Gonfienti e Frizzone: due straordinarie scoperte di epoca etrusca
Transcript
Gonfienti e Frizzone: due straordinarie scoperte di epoca etrusca
Gonfienti e Frizzone: due straordinarie scoperte di epoca etrusca tardoarcaica Immagini dell’Iliade nella kylix bisentina di Douris? di Michelangelo Zecchini L’ eccessiva prudenza scientifica, che talvolta arriva a collidere con l’evidenza, ha condotto per molto tempo gli studi verso un’ interpretazione riduttiva dei suggerimenti provenienti dalle notevoli scoperte di epoca etrusca effettuate già durante il Settecento, Ottocento e prima metà del Novecento nella fascia pianeggiante e premontana a nord dell’Arno compresa fra Lucca e Prato. Si possono ricordare, a titolo d’esempio, le tombe a incinerazione del Rio Ralletta (1892)1 e di Isola (1929)2 presso Capannori, oppure i bronzetti di Prato città (1726) e di Pizzidimonte fra i quali il notissimo offerente togato del British (1735). Di recente, però, a indirizzare con maggiore puntualità la ricerca sull’epoca etrusca tardoarcaica nell’Etruria settentrionale (e non solo) sono intervenuti due ritrovamenti spettacolari a ovest (Frizzone di Capannori) e a est (Gonfienti di Prato), da ritenere straordinari in virtù delle prospettive di studio che hanno aperto. Come diceva Luisa Banti3 – giustamente per il momento in cui scrisse, il 1969 – «Una strada che seguiva l’Arno, da Pisa a Firenze è – almeno per ora – da escludere avanti il III secolo». E invece in località ‘Al Frizzone’, nella primavera del 2004, un gruppo di archeologi e architetti guidati da chi scrive ebbe la fortuna di notare poche pietre di arenaria in situ, a contatto con le quali c’erano frammenti di ceramica etrusca tardoarcaica a scisti microclastici. L’allargamento dello scavo fece il resto. L’indizio decisivo Michelangelo Zecchini è archeologo, Accademia Lucchese di Scienze, Lettere e Arti. 1 G. Ghirardini, Di una tomba etrusca nel padule di Bientina, «Notizie scavi», 1893, p. 403 ss. 2 B. Pace, Nuove scoperte archeologiche nel padule di Bientina, «Studi Etruschi», 1930, IV. 3 L. Banti, Il mondo degli Etruschi, Roma 1969, p. 210. 7 verso la giusta interpretazione si presentò con la comparsa di profondi segni lasciati dal ripetuto passaggio di ruote di carri in due conci di arenaria. Non fu altrettanto facile far cadere i dubbi sulla paternità ‘culturale’ del manufatto, anche perché allora era quantomeno temerario parlare della presenza di una grande glareata etrusca in un’area considerata da molti studiosi come ligure o, nel migliore dei casi, come ‘etruscoide’. Poi, dopo due mesi di verifiche, le riserve furono sciolte e fu annunciato formalmente4 il ritrovamento di un tratto notevole (i saggi effettuati coprono in linea retta circa 200 metri) di un’arteria stradale etrusca affatto imprevedibile per ubicazione, per imponenza (oltre cinque metri di larghezza massima) e per cronologia (500 a.C. o poco dopo). Non meno inattesa è la tecnica costruttiva che, in assenza di crepidines, prevede in ogni modo un’ampiezza tale da permettere il passaggio agevole di due carri. Inoltre si può precisare che: • la scoperta della glareata etrusca permette di comprendere agiatezza e accumuli di ricchezza che traspaiono dall’analisi dei siti archeologici coevi: esemplare, a tale proposito, è la citata tomba muliebre del Rio Ralletta di Capannori. • Il ritrovamento di scorie di ferro negli insediamenti di Romito di Pozzuolo e Fossanera ‘A’5, ubicati lungo la direttrice della strada, fa supporre che il trasporto di ferro e minerali giocasse un ruolo non secondario. La presentazione avvenne alla presenza del ministro dei Beni Culturali Giuliano Urbani, del prof. Salvatore Settis direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa e del dott. Angelo Bottini soprintendente per i Beni Archeologici della Toscana. 