Depurazione delle acque Parametri generali
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Depurazione delle acque Parametri generali
Depurazione delle acque 1 Parametri generali Le colonie di batteri che formano il fango contengono un elevato numero di microrganismi diversi ognuno con proprie caratteristiche (tempo di generazione, fabbisogno di ossigeno e di energia, resistenza alla presenza di fattori tossici ecc.) Un fango dotato di buone caratteristiche di sedimentabilità deve contenere le varie specie di batteri in proporzioni adeguate. La presenza di alte concentrazioni di una determinata specie batterica può dare origine a fiocchi non facilmente sedimentabili. In condizioni di funzionamento corretto i fiocchi di fango hanno un diametro variabile da 0,1 a 10 mm (mediamente fra 0,1 e 1 mm). L’accrescimento dei fiocchi è determinato dalla produzione di biopolimeri extracellulari, principalmente polisaccaridi, che esercitano un’azione coagulante consentendo l’aggregazione tra i vari batteri e altre sostanze solide sia organiche che minerali comprese quelle colloidali. La struttura del fiocco di fango è fortemente influenzata dalla natura dei batteri che lo compongono e dalla proporzione dei vari tipi di batteri all’interno del fiocco. Una miscela ben calibrata di batteri filamentosi e fioccosi forma un fango attivo costituito da particelle sufficientemente compatte e resistenti alla turbolenza dell’acqua nella vasca di aerazione. Quando le forme filamentose prevalgono allora i filamenti, che si estendono oltre il fiocco di fango, tendono a interferire con altri fiocchi formando aggregati di maggiori dimensioni con bassa densità che ne ostacolano la sedimentazione. Se invece le forme filamentose sono in difetto allora il fiocco di fango risulta poco resistente e viene distrutto dall’agitazione della miscela dei liquami nella vasca di aerazione formando particelle di dimensioni troppo piccole per sedimentare in tempi ragionevoli.. In definitiva una non corretta proporzione fra i vari tipi di batteri può causare la produzione di fango con cattive caratteristiche di sedimentabilità (vedi figura 12.11). Il caso più frequente di produzione di fango non idoneo è quello noto come bulking evidenziato dalla presenza di fanghi sulla superficie del sedimentatore con conseguente produzione di acque reflue torbide e con elevato valore del BOD. Il primo segno evidente di bulking è dato dal valore di SVI che sale sopra i 150 ml/g. L’analisi microscopica dei fiocchi che si formano mostra che ci sono due diversi tipi di bulking. Figura 12.11 – Tipi di fiocchi di fango Il primo tipo, chiamato bulking viscoso, è causato dalla presenza di eccessive quantità di batteri che formano esopolimeri, di natura polisaccaride, capaci di intrappolare elevate quantità di acqua e formare fiocchi rigonfi con un elevato valore di SVI. Questi fiocchi che hanno una densità paragonabile a quella dell’acqua sedimentano con difficoltà. Il secondo e più frequente, chiamato bulking filamentoso, è causato invece dalla presenza di elevate concentrazioni di batteri filamentosi che, formando ponti fra fiocchi diversi, danno origine a agglomerati con elevato valore di SVI e quindi difficilmente sedimentabili (vedi figura 12.11 – secondo riquadro). Le principali cause di bulking sono riassunte nella tabella 12.4: Tabella 12.4 – Principali cause del bulking Causa del Meccanismo d’azione bulking Caratteristiche La presenza di un eccesso di sostanze biodegradabili solubili delle acque di (BOD disciolto) favorisce la riproduzione dei batteri di tipo scarico filamentoso. I batteri che formano colonie fioccose si nutrono Ossigeno invece del BOD solido adsorbito nei fiocchi I batteri di tipo filamentoso si formano più facilmente quando la disciolto concentrazione di ossigeno è inferiore a 0,8 mg/l. Questo limite Carenza di aumenta all’aumentare del carico del fango I batteri filamentosi si adattano meglio alle condizioni di sostanze nutrienti squilibrio di sostanze nutrienti. Usano prima degli altri i nutrienti che costituiscono un fattore limitante rallentando la formazione Acque prive di delle altre forme batteriche Nelle acque prive di ossigeno si può sviluppare idrogeno solforato ossigeno (H2S) che viene usato da alcuni tipi di batteri filamentosi che ne Basso carico del traggono energia ossidandolo a ione solfato SO4-Quando il carico del fango assume valori eccessivamente bassi si fango (basso Fc) ha uno sviluppo preferenziale di batteri filamentosi Le tecniche usate per eliminare l’effetto del bulking possono essere di tipo aspecifico consistente generalmente nell’aggiunta di un disinfettante (esempio derivati del cloro [NaOCl]) in modo da ridurre la popolazione dei batteri filamentosi, oppure di tipo specifico agendo sui fattori che favoriscono la presenza dei batteri che sono la causa della cattiva sedimentabilità del fango. Fra le tecniche di tipo specifico ci sono l’aumento dell’ossigeno disciolto mediante preareazione del liquame, la variazione del pH, l’aggiunta di sostanze nutrienti o la variazione del rapporto di riciclo per variare il valore del carico del fango. Una ulteriore tecnica di controllo del bulking consiste nel dotare l’impianto di un piccolo bacino di contatto rapido fra il fango di riciclo e i liquami in ingresso, posto all’ingresso della vasca di aerazione. In questo bacino, chiamato selettore si mantengono le condizioni adatte allo sviluppo dei batteri che formano i fiocchi più facilmente sedimentabili mantenendo un elevato rapporto fra substrato/microrganismi con un carico del fango di circa 3 kg(BOD5)/kg(SSMA)·giorno e un tempo di contatto variante da 15 a 30 minuti. (vedi figura 12.12) Depurazione delle acque 4 Impianti a fanghi attivi Figura 12.12 – Schema di impianto con bacino selettore Altri inconvenienti che si possono riscontrare nella formazione dei fiocchi di fango sono (chiamate in gergo “malattie del fango”): • il pin point (punta di spillo) • il rising (risalita dei fanghi) • il foaming (formazione di schiume persistenti sulla superficie dell’aeratore) L’inconveniente chiamato pin point è causato da una quantità ridotta di batteri filamentosi. Questo favorisce la formazione di fiocchi poco resistenti che si disgregano a causa dell’agitazione formando fiocchi molto piccoli, detti appunto pin point (punta di spillo), che sedimentano con grande difficoltà e rendono quindi l’effluente torbido (vedi figura 12.11 terzo riquadro). Questo fenomeno è tipico degli impianti ad aerazione prolungata. Il rising, che si verifica principalmente nel sedimentatore secondario, è dovuto alla formazione di azoto gassoso che si genera nelle reazioni di denitrificazione, che causa la risalita del fango per trascinamento insieme alle bolle di gas. Infine la formazione di schiume persistenti sulla superficie dell’aeratore (foaming) è causata dalla presenza di un eccesso di batteri filamentosi associati con sostanze oleose o grassi e a tensioattivi (detersivi) che si possono trovare nelle acque reflue. Esempio 12.9 - Rapporto di ricircolo Determinare il rapporto di ricircolo necessario per mantenere nell’aeratore una concentrazione di solidi sospesi totali (Ca) pari a 2 kg(SSMA)/m3 sapendo che i fanghi di riciclo hanno indice Depurazione delle acque 5 Impianti a fanghi attivi del volume del fango SVI = 100 ml/g. *********** Dall’equazione (12.39) si ricava: Ora si può calcolare il rapporto di ricircolo (R) usando l’equazione (28) RICIRCOLO NATURALE DEL FANGO [da “Depurazione delle acque reflue” di L. Masotti Ed.Calderini] Un sistema di ricircolo del fango, utilizzato sia negli impianti ad aerazione meccanica che in quelli ad insufflazione d'aria, è il cosiddetto ricircolo «naturale» o a gravità. zona di decantazione uscita effluente fango concentrato Fig. 10.84 - Sistema di ricircolo del fango a mezzo del richiamo operativo della vasca di aerazione (da dis. Degrémont). Depurazione delle acque 6 Impianti a fanghi attivi Questo schema è ben caratterizzato dal particolare indicato nelle Figg. 10.84 e 10.85: i fanghi, raccoltisi nella vasca di sedimentazione, tendono a scorrere per gravità verso il fondo della vasca e, attraverso la fessura di comunicazione, tendono a ritornare nella vasca di aerazione. Il ricircolo è ulteriormente facilitato quando è adottata l'aerazione per insufflazione d'aria, in quanto la miscela aerata, in prossimità della fessura, crea un «gradiente di densità» dovuto alla minore densità del liquido mescolato con aria; nei primi impianti impostati sul ricircolo «naturale», si sfruttava proprio esclusivamente questo effetto di richiamo dovuto alla minore densità della miscela aerata. Questo sistema di ricircolo ha goduto di grande favore, fin dalle prime applicazioni dei piccoli impianti «compatti» (in particolare degli impianti a fanghi attivi ad aerazione prolungata), sia per la grande semplicità di funzionamento dovuta alla mancanza di attrezzature meccaniche, sia per l'economicità delle strutture delle vasche. Altro vantaggio del sistema, è che il fango, appena sedimentato, viene ricircolato nel comparto di aerazione, in uno stato di elevata freschezza, evitando soste eccessive nel sedimentatore. Fig. 10.85 - Sistema di ricircolo del fango per gravita e per effetto del richiamo nella vasca di aerazione (doc. Degrémont). Nonostante i vantaggi di questo sistema occorre porre in evidenza anche alcuni lati meno positivi: — il ricircolo fra i due comparti avviene prevalentemente per effetto della differenza di densità, naturale ed indotta, dei due fluidi posti ad estremità opposte: ebbene, negli Depurazione delle acque 7 Impianti a fanghi attivi impianti che lavorano con concentrazioni del fango nella vasca di aerazione molto elevate, in certi casi si possono raggiungere ordini di grandezza assai prossimi a quelli del fango nella vasca di sedimentazione. In queste condizioni, si creano delle difficoltà nel trasferimento del fango di ricircolo da un comparto all'altro; — le fessure di comunicazione fra i comparti tendono ad intasarsi, e richiedono perciò un certo grado di attenzione e di manutenzione; — come ho evidenziato a proposito del ricircolo operato con viti di Archimede, particolarmente importante è che negli impianti a fanghi attivi si possano osservare ed analizzare i fanghi ricircolati, e che si possa facilmente intervenire a variare la portata di ricircolo: infatti, il controllo del ricircolo del fango (e di conseguenza il controllo della quantità di fango «di supero» estratto), rappresenta uno dei più importanti strumenti che si abbia a disposizione nella regolazione degli impianti a fanghi attivi, per potere intervenire a creare le condizioni operative ottimali. Al riguardo, è interessante riportare quanto, ad esempio, richiedono specificatamente le Norme Americane dello Stato del Colorado: «dovranno essere previsti dispositivi sulla linea del fango per osservare, campionare e controllare il flusso del fango»; le stesse esigenze sono espresse dai «Ten States Standards» americani (che giustamente richiedono anche che, quando il ricircolo avviene prelevando il fango dalle tramogge di fondo di più vasche di sedimentazione, devono essere previsti adeguati dispositivi, onde potere confrontare e controllare il fango prelevato da ciascuna vasca). Con il sistema di ricircolo considerato, la regolazione della portata è piuttosto delicata da effettuare (sono state studiate luci di sezione variabile poste sulla comunicazione fra i due comparti), e praticamente impossibile da campionare e da controllare nella sua entità, avvenendo completamente sotto il livello liquido. Da parte di Costruttori di impianti con ricircolo «naturale» del fango, è posto particolarmente in evidenza il fatto che il ricircolo avviene automaticamente, senza spese di energia per il sollevamento, e con questo sistema si possono ricircolare portate molto elevate, pari anche a 4 -5 volte la portata media di liquame che perviene all'impianto. Ritengo che il sistema di ricircolo «naturale» risulti valido per impianti molto piccoli, in cui i sistemi meccanici presentano inconvenienti, soprattutto per la facilità con cui le tubazioni tendono ad intasarsi; ritengo questo sistema altrettanto valido per impianti a fanghi attivi di elevata potenzialità, in cui è possibile adottare particolari dispositivi di controllo della portata di ricircolo (fessure regolabili, sistemi di aerazione altamente versatili, e in cui le economie ottenibili nella costruzione dell'impianto, possono avere un peso veramente decisivo nelle scelte. Per impianti di media potenzialità (5.000 Depurazione delle acque 8 Impianti a fanghi attivi 20.000 abitanti circa), ritengo invece che il ricircolo meccanico sia da preferirsi, soprattutto per la sua flessibilità e facilità di controllo. Configurazione delle vasche di aerazione Le vasche di ossidazione, vero cuore pulsante degli impianti a fanghi attivi, possono essere predisposte per funzionare in due modi sostanzialmente diversi: a] funzionamento a pistone e b] funzionamento a miscelazione completa. Esaminiamoli in dettaglio. Funzionamento a <pistone> B A B A A : liquame + fango di ricircolo B : miscela aerata al sedimentatore secondario Tutte le particelle percorrono tutta la vasca, rimangono quindi all’interno per un tempo uguale al tempo di detenzione (td), pertanto le reazioni biologiche avvengono per tutte le particelle in modo uguale e completo. A questo schema si ricorre dunque quando si vuole una ossidazione particolarmente spinta e controllata. L’ inconveniente principale è il seguente: poiché la “richiesta di ossigeno” all’interno della vasca non è costante, ma molto grande all’inizio per via della grande disponibilità di sostanze organiche per poi diminuire verso l’uscita mano a mano che il BOD5 diminuisce, questa conformazione si adatta bene solo per sistemi di aerazione ad aria insufflata. Infatti solo per tali sistemi è relativamente facile modulare l’intensità della ossigenazione in funzione del “fabbisogno locale” all’interno della vasca (tapered aeration = aerazione modulata). Un altro modo per ovviare all’inconveniente sopra citato è quello di alimentare la vasca in un modo rispetto al BOD5 e in un altro rispetto al fango di ricircolo secondo il Depurazione delle acque 9 Impianti a fanghi attivi seguente schema (step aeration = aerazione scaglionata): A B C SED II A : liquame in ingresso B : fango di ricircolo C : miscela aerata al sedimentatore secondario Questo schema mantiene il funzionamento a pistone per il fango di ricircolo, ma non per il BOD5 , perdendo in tal modo uno dei suoi principali punti di forza; inoltre il sistema è parecchio instabile dal momento che attraverso i vari settori della vasca si deve mantenere un difficile equilibrio tra il “cibo” che arriva e i microrganismi, equilibrio soggetto a possibili scompensi dovuti a variazioni di carico organico, di temperatura, di possibili agenti tossici, ecc. ecc. Funzionamento <a miscelazione completa> A B A B Tipo 1 Tipo 2 A : liquame + fango di ricircolo B : miscela aerata al sedimentatore secondario Depurazione delle acque 10 Impianti a fanghi attivi In questo schema le particelle del liquame e fango che entrano nella vasca sono istantaneamente disperse in tutto il volume ove si creano condizioni praticamente omogenee. Le particelle che escono dalla vasca hanno un tempo di permanenza medio corrispondente al tempo di detenzione, ma in realtà una parte rimane di meno e un’altra di più, addirittura può capitare che alcune escano senza aver subito alcuna ossidazione. Con tale schema quindi si ha un rendimento depurativo inferiore a quello con funzionamento a pistone. Allo stesso tempo però ci sono parecchi vantaggi: -‐ grande stabilità di funzionamento dovuto all’omogeneità di miscelazione di microrganismi – cibo – ossigeno -‐ rapporto cibo/microrganismi costante (Fc), come stabilito da progetto -‐ istantanea diluizione di eventuali scarichi tossici, che, se di breve durata, provocano ridotte conseguenze negative alla biomassa presente. Conclusioni In linea di massima il funzionamento a pistone è da preferirsi quando, compatibilmente al fattore di carico organico stabilito, si vuole un rendimento depurativo elevato e si è in grado di gestire con cura e competenza la fase di ossidazione, mentre la miscelazione completa viene adottata quando più che il rendimento depurativo si hanno a cuore la stabilità e la regolarità del processo ossidativo. Per questi motivi si tende dunque, senza poter escludere possibili eccezioni, ad adottare la miscelazione a pistone negli impianti medio-grandi dove esistono le condizioni (tecnologiche e di personale) per poter seguire attentamente il processo depurativo, mentre la miscelazione completa è tipica dei piccoli-medi impianti. Discorso a parte va fatto per gli impianti ad aerazione prolungata nei quali, dato che il buon rendimento è già assicurato dal bassissimo valore del fattore di carico organico, la miscelazione completa assicura grande capacità dell’impianto di compensare alle notevoli variazioni del carico organico in ingresso tipiche di queste situazioni. Dobbiamo ricordare infine che il funzionamento a pistone, per la peculiarità del suo funzionamento (abbondanza di “cibo” all’inizio della vasca rispetto alla quantità di microrganismi), è meno soggetto della miscelazione completa al bulking filamentoso. 12.5.7 – Il fango di supero Depurazione delle acque 11 Impianti a fanghi attivi Nella vasca di ossidazione la biomassa e il volume dei fanghi tendono ad aumentano nel tempo perché: • aumenta la popolazione di microrganismi • i fiocchi formati dalle colonie batteriche adsorbono le particelle solide che si trovano in sospensione nei liquami da trattare (bioflocculazione) • nei liquami sono presenti sostanze solide in sospensione di tipo organico o inorganico non biodegradabili. Per poter lavorare con un valore del carico del fango costante, cioè mantenere lo stato stazionario, occorre smaltire la quantità di fango, cioè di biomassa, che si forma per il metabolismo batterico e che risulta sovrabbondante rispetto ai fanghi comunemente presenti nell’aeratore. Il fango in eccesso, chiamato fango di supero, può essere smaltito secondo due diversi sistemi: • dividendo in due parti il fango che si ottiene nel sedimentatore secondario. Una parte viene riciclata (fango di riciclo) mentre la parte rimanente (fango di supero) viene eliminata (vedi figura 12.9). • riciclando tutto il fango ottenuto nel sedimentatore secondario dividendolo in due parti. Una parte viene riciclata alla vasca di aerazione (fango di riciclo) mentre la seconda viene riciclata al sedimentatore primario (fango di supero). Tutti i fanghi i uscita dal sedimentatore primario (fango misto: formato da quello di supero più quello primario, cioè quello che si produce dalla sedimentazione dei solidi contenuti nelle acque reflue), vengono eliminati inviandoli alla linea del trattamento dei fanghi (vedi figura 12.13). La seconda soluzione è quella più utilizzata perché ha il vantaggio di sfruttare anche nel primo sedimentatore, il potere flocculante dei fanghi attivi ottenuti nell’aeratore. Inoltre il sedimentatore primario può assolvere anche la funzione del selettore. Depurazione delle acque 12 Impianti a fanghi attivi Figura 12.13 – Schema con riciclo del fango al sedimentatore primario Una grandezza che caratterizza la produzione del fango di supero è il “tasso di crescita del fango” definito come l’aumento percentuale del peso del fango contenuto nell’impianto di aerazione. Per calcolare la quantità di fango di supero, cioè l’aumento della quantità del fango rispetto a quello che deve essere normalmente presente nell’aeratore al fine mantenere una concentrazione (Ca) costante di massa batterica, si devono esaminare i meccanismi che causano la variazione della quantità della biomassa presente nell’impianto. Il primo è l’aumento della biomassa dovuto all’accrescimento batterico a spese del BOD. Il secondo è l’aumento del fango per bioflocculazione cioè per adsorbimento e decantazione dei solidi inerti da parte dei fiocchi di fango attivo. Il terzo è la diminuzione della biomassa per decadimento batterico cioè per la morte e la distruzione dei batteri a causa della respirazione endogena. Quindi: Aumento dei fanghi = Produzione di batteri + Adsorbimento dei solidi inerti – decadimento (12.41) Indichiamo con: = quantità di fango di supero prodotta giornalmente [kg(SS)/ g] !SS Qorg abb. = quantità di sostanze organiche rimosse ogni giorno dalle acque, ottenibile moltiplicando il carico organico per il rendimento di depurazione: (12.42) SSMA = Massa totale dei solidi sospesi presente nell’aeratore. Definiamo poi seguenti coefficienti: Coefficiente di crescita lorda (y) [misurato in kg(SSMA)/kg(BOD5)] usato per indicare la quantità di nuovi batteri che si formano per ogni kg di BOD5 rimosso. Si può indicare allora l’aumento della biomassa per accrescimento batterico come: aumento del fango per accrescimento batterico = Depurazione delle acque 13 (12.43) Impianti a fanghi attivi Coefficiente di bioflocculazione (f) [misurato in kg(SSMA)/kg(BOD5)] usato per indicare la quantità di solidi fatti sedimentare, per effetto della flocculazione indotta dalle colonie batteriche, per ogni kg di BOD5 rimosso. La quantità di fango generata con questo meccanismo sarà perciò: aumento del fango per bioflocculazione = f·!!BOD5 (12.44) Costante di decadimento (kd) [misurata in giorni-1] usata per indicare, come abbiamo già visto, la velocità di scomparsa specifica della biomassa a causa della respirazione endogena. In pratica Kd misura la variazione giornaliera della quantità di solidi sospesi nella miscela aerata (SSMA) per ogni kg di solidi sospesi presenti. Cioè: (12.45) se !t = 1 giorno allora: (12.46) L’equazione 12.41 diventa allora: (12.47) I valori di y, f e kd dipendono dalla tipologia del liquame trattato. Per gli scarichi di origine civile i valori medi più usati sono: y = 0,5 kg(SSMA)/kg(BOD5) f = 0,5 kg(SSMA)/kg(BOD5) kd = 0,05 giorni-1 Dai valori riportati nel riquadro possiamo vedere che, per scarichi di origine civile, il fango prodotto dalla fase assimilativa e quello per bioflocculazione sono uguali (mezzo chilo e mezzo chilo per ogni chilogrammo di BOD5 abbattuto) mentre il fango che sparisce a causa della fase endogena è sui 50 grammi ogni chilo di SSMA presente in vasca, al giorno. Si noti che il termine endogeno, nonostante il piccolo valore della costante (0,05 giorni-1), non è affatto trascurabile perché esso viene moltiplicato per SSMA che è un numero molto grande. Un’altra grandezza usata spesso per determinare la quantità di fango di supero è l’età del fango definita nei seguenti modi: Depurazione delle acque 14 Impianti a fanghi attivi • tempo medio di permanenza della biomassa nel sistema aeratore/sedimentatore oppure • tempo necessario per rigenerare completamente la biomassa oppure • tempo di ritenzione del fango. In formula: giorni (12.48) Il valore dell’età del fango (E) dipende ovviamente dal valore del carico del fango (FC) infatti per valori elevati del carico del fango si ha una elevata produzione di batteri e di conseguenza un basso valore dell’età del fango. L’opposto succede per bassi valori del carico del fango. Per acque reflue di tipo civile la dipendenza di E da Fc per impianti a schema classico e alla temperatura di 20 °C è mostrata nella Fig. 10.26 Depurazione delle acque 15 Impianti a fanghi attivi In questo caso conoscendo il fattore di carico organico si può trovare agevolmente l’età del fango e da questa il fango giornaliero prodotto: Esempio 12.10 - Fango di supero e età del fango Un impianto a fanghi attivi tratta i liquami di una comunità di 50000 abitanti con un carico organico Qorg = 3500 kg(BOD5)/giorno in arrivo alla vasca di aerazione. La concentrazione dei solidi sospesi all’interno dell’aeratore è Ca = 4 kg(SSMA)/m3 il carico del fango è FC = 0,2 kg(BOD5)/giorno·kg(SSMA). Determinare la quantità di fango di supero prodotta e l’età del fango. Depurazione delle acque 16 Impianti a fanghi attivi ************ La quantità di fanghi nella miscela aerata si può calcolare dalla loro concentrazione Ca e dal volume della vasca. Questo valore è calcolabile anche dal carico organico supponendo un rendimento depurativo del 100% kg Supponendo che l’abbattimento reale del BOD5 sia ! = 90% (valore accettabile sulla base del valore del carico del fango adottato vedi figura 12.8 e Tabella 12.3) si può calcolare la variazione di BOD5 giornaliera (equazione 12.42): kg(BOD5)/giorno Prendendo per y, f e kd i valori indicati precedentemente per i reflui di tipo civile si può calcolare la quantità del fango di supero, vedi equazione 12.47. kg/giorno Infine usando l’equazione 12.48 si determina l’età del fango: giorni Per ottenere valori più precisi dei coefficienti y, f e kd relativi all’equazione (12.47) per il calcolo della quantità di fanghi di supero si può usare la stessa tecnica applicata alla determinazione delle costanti cinetiche (vedi equazione (12.20 ) e esempio 12.2) In questo caso specifico se dividiamo tutti i termini dell’equazione (12.47) per SSMA si ottiene: (12.49) Questa è l’equazione di una retta in cui: rappresenta la variabile dipendente Depurazione delle acque 17 Impianti a fanghi attivi rappresenta la variabile indipendente (y+f) = tg!!!