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aAccademia University Press
ISBN 978-88-99200-93-0
aA
ccademia
university
press
Tutto era musica
€ 18,00
9
788899 200930
Antonio
Attisani
Antonio Attisani
Piano della collana
I. Tutto era musica. Indice sommario
per un atlante della scena yiddish
II. Luci, ombre e voci sullo schermo yiddish
III. Da Odessa a New York:
la Grande Aquila, un re dello shund
e altre stelle vagabonde
IV. Maurice Schwartz e la “Commedia
dell’Arte yiddish” della seconda età dell’oro
V. Solomon Michoels e Veniamin Zuskin.
Vite parallele nell’arte e nella morte
VI. Ida Kaminska, attrice e idishe mame
VII. La terza generazione: Molly Picon e gli
artisti yiddish born in Usa
Da Odessa
a New York:
una Grande Aquila,
un re dello shund
e altre stelle
vagabonde
Da Odessa a New York
Antonio Attisani è docente di Culture del teatro presso l’Università degli
Studi di Torino, dirige, con Franco
Perrelli, la rivista «Mimesis Journal»
ed è autore, presso Accademia University Press, di Logiche della performance. Dalla singolarità francescana alla nuova mimesi (2012).
Figure e motivi del tea­tro e del cinema
yiddish tra Europa e America
vol. III
A Odessa fu Jacob Adler, giovane campione di boxe e di ballo, a dare vita al
primo teatro yiddish russo. Negli Stati
Uniti Boris Thomashefsky, giovanissimo immigrato senza alcuna formazione specifica, fondò la prima compagnia
yiddish professionale. Adler diventò
un attore-mito con il soprannome di
Grande Aquila, Thomashefsky fu il re
dello shund, l’amato e disprezzato teatro-spazzatura. Per oltre un ventennio
l’amicizia e la concorrenza tra i due
diedero l’impulso più rilevante a un genere spettacolare al tempo stesso popolare e innovatore, capace di proporre
in scena episodi biblici e scabrosi fatti
di cronaca, controversie filosofiche e
battaglie politiche.
Le donne che i due incontrarono e
che li affiancarono come attrici e compagne di vita furono altrettanto fondamentali nel determinare la fisionomia
del teatro yiddish nella transizione dalla vecchia Europa a quella Amerike nella
quale le più diverse etnie e culture cercavano di costruirsi un futuro di benessere e felicità.
Sempre mescolando divertimento e
commozione, risate e lacrime, il teatro
yiddish realizzato durante pochi decenni tra il xix e il xx secolo da alcune
centinaia di artisti straordinari non fu
soltanto il principale elemento identitario di una comunità ma anche un
incredibile laboratorio senza il quale il
teatro contemporaneo sarebbe molto
più povero.
aA
aA
aAccademia University Press
I. Tutto era musica. Indice sommario
per un atlante della scena yiddish
II. Luci, ombre e voci sullo schermo yiddish
III. Da Odessa a New York:
la Grande Aquila, un re dello shund
e altre stelle vagabonde
IV. Maurice Schwartz e la “Commedia
dell’Arte yiddish” della seconda età dell’oro
V. Solomon Michoels e Veniamin Zuskin.
Vite parallele nell’arte e nella morte
VI. Ida Kaminska, attrice e idishe mame
VII. La terza generazione: Molly Picon e gli
artisti yiddish born in Usa
Da Odessa
a New York:
una Grande Aquila,
un re dello shund
e altre stelle
vagabonde
aA
Antonio
Attisani
ccademia
university
press
Antonio Attisani
Piano della collana
A Odessa fu Jacob Adler, giovane campione di boxe e di ballo, a dare vita al
primo teatro yiddish russo. Negli Stati
Uniti Boris Thomashefsky, giovanissimo immigrato senza alcuna formazione specifica, fondò la prima compagnia
yiddish professionale. Adler diventò
un attore-mito con il soprannome di
Grande Aquila, Thomashefsky fu il re
dello shund, l’amato e disprezzato teatro-spazzatura. Per oltre un ventennio
l’amicizia e la concorrenza tra i due
diedero l’impulso più rilevante a un genere spettacolare al tempo stesso popolare e innovatore, capace di proporre
in scena episodi biblici e scabrosi fatti
di cronaca, controversie filosofiche e
battaglie politiche.
