Gonfienti e Frizzone: due straordinarie scoperte di epoca etrusca

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Gonfienti e Frizzone: due straordinarie scoperte di epoca etrusca
Gonfienti e Frizzone: due
straordinarie scoperte di
epoca etrusca tardoarcaica
Immagini dell’Iliade nella kylix bisentina di Douris?
di Michelangelo Zecchini
L’
eccessiva prudenza scientifica, che talvolta arriva a collidere con l’evidenza, ha condotto per molto tempo gli studi verso un’ interpretazione riduttiva dei suggerimenti provenienti dalle notevoli scoperte di epoca
etrusca effettuate già durante il Settecento, Ottocento e prima metà del
Novecento nella fascia pianeggiante e premontana a nord dell’Arno compresa fra Lucca e Prato. Si possono ricordare, a titolo d’esempio, le tombe a
incinerazione del Rio Ralletta (1892)1 e di Isola (1929)2 presso Capannori,
oppure i bronzetti di Prato città (1726) e di Pizzidimonte fra i quali il notissimo offerente togato del British (1735).
Di recente, però, a indirizzare con maggiore puntualità la ricerca sull’epoca
etrusca tardoarcaica nell’Etruria settentrionale (e non solo) sono intervenuti due ritrovamenti spettacolari a ovest (Frizzone di Capannori) e a est
(Gonfienti di Prato), da ritenere straordinari in virtù delle prospettive di
studio che hanno aperto.
Come diceva Luisa Banti3 – giustamente per il momento in cui scrisse, il
1969 – «Una strada che seguiva l’Arno, da Pisa a Firenze è – almeno per
ora – da escludere avanti il III secolo». E invece in località ‘Al Frizzone’,
nella primavera del 2004, un gruppo di archeologi e architetti guidati da
chi scrive ebbe la fortuna di notare poche pietre di arenaria in situ, a contatto con le quali c’erano frammenti di ceramica etrusca tardoarcaica a scisti microclastici. L’allargamento dello scavo fece il resto. L’indizio decisivo
Michelangelo Zecchini è archeologo, Accademia Lucchese di Scienze, Lettere e Arti.
1
G. Ghirardini, Di una tomba etrusca nel padule di Bientina, «Notizie scavi», 1893, p.
403 ss.
2
B. Pace, Nuove scoperte archeologiche nel padule di Bientina, «Studi Etruschi», 1930, IV.
3
L. Banti, Il mondo degli Etruschi, Roma 1969, p. 210.
7
verso la giusta interpretazione si presentò con la comparsa di profondi segni lasciati dal ripetuto passaggio di ruote di carri in due conci di arenaria.
Non fu altrettanto facile far cadere i dubbi sulla paternità ‘culturale’ del
manufatto, anche perché allora era quantomeno temerario parlare della
presenza di una grande glareata etrusca in un’area considerata da molti
studiosi come ligure o, nel migliore dei casi, come ‘etruscoide’. Poi, dopo
due mesi di verifiche, le riserve furono sciolte e fu annunciato formalmente4 il ritrovamento di un tratto notevole (i saggi effettuati coprono in linea
retta circa 200 metri) di un’arteria stradale etrusca affatto imprevedibile
per ubicazione, per imponenza (oltre cinque metri di larghezza massima)
e per cronologia (500 a.C. o poco dopo). Non meno inattesa è la tecnica
costruttiva che, in assenza di crepidines, prevede in ogni modo un’ampiezza
tale da permettere il passaggio agevole di due carri.
Inoltre si può precisare che:
• la scoperta della glareata etrusca permette di comprendere agiatezza e
accumuli di ricchezza che traspaiono dall’analisi dei siti archeologici
coevi: esemplare, a tale proposito, è la citata tomba muliebre del Rio
Ralletta di Capannori.
• Il ritrovamento di scorie di ferro negli insediamenti di Romito di
Pozzuolo e Fossanera ‘A’5, ubicati lungo la direttrice della strada, fa
supporre che il trasporto di ferro e minerali giocasse un ruolo non
secondario.
La presentazione avvenne alla presenza del ministro dei Beni Culturali Giuliano Urbani,
del prof. Salvatore Settis direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa e del dott. Angelo
Bottini soprintendente per i Beni Archeologici della Toscana.
5
M. Zecchini, Lucca etrusca: abitati, necropoli, luoghi di culto, Lucca 1999, Edizioni S.
Marco Litotipo.