è la pendenza della retta -kd è l’intercetta. Si possono allora raccogliere, per un certo intervallo di tempo, i dati relativi ai solidi sedimentabili presenti nel comparto di aerazione, al valore del BOD5 dei liquami in ingresso e delle acque in uscita e alla quantità di fanghi di supero formatisi. [operativamente mediante la Qr si varia la Ca e una volta a regime si misura il BOD5 in uscita e il fango di supero prodotto]. Riportando i dati così ottenuti in un piano cartesiano si ottiene il grafico mostrato in figura 12.14. (nella figura Qorg abb. /SSMA è scritto ∆BOD5/SSMA) Analisi di questo tipo per scarichi di origine domestica senza sedimentazione primaria hanno fornito i seguenti valori medi: (y + f) compreso fra 0,8 e 1,1 kg(SSMA)/kg(BOD5) kd = 0,08 giorni-1 Acque di uso domestico con sedimentazione primaria hanno fornito invece: (y + f) = 0,7 kg(SSMA)/kg(BOD5) kd = 0,075 giorni-1 Figura 12.14 – Metodo grafico per la determinazione dei parametri y, f e kd Depurazione delle acque 18 Impianti a fanghi attivi Con questo metodo non è possibile determinare separatamente i valori di y e di f ma solo il valore della somma (y + f) = y’ alla quale viene dato il nome di coefficiente di crescita del fango (o coefficiente totale di crescita) Esempio 12.11 – Coefficiente di crescita del fango Per determinare il valore del coefficiente di crescita del fango e della costante di decadimento di un campione di acque reflue, con BOD5 = 300 ppm, è stato usato un impianto pilota del volume di 240 litri dotato di sedimentatore, mantenendo una portata costante di 10 l/h. Il rapporto di riciclo usato ha consentito di mantenere nella vasca valori della concentrazione dei solidi sedimentabili varianti da 1 a 6 g/l. Per ogni prova è stato determinato inoltre il valore del BOD5 in uscita e la massa dei fanghi di supero prodotti in un giorno (!SS). I valori trovati sono riportati nella tabella sottostante Prova n° 1° 2° 3° 4° 5° Ca (g/l) 1,0 2,0 3,0 4,0 5,0 ΔSS (g/giorno) 49,1 36,5 30,7 17,9 5,1 BOD5 64,8 65,2 65,9 66,3 65,4 (U) (ppm) Sulla base dei dati forniti determinare il valore del coefficiente totale di crescita del fango (y + f) e della costante di decadimento (kd). ****************** Per costruire il grafico che ci permette di determinare quanto richiesto occorre calcolare: 1 – la quantità di solidi sospesi presenti nella miscela aerata (SSMA) 2 – il BOD5 abbattuto ogni giorno (Qorg abb.) 3 – il rapporto fra la quantità di fango formata e la quantità dei solidi sospesi (!SS/SSMA) 4 – il rapporto fra il BOD5 abbattuto e la quantità dei solidi sospesi (Qorg abb./ SSMA) Calcolo di (SSMA) Depurazione delle acque 19 Impianti a fanghi attivi Si usa la relazione SSMA = Ca · V I valori per ogni prova sono riportati nella tabella riassuntiva. Calcolo di (Qorg abb.). Si calcola moltiplicando la variazione del BOD5 per la portata giornaliera dei liquami Qorg abb.= (BOD5(I) – BOD5(U)) · Q · 24 I valori per ogni prova sono riportati nella tabella riassuntiva. Calcolo di (!SS/SSMA) e di (Qorg abb./SSMA) Per ogni prova eseguita si fa il rapporto fra !SS e SSMA e fra Qorg abb.e SSMA. Tabella riassuntiva dei risultati Prova n° SSMA (g) 1° 2° 3° 4° 5° 240 480 720 960 1200 64,8 65,2 65,9 66,3 65,4 ΔSS/SSMA 0,205 0,076 0,043 0,019 0,004 Qorg 0,270 0,136 0,091 0,069 0,054 Qorg abb. abb. (g) /SSMA Riportando su un grafico i valori di !SS/SSMA contro quelli di Qorg abb. / SSMA e tracciando la retta migliore che passa per i punti calcolati si ottiene (nella figura Qorg abb. /SSMA è scritto ∆BOD5/SSMA): Depurazione delle acque 20 Impianti a fanghi attivi L’equazione della retta di regressione così ottenuta è: y = 0,92 · x – 0,045 Quindi i valori cercati risultano: coefficiente totale di crescita del fango costante di decadimento y’=(y + f) = 0,92 [kgSS/kgBOD5] kd = 0,045 giorni-1 La quantità di fango di supero è influenzata dai seguenti fattori: • fattore di carico organico scelto. Tanto minore è il carico del fango tanto maggiore è il tempo di detenzione (età del fango) e quindi tanto minore è la quantità di fango di supero formata. • dalla temperatura, dal momento che questa, come abbiamo più volte potuto osservare, influenza la velocità dei processi perché causa la variazione del valore delle costanti cinetiche Nel caso in esame una variazione di temperatura non ha praticamente nessuna influenza sulla costante di crescita del fango perché causa la variazione contemporanea del BOD5 rimosso e Depurazione delle acque della quantità di biomassa formatasi. 21 Impianti a fanghi attivi Al contrario, la costante di decadimento kd aumenta all’aumentare della temperatura e quindi aumenta anche la velocità di scomparsa della biomassa. La conseguenza è che un aumento della temperatura causa una diminuzione della quantità di fango di supero. • dalla presenza o meno di una fase di sedimentazione primaria. Il liquame non sedimentato contiene una maggior quantità di solidi in sospensione e di conseguenza produce una quantità di fango di supero maggiore. per le acque reflue di tipo civile i valori delle costanti di temperatura ! sono: per y’ → !!=~ 1(praticamente indipendente dalla temperatura), mentre per la costante di decadimento kd →!!=~ 1,08 (piccola dipendenza dalla temperatura). Depurazione delle acque 22 Impianti a fanghi attivi Nel grafico di figura 12.15 è riportata la quantità di fango di supero prodotto, espresso come kg di fango per ogni kg di BOD5 rimosso, in funzione del valore del carico del fango (I, indice di produzione complessiva del fango), per tre diverse temperature e nel caso sia di presenza che di assenza di sedimentazione primaria. Figura 12.15 – Fango di supero in funzione del carico del fango Il grafico può essere di straordinaria utilità: conoscendo il fattore di carico organico (Fc) si trova facilmente l’indice di produzione complessivo e da questo il fango di supero prodotto: In conclusione di questo argomento sulla produzione di fango ricordiamo che per calcolare il fango che si preleva dal SED I (fango primario) si fa riferimento ad un valore statistico specifico; per acque reflue di tipo civile la quantità di fango primario prodotta è circa 54÷55 gr/ ab·gg. Infine riassumiamo nella tabella che segue la composizione dei diversi tipi di fango: Depurazione delle acque 23 Impianti a fanghi attivi Fango primario Fango secondario Fango misto Tenore di H2O Contenuto solidi (%) ~ 95 ~ 98,5 ~ 96 (%) ~5 ~ 1,5 ~4 Dalla semplice osservazione dei dati si può notare come la diversa natura del fango influenzi moltissimo la sua affinità con l’acqua: i fiocchi di fango secondario sono “acquosissimi” mentre il fango “fresco” primario è molto più concentrato; infine il fango misto, come è naturale, “assomiglia” di più al componente presente in quantità maggiore, cioè al fango primario. Depurazione delle acque 24 Impianti a fanghi attivi 12.5.8 – Il tempo di detenzione Il tempo di detenzione, cioè il tempo medio di permanenza dei liquami nella vasca di aerazione, dipende dal carico del fango (FC), dal valore del BOD5 in ingresso e dalla concentrazione dei solidi sospesi, infatti risolvendo l’equazione (12.24) rispetto a (t) si ottiene: (12.50) Se indichiamo con: Q= portata dei liquami nella vasca Li = valore del BOD5 entrante Ca = concentrazione dei fanghi (dei solidi sospesi totali) V = volume della vasca di aerazione t = tempo di detenzione Si può scrivere: (12.51) (12.52) Sostituendo nella (12.50) si ottiene (12.53) ma (tempo di detenzione) e quindi: (12.54) risolvendo rispetto a t: (12.55) che può essere scritta anche nella forma: (12.56) Il prodotto del tempo di detenzione per la concentrazione dei fanghi attivi viene considerata un’altra grandezza significativa per le vasche di aerazione. Esprimendo: Li in ppm Depurazione delle acque 25 Impianti a fanghi attivi Ca in kg/m3 FC in kg(BOD5)/m3·giorno t in ore Si ottiene: (12.57) se Ca viene espresso in mg/l (ppm) allora: (12.58) Il tempo di detenzione (t) risulta tanto maggiore quanto maggiore è il BOD5 e tanto minori sono il valore della concentrazione dei fanghi attivi (Ca) e il carico del fango (FC). Nella tabella che segue sono riportati i tempi di detenzione usati in vari tipi di impianti nell’ipotesi che il BOD5 = 300 ppm senza sedimentazione primaria e BOD5 = 200 con sedimentazione primaria mentre Ca = 4 mg/l senza sedimentazione primaria e 3,5 mg/l con sedimentazione. Depurazione delle acque 26 Impianti a fanghi attivi Tabella 12.5 – Valori dei tempi di detenzione per vari tipi di impianto Tipo di impianto Aerazione prolungata A basso carico A medio carico A alto carico Tempo di detenzione in ore 10 – 78 5–7 3–5 1,5 - 3 Il valore del tempo di detenzione non è un parametro fondamentale di un impianto a fanghi attivi dal momento che dipende dal carico del fango (FC) che è invece un parametro fondamentale mentre il valore del BOD5 è un dato iniziale e quello della concentrazione dei fanghi attivi (Ca) viene fissato dal progettista. 12.5.9 - Fabbisogno di ossigeno nell’aeratore Un altro dato molto importante per il dimensionamento di un impianto a fanghi attivi è la determinazione della quantità totale di ossigeno che deve essere mandata in vasca di ossidazione. La conoscenza di questo dato ci consente di: • dimensionare le apparecchiature di aerazione • determinare la quantità di energia necessaria al loro funzionamento e quindi una stima dei costi di funzionamento. L’ossigeno che deve essere alimentato sarà necessario per vari processi; in particolare: • ossidare i solfiti e i solfuri presenti nelle acque da trattare. Questa quantità, chiamata spesso richiesta immediata di ossigeno (e indicata con I), è generalmente trascurabile a meno che le acque che arrivano all’impianto non siano in stato settico (completamente prive di ossigeno) • ossidare la parte carboniosa delle sostanze biodegradabili • ossidare i batteri non più attivi (respirazione endogena). Questa quantità può essere messa in relazione con la quantità totale di solidi sedimentabili presenti nei liquami • ossidare l’azoto contenuto in forma ammoniacale nelle acque trattate (nitrificazione). La quantità totale di ossigeno consumato (!O2) sarà quindi la somma di: 1 – ossigeno immediato necessario per ossidare i solfuri e i solfiti (I) 2 – ossigeno necessario per trasformare il carbonio delle sostanze biodegradabili in CO2. Se indichiamo con: Depurazione delle acque 27 Impianti a fanghi attivi Qorg abb. = quantità di sostanze organiche rimosse ogni giorno dalle acque, ottenibile moltiplicando il carico organico per il rendimento di depurazione: z = coefficiente di respirazione attiva, cioè la massa di ossigeno necessaria per la respirazione attiva, ossia per liberare l’energia necessaria alla crescita di nuovi batteri misurato in [kg(O2)/kg(BOD5)rimosso] allora la quantità di ossigeno necessaria per la respirazione attiva (fase assimilativa) è: [ ] 3 – ossigeno usato nella respirazione endogena cioè per demolire la biomassa in fase di decadimento. Se indichiamo con: re = coefficiente di respirazione endogena, cioè massa di ossigeno necessaria alla respirazione endogena per ogni kg di solidi sospesi presenti nella miscela aerata (SSMA) misurato in [kg(O2)/kg(SSMA)] allora la quantità di ossigeno necessaria per la respirazione endogena è: [ ] 4 – ossigeno necessario a ossidare l’azoto ammoniacale a nitrati. Da semplici calcoli stechiometrici risulta che per ossidare 1 kg di azoto (presente come 1,214 kg di ammoniaca) occorrono 4,57 kg di ossigeno. Quindi se indichiamo con: m(N-amm)= massa di azoto contenuto nell’ammoniaca presente nei liquami allora l’ossigeno necessario per ossidarlo a nitrati sarà: La quantità totale di ossigeno necessaria sarà perciò: (12.59) Considerando trascurabile la quantità di solfiti o solfuri da ossidare e tralasciando per il momento la quantità di ossigeno necessaria alla nitrificazione (la riprenderemo in considerazione in seguito) l’equazione 12.59, che esprime il fabbisogno di ossigeno per la frazione carboniosa, diventa: (12.60) E’ possibile determinare sperimentalmente i valori dei coefficienti z e re usando il metodo già utilizzato per la determinazione delle costanti cinetiche della reazione di ossidazione e quello usato per la determinazione del fango di supero. Dividendo tutti i termini dell’equazione (12.60) per SSMA si ottiene: (12.61) Depurazione delle acque 28 Impianti a fanghi attivi Anche i questo caso l’equazione risultante è l’equazione di una retta con coefficiente angolare z e intercetta re , vedi figura 12.16 (nella figura Qorg abb. /SSMA è scritto ∆BOD5/SSMA): Figura 12.16 – Determinazione dei parametri relativi al fabbisogno di ossigeno Per acque di origine domestica I valori dei coefficienti, determinati sperimentalmente, sono: z compreso fra 0,5 e 0,65 (variabile in funzione di FC) [valore mediamente accettato 0,5] re compreso fra 0,08 e 0,15 (variabile in funzione di FC) [valore mediamente accettato 0,1] Depurazione delle acque 29 Impianti a fanghi attivi Infine si deve considerare che le apparecchiature di distribuzione dell’aria devono essere dimensionate sulla quantità massima di sostanze organiche che pervengono alla vasca di ossidazione; per questa ragione si moltiplica il coefficiente di respirazione attiva z per un fattore correttivo (!) che viene posto mediamente uguale a 2. L’equazione (12.60) diventa perciò: (12.62) Un altro modo per determinare il fabbisogno medio e massimo di ossigeno fa riferimento all’indice di richiesta di ossigeno definito come in pratica FO rappresenta la quantità di ossigeno necessaria ai batteri per metabolizzare una unità di massa di BOD5 (espressa in Kg); quindi, per esempio, un FO = 0,75 kgO2/ kgBOD5 significa che per metabolizzare 1 kg di BOD5 sono necessari 0,75 Kg di ossigeno. È evidente che l’indice di richiesta di ossigeno dipende dal grado di ossidazione che il BOD5 subisce in vasca di ossidazione e quindi, in ultima analisi, dipende direttamente dal fattore di carico organico; per Fc bassi FO avrà un valore elevato mentre per Fc alti FO avrà valori più bassi. Per acque reflue di tipo civile questa dipendenza è stata calcolata per tutti i valori di Fc ed è rappresentata nel grafico di Fig. 34. Depurazione delle acque 30 Impianti a fanghi attivi dalla conoscenza del fattore di carico organico, una volta ricavati dal grafico i valori di FO medio e massimo, per calcolare il fabbisogno di ossigeno per la frazione carboniosa avremo e quindi e Dimensionamento del sistema di aerazione Di seguito descriviamo i punti principali per giungere ad un corretto dimensionamento del sistema di aerazione: 1. Abbiamo visto che considerate le condizioni operative dell’impianto, in particolare la temperatura e la concentrazione dell’ossigeno all’interno della vasca di ossidazione (Ceff = [O2]vasca), mediante la conoscenza di Fo max , di ! Depurazione delle acque 31 Impianti a fanghi attivi e di Qorg, si arriva alla determinazione del fabbisogno massimo di ossigeno per la frazione carboniosa . È evidente che Il fabbisogno massimo di ossigeno deve corrispondere alla capacità di ossigenazione del sistema di aerazione (OC = oxidation capacity), quindi numericamente avremo: 2. La capacità di ossigenazione del sistema di aerazione sarà diversa se misurata in condizioni standard ] o in condizioni di esercizio (OC). Per condizioni standard si intendono le condizione operative nelle quali il sistema di aerazione viene testato e certificato dal costruttore, mentre le condizioni di esercizio sono quelle nelle quali si viene a trovare il sistema di aerazione quando è montato sull’impianto; esse sono: Liquido Ossigeno disciolto (mg/l) Temperatura (°C) Pressione atmosferica (atm) Concentrazione a saturazione dell’ossigeno Condizioni Condizioni di standard Acqua pulita 0 20 esercizio Miscela aerata 1,5 ÷ 2,0 ∼ 20 1 ∼1 9,07 ∼ 9,07 (mg/l) 3. Se chiamiamo K il rapporto tra le due capacità: risulta evidente che, se per altra via conoscessimo K potremmo scrivere: che partendo dalla capacità ossidativa in condizioni di esercizio (equivalente al nostro ) permetterebbe di calcolare la capacità ossidativa nominale. 4. Senza inoltrarci nello specifico a proposito della determinazione di K [per chi è interessato vedere nota in ultima pagina] è sufficiente osservare che esso dipenderà sostanzialmente da tre fattori legati alle due diverse condizioni operative: Depurazione delle acque 32 Impianti a fanghi attivi a.dalla diversità intrinseca dei due liquidi (uno è acqua pulita e l’altro è una miscela di acqua, fiocchi e sostanze organiche disciolte) b.dalla concentrazione dell’ossigeno (in acqua è zero mentre nella miscela aerata è diverso da zero) c.dalla temperatura (nelle condizioni standard è 20°C mentre in esercizio può essere diverso da 20°C) La sua espressione, che riportiamo solo per completezza espositiva, risulta essere: dove le varie grandezze sono: (Csat)miscela aerata concentrazione a saturazione dell’ossigeno nella miscela aerata in condizioni di esercizio (pressione e temperatura dell’impianto) (Ceff)miscela aerata concentrazione effettiva dell’ossigeno nella miscela aerata (Csat)acqua pulita concentrazione a saturazione dell’ossigeno in condizioni standard in acqua pulita (a 20°C e 1 atm) T 1,024 α temperatura di esercizio numero sperimentale fattore di trasferimento di ossigeno. Le grandezze che compaiono nella espressione di K appaiono chiare, tranne α che merita una doverosa spiegazione: α è un coefficiente sperimentale che tiene conto del fatto che rispetto alle condizioni standard il sistema d'aerazione dovrà trasferire l’ossigeno in un ambiente molto diverso dall’acqua pulita (liquido diverso, geometria delle vasche diversa, facilità di intasamento dei diffusori, ecc.). Depurazione delle acque 33 Impianti a fanghi attivi Il suo valore dipenderà dunque dai diversi modi che il sistema di aerazione adotta per ossigenare la miscela (aria insufflata, turbine superficiali, ecc.) A questo proposito nella tabella sottostante vengono riportati i valori di α per alcuni dei modi più frequenti di ossigenazione: Sistema di aerazione dischi a bolle fini Aria tubolari a bolle grosse tubolari a bolle medie insufflata tubolari a bolle fini flo-get Turbine turbine verticali 5. α 0.4 ÷ 0.6 0.6 ÷ 0.7 0.7 0.75 0.95 0.7 Assumendo dunque un valore plausibile del fattore di trasferimento α e conoscendo gli altri parametri si ricava K e quindi . 6. Trovata la capacità ossidativa nominale si può finalmente procedere alla scelta “delle dimensioni” del sistema di aerazione più idoneo. Accenniamo alle due modalità di ossigenazione più diffuse (turbine superficiali ed aria insufflata). Depurazione delle acque 34 Impianti a fanghi attivi Turbine superficiali scelto il tipo di sistema di aerazione dalla sua capacità di ossidazione specifica (caratteristica intrinseca), cioè dall’ossigeno mandato per unità di energia consumata OC*20 spec [kgO2/kWh] , si ricava la potenza necessaria per l’ossidazione della miscela aerata: Si deve controllare inoltre che l’aeratore abbia anche sufficiente capacità di miscelazione. Assunta la potenza specifica di miscelazione raccomandata per il tipo di impianto Wspec misc [watt /m3] si calcola, conoscendo il volume della vasca, la potenza complessiva Wmisc = Wspec misc ⋅ Vox [kW] per garantire una sufficiente miscelazione. Tra le due potenze necessarie (di miscelazione Wmisc e di ossigenazione Wox ) è la più grande quella che assicura il buon funzionamento di tutta la fase di aerazione e quindi quella da considerare per la scelta definitiva delle “dimensioni” del sistema di aerazione. Aria insufflata In questo caso bisogna conoscere la resa di trasferimento dell'ossigeno atmosferico (η) [cioè quello presente nell’aria] all’acqua in condizioni standard per risalire alla portata volumetrica d’aria (espressa m3/h) che deve fornire il sistema d'aerazione. La resa di trasferimento dell'ossigeno atmosferico in condizioni standard si trova in apposite tabelle espressa in % per metro di profondità dei diffusori. (Per esempio prendendo in considerazione una rete di diffusori tubolari a bolle fini, posizionati a 3 m di profondità, la resa di trasferimento in condizioni standard è pari al 20% ). Sapendo che in 1 m3 d’aria a 20°C e 1 atm sono contenuti 0,278 kg di O2 possiamo ricavarci il valore della portata volumetrica d'aria da fornire al sistema in m3/h nel se l’assorbimento dell’ossigeno fosse del 100%: Depurazione delle acque 35 Impianti a fanghi attivi Poiché l’assorbimento dell’ossigeno avviene con una resa espressa da η, la portata d’aria reale da mandare alla vasca si otterrà facendo: Depurazione delle acque 36 Impianti a fanghi attivi Nota Il trasferimento di un gas in un liquido è regolato dalla legge di Lewis e Whitman che sostanzialmente dice: la velocità di trasferimento di un gas in un liquido dipende dal tipo di liquido e dalla temperatura ed è proporzionale alla differenza tra la sua concentrazione a saturazione e quella attuale. In formula potremo scrivere: dove : con abbiamo indicato la variazione della concentrazione del gas nel liquido nell’intervallo di tempo ∆t (è la velocità di trasferimento del gas nel liquido) con un parametro funzione solo della temperatura con un parametro funzione solo del tipo di liquido [ indica una generica caratteristica del liquido] mentre Csat – C è la differenza tra la concentrazione massima e quella generica. Se chiamiamo V il volume del liquido che stiamo ossigenando, si ha che il prodotto: è l’ossigeno totale che viene trasferito in tutto il liquido e quindi corrisponde alla capacità ossidativa che l’eventuale sistema di aerazione dovrà possedere, cioè: L’espressione generica per la capacità ossidativa è dunque: che scritta per le condizioni di esercizio e per le condizioni standard (facendo uso di una simbologia evidente ) è: Se facciamo il rapporto: si vede che l’ultima relazione è formata da “tre pezzi”: Il primo pezzo è una funzione solo della temperatura e sperimentalmente si è trovato essere ben rappresentato dall’espressione: Depurazione delle acque 37 Impianti a fanghi attivi Il secondo pezzo è una funzione solo del tipo di liquido, è cioè un termine che rappresenta la diversa difficoltà di ossigenazione dei due liquidi in dipendenza delle loro caratteristiche e assumerà quindi diversi valori a seconda del modo di ossigenare (con turbine superficiali, con aria insufflata, ecc.); anche in questo caso questi diversi valori sono stati trovati sperimentalmente (vedi tabella di pag. 2). Infine nel terzo pezzo notiamo che due valori sono noti, in particolare: mentre (Csat)es andrà misurato (anche se con buona approssimazione si può assumere uguale alla concentrazione a saturazione dell’ossigeno alla temperatura di esercizio in acqua pulita) e infine (C)es è il valore che si decide di mantenere in vasca di ossidazione per assicurare il metabolismo batterico [(C)es=1,5 ÷ 2,0 mg/litro]. Esempio 12.12 - Fabbisogno di ossigeno Un impianto a fanghi attivi tratta i liquami di una comunità di 50000 abitanti con un carico organico Qorg = 3500 kg(BOD5)/giorno in arrivo alla vasca di aerazione. La concentrazione dei solidi sospesi all’interno dell’aeratore è Ca = 4 kg(SSMA)/m3 il carico del fango è FC = 0,2 kg(BOD5)/giorno·kg(SSMA). Il sistema di aerazione è realizzato con diffusore a bolle fini. Determinare: - il fabbisogno giornaliero di ossigeno - il fabbisogno di ossigeno nel periodo di massimo consumo - il consumo giornaliero di energia - la potenza massima assorbita dagli aeratori. ************** Risolvendo l’equazione 12.26 rispetto a V·Ca = SSMA si ottiene la quantità dei fanghi ottenibili nel caso che il rendimento di depurazione sia del 100% kg Depurazione delle acque 38 Impianti a fanghi attivi Supponendo che l’abbattimento reale del BOD5 sia!!!