Negoziare nella crisi - Filcams-Cgil

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Negoziare nella crisi - Filcams-Cgil
Rassegna
T U R I S M O
C O M M E R C I O
Sindacale
S E R V I Z I
© A. DI GIROLAMO/BUENAVISTA
Più diritti
Rinnovato
il contratto nazionale,
che bisogna
far conoscere di più
per il lavoro domestico
I.R. al numero 16/2013 di Rassegna Sindacale
D
opo una lunga trattativa
invernale, lo scorso 9 aprile
è stata siglata l’ipotesi di
accordo per il rinnovo del
contratto nazionale del lavoro
domestico. Le organizzazioni sindacali
Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil
e Federcolf con le associazioni datoriali
Fidaldo e Domina, hanno trovato
un’intesa che riguarda più di due
milioni di lavoratrici e lavoratori.
Proviamo ad approfondire
gli aspetti chiave di questo rinnovo
con Giuliana Mesina, segretaria
nazionale della Filcams Cgil, che ha
seguito la trattativa.
Il rinnovo del contratto nazionale
lavoro domestico avviene in un
momento di profonda crisi e
rischia, purtroppo di essere una
mosca bianca. È un risultato
ancora più importante per il settore
e per la Filcams?
Mesina Rinnovare un contratto
nazionale, trovando un punto di
convergenza tra interessi diversi, è
comunque un elemento positivo per
chi, come noi, lavora alla conquista di
migliori condizioni di vita e di lavoro
per la classe lavoratrice.
Anche se la Filcams non appartiene
alla scuola che dice “un contratto
purché sia” e non ritiene che il
contratto sia un valore in sé a
prescindere dal merito, come capita in
altre organizzazioni sindacali, credo
che in un settore come questo, dove
l’irregolarità è diffusa e il lavoro nero
prolifera, il contratto nazionale è uno
strumento importantissimo di
emersione e di riconoscimento, che
serve a ricondurre tante situazioni
limite in un perimetro di diritti e tutele
garantiti per tutti.
Se il contratto non si rinnova, molti
potrebbero pensare che non è
necessario applicarlo: invece il segnale
di un contratto che regolarmente viene
discusso e possibilmente migliorato è
positivo, induce comportamenti virtuosi.
Roberta Manieri
Quali gli elementi importanti del
contratto? Quali le criticità?
Mesina È stato difeso un impianto che
garantisce l’aggiornamento annuale
delle retribuzioni in base agli indici
Istat relativi al costo della vita: questo
meccanismo era infatti messo sotto
attacco e non abbiamo consentito che
si perdesse una garanzia così
importante in un settore così fragile.
Abbiamo ottenuto un aumento salariale
(19 euro mensili al livello BS
convivente) che adegua le retribuzioni
all’inflazione, anche se prevede lo
scaglionamento in tre tranches degli
aumenti, poiché non va dimenticato
che i datori di lavoro sono comunque
le famiglie, anch’esse in difficoltà.
Come previsto dalla legge Fornero in
materia, le dimissioni andranno
convalidate e sarà più difficile quindi
mascherare i licenziamenti da
dimissioni volontarie, come spesso
accade in un mondo dove i contratti
sono per lo più pattuiti verbalmente
e i licenziamenti sono intimati senza
alcun documento scritto.
Sono state, inoltre, ampliate le causali
per poter usufruire delle ore di
permesso per formazione anche alla
frequenza dei corsi utili al
conseguimento della carta di soggiorno
di lunga durata, registrando
un’esigenza che in un settore ad alto
tasso di lavoro migrante era
significativa.
Purtroppo è ancora incompiuta la
tutela della lavoratrice madre:
abbiamo conquistato il raddoppio dei
termini di preavviso, ma non siamo
riusciti a estendere per via contrattuale
il divieto di licenziamento fino all’anno
di età del figlio. È assurdo che in un
paese come il nostro esista ancora
l’esclusione di una tutela come questa,
che è un elemento di civiltà vero e
proprio.
Speriamo che presto venga recepita
anche dalla legislazione la
Convenzione 189 dell’Ilo, sul lavoro
domestico dignitoso: il 16 giugno è la
giornata internazionale del lavoro
domestico (dalla data in cui fu
conclusa a Ginevra, nel 2011; la
Convenzione n.189), sarebbe bello
poterla festeggiare con una
conquista simile.
