18 - Marinai d`Italia

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18 - Marinai d`Italia
Geografia e strategia
Il Mediterraneo,
un centralismo costruttivo
Alessandro Di Liberto - Saggista
S
apere chi si è, ma soprattutto dove si è, sono elementi determinanti nella storia di un paese. L’Italia,
paese antichissimo e fortemente legato al
mare, non vive soltanto una crisi di tipo
economico, ma anche legata allo smarrimento del suo ruolo. Una grande eredità
necessita di responsabilità, quindi di volontà e capacità. Quella italiana non è solamente di tipo storico e artistico come
siamo abituati a pensare, tanto da aver
condizionato in parte la percezione che
abbiamo di noi stessi. Bisogna scavare
nella natura più intima, che poi è davanti ai
nostri occhi, per trovare quell’elemento
fautore dell’energia creativa e propulsiva
che ha fatto dell’Italia quello che è oggi. La
sua geografia, a ben vedere, è ciò che ha
dato impulso nell’intero arco storico e a
quei grandi periodi di sviluppo importanti
non solo per l’Italia. Basti pensare all’evento più importante, come la nascita dell’Impero Romano per osservare l’importanza
del mare. Enea venne dal mare sì, ma un
mare che già gli antichi Tirreni avevano
plasmato con il commercio preparando
in parte l’avvento di quella che sarebbe
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stata la magnificenza dell’Urbe. E sempre
sul mare conquistò il destino di grande potenza in ascesa a scapito di Cartagine,
evento che come le grandi battaglie elleniche contro la Persia, formò nei millenni
successivi il carattere identitario dell’Europa influenzando il mondo intero. La penisola italiana però oltre che vivere fortemente gli influssi provenienti dal mare li ha
da sempre proiettati sulla terra e viceversa; un ruolo naturale di portale, d’interfaccia, un ponte a tutti gli effetti tra mare e
terre, lontane e vicine. Così fu anche con
la lontana Cina, che già a Roma vendeva la
sua seta tanto amata dalla nobiltà. Un rapporto quello dell’Italia che a bene vedere è
stato per lo più indirizzato a Oriente, rapporto mai interrottosi e sempre intenso. Un
asse di civiltà fatto di commerci e cultura,
ben radicato e distinto, che oscillando nei
secoli ha tenuto vivo il nostro Paese; dinamica che, per esempio, osservando la Grecia non ha avuto luogo. Fattori scatenanti
e non, sono quindi la volontà umana che
viene però influenzata dai caratteri geografici che concedono opportunità come
l’inevitabile natura insulare che plasmò
quella talassocratica di quello che fu l’Impero Britannico. Guardando al Mediterraneo e alla sua conformazione già intimamente espressa nel nome si palesa quell’unicum che lo contraddistingue. Un mare, ma un bacino, quasi un lago, ma poi un
ponte acquatico che “media” tra le terre
che si affacciano. Chi lo domina, controlla la mediazione, lo scambio, ma ne influenza anche altri e importanti aspetti.
Così fu, così è ancora. Se pensiamo al retaggio delle colonie genovesi nel Mar Nero tra cui spiccano Yalta e Sebastopoli, e
quale ribalta hanno avuto oggi i territori
che ospitano queste città, è facile immaginare come italiani la possibilità di usare
quell’eredità per riproporre un ruolo, una
presenza. Colonie mercantili e stretti da
controllare, i due cardini del dominio dei
mari che ci portano a ricordare come il
Regno delle Due Sicilie fu considerato
scomodo da quell’Impero Britannico che
vedeva nella sua marina mercantile un temibile avversario. Questo permise di garantirsi il dominio dei traffici su quello che
poi un italiano realizzò in Egitto. Il canale
di Suez nato dal progetto dell’Ing. Negrelli fece del Mediterraneo non più un mare
tra le terre aperto solo sull’Atlantico, ma
ne realizzò il potenziale di proiezione che
oggi conosciamo. La possibilità di andare
in oriente con tempi ridotti, fattore importante allora come oggi, ridiede slancio a
quel Mediterraneo che per un certo tempo subì il primato degli oceani e del nuovo mondo. Furono questi i tempi dove tramontò il dominio italiano dei mari, con la
fine delle Repubbliche marinare prima e
la distruzione della flotta mercantile borbonica dopo. Guardando ai giorni nostri
l’Italia non ha tuttavia più messo a profitto quel lascito così echeggiante in giro
per il Mediterraneo. La perdita della Seconda Guerra Mondiale e la successiva
contrapposizione tra blocchi hanno in
parte pesato sul nostro Paese, geograficamente strategico. Non vi è stata poi una
visione di lungo termine, è mancata un’attenta valutazione o forse non si è voluta o
potuta. La storia invece, che alcuni avevano dato per finita, è un motore che ha
continuato a girare. Dal crollo dell’Unione
Sovietica passando per una fase geopolitica unipolare abbiamo avuto un’unica
potenza egemone che la storia sembrava
aver incoronato. Tale fase è durata nei
fatti solo un decennio, l’ascesa economica e geopolitica dei BRICS (Brazil, Russia,
India, China, and South Africa), ha invece
generato un mutamento globale. Tale
ascesa ha comportato il sorgere di un nuovo equilibrio di tipo multipolare, ormai palese su più fronti. Tale influenza ha ridisegnato direttrici di sviluppo, commercio e
interessi, così ad esempio abbiamo assistito a rinnovati protagonismi in Africa e nel
Mediterraneo da parte francese e inglese.
