ARCHEOROMA N.2-2016

Transcript

ARCHEOROMA N.2-2016
Trimestrale di informazione e discussione culturale a cura dell’Archeoclub di Roma – n. 2 aprile-giugno 2016
Cenare
al Palatino
È da qualche tempo che il nuovo
Soprintendente ci fa sapere, a
mezzo stampa, d’avere in mente
“un grande progetto per il Palatino,
in grado di riportare il sito all’altezza del suo mito, diventando di
nuovo attraente per i visitatori
della fascia più colta” (e... per tutti
gli altri?).
Dio solo sa quanto quel progetto
dovrebbe essere tradotto in realtà,
visto il generale stato di squallido
degrado in cui versa, tranne rare
eccezioni, il colle “primigenio”.
Finalmente, un finanziamento di
otto milioni per quest’anno
(“pronto a triplicarsi nel triennio”)
dovrebbe consentire l’inizio dei
lavori a primavera.
Intanto abbiamo appreso che alla...
resurrezione del Palatino – e “per
concretizzare un’offerta più raffinata e ricca e all’altezza delle aspettative di un pubblico esigente” –
dovrà contribuire un ristorante di
classe, in via di progettazione, da
allestire all’ultimo piano e sulla terrazza del Museo Palatino, previa
liberazione degli spazi mediante lo
sfratto della biblioteca.
Che dire della sconcertante iniziativa?
Tanto varrebbe – soprattutto pensando a una clientela “colta” –
rimettere in funzione la vicina
Coenatio Iovis della Domus Flavia,
la grandiosa sala da pranzo del
palazzo imperiale, col suo ricco
pavimento marmoreo disteso sopra
l’ipocausto che potrebbe essere
opportunamente ripristinato per il
riscaldamento invernale!
E, perché non... raddoppiare l’offerta, ricostruendo sui cospicui
resti da poco ritrovati, sempre sul
COLOSSEIDE
Il Colosseo – il monumento di gran lunga più visitato d’Italia (6 milioni e mezzo
di ingressi, nel 2015) – continua ad essere, tra polemiche e caos, al centro dell’attenzione di molti. Sotto vari punti di vista.
Vale la pena di soffermarcisi un po’.
Il Ministro per i beni culturali, dopo ogni prima domenica del mese (quella con
l’ingresso gratis) non cessa di “esultare”, come scrivono i giornali (ma ispirati da
entusiastici comunicati ministeriali) per il sempre crescente afflusso di visitatori:
17.314 il 7 febbraio scorso!
Nessuno ha il coraggio di riferirgli che quei visitatori sono, nella stragrande maggioranza, per non dire la quasi totalità, turisti. I quali, viene sottolineato, non
fanno che esternare “grande apprezzamento” (e ... te credo! come si dice dalle
nostre parti). E nessuno che provi a fargli osservare come più aumentano i visitatori maggiore è il mancato incasso delle biglietterie: un gran bel guadagno, per un
Ministro che non fa che parlare di “messa a reddito” del nostro patrimonio
archeologico. E che, per aumentare gli introiti, ha pensato bene di privare del
“sacrosanto” accesso gratuito permanente a musei e monumenti gli ultrasessantacinquenni (i quali, a musei e monumenti ora non ci mettono più piede).
Gli archeologi – dopo essersi accorti dell’opportunità di “ricostruire” l’arena
dell’Anfiteatro (che l’Archeoclub invoca da qualche decennio, avendo raccolto
un’esplicita proposta del suo Presidente pubblicata oltre mezzo secolo fa sull’autorevole rivista “Studi Romani” ) – hanno gridato all’ultima scoperta “mozzafiato” (come è stato scritto su un quotidiano romano): quella relativa a un bel tratto di pavimentazione in lastre di travertino, con inoltre, le basi di due cippi di
delimitazione, di quella che doveva essere un’ampia “area di rispetto” tutt’intorno all’Anfiteatro.
Sempre secondo i giornali, i responsabili del cantiere di scavo avrebbero osservato che si tratterebbe di “un patrimonio del tutto inedito”, visto che “di questa
pavimentazione non avevamo alcuna documentazione”. Peccato che, a pag. 137
della Guida archeologica (tanto per citarne una) “Roma entro le mura”, di R. A.
Staccioli, del 1979, c’è scritto, testualmente, a proposito di un settore adiacente
a quello ora rimesso in luce, “... in questo punto è riconoscibile l’area di rispetto che circondava l’anfiteatro pavimentata di travertino e delimitata da grandi
cippi, pure di travertino, cinque dei quali sono ancora al loro posto” (vedi foto
alla pag. 2).
segue
A N N O
X X X V
2
Palatino, e ora adeguatamente studiati e interpretati, la coenatio
rotunda della Domus Aurea: la spettacolare sala per banchetti voluta
da Nerone che, come scrive Svetonio, “girava su se stessa tutto il
giorno, continuamente, come la
terra”?