5 M. Zecchini, Lucca etrusca: abitati, necropoli, luoghi di culto, Lucca 1999, Edizioni S. Marco Litotipo. 4 8 1. Rio Ralletta, tomba del 470 circa a.C.: da sinistra, kelebe a figure rosse con raffigurazione di Teseo che uccide il Minotauro; coppia di orecchini a bauletto (fronte e lato) con Gorgone e rosetta a sei petali; 1-10: altre oreficerie (rielaborazione da G. Ghirardini 1893) Gonfienti e Frizzone: due straordinarie scoperte di epoca etrusca tardoarcaica. Michelangelo Zecchini 2. Ubicazione della glareata etrusca del Frizzone, poco a sud dell’autostrada A 11 Firenze-Mare. 3. Glareata etrusca del Frizzone: particolare del tratto orientale cosiddetto ‘AA’; in evidenza i solchi lasciati dalle ruote dei carri. • I profondi solchi presenti sul selciato indiziano, al contempo, una durata non effimera e il passaggio di carri pesanti. Il fatto che quattro saggi di scavo, effettuati a distanza l’uno dall’altro, si trovino in linea retta, conduce all’ipotesi, plausibile, che altri ed estesi tratti possano essere localizzati, peraltro con una certa facilità essendo l’area non urbanizzata. Ciò consentirebbe di rinsaldare la tesi secondo la quale al Frizzone di Capannori sarebbe stata individuata l’arteria dei due mari (Tirreno-Adriatico) ricordata nel suo «Periplo del Mediterraneo»6 dallo storico e geografo Scilace di Carianda, attivo fra la fine del VI e gli inizi del V secolo a.C. Il passo che nomina Pisa e Spina ad avviso di molti specialisti va riferito alla seconda metà del IV secolo a.C. La stratificata carreggiata stradale – che oggi appare sconvolta a causa delle 6 A. Peretti, Il periplo di Scilace: studio sul primo portolano del Mediterraneo, Pisa 1979. 9 ‘botte’ subite dalle trasgressioni dell’Auser – doveva essere molto solida e scorrevole, composta com’era in superficie da conci arenacei legati fra loro e livellati negli interstizi da una sorta di duro conglomerato fatto di clasti e ciottoli impastati in limo e argilla. Ciò rende la testimonianza dello Pseudo Scilace7 («la città di Spina si raggiunge da Pisa in tre giorni di cammino») assai meno improbabile di quanto finora è stata giudicata. A est, com’è noto, al volgere tra secondo e terzo millennio della nostra era, è emersa la grande città etrusca di Gonfienti. Con il progredire degli scavi stratigrafici, essa si sta qualificando come una delle più rilevanti realtà tardoarcaiche dell’Etruria settentrionale. L’agglomerato bisentino, impostato secondo ritmi modulari geometrici affini al tessuto urbanistico di Marzabotto, con la sua estensione che potrebbe superare i 50 ettari e con la sua domus gentilizia di 1440 mq – che non pare essere l’unica di tali dimensioni e di tale rilievo –, sta assumendo i connotati di un centro internodale di smistamento transappenninico di minerali, di merci e di modelli culturali. L’orientamento dei canali e delle strutture murarie verso ESE/WNW, con una declinazione di circa 30° nord rispetto all’ovest, è sostanzialmente il medesimo riscontrato nella glareata del Frizzone. Il ciclo vitale di Gonfienti si dilunga per poco meno di un secolo, conosce un’ akmé tra gli ultimi decenni del VI e la metà V secolo a.C. e, infine, subisce fra 450 e 400 a.C. una crisi progressiva dovuta a un’avversa combinazione di eventi climatici e politici. Non c’è dubbio che il rinvenimento di un complesso urbano di tale entità, tanto più se associato alla scoperta del Frizzone, abbia dato uno scossone salutare alle vecchie acquiescenze, proiettando le ricerche verso ipotesi di pianificazioni territoriali finora impensabili per vastità e cronologia. Un riflesso dell’ importanza di Gonfienti proviene anche dai reperti recuperati, fra i quali spicca un autentico capolavoro della ceramica attica a figure rosse, ossia la kylix dipinta da Douris8 in una fase tarda della sua feconda attività artistica9. Attività che, secondo gli studi più accreditati10, occupa un arco di tempo compreso fra il 500 e il 460 a.C. L’esegesi delle raffigurazioni presenti sulla kylix non è univoca11 e ciò è Pseudo Scylax, I, 17. Del Maestro attico si conoscono circa 300 opere di cui una quarantina firmate. 