Ciò è dovuto alla fase di transizione che accompagna il consolidamento del nuovo
equilibrio, le nazioni pur inserite in macro
realtà come l’UE, mantengono al centro i
propri interessi, spesso accompagnati da
una certa nostalgia per il passato. Ovviamente tra le questioni centrali ci sono sempre le risorse energetiche, come nel caso
libico e in quello egiziano, dove l’Italia giocava nella prima e gioca nella seconda un
ruolo primario con la scoperta del vastissimo giacimento di gas ad opera dell’Eni. Il
Mediterraneo oggi è diventato anche un
mare d’energia, non solo il Nord Africa e le
sue coste, ma anche l’Egeo diventa strategico per il nostro Paese. Nell’isola di Cipro,
che fu veneziana, l’Eni gestisce importanti
giacimenti in un contesto delicato poco
Guardando
al Mediterraneo
e alla sua conformazione
già intimamente espressa
nel nome, si palesa
quell’unicum che
lo contraddistingue
lontano dalle coste siriane. Una presenza
importante non lontano da quello che fu il
Dodecaneso in un mediterraneo orientale
molto familiare all’Italia. Guardando a Sud
è ancora l’Egitto a tornare rilevante con
l’allargamento del Canale di Suez. I lavori
del raddoppiamento del canale sono durati circa un anno e sono terminati nel 2015.
L’allargamento è stato accompagnato dalla realizzazione di tre parchi industriali lungo il canale. Tali parchi o Zone Economiche Speciali (ZES) sono pensati per attrarre investimenti industriali e grazie alle favorevoli politiche fiscali fungono da catalizzatori e acceleratori di sviluppo e crescita. Va poi ricordato che l’Egitto intende
realizzare la sua prima centrale nucleare.
Per l’Italia la realtà del nuovo canale racchiude importanti potenzialità in loco e in
generale. Infatti, una delle novità che la
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nuova fase geopolitica ha portato è l’ascesa asiatica a livello economico, non solo la
Cina che cerca nel Mediterraneo una base logistica, ma l’Asia in generale crescerà fino a detenere la quota maggiore di
classe media a livello mondiale nei prossimi trent’anni. Classe media che consumerà sempre più prodotti con un buon livello di spesa pro capite. Suez rappresenta quindi un continuum verso l’Estremo
Oriente e un cardine multi-continentale su
cui l’Italia può far facilmente leva. Una delocalizzazione strategica della produzione
nei parchi industriali, con la loro vicinanza
e posizione creerebbe quel fattore di
“continuità costruttiva” ovvero di quell’estensione dell’influenza italiana tramite la
leva produttiva ed energetica. La natura
multi-continentale di trovarsi a cavallo tra
Africa e Asia rende strategico l’Egitto non
solo per motivi legati al canale e ai parchi
industriali, ma anche per la stabilizzazione
libica dove l’Italia ha interessi fondamentali di lunga data oggi messi in discussione e contesi. Sul Mediterraneo si proietta
così la nuova dinamica rendendolo esso
stesso un mare ormai multipolare per certi aspetti. La crisi siriana ha accentrato
nella sua parte orientale una presenza
russa che ormai possiamo considerare
permanente. Di fatto il monopolio Nato nel
Mediterraneo non è più tale se mai lo è
stato. Invece l’aspetto più pacifico e foriero di sviluppi positivi è la presenza cinese
in chiave commerciale, sulla quale l’Italia
può e deve giocare la partita che insieme
a Suez la riproietti in un contesto nuovamente centrale. Per comprendere il centralismo italiano in questo contesto storico dobbiamo avere a disposizione i punti
di riferimento geografici ed economici
mediterranei ed europei.