Figuriamoci il sollazzo dei turisti
americani e giapponesi! E i russi?
Ma, le prenotazioni del “pubblico
esigente” pioverebbero da ogni
parte del mondo e gli incassi sarebbero tali da poter restituire –
poniamo – la gratuità d’accesso ai
monumenti di casa propria ai
romani ultra sessantacinquenni che
ne sono stati vergognosamente privati (perché l’Europa non tollera
discriminazioni, è stato detto!).
Oltre tutto, trovandosi nell’area
della vecchia Vigna Barberini, il
“Ristorante rotundo” avrebbe anche il vantaggio di poter godere,
fino a notte fonda (e magari fino
all’alba, qualora vi si aggiungesse
una discoteca), di un ingresso facile e indipendente, aperto direttamente sulla strada!
Intanto – mentre si annuncia l’avviato funzionamento di metal detector, “come negli
aeroporti”, il monitoraggio compiuto dalla polizia all’interno del monumento e la presenza, nella piazza, di cani che fiutano gli esplosivi – si continua a discettare su necessità, opportunità, novità di vario genere.
Ad esempio:
a) L’istituzione di un Consorzio di gestione unificata tra Stato e Comune dell’”area
archeologica più importante del mondo” (sempre come scrivono i giornali), che va
dal Colosseo al Circo Massimo e include i Fori e il Palatino. Istituzione che è stata
puntualmente rimandata (a dopo l’elezione del nuovo sindaco, è stato detto).
b) L’apertura, tra aprile e maggio, del terzo livello del monumento fino al piano dell’attico, la razionalizzazione del flusso dei visitatori, mediante un nuovo ingresso,
un itinerario riservato ai gruppi prenotati e la redistribuzione oraria e stagionale del
pubblico, con diversificazione per fasce orarie del prezzo del biglietto d’ingresso.
c) Un “piano strategico” (affidato, nientemeno, all’Università Bocconi di Milano) per
una nuova bigliettazione da far “lievitare” (in pratica, raddoppiare) passando dai 12
euro attuali ai 20/25, per il “circuito integrato”.
d) Un diverso sistema di ripartizione degli incassi (essendosi rivelato quello in vigore
“sbagliato e da correggere profondamente”) che “frutta tra i 35 e i 40 milioni di
euro l’anno (più la quota succosa di
almeno 20 milioni per il concessionario
privato ancora in proroga ...)”. E ci piacerebbe tanto sapere chi è e cosa fa questo
“concessionario”.
e) Nuove biglietterie e un vero e proprio
Centro Servizi (compreso punto di
ristoro e toilette) in luogo diverso da
quello, a ridosso dei “grottoni” del
basamento del tempio di Venere e
Roma, dove le biglietterie sono state
allestite “provvisoriamente”. E si parla
dell’altura verde situata tra la piazza
del Colosseo e la via Celio Vibenna
(ma, in proposito, v. ArcheoRoma
2016, n. 1, p. 2).
N ATA L I S U R B I S
.... Romulum Remumque cupido cepit in iis locis ubi expositi ubique educati
erant urbis condendae.
Tito Livio I, 6,3
“... un desiderio forte prese Romolo e Remo di fondare una città in quei luoghi
dove erano stati esposti e dove erano stati allevati”.
Approfittando della situazione, ci sembra
il caso di accennare brevemente anche
alle nostre attenzioni e, in particolare, alle
nostre proposte. Oltre a quella già ricordata del rifacimento del piano dell’arena,
ne abbiamo fatte diverse, negli anni passati. Ma ne facciamo subito un’altra, raccogliendo il “grido di dolore” di quanti,
dopo l’opportuno allontanamento dei
camion bar, si preoccupano della sete dei
poveri turisti (i quali, peraltro, se ne
vanno in giro portando in tasca ai loro
zaini apposite bottiglie riempite, gratis,
di acqua fresca a una delle tante fontanelle disseminate per tutto il centro storico,
compresa la piazza del Colosseo, dove ci
sono anche due bar). Visto che ricerche
3
recenti all’interno del Colosseo hanno
consentito di ricostruire un elaboratissimo sistema di condutture idriche che,
oltre a garantire il funzionamento di
numerose latrine distribuite in tutto
l’edificio, alimentavano decine di fontanine disposte a distanze regolari negli
ambulacri interni dei primi due piani
dell’anfiteatro, perché non “ripristinarne” almeno qualcuna, “dov’era e com’era”? (vedi fig. qui accanto).