9 J. Boardman, Sshwarzfigurige Vasen aus Athen, Mainz 1977, pp. 152-153. 10 Per i riferimenti bibliografici, ai quali va aggiunto G. A. Centauro, La kylix di Douris, un capolavoro pratese del V secolo a.C., «Archeoambiente», 3 settembre 2008, si veda il saggio di M. Zecchini, La città etrusca di Gonfienti, la kylix di Douris e l’offerente di Pizzidimonte, «Prato Storia e Arte», giugno 2011 n. 109, n. s. 12, che. si associa sostanzialmente alla lettura ‘filosofica’ (eterna lotta tra razionalità e irrazionalità, tra amore e morte) proposta da A. Cottignoli, Il Douris di Gonfienti, 15 gennaio 2011. 11 Secondo le tradizioni mitologiche greche erano figli gemelli della Notte e abitavano il mondo ctonio; il primo era considerato un dio benefico che portava il sonno agli uomini e faceva dimenticare il dolore, il secondo era ritenuto implacabile e inaccessibile a ogni sentimento di pietà. 7 8 10 Gonfienti e Frizzone: due straordinarie scoperte di epoca etrusca tardoarcaica. Michelangelo Zecchini 4. Esterno della kylix attica di Douris (470 circa a.C.): in alto, il lato B. Disegno curato da G. A. Centauro e C. N. Grandin, 2008 (g.c.). dovuto, in parte, alle lacune che non ne consentono la piena leggibilità. Ciò vale soprattutto per l’esterno e, in particolare, per il lato cosiddetto ‘B’ dove, tuttavia, si possono oggettivamente osservare in uno spazio ristretto cinque figure umane. Il problema può essere approfondito mediante alcuni confronti nell’ambito della ceramografia attica a figure nere e rosse, partendo da quanto si intravvede, ovvero un corpo per terra sovrastato da due personaggi elmati e alati, ai cui lati stanno altre due figure non armate e aptere. D’istinto viene alla mente il mito del trasporto funebre del corpo di Sarpedonte. Nell’Iliade Sarpedon, figlio di Zeus, è ritenuto re dei Lici e alleato dei Troiani. Fra le varie azioni belliche che lo vedono protagonista devono essere richiamati gli episodi in cui respinge il possente Aiace Telamonio e l’uccisione di Tlepolemo, figlio di Eracle. Nella ceramica attica la scena più dipinta è comunque quella in cui i due geni Hypnos e Thanatos12 si prendono cura della sua salma13. Iliade, XVI, traduzione di Vincenzo Monti: “E a lui…l’alma Giuno così: Che parli, o Giove?…al dolce Sonno imponi/ ed alla Morte, che alla licia gente/ il portino. I fratelli ivi e gli amici/ l’onoreranno di funereo rito/…E qui di nuovo alla crudel tenzone/ si spinsero i campioni, e pur di nuovo/ errò dell’asta Sarpedonte il tiro,/ che via sovresso l’omero sinistro/ di Patroclo trascorse e non l’offese./ Gli fe’ risposta il Tessalo, né vano/ il suo telo volò, ché dove è cinto/ da’ suoi ripari il cor gli aperse il petto”. 13 Iliade, XVI, v. 684. 12 11 12 Pittore Forma vascolare Cronologia Numero figure Hypnos e Th. armati Hypnos e Th. alati Hypnos e Th. gemini Hypnos e Th. barbuti Hypnos e Th. imberbi Thanatos a destra Thanatos a sinistra Sarpedon barbuto Sarpedon imberbe Corpo Sarp. a destra Corpo Sarp. a sinistra Corpo Sarpedon nudo Corpo Sarpedon vestito Corpo Sarp. orizzontale Corpo Sarp. ad angolo Corpo Sarpedon a terra Corpo Sarpedon in volo Hermes Eidolon Patroclo Glauco Menade Figure laterali armate Eufronio cratere 515 a.C. 6 si si si si / si / / si si / si / si / / / si / / / / si Nikostenes cratere 500 a.C. 5 si si si / si si / si / / si si / si / / / si / / / si / Eucharides Kleophrades cratere cratere 490 a.C. 