Le donne che i due incontrarono e
che li affiancarono come attrici e compagne di vita furono altrettanto fondamentali nel determinare la fisionomia
del teatro yiddish nella transizione dalla vecchia Europa a quella Amerike nella
quale le più diverse etnie e culture cercavano di costruirsi un futuro di benessere e felicità.
Sempre mescolando divertimento e
commozione, risate e lacrime, il teatro
yiddish realizzato durante pochi decenni tra il xix e il xx secolo da alcune
centinaia di artisti straordinari non fu
soltanto il principale elemento identitario di una comunità ma anche un
incredibile laboratorio senza il quale il
teatro contemporaneo sarebbe molto
più povero.
Da Odessa a New York
Antonio Attisani è docente di Culture del teatro presso l’Università degli
Studi di Torino, dirige, con Franco
Perrelli, la rivista «Mimesis Journal»
ed è autore, presso Accademia University Press, di Logiche della performance. Dalla singolarità francescana alla nuova mimesi (2012).
Tutto era musica
Figure e motivi del tea­tro e del cinema
yiddish tra Europa e America
vol. III
aA
Tutto era musica
Figure e motivi del tea­tro e del cinema yiddish
tra Europa e America
vol. III
Tutto era musica
Figure e motivi del tea­tro e del cinema yiddish
tra Europa e America
ISSN 2283-7353
I. Antonio Attisani con Veronica Belling, Marida Rizzuti e Luca Valenza, Tutto era musica. Indice sommario per un atlante della scena yiddish
II. Luci, ombre e voci sullo schermo yiddish
III. Antonio Attisani, Da Odessa a New York: una Grande Aquila, un re dello shund
e altre stelle vagabonde
IV. Maurice Schwartz e la “Commedia dell’arte yiddish” della seconda età dell’oro
V. Antonio Attisani, Solomon Michoels e Veniamin Zuskin. Vite parallele nell’arte e
nella morte
VI. Giulia Randone, Ida Kaminska, attrice e idishe mame
VII.Vincenza Di Vita, La terza generazione: Molly Picon e gli artisti yiddish born in Usa
Da Odessa
a New York:
una Grande Aquila,
un re dello shund
e altre stelle
vagabonde
Antonio
Attisani
Da Odessa a
New York
Volume rea­lizzato con il contributo
del Dipartimento di Studi Umanistici
dell’Università degli Studi di Torino
© 2016
Accademia University Press
via Carlo Alberto 55
I-10123 Torino
Pubblicazione resa disponibile
nei termini della licenza Creative Commons
Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0
Possono applicarsi condizioni ulteriori contattando
[email protected]
prima edizione settembre 2016
isbn 978-88-99200-38-1
edizione digitale www.aAccademia.it/yiddish3
book design boffetta.com
Accademia University Press è un marchio registrato di proprietà
di LEXIS Compagnia Editoriale in Torino srl
Indice
I. Odessa, paradiso e inferno
5
II. Primi passi sulla scena
30
III. Londra, la scuola
53
IV. C’era una volta l’America, primo movimento
73
V. Secondo movimento: ritorno in America
83
VI. Uomini e donne, attrici, attori e autori
108
VII. Uscite di scena
133
VIII. Il ragazzino che s’inventò il teatro
138
IX. Teatro e spettacolo, amore e morte,
insomma «grottesco yiddish»
160
Indice dei nomi e titoli
189
Da Odessa a
New York:
una Grande Aquila,
un re dello shund
e altre stelle
vagabonde
Alla memoria
di Egisto Marcucci (1932-2016)
grande regista
del “grottesco italiano”.
Da Odessa
a New York
I. Odessa, paradiso e inferno
Il teatro yiddish ha avuto molti padri: i Purim-shpiler, i bàdkhen
(badkhàn in ebraico), i cantori di sinagoga, giovani donne e
uomini in cerca di libertà, di amore e di gloria, gli scrittori
e i poeti in cerca di pubblico, musicisti e produttori, registi
e avventurieri di ogni risma. Altrettanto sicuramente si può
dire che abbia avuto due madri, una biologica, Odessa,1 e una
elettiva, New York.2 L’avventura personale e artistica di Jacob
1. Per una prima conoscenza delle località importanti per l’ebraismo orientale
si vedano le relative voci della Encyclopedia of Jews in Eastern Europe citate qui
e nel primo volume di questa serie, a cominciare da Steven J. Zipperstein, Odessa,
Yivo Encyclopedia of Jews in Eastern Europe, 13 settembre 2010: <http://www.
yivoencyclopedia.org/article.aspx/Odessa>.