Quanto alle proposte precedenti, come
già abbiamo fatto altra volta (da ultimo,
in ArcheoRoma 2014, n. 3, p. 7) ne riassumiamo almeno tre che rientrano nell’ambito del generale “restauro” di cui il
Colosseo è stato fatto oggetto.
- Quella di turare almeno una parte degli
innumerevoli buchi scavati dai cavaferro medievali nelle strutture di travertino alla ricerca delle grappe metalliche
che tenevano insieme i blocchi lapidei.
Dal momento che con la ripulitura
sono stati eliminati i guasti del tempo e
dello smog, perché non eliminare
anche i guasti dell’umana devastazione?
- Quella di ridipingere in rosso i numeri incisi sopra le arcate del pianterreno,
dove quei numeri ci sono ancora
anche se oggi difficilmente riconoscibili ai più.
QUANDO L’ANTICA ROMA
“INVENTÒ” LA LIBIA
(ANZI, DUE!)
Con il nome Libia – ottenuto ellenizzando, nella forma Libye, un etnico indigeno – i
Greci (come, del resto, avevano già fatto gli Egizi) indicarono lungamente (e piuttosto vagamente) le regioni costiere dell’Africa settentrionale, ad occidente dell’Egitto (e
della Cirenaica), considerato parte dell’Asia. In sostanza, tutto il territorio che gli
Arabi chiamano Magreb (al Maghrib), ossia “l’Occidente”.
Abitato da popoli di razza berbera e di lingua riconducibile all’unità camito-semitica
(molto vicina ai dialetti berberi parlati ancora oggi), l’esteso territorio “libico” era articolato o, piuttosto, frazionato, in un numero assai elevato di tribù, spesso in lotta fra
loro. Erodoto ne elenca una lunga serie e solo in piccola parte furono sottomesse
all’egemonia cartaginese. Solo alcune di esse, e con molte difficoltà, riuscirono a darsi
una qualche organizzazione di tipo statuale e a costituire dei “regni”, continuamente
minacciati, al loro interno, dall’esasperato particolarismo locale e dallo spirito d’indipendenza tribale.
In realtà, mancarono i presupposti per aggregazioni durevoli. Uniche durature eccezioni, i due regni di Numidia e di Mauretania.
Il primo (press’a poco l’attuale Algeria) nato nel 205 a.C. dall’unione di due regni
minori e durato, con alterne vicende e divisioni interne, fino al 46 a.C. quando fu
annesso da Roma che lo trasformò nella provincia dell’Africa Nova.
Il secondo (corrispondente all’odierno Marocco), nato nel II secolo a.C., diviso in due
“regni” vassalli di Roma fino alla rivolta del 40 d.C. dopo la quale fu annesso all’impero romano, sotto forma di due province: Mauritania Caesarensis e Mauritania
Tingitana.
Roma, dette inizio alla sua concreta presenza nella regione dopo la distruzione di
Cartagine, nel 146 a.C., e la creazione, col territorio di quella, della provincia chiamata Africa (e, in seguito, Africa proconsularis). Fino ad estenderla, in prosieguo di
tempo, all’intero comprensorio, dal deserto Marmarico all’Oceano Atlantico, con
l’aggregazione all’impero, prima della Numidia, al tempo di Cesare, e poi della
Mauretania, con Claudio.
La stessa Roma ereditò dal mondo greco il nome Libya (ritraendone l’accento), insieme alla sua vaga ed incerta accezione. Poi di esso si servì per denominare la porzione
di Mare Mediterraneo compresa tra lo Ionio e la costa africana, fino alle due Sirti: la
“piccola Sirte”, ossia l’attuale golfo di Gabés in Tunisia, e la “grande Sirte”, cioè il golfo
di Sidra. Così, quello che oggi si chiama il Mare (o il Golfo) della Sirte, era, all’interno del “Mare Nostro”, il Mare Libycum.
Solo alla fine del III secolo della nostra era il nome Libya venne finalmente impiegato per designare una realtà geografica e amministrativa ben definita e circoscritta. Fu
quando Diocleziano, nella sua radicale riforma dell’impero, suddivise la Cirenaica
(che era stata fino ad allora unita all’isola di Creta formando con quella un’unica provincia), in due nuove province: la Libya Superior, formata dalla Cirenaica propriamente detta, e la Libya Inferior, corrispondente alla Marmarica.
segue a pag. 6
- Quella di “ripristinare” su una “fetta”
del monumento – tanto per vedere ...
l’effetto che fa (e che faceva) – l’antico
apparato decorativo e funzionale, ricollocando qualche statua, vera o in calco,
nei fornici dei due ordini superiori e,
magari, i clipei dell’attico e, sempre al
loro posto, i pali lignei per il sostegno
del velario. Di “ripristini” ne sono stati
fatti (o, perlomeno accennati) diversi,
come, ad esempio, in corrispondenza
dell’ingresso orientale del monumento:
perché non “osare”, ancora un po’?
