ARCHEOROMA N.2-2016
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ARCHEOROMA N.2-2016
Trimestrale di informazione e discussione culturale a cura dell’Archeoclub di Roma – n. 2 aprile-giugno 2016 Cenare al Palatino È da qualche tempo che il nuovo Soprintendente ci fa sapere, a mezzo stampa, d’avere in mente “un grande progetto per il Palatino, in grado di riportare il sito all’altezza del suo mito, diventando di nuovo attraente per i visitatori della fascia più colta” (e... per tutti gli altri?). Dio solo sa quanto quel progetto dovrebbe essere tradotto in realtà, visto il generale stato di squallido degrado in cui versa, tranne rare eccezioni, il colle “primigenio”. Finalmente, un finanziamento di otto milioni per quest’anno (“pronto a triplicarsi nel triennio”) dovrebbe consentire l’inizio dei lavori a primavera. Intanto abbiamo appreso che alla... resurrezione del Palatino – e “per concretizzare un’offerta più raffinata e ricca e all’altezza delle aspettative di un pubblico esigente” – dovrà contribuire un ristorante di classe, in via di progettazione, da allestire all’ultimo piano e sulla terrazza del Museo Palatino, previa liberazione degli spazi mediante lo sfratto della biblioteca. Che dire della sconcertante iniziativa? Tanto varrebbe – soprattutto pensando a una clientela “colta” – rimettere in funzione la vicina Coenatio Iovis della Domus Flavia, la grandiosa sala da pranzo del palazzo imperiale, col suo ricco pavimento marmoreo disteso sopra l’ipocausto che potrebbe essere opportunamente ripristinato per il riscaldamento invernale! E, perché non... raddoppiare l’offerta, ricostruendo sui cospicui resti da poco ritrovati, sempre sul COLOSSEIDE Il Colosseo – il monumento di gran lunga più visitato d’Italia (6 milioni e mezzo di ingressi, nel 2015) – continua ad essere, tra polemiche e caos, al centro dell’attenzione di molti. Sotto vari punti di vista. Vale la pena di soffermarcisi un po’. Il Ministro per i beni culturali, dopo ogni prima domenica del mese (quella con l’ingresso gratis) non cessa di “esultare”, come scrivono i giornali (ma ispirati da entusiastici comunicati ministeriali) per il sempre crescente afflusso di visitatori: 17.314 il 7 febbraio scorso! Nessuno ha il coraggio di riferirgli che quei visitatori sono, nella stragrande maggioranza, per non dire la quasi totalità, turisti. I quali, viene sottolineato, non fanno che esternare “grande apprezzamento” (e ... te credo! come si dice dalle nostre parti). E nessuno che provi a fargli osservare come più aumentano i visitatori maggiore è il mancato incasso delle biglietterie: un gran bel guadagno, per un Ministro che non fa che parlare di “messa a reddito” del nostro patrimonio archeologico. E che, per aumentare gli introiti, ha pensato bene di privare del “sacrosanto” accesso gratuito permanente a musei e monumenti gli ultrasessantacinquenni (i quali, a musei e monumenti ora non ci mettono più piede). Gli archeologi – dopo essersi accorti dell’opportunità di “ricostruire” l’arena dell’Anfiteatro (che l’Archeoclub invoca da qualche decennio, avendo raccolto un’esplicita proposta del suo Presidente pubblicata oltre mezzo secolo fa sull’autorevole rivista “Studi Romani” ) – hanno gridato all’ultima scoperta “mozzafiato” (come è stato scritto su un quotidiano romano): quella relativa a un bel tratto di pavimentazione in lastre di travertino, con inoltre, le basi di due cippi di delimitazione, di quella che doveva essere un’ampia “area di rispetto” tutt’intorno all’Anfiteatro. Sempre secondo i giornali, i responsabili del cantiere di scavo avrebbero osservato che si tratterebbe di “un patrimonio del tutto inedito”, visto che “di questa pavimentazione non avevamo alcuna documentazione”. Peccato che, a pag. 137 della Guida archeologica (tanto per citarne una) “Roma entro le mura”, di R. A. Staccioli, del 1979, c’è scritto, testualmente, a proposito di un settore adiacente a quello ora rimesso in luce, “... in questo punto è