2. Mentre questo libro era in preparazione si è tenuta al Museum of the City of
New York la grande mostra New York’s Yiddish Theatre: From the Bowery to Broadway
(9 marzo-31 luglio 2016). La curatrice Edna Nahshon ha pubblicato un ricco e
accurato volume dallo stesso titolo per la Columbia University Press composto dai
seguenti contributi: Susan Henshaw Jones, Introduzione; E. Nahshon, Overture: From
the Bowery to Broadway; Hasia Diner, Yiddish New York; Nahmha Sandrow, Popular Yiddish Theater: Music, Melodrama, and Operetta; Barbara Henry, Jacob Gordin: The Great
Reformer; E. Nahshon, Jacob P. Adler and the Formation of a Theatrical Dinasty; Stefanie
Halpern, Boris Thomashefsky: Matinée Idol of the Yiddish Stage; Joshua S. Walden, Molly
Picon: Darling of Second Avenue; E. Nahshon, Maurice Schwartz and the Yiddish Art
Theatre Movement; E. Nahshon, Yiddish Political Theatre: The Artef; Arnold Aronson,
Yiddish Theatre and the Transformation of American Design; Eddy Portnoy, Modicut:
5
Da Odessa
a New York
6
Adler è la più significativa di questa traiettoria che si compie
tra le due città, passando per diversi altri luoghi nei quali viveva il popolo yiddish e l’emigrazione ebraica si era insediata
sviluppando la propria moderna cultura di attrito, fatta di
assimilazione e separazione al tempo stesso, di conferimento
di alcuni dei propri caratteri alla fisionomia culturale di quei
paesi e di trasformazione della propria identità.
Nel rievocare le vicende di Jacob Adler, Boris Thomashefsky e dei loro sodali occorre sempre tenere presenti i rimandi
alle varie fonti indicate e all’indice sommario costituito dal
primo volume di questa serie, ma qui non si poteva non cominciare con qualche annotazione su Odessa, anche perché
l’attuale fisionomia della città ucraina non conserva tracce
significative del proprio passato.
Odessa era, all’inizio della nostra storia, una città moderna
a tutti gli effetti, un riconosciuto e importante centro di scambi
commerciali e di transito tra Europa e Asia: una città squisitamente cosmopolita. Nel 1866 era stata collegata da una linea
ferroviaria a Kiev 3 e Kharkov,4 in Ucraina, e Iaşi in Romania.
Crescendo «come un fungo dopo la pioggia» aveva triplicato
le dimensioni tra il 1862 e il 1892, anno in cui si contavano
oltre quattrocentomila abitanti, tra i quali centoventiquattromila ebrei. Numerosi erano anche gli armeni, i turchi, i tatari,
i polacchi, i greci, non mancavano gli italiani e vi risiedevano
non pochi commercianti francesi e inglesi.
Odessa, date e figure
1794: il piccolo paese Khadjibey, conquistato tre anni prima dalle
truppe russe comandate da Josè de Ribas, mercenario napoletano,
diventa Odessa per ordine dell’imperatrice Caterina la Grande. Il
nome è una declinazione femminile di Odisseo, Ulisse.
Nel 1803 il duca di Richelieu è nominato amministratore della
città, che grazie al successivo riconoscimento come «porto franco»
conosce un rapido sviluppo come centro commerciale e finanziario
The Yiddish Puppet Theatre of Yosl Cutler and Zuni Maud; E. Nahshon, Entertaining the
Crowd; Judith Tissen, Early Yiddish Vaudeville in New York City; E. Nahshon, Borscht
Belt Entertainment; Alisa Solomon, Tevye’s Travels: From Yiddish Everyman to American
Icon; S. Halpern, E. Nahshon, Finale: A Gallery of Stars of the American Yiddish Stage.
3. Natan Meir, Kiev, Yivo Encyclopedia of Jews in Eastern Europe, 5 maggio
2011: <http://www.yivoencyclopedia.org/article.aspx/Kiev>.
4. ChaeRan Freeze, Khar’kiv, Yivo Encyclopedia of Jews in Eastern Europe, 18
agosto 2010: <http://www.yivoencyclopedia.org/article.aspx/Kharkiv>.
Odessa,
paradiso
e inferno


internazionale. La vita culturale è altrettanto ricca. Richelieu fa
costruire un teatro e diverse scuole pubbliche.
Nel 1812-1813 una grave epidemia di peste, probabilmente causata
dai costumi infetti di una compagnia teatrale, viene superata con
danni relativamente lievi.