45°
panorama / calendario delle manifestazioni dell’Archeoclub di Roma
Anno sociale quarantacinquesimo - aprile-giugno 2016
Via Tacito, 74 (P.zza Cavour) - Tel. 06.4818839 (con segreteria e fax)
Lunedì, mercoledì, venerdì: ore 10-12
aprile
maggio
LUNEDI
VENERDI
GIOVEDI
4
riapertura della Segreteria con le 22 prima conferenza
5
invito al Salotto Romano
consuete modalità presso la nuova Sede del quinto ciclo “Presente e passato” e ai “puntini sulle i” di R.A.Staccioli –
in via Tacito 74, scala A, int. 2, citofono
P. Viola
MARTEDI
5
conferenza
del ciclo AICC. Prof. Roberto Danese:
Perché leggere Plauto, oggi? – Liceo
Giulio Cesare, corso Trieste 45 – ore
16.00
GIOVEDI
7
invito al Salotto Romano
e ai “puntini sulle i” di Romolo A.
Staccioli – Palazzo dei Domenicani,
piazza della Minerva 42 – ore 16.30
(Vita quotidiana degli antichi, a partire
dall’attualità) del prof. Romolo A.
Staccioli: Madri disinvolte e figli di
padre ignoto – Fondazione M. Besso,
largo di Torre Argentina, 11 – ore 16.30
MERCOLEDI
27
Assemblea generale ordinaria
dei Soci
con il seguente o.d.g.: a) relazione del
Presidente – b) bilancio consuntivo 2015
e preventivo 2016 – c) prospettive e programmi – d) varie ed eventuali. Al termine, “brindisi augurale per la nuova Sede”
– presso la Sede Sociale in via Tacito 74
(piazza Cavour), scala A, int. 2, ore
16.00, seconda convocazione ore 16.30
DOMENICA
GIOVEDI
10
visita guidata
dal dott. Roberto Egidi, al (nuovo) 28 conferenza
Antiquarium di via Lucrezia Romana del ciclo AICC. Prof. Giorgio Piras,
(Capannelle) - ore 10.00 al Capolinea
Anagnina Metro A
Perché leggere Terenzio, oggi? – Liceo
Giulio Cesare, corso Trieste 45 – ore
16.00
MERCOLEDI
VENERDI
13
letture a voce alta
29
seconda conferenza
Testi e Autori di ieri e di oggi: Marco
del ciclo “Presente e passato”: Schiavi,
Vitruvio Pollione, De Architectura, a
cura del prof. Romolo A. Staccioli - Fondazione Einaudi, Largo dei Fiorentini 1 ore 16.30
padroni e ... liberti – Fondazione Besso,
largo di Torre Argentina, 11 – ore 16.30
Palazzo dei Domenicani, piazza della
Minerva 42 – ore 16.30
VENERDI
6
terza conferenza
del ciclo “Presente e passato”: Lucciole e
case chiuse – Fondazione Besso, largo di
Torre Argentina, 11 – ore 16.30
SABATO
7
visita guidata
dalla dott.sa Laura Trellini Marino, alla
chiesa di Santa Maria della Vittoria –
ore 10.30 davanti alla chiesa in piazza di
S.Bernardo/via XX Settembre
VENERDI
13
quarta conferenza
del ciclo “Presente e passato”: Superstizioni, magie e sortilegi – Fondazione
Besso, largo di Torre Argentina, 11 – ore
16.30
SABATO
14
visita guidata
a sorpresa – a cura del Presidente - Prenotazione obbligatoria
30
escursione dell’intera giornata a
SABATO
SABATO
visita guidata
al (nuovo) Museo di Villa Gentile a Tor
Vergata - ore 10.00 al Capolinea Anagnina Metro A
16
GIOVEDI
21 archeosimposio
del Natale di
Roma
Ristorante Orazio,
piazzale Numa
Pompilio – ore
13.00 – prenotazione obbligatoria
GAETA
per la visita al Mausoleo di Munazio
Planco (sul Monte Orlando) e al
centro storico (pranzo libero) – partenza alle ore 8.30 dal piazzale dei
Partigiani (Stazione Ostiense)
GIOVEDI
19
visita guidata
dal prof. Romolo A. Staccioli al Mitreo
del Circo Massimo – ore 10.00, in piazza Bocca della Verità, 16A – massimo 25
persone
VENERDI
20
quinta conferenza
del ciclo “Passato e presente”: Proprietari
e inquilini – Fondazione Besso, largo di
Torre Argentina, 11 – ore 16.30
SABATO
21
escursione dell’intera giornata a
CONTRIBUTI E INTERVENTI
MONTECELIO (Guidonia)