Un contratto importante, ma quante
lavoratrici e lavoratori ne
conoscono
••• SEGUE A PAGINA 22
C
CONTRATTAZIONE | TURISMO
Negoziare nella crisi
S
iamo ormai in
prossimità della
scadenza del
contratto nazionale del
turismo e le trattative per il
rinnovo, (sia con
Confindustria che con
Confcommercio,
Confesercenti)sono riprese
da qualche mese. Un
settore importante per la
Filcams Cgil e strategico
per lo sviluppo e il rilancio
dell’economia, e con la
ormai prossima stagione
calda, diventa ancora più
delicata la fase negoziale.
Dopo un’iniziale
R. M.
condivisione di tutto il
tavolo a voler produrre un’
intesa nei tempi della
scadenza, la trattativa, sul
tavolo Confcommercio, ha
avuto un brusco stop.
“La Fipe, la Federazione
dei pubblici esercizi, ha
abbandonato la trattativa
per poi ritornarvi con
vincoli inaccettabili come,
tra gli altri, quello di non
produrre aumenti salariali
per tutto il 2014”, Ad
affermarlo è Cristian
Sesena, segretario
nazionale Filcams Cgil che
sta portando avanti il
negoziato per la categoria.
“La controparte datoriale
ha sostenuto che nei primi
3 mesi del 2013 hanno
chiuso i battenti 6.400
imprese, lo stesso numero
di chiusure registrato
durante tutto il 2012. La
crisi c’è, è innegabile, ma
già mordeva quando a
novembre sono state
presentate le piattaforme e
anche quando un mese fa
si continuava a professare
di voler fare il contratto
anche per condividere un
messaggio politico forte in
un contesto di totale vuoto
della politica”.
Confindustria, per parte
sua, conserva invece la
determinazione di fare
l’accordo rapidamente,
anche se al momento il
negoziato non è ancora
entrato nel vivo.
Sul piatto della bilancia, le
richieste sindacali a tutela
dei lavoratori e le esigenze
delle parti datoriali. “Noi
vogliamo difendere il
contratto nella sua struttura
normativa attuale”
prosegue il segretario
“migliorando aspetti per
••• SEGUE A PAGINA 23
© A. DI GIROLAMO/BUENAVISTA
VERTENZE | DISCOUNT
Dico e Tuodì, lavoratori
in stato d’agitazione
R. M.
D
a una parte c’è Dico il
marchio che identifica i
punti vendita discount del
sistema (Discount Coop) ,
dall’altra Tuodì, storico operatore nella
distribuzione laziale della famiglia
Faranda. Nel mezzo un’operazione di
scambio che porterà al gruppo Tuo, le
quote societarie Dico (comprendenti
347 negozi, 6 centri di distribuzione e
2 sedi: per un totale di 2.000
lavoratori) e a Coop, 54 supermercati
facenti capo ai marchi Despar,
Interspar e Ingrande.
Non è più economicamente sostenibile
da parte delle cooperative proseguire
l’esperienza nei discount, viste le
difficoltà fin qui dimostrate e l’azienda
ha dichiarato che il gruppo
acquirente, grazie all’esperienza
acquisita con il marchio Tuodì, potrà
garantire lo sviluppo della catena, oggi
a marchio Dico.
Un’operazione molto complessa, che i
protagonisti stanno gestendo con
eccessiva facilità e leggerezza, senza il
F
•••
rispetto delle rappresentanze sindacali
e la tutela dei diritti dei lavoratori.
Già dai primi incontri all’inizio di
marzo, le organizzazioni sindacali
avevano infatti avanzato le loro
perplessità, per la mancanza di un
confronto preventivo e delle giuste
informazioni: nessuna analisi
dell’attuale situazione, né tantomeno
un piano aziendale futuro.
Quali saranno le conseguenze di tutti
questi grandi cambiamenti? Il rischio
che alcuni punti vendita in perdita
vengano abbandonati è reale, ed
eventuali tagli dell’occupazione
ipotizzabili, ma ancora incerti.