riconoscibile l’area di rispetto che circondava l’anfiteatro pavimentata di travertino e delimitata da grandi cippi, pure di travertino, cinque dei quali sono ancora al loro posto” (vedi foto alla pag. 2). segue A N N O X X X V 2 Palatino, e ora adeguatamente studiati e interpretati, la coenatio rotunda della Domus Aurea: la spettacolare sala per banchetti voluta da Nerone che, come scrive Svetonio, “girava su se stessa tutto il giorno, continuamente, come la terra”? Figuriamoci il sollazzo dei turisti americani e giapponesi! E i russi? Ma, le prenotazioni del “pubblico esigente” pioverebbero da ogni parte del mondo e gli incassi sarebbero tali da poter restituire – poniamo – la gratuità d’accesso ai monumenti di casa propria ai romani ultra sessantacinquenni che ne sono stati vergognosamente privati (perché l’Europa non tollera discriminazioni, è stato detto!). Oltre tutto, trovandosi nell’area della vecchia Vigna Barberini, il “Ristorante rotundo” avrebbe anche il vantaggio di poter godere, fino a notte fonda (e magari fino all’alba, qualora vi si aggiungesse una discoteca), di un ingresso facile e indipendente, aperto direttamente sulla strada! Intanto – mentre si annuncia l’avviato funzionamento di metal detector, “come negli aeroporti”, il monitoraggio compiuto dalla polizia all’interno del monumento e la presenza, nella piazza, di cani che fiutano gli esplosivi – si continua a discettare su necessità, opportunità, novità di vario genere. Ad esempio: a) L’istituzione di un Consorzio di gestione unificata tra Stato e Comune dell’”area archeologica più importante del mondo” (sempre come scrivono i giornali), che va dal Colosseo al Circo Massimo e include i Fori e il Palatino. Istituzione che è stata puntualmente rimandata (a dopo l’elezione del nuovo sindaco, è stato detto). b) L’apertura, tra aprile e maggio, del terzo livello del monumento fino al piano dell’attico, la razionalizzazione del flusso dei visitatori, mediante un nuovo ingresso, un itinerario riservato ai gruppi prenotati e la redistribuzione oraria e stagionale del pubblico, con diversificazione per fasce orarie del prezzo del biglietto d’ingresso. c) Un “piano strategico” (affidato, nientemeno, all’Università Bocconi di Milano) per una nuova bigliettazione da far “lievitare” (in pratica, raddoppiare) passando dai 12 euro attuali ai 20/25, per il “circuito integrato”. d) Un diverso sistema di ripartizione degli incassi (essendosi rivelato quello in vigore “sbagliato e da correggere profondamente”) che “frutta tra i 35 e i 40 milioni di euro l’anno (più la quota succosa di almeno 20 milioni per il concessionario privato ancora in proroga ...)”. E ci piacerebbe tanto sapere chi è e cosa fa questo “concessionario”. e) Nuove biglietterie e un vero e proprio Centro Servizi (compreso punto di ristoro e toilette) in luogo diverso da quello, a ridosso dei “grottoni” del basamento del tempio di Venere e Roma, dove le biglietterie sono state allestite “provvisoriamente”. E si parla dell’altura verde situata tra la piazza del Colosseo e la via Celio Vibenna (ma, in proposito, v. ArcheoRoma 2016, n. 1, p. 2). N ATA L I S U R B I S .... Romulum Remumque cupido cepit in iis locis ubi expositi ubique educati erant urbis condendae. Tito Livio I, 6,3 “... un desiderio forte prese Romolo e Remo di fondare una città in quei luoghi dove erano stati esposti e dove erano stati allevati”. Approfittando della situazione, ci sembra il caso di accennare brevemente anche alle nostre attenzioni e, in particolare, alle nostre proposte. Oltre a quella già ricordata del rifacimento del piano dell’arena, ne abbiamo fatte diverse, negli anni passati. Ma ne facciamo subito un’altra, raccogliendo il “grido di dolore” di quanti, dopo l’opportuno allontanamento dei camion bar, si preoccupano della sete dei poveri turisti (i quali, peraltro, se ne vanno in giro portando in tasca ai loro zaini apposite bottiglie riempite, gratis, di acqua fresca a una delle tante