nel sito dell’antica Corniculum (rocca
medievale, tempio, Museo archeologico con la Triade Capitolina) ed
eventuale puntata a Ponte Lucano
(Mausoleo dei Plauzi) – pranzo libero – partenza ore 8.30 dal piazzale
della Stazione Tiburtina (Hotel
Gemini)
VENERDI
27
sesta e ultima lezione
del ciclo “Presente e passato”: Satira,
arguzie e motteggi – Fondazione Besso,
largo di Torre Argentina, 11 – ore 16.30
SABATO
28
visita guidata
dalla dott.sa Simona Pannuzi, alla chiesa
di Santa Maria Antiqua, al Foro Romano – ore 9.30 all’ingresso del Foro da
via dei Fori Imperiali – prenotazione
obbligatoria
giugno
GIOVEDI
9
invito al Salotto Romano
e ai “puntini sulle i” di R.A.Staccioli –
Palazzo dei Domenicani, piazza della
Minerva 42 (Pantheon) – ore 16.30
VENERDI - DOMENICA
10 Quintadeiedizione
della festa 12
CEREALIA
Programma a parte
GIOVEDI
16
letture a voce alta
Testi e Autori di ieri e di oggi: La cena di
Trimalcione, dal Satyricon di Petronio,
a cura della dott.sa Laura Trellini
Marino – presso la Sede sociale in via
Tacito 74, scala A, int. 2 - ore 17.00
SABATO
18
escursione dell’intera giornata
alle Rovine di PORTO (Fiumicino)
partenza ore 10.00 dal piazzale dei
Partigiani (Stazione Ostiense)
Maxima debetur puero reverentia
Giovenale, nel verso 47 della XIV satira, scrive Maxima debetur puero reverentia, parole di grande impegno morale e valide per tutti i tempi.
La satira è dedicata all’esempio che i genitori devono dare costantemente ai figli al fine
di educarli al rispetto dei costumi identificati nel mos maiorum, al giusto disinteresse
nei riguardi dell’avidità del denaro e al rifiuto di comportamenti immorali verso loro
stessi, verso i loro famigliari e verso gli altri.
Nel costume romano ci sono evidenti richiami al rispetto e alla considerazione dei fanciulli, futuri soldati, magistrati, depositari delle responsabilità verso le istituzioni. I
bambini nelle famiglie degli ottimati vestivano la toga praetexta bordata di rosso come
quella dei senatori, fino ai 16 anni quando indossavano la toga virilis; portavano al
collo la bulla, astuccio in sottile lamina di bronzo o d’oro contenente amuleti di buon
auspicio. Anche le bambine venivano educate alla moralità dei costumi, a essere sagge
amministratrici della casa, univirae, autorevoli educatrici dei figli.
L’esempio doveva essere il mezzo per indirizzare al bene il comportamento dei ragazzi. Catone mette in guardia chi esercita la patria potestas da un’eccessiva severità.
Plutarco riferisce che lo stesso Catone sentenziava: “... chi percuote la moglie e i figli
è come se profanasse i templi”. Quintiliano protesta contro l’uso delle pene corporali
nella scuola, definito deforme atque servile. Ma... ma... per altri versi vigeva a Roma un
complesso di consuetudini che contrastavano con il rispetto dei bambini.
L’aborto, sebbene proibito da Ippocrate ai medici, costituiva il più comune mezzo di
contraccezione. Appena nato, il bambino e, soprattutto, la bambina correva il rischio
di essere rifiutato e abbandonato. Il padre, unico giudice dell’accettazione del figlio,
doveva sollevarlo da terra ove veniva deposto dalla donna che aveva assistito al parto,
in segno di riconoscimento di paternità. Il neonato poteva non essere riconosciuto, e
ciò senza nessuna giustificazione, o perché deforme o perché, a torto o a ragione, ritenuto bastardo o per miseria e conseguente difficoltà a mantenerlo. Più spesso non
veniva riconosciuta la femmina perché già altre femmine erano nate nella famiglia.