Un incontro con entrambe le società
non è bastato a colmare dubbi e
lacune, e le organizzazioni sindacali,
insieme ai rappresentanti aziendali
hanno proclamato lo stato di
agitazione e uno sciopero per il 22
marzo a Bologna, in occasione della
riunione del consiglio di
amministrazione di Dico per
determinare la cessione delle quote
societarie al Gruppo Tuo.
I dipendenti hanno organizzato un sitin sotto la sede di Coop Italia a
Casalecchio di Reno, e dopo un’ora e
mezza di manifestazione, una
delegazione di dipendenti e sindacati
sono stati ricevuti dal presidente Dico
Zucchelli, dall’amministratore delegato
Lanari e dal direttore amministrativo di
Coop, Liborio; purtroppo senza
ricevere alcuna risposta rassicurante,
se non la dichiarazione del presidente
che le Cooperative sarebbero state
presenti agli incontri futuri.
Così non è stato: nessun rappresentate
delle 7 cooperative (Coop Estense,
Coop Consumatori Nordest, Nova
Coop, Unicoop Tirreno, Coop
Adriatica, Coop Lombardia e Coop
Liguria) si è mai preoccupato di
confrontarsi con lavoratori e sindacati.
Quando le informazioni e le notizie
sono scarse e vaghe, la
preoccupazione e i dubbi aumentano,
soprattutto tra le lavoratrici e i
lavoratori Dico, che sono venuti a
conoscenza della mega operazione
attraverso un blog tematico.
“Nonostante le richieste ufficiali
avanzate alla dirigenza –
affermano i rappresentanti sindacali
Manuel e Faledra, in forze
presso la sede amministrativa
di Prato, di circa 70 dipendenti – non
abbiamo ricevuto risposte concrete”,
ma solo blandi tentativi di
rassicurazione per il futuro. I classici
“state tranquilli”.
I timori si concretizzano una
settimana fa, quando la dirigenza del
nuovo acquirente Tuodì inizia a
convocare individualmente i lavoratori
della sede legale e commerciale di
Bologna (circa 30 dipendenti)
ipotizzando trasferimenti verso Prato o
Roma. Da lunedì, infatti, la sede di
Bologna chiude.
“Preoccupazione e disperazione
aleggiano nell’aria – affermano Manuel
e Faledra – certo, al momento non
stanno lasciando a casa nessuno, ma la
paura è tanta, vista anche l’ormai
prossima chiusura di alcuni punti
vendita”.
Le notizie continuano a non arrivare
dall’alto, ma rimbalzano da negozio in
negozio, mentre le cooperative “sono
latitanti”, come affermano i
rappresentanti sindacali .
La rabbia aumenta, soprattutto nei
confronti di una dirigenza che ha
trascurato una situazione
palesemente difficile.
“Abbiamo prova che le difficoltà
economiche andavano avanti dal 2011,
ma loro non hanno fatto niente per
cercare di risanare la situazione. Non
sono servite le lettere ufficiali di
dirigenti prossimi alla pensione, mail e
suggerimenti dei lavoratori. Mentre il
gruppo Tuodì nel giro di una
settimana ha individuato i punti
vendita in difficoltà”.
“Alla luce degli eventi, riteniamo le
cooperative responsabili
dell’occupazione – afferma Alessio Di
Labio, della Filcams Cgil nazionale,
che mette tra le attuali priorità la
salvaguardia dei posti di lavoro in
tutte le unità produttive, comprese le
sedi e la logistica.
“Continueremo a mettere in atto tutte
le azioni volte a tutelare le lavoratrici e
i lavoratori e confermiamo lo stato di
agitazione per mantenere alta
l’attenzione fino a che non otterremo
conferme concrete.” •
Manieri
DALLA PRIMA
Più diritti per il lavoro domestico
realmente
l’esistenza? Quali
sono i prossimi
impegni per divulgare
quanto più possibile gli
elementi importanti
dell’accordo?
Mesina Purtroppo, com’è facile
immaginare, in questo settore
spesso si instaurano rapporti
di lavoro in modo “informale”,
e non sempre in mala fede.
Non sono solo le lavoratrici e i
lavoratori a non conoscere il
contratto, spesso è la stessa
famiglia o il datore di lavoro in
genere a non sapere da che
parte cominciare.