1823: Michail S. Voroncov diventa governatore generale della Nuova Russia, che comprende la Crimea e Odessa, ormai una Babele
di popoli e lingue. Gli italiani primeggiano nella vita cittadina e
l’italiano è la lingua franca. Nel 1823-1824 Aleksandr Puškin soggiorna nella città.
Gli anni 1828-1829 sono segnati dalla guerra turco-russa e dal 1830
ha inizio l’immigrazione ebraica di larga scala. Motto yiddish: Leben
vi got in Odes! (Vivere come un dio a Odessa!).
Il 1841 è l’anno di completamento della famosa scalinata di duecentoventi gradini che unisce il porto alla città, poi soprannominata «Scalinata Potëmkin».
1853-1856: guerra di Crimea. In questo tempo salpano da Odessa
oltre mille navi l’anno. Alessandro II è il nuovo imperatore moderatamente “liberale” della Russia. Il 1861 vede l’abolizione della
servitù della gleba.
Mark Twain scrive (nel 1867): «Vedrete solo una copia dell’America!». La scuola ebraica della città è un modello per tutto l’impero. Nelle quattro sinagoghe risuonano le voci di famosi cantori e
numerosi sono i luoghi di preghiera. Anche Brody, ben collegata
con Odessa, è in pratica un porto franco. E al di là del mare c’è
Costantinopoli, il centro di tutti i commerci illeciti. Bustarelle,
corruzione e ruffianeria sono “importate” nelle due città portuali
dagli italiani e praticate con maestria da molti zelanti apprendisti
di varie nazionalità.
Nel 1871 si registra il primo pogrom antisemita,5 capitanato dai greci
di religione ortodossa, nel corso del quale circa ventimila persone
si impegnano a saccheggiare e distruggere i beni degli ebrei. «La
vostra Odessa non fa per me» dice un personaggio di Mendele
Moykher-Sforim.6 A quel tempo l’acqua è una risorsa rara in città,
5. Cfr. Enciclopedia dell’Olocausto, ad vocem: <http://www.ushmm.org/wlc/it/
article.php?ModuleId=10005183> e John Klier, Pogroms, Yivo Encyclopedia of Jews
in Eastern Europe, 11 ottobre 2010: <http://www.yivoencyclopedia.org/article.
aspx/Pogroms>.
6. Mendele Moykher-Sforim (“Mendele il venditore ambulante di libri”) era
il nome di penna scelto da Sholem Yankev Abramovič, primo grande esponente della letteratura yiddish moderna. Cfr. Dan Miron, Abramovitsh, Sholem Yankev,
Yivo Encyclopedia of Jews in Eastern Europe, 19 agosto 2010: <http://www.yivoencyclopedia.org/article.aspx/Abramovitsh_Sholem_Yankev>; Tales of Mendele the
Book Peddler, a cura di Dan Miron e Ken Frieden, Schocken Books, New York 1996;
Classic Yiddish Stories of S. Y. Abramovitsh, Sholem Aleichem, and I. L. Peretz, a cura di
Ken Frieden, Syracuse University Press, Syracuse-New York 2004. Questo volume,
7
Da Odessa
a New York
8
più cara del vino. Ma non mancano, oltre alle attività commerciali
e le professioni liberali, le industrie manifatturiere.
Nell’agosto del 1883, nel quadro del giro di vite ordinato dal nuovo zar Alessandro iii, il teatro yiddish è bandito da tutti i territori
dell’impero.
Nel 1887 viene inaugurato il nuovo teatro dell’«opera italiana»,
a forma di tamburo, la cui sala può accogliere millecinquecento
spettatori. Nei numerosi locali di spettacolo si incontrano persone
di tutto il vasto impero russo e del resto del mondo. Gli ebrei più
poveri, la stragrande maggioranza, vivono soprattutto nel quartiere
chiamato Moldavanka.
Sholem Aleichem vive a Odessa per qualche tempo, così come Anna Gorenko, poi Achmatova. Qui nascono Isaak Babel´ e Lejba
Bronštein (Leon Trotskij).
Il 1905 è l’anno delle sommosse e dei pogrom antisemiti, nonché
dell’ammutinamento della corazzata Potëmkin (la cui vera storia è
molto diversa da come è raccontata dal film).
1914-1918, prima guerra mondiale. Febbraio 1917, rivoluzione di
febbraio in Russia; ottobre 1917, rivoluzione bolscevica.