4
8
1. Rio Ralletta,
tomba del 470 circa
a.C.: da sinistra,
kelebe a figure rosse
con raffigurazione di
Teseo che uccide il
Minotauro; coppia di
orecchini a bauletto
(fronte e lato) con
Gorgone e rosetta
a sei petali; 1-10:
altre oreficerie
(rielaborazione da G.
Ghirardini 1893)
Gonfienti e Frizzone: due straordinarie scoperte di epoca etrusca tardoarcaica. Michelangelo Zecchini
2. Ubicazione della
glareata etrusca del
Frizzone, poco a sud
dell’autostrada A 11
Firenze-Mare.
3. Glareata etrusca
del Frizzone:
particolare del tratto
orientale cosiddetto
‘AA’; in evidenza i
solchi lasciati dalle
ruote dei carri.
•
I profondi solchi presenti sul selciato indiziano, al contempo, una
durata non effimera e il passaggio di carri pesanti.
Il fatto che quattro saggi di scavo, effettuati a distanza l’uno dall’altro, si
trovino in linea retta, conduce all’ipotesi, plausibile, che altri ed estesi tratti possano essere localizzati, peraltro con una certa facilità essendo l’area
non urbanizzata. Ciò consentirebbe di rinsaldare la tesi secondo la quale
al Frizzone di Capannori sarebbe stata individuata l’arteria dei due mari
(Tirreno-Adriatico) ricordata nel suo «Periplo del Mediterraneo»6 dallo
storico e geografo Scilace di Carianda, attivo fra la fine del VI e gli inizi del
V secolo a.C. Il passo che nomina Pisa e Spina ad avviso di molti specialisti
va riferito alla seconda metà del IV secolo a.C.
La stratificata carreggiata stradale – che oggi appare sconvolta a causa delle
6
A. Peretti, Il periplo di Scilace: studio sul primo portolano del Mediterraneo, Pisa 1979.
9
‘botte’ subite dalle trasgressioni dell’Auser – doveva essere molto solida e
scorrevole, composta com’era in superficie da conci arenacei legati fra loro
e livellati negli interstizi da una sorta di duro conglomerato fatto di clasti e
ciottoli impastati in limo e argilla. Ciò rende la testimonianza dello Pseudo
Scilace7 («la città di Spina si raggiunge da Pisa in tre giorni di cammino»)
assai meno improbabile di quanto finora è stata giudicata.
A est, com’è noto, al volgere tra secondo e terzo millennio della nostra era,
è emersa la grande città etrusca di Gonfienti. Con il progredire degli scavi
stratigrafici, essa si sta qualificando come una delle più rilevanti realtà tardoarcaiche dell’Etruria settentrionale. L’agglomerato bisentino, impostato
secondo ritmi modulari geometrici affini al tessuto urbanistico di Marzabotto, con la sua estensione che potrebbe superare i 50 ettari e con la sua
domus gentilizia di 1440 mq – che non pare essere l’unica di tali dimensioni e di tale rilievo –, sta assumendo i connotati di un centro internodale di
smistamento transappenninico di minerali, di merci e di modelli culturali.
L’orientamento dei canali e delle strutture murarie verso ESE/WNW, con
una declinazione di circa 30° nord rispetto all’ovest, è sostanzialmente il
medesimo riscontrato nella glareata del Frizzone. Il ciclo vitale di Gonfienti si dilunga per poco meno di un secolo, conosce un’ akmé tra gli ultimi
decenni del VI e la metà V secolo a.C. e, infine, subisce fra 450 e 400 a.C.
una crisi progressiva dovuta a un’avversa combinazione di eventi climatici
e politici. Non c’è dubbio che il rinvenimento di un complesso urbano di
tale entità, tanto più se associato alla scoperta del Frizzone, abbia dato uno
scossone salutare alle vecchie acquiescenze, proiettando le ricerche verso
ipotesi di pianificazioni territoriali finora impensabili per vastità e cronologia. Un riflesso dell’ importanza di Gonfienti proviene anche dai reperti
recuperati, fra i quali spicca un autentico capolavoro della ceramica attica
a figure rosse, ossia la kylix dipinta da Douris8 in una fase tarda della sua
feconda attività artistica9. Attività che, secondo gli studi più accreditati10,
occupa un arco di tempo compreso fra il 500 e il 460 a.C.