Per questo, un contratto
nazionale che offra un quadro
chiaro e possibilmente
22
Nello scambio
tra i due gruppi
rischi per
l’occupazione.
Tra i dipendenti
monta la rabbia
V
semplice di regole e tutele, che
siano facili da comprendere e
applicare, è un potente
strumento a favore
dell’emersione e della
regolarità.
La Filcams in questi anni ha
investito molte risorse nella
promozione di questo settore:
l’essere giunti al rinnovo ci
impegnerà con ancora
maggiore convinzione nella
diffusione delle informazioni,
nell’organizzazione di
iniziative sul territorio, nel
finanziamento di ricerche e
nella tutela collettiva e
individuale di queste
lavoratrici.
Anche a livello internazionale
siamo promotori di iniziative
congiunte: abbiamo aderito fra
i primi all’Idwn (International
domestic workers network) e
stiamo lavorando insieme ai
sindacati di altri paesi per
diffondere informazioni anche
nei paesi di origine dei flussi
migratori che giungono in
Italia.
Il settore del lavoro
domestico è in continua
crescita, ma l’intervento
delle istituzioni è ancora
insufficiente, cosi tante
difficoltà per le famiglie,
che, in un periodo di crisi
economica, sono costrette a
sostenere interamente il
costo delle prestazioni.
Quali devono essere gli
interventi prioritari per la
Filcams Cgil?
Mesina Innanzitutto noi
rappresentiamo il lavoro
dipendente e la classe delle
lavoratrici e dei lavoratori: la
nostra missione principale è
rivendicare e ottenere per loro
migliori condizioni di vita e di
lavoro.
Tuttavia non ci sfugge il
valore sociale e lo snodo
cruciale che rappresenta
questo mondo, tra un welfare
sempre più carente, un lavoro
di cura sempre più prezioso e
sempre meno riconosciuto, di
fronte a una popolazione che
invecchia e non trova
soluzione ai propri bisogni se
non nel mercato del lavoro di
oggi, con tutte le incognite
che contiene.
Per questo crediamo che sia
necessario aprire una
discussione a livello più alto,
con gli interlocutori pubblici
che dovrebbero sentirsi
investiti da questa questione: il
lavoro domestico ci parla di
sanità, di lavoro delle donne,
di pari opportunità, di lavoro
migrante, di professionalità e
di cura.
E se pensiamo che il lavoro
domestico contribuisce
all’economia con milioni di
rapporti di lavoro che a loro
volta coinvolgono milioni di
famiglie, credo che non si
possa continuare a far finta
che si tratti solo di una
questione privata. •
A
APPALTI | IL CASO HERA
Una storia sbagliata
Adriano Montorsi
I
l 22 gennaio scorso
viene firmata da Filcams
Cgil e Fisascat Cisl
l’ipotesi di accordo per il
rinnovo del ccnl per il settore
vigilanza (e servizi
fiduciari/portierato).
Il risultato certamente più
importante di quel contratto è
l’introduzione della procedura
per il cambio di appalto, volta
alla tutela occupazionale ed
economico-normativa dei
lavoratori.
Purtroppo le piene garanzie
sulla carta, per i lavoratori
degli appalti, si traducono
diversamente nella pratica.
Il 27 febbraio, in orario
pomeridiano, arriva una
comunicazione a mezzo fax ai
sindacati territoriali di Modena
e Bologna per un cambio di
appalto nel settore vigilanza e
portierato, riguardante un
totale di 25 persone, a partire
dal 1° marzo.
L’appalto riguarda i servizi di
“global service” presso Hera
Spa colosso del multiutility
nato nel 2002 dalla fusione di
undici aziende di servizi
pubblici dell’Emilia-Romagna,
che serve 185 diversi comuni in
regione, produce ricavi per 4,5
miliardi di euro e circa 335
milioni di utile operativo.
Numeri certamente
impressionanti.
L’appalto di “global service”
viene riaggiudicato a
Manutencoop Fm Spa che
decide di affidare in
subappalto il servizio di
vigilanza e portierato al gruppo
Sicuritalia dal 1° marzo,
escludendo così Coopservice,
una documentazione assai
stringata ma che confermava
come il servizio non fosse
significativamente modificato
rispetto al passato (pressoché
lo stesso su Modena e una
previsione di più guardie in
luogo di portieri su Bologna).