1918-1920, anni della guerra civile. Odessa è successivamente controllata dalle truppe francesi, ucraine, dai Bianchi e infine dai bolscevichi (febbraio 1920). Sono anni durissimi per la città, divisa
in fazioni che si combattono ferocemente e non di rado mutano
il proprio orientamento. La miseria fa sì che si possa essere uccisi
per essere derubati del cappotto. Quanto agli ebrei, sono malvisti
da tutte le fazioni.
1921: pubblicazione dei primi racconti di Isaak Babel´ sulla città.
1922: nascita dell’Unione Sovietica.
1925, Sergej M. Ejzenštejn gira La corazzata Potëmkin e Vladimir Vilner Benya Krik. Anche il film Fortuna ebraica7 di Aleksej Granovskij
mostra in alcune sequenze la vita della Odessa prerivoluzionaria.
oltre a raccogliere alcuni racconti inediti da tempo e ritradotti per l’occasione
dei tre scrittori, ne propone i rispettivi accurati profili biografici stilati da loro
contemporanei. Mendele Moykher-Sforim non scriveva per il teatro, ma i suoi personaggi come Mendele (l’ebreo formatosi in una yeshiva dell’Europa Orientale),
Alter (l’uomo medio che cerca di trasformarsi in un moderno commerciante) e
Fishke (che occupa il gradino più basso della scala sociale) hanno ispirato molti
allestimenti del teatro yiddish.
7. Il cinema yiddish è l’oggetto del secondo volume di questa serie. Cfr. Fortuna
ebraica (Yidishe Glikn, Urss, 1925, rus. Evreyskoe sčast’e, ing. Jewish Luck, muto, 95’,
didascalie in inglese, copia restaurata da The National Center For Jewish Film,
1991). Regia: Aleksej Granovskij; regista assistente Grigori Gritscher-Čerikover. Sceneggiatura e didascalie di Isaak Babel´ ispirata al racconto Menachem Mendel di
Sholom Aleichem; collaboratori alle sceneggiatura: Grigori Gritscher-Čerikover,
Boris Leonidov, Isaak Teneromo. Fotografia: Eduard Tisse, con Vasili Khvatov e
N. Strukov. Musiche originali: Lev Pulver. Scenografie: Nathan Altman. Attori: So-
Odessa,
paradiso
e inferno


1926: secondo il censimento sovietico gli ebrei costituiscono il trentasei per cento della popolazione.
1935: Vladimir Jabotinski, giornalista e leader sionista, scrive I cinque, romanzo nel quale il tipico odessita è descritto come «un tipo
abile e scaltro, un vero imbroglione, un manipolatore, un maneggione, capace di tutti gli ingegni, sempre pronto a gridare, a esagerare e ad approfittare di tutte le situazioni».
Dal 1937 al 1941 circa ventimila odessiti sono arrestati e accusati
dagli inquisitori stalinisti dei crimini politici più fantasiosi: un terzo
di essi sono fucilati.
1939-1945, seconda guerra mondiale. Nel 1940 si ha l’esecuzione di
Babel´ e la morte di Jabotinski. Dall’ottobre del 1941 all’aprile del
1944 Odessa è in mano ai nazifascisti. Nel gennaio 1944 lo zelante
esercito rumeno evacua il ghetto ebraico. I morti, nell’immediato
e dopo la deportazione, si conteranno a decine di migliaia. Babel´
aveva scritto: «Odessa sapeva cosa significava prosperare. Ora sa
bene quel che vuol dire deperire – un inaridimento poetico, in un
certo senso privo di pensieri e completamente impotente».
Alla fine degli anni Ottanta gli ebrei erano meno del quattro per
cento della popolazione (gli ucraini il cinquantuno e i russi il
trentasei).8
Capitale del sud e cosmopolita come le Napoli e Marsiglia
del tempo, Odessa era nella seconda metà dell’Ottocento
una città caratterizzata da forti contraddizioni e da emblematici fermenti sociali e politici, nonché da una continua
evoluzione dei costumi e dei consumi. Era perciò fatale che
anche il teatro yiddish, “concepito” a Iaşi e a Brody9 da Avrom
lomon Mikhoels (Menachem Mendel), Saša Epstein (Yosele, suo figlio), Moisei
Goldblat (Zalman), Tevye Khazak (Kimbach), Ida Abraham (sua moglie), Tamara
Adelheim (Belya, sua figlia), S. Epstein (servo), G. Shidlo (Tashrats), Rakhil Imenitova (sua moglie), I. Rogaler (Oosher). Zuskin dimostra di essere un grande attore soprattutto nel film Cercatori di felicità (Iskateli sčastja, Urss, 1936, ing. Seekers of
Happiness). Sceneggiatura: Grigori Kobets, Iogan Zeltser, 84’, russo con sottotitoli
in inglese (copia restaurata da The National Center For Jewish Film, 2007). Regia:
Vladimir Korsh-Sablin, Iosif Shapiro. Attori: Veniamin Zuskin (Pinja Kopman),
Mariya Blyumental-Tamarina (Dvoira), S. K. Yarov (Korney), L. A. Shmidt (Rosa),
A. M. Karev (Natan), N. K. Valyano (Lyova), L.M. Taits (Basya Kopman), Iona ByiBrodsky (Shlyoma), Boris Zhukovbsky (il padre di Korney).