L’esegesi delle raffigurazioni presenti sulla kylix non è univoca11 e ciò è
Pseudo Scylax, I, 17.
Del Maestro attico si conoscono circa 300 opere di cui una quarantina firmate.
9
J. Boardman, Sshwarzfigurige Vasen aus Athen, Mainz 1977, pp. 152-153.
10
Per i riferimenti bibliografici, ai quali va aggiunto G. A. Centauro, La kylix di Douris,
un capolavoro pratese del V secolo a.C., «Archeoambiente», 3 settembre 2008, si veda il
saggio di M. Zecchini, La città etrusca di Gonfienti, la kylix di Douris e l’offerente di
Pizzidimonte, «Prato Storia e Arte», giugno 2011 n. 109, n. s. 12, che. si associa sostanzialmente alla lettura ‘filosofica’ (eterna lotta tra razionalità e irrazionalità, tra amore e morte)
proposta da A. Cottignoli, Il Douris di Gonfienti, 15 gennaio 2011.
11
Secondo le tradizioni mitologiche greche erano figli gemelli della Notte e abitavano il
mondo ctonio; il primo era considerato un dio benefico che portava il sonno agli uomini
e faceva dimenticare il dolore, il secondo era ritenuto implacabile e inaccessibile a ogni
sentimento di pietà.
7
8
10
Gonfienti e Frizzone: due straordinarie scoperte di epoca etrusca tardoarcaica. Michelangelo Zecchini
4. Esterno della kylix
attica di Douris (470
circa a.C.): in alto,
il lato B. Disegno
curato da G. A.
Centauro e C. N.
Grandin, 2008 (g.c.).
dovuto, in parte, alle lacune che non ne consentono la piena leggibilità.
Ciò vale soprattutto per l’esterno e, in particolare, per il lato cosiddetto ‘B’
dove, tuttavia, si possono oggettivamente osservare in uno spazio ristretto
cinque figure umane. Il problema può essere approfondito mediante alcuni confronti nell’ambito della ceramografia attica a figure nere e rosse,
partendo da quanto si intravvede, ovvero un corpo per terra sovrastato da
due personaggi elmati e alati, ai cui lati stanno altre due figure non armate
e aptere. D’istinto viene alla mente il mito del trasporto funebre del corpo
di Sarpedonte. Nell’Iliade Sarpedon, figlio di Zeus, è ritenuto re dei Lici e
alleato dei Troiani. Fra le varie azioni belliche che lo vedono protagonista
devono essere richiamati gli episodi in cui respinge il possente Aiace Telamonio e l’uccisione di Tlepolemo, figlio di Eracle. Nella ceramica attica la
scena più dipinta è comunque quella in cui i due geni Hypnos e Thanatos12
si prendono cura della sua salma13.
Iliade, XVI, traduzione di Vincenzo Monti:
“E a lui…l’alma Giuno così: Che parli, o Giove?…al dolce Sonno imponi/ ed alla Morte,
che alla licia gente/ il portino. I fratelli ivi e gli amici/ l’onoreranno di funereo rito/…E
qui di nuovo alla crudel tenzone/ si spinsero i campioni, e pur di nuovo/ errò dell’asta
Sarpedonte il tiro,/ che via sovresso l’omero sinistro/ di Patroclo trascorse e non l’offese./
Gli fe’ risposta il Tessalo, né vano/ il suo telo volò, ché dove è cinto/ da’ suoi ripari il cor
gli aperse il petto”.
13
Iliade, XVI, v. 684.
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11
12
Pittore
Forma vascolare
Cronologia
Numero figure
Hypnos e Th. armati
Hypnos e Th. alati
Hypnos e Th. gemini
Hypnos e Th. barbuti
Hypnos e Th. imberbi
Thanatos a destra
Thanatos a sinistra
Sarpedon barbuto
Sarpedon imberbe
Corpo Sarp. a destra
Corpo Sarp. a sinistra
Corpo Sarpedon nudo
Corpo Sarpedon vestito
Corpo Sarp. orizzontale
Corpo Sarp. ad angolo
Corpo Sarpedon a terra
Corpo Sarpedon in volo
Hermes
Eidolon
Patroclo
Glauco
Menade
Figure laterali armate
Eufronio
cratere
515 a.C.
6
si
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si
si
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si
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si
si
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si
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si
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si
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si
Nikostenes
cratere
500 a.C.