Quindi al momento la
situazione attuale vede due
soggetti imprenditoriali (La
Patria e l’Aquila) che stanno
operando con guardie giurate
in forma sostitutiva rispetto a
Sicuritalia in attesa che
l’azienda abbia i titoli.
Questa storia ci racconta di un
committente “pubblico” che
agisce in dispregio delle norme
di responsabilità che si è dato e
che ha sottoscritto con le parti
sociali a tutto danno di un
gruppo di lavoratori.
Hera Spa infatti possiede la
certificazione di responsabilità
sociale ed emana il bilancio di
sostenibilità sociale ogni anno,
ed è firmataria, a livello
nazionale con le organizzazioni
sindacali confederali Cgil-CislUil, di un protocollo di intesa
sugli appalti che richiama il
rispetto delle clausole sociali,
della contrattazione collettiva
nazionale e territoriale ai fini
del contrasto al dumping
contrattuale e sociale.
Ci racconta inoltre di un
secondo committente
(Manutencoop Fm Spa) che
perseguendo una pura logica
di ricavo (guadagnare il più
possibile dal differenziale
risparmiato affidando a
Sicuritalia) fa ricadere
tragicamente la propria scelta
commerciale sull’ultimo anello
della catena: i lavoratori.
Questo fatto è da considerarsi
ancora più sorprendente se
consideriamo che la scelta
proviene da una grande
azienda del settore servizi, che
con queste forme di elusione
delle regole si trova a
scontrarsi direttamente nelle
proprie attività quotidiane.
A nulla sono valsi sinora gli
appelli sulla stampa e
all’opinione pubblica.
La ditta uscente Coopservice,
nell’ultimo incontro tenutosi
© D. FRACCHIA/BUENAVISTA
Nelle scelte
al risparmio
del colosso
del multiutility
e del primo
appaltatore,
chi paga sono
i lavoratori
affidataria fino al 28 febbraio.
Sicuritalia ad oggi non ha
ancora i titoli per operare con
guardie giurate (non essendo
decretata per la provincia di
Modena), ma può solo svolgere
l’attività di portierato e
subentra nel servizio con
l’intenzione dichiarata di non
applicare la nuova normativa
sul cambio appalto per quanto
riguarda il portierato (17
persone) e applicarla solo
parzialmente per le guardie
giurate (8 persone).
Quindi molti lavoratori
Coopservice non sono stati
assunti dalla società entrante e
sono al momento in attesa di
una soluzione positiva alla
vicenda.
Ad oggi sono stati svolti tutti
gli incontri possibili, in sede
sindacale, presso la provincia
di pertinenza ed è in atto una
convocazione delle parti a
livello regionale.
Hera è sempre stata assente nei
tavoli convocati e Manutencoop
Fm Spa ha partecipato solo al
tavolo provinciale producendo
presso la provincia di Modena,
ha formalmente dichiarato
l’apertura di una procedura di
mobilità in conseguenza della
non positiva soluzione della
vicenda.
La rivendicazione dei sindacati
non è ancora giunta a
conclusione e altri passi
dovranno essere fatti (la
convocazione presso l’ente
regionale, il prossimo e
auspicato coinvolgimento di
soggetti politici anche in
coordinamento con il sindacato
confederale).
I diritti vanno ogni giorno
sempre più riaffermati e non
solo scritti sulla carta come
pure e semplici dichiarazioni di
intenti di cui poi ci si scorda
all’atto della loro applicazione.
Questa vicenda ci insegna che
un lavoratore in appalto è
sempre un lavoratore precario
e che il mercato del lavoro,
anche quello normato e
tutelato, sta discendendo una
china pericolosa, di cui è
difficile prevedere il termine e
il conseguente impatto socioeconomico ad ogni livello.
Oggi la ricaduta diretta è
sull’anello debole della catena
e cioè i lavoratori.
Domani la ricerca e il
perseguire questa continua
rincorsa al ribasso sul tema
delle regole si trasformerà in
un inevitabile boomerang per
le aziende stesse e per la loro
competitività e sostenibilità nel
mercato degli appalti di servizi.