8. Cfr. Charles King, Odessa. Splendore e tragedia di una città di sogno, Einaudi, Torino 2013.
9. Per Brody cfr. Antony Polonsky, Brody, Yivo Encyclopedia of Jews in Eastern
Europe, 13 dicembre 2010: <http://www.yivoencyclopedia.org/article.aspx/Brody>). Brody è considerata dagli storici il principale luogo-matrice del teatro yiddish, ma nella genesi del teatro yiddish russo è Odessa a svolgere un ruolo decisivo.
Cfr. anche Robert A. Rothstein, Songs and Songwriters, Yivo Encyclopedia of Jews
9
Da Odessa
a New York
10
Goldfaden e dai broderzinger, trovasse in Odessa la propria
sede principale.10 I ricordi di Jacob Adler sono illuminanti
in proposito, come si vedrà, ma è meglio cominciare con le
parole che meglio di ogni altre evocano il carattere e l’atmosfera della città, le parole dello scrittore Isaak Babel´,11
figura che attraversa diversi momenti della storia che stiamo
raccontando.
La parola che ricorre più di frequente nei suoi bellissimi
racconti sulla città è «sole», un sole gioioso e compassionevole nei confronti della vita in tutte le sue forme, ma anche un
sole spietato, che illumina e perciò fa esplodere ogni sorta di
contrasti e provoca fatali trasformazioni, un sole che significa
la complessità della vita nel secolo terribile appena iniziato.
Odessa città del teatro, della musica e della canzone, Odessa
della corazzata Potëmkin e dei pogrom, Odessa dei bordelli
e delle sinagoghe, Odessa della luce ma anche Odessa della notte, percorsa da mille profumi che il vento rubava alla
campagna circostante e alle navi ancorate nel porto, e Odessa
impregnata dal tanfo della povertà e della paura proveniente
dai quartieri più reietti: Odessa Bab-El’, ovvero Porta di Dio
per i suoi abitanti.12
La Porta di Dio è però sempre chiusa, come ricorda Franz
Kafka, e nell’attesa-speranza di varcarla la comunità ebraica
esprimeva mille forme di vita e di “ricerca della felicità”, tra
queste il leggendario bandito Miška Japoncˇik, protettore e
in Eastern Europe, 18 febbraio 2011: <http://www.yivoencyclopedia.org/article.
aspx/Songs_and_Songwriters>.
10.Ancora da segnalare, tuttavia, che nella capitale della Crimea si registrano
alcuni dei primi passi della scena e della drammaturgia yiddish. Nel 1864 una compagnia yiddish aveva rappresentato i drammi Esther e Athalia. Non si hanno molte
notizie di quella e altre attività teatrali, ma non è privo di significato il fatto che Shloyme Ettinger, l’autore di Serkele, avesse vissuto per qualche tempo a Odessa, dove
è probabile che fossero conosciuti anche alcuni antesignani della drammaturgia
yiddish come Avrom Ben Gottlober, Israel Aksenfeld e Joel Ben, autore di Reb
Chaimele der Koz.in, pubblicato a Odessa nel 1866, e Rochel die Singerin, pubblicato a
Zhytomyr nel 1868.
11. Cfr. Isaak Babel´, Tutte le opere, a cura e con un saggio di Adriano Dell’Asta e
uno scritto di Serena Vitale, Mondadori, Milano 2006. Il volume, provvisto di un
ricco apparato critico, comprende numerosi scritti personali, frammenti e inediti
che gettano luce sull’autore e su tutto quanto non aveva potuto pubblicare per
motivi politici.
