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[Mire se vini ne Kosove] Diario del V Viaggio di Solidarietà 11 – 20 agosto 2012 di CORRADO SIRAGUSA beloverevolution.org Sommario Introduzione........................................................................................................................ 3 Da Palermo al Kosovo ....................................................................................................... 4 In viaggio, dai libri e lo studio, alle persone e i territori Aeroporto di Palermo, 9 agosto 2012 Ti con nu, nu con Ti ........................................................................................................... 5 Montenegro: Perasto e Cattaro 12 agosto 2012 Mire se vini ne Kosove ...................................................................................................... 7 Peć - Goradzevac 13 agosto 2012 Nelle Enclavi ....................................................................................................................... 9 Dečani – Villaggio Italia – Velika Hoca 14 agosto 2012 Mondi balcanici ................................................................................................................ 12 Velika Hoca – Prizren 15 agosto 2012 Jelika, coraggio e umanità oltre ogni limite .................................................................. 15 Prizren – Silovo 16 agosto 2012 Da qui non si torna indietro ............................................................................................ 17 Cucine popolari – Grazanica – Mitrovica 17 agosto 2012 Belgrado............................................................................................................................ 20 Settimo giorno 18 agosto 2012 “Kosovo, una storia balcanica” che affronta la Introduzione storia della regione dall’etimologia del nome fino Già la quinta edizione. La sua esperienza e le sue emozioni li restituisce Da una necessità pratica – quella di portare a in questo diario di viaggio. destinazione gli aiuti raccolti – i Viaggi di È un pensiero personale la cui condivisione Solidarietà sono tramutati, nel corso del tempo, in riteniamo importante, non solo per il racconto in uno degli aspetti essenziali per il sostegno e lo sé, ma anche per lo slancio che può dare ad altre sviluppo delle stesse azioni di solidarietà. persone a voler intraprendere una strada di ricerca Sotto il profilo umano e di percorso personale personale e di aiuto verso gli altri. garantiscono un’esperienza unica, a poche ore di A lui va il nostro ringraziamento per avere auto da casa, dove poter ricollocare le proprie trasferito su carta i pensieri e le emozioni, priorità in fatto di valori e di cose veramente permettendoci di poterli quindi condividere con importanti; tutti. l’aspetto sociale garantisce invece il fiorire di Cogliamo l’occasione per rivolgere un sincero nuove amicizie, anche – e soprattutto – tra ringraziamento a Giorgio De Rocchis, instancabile persone con diversi retroterra culturali, visioni del e prezioso nella creazione di relazioni e la raccolta mondo e atteggiamenti, che ‘a casa’ avrebbero di materiali e aiuti; a Davide, Guido, Muppet, avuto difficilmente l’occasione di confrontarsi, Elisa (fotografa eccezionale), Massimo, Simone, soprattutto con quel pathos e sincerità che si José, Carlo, Michael, Matteo e Chiara, Jacopo, creano naturalmente durante la visita e Marcello, Daniele, Stefano e Benedetta per la l’esperienza di contesti difficili, di povertà e di compagnia, la pazienza e il pensiero che violenza; giornalmente dedicano alle famiglie delle enclavi. ai fatti di violenza degli ultimi anni. l’aspetto solidaristico è quello che, più di tutti, rende il viaggio, non il semplice macinare 3.500 BeLoveRevolution km in poco più di una settimana, ma una meta metafisica e simbolica che altro non è che il trovare sé stessi, centrarsi, una metafora che riesce a coniugare l’essere utili a qualcuno che ne a bisogno con l’essere utili a sé stessi. “L’essenziale è invisibile agli occhi” Il Piccolo Principe Antoine De Saint-Exupéry Niente di nuovo, comunque: io ho quel che ho donato, recita il motto dannunziano. Corrado è uno dei ragazzi che da deciso di mettersi in discussione in un viaggio di otto giorni tra esperienze nuove, con compagni di viaggio sconosciuti, in una terra che aveva studiata grazie al suo percorso di studi, culminando in una tesi 3 “donazioni” dei poveri, costretti a questo dalla fame, ma che in un passato abbastanza recente ha visto coinvolti centinaia di serbi e dissidenti del famigerato Uck (comandato da chi oggi siede sulla poltrona di Premier - il “serpente” Thaci - e di capo dell’opposizione, Haradjnai), rapiti, seviziati e, infine, sezionati. Il viaggio che mi accingo a intraprendere ha inizio circa sei mesi addietro, quando, preso da Da Palermo al Kosovo confusione e dubbi, ho scelto di imboccare una nuova e tortuosa strada. In viaggio. Dai libri e lo studio, alle persone e i territori Del Kosovo sapevo poco. Una piccola regione dei Aeroporto di Palermo, 9 agosto 2012 come quasi tutte le terre di quella zona, la Sono circa le venti e sono in procinto di imbarcarmi per Venezia, destinazione Sacile, bellissima cittadina friulana già appartenente alla Serenissima. Lì mi aspetta “nonno” Fabio Franceschini, di LOVE, un’associazione che da un po’ di tempo a questa parte ha preso a cuore la drammatica situazione in cui versano i serbi che abitano le piccole enclavi del Kosovo, regione serba a maggioranza albanese autoproclamatasi indipendente quattro anni fa, sotto il bene placito degli Stati Uniti e buona parte dell’Unione Europea. Nonostante la presenza delle forze di “pace” della Nato, dell’Onu e della stessa Unione Europea, il Kosovo è ancora oggi una zona molto instabile. La disoccupazione è altissima e l’economia ruota quasi del tutto intorno agli affari illeciti: prostituzione, traffico di armi e di sostanze stupefacenti. La cosa più orribile rimane, però, un altro traffico: quello di organi umani, adesso ristretto solo alle 4 Balcani tormentata da guerre e violenze, così polveriera d'Europa per antonomasia. Non mi vergogno a dire che la mia curiosità e il mio interesse avevano avuto inizio dopo aver visto le “gesta” poco gentili di un hooligan serbo in Italia. Azioni che venivano condannate ma che non venivano spiegate a fondo. Una bandiera albanese in fiamme, tanti striscioni inneggianti alla ‘serbità’ del Kosovo, il saluto a tre dita dei calciatori serbi verso gli ultras, interpretato come monito a un'eventuale sconfitta a tavolino. Ho iniziato a documentarmi e a parlarne con un mio professore albanese, con il quale è sorto un piacevole scambio di opinioni e libri, culminato con una bella tesi di laurea e con un altrettanto soddisfacente voto finale. Ma non mi è bastato: quello che sapevo e che ho riportato nel mio lavoro era comunque qualcosa di “seconda mano”, non vissuto con la mia pelle né visto coi miei occhi. Questo viaggio ha rappresentato dunque il culmine di questo lavoro, diciamo, intellettuale, e perché no, il punto di partenza di un nuovo percorso individuale. Perasto Il paesaggio che osserviamo risalendo lungo i Ti con nu, nu con Ti fiordi della scogliera montenegrina lascia senza Montenegro: Perasto e Cattaro di campagna e piccole chiese sorgono a ridosso di 12 agosto 2012 queste piccole foreste quasi a strapiombo sul mare. fiato. Boschi, verde e mare si mischiano, casette Grosse e pacchiane costruzioni a ridosso della Dopo diciotto ore di traghetto è la dogana costa ed enormi scheletri di cemento lungo la via montenegrina a darci il benvenuto tenendoci fanno per un attimo ritornare bruscamente a quella impalati un'ora al porto di Bar. Risaliti sul che da noi è la normalità, sebbene in scala minore. pulmino, prendiamo la strada che porta a Perasto, Ma, si sa, è il progresso. importante città appartenente alla repubblica della Perasto è un piccolo borgo veneziano affacciato Serenissima e l'ultima ad ammainare il gonfalone su un golfo circondato da ettari di bosco. A circa con la bandiera di San Marco all'indomani del cinquecento metri dalla spiaggia sorgono due tradimento di Napoleone e conseguente avanzata isolette con due piccole chiese. Un gioiello, 1 in zona delle truppe austro-ungariche . 