490 a.C. 3 7 / si si si si si / si si / si si / / / / si si si / / si si / / si si si / / / / / / / / / si / ? / ? / / / si Diosphos anfora 490 a.C. 4 si si si / si si / / si si / si / si / / / / si / / / / Athena lekythos 490 a.C. 3 si si si si / si / / si si / si / si / / / / / / / / / Thanatos lekythos 430 a.C. 3 / si / si si / si / si si / / si / si / / / / / / / / Quadrato lekythos 410 a.C. 3 / si si si / si / / si si / / si / si / / si / / / / / Policoro hydria 400 a.C. 3+3 / si si si / si / / si si si si si si / si si / / si si / / Gonfienti e Frizzone: due straordinarie scoperte di epoca etrusca tardoarcaica. Michelangelo Zecchini 5. Schema delle varianti nelle scene di Sarpedon/ Hypnos/Thanatos dipinte su alcuni vasi attici. Gli elementi costitutivi dello schema figurativo vascolare sono il Sonno e la Morte (di solito il primo è a sinistra, intento a sollevare le gambe, mentre la seconda è a destra, impegnata a sostenere la testa), gemelli e pertanto di sembianze affini, barbuti o meno, alati e provvisti di elmo, intenti a trasportare il corpo senza vita di Sarpedonte o, molto più raramente, di un altro guerriero. Elementi secondari che, come tali, possono essere presenti o no, sono due personaggi laterali e, al centro, dietro Sarpedon, il suo eidolon (spirito) e una figura (spesso il dio Hermes). Non mancano, ovviamente, varianti sul tema e interpretazioni più o meno libere, connaturate all’estro dell’artista di turno. Eccone in ordine cronologico nove esempi fra i più significativi dovuti, tra fine VI e fine V secolo a.C., alle mani di Eufronio e dei Pittori di Nikosthenes, Eucharides, Kleophrades, Diosphos, Athena, Thanathos, Quadrato, Policoro. Fra le raffigurazioni più antiche spicca per bellezza e precisione il celebre cratere a calice a figure rosse (circa 515 a.C.), firmato da Euphronios, già al Metropolitan Museum of Art di New York, nella cui faccia principale Sarpedon appare come un giovane nudo dai lunghi capelli, orientato verso la destra di chi guarda e sostenuto da due figure affrontate, armate e provviste di ali. Si tratta senza dubbio, come peraltro indicano le iscrizioni, del Sonno e della Morte che trasportano il corpo di Sarpedonte, ucciso da Patroclo con un colpo di lancia in pieno petto14. Una raffigurazione simile, chiaramente derivata dal cratere di Euphronios, connota anche la scena centrale della kylix del Pittore di Nikosthenes15, riferibile al 500 a.C. circa. I personaggi sono ancora cinque, ma con la differenza che il corpo nudo di Sarpedon, qui maturo e barbuto e con il braccio destro abbandonato verso terra, è rivolto verso la sinistra dell’osservatore. Hypnos e Thanatos, elmati e armati, sono flessi sulle ginocchia e hanno le ali spiegate quasi a sostenere il peso del re licio. Nel cratere a calice a figure rosse G 168 del pittore di Eucharides16 (circa 490 a.C.), conservato al Louvre, il tema viene trattato in modo meno complesso mediante una sintetica giustapposizione di tre personaggi. Ma non vengono meno pathos e delicatezza, sottolineati fra l’altro dall’assenza di armi nelle figure di Hypnos e Thanatos, secondo un’ impostazione figurativa originale che troverà un’accettazione completa nelle pitture vascolari di epoca classica. La Morte, flessa premurosamente sul ginocchio destro per una presa più sicura del giovane corpo nudo, sostiene ad ali spiegate con tenerezza nell’incavo del braccio sinistro la testa di Sarpedon, di nuovo Iliade, XVI, v. 684. British Museum E 12. 16 Così chiamato per una scritta che compare su uno stamnos di Copenaghen, il “Pittore di Eucharides è, fra le figure di secondo piano, una delle più attraenti e significative. In lui certe qualità native di tenerezza ingenua e un vivo senso decorativo …” (E. Paribeni, Eucharides, Pittore di, «Enciclopedia Arte Antica, Classica e Orientale», Roma 1960, p. 514). 