5
si
si
si
/
si
si
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si
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si
si
/
si
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si
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/
/
si
/
Eucharides Kleophrades
cratere
cratere
490 a.C.
490 a.C.
3
7
/
si
si
si
si
si
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si
si
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si
si
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si
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si
Diosphos
anfora
490 a.C.
4
si
si
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si
si
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si
si
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si
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si
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si
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Athena
lekythos
490 a.C.
3
si
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si
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si
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si
si
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si
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si
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Thanatos
lekythos
430 a.C.
3
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si
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si
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Quadrato
lekythos
410 a.C.
3
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si
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si
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Policoro
hydria
400 a.C.
3+3
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si
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Gonfienti e Frizzone: due straordinarie scoperte di epoca etrusca tardoarcaica. Michelangelo Zecchini
5. Schema delle
varianti nelle scene
di Sarpedon/
Hypnos/Thanatos
dipinte su alcuni vasi
attici.
Gli elementi costitutivi dello schema figurativo vascolare sono il Sonno e la
Morte (di solito il primo è a sinistra, intento a sollevare le gambe, mentre
la seconda è a destra, impegnata a sostenere la testa), gemelli e pertanto di
sembianze affini, barbuti o meno, alati e provvisti di elmo, intenti a trasportare il corpo senza vita di Sarpedonte o, molto più raramente, di un altro guerriero. Elementi secondari che, come tali, possono essere presenti o
no, sono due personaggi laterali e, al centro, dietro Sarpedon, il suo eidolon
(spirito) e una figura (spesso il dio Hermes). Non mancano, ovviamente,
varianti sul tema e interpretazioni più o meno libere, connaturate all’estro
dell’artista di turno. Eccone in ordine cronologico nove esempi fra i più
significativi dovuti, tra fine VI e fine V secolo a.C., alle mani di Eufronio
e dei Pittori di Nikosthenes, Eucharides, Kleophrades, Diosphos, Athena,
Thanathos, Quadrato, Policoro.
Fra le raffigurazioni più antiche spicca per bellezza e precisione il celebre
cratere a calice a figure rosse (circa 515 a.C.), firmato da Euphronios, già al
Metropolitan Museum of Art di New York, nella cui faccia principale Sarpedon appare come un giovane nudo dai lunghi capelli, orientato verso la
destra di chi guarda e sostenuto da due figure affrontate, armate e provviste
di ali. Si tratta senza dubbio, come peraltro indicano le iscrizioni, del Sonno e della Morte che trasportano il corpo di Sarpedonte, ucciso da Patroclo
con un colpo di lancia in pieno petto14.
Una raffigurazione simile, chiaramente derivata dal cratere di Euphronios,
connota anche la scena centrale della kylix del Pittore di Nikosthenes15, riferibile al 500 a.C. circa. I personaggi sono ancora cinque, ma con la differenza che il corpo nudo di Sarpedon, qui maturo e barbuto e con il braccio
destro abbandonato verso terra, è rivolto verso la sinistra dell’osservatore.
Hypnos e Thanatos, elmati e armati, sono flessi sulle ginocchia e hanno le
ali spiegate quasi a sostenere il peso del re licio.
Nel cratere a calice a figure rosse G 168 del pittore di Eucharides16 (circa 490 a.C.), conservato al Louvre, il tema viene trattato in modo meno
complesso mediante una sintetica giustapposizione di tre personaggi. Ma
non vengono meno pathos e delicatezza, sottolineati fra l’altro dall’assenza
di armi nelle figure di Hypnos e Thanatos, secondo un’ impostazione figurativa originale che troverà un’accettazione completa nelle pitture vascolari
di epoca classica. La Morte, flessa premurosamente sul ginocchio destro
per una presa più sicura del giovane corpo nudo, sostiene ad ali spiegate
con tenerezza nell’incavo del braccio sinistro la testa di Sarpedon, di nuovo
Iliade, XVI, v. 684.
British Museum E 12.
16
Così chiamato per una scritta che compare su uno stamnos di Copenaghen, il “Pittore
di Eucharides è, fra le figure di secondo piano, una delle più attraenti e significative. In lui
certe qualità native di tenerezza ingenua e un vivo senso decorativo …” (E. Paribeni, Eucharides, Pittore di, «Enciclopedia Arte Antica, Classica e Orientale», Roma 1960, p. 514).