= 90% (valore accettabile sulla base del valore del carico del fango adottato vedi figura 12.8 e tabella 12.3) si può calcolare la variazione di BOD5 giornaliera: kg(BOD5)/giorno Prendendo per (z = 0,5) e (re = 0,1) i valori medi indicati alla pagina precedente si ottiene: Per la capacità di ossigenazione prendiamo il valore medio (= 1,35 kg(O2)/ kWh) Il fabbisogno di energia risulta pertanto Per calcolare il fabbisogno di ossigeno di punta si usa l’equazione (12.62) A cui corrisponde una potenza assorbita massima: Depurazione delle acque 39 Impianti a fanghi attivi Esempio 12.13 – !SSMA, età del fango, !O2 e potenza aeratori Un impianto deve trattare 10000 m3/gg di acque reflue con un carico organico Qorg = 2500 kg(BOD5)/gg. La vasca a fanghi attivi lavora con una concentrazione dei solidi nella miscela aerata Ca = 4 kg(SSMA)/m3 e una carico del fango FC = 0,22 kg(BOD5)/kg(SSMA)·g. Usando i dati di progetto standard determinare la quantità di fango di supero prodotta giornalmente e l’età del fango. Calcolare inoltre il fabbisogno giornaliero di ossigeno e la potenza necessaria per una turbina meccanica considerando il fabbisogno di punta. Si consideri una capacità di ossigenazione operativa O2 op = 1,3 kg(O2)/kWh. ************** Per calcolare la quantità di fango di supero (!SS) si usa l’equazione 12.47 (riportata sotto) In primo luogo occorre calcolare SSMA e !BOD5 Calcolo della quantità di solidi presenti nella miscela aerata SSMA Si usa l’equazione 12.26 ricordando che Ca·V = SSMA Calcolo del BOD5 rimosso (!BOD5) Per calcolare il valore di !BOD5 supponiamo che il rendimento di depurazione sia del 90% (valore riportato nella tabella 12.3 dei dati statistici). Dai dati statistici si rilevano i valori comunemente usati per y, f e kd e precisamente y = 0,5; f = 0,5 e kd = 0,05. Ora è possibile calcolare il valore di ∆SS: Età del fango Si usa l’equazione 12.48: Depurazione delle acque 40 Impianti a fanghi attivi Fabbisogno giornaliero di ossigeno (!O2) Si usa l’equazione 12.60 prendendo come valori comunemente usati per i coefficienti: z = 0,5 e re =0,1 Fabbisogno di ossigeno nei momenti di punta (!O2max) Si considera un fattore correttivo ! = 2 Energia necessaria nei momenti di punta(En) Depurazione delle acque 41 Impianti a fanghi attivi Caratteristiche dei principali sistemi di aerazione per impianti a FANGHI ATTIVI Aerazione meccanica superficiale Aria insufflata Turbina fissa NOTA: il controllo del livello di immersione della turbina permette di controllare la portata di miscela aerata che viene pompata ed aerata, quindi Particolare: diffusore a disco a anche la portata di ossigeno aggiunta. membrana Turbine galleggianti NOTA: permettono di operare a volume variabile ma non consentono Aria insufflata e turbine sommerse di variare il flusso di ossigeno aggiunto, dato che il livello di immersione della turbina è costante. Depurazione delle acque 42 Impianti a fanghi attivi Sistema di aerazione a getto (Flo-Get) ________________________________________________________________________________ 43 Aria insufflata e Turbine Aria insufflata superficiali turbine sommerse Un compressore Sono delle specie di dall’esterno, pompe centrifughe: attraverso una al centro aspirano il tubazione, manda Come l’aria liquido dal basso e lo aria ad una certa insufflata con in più spargono “ad pressione in fondo Come ombrello” in alla vasca dove esce sono superficie. Alcuni tramite un tipi necessitano di opportuno sistema un riduttore del di diffusione. numero di giri, altri Al posto del no. Possono essere compressore si galleggianti o fisse. possono usare le un sistema meccanico di miscelazione all’interno della vasca. soffianti centrifughe. La quantità d’aria che arriva e la sua Il trasferimento pressione è dell’ossigeno distribuita dal avviene tra sistema di diffusione dell’aria insufflata l’atmosfera e la superficie del liquido che si Come rinnova funzionano continuamente Come nel caso (legge di LewisWithman). La turbina deve assicurare anche una efficiente che assicura con in più un omogeneità di sistema meccanico ossigenazione e una di miscelazione sufficiente (agitatore) miscelazione per sommerso che evitare la assicura un controllo sedimentazione. I separato della diffusori possono ossigenazione e della essere di molti tipi miscelazione. (porosi, non porosi, miscelazione. non-clog, tubolari, ecc.). Depurazione delle acque 44 Impianti a fanghi attivi - Con temporizzatore - Con temporizzatore sulla turbina - variando il numero delle turbine in loro capacità ossidativa (OC) - variando il numero dei compressori in Come nel caso funzione dell’aria insufflata - con valvola di funzione Come si controlla la sul compressore per l’ossigenazione. regolazione sul - con variatore del Come nel caso delle ricircolo per i numero di giri - cambiando il verso della turbina - variando la quota di immersione della turbina (non per quelle galleggianti). turbine superficiali compressori per la miscelazione volumetrici e con (esclusa la semplice valvola di variazione della regolazione in quota di mandata per le galleggiamento). soffianti centrifughe - variando il numero di giri del motore di funzionamento. - Ottima elasticità di esercizio dovuta alla - Scarso effetto della - Flessibilità nella progettazione delle Vantaggi vasche - buona elasticità di esercizio. regolazione separata temperatura della ossigenazione e - buona elasticità della miscelazione operativa - nessun pericolo di - nessuna formazione gelo né di di aerosol. formazione di aerosol. - - Elevati costi sia iniziale che di manutenzione - Possibilità di gelo in - condizionamento Svantaggi climi freddi nella forma delle - possibile formazione vasche di aerosol. - pericolo di intasamenti (in special modo con - Costi elevati (richiede sia il riduttore del numero di giri che il compressore d’aria) - richiede elevata potenza. diffusori porosi). Depurazione delle acque 45 Impianti a fanghi attivi NOTA: esistono in commercio, ma meno utilizzati, anche altri sistemi di aerazione; tra questi giova ricordare il sistema di aerazione a getto (Flo-Get) dove l’aria, che arriva dall’esterno, viene mescolata ad una parte del liquido della vasca aspirato da una pompa che poggia sul fondo e quindi “sparata” ad elevata velocità all’interno della vasca stessa producendo così ossigenazione e miscelazione. Questo sistema è usato soprattutto per vasche molto profonde. LA SEDIMENTAZIONE FINALE (secondaria) Richiami sui sedimentatori Sappiamo che data una certa Q [m3 / h ] in ingresso ad un sedimentatore per la sedimentazione dei solidi sospesi, a parità di volume, conta la superficie disponibile, cioè sedimenta peggio sedimenta meglio Definita la velocità ascensionale va = Q / S [m / s ] , possiamo ricavare S dalla relazione S = Q / va Nel caso di vasche non a flusso ascensionale la va non può esistere ed è rimpiazzata dal carico idraulico superficiale (Cis ) che ha la sua stessa definizione, cioè Cis = Q / S [m3/ h ⋅ m2] Depurazione delle acque 46 Impianti a fanghi attivi e può essere visto come il carico idraulico che arriva per unità di superficie (vedi unità di misura). Dimensionamento della vasca di sedimentazione secondaria Premessa Il sedimentatore secondario oltre a svolgere la funzione di chiarificazione deve svolgere anche un’azione d’ispessimento in modo tale che il fango di ricircolo sia più concentrato così da risparmiare, a parità di solidi sospesi, sulle spese di pompaggio; inoltre il fango attivo, rispetto a quello primario, costituito da fiocchi leggeri e “pieni d’acqua” è più difficilmente sedimentabile. A differenza di quanto abbiamo visto nel SED I i solidi sospesi che entrano nel SED II sono molto più concentrati (circa 10 volte di più!) e in queste condizioni avviene la cosiddetta sedimentazione di massa (o di zona): le particelle solide non sedimentano singolarmente e in modo indipendente, ma interagendo l’una con l’altra, sedimentano tutte insieme, “come un tutt’uno”, in massa appunto e con una velocità media inversamente proporzionale alla loro concentrazione. Infine, per migliorarne il rendimento, il sedimentatore secondario viene fatto funzionare, nel caso sia a flusso ascensionale, in modalità a letto di fango , quindi diventa importante anche il controllo “dell’altezza liquida libera della vasca” cioè dello spessore di liquame chiarificato che deve essere assicurato sopra alla superficie del letto per non far sfuggire solidi sospesi nelle situazione di punte di carico idraulico. Depurazione delle acque 47 Impianti a fanghi attivi Detto questo veniamo al dimensionamento: 1) per prima cosa si deve decidere la portata Q che si prende in considerazione ( quella media giornaliera (Qi), quella massima (Qi max), quella che entra nell’impianto più quella di ricircolo (Qi +Qr), quella che entra nell’impianto più quella del ricircolo delle schiume, ecc....), quindi, dalla letteratura specifica, si prende il corrispondente valore massimo di Cis tenendo conto sia del tipo di impianto che del tipo di fognature che adducono il refluo; 2) calcolata la superficie mediante la solita relazione: tenendo conto del tipo di sedimentazione (sedimentazione di massa) si deve controllare che il carico superficiale dei solidi sospesi (PSS) , definito come la quantità di solidi sospesi che nell’unità di tempo arrivano sull’unità di superficie: rientri entro valori accettabili (dati dalla letteratura specifica). Questo controllo è necessario sia per evitare cattivo funzionamento della chiarificazione (il letto di fango che cresce verso l’alto fino a sfuggire dallo stramazzo) che per avere la giusta azione di ispessimento. Calcolato Pss (da notare che in questo calcolo c’è anche la portata di ricircolo, che quindi dovrà essere conosciuta) e confrontato con il valore di riferimento PSS rif. (preso dalla letteratura specifica o dalla Normativa) avremo due possibilità: a) PSS < PSS rif. , e allora la superficie S calcolata è accettabile b) PSS > PSS rif. , e allora la superficie S calcolata non è accettabile. Nel secondo caso la superficie S si calcola assumendo il PSS rif. come valore massimo accettabile, cioè tramite la relazione in questo modo si trova la superficie S minima compatibile con il dato di riferimento. 3) assumendo ora una profondità di vasca in accordo con i dati in letteratura (da notare che, per le osservazioni fatte nella Premessa, la profondità del SED II è quasi doppia Depurazione delle acque 48 Impianti a fanghi attivi di quella del sedimentatore primario) si può calcolare il volume e quindi il tempo di detenzione, tD: 4) infine, anche in questo caso, bisogna controllare che la portata specifica allo stramazzo rientri nei valori consigliati [120 ÷180 m3/m⋅gg] (molto minori che nel caso del SED I !), per evitare fughe di particelle leggere insieme all’effluente chiarificato. Conclusioni Il dimensionamento del SED II è molto più delicato di quello del SED I, infatti: il SED II influisce direttamente sui rendimenti depurativi (dopo di lui può esserci il recapito, mentre il SED I ha, dopo di lui, tutto il trattamento secondario); la concentrazione dei solidi sospesi che entrano nel SED II è molto maggiore di quella del SED I (circa 10 volte più grande); i fanghi attivi, per loro costituzione, sono decisamente meno sedimentabili dei fanghi primari; i fanghi attivi possono “ammalarsi” (vedi bulking, ecc.) peggiorando ancor di più la loro non buonissima attitudine alla sedimentazione. Depurazione delle acque 49 Impianti a fanghi attivi La diagnostica negli impianti a depurazione biologica Per “diagnostica” s’intende qualsiasi tecnica atta a predire e a correggere le cause di malfunzionamento di un impianto. Un metodo diagnostico per essere valido deve avere le seguenti caratteristiche: - diagnosticare senza incertezza la causa del malfunzionamento - predire in anticipo l’avvento del malfunzionamento - essere poco costoso e rapido - essere misurabile da tecnici non eccessivamente specializzati. Spesso capita che tecniche anche molto raffinate servono solo a “fotografare” uno stato di malfunzionamento e non la causa; quasi sempre questo stato è già individuabile da semplici osservazioni visive e non richiederebbe spreco di risorse ulteriori. Nella depurazione biologica la quasi totalità dei malfunzionamenti coinvolge direttamente o indirettamente il fango finale che viene prodotto. È dunque il fango il soggetto più intensamente osservato e monitorato: dalle sue caratteristiche e proprietà si è in grado, quasi sempre, di risalire alle cause del malfunzionamento e quindi ai rimedi. Fanghi attivi Come sappiamo le alterazioni che possono presentarsi a carico del fango attivo implicano problemi di separazione della fase liquida da quella solida; le più importanti sono: crescita dispersa: i batteri non aderiscono più gli uni agli altri e la bioflocculazione è impedita; bulking filamentoso:i batteri filamentosi si sviluppano eccessivamente sia all’interno del fiocco creando “gomitoli a maglie larghe” e con molti vuoti sia oltre il singolo fiocco creando ”ponti” tra un fiocco e l’altro; bulking viscoso o zoogleale: i batteri producono elevate quantità di materiale extracellulare e danno origine a fiocchi di aspetto gelatinoso che trattengono notevoli quantità di acqua; fiocchi pin point: i fiocchi sono di dimensioni molto ridotte (intorno alle decine di micron), non sedimentano e sfuggono nell’effluente; i batteri filamentosi sono praticamente assenti; rising sludge: risalita e galleggiamento del fango dovuto principalmente alla denitrificazione che avviene sul fondo dei sedimentatori secondari; Depurazione delle acque 50 Impianti a fanghi attivi schiume biologiche: di colore marrone scuro si presentano sia sulla superficie dei sedimentatori che dei bacini di aerazione. Lo schema sottostante riassume questi fenomeni e alcune delle loro probabili cause. I possibili rimedi sono così numerosi che solo una diagnosi accurata sarà in grado di indicare quelli realmente efficaci. A tale proposito più avanti si darà un cenno all’impiego di software dedicati proprio alla risoluzione di questi problemi. Principali disfunzioni degli impianti di depurazione a fanghi attivi Descrizione del Cause probabili fenomeno osservato Osservazione microscopica Surnatante molto torbido; Crescita dispersa: alta Assenza di fiocchi ben assenza di fanghi temperatura dei reflui o fase formati, cellule libere sedimentati iniziale dell’impianto o disperse nel mezzo acquoso, alimentazione con reflui incapacità di molto ricchi di composti bioflocculazione (carenza di Uscita costante di piccoli carboniosi oppure alto Fc Pin-point: fango molto microstruttura) Fiocchi presenti, ma fiocchi con l’effluente, SVI mineralizzato, lungo tempo prevalentemente molto basso (<70 ml/gr) di residenza o eccessiva piccoli, compatti, turbolenza “deboli” (pin-point senza struttura portante [150 Spesso strato di fango sulla Rising: risalita del fango micron]) Il fango è ricco di bolle di superficie del dovuta a processi di gas, ma non eccessivamente sedimentatore, nuvole di denitrificazione nel letto di di microrganismi fango fango sedimentato filamentosi, fango e schiuma hanno la stessa Schiuma sottile, biancastra, Schiume da composizione Nessuna influenza sulla instabile sulle unità di tensioattivi: presenza di struttura del fiocco di fango trattamento sostanze difficilmente biodegradabili (ad es. Schiuma spessa, marrone, tensioattivi) Foaming: crescita stabile, prevalentemente sul eccessiva di alcuni batteri bacino aerato, strabordante Depurazione delle acque Schiuma ricca di Nocardia o Microthrix parvicella filamentosi o attinomiceti 51 Impianti a fanghi attivi Fango di consistenza Bulking viscoso (o Fiocco ricco di forme gelatinosa, a volte bulking non filamentoso): zoogleali e/o polisaccaridi accompagnato da SVI alto, o deficienza di nutrienti a esocellulari evidenziabili schiuma spessa e grigiastra volte accompagnata da alto con il test all’inchiostro di sulle vasche aerate, Fc china Bulking filamentoso: le Fiocchi collegati tra loro da possibile fuoriuscita di fango col surnatante SVI alto o molto alto (>150 ml/gr), difficile separazione cause differiscono in ponti costituiti da acqua/fango, acqua limpida relazione ai microrganismi microrganismi filamentosi finché non si verifica oppure fiocchi a maglia dominanti copiosa fuga di fango dal larga in cui i batteri sedimentatore. Fanghi di crescono attaccati ai ricircolo poco concentrati filamentosi, lasciando spazi vuoti (eccesso di macrostruttura) Bulking Il fenomeno del bulking consiste nell’improvviso deterioramento delle caratteristiche di sedimentabilità dei fanghi attivi al punto che essi non si separano adeguatamente nelle vasche di sedimentazione secondarie, ma anzi cominciano ad uscire copiosamente con l’effluente trattato. I danni sono molteplici: • cala il rendimento depurativo per la fuoriuscita di BOD5; • cala l’efficienza dell’impianto per la diminuzione della concentrazione della miscela aerata dovuta ad una ridotta quantità di fango attivo che viene riciclato; • la fuoriuscita di fango con l’effluente comporta una diminuzione dell’età del fango con diminuzione della nitrificazione; • la qualità del fango è tale da rendere più difficili i trattamenti successivi. Diversi sono i microrganismi filamentosi responsabili del bulking (Sfherotilus natans, Haliscomenobacter hidrossis, Beggiatoa, Thiothrix, Flexibacter, Streptococcus, Cyanophyc), i quali possono operare separati o insieme. Nella normale formazione del fiocco di fango sono presenti dei batteri definiti “fioccoformatori” come Zooglea, Pseudomonas,Citromonas, capaci di produrre una matrice gelatinosa eso-polisaccaridica , che batteri filamentosi come Spherotilus. Questi ultimi sono fondamentali per conferire al fiocco una “ossatura”che dia al particolato organico, inorganico e batteri una “struttura portante”. In assenza di struttura il fiocco è piccolo, Depurazione delle acque 52 Impianti a fanghi attivi debole, tondeggiante e può sfaldarsi facilmente e decantare con difficoltà. In presenza di un corretto rapporto fiocco-formatori – filamentosi il fiocco avrà dimensioni medio grandi, resisterà alla turbolenza dell’aerazione, sarà abbastanza pesante per separarsi dal surnatante ed ispessirsi nella fase di sedimentazione. Quando, invece, i batteri filamentosi si accrescono eccessivamente, si protendono al di fuori del fiocco creando ponti tra i fiocchi che, leggeri e “gonfi”, sedimenteranno con difficoltà. Strategie di controllo del bulking I parametri di controllo del bulking filamentoso sono: l’SVI (un valore limite molto usato è 300 ml/gr); la lunghezza totale dei filamenti; il conteggio dei filamenti. Le strategie di controllo sono principalmente: - aggiunta di sostanze chimiche con azione tossica o aggregante la biomassa; - modificazioni delle condizioni operative (età del fango, tenore dell’ossigeno disciolto, correzione delle caratteristiche del liquame influente); - modificazioni dello schema d’impianto con l’introduzione di zone in grado di influenzare la composizione microbica della biomassa. La prima strategia viene impiegata nel caso di bulking “acuto” (dovuto a cause accidentali) mentre le altre nel caso di bulking “cronico” (dovuto a cause strutturali). Lo schema sottostante riassume le linee guida per la possibile soluzione del problema bulking. Bulking cronico: Bulking acuto (possibili rimedi): - clorazione ricircolo - impianto in anaerobiosi per 24 ore - aggiunta di proteine per sbilanciare la “dieta” dei batteri filamentosi - polielettrolita Depurazione delle acque ricerca cause analisi microscopica del fiocco 53 Impianti a fanghi attivi Bulking da basso o s s i g e n o disciolto: Bulking da basso Fc: - > aerazione - < Fc - < spurgo - < MLSS -miscelazione a pistone - selettore Bulking solfuri da Liquame settico: - > aerazione -dosaggio ossidanti in ingresso Bulking deficit nutrienti: da di Bulking da basso pH: -dosaggio di nutrienti -Correzione del pH Bulking acuto Le cause di questo tipo di bulking sono difficili da individuare perché sostanzialmente i fenomeni che lo provocano intervengono per brevissimo tempo (sversamenti saltuari di sostanze tossiche, acidi, basi, scarichi caldi o freddi, scarico abusivo di autospurghi, ecc.). Di solito quando l’operatore si accorge del problema la causa che lo ha provocato ha già cessato di esistere. Si tratta dunque, da un lato di ripristinare più brevemente possibile l’equilibrio batterico cercando di sfavorire le forme filamentose (mediante una ben dosata disinfezione con ipoclorito o acqua ossigenata) e dall’altro favorire la sedimentabilità del fango mediante l’aggiunta di opportuni coagulanti (polielettroliti). Bulking cronico La ricerca delle cause è fondamentale e va effettuata con estrema cura e con particolare riguardo alle variazioni nel tempo dei vari parametri, avvalendosi oltre che di analisi chimico-fisiche (concentrazioni di: ossigeno disciolto, BOD5, Ca, N, P, solventi, metalli, tossici specifici, pH, temperatura ecc. ) anche di analisi microbiologiche. A tale proposito la tabella sottostante mostra l’associazione tra condizioni ambientali e tipo di batteri filamentosi predominanti Depurazione delle acque 54 Impianti a fanghi attivi Condizioni Basso ossigeno disciolto Basso carico Acque settiche, solfuri Carenza di nutrienti Batterio filamentoso Spherotilus natans Haliscomenobacter hydrossis Microthrix parvicella Nocardia Haliscomenobacter hydrossis Thiothrix Beggiatoa Thiothrix Spherotilus natans Haliscomenobacter hydrossis Basso pH funghi Le brusche variazioni di molti parametri possono essere eliminate o diminuite mediante l’adozione di vasche di equalizzazione o di selettori. Il selettore è una vasca di piccolo volume o una serie di vasche di piccolissimo volume (1/20 della vasca di aerazione), poste prima della vasca di aerazione, in cui avviene un rapido contatto (20 – 30 minuti) tra il ricircolo e il liquame grezzo con lo scopo di favorire la crescita dei batteri fiocco-formatori a scapito dei filamentosi. Pin-point Si definisce in tal modo il fenomeno di sfaldamento del fiocco, che normalmente si manifesta a bassi valori del fattore di carico organico, e dà origine ad un effluente ricco di piccoli solidi sospesi e quindi di BOD5 ma in genere non torbido. La rottura dei fiocchi, oltre che dal basso Fc, può essere provocata anche da effetti tossici di metalli o disinfettanti. Il pin –point può essere tenuto sotto controllo da un efficace dosaggio (1 – 2 ppm) di polielettroliti cationici. Rising sludge Con questo termine s’intende il fenomeno per cui i fanghi galleggiano nel sedimentatore finale e, a seconda dell’entità del fenomeno, possono formare grossi strati (anche di 20 cm e più). Depurazione delle acque 55 Impianti a fanghi attivi La causa della risalita è da imputarsi alla denitrificazione batterica che s’instaura sul fondo del sedimentatore (quando hanno elevati tempi di ritenzione del fango), con il risultato che grossi blocchi, ricchi di bollicine d’azoto risalgono alla superficie ed “esplodono” allargandosi in chiazze scure. I rimedi al problema sono diversi a seconda della sua entità. Se il fenomeno è poco marcato conviene aumentare il ricircolo del fango e diminuire così il tempo di permanenza del fango in anossia nel sedimentatore; nei casi più gravi invece, quando è possibile, si opera in modo da far aumentare l’Fc, quindi diminuire l’età del fango, in modo da evitare la nitrificazione (in questo caso si ritroverà NH3 nell’effluente). In questo ultimo caso contestualmente, sempre per impedire la nitrificazione, si può tentare di ridurre la concentrazione dell’ossigeno in vasca di aerazione. Formazione di schiume (foaming) Un altro dei problemi associati agli impianti a fanghi attivi è rappresentato dalla formazione di schiume sia a livello dei reattori biologici che dei sedimentatori. Esse rendono impossibile un controllo efficace delle concentrazioni del fango giacché nella schiuma rimane intrappolata una gran quantità (fino al 40%) dei solidi presenti nel sistema, inoltre nei sedimentatori, essendo in superficie, può causare una notevole fuoriuscita di solidi. Tra i vari tipi di schiume che si possono formare quella più frequente e dannosa è una schiuma di colore marrone, spessa, viscosa e stabile; essa è dovuta, sembra, all’eccessiva proliferazione del microrganismo Nocardia amarae che oltre ad essere un battere fortemente idrofobo sembra essere capace di produrre sostanze tensioattive durante la metabolizzazione di idrocarburi. Le cause determinanti di questo tipo di fenomeno sono a tutt’oggi ancora poco conosciute, non esistono quindi ancora dei rimedi sicuri ed efficaci, ma tutta una serie di indicazioni derivanti da tentativi che hanno dato esiti positivi (diminuzione dell’età del fango aumentando la portata del fango di supero, immissione di surnatante di fango digerito per via anaerobica [!?], uso di antischiuma o spruzzi d’acqua, cessazione dell’aerazione per alcune ore, rimozione fisica della schiuma, ecc.) SOFTWARE PER LA DIAGNOSTICA Depurazione delle acque 56 Impianti a fanghi attivi In questi ultimi anni sono apparsi molti software per la diagnostica dei fanghi attivi. Per esempio il programma “DFA” di Vismara et al. si basa su di una serie di check up visivi e strumentali. In linea di massima il funzionamento del programma è il seguente: 1.l’Operatore, anche NON SPECIALIZZATO effettua in poco tempo (∼1 ora) una prima fase di valutazione di screening (soprattutto visiva) e la immette come dati di INPUT nel Programma; 2.il Programma presenta una o più ipotesi di diagnosi e suggerisce valutazioni o misure da attuare per confermare o meno quelle ipotesi; 3.l’Operatore per mezzo di queste informazioni e/o di altre misure individua la diagnosi giusta e la immette nel Programma; 4.con queste dati il Computer suggerisce all’operatore gli interventi da attuare per eliminare le cause del malfunzionamento. Per esempio: 1) Valutazione di screening (da parte dell’operatore): blocchi di fango di colore nero o grigio sulla superficie del sedimentatore 2) Ipotesi di diagnosi (da parte del computer): - ricircolo aerato eccessivo - mancanza di corrente elettrica - rottura delle lame di raccolta fanghi del sedimentatore e inoltre suggerimenti che permettono di individuare, tra le diagnosi ipotizzate, quella realmente