fontanelle disseminate per tutto il centro storico, compresa la piazza del Colosseo, dove ci sono anche due bar). Visto che ricerche 3 recenti all’interno del Colosseo hanno consentito di ricostruire un elaboratissimo sistema di condutture idriche che, oltre a garantire il funzionamento di numerose latrine distribuite in tutto l’edificio, alimentavano decine di fontanine disposte a distanze regolari negli ambulacri interni dei primi due piani dell’anfiteatro, perché non “ripristinarne” almeno qualcuna, “dov’era e com’era”? (vedi fig. qui accanto). Quanto alle proposte precedenti, come già abbiamo fatto altra volta (da ultimo, in ArcheoRoma 2014, n. 3, p. 7) ne riassumiamo almeno tre che rientrano nell’ambito del generale “restauro” di cui il Colosseo è stato fatto oggetto. - Quella di turare almeno una parte degli innumerevoli buchi scavati dai cavaferro medievali nelle strutture di travertino alla ricerca delle grappe metalliche che tenevano insieme i blocchi lapidei. Dal momento che con la ripulitura sono stati eliminati i guasti del tempo e dello smog, perché non eliminare anche i guasti dell’umana devastazione? - Quella di ridipingere in rosso i numeri incisi sopra le arcate del pianterreno, dove quei numeri ci sono ancora anche se oggi difficilmente riconoscibili ai più. QUANDO L’ANTICA ROMA “INVENTÒ” LA LIBIA (ANZI, DUE!) Con il nome Libia – ottenuto ellenizzando, nella forma Libye, un etnico indigeno – i Greci (come, del resto, avevano già fatto gli Egizi) indicarono lungamente (e piuttosto vagamente) le regioni costiere dell’Africa settentrionale, ad occidente dell’Egitto (e della Cirenaica), considerato parte dell’Asia. In sostanza, tutto il territorio che gli Arabi chiamano Magreb (al Maghrib), ossia “l’Occidente”. Abitato da popoli di razza berbera e di lingua riconducibile all’unità camito-semitica (molto vicina ai dialetti berberi parlati ancora oggi), l’esteso territorio “libico” era articolato o, piuttosto, frazionato, in un numero assai elevato di tribù, spesso in lotta fra loro. Erodoto ne elenca una lunga serie e solo in piccola parte furono sottomesse all’egemonia cartaginese. Solo alcune di esse, e con molte difficoltà, riuscirono a darsi una qualche organizzazione di tipo statuale e a costituire dei “regni”, continuamente minacciati, al loro interno, dall’esasperato particolarismo locale e dallo spirito d’indipendenza tribale. In realtà, mancarono i presupposti per aggregazioni durevoli. Uniche durature eccezioni, i due regni di Numidia e di Mauretania. Il primo (press’a poco l’attuale Algeria) nato nel 205 a.C. dall’unione di due regni minori e durato, con alterne vicende e divisioni interne, fino al 46 a.C. quando fu annesso da Roma che lo trasformò nella provincia dell’Africa Nova. Il secondo (corrispondente all’odierno Marocco), nato nel II secolo a.C., diviso in due “regni” vassalli di Roma fino alla rivolta del 40 d.C. dopo la quale fu annesso all’impero romano, sotto forma di due province: Mauritania Caesarensis e Mauritania Tingitana. Roma, dette inizio alla sua concreta presenza nella regione dopo la distruzione di Cartagine, nel 146 a.C., e la creazione, col territorio di quella, della provincia chiamata Africa (e, in seguito, Africa proconsularis). Fino ad estenderla, in prosieguo di tempo, all’intero comprensorio, dal deserto Marmarico all’Oceano Atlantico, con l’aggregazione all’impero, prima della Numidia, al tempo di Cesare, e poi della Mauretania, con Claudio. La stessa Roma ereditò dal mondo greco il nome Libya (ritraendone l’accento), insieme alla sua vaga ed incerta accezione. Poi di esso si servì per denominare la porzione di Mare Mediterraneo compresa tra lo Ionio e la costa africana, fino alle due Sirti: la “piccola Sirte”, ossia l’attuale golfo di Gabés in Tunisia, e la “grande Sirte”, cioè il golfo di Sidra. Così, quello che oggi si chiama il Mare (o il Golfo) della Sirte, era, all’interno del “Mare Nostro”, il Mare Libycum. Solo alla fine del III secolo