12. Questa edizione dei racconti di Babel´ cui si fa qui riferimento: I. Babel´, Odessa, trad. e cura di Costantino Di Paola (anche autore della prefazione Le parole del
sole, ovvero le leggende del grande mistificatore), Marsilio, Venezia 1998. Da qui sono
tratte, salvo indicazione diversa, tutte le citazioni babeliane che seguono.
Odessa,
paradiso
e inferno


difensore dei miseri che nei racconti di Babel´ diventa Benya
Krik, il Re della Moldavanka. Dopo l’Ottobre, Benya Krik si
schiera con i bolscevichi e vorrebbe trattare con loro da pari a
pari. Per gli ebrei del ghetto odessita, però, come dice Joseph
Roth «la sera è sventura e la luna che sorge è una beffa» e
coloro che dopo essere stati partoriti da Maimonide volevano farsi adottare da Lenin vanno incontro a un tristissimo
destino: dopo un ventennio di drammatica convivenza nel
comunismo, ci penseranno i nazisti a sferrare il colpo finale:
nel 1942 a Odessa si conteranno soltanto settecento ebrei
sopravvissuti.
Jacob Adler lasciò Odessa prima dei grandi rivolgimenti
novecenteschi. La città in cui aveva maturato la propria tardiva vocazione di attore è quella descritta da Babel´, il quale
a sua volta la celebrava – pur non avendo fatto in tempo a
conoscerla nei suoi momenti apicali – nel disperato tentativo di fare comprendere al nuovo regime che non ci si può
emancipare da un passato senza interpretare in modo sensibile le sue luci e le sue ombre.
Le prime parole del racconto che dà il titolo al volume
sono: «Odessa è una città schifosa. Lo sanno tutti […] eppure
io credo che si possa dire molto di buono su questa straordinaria e incantevole città […] nella quale è facile vivere, dove
si vive alla luce del sole»; e dopo avere sottolineato che la
«metà della sua popolazione è costituita da ebrei» sottolinea
che «l’odessita è l’antitesi del pietrogradese»: Pietrogrado
(così chiamata dal 1914 al 1924, prima era San Pietroburgo, poi sarà Leningrado dal 1924 al 1991 e infine di nuovo
San Pietroburgo)13 era anche il luogo di residenza dell’aristocrazia ebraica assimilata. Qui gli odessiti avevano molta
fortuna, specie con le donne, proprio per il loro carattere
meridionale, sensuale e creativo, ma a Odessa regnava tutt’altra atmosfera. Lo sguardo di un visitatore straordinariamente
sensibile come Joseph Roth coglieva la malinconia metafisica
della città:
Le mie esperienze più tristi le devo alle lunghe passeggiate che ho fatto per la Moldavanka, il quartiere ebraico
di Odessa. Una nebbia pesante si aggira per le strade come
13. Benjamin Nathans, Saint Petersburg, Yivo Encyclopedia of Jews in Eastern Europe, 14 ottobre 2010: <http://www.yivoencyclopedia.org/article.aspx/Saint_Petersburg>.
11
Da Odessa
a New York
12
un destino, la sera è sventura, la luna che sorge una beffa. I
mendicanti non sono soltanto la facciata abituale della strada, qui sono mendicanti tre volte, perché questa è la loro
dimora. Ogni casa ha cinque, sei, sette minuscoli negozi.
Ogni negozio è un’abitazione. Davanti alla finestra, che è
anche la porta, c’è la bottega, dietro di essa il letto, sopra
il letto sono appesi i bambini nelle ceste – e la sventura li
culla su e giù. Uomini alti, massicci tornano a casa: sono i
facchini ebrei che vengono dal porto. In mezzo ai loro piccoli, deboli, isterici e smunti connazionali fanno una strana
impressione, di una selvaggia razza barbarica smarritasi tra
i vecchi semiti. Tutti gli artigiani lavorano fino a notte alta.