14
15
13
orientata a destra come nel cratere di Eufronio, mentre indirizza il volto
verso il Sonno quasi ad ammonirlo di procedere con attenzione.
Una rappresentazione affine ritorna sulla faccia principale del cratere a calice a figure rosse del 490 a.C. circa (necropoli di Pezzino, Museo di Agrigento), riferibile al pittore di Kleophrades o a un artista della sua bottega17.
Hypnos e Thanatos, elmati ma apteri, trasportano un giovane corpo esanime (i capelli sono sciolti verso terra mentre una veste funebre – vera e propria inventio in ossequio alla tradizione letteraria18 – è distesa sul corpo),
il cui spirito (eidolon) si libra minuscolo ancora del tutto armato. Ai lati
compaiono due personaggi elmati, ognuno munito di lancia in posizione
obliqua convergente, mentre al centro c’è un guerriero, in parte coperto
dal suo scudo. La drammatica scena, la cui esegesi non è priva di difficoltà,
è comunemente interpretata come il trapasso di Patroclo anche per il gesto
denso di pathos compiuto da Achille (ravvisato nel guerriero
con scudo) il quale tende la mano destra, aperta, verso il volto reclinato
dell’amico quasi a sfiorarlo con l’ultima, tenera carezza. A mio avviso, stanti le strette affinità figurative con il cratere di Eufronio e con altri vasi attici,
è preferibile la lectio facilior: potrebbe essere rappresentato, anche
in questo caso, Sarpedonte fra Hypnos e Thanatos. E in modo conforme
allo spirito innovativo con il quale l’artista commenta il mito, il personaggio centrale, parzialmente coperto dallo scudo effigiato, potrebbe essere
identificato non con il Pelìde bensì con il fedele Glauco, al quale il re licio,
colpito mortalmente dal telo di Patroclo, si rivolge con queste parole: “…
de’ Licii i capitani/ alla difesa del mio corpo accendi./ Difendilo tu stesso,
e per l’amico/ combatti…”19.
AA. VV, Veder greco. Le necropoli di Agrigento, Roma 1988, pp. 28-29 e 220-221.
Iliade, XVI, traduzione di Vincenzo Monti:
“Disse: e al paterno cenno obbedïente/calossi Apollo dall’idèa montagna/tutto lavollo, e
l’irrigò d’ambrosia,/e di stola immortal lo ricoperse;/quindi al Sonno comanda ed alla Morte/ d’indossarlo e portarselo veloci:…”.
19
Iliade, XVI, traduzione di Vincenzo Monti.
17
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14
6. Il mito di
Hypnos e Thanatos
nell’interpretazione del
pittore di Nikosthenes.
Disegno: Silvia Zecchini.
7. Il mito di Hypnos e
Thanatos nel cratere
a calice del Pittore di
Eucharides. Disegno:
Silvia Zecchini.
Gonfienti e Frizzone: due straordinarie scoperte di epoca etrusca tardoarcaica. Michelangelo Zecchini
8. Hypnos e Thanatos
trasportano il corpo di
Patroclo (?). Cratere a
calice, a figure rosse,
riferibile alla bottega del
Pittore di Kleophrades.
Circa 490 a.C. Disegno:
Silvia Zecchini.
9. Sarpedonte ed
eidolon, Hypnos e
Thanatos nell’anfora a
figure nere F. 388 del
Pittore di Diosphos.
Museo del Louvre
Disegno: Silvia Zecchini.
Assai schematica (i personaggi sono ridotti a quattro), e abbastanza stanca nel linguaggio (cronologia piuttosto tarda, circa 490 a.C., nell’ambito
della produzione attica a figure nere), è l’anfora Louvre 388 attribuita al
Diosphos Painter. Sulla sua faccia principale il Sonno e la Morte, la cui connotazione è sottolineata dalle iscrizioni, appaiono ancora gemelli armati,
elmati, alati e leggermente reclinati per lo sforzo sostenuto nel sollevare il
corpo nudo e rigido di Sarpedon (i suoi capelli sono lunghi e sciolti, il braccio sinistro scende, abbandonato, verso terra), sopra il quale sta, parallelo e
affrontato, il suo eidolon in armi.
Altrettanto ‘stanca’ si presenta la scena della lekythos 3252 a figure nere
dello Staatliche Museen a Berlino, più o meno coeva (circa 490 a.C.), pertinente al cosiddetto ‘Athena Maler’, nella quale “Schlafund Tod tragen den
Leichnam des Sarpedon davon”20.
