – Il batterista nudo Le cronache di Narnia: Il Principe Caspian Il seme della discordia € 39,337,400 € 31,913,363 € 15,586,315 € 32,051,237 € 32,583,385 € 13 858,221 € 33,197,239 € 33,176,144 € 37,973,767 € 33,876,371 N.B. Le posizioni sono da riferirsi all’ultimo weekend preso in esame. Gli incassi sono complessivi anche i distributori. Proprio nel citato convegno veneziano, Paolo Protti presidente dell’Anec, l’associazione degli esercenti, è stato esplicito: “Bisogna prendere esempio dagli altri paesi europei dove viene adottata la virtual print fee (VPF), una sorta di contributo da parte delle società di distribuzione alle spese di installazione dei sistemi digitali. Ogni anno in Italia si spendono 60 milioni di euro per la stampa dei film in pellicola; per la distribuzione il digitale porterà un grosso risparmio che merita un equivalente grosso investimento da parte della distribuzione stessa. Per arrivare ad una VPF italiana è necessario creare un tavolo di confronto fra tutti gli operatori del settore, istituire dei gruppi di acquisto e rivolgersi a società di intermediazione, senza mai dimenticare che prima di tutto vengono le regole del mercato”. Ma come accade sovente nel nostro paese, si sa che siglare accordi fra le diverse categorie, anche di uno stesso settore, non è mai semplice. ottobre 2008 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 79 Telecomando DVD • BORSA DEL CINEMA • LIBRI • COLONNE SONORE Libri Vittorio Giacci torna ad esplorare la poetica di Michelangelo. Poi l’Inghilterra coloniale e il Belpaese nell’era del tax shelter Antonioni Point Sgu ard o est atic o Imp ero ang lofo no Ritornare attraverso le immagini e le parole allo sguardo che ha fatto di Michelangelo Antonioni uno dei più importanti registi del ‘900. E’ una visuale che tenta di rispondere ad una sorta di dialogo virtuale tra l’autore e il regista attraverso uno sguardo comprensivo e sistematico delle opere di Antonioni. Concepito come uno “sguardo estatico”, il volume Michelangelo Antonioni (di Vittorio Giacci, Centro Sperimentale di Cinematografia, € 30,00) raccoglie interventi di tutti quegli amici, registi e studiosi che insieme al cineasta hanno vissuto e lavorato nella costruzione di un modello artistico che attraversa tutto il secolo passato. Vittorio Giacci, esperto studioso delle sue opere, torna a parlare del cinema di Antonioni dopo numerosi articoli a lui dedicati insieme all’ultimo libro fotografico L’avventura. Con Il bianco, il nero, il colore. Cinema dell’impero britannico e delle sue ex-colonie, 1929-1972 (Le Lettere, pagg. 288, € 25,00), Pajalich si propone di indagare la rappresentazione del rapporto tra “Io” bianco e “Altro” nero nel cinema “imperiale” britannico e americano fra il 1929 e il 1972. Partendo dalla recensione di alcune pellicole, considerate esemplari della filmografia anglofona del periodo, l’autore ricostruisce l’evoluzione dei rapporti fra le culture dei Paesi coinvolti, in un percorso che va dalla piena sottomissione delle colonie - e dalla non considerazione della loro identità -, al raggiungimento della loro indipendenza e autonomia espressiva. Il volume non fornisce un forte apparato teorico rispetto alle tematiche proposte, offrendo piuttosto una panoramica generale dal valore divulgativo. ANDREA VERDECCHIA 80 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo ottobre 2008 ROBERTO SEMPREBENE L’It alia del mu to Autore di numerosi saggi sul cinema italiano e internazionale, Gian Piero Brunetta, professore ordinario di Storia e critica del cinema a Padova, ha recentemente pubblicato Il cinema muto italiano (Laterza, € 22,00), argomento già esplorato anni fa per gli Editori Riuniti. La necessità di questo ritorno deriva dal desiderio di ripercorrere i primi passi della cinematografia italiana sino alla fine degli anni Venti, grazie anche all’impulso ricevuto da interessanti studi che hanno mutato “il quadro di riferimento bibliografico”. Uno sguardo rinnovato su una prolifica, ma anche complessa, stagione cinematografica italiana, segnata da opere come Quo Vadis?, Gli Ultimi giorni di Pompei, Cabiria, dalle prime grandi dive, quali Lyda Borelli, Francesca Bertini, Eleonora Duse, oppure da personaggi forzuti come il Maciste di Pagano o ladri gentiluomini alla Za-la Mort di Ghione. Tutto l’amore che c’è L’incontro/evento e le varie declinazioni filmiche di Silvio Grasselli