L’abbandono esponeva il neonato a morte per fame o per freddo o, nel migliore dei
casi, a essere raccolto da estranei, spesso per essere avviato alla schiavitù o alla prostituzione. Solo in epoca imperiale fu malvisto ma non proibito per legge, fino al 376 d.C.
La storia di tali costumi non fa parte di questo breve intervento il cui solo intendimento è indurre a riflettere sulla discrepanza tra comportamento verso i figli accettati e verso quelli non riconosciuti, e anche quello di richiamare l’attenzione su alcune
analogie con comportamenti moderni nel nostro mondo e soprattutto in alcuni paesi
del terzo mondo.
Nella Roma di oggi, ma anche in tutta la civiltà occidentale, a parte la quasi ubiquitaria legalizzazione dell’aborto, i fanciulli vengono rispettati per costume e per legge.
Rispetto alle consuetudini descritte nell’antica Roma forse si è perduta un po’ di autorevolezza e l’affetto verso i i figli offre occasione ad un eccessivo protezionismo e
indulgenza. Però... il ritrovamento di neonati nei cassonetti significa che l’abbandono
del figlio non voluto non è completamente scomparso da una generale comune sensibilità morale dei diritti del bambino. Oggi l’abbandono del neonato non è opera del
padre che non ne ha l’occasione, ma della madre e la legge consente alla madre di non
riconoscere il neonato proprio al fine di evitare l’infanticidio. Nel diffuso fenomeno
dell’accattonaggio da parte di bambini e nel lavoro minorile, c’è una certa tolleranza
da parte delle autorità e delle forze dell’ordine che meriterebbe un maggior rigore.
Solo in parte vale la massima nihil sub sole novi, ma soprattutto è tuttora valido il precetto di Giovenale: maxima debetur puero reverentia.
Giovanna De Paola
6
Quando l’antica Roma
“inventò” la Libia
segue da pag. 3
La Libia, dunque, nacque per volere di
Roma e nacque doppia: una sorta di
parto gemellare (unica, sarebbe stata
troppo estesa per il criterio riformatore
dioclezianeo).
Nella stessa occasione comparve pure,
ufficialmente, il nome di Tripolitania
dato ad un’altra nuova provincia costituita col territorio delle “tre città” (tris
poleis), di Oea, l’odierna Tripoli,
Sabratha e Leptis Magna, staccato da
quella che era stata fino a quel momento
l’Africa proconsularis, corrispondente in
gran parte all’odierna Tunisia.
Vale la pena di osservare come la riforma
di Diocleziano abbia ribadito la netta
distinzione tra la Cirenaica, da sempre
gravitante verso l’Egitto, e la Tripolitania, strettamente unita, fin dai tempi
dell’impero cartaginese, all’“Africa” vera
e propria: una distinzione peraltro naturale, deteminata com’era da quella sorta
di diaframma rappresentato dalla regione
“intermedia” della Sirte – la Syrtica dei
Romani – inospitale, desertica e pressoché spopolata e con il mare antistante
assai difficile da navigare.
Ancora sulla
COLLEZIONE TORLONIA
Finalmente, nelle “alte sfere”, s’è tornati
a parlare della Collezione Torlonia.
Il silenzio ha gravato lungamente sulla
“più grande collezione archeologica di
sculture mai vista”, da quando, nel settembre del 2004, l’allora ministro
Urbani ne annunciò una mostra da
tenersi nelle sale del Palazzo Sciarra in via
del Corso.
L’evento, naturalmente, non si verificò
(v. ArcheoRoma 2015, n. 4, p. 6).
Ora, il silenzio è stato rotto dal ministro
Franceschini il quale – ancora una volta
e, peraltro piuttosto vagamente – ha
annunciato una mostra. Tra il Ministero
e la Fondazione Torlonia sarebbe stato
firmato un accordo per la valorizzazione
della Collezione e l’allestimento di una
mostra che ne esporrà almeno una parte
e farà “il giro del mondo”.
A Roma, ha detto il Ministro, si tratta di
trovare una sede di grande prestigio e
questa potrebbe essere il Palazzo Caffarelli, in Campidoglio. Il periodo previsto, la fine del 2017 o, piuttosto, l’inizio
del 2018!
Sarà la volta buona?
Ma, oltre e al di là della mostra, rimane
il quesito di fondo: che fine farà la
Collezione?
Ce lo chiediamo da anni. Noi – come
facciamo da tempo (v. ArcheoRoma
2002, n. 2, pp. 1-2; e, da ultimo,
ArcheoRoma 2015, cit.) – ne continuiamo a sollecitare l’acquisizione da parte
dello Stato.