14 15 13 orientata a destra come nel cratere di Eufronio, mentre indirizza il volto verso il Sonno quasi ad ammonirlo di procedere con attenzione. Una rappresentazione affine ritorna sulla faccia principale del cratere a calice a figure rosse del 490 a.C. circa (necropoli di Pezzino, Museo di Agrigento), riferibile al pittore di Kleophrades o a un artista della sua bottega17. Hypnos e Thanatos, elmati ma apteri, trasportano un giovane corpo esanime (i capelli sono sciolti verso terra mentre una veste funebre – vera e propria inventio in ossequio alla tradizione letteraria18 – è distesa sul corpo), il cui spirito (eidolon) si libra minuscolo ancora del tutto armato. Ai lati compaiono due personaggi elmati, ognuno munito di lancia in posizione obliqua convergente, mentre al centro c’è un guerriero, in parte coperto dal suo scudo. La drammatica scena, la cui esegesi non è priva di difficoltà, è comunemente interpretata come il trapasso di Patroclo anche per il gesto denso di pathos compiuto da Achille (ravvisato nel guerriero con scudo) il quale tende la mano destra, aperta, verso il volto reclinato dell’amico quasi a sfiorarlo con l’ultima, tenera carezza. A mio avviso, stanti le strette affinità figurative con il cratere di Eufronio e con altri vasi attici, è preferibile la lectio facilior: potrebbe essere rappresentato, anche in questo caso, Sarpedonte fra Hypnos e Thanatos. E in modo conforme allo spirito innovativo con il quale l’artista commenta il mito, il personaggio centrale, parzialmente coperto dallo scudo effigiato, potrebbe essere identificato non con il Pelìde bensì con il fedele Glauco, al quale il re licio, colpito mortalmente dal telo di Patroclo, si rivolge con queste parole: “… de’ Licii i capitani/ alla difesa del mio corpo accendi./ Difendilo tu stesso, e per l’amico/ combatti…”19. AA. VV, Veder greco. Le necropoli di Agrigento, Roma 1988, pp. 28-29 e 220-221. Iliade, XVI, traduzione di Vincenzo Monti: “Disse: e al paterno cenno obbedïente/calossi Apollo dall’idèa montagna/tutto lavollo, e l’irrigò d’ambrosia,/e di stola immortal lo ricoperse;/quindi al Sonno comanda ed alla Morte/ d’indossarlo e portarselo veloci:…”. 19 Iliade, XVI, traduzione di Vincenzo Monti. 17 18 14 6. Il mito di Hypnos e Thanatos nell’interpretazione del pittore di Nikosthenes. Disegno: Silvia Zecchini. 7. Il mito di Hypnos e Thanatos nel cratere a calice del Pittore di Eucharides. Disegno: Silvia Zecchini. Gonfienti e Frizzone: due straordinarie scoperte di epoca etrusca tardoarcaica. Michelangelo Zecchini 8. Hypnos e Thanatos trasportano il corpo di Patroclo (?). Cratere a calice, a figure rosse, riferibile alla bottega del Pittore di Kleophrades. Circa 490 a.C. Disegno: Silvia Zecchini. 9. Sarpedonte ed eidolon, Hypnos e Thanatos nell’anfora a figure nere F. 388 del Pittore di Diosphos. Museo del Louvre Disegno: Silvia Zecchini. Assai schematica (i personaggi sono ridotti a quattro), e abbastanza stanca nel linguaggio (cronologia piuttosto tarda, circa 490 a.C., nell’ambito della produzione attica a figure nere), è l’anfora Louvre 388 attribuita al Diosphos Painter. Sulla sua faccia principale il Sonno e la Morte, la cui connotazione è sottolineata dalle iscrizioni, appaiono ancora gemelli armati, elmati, alati e leggermente reclinati per lo sforzo sostenuto nel sollevare il corpo nudo e rigido di Sarpedon (i suoi capelli sono lunghi e sciolti, il braccio sinistro scende, abbandonato, verso terra), sopra il quale sta, parallelo e affrontato, il suo eidolon in armi. Altrettanto ‘stanca’ si presenta la scena della lekythos 3252 a figure nere dello Staatliche Museen a Berlino, più o meno coeva (circa 490 a.C.), pertinente al cosiddetto ‘Athena Maler’, nella quale “Schlafund Tod tragen den Leichnam des Sarpedon davon”20. Si può notare, inoltre, che anche nella pittura vascolare attica del pieno stile ‘classico’non mancano altre coppie di personaggi alati, sia pure non elmati, con posizione e atteggiamento consimili, nei quali sono stati ravvisati Hypnos e Thanatos: si vedano, fra i possibili esempi, le lékythoi a fondo bianco (430-410 a.C.) dovute alle mani del Pittore di Thanatos21 (D 58, British Museum di Londra) e del ‘Quadrate Painter’22 (‘Athens 12783). Nel primo caso le figure sono allungate, come si conviene alla ‘verticalità’ della forma vascolare. La scena mostra al centro il corpo di Sarpedon vestito di una veste decorata e disposto ad angolo ottuso, con una rigidità molto meno accentuata rispetto a quanto si nota nei vasi più antichi. A sinistra sta un personaggio alato, barbuto e corrucciato, arcuato nella schiena e piegato sulle ginocchia nell’intento di sollevare il defunto; sulla destra c’è J. Boardman, Schwarzfigurige Vasen aus Athen, Mainz 1977, fig. 251. “… di lui non si conoscono che lekythoi funerarie in cui evoca il mondo quieto e misterioso dei congedi …E in questo campo egli certo sa dire delle altissime parole di poesia”: E. Paribeni, Thanatos, Pittore di, «Enciclopedia Arte Antica, Classica e Orientale», 1966, p. 799. 22 J. Boardman, Athenian Red Figure Vases. The Classical Period, 1989, fig, 125. 20 21 15 un esile giovane alato e stante, sul cui petto poggia la testa di Sarpedonte, rivolto a destra come nei vasi di Eufronio e dei Pittori di Eucharides e di Diosphos. L’intepretazione si discosta dai dettami del mito, sia perché Hypnos e Thanatos sono affatto dissimili, sia perché sembra invertita la loro posizione rispetto al corpo: questa volta il Sonno, dalle sembianze bonarie, sorregge la testa mentre la Morte, dall’aspetto truce, dà impulso all’atto del trasporto sollevando energicamente le gambe del defunto. Nella lékythos del Pittore del Quadrato, al contrario, la rispondenza di Sleep and Death ai canoni mitologici, che raffigurano i due figli di Zeus come gemelli, è molto stretta: le due figure, infatti, sono pressoché identiche, nel volto e nelle sembianze d’insieme. Sul lato destro sta Hermes ad accompagnare il ‘trasporto’, mentre per Sarpedon, semicoperto dal velo funebre, è adottata una posizione ad angolo ottuso, simile a quella del Pittore di Thanatos. Questa breve (e incompleta) rassegna delle pitture vascolari che vedono coprotagonisti Hypnos e Thanatos può essere chiusa con la hydria 35294 (circa 400 a.C.) del protolucano Pittore di Policoro23, in cui la scena viene suddivisa in due parti: in basso Sarpedonte, che indossa veste e berretto licio ed è invano difeso da un suo fido (probabilmente Glauco), giace per terra colpito mortalmente dalla lancia di Patroclo; in alto (in un’area del vaso molto lacunosa) si scorge il corpo del re fra Sleep and Death, che in volo compiono l’opera del trasporto funebre. In conclusione, nell’ambito delle molteplici varianti che gli artisti attici hanno dedicato a tale narrazione, relativamente al lato B della kylix bisen- 23 A.D. Trendall, Red Figure Vases of South Italy and Sicily, London 1989, fig. 27. 16 10. Hypnos e Thanatos nella lekythos del Thanatos Painter. Disegno: Silvia Zecchini. Gonfienti e Frizzone: due straordinarie scoperte di epoca etrusca tardoarcaica. Michelangelo Zecchini tina di Douris è da scartare – come ha ben osservato A. Cottignoli della ArtWach Italia24 – la scarna e generica definizione di “guerrieri alati”, mentre allo stato attuale delle ricerche possono essere ravvisati gli elementi che compongono il mito del Sonno e della Morte, i quali, per volere di Zeus, curarono il trasporto del corpo esanime di Sarpedon. 24 A. Cottignoli, Il Douris di Gonfienti, 15 gennaio 2011. 17