responsabile dei blocchi di fango 3) Individuazione della diagnosi giusta (da parte dell’Operatore): - ricircolo aerato eccessivo 5) Suggerimenti (da parte del Computer): - diminuire la portata di ricircolo. Depurazione delle acque 57 Impianti a fanghi attivi Depurazione delle acque 58 Impianti a fanghi attivi Reattori biologici a biomassa fissa Sono stati progettati e costruiti sistemi di depurazione biologica ad alto rendimento dove, diversamente dai depuratori a fanghi attivi nei quali i batteri risultano uniformemente dispersi nelle acque da depurare, la biomassa è fissa, aderisce cioè a un supporto opportuno formato da materiale inerte. A seconda del tipo di supporto inerte usato i sistemi a biomassa fissa si dividono in: • impianti a filtri percolatori (o biofiltri o letti percolatori) • impianti a biodischi (o dischi biologici) 14.1 – I filtri percolatori La forma più semplice di questi dispositivi (vedi figura 14.1) è costituita da una vasca cilindrica della profondità media di 2 – 3 metri (esistono anche vasche di profondità maggiore) riempita di materiale inerte e non strutturato: pietrisco, pezzi di carbone, scorie d’altoforno pezzi di materiale plastico ecc. con dimensioni varianti da 2 a 8 cm, o con materiale strutturato formato in genere da profilati in materiale plastico. Nella parte inferiore il sistema è dotato di uno strato drenante in grado di lasciar passare i liquami ma capace di trattenere il materiale inerte di dimensioni minori. I liquami da trattare, che normalmente devono essere chiarificati, devono essere stati cioè sottoposti a una efficiente serie di trattamenti preliminari, vengono spruzzati dall’alto e da qui percolano attraverso il letto di materiale inerte bagnandone la superficie. Dopo una fase iniziale di adattamento, della durata di qualche settimana, sulla superficie del materiale inerte si forma una pellicola (membrana biologica) della spessore di 2 – 3 mm formata da batteri facoltativi, funghi, alghe, protozoi e in alcuni casi anche organismi più complessi quali insetti. La composizione della membrana biologica è normalmente più complessa della flora batterica presente negli impianti a fanghi attivi. Depurazione delle acque 59 Impianti a filtri percolatori Figura 14.1 – Schema generale di un filtro percolatore I liquami che attraversano il filtro percolatore non riempiono completamente lo spazio vuoto ma bagnano solamente la superficie del materiale inerte formando una pellicola d’acqua sugli elementi che lo costituiscono, mentre negli spazi vuoti rimasti circola liberamente l’aria atmosferica. Le acque che percolano attraverso il materiale inerte e che contengono le sostanze biodegradabili (BOD solubile), oltre a una piccola quantità di solidi sospesi colloidali non sedimentabili e materiale non biodegradabile, venendo a contatto con la membrana biologica cedono a questa le sostanze che verranno in parte metabolizzate e in parte usate come materiale per la generazione di altri batteri. Lo strato di acqua che bagna il materiale di riempimento del filtro percolatore si può considerare come formato da due strati distinti. Il primo, a contatto con la pellicola biologica, è formato da acqua che si muove con moto laminare mentre nel secondo, più esterno, il moto dell’acqua è turbolento (vedi figura 14.2). Le sostanze biodegradabili diffondono verso la pellicola biologica attraverso lo strato di acqua in moto laminare grazie al gradiente di concentrazione che si viene a creare. Allo stesso modo avviene la diffusione dell’ossigeno dall’aria, contenuta negli spazi vuoti, verso lo strato di batteri aderenti al materiale inerte (pellicola biologica). Anche in questo caso il flusso è dovuto alla differenza di concentrazione che si stabilisce ai lati dello strato acquoso. I prodotti del metabolismo, principalmente anidride carbonica, fluiscono invece in senso inverso dal momento che, formandosi nello strato di batteri, la loro concentrazione è maggiore a livello della pellicola biologica rispetto alla zona interna dello strato in moto turbolento. Depurazione delle acque 60 Impianti a filtri percolatori Figura 14.2 – Flusso delle sostanze attraverso la pellicola di acqua aderente al materiale inerte Depurazione delle acque 61 Impianti a filtri percolatori Così come avviene per le particelle solide sedimentabili presenti negli impianti a fanghi attivi, anche la membrana biologica dei filtri percolatori assorbe non solamente le sostanze organiche biodegradabili ma anche quelle inerti, i solidi colloidali e parte dei solidi disciolti presenti nelle acque da depurare. Questo processo porta a un continuo e costante aumento dello spessore dello strato batterico che, in mancanza di meccanismi atti alla sua riduzione, causerebbe in breve tempo l’intasamento del filtro. Mano a mano però che lo spessore della membrana biologica aumenta la diffusione dell’ossigeno nella zona interna diventa sempre più difficile e le reazioni biochimiche passano da quelle di tipo aerobico a quelle di tipo anaerobico. Fra la superficie del materiale inerte e la pellicola biologica si forma uno strato anaerobico nel quale l’ossigeno non riesce a diffondere (vedi figura 14.2 in basso) In questa situazione, nella zona di contatto fra la membrana biologica e il materiale inerte, si ha la formazione di sostanze gassose, metano, ammoniaca e idrogeno solforato, oltre a una certa quantità di anidride carbonica (biogas), che causano il distacco della pellicola biologica dalla superficie del supporto inerte (vedi figura 14.3). Tale meccanismo causa un continuo rinnovamento della pellicola biologica e la formazione di frammenti solidi che vengono trascinati verso il basso del filtro percolatore (fango). Depurazione delle acque 62 Impianti a filtri percolatori Fig 14.3 – Ciclo di formazione e distacco della pellicola biologica Le acque che escono dal fondo del filtro percolatore saranno perciò formate da una sospensione di solidi sedimentabili, costituiti da batteri attivi e altri microrganismi oltre che da solidi inerti non biodegradabili. Anche se la composizione dei solidi sedimentabili è diversa da quella che si ottiene negli impianti a fanghi attivi si verifica, anche in questo caso, la trasformazione del BOD solubile in BOD sedimentabile e pertanto sarà necessaria una successiva fase di sedimentazione per separare la parte solida dalle acque depurate e chiarificate. La maggior parte del BOD viene eliminato nella parte superiore del filtro percolatore mentre nella parte inferiore si hanno processi di affinamento. Le acque da depurare vengono alimentate nella parte superiore del filtro percolatore usando uno spruzzatore rotante munito di numerosi ugelli. La quantità di liquami inviati al filtro non deve essere eccessiva per evitare che questo si riempia completamente impedendo la libera circolazione dell’aria Depurazione delle acque 63 Impianti a filtri percolatori Per poter essere trattate nei filtri percolatori i liquami devono essere ben chiarificati e quindi devono essere stati sottoposti a efficaci trattamenti preliminari e a una buona sedimentazione primaria, infatti, oltre all’ovvia fase di grigliatura si devono eseguire anche le fasi di dissabbiatura, disoleatura e sedimentazione primaria perché: • i materiali sabbiosi si accumulerebbero nei digestori anaerobici, usati nel trattamento dei fanghi, riducendone il volume utile disponibile e impedendone un corretto svuotamento; • le sostanze oleose, aderendo alla membrana biologica, ne diminuirebbero fortemente la capacità di ossigenazione e l’attività batterica; • i solidi sospesi, non eliminati con una preventiva fase di sedimentazione, si depositerebbero negli spazi vuoti all’interno del materiale inerte intasando in breve tempo il filtro. Lo schema classico di un impianto a filtro percolatore è simile a quello classico a fanghi attivi con due differenze: la vasca di aerazione viene sostituita dal filtro percolatore e non viene effettuato il riciclo dei fanghi (vedi figure 14.4 e 14.5). Depurazione delle acque 64 Impianti a filtri percolatori Figura 14.4 – Schema a blocchi di un impianto a filtro percolatore I liquami che vengono raccolti sul fondo del filtro percolatore sono formati da una sospensione acquosa contenente le parti della membrana biologica che si sono distaccate dal materiale inerte, a causa del meccanismo descritto in precedenza, e acqua con un BOD residuo (solubile) ridotto. L’eliminazione del BOD, che in questa fase risulta concentrato nella parte dei solidi sospesi sedimentabili, si può realizzare separando le sostanze in sospensione dall’acqua (sedimentazione secondaria) e sottoponendo i fanghi ottenuti a un processo di stabilizzazione, realizzato mediante fermentazione anaerobica oppure per ossidazione aerobica in apposite vasche di aerazione (vedi gli esempi descritti anche negli impianti a fanghi attivi) o ancora mediante trattamenti chimici opportuni (per la descrizione di queste tecniche vedere in seguito). Depurazione delle acque 65 Impianti a filtri percolatori Figura 14.5 – Schema classico di un impianto a filtro percolatore A differenza dei fanghi attivi i filtri percolatori godono di ossigenazione naturale: l’aria atmosferica circola all’interno del filtro grazie ad apposite “finestrelle” poste sull’intera circonferenza e situate nella parte bassa del filtro stesso. La circolazione dell’aria è favorita dalla differenza di temperatura tra l’esterno e l’interno: in estate l’aria esterna più calda entra dall’alto, si raffredda ed esce dal basso; in inverno si ha il movimento opposto. Ossigenazione non ottimale si ha nei periodi in cui le temperature, esterna e interna, sono simili. 14.2 - Confronto fra gli impianti a filtri percolatori e quelli a fanghi attivi Rispetto agli impianti a fanghi attivi quelli a filtri percolatori presentano i seguenti vantaggi: • minor consumo di energia. Nei filtri percolatori lo scambio di ossigeno avviene per aerazione naturale e non necessita di dispositivi elettromeccanici che consumano rilevanti quantità di energia; • numero di microrganismi attivi costante. Mentre negli impianti a fanghi attivi si può avere, nel caso di un improvviso aumento del carico idraulico, una diluizione della quantità di microrganismi contenuti nella vasca di aerazione, nei filtri percolatori questo non può avvenire dal momento che i batteri sono saldamente ancorati al materiale inerte; • indipendenza da variazioni improvvise di carico organico. Così come per le improvvise variazioni di carico idraulico i filtri percolatori sopportano meglio le improvvise variazioni di carico organico rispetto agli impianti a fanghi attivi; • assenza di schiume nel sedimentatore secondario. L’efficiente fase di disoleazione effettuata sui liquami grezzi evita che nel sedimentatore secondario si formino schiume; • fanghi con migliore sedimentabilità. I fanghi che si formano negli impianti a filtri percolatori hanno una densità maggiore e quindi sedimentano con più facilità di quelli prodotti negli impianti a fanghi attivi; • migliore gestione del sedimentatore secondario. Il ridotto carico organico superficiale dei solidi sospesi facilita in modo sostanziale il compito del SED II. Depurazione delle acque 66 Impianti a filtri percolatori • funzionamento più semplice. L’assenza di apparecchiature elettromeccaniche rende il funzionamento dei filtri percolatori più sicuro dal momento che la necessità di interventi di manutenzione è quasi nulla; • maggiore resistenza alla presenza di fattori tossici. Le membrane, per loro costituzione, sono più resistenti perché molto meno permeabili dei fiocchi. Gli svantaggi sono invece: • grande rigidità dell’impianto. Impossibilità di regolare la quantità dei microrganismi (come con il ricircolo del fango nei fanghi attivi) e scarsa possibilità di regolare l’ossigenazione (si può tentare di regolare il grado di apertura delle “finestrelle”, ma è poco funzionale); • emissione di odori sgradevoli soprattutto durante il periodo estivo. Per la presenza di qualche zona poco ossigenata e quindi soggetta a reazioni anaerobiche; • possibile sviluppo di insetti; • a parità di potenzialità depurativa maggiore superficie richiesta; • rendimenti depurativi minori nel periodo invernale. L’attività della membrana biologica è molto influenzata dalla temperatura esterna; • tempi di riattivazione lunghi. Nel caso in cui la membrana biologica sia stata disattivata da fattori tossici ci vuole molto tempo prima che il filtro sia di nuovo in condizione di depurare (riformazione delle membrane); • maggiore costo di istallazione. La maggior parte della messa in opera del riempimento deve essere fatta manualmente per evitare la frantumazione del riempimento con gravi pericoli di futuri intasamenti. 14.3 - Dimensionamento del filtro: il fattore di carico volumetrico (Fcv) e il carico idraulico superficiale (Cis) Come per gli impianti a fanghi attivi anche in quelli a filtri percolatori si potrebbe definire un parametro “fattore di carico organico” utile alla loro classificazione. Tuttavia, mentre nel primo caso la massa dei batteri attivi può essere messa in relazione alla quantità totale di solidi sedimentabili, nel caso attuale questo parametro non è determinabile a causa dell’impossibilità di valutare il peso della pellicola biologica che si sviluppa sul materiale inerte. Depurazione delle acque 67 Impianti a filtri percolatori E’ possibile però, partendo dall’ipotesi che la quantità di membrana biologica aderente al materiale inerte sia costante nel tempo, che sia proporzionale alla superficie del materiale inerte e che le dimensioni del materiale filtrante siano omogenee, supporre che la massa dei batteri attivi sia proporzionale al volume di contatto fra liquami e materiale inerte. Si può allora definire un altro parametro, analogo a quello usato per gli impianti a fanghi attivi, chiamato “fattore di carico organico volumetrico (FCV)” definito come rapporto fra la quantità di BOD fornito giornalmente all’impianto, misurato perciò in kg(BOD5)/giorno, e il volume di contatto espresso in m3. In modo simile a quanto fatto con i sedimentatori è possibile definire anche un altro parametro utile al dimensionamento degli impianti a filtri percolatori; questo parametro è il “carico idraulico superficiale (CIS)” definito come il volume di liquami spruzzati sull’unità di superficie del letto percolatore nell’unità di tempo e misurato perciò in m3/m2·gg (o più frequentemente m3/m2·h). Dalla conoscenza del fattore di carico organico volumetrico, il volume del filtro si trova: ⇒ Allo stesso modo dal carico idraulico superficiale, la superficie di base del filtro si trova: ⇒ Conoscendo il volume e la superficie è agevole trovare l’altezza e il diametro del filtro. Similmente a quanto fatto con gli impianti a fanghi attivi anche i filtri percolatori vengono classificati sulla base del fattore di carico organico volumetrico; nel loro caso la suddivisione è più semplice, le categorie infatti sono solo due: • impianti a filtri percolatori a basso carico • impianti a filtri percolatori ad alto carico. Depurazione delle acque 68 Impianti a filtri percolatori 14.4 - Filtri percolatori a basso carico Nei filtri percolatori a basso carico si mantiene un fattore di carico organico volumetrico compreso fra 0,1 e 0,4 kg(BOD5)/m3·giorno e un carico idraulico superficiale compreso fra 0,05 e 0,25 m3/m2·h che, per un carico organico specifico che varia da 45 a 60 g(BOD5)/abitante·giorno), corrisponde al trattamento dei liquami prodotti da un numero di abitanti che varia fra 2 e 9 per ogni m3 di impianto. Parametri usati nei filtri percolatori a basso carico 0,1 < FCV < 0,4 0,05 < CIS < 0,25 Dal confronto dei valori riportati sopra con quelli corrispondenti, relativi agli impianti a fanghi attivi (FCV che varia da 0,7 a 1,5 kg(BOD5)/m3·giorno), si vede che, a parità di potenzialità, le superfici necessarie per gli impianti a filtri percolatori sono maggiori di quelle richieste per i fanghi attivi. Per impianti ad alto carico queste differenze risultano molto meno marcate. Nei filtri percolatori a basso carico il distacco della membrana biologica produce un fango con particelle compatte con alta densità e quindi un basso indice del volume del fango (SVI). Questo fango dunque possiede una elevata sedimentabilità. Inoltre, visto il basso carico organico volumetrico, il fango che viene inviato alla digestione anaerobica risulta già parzialmente mineralizzato. Gli impianti a filtri percolatori a basso carico usati per comunità medio piccole possono fare uso di fosse Imhoff che funzionano sia da sedimentatori che da digestori. Gli schemi possibili sono: • con fossa Imhoff usata sia come sedimentatore primario che come digestore e un sedimentatore secondario classico (vedi figura 14.6); • con due fosse Imhoff usate sia come sedimentatore primario che secondario e come digestori. Depurazione delle acque 69 Impianti a filtri percolatori Fig. 14.6 – Schema a blocchi di un impianto con fossa Imhoff Lo schema dello stesso impianto completato con i trattamenti preliminari di grigliatura, desabbiatura e disoleazione è riportato nella figura 14.7. Fig. 14.7 – Filtro percolatore con fossa Imhoff come sedimentatore primario Depurazione delle acque 70 Impianti a filtri percolatori Fig. 14.8 – Schema a blocchi di impianto a filtro percolatore e due fosse Imhoff In impianti molto piccoli la fase di sedimentazione secondaria può essere sostituita da un semplice pozzetto oppure mancare del tutto rendendo possibile, in casi particolari, per esempio quando il corpo recettore ha un alto potere autodepurante, l’esecuzione dello scarico delle acque in uscita dal filtro percolatore, direttamente nel corpo recettore finale. Se il sedimentatore secondario viene sostituito da una seconda fossa Imhoff allora si evita anche la necessità di trasferire i liquami da digerire dalla fase di sedimentazione secondaria alla fossa Imhoff che funziona come sedimentatore primario e di gestore (vedi schema di figura 14.7). L’impianto così realizzato possiede una rilevante semplicità di funzionamento (vedi figg. 14.8 e 14.9) Depurazione delle acque 71 Impianti a filtri percolatori Figura 14.9 – Impianto a filtro percolatore con due fosse Imhoff Si deve precisare tuttavia che le acque in uscita dalla 2° fossa Imhoff possono avere un BOD piuttosto elevato (una parte di sostanze organiche solubili passano dal comparto di digestione a quello di sedimentazione). Quando si usano impianti con un fattore del carico organico volumetrico molto basso (≤ 0,08), come nel caso di trattamento dei liquami prodotto da comunità molto piccole, la quantità di fanghi in uscita dal filtro percolatore è poca e parzialmente mineralizzata. In questo caso, se il recettore finale possiede buone capacità autodepurative, è possibile scaricare le acque in uscita dal filtro percolatore senza sottoporle a nessun trattamento ulteriore. 14.5 - Filtri percolatori ad alto carico o intensivi In questi tipi di impianto si mantiene un valore del fattore di carico organico volumetrico compreso fra 0,4 e 1,1 kg(BOD5)/m3·giorno che ci permette di trattare i liquami prodotti da 10 – 25 abitanti per ogni m3 di materiale inerte di supporto, e un carico idraulico superficiale compreso fra 0,6 e 1,6 m3/m2·h. Parametri usati nei filtri percolatori a alto carico 0,4 < FCV < 1,1 0,6 < CIS < 1,6 Poiché si fornisce una elevata quantità di substrato la crescita è rapida e la pellicola biologica presente sul materiale inerte acquista in breve tempo spessori rilevanti. Occorre allora operare in modo che l’elevata quantità di solidi che si liberano quando la membrana si sfalda (vedi figura 14.3) causi l’intasamento del filtro andando a depositarsi negli spazi liberi utilizzati per il passaggio dell’aria. Per ottenere questo risultato si può aumentare il carico idraulico, cioè la portata dei liquami che attraversano il materiale inerte, in modo da effettuare una specie di lavaggio del filtro. Si usa allora una parte dell’acqua depurata, uscente dalla fase di sedimentazione secondaria, che ha un BOD molto basso e non contribuisce perciò al valore del carico organico delle acque che entrano nel filtro percolatore (vedi figura 14.10). Questa operazione ha anche l’effetto di mantenere lo spessore della membrana biologica a valori non troppo elevati in modo che non sia impedita l’ossigenazione dello strato più interno. Depurazione delle acque 72 Impianti a filtri percolatori A tale proposito si definisce rapporto di ricircolo (R) il rapporto fra la portata di liquami che viene rimandata al filtro percolatore (Qr) e quella dei liquami che entrano nell’impianto (Qi), cioè: (14.4) Valori del rapporto di ricircolo comunemente adottati sono compresi fra 2 e 3 in modo, comunque, da mantenere, nel filtro percolatore, un valore del BOD5 compreso fra 100 e 150 ppm. Fanghi secondari Riciclo delle acque depurate Acque depurate allo smaltimento Sedimentazione primaria Filtro percolatore Sedimentazione secondaria Vasca di raccolta Fanghi totali Digestore anaerobico Fango essiccato allo smaltimento Essiccamento fanghi Figura 14.10 – Schema a blocchi di un impianto a filtro percolatore ad alto carico Lo schema dello stesso impianto completato con i trattamenti preliminari di grigliatura, desabbiatura e disoleazione è riportato nella figura 14.11. Grigliatura Uscita sabbie Uscita sostanze oleose Ricircolo acque depurate Sedimentatore primario Filtro percolatore Sedimentatore secondario Vasca di raccolta delle acque Uscita biogas Fanghi di supero Uscita acque depurate Fanghi primari e di supero Disoleatore Riciclo surnatante Desabbiatore Digestore anaerobico Smaltimento fanghi Letto di essiccamento dei fanghi Depurazione delle acque 73 Impianti a filtri percolatori Figura 14.11 – Schema di impianto con filtro percolatore ad alto carico Come già visto nel caso degli impianti a filtro percolatore a basso carico, quando il liquami da trattare sono quelli prodotti da una comunità medio piccola si può convenientemente sostituire il sedimentatore primario con una fossa Imhoff in modo da eliminare anche il digestore anaerobico (vedi figure 14.12 e 14.13). Fanghi secondari Riciclo delle acque depurate Fossa Imhoff Filtro percolatore Fanghi stabilizzati Essiccamento fanghi Acque depurate allo smaltimento Sedimentazione secondaria Vasca di raccolta Fango essiccato allo smaltimento Figura 14.12 – Filtro percolatore a alto carico con fossa Imhoff Grigliatura Uscita sabbie Uscita sostanze oleose Ricircolo acque depurate Fossa Imhoff Filtro percolatore Sedimentatore Vasca di raccolta delle acque depurate Disoleatore Fanghi stabilizzati Desabbiatore Fanghi secondari Uscita acque depurate Smaltimento fanghi Letto di essiccamento dei fanghi Figura 14.13 – Impianto ad alto carico con fossa Imhoff Depurazione delle acque 74 Impianti a filtri percolatori Uno schema alternativo a quelli visti sopra (figure 14.11 e 14.13) consiste nel sistemare la vasca di accumulo delle acque per il ricircolo prima della sedimentazione secondaria. Con questa disposizione si riduce in maniera rilevante la quantità di acqua che deve essere trattata nel sedimentatore secondario [da (1+R)·Qi a Qi] e di conseguenza si riducono le dimensioni della vasca di sedimentazione. Le acque riciclate, anche se hanno un basso valore del BOD5, contengono ancora i solidi sedimentabili e quindi il loro ricircolo non può essere fatto direttamente nel filtro percolatore, perché ne causerebbero l’intasamento in breve tempo, ma deve avvenire nel sedimentatore primario (modificando lo schema di fig 14.11) o nella fossa Imhoff (modificando lo schema di figura 14.13) vedi schema a blocchi di figura 14.14 e figura 14.15. Figura 14.14 – Impianto a alto carico con vasca di accumulo prima del sedimentatore Negli impianti di maggiori dimensioni, quelli che non possono usare le fosse Imhoff ma devono essere dotati di due vasche di sedimentazione, è possibile eliminare la vasca di raccolta prelevando la quantità di liquami per il riciclo dal fondo della vasca di sedimentazione secondaria. In questo caso non vengono riciclati solamente i fanghi sedimentati ma una miscela di fanghi e di acqua chiarificata. Usando questo schema di progetto risulta evidente che i liquami devono essere necessariamente Depurazione delle acque 75 Impianti a filtri percolatori riciclati alla sedimentazione primaria dal momento che contengono tutto il materiale sedimentabile che si è separato dai liquami depurati (vedi figura 14.15). Figura 14.15 – Impianto a alto carico senza vasca di accumulo e riciclo Nelle figure che seguono sono rappresentati gli schemi di impianto relativi agli schemi a blocchi delle figure 14.14 e 14.15. Depurazione delle acque 76 Impianti a filtri percolatori Figura 14.16 – Alto carico con vasca di accumulo prima del sedimentatore Figura 14.17 – Impianto senza vasca di accumulo I vantaggi dei filtri percolatori a alto carico consistono in una potenzialità specifica più alta e una certa capacità di regolazione fornita dal riciclo delle acque di lavaggio. Hanno tuttavia rendimento depurativo minore e producono fanghi che sono di tipo fioccoso più simili a quelli prodotti negli impianti a fanghi attivi perciò con Depurazione delle acque 77 Impianti a filtri percolatori caratteristiche di sedimentabilità e putrescibilità peggiori. Sono inoltre di funzionamento più delicato perché devono essere muniti di pompe per il trasferimento dei liquami e consumano più energia degli impianti a basso carico. Sulla base delle considerazioni precedenti si può perciò affermare che, eccetto che per impianti di alta potenzialità, è sempre più conveniente usare impianti a basso carico. 