1 Da cui la famosa allocuzione del Conte Giuseppe Viscovich, Capitano di Perasto, tenuta il 23 agosto 1797: In sto amaro momento, che lacera el nostro cor; in sto ultimo sfogo de amor, de fede al Veneto Serenissimo Dominio, el Gonfalon de la Serenissima Repubblica ne sia de conforto, o Cittadini, che la nostra condotta passada che quela de sti ultimi tempi, rende non solo più giusto sto atto fatal, ma virtuoso, ma doveroso per nu. Savarà da nu i nostri fioi, e la storia del zorno farà saver a tutta l'Europa, che Perasto ha degnamente sostenudo fino all'ultimo l'onor del Veneto Gonfalon, onorandolo co' sto attostosolenne In amaro emomento, deponendolo che lacera bagnà eldelnostro nostrocor; universal in sto ultimo amarissimo sfogo de pianto. amor, de fede al Veneto Sfoghemose, Serenissimo cittadini, Dominio, sfoghemose el Gonfalon pur; madeinlastiSerenissima nostri ultimi Repubblica sentimenti coi ne quai sia de conforto, o Cittadini, che la nostra condotta passada che quela de sti ultimi tempi, rende non solo più giusto sto atto fatal, ma virtuoso, ma doveroso per nu. Savarà da nu i nostri fioi, e la storia del zorno farà saver a tutta l'Europa, che Perasto ha degnamente sostenudo fino all'ultimo l'onor del Veneto Gonfalon, onorandolo co' sto atto solenne e deponendolo bagnà del nostro universal amarissimo pianto. Sfoghemose, cittadini, sfoghemose pur; ma in sti nostri ultimi sentimenti coi quai soprattutto al tramonto. sigilemo la nostra gloriosa carriera corsa sotto el Serenissimo Veneto Governo, rivolzemose verso sta Insegna che lo rappresenta e su ela sfoghemo el nostro dolor. Per trecentosettantasette anni la nostra fede, el nostro valor l'ha sempre custodìa per tera e par mar, per tutto dove né ha ciamà i so nemici, che xe stai pur queli de la Religion. Per trecentosettantasette anni le nostre sostanze, el nostro sangue, le nostre vite le xe stae sempre per Ti, o San Marco; e felicissimi sempre se semo reputà Ti con nu, nu con Ti; e sempre con Ti sul mar nu semo stai illustri e vittoriosi. Nissun con Ti n'ha visto scampar nissun con Ti n'ha visto vinti o spaurosi! Se i tempi presenti, infeicissimi per imprevidensa, per dissension, per arbitrii illegai, per vizi offendenti la natura e el gius de le zenti, no Te avesse tolto dall'Italia, per Ti in perpetuo sarave stae le nostre sostanze, el sangue, la nostra vita, e piutosto che vederTe vinto e desonorà dai Toi, el coraggio nostro, la nostra fede se avarave sepelio soto de Ti!Ma za che altro no resta da far per Ti, el nostro cor sia l'onoratissima To tomba e el più puro e el più grande elogio, Tò elogio, le nostre lagreme. Nonostante l'abbondante presenza di turisti, pace e Oltrepassiamo il gruppo e ci troviamo davanti le tranquillità circondano il tutto, facendoci godere mura dell'antica città e una porta ad arco , che pranzo e passeggiata digerente, conclusa con la anticamente portava sul frontone lo stemma del salita sul campanile del duomo, dove il buon leone veneziano, sostituito nel 1942 da una poco Fabio, impersonando per un attimo il suo discreta stella comunista. celeberrimo avo Giuseppe Viscovich, fa Entrati all'interno, rimango quasi senza parole alla sventolare – mi piace pensare – per la prima volta vista che mi si presenta davanti: una bellissima e dopo duecento anni la bandiera del leone “tibi grande piazza lastricata in marmo e una pax”. moltitudine di case antiche che si affacciano su di essa, quasi a far perdere ogni concezione di tempo e luogo. Proseguendo tra viuzze e vicoli, lo spettacolo che si fa avanti è sempre più bello e affascinante: chiese, cappelle votive, negozi artigianali, locali vari, tutti all'interno di questa suggestiva cornice. Solo i maxi-schermi dei bar che trasmettono le Olimpiadi rompono un po' l'atmosfera, ma si può benissimo chiudere un occhio e far finta di niente. le bocche di Cattaro Concludiamo il pomeriggio con la consueta birra in un simpatico locale sul molo, pieno di serbi e montenegrini che ci guardano e sorridono, incuranti del nostro frastuono ed entusiamo. A cena ci spostiamo nella città di Cattaro, distante poco meno di venti minuti da Perasto. Sul lungo mare svettano gli yatch pluripiano degli sceicchi dell'est, i russi, abili a far propria questa splendida zona dell'Adriatico. Di fronte, in una piazzetta, un gruppo folk inscena un balletto intonando un canto popolare balcanico, dalle melodie simili a quelli delle feste nuziali di Grecia. 