Si può notare, inoltre, che anche nella pittura vascolare attica del pieno
stile ‘classico’non mancano altre coppie di personaggi alati, sia pure non
elmati, con posizione e atteggiamento consimili, nei quali sono stati ravvisati Hypnos e Thanatos: si vedano, fra i possibili esempi, le lékythoi a fondo
bianco (430-410 a.C.) dovute alle mani del Pittore di Thanatos21 (D 58,
British Museum di Londra) e del ‘Quadrate Painter’22 (‘Athens 12783).
Nel primo caso le figure sono allungate, come si conviene alla ‘verticalità’
della forma vascolare. La scena mostra al centro il corpo di Sarpedon vestito
di una veste decorata e disposto ad angolo ottuso, con una rigidità molto
meno accentuata rispetto a quanto si nota nei vasi più antichi. A sinistra
sta un personaggio alato, barbuto e corrucciato, arcuato nella schiena e
piegato sulle ginocchia nell’intento di sollevare il defunto; sulla destra c’è
J. Boardman, Schwarzfigurige Vasen aus Athen, Mainz 1977, fig. 251.
“… di lui non si conoscono che lekythoi funerarie in cui evoca il mondo quieto e misterioso dei congedi …E in questo campo egli certo sa dire delle altissime parole di poesia”:
E. Paribeni, Thanatos, Pittore di, «Enciclopedia Arte Antica, Classica e Orientale», 1966,
p. 799.
22
J. Boardman, Athenian Red Figure Vases. The Classical Period, 1989, fig, 125.
20
21
15
un esile giovane alato
e stante, sul cui petto poggia la testa di
Sarpedonte, rivolto a
destra come nei vasi
di Eufronio e dei Pittori di Eucharides e
di Diosphos.
L’intepretazione si discosta dai dettami del
mito, sia perché Hypnos e Thanatos sono
affatto dissimili, sia
perché sembra invertita la loro posizione
rispetto al corpo:
questa volta il Sonno,
dalle sembianze bonarie, sorregge la testa mentre la Morte,
dall’aspetto truce, dà
impulso all’atto del
trasporto sollevando energicamente le gambe del defunto.
Nella lékythos del Pittore del Quadrato, al contrario, la rispondenza di Sleep
and Death ai canoni mitologici, che raffigurano i due figli di Zeus come
gemelli, è molto stretta: le due figure, infatti, sono pressoché identiche, nel
volto e nelle sembianze d’insieme. Sul lato destro sta Hermes ad accompagnare il ‘trasporto’, mentre per Sarpedon, semicoperto dal velo funebre,
è adottata una posizione ad angolo ottuso, simile a quella del Pittore di
Thanatos.
Questa breve (e incompleta) rassegna delle pitture vascolari che vedono
coprotagonisti Hypnos e Thanatos può essere chiusa con la hydria 35294
(circa 400 a.C.) del protolucano Pittore di Policoro23, in cui la scena viene
suddivisa in due parti: in basso Sarpedonte, che indossa veste e berretto
licio ed è invano difeso da un suo fido (probabilmente Glauco), giace per
terra colpito mortalmente dalla lancia di Patroclo; in alto (in un’area del
vaso molto lacunosa) si scorge il corpo del re fra Sleep and Death, che in
volo compiono l’opera del trasporto funebre.
In conclusione, nell’ambito delle molteplici varianti che gli artisti attici
hanno dedicato a tale narrazione, relativamente al lato B della kylix bisen-
23
A.D. Trendall, Red Figure Vases of South Italy and Sicily, London 1989, fig. 27.
16
10. Hypnos e
Thanatos nella
lekythos del
Thanatos Painter.
Disegno: Silvia
Zecchini.
Gonfienti e Frizzone: due straordinarie scoperte di epoca etrusca tardoarcaica. Michelangelo Zecchini
tina di Douris è da scartare – come ha ben osservato A. Cottignoli della
ArtWach Italia24 – la scarna e generica definizione di “guerrieri alati”, mentre allo stato attuale delle ricerche possono essere ravvisati gli elementi che
compongono il mito del Sonno e della Morte, i quali, per volere di Zeus,
curarono il trasporto del corpo esanime di Sarpedon.
24
A. Cottignoli, Il Douris di Gonfienti, 15 gennaio 2011.
17