14.6 - Rendimenti depurativi I rendimenti depurativi degli impianti a filtri percolatori sono generalmente inferiori a quelli a fanghi attivi e sono fortemente influenzati dal fattore di carico organico volumetrico e dalla temperatura esterna. Dall’esame statistico dei valori del rendimento depurativo ottenuto in diversi impianti a filtri percolatori, con valori diversi del fattore del carico organico volumetrico, è stata ricavata una formula empirica che fornisce il valore dell’abbattimento percentuale del BOD5 in funzione del fattore di carico organico volumetrico: (14.6) Questa formula è riportata graficamente in figura 14.19 nella quale l’area in grigio rappresenta il valore dell’incertezza. Depurazione delle acque 78 Impianti a filtri percolatori Figura 14.19 – Rendimenti depurativi dei filtri percolatori in funzione del fattore di carico organico volumetrico Per filtri percolatori ad alto carico, con riciclo delle acque per il lavaggio, il rendimento è influenzato anche dal rapporto di ricircolo e l’equazione 14.6 diventa: (14.7) dove: (14.8) ed R indica il rapporto di ricircolo. Riportando i rendimenti depurativi in funzione del fattore di carico volumetrico per valori diversi del rapporto di riciclo per i filtri percolatori a alto carico si ottiene il grafico riportato in figura 14.20 Depurazione delle acque 79 Impianti a filtri percolatori Figura 14.20 – Rendimenti depurativi in filtri percolatori a alto carico Come abbiamo già detto i rendimenti depurativi dei filtri percolatori sono fortemente influenzati dalla temperatura nel senso che basse temperature ambientali hanno una incidenza negativa molto più alta rispetto agli impianti a fanghi attivi. Analisi statistiche realizzate in condizioni estive, con una temperatura superiore a 18 °C e in condizioni invernali con temperature medie inferiori a 10 °C hanno fornito i risultati riportati nel grafico di figura 14.21. Depurazione delle acque 80 Impianti a filtri percolatori Figura 14.21 – Rendimenti depurativi in funzione della temperatura Per le due curve è possibile scrivere, per il rendimento, delle equazioni semiempiriche; le condizioni estive (temperature medie superiori a 18 °C) sono ben rappresentate dall’equazione: (14.9) mentre per le condizioni invernali (temperature medie inferiori a 10 °C) abbiamo: (14.10) In alcuni casi potrebbe essere possibile usare il biogas che si forma nel digestore anaerobico per riscaldare il letto percolatore. Tuttavia una tale soluzione rende più costoso e più delicato l’impianto dal momento che si dovrebbe istallare un sistema per lo scambio termico oltre alle apparecchiature elettromeccaniche per la circolazione dei fluidi riscaldanti. 14.7 - Filtri percolatori con supporto in materiale plastico Attualmente c’è la tendenza a sostituire il materiale inerte di riempimento dei filtri percolatori con un materiale artificiale plastico che possiede una ben precisa configurazione e che consente perciò di ottenere rapporti superficie di contatto/ volume del riempimento particolarmente elevati. Questi tipi di filtri hanno anche il vantaggio di essere molto più leggeri rispetto a quelli con riempimento tradizionale e possono essere costruiti con altezze maggiori, inoltre il materiale del riempimento è non putrescibile, inerte e può essere montato con estrema facilità. Gli elementi del riempimento possono essere costruiti con tubi di PVC del diametro di 8 cm, spessore di 1 – 2 mm e lunghezza che può arrivare fino a 6 m. L’interno del tubo è diviso da diaframmi che conferiscono al materiale una struttura a nido d’ape (vedi figura 14.22) Depurazione delle acque 81 Impianti a filtri percolatori In altri casi il riempimento del filtro è formato da blocchi rigidi di materiale plastico, con struttura alveolare, formati da fogli ondulati opportunamente sagomati e saldati fra loro. Queste strutture obbligano le gocce d’acqua a seguire un percorso tortuoso in modo da allungare il tempo di contatto con la pellicola biologica che ricopre il riempimento. Nello stesso tempo l’aria può fluire con facilità fornendo l’ossigeno necessario alla pellicola biologica. Gli spazi liberi permettono inoltre una facile caduta del materiale solido che si distacca evitando il possibile intasamento del filtro percolatore. Questi sistemi consentono inoltre di costruire filtri percolatori di forma diversa da quella cilindrica e di altezza che può arrivare a 10 m e costituire delle vere e proprie torri filtranti (vedi figura 14.22 - A) e B) Depurazione delle acque 82 Impianti a filtri percolatori Figura 14.22 – B) Materiale plastico alveolare per filtri percolatori Figura 14.22 – A) Struttura del materiale plastico usato come riempimento nei filtri percolatori Depurazione delle acque 1 Impianti a filtri percolatori Rispetto al materiale inerte tradizionale, quasi sempre costituito da pietre, il materiale plastico presenta i seguenti vantaggi: • le superfici specifiche di contatto sono comprese fra 100 e 200 m2/m3 contro 50 – 70 m2/m3 del materiale tradizionale, consentendo un maggior sviluppo di pellicola batterica; • il valore percentuale degli spazi vuoti è compreso fra il 93 e il 97% contro il 40 – 60% del tipo di riempimento tradizionale. Questo rende possibile una migliore circolazione dell’aria e elimina il rischio di intasamento dovuto a uno sviluppo eccessivo della pellicola batterica; • i pesi variano fra 30 e 100 kg/m3 contro 800 – 1400 kg/m3 del materiale tradizionale. In questo modo è possibile costruire letti filtranti di altezza maggiore, fino a 10 m, consentendo il trattamento di carichi idraulici più elevati. Grazie a queste particolari caratteristiche si possono costruire filtri percolatori ad alto e altissimo carico nei quali il materiale tubolare viene disposto verticalmente in modo da formare un vero e proprio fascio di tubi. L’acqua immessa dall’alto scorre verticalmente verso il basso bagnando le pareti del materiale alveolare e l’aria fluisce naturalmente in senso opposto. La pellicola biologica, che cresce sulle pareti esterne e interne del materiale tubolare, assorbe e metabolizza sia le sostanze biodegradabili che parte di quelle inerti formando nuovo materiale batterico. Il materiale sedimentabile che si forma quando si distacca lo strato batterico aderente al riempimento tubolare fluisce facilmente verso il basso senza pericolo di ostruzione dello spazio vuoto. Questo permette di inviare al filtro percolatore anche liquami non perfettamente chiarificati e addirittura di riciclare acque contenenti solidi in sospensione. Risulta perciò possibile semplificare notevolmente l’impianto sottoponendo i liquami da trattare a una triturazione ed eventualmente, ma non necessariamente a grigliatura fine o stacciatura, senza dover eseguire la sedimentazione primaria (Vedi figura 14.24) N.B. : non è necessario il SED I ! Depurazione delle acque 129 Impianti a filtri percolatori Figura 14.24 – Schema impianto a filtro percolatore con triturazione In questo impianto, che può essere costruito in maniera molto compatta, si può sostituire il normale sedimentatore secondario con una fossa di sedimentazione del tipo Dortmund. (vedi figura 14.25) Figura 14.25 – Schema di filtro percolatore con trituratore e sedimentatore Dortmund Una ulteriore semplificazione si ottiene riciclando continuamente anche il fango ottenuto nel sedimentatore secondario sottoponendolo cioè a una aerazione prolungata. Il risultato è simile a quello degli impianti a fanghi attivi a ossidazione Depurazione delle acque 130 Impianti a filtri percolatori totale (carico del fango molto basso) per cui oltre all’abbattimento del BOD si ottiene anche la mineralizzazione dei fanghi ottenuti che possono essere essiccati e scaricati senza ulteriori trattamenti. In questo ultimo caso è però necessario che il filtro percolatore lavori con un fattore del carico organico volumetrico molto basso. Questo processo è chiamato anche a filtrazione prolungata (vedi figura 14.26) Ricircolo predisposto, ma non necessariamente in funzione Figura 14.26 – Impianto a filtrazione prolungata Nella figura 14.27 è riportato lo schema di impianto relativo allo schema a blocchi di figura 14.26 Depurazione delle acque 131 Impianti a filtri percolatori Figura 14.27 – Impianto a filtrazione prolungata Come detto in precedenza questi impianti possono lavorare anche ad altissimo carico (FCV compreso fra 1,0 e 1,6 kg(BOD5)/m3·giorno con punte massime che arrivano a 4 – 5 kg(BOD5)/m3·giorno e carichi idraulici superficiali fino a 6 m3/m2·h). Queste condizioni di esercizio risulterebbero proibitive per gli impianti tradizionali che si intaserebbero in breve tempo anche se si operasse con un alto riciclo delle acque di lavaggio. I rendimenti depurativi dei filtri percolatori ad alto carico non sono elevati: mediamente 50 – 75% e si ha inoltre una elevata produzione di fanghi di supero. L’applicazione di questi impianti non è rivolta a ottenere una depurazione spinta ma come sistema preliminare di sgrossatura di acque particolarmente inquinate come: • trattamento di acque di origine industriale prima della loro immissione nel sistema fognario comune; • trattamento preliminare di liquami che verranno poi inviati a un impianto di abbattimento finale del BOD. In relazione al secondo punto sono stati costruiti impianti nei quali il filtro percolatore costituisce la fase preliminare di depurazione che prosegue poi con il trattamento a fanghi attivi (vedi figura 14.28). In questo modo si sono ottenuti i seguenti vantaggi: • diminuzione dei costi dovuti alla fase di aerazione nel trattamento a fanghi attivi dal momento che buona parte del BOD è già stato abbattuto; • funzionamento più stabile dell’intero impianto grazie all’effetto ammortizzante del filtro percolatore che può sopportare variazioni repentine di carico organico e idraulico; Depurazione delle acque 132 Impianti a filtri percolatori • protezione contro l’immissione di eventuali scarichi tossici; • riduzione del fenomeno del bulking; • possibilità di sfruttare impianti a fanghi attivi sottodimensionati. Figura 14.28 – Filtro percolatore a alto carico con impianto a fanghi attivi Produzione di fango di supero per i sistemi a biomassa adesa In analogia con quanto si fa con gli impianti a fanghi attivi si può definire, sia per i F.P. che per i biodischi, il parametro I (indice di produzione del fango) e dal suo valore calcolare il fango prodotto. Per impianti a basso carico si può contare su un indice di produzione del fango nell’intervallo: I = 0,4 ÷ 0,5 kg SS/kg BOD5 rimosso mentre per impianti ad alto carico I = 0,7 ÷ 0,8 kg SS/kg BOD5 rimosso Conoscendo il rendimento depurativo dell’impianto possiamo calcolare il fango prodotto: Un altro modo per stimare la produzione di fango è quello che fa uso di dati riportati dalla letteratura specifica (Imhoff e altri) per temperature intorno a 20 °C Depurazione delle acque 133 Impianti a filtri percolatori (vedi tabella sotto), ma considerati allo stato attuale non sufficientemente cautelativi. Per temperature più basse la produzione di fango sarà maggiore. Tipo di fango Fango fresco secondario Fanghi combinati (I +II) Produzione Produzione Tenore in acqua specifica in specifica in peso (%) volume !SSspec (gr/ Qvspec (litri/ ab⋅gg) ab⋅gg) Basso Alto Basso Alto Basso carico carico carico carico carico 0,16 0,40 13 20 92 95 1,22 1,48 67 74 94,5 95 Alto carico Da notare il tenore di acqua decisamente più basso di quello del fango proveniente dagli impianti a fanghi attivi che si aggira su valori intorno al 98%. Il calcolo della quantità di fango prodotto, come della portata volumetrica, si fa al solito modo, conoscendo il numero di abitanti equivalenti: !SS= n. ab. ⋅ !SSspec Qv= n. ab. ⋅ Qvspec Depurazione delle acque 134 Impianti a filtri percolatori Esempio 14.2 - Fitro percolatore Determinare il BOD in uscita dall’impianto, il diametro e l’altezza di un filtro percolatore a basso carico (FCV = 0,4 kg(BOD5)/m3·giorno) con riempimento di pietrisco sapendo che il carico idraulico è Qi = 2000 m3/giorno, che il BOD5 dei liquami in ingresso è 220 ppm e che il carico idraulico superficiale è CIS = 0,2 m3/ m2·h ***************** Per determinare il rendimento depurativo si usa la formula: ora si può calcolare il BOD in uscita (BODU), infatti da cui si ricava: Per ricavare le dimensioni del filtro percolatore bisogna calcolarne il volume (V) e la superficie (S). Questi valori si possono ottenere conoscendo il carico organico (Qorg) e la portata idraulica oraria (Q). Calcolo del carico organico: Calcolo del volume del filtro: Carico idraulico orario: Calcolo della superficie della vasca: Depurazione delle acque 135 Impianti a filtri percolatori Calcolo del diametro: Calcolo dell’altezza: Depurazione delle acque 136 Impianti a filtri percolatori Esempio 14.3 - Fitro percolatore a alto carico Determinare il BOD in uscita dall’impianto, il diametro e l’altezza di un filtro percolatore ad alto carico usato per trattare 20000 m3/giorno di liquami con un BOD5 in ingresso pari a 175 mg/l (FCV= 0,51 kg(BOD5)/m3·giorno) con riempimento di pietrisco sapendo che il carico idraulico è CIS = 0,8 m3/m2·h e un rapporto di ricircolo R = 1. Per determinare il BOD in uscita si deve calcolare il rendimento di depurazione. In questo caso si usano le formule 14.7 e 14.8: Risolvendo si ottiene: Valore del BOD in uscita: Calcolo del carico organico: Calcolo del volume del filtro: Carico idraulico orario: Calcolo della superficie della vasca: Calcolo del diametro: Calcolo dell’altezza: Depurazione delle acque 137 Impianti a filtri percolatori Poiché l’altezza risulta superiore a 3 metri, che viene considerato il limite massimo per i letti percolatori con riempimento di pietrisco, occorre variare alcuni parametri in modo da ottenere lo stesso rendimento depurativo ma diminuire il volume della vasca e allo stesso tempo aumentare la superficie del filtro percolatore. I parametri da cambiare sono il rapporto di ricircolo R e il fattore di carico organico volumetrico FCV Per esempio aumentando il rapporto di ricircolo a 1,13 si ottiene lo stesso rendimento depurativo aumentando anche il fattore di carico organico volumetrico a 0,53 kg(BOD5)/m3·giorno. Ripetendo i calcoli con questi nuovi valori si ottiene: V = 6604 m3 S = 2218 m2 d = 53,2 m h = 2,98 m Esempio 14.4 - Fitro percolatore con riempimento in plastica Determinare il BOD5 in uscita, il diametro e l’altezza di un filtro percolatore con riempimento in plastica utilizzato per trattare 7600 m3/giorno di liquami sapendo che il BOD5 in arrivo all’impianto è di 300 mg/l e che la sedimentazione primaria riduce il BOD5 del 30%. I parametri di lavoro del filtro sono: FCV = 0,7 Kg(BOD5)/m3·g CIS = 0,9 m3/m2·h Rendimento depurativo: BOD5 in entrata dopo l’abbattimento nel sedimentatore primario ppm BOD in uscita: Calcolo del carico organico: Depurazione delle acque 138 Impianti a filtri percolatori Calcolo del volume del filtro: Carico idraulico orario: Calcolo della superficie della vasca: Calcolo del diametro: Calcolo dell’altezza: Depurazione delle acque 139 Impianti a filtri percolatori Esempio 14.5 - Fitro percolatore con riempimento in plastica Le acque reflue di un centro abitato vengono trattate con un filtro percolatore, ad alto carico con riempimento in plastica, dell’altezza di 5,5 m. Le acque hanno un BOD5 = 200 ppm e vengono alimentate usando un carico idraulico superficiale di 0,5 m3/m2·h. Sapendo che si usa un rapporto di ricircolo R = 3 determinare il BOD5 delle acque in uscita dall’impianto. *************** Per determinare il BOD in uscita si deve calcolare il rendimento di depurazione. In questo caso si usano le formule 14.7 e 14.8: Risolvendo si ottiene: Per eseguire il calcolo occorre determinare il valore del carico organico volumetrico FCV cioè i kg di BOD5 alimentati al filtro ogni giorno per ogni m3 di materiale inerte. Dal testo sappiamo che ogni m2 di superficie filtrante viene alimentato con un carico idraulico superficiale CIS = 0,5 m3 di acque reflue ogni ora. Il carico idraulico superficiale giornaliero si ottiene da quello orario moltiplicando per 24. CIS’ = CIS·24 Il volume del filtro percolatore, per ogni m2 di superficie di base è V = h·1 = h m3 È possibile allora calcolare il carico idraulico volumetrico (CIV), cioè il volume di acque reflue Depurazione delle acque alimentate ogni giorno per ogni m3 di materiale filtrante: 140 Impianti a filtri percolatori Per calcolare il carico organico volumetrico è sufficiente moltiplicare il carico idraulico volumetrico per il BOD5 delle acque trattate. Il rendimento di depurazione sarà perciò: Il valore del BOD uscente è allora: Depurazione delle acque 141 Impianti a filtri percolatori Diagnostica per filtri percolatori Date le minori variabili in gioco (i filtri percolatori sono sistemi a conduzione molto rigida) in questo caso la diagnostica è meno complessa che per i fanghi attivi, non si deve pensare tuttavia che non esistano malfunzionamenti, i malfunzionamenti ci sono, solo che spesso non si sa come farvi fronte. Di seguito si riporta una tabella delle principali disfunzioni, delle possibili cause e dei rimedi desunti spesso dall’esperienza sul campo. Disfunzioni Possibili cause Rimedi - ridurre la portata alimentata (se possibile) Aumento eccessivo di Fcv indesiderata (funghi e rendimento depurativo - aumentare, se possibile, la rimozione di BOD nei pretrattamenti - lavare il riempimento con ipoclorito (o Crescita di biomassa Calo del - aumentare il ricircolo idraulico soda) per eliminare le specie indesiderate lieviti) Riduzione temperatura (!!) - ridurre la finestratura inferiore operativa nel filtro - ridurre il ricircolo ai minimi consentiti Riduzione della situazione - aprire tutte le finestrature di aerobicità all’interno - inserire sistemi ad aerazione forzata del filtro Variazioni di pH, - aumentare il ricircolo idraulico al massimo presenza di sostanze consentito tossiche, carenza di - intervenire sull’influente a monte nutrienti, ecc. Chiarificatore - ridurre il ricircolo idraulico sovraccaricato - aumentare l’estrazione dei fanghi Innesco denitrificazione nel sedimentatore - aumentare il carico al filtro per impedire la nitrificazione Presenza di - spruzzare il fango con getti di acqua per solidi sospesi eliminare le bolle di azoto - aumentare l’estrazione dei fanghi dal nell’effluente del sedimentator e Eccessivo spoglio delle sedimentatore pellicole dal supporto - eliminare la causa perturbatrice (pH, Disfunzione del sostanze tossiche, ecc.) - riparazione del raschiafanghi meccanismo raschiafanghi - regolare gli stramazzi di sfioro Cortocircuitazioni - installare setto di smorzamento nella idrauliche Depurazione delle acque distribuzione centrale o sfioro periferico 142 Impianti a filtri percolatori - favorire condizioni aerobiche nei pretrattamenti Carico organico eccessivo - verificare la presenza di scarichi industriali ad alto BOD - coprire il filtro e deodorizzare lo spurgo del Emanazione fango - aumentare il ricircolo idraulico di odori sgradevoli - ridurre la velocità periferica del distributore Ventilazione insufficiente rotante - disintasare le prese d’aria - verificare un eventuale collasso o intasamento del filtro - aumentare il ricircolo idraulico per aumentare il dilavamento Eccessiva crescita - additivare cloro al ricircolo per molte ore biologica - fermare il filtro il tempo necessario a permettere l’asciugatura del riempimento Riempimento non idoneo - sostituire completamente il riempimento, se (pezzatura troppo piccola Sommersione o disomogenea o frammentata) (anche Eccessiva presenza di parziale) del solidi nell’alimentazione riempimento Spoglio abnorme di parassita (insetti, perturbatrice - aumentare al massimo il ricircolo idraulico - aumentare la velocità di distribuzione - additivare il ricircolo con dosi massicce di lumache, ecc.) cloro per alcune ore (!!) - aumentare il ricircolo Scarso o intermittente - aumentare la velocità periferica del sistema carico idraulico rotante - allagare (se possibile) il filtro per 24 ore Ambiente particolarmente adatto alla crescita - clorare leggermente per alcune ore il ricircolo - spruzzare con insetticida le pareti del filtro e Presenza di moscerini pretrattamenti - ridurre il ricircolo dall’alimentazione ed eliminare la causa Sviluppo di macrofauna mosche e - intervenire in modo idoneo nei - verificare se il fenomeno dipende pellicola biologica insetti, possibile, solo nelle zone interessate (!!) Riduzione temperatura le zone circostanti - ridurre la finestratura inferiore operativa nel filtro - ridurre il ricircolo ai minimi consentiti Depurazione delle acque 143 Impianti a filtri percolatori mosche e moscerini - aprire tutte le finestrature Scarsa manutenzione - ridurre il carico organico (?!) Variazioni di pH, - inserire sistemi ad aerazione forzata - aumentare il ricircolo idraulico al massimo presenza di sostanze - intervenire sull’influente a monte tossiche, carenza di nutrienti, ecc. Formazione Raffreddamento eccessivo di ghiaccio dello scarico Sistema di Portata insufficiente - Verificare che i sifoni di cacciata si adeschino al momento opportuno - Pulire gli ugelli di uscita Spruzzatori o bracci - Ridurre i solidi sospesi in arrivo mediante rotanti intasati Riempimento rotto in superficie - ridurre la velocità di distribuzione - ridurre il tiraggio naturale - Aumentare il ricircolo distribuzione inefficiente - ridurre il ricircolo interventi sui pretrattamenti - progettare il riempimento con griglie di Problemi meccanici da plastica fisse (o passerelle di legno mobili) calpestio necessarie per la manutenzione della Depurazione delle acque distribuzione 144 Impianti a filtri percolatori 14.8 – Dischi biologici o biodischi Un altro tipo di impianto nel campo dei reattori biologici a biomassa fissa, che sfrutta cioè la crescita di microrganismi su un supporto inerte, è quello a biodischi. Questo tipo di impianto, che costituisce, almeno per potenzialità non troppo elevate (10000 – 15000 abitanti), un miglioramento del sistema a filtri percolatori, è formato da una serie di dischi, con diametro variante da 1 a 3 - 4 metri, costruiti in materiale plastico (PVC o polietilene), sui quali viene fatta sviluppare la membrana biologica. Questi dischi hanno uno spessore medio di 5 mm e sono montati su uno stesso asse alla distanza di 20 – 30 mm l’uno dall’altro. Il sistema così ottenuto è posto in una vasca in vetroresina (per potenzialità minori) o in calcestruzzo (per potenzialità maggiori), nella quale vengono immessi i liquami da depurare, in modo che la superficie dei dischi sia immersa per circa il 40% (vedi figura 14.29). Figura 14.29 - Biodischi Contrariamente a quanto avviene per i filtri percolatori nei quali la biomassa è immobile mentre le acque da depurare scorrono, nei biodischi sia la biomassa che l’acqua si muovono. Anche in questo caso tuttavia la pellicola biologica è fissata a un supporto inerte costituito appunto dai dischi. Ai dischi viene imposta una lenta rotazione in modo da avere una velocità periferica di circa 30 cm/s (1 ÷ 2 numero di giri al minuto per i dischi di maggiori dimensioni, 3 ÷ 4 per quelli più piccoli). È opportuno non superare la velocità periferica indicata per evitare che l’attrito con l’acqua porti a un distacco precoce della pellicola biologica e rendere quindi il sistema meno efficiente. Dopo una prima fase iniziale sui dischi si forma una pellicola di materiale biologico che, quando è fuori dall’acqua assorbe ossigeno, mentre quando è immersa sfrutta Depurazione delle acque 145 Impianti a biodischi l’ossigeno assorbito sia per la respirazione batterica che per la crescita e la riproduzione. Quando lo strato batterico ha raggiunto uno spessore variante da 2 a 5 mm, si distacca dal supporto in materiale plastico, azione favorita anche dal movimento di rotazione, e forma così una sospensione sedimentabile. Il movimento dei dischi all’interno dei liquami mantiene in continua agitazione la sospensione stessa e trasferisce parte dell’ossigeno assorbito dallo strato batterico ai liquami mantenendoli costantemente ossigenati. Il meccanismo di funzionamento è pertanto simile a quello dei filtri percolatori e anche in questo caso c’è la necessità di sottoporre il liquami a un trattamento preliminare ben fatto in modo da evitare l’intasamento del dispositivo o il deposito di sostanze oleose sui dischi che può causare una pesante riduzione dell’efficienza del processo di depurazione. Per ottenere rendimenti depurativi dell’ordine del 90 – 95% si deve operare in più stadi successivi, intendendo per stadio un gruppo di dischi che