SERGIO PERUGINI Ind izi lett era ri Matteo Colombi e Stefania Esposito hanno curato la realizzazione del volume L’immagine ripresa in parola (Meltemi Editore, pagg. 359, € 27,00), raccolta di saggi che indaga i rapporti tra letteratura e cultura visuale, per la quale grande rilevanza è riconosciuta al cinema. Con una serie di differenti percorsi, il libro ci guida alla scoperta di questi legami, fornendoci un interessante supporto per lo studio comparato di forme espressive in costante dialogo. In parte alla letteratura rimanda anche Il processo della verità, libro di Anton Giulio Mancino (Kaplan, pagg. 323, € 20,00) che nel definire e argomentare l’intrigante concetto di cinema “politicoindiziario”, porta fra gli esempi La terra trema di Visconti, le cui ascendenze letterarie sono note quasi quanto il suo valore artistico. ROBERTO SEMPREBENE Cin em a bip arti san Il mercante e l’artista (Ed. Spirali, € 20,00) è un testo voluto da Gabriella Carlucci e Willer Bordon a completamento di un’iniziativa politica da loro intrapresa a favore del cinema italiano, coronata con l’inserimento nella Legge Finanziaria del 2008 di provvedimenti fiscali quali il “tax credit” e il “tax shelter”. Composto da saggi redatti da tecnici del settore e completato dalle considerazioni di figure politiche di riferimento, questo volume si propone di illustrare l’attuale situazione del settore cinematografico italiano, anche attraverso comparazioni con il contesto internazionale, e spiegare quali vantaggi dovrebbe produrre l’introduzione del tax shelter nel nostro ordinamento. Un’interessante analisi multifocale sullo stato del cinema italiano e sui suoi possibili sviluppi futuri. ROBERTO SEMPREBENE Tra-due Roberto De Gaetano Ed. Luigi Pellegrini, € 12,00 Se c’è un argomento sul quale davvero sembra impossibile ancora teorizzare, temerariamente sfidando luoghi comuni e facili schematismi, generalizzazioni e banalità, questo è certo l’amore. Eppure Roberto De Gaetano – studioso di cinema e di filosofia, docente presso il Dams dell’Università della Calabria, nonché direttore della collana Frontiere nella quale esce, per Luigi Pellegrini Editore, questo suo ultimo saggio –, in Tra-due L’immaginazione cinematografica dell’evento d’amore, si occupa proprio di ridefinire la vera natura dell’incontro amoroso, rintracciandone gli elementi primi, e compiendo poi un breve percorso attraverso alcune delle più illuminanti narrazioni cinematografiche che dell’amore hanno fatto questione. In appena un centinaio di pagine De Gaetano tenta di comporre un quadro sinottico esaustivo non solo sull’amore “tra-due” – l’incontro/evento che con la sua immotivazione e a-razionalità eccede la situazione della contingenza superando del tutto, con la sua tensione all’infinito, la finitezza dell’hic et nunc – ma pure sulle due altre declinazioni, quella estetica (l’arte), e ancor più quella politica, il tramolti “cinematografato” da Godard e da Garrel. Citando da Deleuze ad Althusser, e da Jovanotti a Gino Paoli, De Gaetano costruisce la sua parabola filmografica sull’amore trascorrendo dall’ascetico credere di Gertrud al disperato fremere de Il gusto dell’anguria. ottobre 2008 rivista del cinematografo fondazione ente dello spettacolo 81 Warner Bros. Pictures e Cattleya presentano © Cattleya S.p.A. 2008/foto: Claudio Iannone luca argentero diane fleri Solo un padre un film di luca lucini WARNER BROS. PICTURES E CATTLEYA PRESENTANO UNA PRODUZIONE CATTLEYA IN COLLABORAZIONE CON WARNER BROS. PICTURES “SOLO UN PADRE” UN FILM DI LUCA LUCINI CON LUCA ARGENTERO DIANE FLERI FABIO TROIANO ANNA FOGLIETTA SARA D’AMARIO ALESSANDRO SAMPAOLI E CON CLAUDIA PANDOLFI TRATTO DAL ROMANZO “LE AVVENTURE SEMISERIE DI UN RAGAZZO PADRE” DI NICK EARLS EDITO DA SONZOGNO SOGGETTO E SCENEGGIATURA DI GIULIA CALENDA MADDALENA RAVAGLI CASTING FRANCESCO VEDOVATI AIUTO REGIA ALESSIO MARIA FEDERICI COSTUMI SABINA AMELIA MAGLIA SCENOGRAFIA MARCO BELLUZZI SUONO TIZIANO CROTTI MONTAGGIO FABRIZIO ROSSETTI MUSICHE FABRIZIO CAMPANELLI FOTOGRAFIA MANFREDO ARCHINTO PRODUTTORE ESECUTIVO LUIGI PATRIZI PRODUTTORE ESECUTIVO CATTLEYA MATTEO DE LAURENTIIS PRODUTTORE DELEGATO FRANCESCA LONGARDI PRODOTTO DA RICCARDO TOZZI GIOVANNI STABILINI MARCO CHIMENZ REGIA DI LUCA LUCINI www.solounpadre.it dal 28 novembre al cinema www.chanel.com La Linea di CHANEL - Numero con addebito ripartito 840.000.210 (0,08 € al minuto)