della nostra era il nome Libya venne finalmente impiegato per designare una realtà geografica e amministrativa ben definita e circoscritta. Fu quando Diocleziano, nella sua radicale riforma dell’impero, suddivise la Cirenaica (che era stata fino ad allora unita all’isola di Creta formando con quella un’unica provincia), in due nuove province: la Libya Superior, formata dalla Cirenaica propriamente detta, e la Libya Inferior, corrispondente alla Marmarica. segue a pag. 6 - Quella di “ripristinare” su una “fetta” del monumento – tanto per vedere ... l’effetto che fa (e che faceva) – l’antico apparato decorativo e funzionale, ricollocando qualche statua, vera o in calco, nei fornici dei due ordini superiori e, magari, i clipei dell’attico e, sempre al loro posto, i pali lignei per il sostegno del velario. Di “ripristini” ne sono stati fatti (o, perlomeno accennati) diversi, come, ad esempio, in corrispondenza dell’ingresso orientale del monumento: perché non “osare”, ancora un po’? 45° panorama / calendario delle manifestazioni dell’Archeoclub di Roma Anno sociale quarantacinquesimo - aprile-giugno 2016 Via Tacito, 74 (P.zza Cavour) - Tel. 06.4818839 (con segreteria e fax) Lunedì, mercoledì, venerdì: ore 10-12 aprile maggio LUNEDI VENERDI GIOVEDI 4 riapertura della Segreteria con le 22 prima conferenza 5 invito al Salotto Romano consuete modalità presso la nuova Sede del quinto ciclo “Presente e passato” e ai “puntini sulle i” di R.A.Staccioli – in via Tacito 74, scala A, int. 2, citofono P. Viola MARTEDI 5 conferenza del ciclo AICC. Prof. Roberto Danese: Perché leggere Plauto, oggi? – Liceo Giulio Cesare, corso Trieste 45 – ore 16.00 GIOVEDI 7 invito al Salotto Romano e ai “puntini sulle i” di Romolo A. Staccioli – Palazzo dei Domenicani, piazza della Minerva 42 – ore 16.30 (Vita quotidiana degli antichi, a partire dall’attualità) del prof. Romolo A. Staccioli: Madri disinvolte e figli di padre ignoto – Fondazione M. Besso, largo di Torre Argentina, 11 – ore 16.30 MERCOLEDI 27 Assemblea generale ordinaria dei Soci con il seguente o.d.g.: a) relazione del Presidente – b) bilancio consuntivo 2015 e preventivo 2016 – c) prospettive e programmi – d) varie ed eventuali. Al termine, “brindisi augurale per la nuova Sede” – presso la Sede Sociale in via Tacito 74 (piazza Cavour), scala A, int. 2, ore 16.00, seconda convocazione ore 16.30 DOMENICA GIOVEDI 10 visita guidata dal dott. Roberto Egidi, al (nuovo) 28 conferenza Antiquarium di via Lucrezia Romana del ciclo AICC. Prof. Giorgio Piras, (Capannelle) - ore 10.00 al Capolinea Anagnina Metro A Perché leggere Terenzio, oggi? – Liceo Giulio Cesare, corso Trieste 45 – ore 16.00 MERCOLEDI VENERDI 13 letture a voce alta 29 seconda conferenza Testi e Autori di ieri e di oggi: Marco del ciclo “Presente e passato”: Schiavi, Vitruvio Pollione, De Architectura, a cura del prof. Romolo A. Staccioli - Fondazione Einaudi, Largo dei Fiorentini 1 ore 16.30 padroni e ... liberti – Fondazione Besso, largo di Torre Argentina, 11 – ore 16.30 Palazzo dei Domenicani, piazza della Minerva 42 – ore 16.30 VENERDI 6 terza conferenza del ciclo “Presente e passato”: Lucciole e case chiuse – Fondazione Besso, largo di Torre Argentina, 11 – ore 16.30 SABATO 7 visita guidata dalla dott.sa Laura Trellini Marino, alla chiesa di Santa Maria della Vittoria – ore 10.30 davanti alla chiesa in piazza di S.Bernardo/via XX Settembre VENERDI 13 quarta conferenza del ciclo “Presente e passato”: Superstizioni, magie e sortilegi – Fondazione Besso, largo di Torre Argentina, 11 – ore 16.30 SABATO 14 visita guidata a sorpresa – a cura del Presidente - Prenotazione obbligatoria 30 escursione dell’intera giornata a SABATO SABATO visita guidata al (nuovo) Museo di Villa Gentile a Tor Vergata - ore 10.00 al Capolinea Anagnina Metro A 16 GIOVEDI 21 archeosimposio del Natale di Roma Ristorante Orazio, piazzale Numa Pompilio – ore 13.00 – prenotazione obbligatoria GAETA per la visita al Mausoleo di