La mappa descrive ed evidenzia le peculiarità del Mediterraneo dal punto di vista
geografico ed economico. Abbiamo in
primis una contrapposizione di tre penisole che come un tridente penetra nel
Mediterraneo. L’Italia risalta per la sua
centralità e a ben vedere addirittura doppia: la prima nel contesto europeo, la seconda nel contesto marittimo in direzione
Sud. L’Italia è così centrale anche all’Africa che s’interfaccia praticamente simmetrica all’Europa, la penisola è così una
direttrice, un corridoio naturalmente centrale. Questa peculiarità si esprime nella
sua parte di massima penetrazione, esattamente nel meridione. È la Sicilia che,
massimizzando la proiezione italiana, taglia in due come spartiacque il Mediterraneo generando un baricentro marittimo
e terrestre. Equidistante dai due stretti di
Suez e Gibilterra, e centrale tra il cuore
produttivo europeo contrapposto alle terre africane ricche d’idrocarburi. Uno
spartiacque ancora più definito se tracciamo una linea che dalla Tunisia passando per Calabria e Puglia, tocca le coste
È la Sicilia
che massimizzando
la proiezione italiana
taglia in due come spartiacque
il Mediterraneo
generando un baricentro
marittimo e terrestre
balcaniche. Abbiamo così un Mar Adriatico con Trieste, porta a mare dell’Europa
Centrale e Orientale, totalmente orbitante sull’Italia. Il potenziale di Trieste, infatti, non è quello di porsi come Gate, ma come Hub, imprescindibile per un flusso
merci che possa penetrare financo alla
Russia. Così l’Adriatico domina il Baltico
e polarizza quel pezzo di Europa verso il
Mediterraneo. Una polarizzazione, che
come abbiamo visto, avviene per forza
geografica nel meridione che però è privo dei catalizzatori necessari, quindi i
grandi porti e le infrastrutture di continuità. Oggi il baricentro portuale europeo
è incentrato sui grandi porti del Northern
Range di Anversa, Rotterdam e Amburgo.
Tre grandi porti di cui i primi due molto vicini che a prima vista dovrebbero farsi
competizione invece creano sistema.
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Realtà portuali come Rotterdam, nella
sua estensione, ci danno il polso della situazione e su quale grandezza si gioca la
competizione. Nel meridione italiano dovrebbero nascere così almeno due grandi realtà portuali interconnesse con l’entroterra, le ferrovie e le grandi arterie autostradali sono poi il sistema di proiezione mare-terra necessario a far transitare
le merci europee e italiane con tempi accettabili. Uno sviluppo del meridione che
sarebbe sistemico al Paese e di cui beneficerebbe tutto il territorio, concetto difficile anche se semplice in un paese come
l‘Italia ostaggio del calcolo territoriale e
del localismo provinciale ammantato di
presunte superiorità. Vi è poi poca chiarezza anche a livello istituzionale di quella che è la posizione italiana. C’è, infatti,
la convinzione che operando investimenti sui porti italiani l‘Italia sarebbe il South
Range contrapposto al Northern. Non vi
è nulla di più sbagliato e per capirlo basta vedere com’è cambiato il canale di
Suez e come i paesi del Nord Africa come Algeria e Marocco stiano investendo
in portualità cavalcando l’onda cinese
della “Via della seta marittima”. In verità
la penisola è inserita nel mosaico mediterraneo come Medium Range, non è nei
fatti possibile considerare assi geografici legati alle infrastrutture sulla base di
appartenenza a unioni come l’UE o altro.