Ma, alle stesse condizioni con le quali,
più di un secolo fa, venne acquisita, con
un’apposita legge, la Collezione
Ludovisi: quella ora ospitata nelle sale
del Palazzo Altemps.
In estrema sintesi: acquisto di una selezione delle opere (a conti fatti, circa una
metà) e autorizzazione alla Proprietà di
alienare – anche all’estero – la parte restante della Collezione. Salvo il diritto di
prelazione, caso per caso, dello Stato e il
versamento all’erario di una tassa del
venti per cento sull’importo di ogni vendita. Ce ne sarebbe di che recuperare la
somma spesa per l’acquisto dei “pezzi”
scelti.
Rilievo con veduta di città (collez. Torlonia)
Può essere pure interessante sottolineare
come quella stessa distinzione sia continuata poi ininterrottamente, salvo brevi
periodi, dopo l’invasione araba del VII
secolo e durante l’impero ottomano, fino
all’occupazione italiana, in seguito alla
guerra italo-turca del 1911-12, quando,
per designare l’”unità” per la prima volta
raggiunta tra la Tripolitania e la
Cirenaica (e il Fezzan), fu assunto l’antico nome greco-romano dimenticato da
secoli (e riesumato nel 1892 dal geografo Federico Minutilli) solo graficamente
italianizzato in Libia (salvo ad essere
sostuito, dopo la seconda guerra mondiale, dall’anglicizzato Lybia).
Romolo A. Staccioli
Un libro
da non
acquistare
La Newton & Compton ha appena
ristampato – per la quarta volta – la
Guida insolita di Roma antica, di
Romolo A. Staccioli: tale e quale quella
della prima edizione, dell’anno 2000 !
Già in occasione della terza ristampa, nel
2011, facemmo osservare (ArcheoRoma
2011, n. 1, p. 6) come nessuna pubblicazione invecchi più inesorabilmente e
rapidamente di una guida archeologica di
Roma e come, perciò, sia necessario procedere, ogni volta, a opportuni aggiorna-
menti. Tanto più dopo quindici anni
durante i quali scoperte e studi si sono
susseguiti con ritmo sostenuto. Basterebbe pensare ai Fori imperiali, all’Athenaeum di Adriano, presso piazza Venezia,
alla Coenatio rotunda della Domus Aurea,
al Palatino, alla sede della fazione Russata
del Circo, a via Giulia, ecc.!
Come se non fosse successo nulla!
È stata, pertanto, ancora una volta,
un’operazione truffaldina, con un “prodotto scaduto” messo in giro camuffato
7
L’ABATE LUIGI
appunti e disappunti sulla Città dei nostri giorni
IL MUSEO DEL FORO ROMANO
Una delle “statue parlanti” della Roma
papalina senza testa (e, quindi, senza
bocca) è un controsenso. Eppure, così è
stata lasciata quella dell’Abate Luigi, l’arguto interlocutore di Pasquino, di
Marforio e di Madama Lucrezia, in piazza Vidoni, a ridosso del transetto della
chiesa di Sant’Andrea della Valle, dopo
l’ultimo restauro/ripulitura appena concluso: macabro adeguamento ai tempi?
Più volte trafugata, la testa era stata ogni
volta variamente sostituita, anche ricorrendo a dei calchi che sono stati tuttavia,
ogni volta, ugualmente apprezzati – fino
all’ultimo – dagli ignoti trafugatori.
Ma non si poteva continuare con la pratica dei “trapianti”, magari adottando
qualche maggiore e più efficace misura
cautelare?
da una copertina diversa e da un nuovo
titolo dato alla collana. E ciò in aperto
dispregio, non solo della correttezza professionale, ma di precise clausole contrattuali (come già facemmo rilevare) e del
buon nome dell’Autore il quale, nella
premessa del volume, assicura ai lettori –
e agli acquirenti – notizie e informazioni
“ ... che arrivano fino alle ultime novità”.
Bella figura!
In conclusione, si tratta di un libro da
non acquistare: meglio ignorarlo!
L’apertura del nuovo Museo del Foro
Romano, dopo anni e anni di deplorevole chiusura, ci era stata promessa, dal
Soprintendente, entro il 2015.
Puntualmente, l’anno è passato e non è
successo nulla.
Inaugurato nell’antico convento di Santa
Maria Nova, o di Santa Francesca Romana, nell’area del Tempio di Venere e
Roma, quello che si chiamò, “modestamente”, Antiquarium del Foro, fino alla
sua chiusura, s’estendeva per una decina
di ambienti, su due piani, attorno al
chiostro.