Munazio Planco (sul Monte Orlando) e al centro storico (pranzo libero) – partenza alle ore 8.30 dal piazzale dei Partigiani (Stazione Ostiense) GIOVEDI 19 visita guidata dal prof. Romolo A. Staccioli al Mitreo del Circo Massimo – ore 10.00, in piazza Bocca della Verità, 16A – massimo 25 persone VENERDI 20 quinta conferenza del ciclo “Passato e presente”: Proprietari e inquilini – Fondazione Besso, largo di Torre Argentina, 11 – ore 16.30 SABATO 21 escursione dell’intera giornata a CONTRIBUTI E INTERVENTI MONTECELIO (Guidonia) nel sito dell’antica Corniculum (rocca medievale, tempio, Museo archeologico con la Triade Capitolina) ed eventuale puntata a Ponte Lucano (Mausoleo dei Plauzi) – pranzo libero – partenza ore 8.30 dal piazzale della Stazione Tiburtina (Hotel Gemini) VENERDI 27 sesta e ultima lezione del ciclo “Presente e passato”: Satira, arguzie e motteggi – Fondazione Besso, largo di Torre Argentina, 11 – ore 16.30 SABATO 28 visita guidata dalla dott.sa Simona Pannuzi, alla chiesa di Santa Maria Antiqua, al Foro Romano – ore 9.30 all’ingresso del Foro da via dei Fori Imperiali – prenotazione obbligatoria giugno GIOVEDI 9 invito al Salotto Romano e ai “puntini sulle i” di R.A.Staccioli – Palazzo dei Domenicani, piazza della Minerva 42 (Pantheon) – ore 16.30 VENERDI - DOMENICA 10 Quintadeiedizione della festa 12 CEREALIA Programma a parte GIOVEDI 16 letture a voce alta Testi e Autori di ieri e di oggi: La cena di Trimalcione, dal Satyricon di Petronio, a cura della dott.sa Laura Trellini Marino – presso la Sede sociale in via Tacito 74, scala A, int. 2 - ore 17.00 SABATO 18 escursione dell’intera giornata alle Rovine di PORTO (Fiumicino) partenza ore 10.00 dal piazzale dei Partigiani (Stazione Ostiense) Maxima debetur puero reverentia Giovenale, nel verso 47 della XIV satira, scrive Maxima debetur puero reverentia, parole di grande impegno morale e valide per tutti i tempi. La satira è dedicata all’esempio che i genitori devono dare costantemente ai figli al fine di educarli al rispetto dei costumi identificati nel mos maiorum, al giusto disinteresse nei riguardi dell’avidità del denaro e al rifiuto di comportamenti immorali verso loro stessi, verso i loro famigliari e verso gli altri. Nel costume romano ci sono evidenti richiami al rispetto e alla considerazione dei fanciulli, futuri soldati, magistrati, depositari delle responsabilità verso le istituzioni. I bambini nelle famiglie degli ottimati vestivano la toga praetexta bordata di rosso come quella dei senatori, fino ai 16 anni quando indossavano la toga virilis; portavano al collo la bulla, astuccio in sottile lamina di bronzo o d’oro contenente amuleti di buon auspicio. Anche le bambine venivano educate alla moralità dei costumi, a essere sagge amministratrici della casa, univirae, autorevoli educatrici dei figli. L’esempio doveva essere il mezzo per indirizzare al bene il comportamento dei ragazzi. Catone mette in guardia chi esercita la patria potestas da un’eccessiva severità. Plutarco riferisce che lo stesso Catone sentenziava: “... chi percuote la moglie e i figli è come se profanasse i templi”. Quintiliano protesta contro l’uso delle pene corporali nella scuola, definito deforme atque servile. Ma... ma... per altri versi vigeva a Roma un complesso di consuetudini che contrastavano con il rispetto dei bambini. L’aborto, sebbene proibito da Ippocrate ai medici, costituiva il più comune mezzo di contraccezione. Appena nato, il bambino e, soprattutto, la bambina correva il rischio di essere rifiutato e abbandonato. Il padre, unico giudice dell’accettazione del figlio, doveva sollevarlo da terra ove veniva deposto dalla donna che aveva assistito al parto, in segno di riconoscimento di paternità. Il neonato poteva non essere riconosciuto, e ciò senza nessuna giustificazione, o perché deforme o perché, a torto o a ragione, ritenuto bastardo o per miseria e conseguente difficoltà a mantenerlo. Più spesso non veniva riconosciuta la femmina