I riflessi di tali assetti geo-economici si riflettono sui continenti e sulle realtà dei
singoli paesi con forze che travalicano
questo tipo di aspetti. Basti pensare ai
gasdotti russo-tedeschi, realtà che neanche le sanzioni statunitensi hanno fermato. I fattori geografici che si legano allo
sviluppo di aree o paesi sono pervasi da
forze vitali per la crescita e il futuro di
quelle realtà. Così per esempio anche la
Gran Bretagna che preparava il terreno
“post Brexit” riposizionandosi anch’essa
verso Oriente, ma in chiave finanziaria, diventando piazza monetaria di primo livello per la moneta cinese. I veri concorrenti dell’Italia sono invece Spagna con connessione francese e Grecia, quindi le due
penisole già citate, la balcanica e l’iberica. Se da una parte la Francia sta cercando un riposizionamento nel Mediterraneo
e in Africa, ulteriore marginalismo arriverà dallo sviluppo del Pireo come porto
dell’Europa Orientale che i cinesi hanno
intensione di connettere fino a Budapest
con una ferrovia. La Spagna, polarizzando
il Marocco e i suoi porti sono l’ulteriore
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penalizzazione che subiremo facendo
calare sulla penisola un cono d’ombra. Il
Pireo è stato in parte rivalutato dopo
un’improvvisa negazione ai cinesi di operare sulla Sicilia. Pechino, infatti, aveva
valutato lo sviluppo di un Hub euro-mediterraneo in centro Sicilia. A causa delle
installazioni militari statunitensi l’allora
Segretario di Stato Clinton ammonì Pechino e Roma su tale scelta. Alla logica
Un Mediterraneo
allargato dove sviluppare
il nostro rilancio e quello
dei paesi rivieraschi
necessita di stabilità
fattore imprescindibile
allo sviluppo
d’interessi è seguito poi l’abbandono del
progetto alla base del quale vi è una valutazione ormai ricca di letteratura che vede nella Sicilia una piazza mediterranea
d’incontro non solo di merci. In effetti, la
Sicilia ha il potenziale per svilupparsi come una piattaforma globale in una fase
multipolare come quella attuale. Il Mediterraneo oggi oltre ad essere un mare tra
le terre lo è tra gli oceani. Un mare pontecanale, passaggio obbligato che accentra su di se altri mari come il Mar Nero e
il Mar Rosso fino al Golfo di Aden e Mar
Arabico. Aree d’influenza su cui l’Italia
con la Marina Militare dovrebbe avere un
ruolo chiave e primario nel rappresentare e garantire gli interessi di un centralismo così esposto. Un Mediterraneo allargato dove sviluppare il nostro rilancio e
quello dei paesi rivieraschi necessita di
stabilità, fattore imprescindibile allo sviluppo. Sviluppare a proprio vantaggio e
difendere una delle rotte più importanti a
livello mondiale, che non a caso vede la
presenza delle marine di molti paesi davanti alle coste somale, necessita di un
incremento della flotta e delle aree d’interesse della Marina Militare, dal Mar
Egeo fino a Gibuti, dove la presenza dovrebbe essere permanente. Si deve intendere, così, una Dottrina Italiana di
“Centralismo Costruttivo”, praticamente
un “Pivot” italiano sul mondo a tutti gli effetti, una potenzialità a portata di mano a
patto di saperci vedere per quello che
siamo e che possiamo essere, visto che
la storia e la geografia sono lì a ricordarcelo, e pensare che sono i momenti di crisi a dare nuovi slanci per non cadere o alla peggio pietrificarsi in un limbo.
nnn
Associazione Nazionale Ufficiali Marina
Provenienti dal Servizio Effettivo
Bollettino informativo n. 2 - Anno 2016
per i Soci ANMI (Ufficiali e Sottufficiali)
Ricorsi in base alla L. 89/2001 (c.d. Legge Pinto)
Ancora una buona notizia relativa all’oggetto. La Magistratura preposta continua ad accogliere
ricorsi presentati per la “irragionevole durata del procedimento”. Le somme liquidate variano
tra €1.200,00 ed €5.500,00.
Promozione per merito di lungo servizio
In data 3 agosto 2016 è stato approvato il DDL S. 1581 avente per oggetto: Disposizioni per la concessione di una promozione per merito di lungo servizio agli ufficiali ed ai sottufficiali delle Forze
armate e della Guardia di finanza collocati in congedo assoluto di cui si riporta l’art. 1.
(Promozione per merito di lungo servizio)
Gli ufficiali ed i sottufficiali delle Forze armate e del corpo della Guardia di finanza collocati in congedo assoluto possono ottenere una promozione per merito di lungo servizio. Possono altresì ottenere una promozione, a titolo onorifico, i cittadini italiani nella posizione di congedo assoluto che
abbiano partecipato, in qualità di ufficiali, di sottufficiali e di militari e graduati di truppa ad operazioni di guerra durante il secondo conflitto mondiale, a condizione che ad essi siano stati riconosciuti i benefici previsti dalla normativa vigente in favore degli ex combattenti.
Dai benefici di cui al comma 2 sono esclusi gli appartenenti al ruolo d’onore.
La promozione di cui ai commi 1 e 2 è concessa, a prescindere dal grado rivestito e anche oltre il
grado massimo previsto per il ruolo d’appartenenza, agli ufficiali e sottufficiali tutti i ruoli e corpi
dell’Esercito italiano, della Marina militare, dell’Aeronautica militare e dell’Arma dei carabinieri,
nonché del corpo della Guardia di finanza.
In attesa del provvedimento di legge. L’argomento sarà seguito e saranno fornite opportune informazioni allorché il provvedimento diventerà legge e sulle successive disposizioni esecutive.