La miopia di questi soggetti ci
appare sconcertante.
La tutela del lavoro e del
tessuto socio-economico deve
necessariamente ripartire da
regole condivise e certe per
tutti, pena la progressiva e
inarrestabile destrutturazione
del mercato con effetti
disastrosi e distruttivi per il
lavoro e l’economia stessa del
paese.
La Filcams Cgil è a fianco della
lotta per la tutela del lavoro
delle 25 persone coinvolte e
per la rivendicazione del diritto
a regole certe nel settore.•
Rassegna Sindacale
Settimanale della Cgil
Direttore responsabile Guido Iocca
C
Grafica e impaginazione Massimiliano Acerra
R. M.
EditoreEdit. Coop. società cooperativa di giornalisti,
Via dei Frentani 4/a, 00185 Roma
Iscritta al reg. naz. Stampa al n.4556 del 24/2/94
DALLA PRIMA
Contratto turismo. Negoziare nella crisi
Proprietà della testataEdiesse Srl
•••
noi nodali come la condivisione
delle procedure che regolano le
terziarizzazioni alberghiere; la
definizione dell’aumento salariale
decoroso, e dando operatività piena
alla bilateralità del settore a partire dal
sostegno al reddito.
Le controparti propongono scambi
impropri per ridurre il costo del
lavoro, sulla falsariga di quanto
accaduto su altri tavoli: scatti di
anzianità e permessi vengono pertanto
messi in discussione, a partire dai
nuovi assunti, senza che venga chiarito
davvero se e come tali sacrifici
possano nel medio e breve periodo
aumentare l’occupazione.”
Certo, vista la scorsa estate 2012, una
delle peggiori annate degli ultimi anni
per il turismo, con una forte
diminuzione di turisti e minori entrate
economiche, è quasi sottinteso che le
trattative sono in qualche modo
condizionate da questa crisi.
“In primo luogo con la divisione delle
controparti” – spiega Sesena – come
conferma l’uscita di Angem da Fipe,
determinata soprattutto dalle frustate
che la spending review ha inferto a un
settore che opera essenzialmente in
appalto. Inoltre – prosegue – ci sono
continue richieste di riduzione del
costo del lavoro e vani tentativi di
recuperare produttività con modalità
molte volte non condivisibili”.
La Filcams Cgil continuerà il negoziato
con l’obiettivo di arrivare a un rinnovo
condiviso, cercando il giusto equilibrio
tra le esigenze delle parti, aziende e
lavoratori. Ma l’industria turistica ha
bisogno di qualcosa di più: l’impegno
di tutti per rilanciare un settore di cui
fino a ora non sono state realmente
sfruttate le potenzialità.
“C’è bisogno di Politica – secondo il
segretario nazionale – più che altrove
si sente la necessità di riforme che
valorizzino il Brand Italia e rilancino la
domanda interna. Bisogna ripensare
l’esclusiva competenza delle Regioni in
materia di turismo, e incentivare quello
che viene definito il turismo sociale,
ossia forme di agevolazione di
un’offerta turistica rivolta alle fasce più
deboli della popolazione, che potrebbe
coniugarsi al superamento di un male
cronico del nostro settore: la
stagionalità. Destagionalizzare l’offerta
e reindirizzare la domanda, significa
dare maggiori garanzie di stabilità
occupazionale a lavoratrici e lavoratori
troppo spesso ancora vittime di una
precarietà strutturale”. •
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Via L.Serra, 31, 00153 Roma, tel. 06/5885102
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A cura di Roberta Manieri
Ufficio Stampa Filcams Cgil nazionale
Tel 06/58393127 - cel 3494702077
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23
E
EDITORIA | FELTRINELLI
La cultura e la solidarietà
Daria Banchieri
I
Contratti ridotti
per superare
il momento di crisi.
Ma dopo?
sviluppo delle nostre città e dei nostri
territori. L’esperienza dimostra, infatti,
che l’innovazione produce buoni
risultati quando non è occasionale,
ma si inserisce in un disegno organico
in cui la cultura entra a pieno titolo
nell’agenda del processo di sviluppo e,
possibilmente, nel percorso di
pianificazione strategica chiamato a
fornire una visione lunga degli senari
futuri di una crescita sostenibile e
competitiva”.