perché già altre femmine erano nate nella famiglia. L’abbandono esponeva il neonato a morte per fame o per freddo o, nel migliore dei casi, a essere raccolto da estranei, spesso per essere avviato alla schiavitù o alla prostituzione. Solo in epoca imperiale fu malvisto ma non proibito per legge, fino al 376 d.C. La storia di tali costumi non fa parte di questo breve intervento il cui solo intendimento è indurre a riflettere sulla discrepanza tra comportamento verso i figli accettati e verso quelli non riconosciuti, e anche quello di richiamare l’attenzione su alcune analogie con comportamenti moderni nel nostro mondo e soprattutto in alcuni paesi del terzo mondo. Nella Roma di oggi, ma anche in tutta la civiltà occidentale, a parte la quasi ubiquitaria legalizzazione dell’aborto, i fanciulli vengono rispettati per costume e per legge. Rispetto alle consuetudini descritte nell’antica Roma forse si è perduta un po’ di autorevolezza e l’affetto verso i i figli offre occasione ad un eccessivo protezionismo e indulgenza. Però... il ritrovamento di neonati nei cassonetti significa che l’abbandono del figlio non voluto non è completamente scomparso da una generale comune sensibilità morale dei diritti del bambino. Oggi l’abbandono del neonato non è opera del padre che non ne ha l’occasione, ma della madre e la legge consente alla madre di non riconoscere il neonato proprio al fine di evitare l’infanticidio. Nel diffuso fenomeno dell’accattonaggio da parte di bambini e nel lavoro minorile, c’è una certa tolleranza da parte delle autorità e delle forze dell’ordine che meriterebbe un maggior rigore. Solo in parte vale la massima nihil sub sole novi, ma soprattutto è tuttora valido il precetto di Giovenale: maxima debetur puero reverentia. Giovanna De Paola 6 Quando l’antica Roma “inventò” la Libia segue da pag. 3 La Libia, dunque, nacque per volere di Roma e nacque doppia: una sorta di parto gemellare (unica, sarebbe stata troppo estesa per il criterio riformatore dioclezianeo). Nella stessa occasione comparve pure, ufficialmente, il nome di Tripolitania dato ad un’altra nuova provincia costituita col territorio delle “tre città” (tris poleis), di Oea, l’odierna Tripoli, Sabratha e Leptis Magna, staccato da quella che era stata fino a quel momento l’Africa proconsularis, corrispondente in gran parte all’odierna Tunisia. Vale la pena di osservare come la riforma di Diocleziano abbia ribadito la netta distinzione tra la Cirenaica, da sempre gravitante verso l’Egitto, e la Tripolitania, strettamente unita, fin dai tempi dell’impero cartaginese, all’“Africa” vera e propria: una distinzione peraltro naturale, deteminata com’era da quella sorta di diaframma rappresentato dalla regione “intermedia” della Sirte – la Syrtica dei Romani – inospitale, desertica e pressoché spopolata e con il mare antistante assai difficile da navigare. Ancora sulla COLLEZIONE TORLONIA Finalmente, nelle “alte sfere”, s’è tornati a parlare della Collezione Torlonia. Il silenzio ha gravato lungamente sulla “più grande collezione archeologica di sculture mai vista”, da quando, nel settembre del 2004, l’allora ministro Urbani ne annunciò una mostra da tenersi nelle sale del Palazzo Sciarra in via del Corso. L’evento, naturalmente, non si verificò (v. ArcheoRoma 2015, n. 4, p. 6). Ora, il silenzio è stato rotto dal ministro Franceschini il quale – ancora una volta e, peraltro piuttosto vagamente – ha annunciato una mostra. Tra il Ministero e la Fondazione Torlonia sarebbe stato firmato un accordo per la valorizzazione della Collezione e l’allestimento di una mostra che ne esporrà almeno una parte e farà “il giro del mondo”. A Roma, ha detto il Ministro, si tratta di trovare una sede di grande prestigio e questa potrebbe essere il Palazzo Caffarelli, in Campidoglio. Il periodo previsto, la fine del 2017 o, piuttosto, l’inizio del 2018! Sarà la volta buona? Ma, oltre e al di là della mostra, rimane il quesito di fondo: che fine farà la