lavorano in porzioni di vasca separate fra loro da setti divisori che obbligano i liquami a scorrere secondo un percorso più lungo (vedi figura 14.30) Figura 14.30 – Depuratore a biodischi a quattro stadi Operando con 3 – 4 stadi e volendo ottenere un abbattimento del BOD superiore al 90% occorrono circa 2 m2 di disco per ogni abitante. Un modo diverso di costruzione dei biodischi consiste nell’uso di un nastro di materiale plastico corrugato che viene avvolto a spirale in modo da formare un cilindro della larghezza desiderata. Depurazione delle acque 146 Impianti a biodischi Grazie alla forma corrugata del nastro fra le varie spire del nastro rimane un certo spazio che consente il passaggio delle acque da depurare, quando la parte del disco si trova immersa, e quello dell’aria quando la parte del disco si trova fuori dall’acqua. In figura 14.31 è riportato un rotore di biodischi formato da nastro corrugato avvolto a spirale, mentre nella figura 14.32 è riportato il disegno di un piccolo impianto a biodischi tradizionali: Figura 14.31 – Biodischi formati da spirale di nastro corrugato Figura 14.32 – Piccolo impianto a biodischi a 4 stadi Per ottenere rendimenti depurativi di circa il 95% usando biodischi a 3 o 4 stadi occorre usare una superficie di dischi pari a 3 – 3,5 m2/AE. Sulla base di questo Depurazione delle acque 147 Impianti a biodischi valore si può determinare, una volta stabilito il diametro di ogni disco, il numero totale di dischi da usare. I vantaggi dei biodischi rispetto ai filtri percolatori e agli impianti a fanghi attivi sono: • il loro funzionamento non è influenzato dalle basse temperature invernali dal momento che questi dispositivi vengono montati al coperto; • richiedono dislivelli minimi (30 – 40 cm) mentre per i filtri percolatori sono necessari dislivelli di 2 – 3 m; • l’impianto può essere facilmente ispezionato in ogni punto rendendo la manutenzione agevole e evitando i pericoli di intasamenti; • si possono variale le condizioni di funzionamento dell’impianto variando semplicemente la velocità di rotazione dei dischi; • possono lavorare a alto carico come i filtri percolatori, ma in questo caso non c’è la necessità del riciclo delle acque; • il contatto occasionale con scarichi tossici danneggia solo superficialmente la membrana biologica e consente un ripristino veloce delle normali condizioni operative. Gli svantaggi invece sono: • richiesta di una superficie superiore sia a quella degli impianti a fanghi attivi che a quella dei filtri percolatori; • costo di istallazione superiore sia a quello degli impianti a fanghi attivi che a quello dei filtri percolatori. Con i biodischi è possibile costruire sistemi compatti, esempio: • biodischi montati sopra la vasca di sedimentazione secondaria di tipo rettangolare a fondo piatto; • impianto formato da fossa biologica, biodischi e sedimentatore disposto come nel caso precedente; • fossa Imhoff, biodischi e sedimentatore. Depurazione delle acque 148 Impianti a biodischi Nella figura 14.33 è riportato un impianto completo a biodischi completo di linea per il trattamento dei fanghi ottenuti. In figura 14.34 è riportato invece uno schema compatto nel quale si usa una fossa Imhoff sia per la sedimentazione primaria che per la stabilizzazione dei fanghi ottenuti. I biodischi sono costruiti direttamente sopra il sedimentatore secondario Figura 14.33 – Schema classico con biodischi Depurazione delle acque 149 Impianti a biodischi Figura 14.34 – Sistema compatto biodischi/sedimentatore Depurazione delle acque 150 Impianti a biodischi Reattori a biomassa adesa a letto mobile (MBBR - Moving Bed Biofilm Reactor) I principali vantaggi dei SISTEMI A BIOMASSA ADESA (“attached growth”) sono: • possibilità di svincolare il tempo di residenza cellulare da quello di ritenzione idraulica, senza operare ricircoli di biomassa; • possibilità di aumentare le concentrazioni di biomassa, con la conseguente riduzione dei volumi dei reattori e delle superfici occupate; • possibilità di migliorare le prestazioni di impianti esistenti sottodimensionati o al fine di rispettare standard allo scarico più restrittivi; • indipendenza del processo dalle caratteristiche di sedimentabilità del fango. I più importanti processi a biomassa adesa sono (Fig. 1): Fig. 1 Dopo ad aver visto i filtri percolatori ed i biodischi diamo di seguito una generale descrizione dei reattori a biomassa adesa a letto mobile (MBBR) che per le loro future potenzialità vanno considerati con particolare attenzione. Generalità I reattori a biomassa adesa a letto mobile (MBBR) fanno parte della famiglia dei sistemi a biomassa adesa che stanno soppiantando i processi a fanghi attivi nel trattamento dei reflui inquinati. _________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ________________________ Depurazione delle acque 151 Impianti MBBR Sono reattori biologici in cui i microrganismi attecchiscono su mezzi di supporto dispersi e sospesi nel refluo oggetto del trattamento. Il biofilm che si forma su tali supporti è funzione del carico organico associato al refluo in ingresso. A differenza degli altri processi a biomassa adesa, i supporti in questo caso sono liberi di muoversi e quindi non mantengono fisse né le mutue posizioni né quelle rispetto al reattore (Fig. 2). La crescita del biofilm sul supporto è il risultato dell’interazione tra processi di tipo biologico (metabolismo batterico in senso stretto) e processi di trasporto dei substrati (come arrivano il “cibo” e l’ossigeno). In particolare la formazione del biofilm è dovuta principalmente alla crescita delle cellule microbiche e alla produzione di polimeri extracellulari (in genere è trascurabile il contributo della massa in sospensione che attecchisce al supporto stesso). Lo sviluppo della pellicola varia quindi in funzione della composizione del refluo e dei processi di trasporto; da questi ultimi dipende la disponibilità di substrati per i microrganismi all’interno del biofilm. Il progressivo ispessirsi della pellicola da una parte influenza la diffusione dei substrati organici e dell’ossigeno dall’altra determina, in funzione delle caratteristiche idrodinamiche del reattore, il parziale distacco delle pellicole dai supporti, attraverso il fenomeno che viene solitamente indicato come “distacco delle pellicole di spoglio”. Fig. 2 In particolare questo accade per diversi motivi: • predazione da parte di organismi quali protozoi o metazoi • forze di taglio indotte dal flusso di acqua tangenziale al film, abrasione dovuta agli urti reciproci cui sono sottoposti i supporti dove è presente la pellicola (nei processi a letto mobile) _________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ________________________ Depurazione delle acque 152 Impianti MBBR • distacco spontaneo o collassamento quando nelle zone profonde del biofilm si realizzano condizioni limitanti di ossigeno e di substrati. Tipologie dei reattori I reattori MBBR possono essere realizzati con o senza ricircolo del fango dal sedimentatore secondario. Nel caso non sia previsto il ricircolo, i reattori a biomassa adesa si definiscono puri (solo biomassa adesa), mentre nel caso in cui i fanghi vengano ricircolati si parla di reattori a biomassa adesa ibridi o a biomassa mista (adesa + sospesa). I reattori a letto mobile sono costituiti da vasche all’interno delle quali vengono mantenuti in movimento elementi di supporto, che possono essere realizzati in diversi materiali, e sui quali si sviluppa la pellicola biologica. Il movimento degli elementi è garantito dal sistema di insufflazione di aria o da miscelatori meccanici; questo garantisce la realizzazione di reattori a miscelazione completa, quindi si riduce la presenza di zone idraulicamente morte e si sfrutta al massimo il volume disponibile. Le principali caratteristiche dei reattori a letto mobile possono essere così riassunte: operano in continuo e, grazie al loro elevato grado di vuoto, non sono soggetti ad intasamento; presentano limitate perdite di carico, in quanto non si ha la formazione di percorsi preferenziali tra i supporti (come per esempio nei filtri percolatori); hanno una buona versatilità in fase di gestione: è possibile variare il tasso di riempimento (sempre) e il rapporto di ricircolo dei fanghi (nei reattori ibridi). Elementi di supporto rigido Sono in genere realizzati in plastica rigida, per esempio in HDPE o in polipropilene, spesso di forma cilindrica cava con diametro e altezza attorno a 1÷2 cm, corrugati all'esterno a protezione del biofilm dagli urti prodotti dall'agitazione nel reattore. All'interno sono realizzate superfici di attecchimento aggiuntive, mediante lamelle o crociere in posizione protetta e quindi più intensamente colonizzabili. La superficie specifica è di 400÷600 m2/m3. I supporti vengono collocati alla rinfusa nelle vasche, con tasso di riempimento del 30÷60%. L'effettiva superficie specifica, riferita all'intero _________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ________________________ Depurazione delle acque 153 Impianti MBBR volume utile del reattore è quindi proporzionalmente ridotta (200÷350 m2/m3). La densità dei supporti colonizzati va mantenuta molto prossima a quella dell'acqua (da cui l'importanza dei materiali utilizzati) per contenere l'energia necessaria alla miscelazione. In genere i supporti nudi risultano di poco più leggeri dell'acqua e quindi galleggiano durante la fase di avviamento dell'impianto, fino a quando lo sviluppo dei biofilm non produce un sufficiente appesantimento. Tale fase può protrarsi a lungo in processi con bassi livelli di sintesi, quali la nitrificazione terziaria. Un esempio al riguardo è riportato in Fig. 3. In tali casi è opportuno utilizzare additivi alla matrice polimerica per assicurare densità al prodotto già pari a quella dell'acqua anche in assenza di colonizzazione. Fig. 3 Reattore a letto mobile per nitrificazione terziaria in fase di avviamento. Si noti il galleggiamento dei supporti connesso al limitato sviluppo di biofilm (Impianto di Bergamo). Altri tipi di supporto Sono disponibili anche supporti in materiali porosi (generalmente poliuretano espanso) in cui la colonizzazione avviene sia sulla superficie esterna che nelle cavità interne. Essi sono tuttavia spesso soggetti a fenomeni di intasamento per eccessivo accumulo di biomassa nel corpo spugnoso con conseguenti difficoltà di penetrazione dei substrati e dell'ossigeno. Si rendono quindi necessari periodici interventi, con estrazione dei supporti ad energico trattamento meccanico di pulizia, mediante pressatura, _________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ________________________ Depurazione delle acque 154 Impianti MBBR centrifugazione o passaggio attraverso pompe a vortice. Tali complicazioni gestionali ne hanno fortemente limitato l'applicazione soprattutto in campo urbano. Questo tipo di supporto non sarà qui ulteriormente preso in considerazione. Trattenimento dei supporti Può essere ottenuto mediante griglie collocate in corrispondenza della sezione di uscita dal reattore che lasciano comunque defluire il refluo con in sospensione le pellicole di spoglio. Possono essere costituite da elementi estraibili per consentire periodiche operazioni di pulizia. Poiché la portata in uscita tende a far accumulare contro la griglia i supporti le condizioni idrodinamiche del reattore devono assicurarne una continua ripresa e una uniforme dispersione. Sistemi di aerazione e di miscelazione L'ossigenazione, se condotta con aria, viene preferenzialmente realizzata con sistemi a bolle grossolane (2 ÷ 4 mm) che comunque tendono a suddividersi lungo il percorso di risalita per i continui urti con i supporti. L'impiego di sistemi a bolle fini va valutato con prudenza per l'impossibilità di intervenire con operazioni di periodica pulizia dei diffusori, se non procedendo ad un preliminare e oneroso asporto dei supporti. Un'alternativa al riguardo può essere costituita dall'uso di rastrelli estraibili da sollevare a rotazione, senza quindi dover interrompere l'aerazione della vasca. L'impiego di ossigeno puro può essere conveniente nel caso di nitrificazione per mantenere rapporti O2 / TKN nei reattori sufficientemente elevati ad evitare un’azione limitante dell'ossigeno sulle cinetiche del metabolismo. I processi brevettati sono numerosi e si differenziano principalmente per i corpi di riempimento utilizzati che variano nel materiale, per la forma, per la densità e per la superficie specifica (processi Captor®, Linpor®, Flocor-RMP®, Natrix®, Kaldnes KMT®). In Fig. 4 sono mostrate le fotografie di un tipo di supporto dove si apprezzano le dimensioni e la forma particolare oltre che ad un ingrandimento che mostra la pellicola cresciuta anche all’interno. _________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ________________________ Depurazione delle acque 155 Impianti MBBR Fig. 4 Modalità di impiego e rendimento depurativo Un pre-trattamento dei reflui è necessario per ridurre la presenza di solidi sospesi e i conseguenti rischi di intasamento dei supporti. È in genere sufficiente una stacciatura fine. La sedimentazione primaria, eventualmente coadiuvata da flocculanti, può risultare opportuna per rimuovere parte del BOD5. Le pellicole di spoglio nei sistemi puri, soprattutto se alimentati con forte carico volumetrico, possono presentare cattiva sedimentabilità e richiedere quindi il dosaggio di flocculanti in sedimentazione finale. La possibilità di utilizzare bacini di conformazione non dissimile da quelle in uso nei processi a biomassa sospesa, senza significative modifiche del profilo idraulico, consente l'applicazione del processo per il potenziamento di impianti a fanghi attivi sovraccaricati. Tale potenziamento può realizzarsi con processi ibridi, mediante aggiunta di supporti e di griglie nei reattori di aerazione (o di denitrificazione) esistenti e con mantenimento di una significativa presenza di biomassa sospesa. In alternativa può prevedersi la completa trasformazione del processo, eliminando il ricircolo dei fanghi biologici e realizzando quindi un processo MBBR puro. I rendimenti depurativi, a parità di conformazione, sono analoghi a quelli dei processi a fanghi attivi. La struttura dell’impianto è simile, salvo l’importante differenza costituita _________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ________________________ Depurazione delle acque 156 Impianti MBBR dal minor ingombro dei sedimentatori finali che ne facilita notevolmente l’inserimento ambientale. Conclusioni I vantaggi principali della tecnologia Gli svantaggi sono rappresentati da: MBBR sono: maggiore quantità di aria a causa della facile impiego per l’upgrade di impianti a fanghi attivi aerazione con bolle medio-grandi controllo limitato del processo sedimentazione primaria non costo dei supporti. indispensabile, ma soprattutto sedimentazione secondaria più facile ingombro in pianta minore rispetto ad un impianto a fanghi attivi normale limitate perdite di carico. Nota finale La tecnologia MBBR è ancora poco diffusa in Italia, mentre aumentano velocissimamente le sue applicazioni soprattutto nel Nord Europa. _________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ________________________ Depurazione delle acque 157 Impianti MBBR Trattamenti chimici delle acque reflue I primi impianti usati nel trattamento delle acque di rifiuto, istallati in Francia nella seconda metà del diciottesimo secolo, sono stati di tipo chimico. Gli impianti di tipo biologico, ideati intorno al 1920, hanno sostituito progressivamente quelli di tipo chimico perché meno costosi, con rendimenti generalmente migliori e una minore produzione di fango di supero. Da qualche anno i primi sono tornati in auge a causa della loro migliore adattabilità nel trattamento di liquami civili, nei quali sono presenti anche scarichi industriali spesso tossici, della possibilità di associarli a trattamenti di tipo fisico e della capacità di abbattere anche i composti del fosforo e dell’azoto. In definitiva, l’associazione dei trattamenti chimici con quelli fisici consente di ottenere un abbattimento degli inquinanti migliore di quello ottenibile con i soli trattamenti biologici. Condizioni operative nei trattamenti chimici Per trattamento chimico delle acque reflue si intende sostanzialmente un trattamento che provoca la coagulazione e flocculazione dei solidi colloidali non sedimentabili e in parte anche dei solidi disciolti, contenuti nelle acque di rifiuto, realizzate mediante l’azione di particolari sostanze. I liquami grezzi, dopo aver subito gli usuali trattamenti preliminari, con esclusione della sedimentazione primaria, vengono addizionati e rapidamente miscelati con i reattivi necessari, generalmente composti del ferro o dell’alluminio, e quindi inviati a una vasca di flocculazione (o di maturazione) nella quale si ha la formazione e l’accrescimento dei fiocchi che inviati poi al sedimentatore si separeranno dalla fase liquida nel modo che ormai ben conosciamo (vedi schema a blocchi di figura TT1). Reattivi chimici (Flocculanti) Cloro Liquami grezzi Al recapito Trattamenti preliminari Miscelazione rapida Flocculazione Sedimentazione Trattamento di finissaggio Stabilizzazione del fango Essiccamento dei fanghi Eventuale disinfezione Allo smaltimento fanghi Figura TT1 – Schema generale del trattamento chimico delle acque reflue Meccanismi di coagulazione-flocculazione _________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ________________________ Depurazione delle acque 158 Impianti a precipitazione chimica Molte delle sostanze che si trovano nei liquami da depurare sono presenti in forma colloidale e quindi non sedimentabile. L’aggiunta delle sostanze flocculanti destabilizza la sospensione, interagendo con le cariche elettriche che si trovano sulla superficie delle particelle, causandone la flocculazione. I microfiocchi che si formano nella fase iniziale aumentano di volume e adsorbono altre sostanze in sospensione fino a formare fiocchi di dimensioni e densità maggiori, ben visibili anche a occhio nudo, che sono facilmente sedimentabili. Il processo, nella sua forma fondamentale, è costituito dalle seguenti fasi, che si susseguono nelle varie vasche: • nella vasca di miscelazione rapida le acque da trattare vengono mescolate energicamente con le sostanze flocculanti usando tempi di contatto generalmente molto brevi, inferiori a 1 minuto, in modo da causare la destabilizzazione e la coagulazione delle sostanze colloidali (coagulazione elettrocinetica). • Nella vasca di flocculazione i fiocchi formatisi nella prima fase, in un tempo nell’ordine dei 30 minuti, aumentano di volume e densità producendo materiale facilmente sedimentabile (coagulazione ortocinetica). • Nella vasca di sedimentazione si ottengono acque chiarificate (non contenenti solidi sospesi) e parzialmente depurate (non contenenti sostanze colloidali e parte delle sostanze disciolte inglobate nei fiocchi sedimentati). • Eventuale correzione del pH ottenuta per carbonatazione (aggiunta di anidride carbonica) delle acque. Durante questa fase è possibile eliminare anche gli ioni magnesio e calcio rendendo le acque più dolci. • Trattamenti di finissaggio. Questi trattamenti, generalmente di tipo fisico, vengono attuati per migliorare ulteriormente la qualità delle acque trattate. Alcuni tipi di trattamenti di rifinitura sono: filtrazione a sabbia, passaggio su letti di carboni attivi ecc. • Disinfezione. Questo trattamento viene eseguito quando si presume che nelle acque da smaltire sia presente ancora una elevata carica batterica patogena. Parallelamente alla linea di trattamento delle acque viene eseguita, come vedremo più dettagliatamente in seguito, quella del trattamento fanghi nella fase di sedimentazione, e formata da stabilizzazione, ispessimento, disidratazione e smaltimento In alcuni tipi di impianto a trattamento chimico, allo scopo di migliorare la sedimentabilità dei fanghi, viene effettuato il ricircolo di parte del materiale sedimentato dalla vasca di sedimentazione a quella di flocculazione. _________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ________________________ Depurazione delle acque 159 Impianti a precipitazione chimica È possibile costruire impianti di tipo compatto nei quali le fasi di miscelazione, flocculazione e sedimentazione vengono eseguite nella stessa vasca (vedi figura TT2) Ingresso reagenti Zona miscelazione Zona sedimentazione Zona flocculazione Uscita acque depurate Liquami dai trattamenti preliminari Uscita fanghi Figura TT2 – Sistema compatto di trattamento chimico Il rendimento depurativo relativo alla rimozione delle sostanze organiche risulta inferiore a quello degli impianti con trattamento biologico secondario (fanghi attivi, filtri percolatori o biodischi) perché, mentre la rimozione delle sostanze colloidali è molto efficiente, la rimozione delle sostanze organiche solubili avviene solo in piccola parte per adsorbimento. In definitiva il solo trattamento chimico consente di ottenere rendimenti depurativi medi compresi fra quelli della sola sedimentazione e quelli del trattamento biologico completo. Ulteriori svantaggi rispetto ai trattamenti biologici sono: alto costo dei reattivi chimici; elevato volume dei fanghi di supero perché oltre ai solidi che vengono abbattuti ci sono anche i reattivi chimici aggiunti; necessità di effettuare un monitoraggio continuo della presenza di fattori tossici che, contrariamente agli impianti biologici, non vengono rilevati durante il normale funzionamento dell’impianto. Al contrario i vantaggi degli impianti a trattamento chimico sono: • diversamente dagli impianti a fanghi attivi che necessitano di lunghi tempi di avviamento, quelli di tipo chimico sono a partenza immediata. Questa particolarità risulta molto importante quando, in luoghi con popolazione fortemente variabile: scuole, fabbriche, località turistiche ecc., si presenta la necessità di mettere in funzione l’impianto di depurazione in tempi rapidi; _________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ________________________ Depurazione delle acque 160 Impianti a precipitazione chimica • conduzione dell’impianto molto semplice e facilmente controllabile con sistemi automatici; • insensibilità agli effetti di eventuali sostanze tossiche. Gli impianti a depurazione biologica possono venire completamente bloccati e richiedere in seguito tempi molto lunghi per ripristinare le condizioni di funzionamento; • possibilità di abbattimento contemporaneo del fosforo (vedi problema dell’eutrofizzazione); • insensibilità a improvvise variazioni di carico organico, fattore che al contrario mette in crisi gli impianti di tipo biologico; • facile regolazione del livello depurativo desiderato mediante variazione nel dosaggio dei reagenti chimici; • possibilità di trattare liquami con basso contenuto di carico organico; • possibilità di eliminazione dei metalli pesanti e/o addolcimento delle acque, con eliminazione del calcio e del magnesio, per trattamento con calce. Reagenti chimici usati nella depurazione Le sostanze che possono essere usate come reattivi nella depurazione chimica delle acque reflue devono: - possedere ioni con un’alta carica positiva per destabilizzare le sospensioni colloidali che di solito possiedono carica negativa; - avere un basso costo dal momento che vengono consumati in continuo; - formare precipitati in forma fioccosa in modo da poter adsorbire le sostanze colloidali e in sospensione contenute nelle acque reflue. Come abbiamo già accennato l’azione di queste sostanze si esplica in due fasi: durante la prima, fase di coagulazione, avviene la destabilizzazione dei colloidi e la loro unione in modo da formare piccoli agglomerati, e in seguito, nella fase di flocculazione, gli agglomerati si ingrandiscono unendosi insieme e adsorbendo altre particelle colloidali fino a formare fiocchi ben sedimentabili. Di seguito diamo una panoramica dei flocculanti più utilizzati. _________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ________________________ Depurazione delle acque 161 Impianti a precipitazione chimica Solfato di alluminio, Al2(SO4)3 Commercializzato in forma solida formata da solfato di alluminio idrato o in soluzione acquosa al 6 – 8%. In soluzione acquosa, a pH compreso fra 5 e 7 (intervallo ottimale di lavoro), si forma idrossido di alluminio Al(OH)3 in forma fioccosa. Se l’alcalinità della soluzione non è sufficientemente alta si corregge il pH con calce [idrossido di calcio, Ca(OH)2]. Le bicarbonato dell’acqua precipita e agisce da flocculante reazioni chimiche complete e bilanciate, la prima in assenza di calce e la seconda con calce come coadiuvante di flocculazione, sono: Al2(SO4)3 + 3Ca(HCO3)2 → 3CaSO4 Al2(SO4)3 + 3Ca(OH)2 → 3CaSO4 + + 2Al(OH)3↓ + 6CO2 2Al(OH)3↓ Miscele di solfato ferrico, Fe3(SO4)2 e cloruro ferrico, FeCl3 In soluzione acquosa, a pH compreso fra 6 e 11,5 (valore ottimale 8) produce idrossido ferrico [Fe(OH)3↓ ] in forma di fiocchi compatti e grossi. Questa caratteristica, unita all’ampio intervallo di pH utilizzabile e al