Da tutte le finestre piange una luce torbida, gialla. Sono
luci strane, che non diffondono chiarore, ma una specie di
oscurità con un nucleo luminoso. Non sono imparentate col
fuoco benedetto. Sono anime delle tenebre…14
Nonostante ciò, dalla Odessa prerivoluzionaria veniva, confortata dall’esperienza dei sensi, una speranza per tutta la
Russia. Scriveva Babel´: «le serate primaverili sono dolci e
struggenti, acre è il profumo delle acacie e sul mare buio si
adagia il chiarore magico e uniforme della luna». Era stato
Maksim Gor´kij a sostenerlo tra i primi. «Gor´kij ama il sole
perché in Russia tutto è marciume e ambiguità» e quindi,
continuava Babel´, «si avverte la necessità di rinnovare il sangue. L’aria s’è fatta irrespirabile. Il Messia delle lettere, da
così tanto tempo e inutilmente atteso, arriverà di laggiù, dalle
steppe assolate, lambite dal mare». È il finale del racconto
Odessa, che conferma il carattere universale e non locale di
questa immagine. Infatti Babel´ ribadiva che «se c’è qualcosa
che vale la pena di essere cantato, ebbene, sappiatelo, questo
è il sole»,15 e ciò anche in Italia, dove si era recato per incontrare Gor´kij e piangere insieme a lui nell’ascoltare, seduti
al tavolo di un’osteria con il bicchiere sempre pieno e vuoto,
le vibranti epopee dei cantanti di strada. Tanto è vero che in
una lettera ai suoi Babel´ aveva scritto che il paradiso terrestre doveva somigliare a Sorrento. Il sud, dunque, come mito
propulsivo, un sud dell’anima che a Napoli come a Odessa
14. J. Roth, Ebrei erranti, Adelphi, Milano 2012, p. 109.
15.Citato da Giovanni Maccari, Gli occhiali sul naso: vita romanzesca dello scrittore
Isaak Babel´ e dei suoi anni tempestosi, Sellerio, Palermo 2011, p. 23. Né romanzo né
biografia, il libro di Maccari è una fantasia molto documentata sulla vicenda umana, artistica e politica di Babel´.
Odessa,
paradiso
e inferno


sembrava annunciare la venuta di un Messia rivoluzionario
e promettere l’incontro felice tra la realtà di rango più basso («Le pipe dell’artigiano di Lincoln avevano il profumo
della poesia. In ciascuna di esse era riposto un pensiero, una
goccia di eternità») e le vette di una religiosità totale («…era
una sinagoga chassidica e durante la pasqua ebraica si ballava
forsennatamente, fino allo stremo, come dervisci»). Questa
“fede del sud”, tuttavia, era destinata a produrre nella realtà
storica l’effetto contrario a quello sperato perché il rigido fanatismo “nordico” dei rivoluzionari non poteva tollerare una
situazione che si presentava con una infinità di sfumature,
irriducibile allo schematismo dialettico della lotta di classe.
Quando Babel´ affermava che «c’è più giustizia e speranza
nel furore di una nobile passione che nelle squallide regole
del mondo» evocava qualcosa di incomprensibile e di intollerabile per i tribunali sovietici.
Gor´kij e l’antisemitismo
Alexander Peškov, noto con lo pseudonimo di Maksim Gor´kij, vale
a dire Massimo Amaro, originario di Nižnij Novgorod, orfano, fu
allevato dalla nonna. All’età di undici anni cominciò a cercare di cavarsela da solo e lavorò come apprendista in varie situazioni, finché
non diventò panettiere in un piccolo villaggio vicino a Kazan. Qui
entrò in contatto con gli ambienti rivoluzionari del tempo. Dopo
essere stato testimone di un violento pogrom nella propria città,
Gor´kij divenne e restò sempre contrario a ogni forma di razzismo
e di antisemitismo, definito «il più vergognoso aspetto del mondo
d’oggi». Anche per questo fu uno scrittore amato e letto dagli ebrei,
sia in lingua russa che in traduzione yiddish.
Nel 1892, da lavoratore delle ferrovie, Gor´kij pubblicò il suo primo
racconto, con la fiducia e la speranza di contribuire alla rivoluzione
sociale con la letteratura. Partecipò ai moti del 1905 e fu per questo
arrestato per incitazione alla violenza. In prigione continuò a scrivere, fino a quando, anche sull’onda di una petizione pubblica, il
regime zarista non se ne liberò mandandolo in esilio.
Nel 1912, intervistato da un giornale yiddish, Gor´kij ebbe a dichiarare: «La Russia appartiene a tutte le nazionalità e ai popoli che
comprende nei propri confini e ognuno di questi popoli ha diritto
alla propria esistenza, al pieno rispetto delle proprie avversioni e
al proprio peculiare stile di vita. Nessuno ha il diritto di privare un
popolo di questo diritto fondamentale! La cosa più importante,
oggi, è fermare la diffusione del veleno antisemita, diffuso anche
tra una parte degli intellettuali russi, e impedire che arrivi ai più
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