Collezione? Ce lo chiediamo da anni. Noi – come facciamo da tempo (v. ArcheoRoma 2002, n. 2, pp. 1-2; e, da ultimo, ArcheoRoma 2015, cit.) – ne continuiamo a sollecitare l’acquisizione da parte dello Stato. Ma, alle stesse condizioni con le quali, più di un secolo fa, venne acquisita, con un’apposita legge, la Collezione Ludovisi: quella ora ospitata nelle sale del Palazzo Altemps. In estrema sintesi: acquisto di una selezione delle opere (a conti fatti, circa una metà) e autorizzazione alla Proprietà di alienare – anche all’estero – la parte restante della Collezione. Salvo il diritto di prelazione, caso per caso, dello Stato e il versamento all’erario di una tassa del venti per cento sull’importo di ogni vendita. Ce ne sarebbe di che recuperare la somma spesa per l’acquisto dei “pezzi” scelti. Rilievo con veduta di città (collez. Torlonia) Può essere pure interessante sottolineare come quella stessa distinzione sia continuata poi ininterrottamente, salvo brevi periodi, dopo l’invasione araba del VII secolo e durante l’impero ottomano, fino all’occupazione italiana, in seguito alla guerra italo-turca del 1911-12, quando, per designare l’”unità” per la prima volta raggiunta tra la Tripolitania e la Cirenaica (e il Fezzan), fu assunto l’antico nome greco-romano dimenticato da secoli (e riesumato nel 1892 dal geografo Federico Minutilli) solo graficamente italianizzato in Libia (salvo ad essere sostuito, dopo la seconda guerra mondiale, dall’anglicizzato Lybia). Romolo A. Staccioli Un libro da non acquistare La Newton & Compton ha appena ristampato – per la quarta volta – la Guida insolita di Roma antica, di Romolo A. Staccioli: tale e quale quella della prima edizione, dell’anno 2000 ! Già in occasione della terza ristampa, nel 2011, facemmo osservare (ArcheoRoma 2011, n. 1, p. 6) come nessuna pubblicazione invecchi più inesorabilmente e rapidamente di una guida archeologica di Roma e come, perciò, sia necessario procedere, ogni volta, a opportuni aggiorna- menti. Tanto più dopo quindici anni durante i quali scoperte e studi si sono susseguiti con ritmo sostenuto. Basterebbe pensare ai Fori imperiali, all’Athenaeum di Adriano, presso piazza Venezia, alla Coenatio rotunda della Domus Aurea, al Palatino, alla sede della fazione Russata del Circo, a via Giulia, ecc.! Come se non fosse successo nulla! È stata, pertanto, ancora una volta, un’operazione truffaldina, con un “prodotto scaduto” messo in giro camuffato 7 L’ABATE LUIGI appunti e disappunti sulla Città dei nostri giorni IL MUSEO DEL FORO ROMANO Una delle “statue parlanti” della Roma papalina senza testa (e, quindi, senza bocca) è un controsenso. Eppure, così è stata lasciata quella dell’Abate Luigi, l’arguto interlocutore di Pasquino, di Marforio e di Madama Lucrezia, in piazza Vidoni, a ridosso del transetto della chiesa di Sant’Andrea della Valle, dopo l’ultimo restauro/ripulitura appena concluso: macabro adeguamento ai tempi? Più volte trafugata, la testa era stata ogni volta variamente sostituita, anche ricorrendo a dei calchi che sono stati tuttavia, ogni volta, ugualmente apprezzati – fino all’ultimo – dagli ignoti trafugatori. Ma non si poteva continuare con la pratica dei “trapianti”, magari adottando qualche maggiore e più efficace misura cautelare? da una copertina diversa e da un nuovo titolo dato alla collana. E ciò in aperto dispregio, non solo della correttezza professionale, ma di precise clausole contrattuali (come già facemmo rilevare) e del buon nome dell’Autore il quale, nella premessa del volume, assicura ai lettori – e agli acquirenti – notizie e informazioni “ ... che arrivano fino alle ultime novità”. Bella figura! In conclusione, si tratta di un libro da non acquistare: meglio ignorarlo! L’apertura del nuovo Museo del Foro Romano, dopo anni e anni di deplorevole chiusura, ci era stata promessa, dal Soprintendente, entro il 2015. Puntualmente, l’anno è passato e non è successo nulla. Inaugurato nell’antico convento di Santa