basso costo del prodotto rende questo composto uno dei più utilizzati nel trattamento delle acque. Viene normalmente commercializzato in soluzione acquosa e, quando l’alcalinità dell’acqua è troppo bassa, viene usato insieme alla calce. Policloruro di alluminio (PAC), [Aln(OH)mCl3n-m] Viene usato come coagulante-flocculante. La sua azione coagulante è poco influenzata dal pH e si esplica nell’intervallo di pH compreso fra 5 e 10. La sua azione coagulante non richiede l’azione dell’alcalinità dell’acqua. Complessivamente viene considerato migliore del cloruro ferrico. Solfato ferroso, FeSO4 In soluzione acquosa forma idrossido ferroso [Fe(OH)2] che viene ossidato a idrossido ferrico per azione dell’ossigeno disciolto. L’intervallo ottimale di lavoro è compreso fra pH = 8,5 e 11. In presenza di fosfati si ha coprecipitazione [Fe(OH)3↓ e Fe(PO4)↓], può essere perciò usato come agente defosfatante nei processi a fanghi attivi. _________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ________________________ Depurazione delle acque 162 Impianti a precipitazione chimica Dosaggio dei flocculanti Il dosaggio di questi reattivi è tale da avere in soluzione una concentrazione dello ione metallico, Men+ , compresa fra 10 e 40 mg/l. Idrossido di calcio (calce), Ca(OH)2 È possibile realizzare la flocculazione anche solamente con calce usando un pH di lavoro compreso fra 11 e 11,5. L’uso di questo reagente, al pH indicato, consente anche la precipitazione del fosfato di calcio, quella del carbonato di calcio e dell’idrato di magnesio realizzando così anche l’addolcimento dell’acqua. Questo ultimo aspetto può risultare molto utile nel caso di riuso a scopo industriale dell’acqua depurata. Polielettroliti Si tratta di polimeri ottenuti sia modificando opportunamente prodotti naturali quali alginati e amidi, sia attraverso la polimerizzazione artificiale di particolari monomeri. Attualmente i polielettroliti di origine sintetica sono preferiti rispetto a quelli di origine naturale perché costano meno e hanno una struttura e quindi proprietà più facilmente controllabili. In base alle proprietà elettriche questi polimeri si dividono in: • non ionici – non hanno cariche elettriche. Esempio: la poliacrilammide (coadiuvante nella coagulazione e nella filtrazione) • cationici – possiedono cariche elettriche positive. Esempi: il polialchil-dimetilammonio cloruro (coagulante primario, rimozione di torbidità e colore, condizionamento dei fanghi) le poliammine quaternarie (coagulanti primarie, rimozione di torbidità e colore) • anionici – possiedono cariche elettriche negative. Esempio: _________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ________________________ Depurazione delle acque 163 Impianti a precipitazione chimica la poliacrilammide parzialmente idrolizzata (coadiuvante nella coagulazione, nella filtrazione e nel condizionamento dei fanghi) I polielettroliti come flocculanti sono molto più efficaci rispetto ai cationi metallici e anche molto più costosi; il loro dosaggio è dell’ordine di 1,0÷2,5 mg/l. Correzione del pH Quando le acque vengono trattate con calce il pH risultante è elevato (compreso fra 10 e 11,5) e incompatibile con la qualità richiesta per gli effluenti finali (non si può certo sversare in un qualsiasi recapito un’acqua così basica!). Per abbassare il valore del pH si attua la ricarbonatazione mediante anidride carbonica, prodotto abbastanza economico, in modo da ottenere il risultato desiderato senza causare un elevato aumento della concentrazione salina (effetto che si avrebbe se l’acidificazione fosse eseguita con un acido minerale forte). Negli impianti di grandi dimensioni la ricarbonatazione viene eseguita in due stadi: prima il pH viene portato fino a 9,3 ottenendo la precipitazione del carbonato di calcio, che può essere allontanato, poi si prosegue nell’aggiunta di anidride carbonica fino a portare il pH intorno alla neutralità. La seconda fase di carbonatazione risulta particolarmente importante quando le acque devono essere sottoposte a ulteriori trattamenti che richiedono un valore ben definito del pH oppure per evitare la possibile formazione di incrostazioni di carbonati di calcio sia all’interno delle tubazioni che sulla superficie del materiale filtrante quando vengono eseguite anche operazioni di filtrazione. L’operazione di ricarbonatazione si esegue prelevando l’anidride carbonica da bombole opportunamente collegate all’impianto oppure usando i fumi di combustione del metano. A conclusione di questa disamina sui principali reattivi di flocculazione è opportuno evidenziare che è molto difficile fornire a priori previsioni attendibili sul tipo di reagente più adatto, sulle quantità necessarie e sul punto di immissione più opportuno del ciclo _________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ________________________ Depurazione delle acque 164 Impianti a precipitazione chimica operativo, e che solo accurate prove di laboratorio e su impianto pilota possono fornire, di volta in volta, orientamenti veramente sicuri. _________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ________________________ Depurazione delle acque 165 Impianti a precipitazione chimica Fanghi di supero e rendimenti depurativi Negli impianti con trattamento chimico la quantità di fango prodotta è maggiore di quella ottenuta con gli impianti a fanghi attivi. Questo è dovuto sia alle caratteristiche particolari del fango, difficilmente concentrabile per ispessimento, sia alla quantità di sostanze flocculanti aggiunte. Un ultimo motivo infine è l’assenza di metabolismo batterico, che al contrario di quanto accade negli impianti biologici, non può contribuire alla riduzione della quantità di fango di supero. Per quanto concerne i rendimenti depurativi si ottiene un buon abbattimento dei solidi sedimentabili e colloidali mentre la rimozione del BOD solubile non supera generalmente il 25% e questo, aggiunto alla rimozione del BOD associato alle sostanze sedimentabili, porta a un abbattimento globale del BOD che varia fra il 60 e il 75%. In alcuni impianti pilota tuttavia, usando alti valori della concentrazione di cloruro ferrico o mediante flocculazione con calce a pH = 11,5, è stato possibile abbattere complessivamente il BOD iniziale fino all’80%. La riduzione dei solidi sospesi varia dal 95 al 98% e quella del fosforo dal 90 al 98%. La riduzione della carica batterica e virale, in genere, è simile a quella ottenibile con gli impianti a fanghi attivi, mentre quando si usa calce a un pH pari a 11,5 si ottiene una vera e propria disinfezione con un abbattimento batterico quasi del 100%. Gli impianti chimici consentono anche una rimozione di oli e grassi in quantità superiore a quella ottenibile con impianti a fanghi attivi poiché le sostanze flocculanti riescono a rompere le emulsioni consentendo alle sostanze grasse di separarsi per gravità. L’eliminazione degli oli e dei grassi viene spesso effettuata durante la fase di sedimentazione. Schemi di impianto Come per gli impianti a fanghi attivi e a filtri percolatori, anche nei trattamenti chimici è possibile realizzare impianti con sequenze diverse. Nella figura TT3 è riportato lo schema relativo alla figura TT1. _________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ________________________ Depurazione delle acque 166 Impianti a precipitazione chimica Serbatoio reattivi chimici Pompa dosatrice Grigliatura Uscita sostanze oleose Sedimentatore Miscelatore Carboni attivi Filtrazione Flocculazione Serbatoio ipoclorito Desabbiatura Riciclo fango Coagulazione Acque depurate allo smaltimento Uscita biogas Miscelatore Surnatante Fango di supero Smaltimento fanghi Fango mineralizzato Essiccamento fango Figura TT3 – Schema di trattamento chimico. Nel trattamento di reflui industriali vengono spesso associati il trattamento chimico e quello biologico in modo da sfruttare il basso costo di gestione del secondo e lasciare al primo la funzione o di sgrossatura, in questo caso si inserisce il trattamento chimico prima di quello biologico, o la funzione di affinamento finale mettendo prima il trattamento biologico e poi quello chimico. Il trattamento chimico può essere sfruttato anche per la sua capacità di abbattere il fosforo e evitare così che le acque smaltite possano provocare fenomeni di eutrofizzazione. Esistono anche sistemi compatti, formati da una sola vasca, nei quali si realizzano tutte le fasi di coagulazione, flocculazione e sedimentazione (vedi figura TT2). Nello schema a blocchi di figura TT4 è riportato un impianto misto chimico/biologico con l’impianto chimico posto a monte di quello biologico. Eventuale by-pass Trattamenti preliminari Miscelazione, flocculazione e sedimentazione Fanghi attivi Stabilizzazione Sedimentazione Disidratazione e smaltimento _________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ________________________ Depurazione delle acque 167 Impianti a precipitazione chimica Figura TT4 – Trattamento chimico a monte del trattamento a fanghi attivi Lo stesso schema disegnato usando, quando possibile, i simbolo UNICHIM è riportato in figura TT5. Serbatoio reattivi chimici Grigliatura Pompa dosatrice Vasca a fanghi attivi Sedimentatore Desabbiatura Flocculazione e sedimentazione chimica Uscita sostanze oleose Riciclo fango Surnatante Uscita acque depurate Fanghi secondari Uscita biogas Fango di supero Digestore anaerobico Separatore fango digerito Smaltimento fanghi Fango mineralizzato Essiccamento fango Figura TT5 – Associazione fra trattamento chimico e trattamento biologico _________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ________________________ Depurazione delle acque 168 Impianti a precipitazione chimica Accenni alla depurazione di acque reflue industriali La normativa (DL 152/2006) definisce così le acque reflue industriali: “.....qualsiasi tipo di acque reflue provenienti da edifici od installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, differenti qualitativamente dalle acque reflue domestiche e da quelle meteoriche di dilavamento, intendendosi per tali anche quelle venute in contatto con sostanze o materiali, anche inquinanti, non connessi con le attività esercitate nello stabilimento”. Mentre questa definizione, per quanto riguarda “ le attività commerciali”, non sembra essere molto rigorosa (che tipo di acque reflue producono, per esempio, i ristoranti?) è assodato al contrario che tutte le attività “di produzione di beni” appartengono a questa categoria. In questa scheda prenderemo in considerazione proprio le acque reflue che provengono da alcune delle principali “attività di produzione di beni” (botteghe artigiane e industrie vere e proprie). Industrie alimentari e delle fermentazioni Caratteristiche comuni degli effluenti: -‐ alti valori del BOD5 e dei solidi sospesi -‐ rapporto dei nutrienti non sempre ottimale per il metabolismo batterico (potenziale causa di bulking) -‐ assenza di metalli pesanti e di altri inquinanti inorganici Tipi di depurazione: meccanica, biologica Possibili conformazioni degli impianti: A)più impianti in serie (F.P. + F.A. e anche F.P. + F.P.) B)impianto sgrossatore (per esempio F.A. ad alto carico oppure F.P. in materiale plastico) e sversamento nella fognatura civile per la successiva depurazione in impianto consortile C)digestione anaerobica del liquame (per produzione biogas) seguita da impianto di affinamento (soprattutto F.A.) In particolare per i seguenti settori industriali sono ampiamente usate le seguenti modalità: • industrie conserviere (frutta, verdure, ecc.) → A) e C) _________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ________________________ Depurazione delle acque 169 Acque industriali • fabbriche di birra e distillerie → A) , B) e C) • zuccherifici → essicazione della componente più carica e C) • caseifici e centrali del latte → A) e C) • mattatoi, salumifici e fabbriche di carne in scatola. → B) e C) • oleifici → fertirrigazione e C) Industrie della carta e dell’abbigliamento Caratteristiche comuni degli effluenti: -‐ alto valore del BOD5 -‐ forte presenza di sostanze chimiche inorganiche, a volte anche tossiche, dovute ai processi lavorativi Tipi di depurazione: biologica, chimica-biologica, chimica e chimica-fisica Possibili conformazioni degli impianti: A)impianti a F.A. e/o F.P. B)più impianti in serie (precipitazione chimica + depurazione biologica) C)impianto a precipitazione chimica e sversamento nella fognatura civile D)digestione anaerobica del liquame (per produzione biogas) seguita da impianto di affinamento (soprattutto F.A.) In particolare per i seguenti settori industriali sono ampiamente usate le seguenti modalità: • industrie cartarie • concerie → A) , B) e D) → B) [eliminazione del cromo per precipitazione + F.A.] e C) • industria tessile e tintorie → A) , B) e C) Industrie metallurgiche e minerarie Caratteristiche comuni degli effluenti: -‐ assenza o basso valore di BOD5 _________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ________________________ Depurazione delle acque 170 Acque industriali -‐ forte presenza di sostanze chimiche inorganiche, disciolte e sospese, spesso tossiche e comunque molto nocive se sversate nei normali recapiti. Tipi di depurazione: meccanica, chimica e chimica-fisica. Industrie galvaniche Gli effluenti delle industrie galvaniche sono tra i più nocivi che si conoscano, sia per le loro caratteristiche chimiche (possono contenere sostanze estremamente tossiche e non biodegradabili), sia per la notevole diffusione degli impianti, spesso anche a livello artigianale, sul territorio. Per questo motivo il caso viene trattato in modo più esteso. Questo tipo di industrie effettuano lavorazioni di galvanostegia e di galvanoplastica. La galvanostegia è l'insieme delle tecniche di rivestimento di superfici metalliche con altri metalli o leghe (dorature, cromature, nichelature,ecc,) mentre la galvanoplastica comprende le tecniche di rivestimento con metalli di superfici non metalliche (plastica, tessuti, ecc.). La galvanostegia, per esempio, è un processo elettrochimico che si effettua in un bagno galvanico sfruttando il passaggio di una corrente continua a basso voltaggio. L'oggetto funge da catodo e su di esso si ha la riduzione del metallo “pregiato”, mentre come anodo si utilizza una lamina dello stesso metallo che, ovviamente, si ossida. Il bagno galvanico è una soluzione di un sale del metallo pregiato di cui si vuol formare il rivestimento. In generale si possono identificare due tipologie di scarichi: ♦scarichi periodici e discontinui di reflui concentrati (da bagni esausti, bonifica e pulizia vasche); ♦scarichi continui provenienti dai lavaggi successivi ai diversi trattamenti galvanici. Per una migliore resa di depurazione, le due tipologie di reflui vanno stoccate e trattate separatamente. Dal momento che la tecnologia impiantistica è definita in base a composizione e portata della torbida, e che tale tecnologia è tanto più efficace quanto più tali parametri restano costanti, è opportuno che i bagni concentrati vengano smaltiti come rifiuti liquidi, attraverso ditte autorizzate. In subordine, tali bagni concentrati possono essere immessi in una vasca di raccolta distinta da svuotare lentamente nel depuratore, in modo da garantire l'indispensabile diluizione e la costanza nel tempo delle concentrazioni. Gli effluenti di una fabbrica galvanica si possono raggruppare nelle seguenti categorie: _________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ________________________ Depurazione delle acque 171 Acque industriali Acque alcaline: provenienti dai lavaggi successivi alle operazioni di sgrassatura, pulitura elettrolitica, elettrodeposizione da bagni alcalini. Possono contenere cianuri, rame, zinco, cadmio, carbonati, idrati, nitrati, silicati, fosfati alcalini, agenti tensioattivi, sostanze grasse. Rientrano quindi in questa categorie anche le acque cianidriche, il cui trattamento va però effettuato in maniera mirata. Acque acide: provenienti dai lavaggi successivi alle operazioni di decapaggio, passivazione, ossidazione anodica, elettrodeposizione da bagni acidi. Possono contenere rame, zinco, nichel, ferro, stagno, piombo, acidi solforico, nitrico, cloridrico, prodotti di natura organica (splendogeni, antipuntinanti, brillantanti, ecc.). Acque cromiche: provenienti alle operazioni successive alla fase di cromatura e passivazione. Contengono acido cromico e solforico. Acque di varia provenienza: provenienti da lavorazioni ausiliarie (es. smerigliatura, verniciatura finale). Possono contenere solidi sospesi, detergenti inorganici alcalini, tensioattivi, solventi di varia natura. Acque non contaminate: provenienti da operazioni di raffreddamento o altro. _________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ________________________ Depurazione delle acque 172 Acque industriali I trattamenti di depurazione La depurazione dei reflui da galvanica si attua mediante un impianto di tipo chimicofisico con fasi depurative così sintetizzabili: 1.trattamenti di ossido-riduzione (svelenamento di cianuri e cromati); 2.neutralizzazione, formazione di idrossidi metallici e decantazione; 3.filtrazioni finali. La depurazione viene oggi realizzata con il metodo continuo detto anche "in acque correnti", perché il dosaggio dei reagenti, la miscelazione ed il controllo analitico avvengono appunto in acque correnti. La depurazione classica dei reflui da galvanica si attua secondo uno dei due seguenti schemi a blocchi: 1. acque alcaline e cianidriche acque acide e cromiche ossidazione riduzione neutralizzazione chiariflocculazione e sedimentazione 2. acque cianidriche acque acide ed alcaline ossidazione acque cromiche riduzione °°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°° miscelazione e neutralizzazione chiariflocculazione e sedimentazione _________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ________________________ Depurazione delle acque 173 Acque industriali 1. Trattamenti di ossido-riduzione (“svelenamento” di cianuri e cromati) a)Acque cianidriche Ossidazione classica per aggiunta di ipoclorito di sodio CN- + Cl2 → CNCl + ClCNCl + 2 OH- → CNO- + Cl- + H2O Lo ione cianato (CNO-) che si forma è molto meno tossico del cianuro (CN-) e subisce una rapida ossidazione nel corpo d'acqua ricevente. b)Acque cromiche 1° fase: riduzione del cromo per aggiunta di bisolfito di sodio o anidride solforosa 2H2CrVIO4 + 3SO2 → CrIII2(SO4)3 + 2H2O 2° fase: neutralizzazione e precipitazione dell'idrossido di cromo per aggiunta di soda (pH=10.5 – 11) Cr3+ + 3OH- → Cr(OH)3↓ Anche rame, zinco e cadmio precipitano come idrossidi insolubili, gli oli ed i grassi vengono adsorbiti nei fiocchi di idrossido. 2. Neutralizzazione, formazione di idrossidi metallici e decantazione a)Neutralizzazione e coagulazione La neutralizzazione delle acque acide ed alcaline, comprese quelle già pretrattate mediante i metodi sopra descritti, porta alla formazione di idrossidi fioccosi di zinco, cadmio, rame. Tali idrossidi sono pressoché insolubili ed hanno la facoltà di inglobare e precipitare sostanze colloidali ed altri solidi sospesi. Se il reagente neutralizzante utilizzato è la calce si ha anche la rimozione dell'acido fosforico. Il processo può essere ottimizzato mediante l'aggiunta di coagulanti primari e/o polielettroliti. b)Decantazione In un normale sedimentatore, ma più spesso in sedimentatore a letto di fango. 3. Filtrazioni finali Con filtro a sabbia: si utilizza per trattenere eventuali solidi sospesi insolubili. La portata di filtrato è decrescente nel tempo a causa del progressivo intasamento del letto filtrante, vanno dunque fatti frequenti controlavaggo in relazione comunque al tempo ed al volume di acqua filtrata. _________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ________________________ Depurazione delle acque 174 Acque industriali Con filtro a carboni attivi: si utilizza per trattenere le sostanze organiche, ed in primo luogo i tensioattivi. E' sempre opportuno che tale filtro venga posto a valle di un filtro a sabbia al fine di prevenire l’occlusione dei pori e di ridurre al minimo le perdite di carico causate dai solidi in sospensione. Con filtro a resine a scambio ionico: garantisce una buona depurazione, eliminando il rischio di utilizzo di reagenti in eccesso. Si attua per la rimozione di ioni indesiderati in soluzione, specie di eventuali ioni metallici. 4. Regolazione finale del pH Serve per portare il pH finale intorno ad un valore prossimo a 7, dal momento che la fase precedente è stata condotta a pH alcalino. Si effettua mediante l'aggiunta di un acido, solitamente acido solforico. Questa fase, data la sua delicatezza, va accuratamente monitorata tanto che sarebbe consigliabile l’installazione di un misuratore in continuo del pH nella vasca in questione, con i dati rilevati sempre a disposizione dell’organo di controllo. Trattamento dei fanghi Durante la depurazione delle acque reflue di uno stabilimento galvanico si formano ingenti quantità di fanghi voluminosi, con scarse caratteristiche di disidratabilità e ad alto contenuto di sostanze tossiche (specie metalli pesanti). Essi vanno disidratati con nastropressa o filtropressa, al fine di diminuirne volume e peso, e quindi stoccati fino al ritiro da parte di ditta autorizzata. Lo stoccaggio deve avvenire in contenitori impermeabili, al coperto o in una zona cementata dotata di cordoli di contenimento e delle pendenze opportune a far convergere al depuratore le eventuali acque meteoriche di dilavamento e le acque percolate dai fanghi stessi. Acciaierie e trafilerie In questo tipo di industrie, solitamente di grandi dimensioni, le acque reflue prodotte sono di diverse tipologie a seconda della lavorazione di provenienza. Anche, e forse soprattutto per motivi economici, i vari sistemi di depurazione, generalmente di tipo chimico, tendono al recupero per un loro reimpiego nell’impianto sia degli inquinanti che dell’acqua stessa. _________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ________________________ Depurazione delle acque 175 Acque industriali Di seguito uno schema generale dell’origine e dei trattamenti delle più importanti tipologie di acque reflue prima dello scarico in acque pubbliche: Origine Contenuto Trattamenti per rendere possibile Spurgo circuito di alto tenore di lo scarico in fognatura rimozione sostanze sospese per raffreddamento sostanze sospese e precipitazione chimica Effluenti oleosi di varia disciolte oli liberi e in a.acidificazione natura emulsione b.separazione oli c.neutralizzazione d.chiarificazione neutralizzazione e chiarificazione Acque di lavaggio acide acidi, sali e sostanze (decapaggio) Operazioni di cokeria e sospese fenoli, tiocianati, ossidazione biologica e lavorazioni sottoprodotti ammoniaca chiarificazione Industrie petrolifere e petrolchimiche Caratteristiche degli effluenti: -‐ alti valori del BOD5 (soprattutto oli, idrocarburi e fenoli) e dei solidi sospesi -‐ presenza di NH3 e H2S In generale l’impianto di depurazione si articola in una successione di trattamenti che si possono suddividere in: meccanici, biologici e chimico-fisici. I trattamenti meccanici (grigliatura, sedimentazione, flottazione, centrifugazione, filtrazione) rimuovono le sostanze in sospensione e i materiali galleggianti (oli, grassi, schiume); particolare importanza hanno i separatori per gravità acqua/olio. Per aumentare l’efficacia della disoleazione possono essere previsti trattamenti aggiuntivi quali la filtrazione e, soprattutto, la flottazione con aria disciolta in presenza di agenti chimici flocculanti. I trattamenti biologici sono quasi sempre a F.A. (mediante ceppi batterici selezionati per il metabolismo di idrocarburi). L’impianto è munito anche dei trattamenti per l’eliminazione dell’azoto (generalmente mediante predenitrificazione). I trattamenti chimico - fisici sono generalmente a base di carbone attivo granulare. _________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ________________________ Depurazione delle acque 176 Acque industriali _________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________________ ________________________ Depurazione delle acque 177 Acque industriali La rimozione dei nutrienti (AZOTO e FOSFORO) e accenni ai trattamenti terziari La sola rimozione del BOD, cioè della parte carboniosa delle sostanze biodegradabili, può non essere sufficiente a ottenere acque reflue che possano essere smaltite nei recettori naturali senza problemi. Quando il recettore finale è costituito da un bacino idrico con scarso ricambio, quindi particolarmente sensibile al fenomeno dell’eutrofizzazione, allora diventa importante eliminare anche i composti del fosforo e dell’azoto. In teoria, per eliminare il pericolo di eutrofizzazione, potrebbe essere sufficiente eliminare il solo fosforo, infatti . secondo la “legge del fattore minimo” o “legge di Liebig” è sufficiente eliminare una delle sostanze che costituiscono la catena nutritiva affinché si interrompa o almeno venga fortemente limitato il fenomeno. Tuttavia, lo smaltimento in corpi idrici che fungono anche da fonti di approvvigionamento per le acque destinate all’uso civile, deve prevedere anche l’abbattimento dei composti azotati, in particolar modo dell’ammoniaca, perché sono tossici, sono difficilmente eliminabili nelle fasi di potabilizzazione e perché possono reagire con il cloro, usato spesso nella fase di disinfezione delle acque per uso potabile, formando cloramine tossiche e di odore e sapore sgradevoli. Hanno inoltre un effetto tossico per i pesci e altri organismi superiori e consumano l’ossigeno disciolto nell’acqua, infatti l’ammoniaca può essere ossidata a ione nitrito o a ione nitrato ad opera di batteri consumando, in questa reazione, l’ossigeno contenuto nell’acqua. È importante però considerare che i composti del fosforo e dell’azoto sono indispensabili perché sono componenti fondamentali delle cellule viventi e risultano pertanto necessari per un buon funzionamento dei processi biologici di depurazione nei quali avviene un continuo aumento della popolazione batterica. Si deve infine considerare che nelle acque reflue sono sempre più spesso presenti scarichi di origine industriale, talvolta in concentrazioni tanto elevate da renderle inadatte ai trattamenti biologici e che sempre più spesso risulta necessario spingere la depurazione fino al punto di ottenere acque reflue riutilizzabili, almeno a livello industriale. Questi fatti hanno spinto i progettisti a ideare trattamenti sempre più spinti e completi. Depurazione delle acque 178 Rimozione dei nutrienti Rimozione dei composti dell’azoto La maggior parte dell’azoto è presente nelle acque reflue in forma ammoniacale essendo prodotto, già durante la permanenza in fognatura prima dell’arrivo all’impianto, dall’ossidazione biologica delle proteine e dell’urea (ammonificazione) secondo lo schema seguente: ad esempio per un amminoacido e per l’urea Nelle acque reflue che arrivano all’impianto di depurazione il contenuto di azoto in forma ammoniacale equivale a circa il 60-65% dell’azoto totale, quello organico (ammine, ammidi,....) a circa il 35% e solo a circa il 5% quello ossidato (nitriti e nitrati). La produzione di ammoniaca ammonta a 10-20 gr/ab.eq.