Riandando con la memoria ai tempi in
cui si poteva tranquillamente visitare, vi
erano esposti (con fotografie degli scavi,
disegni e plastici ricostruttivi) i ritrovamenti più importanti provenienti da
tutta l’area forense. A cominciare da
quelli più antichi relativi al sepolcreto
arcaico di IX-VIII secolo a.C., con i
caratteristici cinerari in forma di capanna, i corredi funebri miniaturistici e le
prime ceramiche greche d’importazione
o d’imitazione.
C’erano poi i materiali provenienti dallo
scavo del Lapis Niger (terrecotte architettoniche, bronzetti votivi, vasi) e il calco
della celeberrima iscrizione: la più antica
di tutte le iscrizioni latine. Poi, i materiaCorredo funebre dell’età del ferro
li provenienti dagli scavi dell’area del
Tempio di Vesta e di varie altre zone
(Comizio, Tempio del Divo Giulio, Regia,
Basilica Emilia, ecc.). C’erano inoltre un
modello delle “gallerie ipogee” cesariane
scavate al centro della piazza; importanti
iscrizioni e numerose opere di scultura:
dai grandi frammenti del fregio marmoreo che ornava l’aula della Basilica Emilia,
con scene relative ai miti delle origini di
Roma, ai Dioscuri e alla statua arcaistica
di Apollo della Fonte di Giuturna; dai
frammenti del fregio del Tempio del Divo
Giulio a vari ritratti imperiali.
Infine, dal museo si poteva accedere ai
cospicui resti di una delle due celle del
Tempio di Venere e Roma, nel rifacimento massenziano, con le grandi colonne di porfido addossate alle pareti e quelle più piccole sulle mensole inquadranti
nicchie che ospitavano statue, il ricco
pavimento di marmi policromi e i cassettoni stuccati che ornavano il soffitto e il
catino dell’abside (visto il progetto per il
ristorante da allestire al Museo Palatino,
qui si potrebbero egregiamente sistemare
i tavolini di un “Caffè” che altrove nemmeno lo sognano !!).
Torneremo a vedere tutto questo – ma
per molti sarà la prima volta – almeno
entro il 2016?
8
quaderni di
quaderni di
1
2
quaderni di
3
quaderni di
4
ROMOLO A. STACCIOLI
BRUNO MOSER
ANTONIO GREGGIO
ROMOLO A. STACCIOLI
DIES FESTI
VINO PIPAFO
CARMINA
LATIUM FELIX
quaderni di
quaderni di
quaderni di
quaderni di
feste di Roma antica
5
breve storia del vino
6
poesie romane
7
divagazioni sul Lazio latino
8
MARCELLO PAGLIARI
MASSIMO PALLOTTINO
ROMOLO A. STACCIOLI
ROMOLO A. STACCIOLI
GNOMON
ANTICAJE
FORMA URBIS
MULIERES
quaderni di
quaderni di
quaderni di
quaderni di
le macchine del tempo
10
9
ROMOLO A. STACCIOLI
MULIERES
donne di Roma antica -
lineamenti di storia urbanistica ed
edilizia di Roma antica
G. Gioachino Belli e l’archeologia
II
11
donne di Roma antica
12
ROMOLO A. STACCIOLI
MARCELLO PAGLIARI
ROMOLO A. STACCIOLI
MONUMENTA
AQUARUM
NAUTAE
REGINAE
DEMENTES
quaderni di
quaderni di
navigatori e navigazione
dall’antichità all’età moderna
architettura e acqua nell’antica Roma
quaderni di
14
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donne contro Roma
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16
ROMOLO A. STACCIOLI
MARCELLO PAGLIARI
a cura di
TITULI
NAUTAE
RES GESTAE
DIVI AUGUSTI
Iscrizioni monumentali superstiti
di Roma antica
quaderni di
17
ROMOLO A. STACCIOLI
CURIOSUM
URBIS
Curiosità di Roma antica
navigatori e navigazione
dall’antichità all’età moderna - II
quaderni di
MAURIZIO VIGNUDA
ROMOLO A. STACCIOLI
EQUORUM
PROBATIO
Le opere del divo Augusto
Cavalli e cavalieri nell’antica Roma
quaderni di
novità
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dell’Archeoclub
Tel. 06.48.18.839
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PIER GIOVANNI GUZZO
FIBULAE
Le “spille da balia” dell’Italia antica
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Pubblicazione riservata ai soci dell’Archeoclub, distribuzione gratuita. (propr. Staccioli) dirett. resp. Gastone Obino. Via Pietro Cossa, 41
00193 Roma, telefono 06.48.18.839 - Autorizz. Tribunale di Roma n. 00565/92 del 27-10-1992 - Roma - Stampa: 4-2016
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