Insomma, serve un intervento politico
illuminato, di ampio raggio, che faccia
interagire tutte le parti coinvolte
direttamente e non per costruire un
nuovo modello di sviluppo.
Ma in attesa di questo miracolo le
librerie sono in sofferenza
e con loro i librai.
Una professionalità che si è dovuta
© R. SQUILLANTINI/IMAGOECONOMICA
l settore è in crisi. Lo dimostra la
moria di librerie indipendenti così
come la scomparsa di una intera
catena, Fnac, in cui lavoravano più di
600 persone. E infine, almeno per ora,
arriva la richiesta di ammortizzatori
sociali per le librerie Feltrinelli.
Un’interessante analisi di questo settore
la si trova nel rapporto 2012 realizzato
da Unioncamere e Symbola con la
partnership della Regione Marche, dal
titolo “l’Italia che verrà. Industria
culturale, Made in Italy e territori.”
In questa pubblicazione viene
analizzata la filiera della cultura come
settore economico, intendendo per
filiera della cultura “quell’insieme di
attività collegate al settore in senso
stretto che consentono di validarne gli
effetti moltiplicativi sull’economia in
termini di attività economiche, di
occupazione e di valore aggiunto.” Si fa
quindi riferimento a una serie di attività
tra cui quella del commercio al
dettaglio collegate alle produzioni
dell’industria culturale, oltre che alle
attività più caratteristiche come il
turismo, la formazione o le attività di
ricerca. Tra industrie creative, culturali,
patrimonio storico-artistico e
performing arts, si raggiunge un totale
di circa 1 milione e mezzo di imprese
con 4 milioni e mezzo di occupati.
Spesso si sente parlare di come questo
settore possa essere trainante per la
ripresa dello sviluppo del nostro paese
e la crescita della sua competitività.
Lo studio commissionato da
Unioncamere afferma che ciò potrebbe
essere possibile ma a una condizione:
“che si comprendano pienamente le
potenzialità che il nostro patrimonio, da
un lato, e le produzioni culturali e
l’industria creativa, dall’altro, possono
esprimere, ponendole finalmente al
centro di una rinnovata politica di
reinventare, adattandosi alle nuove
esigenze del mercato.
Oggi vendono di tutto, dalla cartoleria
ai giochi, dal cibo agli oggetti per la
casa, passando quasi per caso anche
dai libri.
Ci sono anche realtà che non hanno
saputo rinnovare il proprio format, o il
proprio assortimento, e hanno subito
per anni pesanti perdite fino a che la
casa madre ha deciso di non sostenerle
più e oggi affrontano una liquidazione
o nella migliore delle ipotesi
diventeranno tutt’altro. Ed è quello che
è successo con il caso Fnac.
Ci sono al contrario aziende che ci
provano, tentano di incentrarsi su
qualcosa. Nuovi assortimenti di
prodotti, nuovi format con tanto di
ristorante dentro alle librerie, aperture
di nuovi punti vendita attraverso il
franchising.
In questo caso parliamo di Feltrinelli,
che sta chiedendo un sacrificio ai
propri dipendenti per mettere in
sicurezza la tenuta dell’intera rete
assicurando, attraverso l’utilizzo del
contratto di solidarietà, di poter
garantire il posto di lavoro a tutti i suoi
collaboratori nonostante le difficoltà
che sta attraversando.
Ma come saranno i negozi Feltrinelli
una volta superata la crisi economica?
Come affronteranno l’avvento degli ebook? Come compenseranno la
inevitabile minor vendita di libri? E i
librai cosa dovranno fare per garantire
la sopravvivenza della loro specie?
In attesa di un governo illuminato che
capisca che la cultura è un settore su
cui investire e di imprenditori
innovativi, a noi sindacati non resta che
continuare a interrogare le aziende,
esprimendo tutte le nostre
preoccupazioni e fare da cani da
guardia ai posti di lavoro. •
CONTAMINAZIONI | PORTOBELLO
Il supermercato solidale
I
taliani popolo di santi,
poeti, navigatori e oggi
di disoccupati.