· gg con una conseguente concentrazione di 50-100 mg/litro. L’azoto può essere eliminato dalle acque reflue per via biologica, chimica e chimico fisica. Eliminazione dell’azoto per via biologica È il metodo più comunemente usato e consiste nel far trasformare dai batteri tutto l’azoto ridotto (ammoniacale e organico) nella forma ossidata (nitrificazione) e quindi trasformare i nitrati, sempre per via biologica, in azoto elementare [gassoso] (denitrificazione). La nitrificazione L’ammoniaca presente nei liquami può essere ossidata ad opera di due gruppi di batteri autotrofi aerobici prima a nitriti e poi a nitrati. La prima ossidazione è dovuta a un gruppo di batteri del tipo nitrosomonas secondo la reazione: Depurazione delle acque 179 Rimozione dei nutrienti La seconda consiste invece nell’ossidazione dei nitriti a nitrati ad opera di un gruppo di batteri del tipo nitrobacter secondo la reazione: La reazione complessiva è allora: Dalla reazione totale di ossidazione è agevole calcolare l’ossigeno consumato per mole di ammoniaca e quindi per grammo. Questo consumo totale di ossigeno è pari a 4,57 grammi per ogni grammo di azoto (ammoniacale). Nella vasca di ossidazione–nitrificazione il consumo di ossigeno non avviene con continuità ma per stadi successivi: prima si ha l’ossidazione dello scheletro carbonioso e successivamente, in tempi più brevi quanto più alta è la temperatura, si ha l’ossidazione dell’azoto ammoniacale (NOD). Il ritardo con il quale avviene l’ossidazione dei composti azotati è dovuto al basso tasso di crescita dei batteri nitrificanti. Per raggiungere una concentrazione di batteri nitrificanti adeguata alla reazione di nitrificazione occorre lavorare con bassi valori del fattore di carico organico, e conseguenti alti valori dell’età del fango (mediamente fra 10 e 20 giorni) in modo da evitare che vengano eliminati, con il fango di supero, più batteri di quanti vengono generati nello stesso intervallo di tempo. Da tutto ciò si deduce che gli impianti a fanghi attivi ad aerazione prolungata e a basso carico e gli impianti a filtri percolatori a basso carico sono i soli in grado di garantire una nitrificazione spinta dell’effluente. Il grafico di fig.1 mostra con chiarezza questo concetto: è infatti evidente che per valori di Fc>0,5 il grado di nitrificazione cala rapidamente a valori molto bassi. Depurazione delle acque 180 Rimozione dei nutrienti fig.1 Determinazione sperimentale del grado di nitrificazione funzione del fattore di carico organico (Fc) a 17°C e 23°C in Oltre a questo, a differenza dei batteri che metabolizzano la frazione carboniosa, i batteri nitrificanti hanno bisogno di una concentrazione di ossigeno in vasca molto maggiore; per garantire una corretta nitrificazione è necessario infatti che la concentrazione dell’ossigeno disciolto sia almeno 2,5 – 3,0 ppm, mentre per la frazione carboniosa sono sufficienti 1,5 – 2,0 ppm. Negli impianti a fanghi attivi dunque nel calcolo del fabbisogno di ossigeno in presenza di nitrificazione si deve tener conto anche della quantità di ossigeno necessaria all’ossidazione dell’ammoniaca a nitrato. La relazione del fabbisogno diventa allora: dove i primi due termini si riferiscono alla frazione carboniosa , mentre il terzo all’azoto e mN-amm indica appunto la quantità di azoto ammoniacale che viene ossidato. Per la determinazione di mN-amm bisogna conoscere: − il carico idraulico − la concentrazione di ammoniaca nell’acqua reflua − il grado di nitrificazione. Infatti: mtot-NH3 = [NH3]·Qi Depurazione delle acque massa totale di ammoniaca in arrivo 181 Rimozione dei nutrienti mN-amm= (14/17)·(%nitr/100)·[NH3]·Qi massa di ammoniaca ossidata espressa come azoto dove la %nitr si trova dal grafico in funzione di Fc dell’impianto. Per acque reflue di tipo civile il fabbisogno di ossigeno per la frazione azotata è circa il 30% del totale e quindi assolutamente da considerare per il dimensionamento del sistema di aerazione. Esercizio 1 sulla nitrificazione In un impianto a fanghi attivi che lavora a 20 °C si vuole trattare anche l’azoto. I dati in ingresso sono: Qi=12000 m3/gg [NH3]=85 mg/l Fc=0,4 kgBOD5/kgSSMA·gg Trova il fabbisogno di ossigeno per l’ossidazione dell’azoto. Dal grafico di %nitr=f(Fc) troviamo che ad un Fc=0,4 corrisponde (a 20 °C) all’incirca un grado di nitrificazione percentuale del 92-93%; prendiamo 92,5 e con questo dato calcoliamo mN-amm: mN-amm = (14/17) (%nitr/100)·[NH3]·Qi=0.824·(92,5/100)·85 mg/l·12000 m3/gg= 0.824·0,925·0,085 kgNH3/m3·12000 m3/gg=777 kgN-NH3/gg Per calcolare l’ossigeno basta moltiplicare per 4,57 grO2/grN-NH3: Esercizio 2 sulla nitrificazione Depurazione delle acque 182 Rimozione dei nutrienti A un impianto a nitrificazione combinata arriva un carico di 600 kg/giorno di azoto ammoniacale che deve essere ridotto dell’80%. Determinare l’età del fango ammissibile nell’ipotesi che per ogni grammo di azoto rimosso si producano 0,08 g di batteri nitrificanti e che questi rappresentino il 4% della biomassa secca e infine che nella vasca siano presenti 18000 kg di biomassa totale. Perché non si verifichi il fenomeno del dilavamento è necessario che la quantità di batteri nitrificanti uscenti dalla vasca sia al massimo uguale a quella dei batteri prodotti. Calcoliamo allora la quantità di batteri prodotti La quantità di azoto rimosso deve essere l’80% di quella che arriva all’impianto: Azoto che deve essere rimosso = 600 kg(N)/giorno·0,8 = 480 kg(N)/giorno La quantità di batteri nitrificanti prodotti è allora: Batteri nitrificanti prodotti = 480 kg(N)/giorno · 0,08 Kg(batteri)/kg(N)= 38,4 kg(batteri)/giorno Poiché questi sono anche la quantità dei batteri uscenti e questi ultimi costituiscono il 4% della biomassa uscente si può calcolare il valore di questa biomassa ( FU ): Conoscendo la biomassa totale contenuta nella vasca ( BIOMASSATOTALE ) si può calcolare il tempo di detenzione che è poi l’età del fango: Depurazione delle acque 183 Rimozione dei nutrienti La denitrificazione Per eliminare in maniera definitiva l’azoto che è stato trasformato in nitrato occorre eseguire la sua riduzione, sempre per via biologica, ad azoto elementare che può essere allontanato facilmente dall’acqua come gas. In questo senso i nitrati possono essere considerati perciò come una fonte di ossigeno che si può rendere disponibile quando la concentrazione di ossigeno disciolto diventi molto bassa. Il rilascio di ossigeno da parte dello ione nitrato avviene secondo la reazione: Le sostanze che si ossidano, quelle cioè capaci di fornire carbonio organico, possono essere le stesse sostanze biodegradabili contenute nelle acque da depurare oppure possono essere altre, di facile ossidabilità, come ad esempio il metanolo, che vengono aggiunte alla miscela nitrificata in modo da far avvenire la seguente reazione: b a t t e denitrificatori r i Nella pratica quindi si devono perciò far eseguire ai microrganismi due operazioni: 1 – trasformazione dell’azoto ammoniacale in azoto nitrico (nitrificazione); 2 - trasformazione dell’azoto nitrico in azoto elementare gassoso (denitrificazione). Da un punto di vista operativo queste operazioni si possono eseguire seguendo diversi schemi, tra i quali i più importanti sono: 1° schema - (PREDENITRIFICAZIONE ) Questa procedura prevede di eseguire la denitrificazione sui liquami che devono ancora essere ossidati nella vasca di aerazione provvedendo comunque a riciclare parte dei fanghi e delle acque in uscita dalla fase di ossidazione-nitrificazione. Le fasi operative sono la seguenti: • i liquami grezzi vengono inviati a una vasca di predenitrificazione anossica perchè priva di sistema di aerazione. I batteri denitrificanti vengono forniti grazie al riciclo di parte dei fanghi presenti nel sedimentatore secondario mentre l’azoto nitrico da Depurazione delle acque 184 Rimozione dei nutrienti ridurre viene invece fornito riciclando parte dei liquami uscenti dalla fase di ossidazione-nitrificazione (vedi fig.2) • dopo aver subito la denitrificazione i liquami passano alla vasca di aerazione dove subiscono la nitrificazione dell’ammoniaca non ancora ossidata. Da lì una parte di questi liquami viene riciclata alla vasca di denitrificazione mentre il resto viene inviata alla sedimentazione secondaria. I fanghi prodotti nel sedimentatore vengono in parte riciclati alla vasca di ossidazione-nitrificazione mentre quelli di supero vanno ai trattamenti successivi. Ingresso liquami Denitrificazione Acque depurate Ossidazione e Nitrificazione Riciclo acque nitrificate Riciclo fango Fango di supero Fig. 2 – Schema con predenitrificazione È evidente che questo sistema non consente di effettuare una denitrificazione completa, infatti la parte non ricircolata dopo la vasca di ossidazione-nitrificazione contiene azoto nitrico che prima entra nel sedimentatore secondario e quindi esce dall’impianto. Questa frazione di azoto nitrico non denitrificata dipende dall’entità del ricircolo: più grande è il ricircolo rispetto alla portata che viene lasciata passare minore sarà la quantità di nitrati non ridotti ad azoto elementare. 2° schema - (POSTDENITRIFICAZIONE ) Questo schema operativo prevede che la denitrificazione venga eseguita dopo la fase di ossidazione-nitrificazione usando come materiale organico, ossidabile dai nitrati, parte dei liquami in ingresso all’impianto. Lo schema è costituito dalle seguenti fasi: • i liquami grezzi, dopo le fasi preliminari, arrivano alla vasca di aerazione (ossidazione e nitrificazione). Depurazione delle acque 185 Rimozione dei nutrienti • le acque in uscita dalla vasca di ossidazione vengono inviate alla vasca di denitrificazione insieme a una parte dei liquami che arrivano dai trattamenti preliminari. • per evitare che i liquami, carichi di azoto gassoso, possano causare, nel sedimentatore secondario, fenomeni di rising (risalita del sedimentato a causa di azoto gassoso e uscita di acque non limpide) si esegue un trattamento di stripping con aria dei liquami prima di inviarli al sedimentatore secondario. • infine i liquami proseguono verso il sedimentatore secondario secondo lo schema usuale. (vedi fig.3) Ossidazione e Denitrificazione Stripping dell'azoto al trattamento fanghi Fig.3 – Impianto con postdenitrificazione Contrariamente alla predenitrificazione questo schema assicura una completa denitrificazione, ma non una completa ossidazione, infatti la parte di acqua reflua che dal sedimentatore primario viene mandata direttamente nella vasca di denitrificazione per fornire “cibo fresco” ai batteri denitrificatori senza passare dalla vasca di ox-nitr può contenere ancora BOD5 non metabolizzato (dai batteri denitrificatori). Una variante della postdenitrificazione che evita quest’ultimo inconveniente è mostrata nello schema a blocchi che segue: CH3OH Ox-‐Nitr Sed II Den Stripping Sed II ai tra2amen4 successivi al tra2amento fanghi Depurazione delle acque 186 Rimozione dei nutrienti L’alcool metilico (CH3OH) viene aggiunto dall’esterno (cibo esogeno) dal momento che alla vasca di denitrificazione non arriva più né BOD disciolto né solidi sospesi volatili (perché eliminati dal sedimentatore secondario); questa variante è molto dispendiosa sia per l’aggiunta in continuo di metanolo che per la necessità di due sedimentatori secondari. 3° schema – (PREDENITRIFICAZIONE + POSTDENITRIFICAZIONE) Come già detto i due schemi esaminati presentano delle evidenti limitazioni: il primo non riesce a eseguire una denitrificazione completa, mentre il secondo non consente una completa ossidazione. Per superare queste limitazioni si può eseguire sia una predenitrificazione che una postdenitrificazione (vedi fig.4). Pre Denitrificazione Ossidazione e Nitrificazione Post Denitrificazione Stripping dell'azoto Fig.4 – Sistema di denitrificazione misto Depurazione delle acque 187 Rimozione dei nutrienti Eliminazione dell’ammoniaca per via chimica (reazione con cloro) L’eliminazione dell’azoto ammoniacale si può eseguire sulle acque reflue, prima del loro sversamento, mediante trattamento con cloro. L’ammoniaca reagisce con l’acido ipocloroso, che si forma quando si solubilizza il cloro in acqua, formando azoto e acido cloridrico: L’andamento della reazione non è influenzato dalla temperatura o dalla presenza di fattori tossici che hanno invece una forte influenza sul processo di denitrificazione biologica. Poiché si libera acido cloridrico è necessario aggiungere Ca(OH)2 oppure NaOH in modo da riportare il pH a valori accettabili. Gli inconvenienti di questo sistema sono: • costo dovuto all’alto consumo di cloro • necessità di eseguire la declorazione prima dello smaltimento finale delle acque depurate. Eliminazione dell’azoto con metodi fisici Un metodo di tipo fisico per eliminare l’ammoniaca dalle acque consiste nell’alcalinizzazione della miscela con calce fino a pH 11 – 11,5 seguito dallo stripping con aria dell’ammoniaca gassosa che si forma, in un’apposita torre di degasazione (vedi fig.5). L’alcalinizzazione è necessaria per spostare l’equilibrio verso destra. Al termine della degassazione è necessario abbassare il pH mediante ricarbonatazione (si insuffla, come abbiamo già visto, anidride carbonica). Depurazione delle acque 188 Rimozione dei nutrienti Depurazione delle acque 189 Rimozione dei nutrienti Rimozione del fosforo La rimozione del fosforo dalle acque di scarico viene attuata essenzialmente attraverso processi di precipitazione chimica usando gli stessi agenti flocculanti che si usano nel trattamento chimico dei liquami: sali ferrici, sali di alluminio e calce. Per l’alluminio e la calce, per esempio, le reazioni coinvolte sono: e Il fosforo organico e i polifosfati vengono abbattuti soprattutto per effetto di adsorbimento. Gli schemi di processo usati sono tre: • trattamenti eseguiti sul liquame grezzo • trattamento dell’effluente finale di impianti di tipo biologico (postprecipitazione) • trattamenti eseguiti contemporaneamente a quelli di tipo biologico (coprecipitazione) Trattamenti sul liquame grezzo Rientrano in questo tipo operativo gli impianti con trattamento chimico dei liquami. La flocculazione che porta all’abbattimento dei solidi sedimentabili e a quello parziale del BOD disciolto causa anche la rimozione, con alte rese (generalmente > 90%), dei composti del fosforo. Postprecipitazione La rimozione del fosforo eseguita sulle acque in uscita dal sedimentatore secondario può essere considerata un vero e proprio trattamento terziario dal momento che: • ha un rendimento, relativo alla rimozione del fosforo, superiore al 95%. • l’azione flocculante causa anche una efficace rimozione dei solidi sospesi, eventualmente sfuggiti alla sedimentazione secondaria, producendo acque altamente chiarificate. Sotto questo aspetto può essere considerato un trattamento terziario di affinamento delle acque depurate. Depurazione delle acque 190 Rimozione dei nutrienti • la precipitazione eseguita in questa fase ha lasciato il tempo affinché tutto il fosforo presente, anche quello organico, si sia trasformato in ione ortofosfato. • i reattivi usati in questa fase non interferiscono con l’azione dei batteri nitrificanti durante il trattamento di nitrificazione-denitrificazione. Questo trattamento ha tuttavia lo svantaggio di richiedere apparecchiature e vasche aggiuntive e risulta pertanto più costoso. Coprecipitazione La precipitazione del fosforo viene indotta nella stessa vasca di ossidazione. Uno schema di questo tipo è riportato in fig.6. Lo schema mostrato utilizza un filtro a sabbia per il trattamento di denitrificazione. I liquami, dopo un trattamento di triturazione arrivano alla vasca di aerazione nella quale vengono dosati anche i reattivi necessari alla rimozione del fosforo. A questa vasca vengono inviati oltre ai fanghi di ricircolo anche le acque di lavaggio del filtro a sabbia usato nella denitrificazione. Le acque in uscita dal sedimentatore vengono inviate a un filtro a sabbia nel quale i lavaggi in controcorrente vengono eseguiti a intervalli di tempo molto lunghi. In questo modo sulle particelle di sabbia si sviluppano i batteri denitrificatori utili alla rimozione dell’azoto nitrico. Come sostanza facilmente ossidabile (“cibo per i batteri”) viene usato metanolo opportunamente dosato. Il trattamento dei fanghi viene condotto per ossidazione aerobica mentre le acque in uscita vengono disinfettate con cloro. Flocculanti per la rimozione del fosforo Trituratore Serbatoio metanolo Serbatoio cloro Vasca ox-nitr Dig. aerobico Ai trattamenti successivi Filtro a sabbia (denitrificatore) Acqua per il lavaggio del filtro Compressore Depurazione delle acque 191 Rimozione dei nutrienti Fig.6 – Sistema con coprecipitazione Trattamenti di tipo chimico-fisico Il solo trattamento chimico o l’associazione trattamento chimico e trattamento biologico,sono generalmente sufficienti a produrre acque che possono essere sversate nei normali recapiti, ma non a produrre acque reflue a elevato grado di purezza, cioè acque nelle quali l’abbattimento dei fattori inquinanti sia quasi totale. Alcune sostanze, presenti in quantità minime (microinquinanti), come, insetticidi, pesticidi, metalli pesanti, sostanze tossiche di vario tipo, non biodegradabili, non vengono eliminate ad opera dei trattamenti chimici e/o biologici. Quando le acque reflue “depurate” devono essere riciclate per uso industriale o civile (acque potabili) diventa necessario completare il trattamento con processi di tipo fisico e chimico-fisico come la filtrazione e il trattamento con carboni attivi. I carboni attivi sono formati da particelle di carbonio porose che possiedono un’altissima superficie specifica (compresa fra 700 e 1500 m2/gr). Questa enorme superficie di contatto permette l’istaurarsi di forze di attrazione superficiale, del tipo di Van der Walls, capaci di catturare e legare (adsorbire) le molecole dei microinquinanti e le particelle colloidali contenute nell’acqua attuando in questo modo una efficacissima di rimozione degli inquinanti rimasti. Il carbone attivo può essere usato in forma di polvere, che viene aggiunta alle acque, in uscita da un trattamento chimico, lasciata agire per tempi varianti da 15 a 40 minuti e quindi eliminata per filtrazione. Le acque che si ottengono da questo trattamento sono generalmente limpide, prive di colore e di odori. La pulizia del filtro si esegue per lavaggio in controcorrente e le acque risultanti vengono inviate al trattamento chimico iniziale (vedi fig.7) Depurazione delle acque 192 Rimozione dei nutrienti acque dai trattamenti preliminari Reattivi chimici Carbone attivo Filtro Vasca di flocculazione e sedimentazione vasca di accumulo Fanghi al trattamento finale Lavaggio filtro in acque depurate Fig.7 – Trattamento chimico associato con quello a carbone attivo In alternativa al trattamento chimico dei liquami, da eseguire prima di quello con carboni attivi, si può effettuare un trattamento biologico. Con la depurazione di tipo biologico l’aggiunta del carbone attivo può essere fatta prima o dopo il trattamento. In genere si preferisce aggiungere il carbone attivo prima perché in questo modo vengono assorbiti alcuni microinquinanti, che hanno un effetto inibitore sull’attività batterica, rendendo l’ossidazione biologica più efficace (vedi fig.8). Nei due sistemi esaminati sopra il carbone attivo in forma di polvere viene aggiunto alle acque da trattare e al termine si ritrova nei fanghi in uscita dal sedimentatore. Questo procedimento rende impossibile il recupero e la rigenerazione del carbone attivo usato aumentando così i costi di gestione dell’impianto (è importante sottolineare che il carbone attivo ha un costo abbastanza elevato). A causa dei costi elevati che i trattamenti descritti sopra comportano, questi schemi operativi sono applicabili solo in particolari condizioni nelle quali, a causa di eventi particolari, l’impianto si deve adattare a carichi particolarmente elevati. Depurazione delle acque 193 Rimozione dei nutrienti Carbone attivo Fig.8 – Trattamento combinato biologico e carbone attivo. Per avere consumi e costi inferiori si usano colonne in cui il carbone attivo si trova in forma granulare e quindi non viene trascinato con le acque trattate. Quando l’attività della colonna si esaurisce è possibile rigenerarla per trattamento termico, lavandola in controcorrente con vapore ad alta temperatura e in assenza di aria in modo da favorire il “deadsorbimento” delle sostanze che erano state assorbite. Il processo di filtrazione e di lavaggio avviene utilizzando due colonne che lavorano in parallelo alternando il loro ciclo (quando una lavora l’altra si pulisce e viceversa). Nello schema a blocchi della fig.9 è riportato un trattamento completo. Trattamenti preliminari Flocculanti Trattamento chimico Sedimentazione Aria Anidride carbonica Stripping ammoniaca Ricarbonatazione Sedimentazione Stabilizzazione fango Filtrazione Essiccamento Carboni attivi Acqua depurata Cloro Depurazione delle acque 194 Rimozione dei nutrienti Fig.9 – Schema a blocchi di un trattamento completo Il trattamento completo è costituito dalle seguenti fasi (Fig.10): • trattamento chimico eseguito con flocculante e calce. In questa fase si ha anche l’eliminazione del fosforo in forma di fosfato di calcio e di alluminio e l’alcalinizzazione delle acque che consentono la trasformazione dello ione ammonio in ammoniaca. In questa fase si ha anche la sedimentazione. • stripping dell’ammoniaca. L’ammoniaca liberata nella prima fase viene eliminata mediante stripping con aria. • ricarbonatazione. Questa operazione è necessaria per abbassare il pH delle acque. Durante questa fase si ha la precipitazione di carbonati e bicarbonati. • filtrazione. Dopo una ulteriore fase di sedimentazione le acque vengono filtrate per eliminare tutte le sostanze in sospensione. • trattamento con carboni attivi. È il trattamento di rifinitura che consente la depurazione finale. • disinfezione. Per ridurre, se necessario, la carica batterica. Trattamento chimico Serbatoio reattivi chimici Filtro a sabbia Filtro a carbone attivo Stripping di NH3 CO2 Serbatoio cloro Vasca di carico Digestore aerobico Vasca di clorazione Letto di essiccamento Fig.10 – Trattamento completo. Nella tabella che segue sono riportati i valori dei parametri relativi alla depurazione di un liquame medio dopo trattamento depurativo tradizionale (primario + secondario) e dopo ulteriore trattamento chimico-fisico (terziario): Depurazione delle acque 195 Rimozione dei nutrienti Rendimenti depurativi a confronto Trattamento Parametro BOD5 (mg/l) COD (mg/l) Solidi sospesi (mg/l) Detersivi (mg/l) Fosforo (mg/l) Indice colimetrico (MPN/100 ml) Depurazione delle acque Valore primario + secondario Con trattamento chimico-fisico Valore Rendimento (trattamento terziario) Valore Rendimento 300 480 230 7 12 finale 30 40 26 2 6 depurativo 90% 91% 89% 71% 50% finale 0,7 10 0 0,1 0,1 depurativo 99,8% 97,9% 100% 98,6% 99,2% 5·107 > 106 98% <2 ~ 100% iniziale 196 Rimozione dei nutrienti