Maria Nova, o di Santa Francesca Romana, nell’area del Tempio di Venere e Roma, quello che si chiamò, “modestamente”, Antiquarium del Foro, fino alla sua chiusura, s’estendeva per una decina di ambienti, su due piani, attorno al chiostro. Riandando con la memoria ai tempi in cui si poteva tranquillamente visitare, vi erano esposti (con fotografie degli scavi, disegni e plastici ricostruttivi) i ritrovamenti più importanti provenienti da tutta l’area forense. A cominciare da quelli più antichi relativi al sepolcreto arcaico di IX-VIII secolo a.C., con i caratteristici cinerari in forma di capanna, i corredi funebri miniaturistici e le prime ceramiche greche d’importazione o d’imitazione. C’erano poi i materiali provenienti dallo scavo del Lapis Niger (terrecotte architettoniche, bronzetti votivi, vasi) e il calco della celeberrima iscrizione: la più antica di tutte le iscrizioni latine. Poi, i materiaCorredo funebre dell’età del ferro li provenienti dagli scavi dell’area del Tempio di Vesta e di varie altre zone (Comizio, Tempio del Divo Giulio, Regia, Basilica Emilia, ecc.). C’erano inoltre un modello delle “gallerie ipogee” cesariane scavate al centro della piazza; importanti iscrizioni e numerose opere di scultura: dai grandi frammenti del fregio marmoreo che ornava l’aula della Basilica Emilia, con scene relative ai miti delle origini di Roma, ai Dioscuri e alla statua arcaistica di Apollo della Fonte di Giuturna; dai frammenti del fregio del Tempio del Divo Giulio a vari ritratti imperiali. Infine, dal museo si poteva accedere ai cospicui resti di una delle due celle del Tempio di Venere e Roma, nel rifacimento massenziano, con le grandi colonne di porfido addossate alle pareti e quelle più piccole sulle mensole inquadranti nicchie che ospitavano statue, il ricco pavimento di marmi policromi e i cassettoni stuccati che ornavano il soffitto e il catino dell’abside (visto il progetto per il ristorante da allestire al Museo Palatino, qui si potrebbero egregiamente sistemare i tavolini di un “Caffè” che altrove nemmeno lo sognano !!). Torneremo a vedere tutto questo – ma per molti sarà la prima volta – almeno entro il 2016? 8 quaderni di quaderni di 1 2 quaderni di 3 quaderni di 4 ROMOLO A. STACCIOLI BRUNO MOSER ANTONIO GREGGIO ROMOLO A. STACCIOLI DIES FESTI VINO PIPAFO CARMINA LATIUM FELIX quaderni di quaderni di quaderni di quaderni di feste di Roma antica 5 breve storia del vino 6 poesie romane 7 divagazioni sul Lazio latino 8 MARCELLO PAGLIARI MASSIMO PALLOTTINO ROMOLO A. STACCIOLI ROMOLO A. STACCIOLI GNOMON ANTICAJE FORMA URBIS MULIERES quaderni di quaderni di quaderni di quaderni di le macchine del tempo 10 9 ROMOLO A. STACCIOLI MULIERES donne di Roma antica - lineamenti di storia urbanistica ed edilizia di Roma antica G. Gioachino Belli e l’archeologia II 11 donne di Roma antica 12 ROMOLO A. STACCIOLI MARCELLO PAGLIARI ROMOLO A. STACCIOLI MONUMENTA AQUARUM NAUTAE REGINAE DEMENTES quaderni di quaderni di navigatori e navigazione dall’antichità all’età moderna architettura e acqua nell’antica Roma quaderni di 14 13 donne contro Roma 15 16 ROMOLO A. STACCIOLI MARCELLO PAGLIARI a cura di TITULI NAUTAE RES GESTAE DIVI AUGUSTI Iscrizioni monumentali superstiti di Roma antica quaderni di 17 ROMOLO A. STACCIOLI CURIOSUM URBIS Curiosità di Roma antica navigatori e navigazione dall’antichità all’età moderna - II quaderni di MAURIZIO VIGNUDA ROMOLO A. STACCIOLI EQUORUM PROBATIO Le opere del divo Augusto Cavalli e cavalieri nell’antica Roma quaderni di novità Rivolgersi alla Segreteria dell’Archeoclub Tel. 06.48.18.839 18 PIER GIOVANNI GUZZO FIBULAE Le “spille da balia” dell’Italia antica E D I Z I O N I d i A R C H E O R O M A Pubblicazione riservata ai soci dell’Archeoclub, distribuzione gratuita. (propr. Staccioli) dirett. resp. Gastone Obino. Via Pietro Cossa, 41 00193 Roma, telefono 06.48.18.839 - Autorizz. Tribunale di Roma n. 00565/92 del 27-10-1992 - Roma - Stampa: 4-2016 Borgia s.r.l., Roma