I recenti dati Istat confermano
cifre importanti: 6 milioni di
connazionali senza lavoro, tra i
quali è necessario distinguere
gli ‘inattivi’ e i ‘sottocupati’, due
nuove categorie per specificare
la forma reale di
disoccupazione. Gli inattivi sono
coloro disponibili a lavorare,
che non riescono
nell’immediato a trovare
un’occupazione, e i sottocupati
invece coloro che lavorano
part-time, non per scelta
personale, ma per mancanza di
offerta oraria prolungata, e
infine i disoccupati veri e
propri, reduci della crisi e della
riforma Fornero, che oltre ad
aver reso più facili i
licenziamenti, non offre tutele a
lungo termine a chi perde
l’occupazione.
Qualunque sia la tipologia, sta
di fatto che il tasso di
disoccupazione totale è
aumentato del 39% negli ultimi
cinque anni (+1,2 milioni a fine
2012 – dati Istat).
La situazione delle famiglie
C
italiane è dunque sempre più
critica; arrivare a fine mese,
anzi alla terza settimana, risulta
quasi impossibile e calano di
conseguenza i consumi, anche
dei generi alimentari.
La stessa Caritas denuncia il
ritorno nelle mense dei poveri
di famiglie italiane e soprattutto
dei bambini!
E sono proprio le associazioni
di volontariato le prime a fare i
conti con le terribili
conseguenze della crisi che
stiamo vivendo, sono loro ad
avere i contatti diretti con una
realtà sempre più “affamata”.
È dall’esperienza di alcune di
esse, dalla Caritas all’Acli,
dall’Auser alle associazioni di
studenti, con il patrocinio
del Comune, delle
Organizzazioni Sindacali, delle
Coop, Conad e di tutte le parti
sociali, che a Modena nasce un
progetto ambizioso ma di
grande impatto: Portobello,
l’emporio solidale
http://www.portobellomodena.it,
che verrà inaugurato a maggio.
Ribattezzato da molti il
‘Supermercato dei disoccupati’,
questo negozio, che ha tutte le
caratteristiche di un
supermarket, offre cibo,
detersivi e prodotti per l’igiene
personale, alle famiglie in
difficoltà.
I nuclei interessati, si calcola
almeno 450 solo a Modena,
possono richiedere l’accesso
alla spesa solidale presentando
una semplice domanda che
certifichi il proprio stato
economico, dettato dal basso
reddito, dal numero dei figli a
carico, da situazioni di inattività
lavorativa (mobilità,
licenziamenti etc).
Entreranno a far parte di una
graduatoria e verrà loro
consegnata una tessera
contenente dei punti da
spendere (circa 90 equivalenti a
300 euro), ricaricata
mensilmente, che potrà essere
utilizzata per un breve periodo
o ceduta in caso le condizioni
economiche vadano
fortunosamente migliorando.
La contropartita non è il
denaro, bensì la prestazione
volontaria del proprio tempo,
forza e ausilio, perché coloro
che spenderanno i propri
punti nel market dovranno
assicurare in cambio una
giornata di volontariato attivo
per la gestione dello stesso
punto vendita.
La merce è stata offerta dalle
associazioni tramite la raccolta
alimentare promossa nei mesi
C
scorsi, mentre scaffali, casse e
altro materiale dai supermercati
Conad; gradite naturalmente le
donazioni da parte dei privati
cittadini, info sul sito stesso.
Modena come Torino e Londra:
in Piemonte altra esperienza è
quella del Social market, dove è
possibile fare la spesa a prezzi
simbolici e offrendo quattro ore
al volontariato; in Gran
Bretagna invece il People’s
Supermarket prevede una
quota associativa annuale e in
cambio si usufruisce di uno
sconto sulla spesa, nato come
luogo di solidarietà e contro la
lotta agli sprechi.
Queste encomiabili iniziative
sono certamente da
promuovere e sostenere, nella
speranza che vengano presto
duplicate in altri territori
e in diverse realtà.
Una nuova forma di welfare,
gestita dalle associazioni di
volontariato e non solo, che
però non risolve la principale
problematica: l’assenza di uno
Stato forte e solido
economicamente, che sostenga
e sopperisca alle difficoltà
temporanee dei propri cittadini.
Loredana Colarusso
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