AR328 Dicembre 2011 Shostakovich - Cat

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AR328 Dicembre 2011 Shostakovich - Cat
Classica
D. SHOSTAKOVICH Preludes And Fugues (Speaker’s Corner/S&M)
Spesso in questa pagina dedicata all’analogico ci abbandoniamo al piacere
dell’ascolto delle grandi partiture orchestrali; chi può negarne il fascino?
Dmitri Shostakovich è un protagonista indiscusso della musica del
Novecento e non soltanto per le sue quindici Sinfonie e per i numerosi lavori
legati al cinema e al teatro. Tra le chicche più preziose di un’ampia produzione voglio segnalare i ventiquattro “Preludi e Fughe” dell’opera 87, composti, come si intuisce, come una sorta di omaggio ai Preludi e Fughe del
“Clavicembalo Ben Temperato” di Bach. In effetti questi pezzi pianistici risalgono al 1950/1951, composti appena dopo le celebrazioni del duecentesimo anniversario della morte di Bach. Le cronache ci raccontano che nell’occasione del festival bachiano di Lipsia era emersa una pianista russa, tal
Tatiana Nikolayeva. Proprio a questa interprete Shostakovich dedica i suoi
“Preludi”, e lei ne fu la prima interprete e instancabile sostenitrice sino alla
morte, avvenuta a San Francisco nel 1993 proprio mentre li suonava. Una
coincidenza incredibile. Si tratta di miniature, pezzi brevi nella forma eppure terribilmente efficaci nella sostanza, tecnicamente impegnativi ma sopratutto tesi a evidenziare le possibilità armoniche nello sviluppo delle tonalità e nei mezzi espressivi del
pianoforte. Tratti ora intimi, ora ironici e beffardi tipici di una parte della produzione di Shostakovich
sono sempre in bella evidenza.
La ristampa di questo vinile della Philips (curata dalla tedesca Speaker’s Corner) ne offre una selezione di sei, ovvero i nn.14, 17, 15, 4, 12 e 23, ma l’esecuzione è una di quelle destinate a entrare nella
storia della discografia. Si tratta infatti di un’incisione effettuata nel luglio del 1963 in Francia e firmata da Sviatoslav Richter, sommo pianista russo e amico personale del compositore. Sapete bene
come non ami fare archeologia musicale. L’incisione ha qualche momento di debolezza tecnica e
qualche fruscio disturba nei passaggi più sommessi, ma il fascino della lettura è intatto. Richter è un
interprete senza tempo che, al di là della moda e degli stili, entra con decisione nella partitura, un’introspezione lucida nel tessuto sonoro, brillante ed energico tanto da lasciare senza fiato. Ottima come sempre la ristampa dei signori di Kiel, per offrire un ascolto di materiale musicale da autentici
primi della classe.
Marco Cicogna
Pop-rock
CAT STEVENS Tea For The Tillerman (Analogue Productions/S&M)
Fra gli undici capitoli della discografia storica dell’uomo che nacque Steven Demetri Georgiou, divenne famoso come Cat Stevens e da lungi si fa chiamare Yusuf Islam, non ve ne sono che possano
dirsi dei fallimenti, ma nemmeno che viceversa possano essere dichiarati dei capolavori. Nemmeno
questo “Tea For The Tillerman”, che pure del nostro uomo è l’album più venduto di sempre e quello
con in scaletta le due canzoni più celebri, “Wild World” e “Father And Son”. A impedirgli di entrare
nel club delle pietre miliari sono un paio di episodi sottotono (curiosamente quelli delegati a chiudere la prima facciata e inaugurare la seconda) e arrangiamenti che, non appena sfuggono all’elementarietà del folk, sbandano ed eccedono. Nondimeno a essere capolavoro, il “thè per il timoniere”, va vicino come mai prima Cat Stevens e mai dopo. Merito di una scrittura quasi sempre felice. Oltre ai
due classici summenzionati, che non racconto per la ragione per la quale non racconterei “Yesterday”
o “Michelle”, è questo il disco dell’accorata quanto suadente “Where Do The Children Play?” (probabilmente la terza canzone più famosa del Nostro) e della corale “Longer Boats”, del mosso pop-rock
“On The Road To Find Out” come di una traccia omonima tanto favolosa quanto irritante per il suo
darsi in un minuto, quando da bozzetto avrebbe potuto farsi affresco. Stranisce un po’ il pensare che
il quarto album di Cat Stevens usciva (novembre 1970) a cinque mesi dal terzo, che l’artefice non aveva che ventitré anni e due e mezzo se li era giocati con una tubercolosi che l’aveva ridotto ventenne
in fin di vita. Sarà per questo che sembra straordinariamente maturo per un
autore tanto giovane? Più che per uno stile giunto a perfetta definizione - distillazione sommamente melodica di un’idea universale di folk, non a digiuno né di rock’n’roll né di soul e occasionalmente memore del frizzare beat
degli esordi - per gli argomenti: un conflitto generazionale dichiarato insensato, la preoccupazione (quando in pochi se ne preoccupavano) per il disastro ecologico incombente, un anelito al trascendentale che non troverà l’approdo che sappiamo che assai più avanti. Però è qui, a ben vedere, che la
rotta comincia a venire tracciata.
Non più tardi di un anno e mezzo fa avevo dedicato un’intera pagina a Cat
Stevens, con una carrellata sulla sua prima parte di carriera che arrivava a
“Teaser And The Firecat” e copriva dunque anche “Tea For The Tillerman”.
Lo spunto mi era stato offerto da delle pregevoli quanto economiche stampe
A&M. È per certo pregevole ma per niente a buon prezzo (siamo abbondantemente sopra i quaranta euro) questa riedizione per Analogue Productions. Ma
posso dirvi che lo slogan pubblicitario della Casa - “The best LPs ever pressed” - non pare, alla prova dell’ascolto, un’esagerazione? Grande regalo per
audiofili da fare o farsi per il prossimo più o meno santo Natale.
Eddy Cilìa
AUDIOREVIEW n. 328 dicembre 2011
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