6 La serata termina con l'ennesima bevuta e la miliardesima battuta sulla bravura delle ragazze autoctone. È l'una e siamo quasi tutti a letto. Domani la sveglia è prevista alle 5. Ci aspettano circa sei ore di viaggio, oltrepassare la frontiera e giungere in Kosovo. Dove, quasi certamente, voglia di stare allegri ce n'è ben poca, sul Passo di Kula, tra Montenegro e Kosovo nostri mezzi cercando di venderci qualcosa. Mire se vini ne Kosove Immediatamente, i pochi spiccioli raccolti, Peć - Goradzevac di dodici anni seduto a bere e a fumare all'ombra 13 agosto 2012 di un albero. La levataccia all’alba ci fa mettere subito in marcia per il Kosovo. Percorrendo le montagne del Montenegro i panorami che si susseguono sono sempre più suggestivi e affascinanti: boschi, colline, scogliere ed enormi foreste, su fino al confine kosovaro. Circa otto ore di pulmino ci fanno arrivare finalmente a destinazione, dopo un percorso montanaro a dir poco ardito. Giungiamo alla dogana e un cartello scritto in albanese, accompagnato dalla bandiera blu a sei stelle (che raramente incontreremo nel nostro soggiorno) ci dà il benvenuto in Kosovo. Al posto di frontiera abbiamo modo di assistere ad una scena emblematica: un gruppo di bambini che vendono bibite in lattine ormai scolorite, accerchiano i finiscono nelle mani del loro capo, un ragazzino Riprendiamo il tragitto e arriviamo dopo qualche minuto a Peć, città sede del Patriarcato di Serbia. Anche qui la prima impressione non è delle migliori: bandiere americane e albanesi un po' ovunque, monumeti all'Uck e cimiteri nei giardini di casa, decine e decine di autolavaggi e pompe di benzina. Pranziamo e ci mettiamo in cammino per visitare il bellissimo monastero, già patrimonio dell'Unesco. Ad attenderci all'ingresso una pattuglia di soldati sloveni della KFOR2, un blindato e diversi metri 2 La forza di intervento che a seguito della campagna aerea è entrata e si è dislocata in Kosovo è denominata Kosovo FORce (KFOR). L'Italia partecipa alla Forza sotto comando NATO con una Multinazional Task Force - West (MNTF-W) insieme a Spagna, Ungheria, Slovenia e Romania. L'area di responsabilità affidata alla MNTF - W è il settore Ovest del Kosovo. La Missione Internazionale a guida NATO è stata autorizzata dalla Risoluzione n. 1244 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il 10 giugno 1999. La forza della Missione è di circa 16.000 uomini suddivisi fra le seguenti nazioni: Estonia, Ungheria, Olanda, Norvegia, Portogallo e Regno Unito nell'ambito del di cavallo di frisia. Anche questo luogo di culto, L'atmosfera in questa enclave è surreale, come del come tanti altri sparsi in Kosovo, ha subito le resto lo sarà in tutte le altre che avremo modo di violenze degli scontri recenti, costringendo le visitare. La sera, dopo aver cenato nella locanda monache a far costruire un enorme muro di cinta a del grande Berti, ex-nazionale jugoslavo di sci ed protezione. irriducibile compagno comunista, ci spostiamo in quattro verso il centro di Goradzevac. I primi sguardi a metà tra curiosità e diffidenza degli abitanti del luogo, si sciolgono brevemente in una bevuta rilassata e goliardica. Ci dicono di essere tifosi della Stella Rossa. Li conquistiamo parlando di calcio, è ovvio, e del nostro viaggio. Dusan, uno dei ragazzi presenti, parla un buon italiano. Mi racconta delle difficoltà a vivere in un luogo tra le mura affrescate della chiesa del Patriarcato che non offre nulla a un giovane, costretto solo a La serenità e la pace respirate all'interno si scappare da lì. Lui ha 22 anni, così come Darko, il scontrano brutalmente con quello che la città di proprietario del minuscolo chioschetto di plastica Peć ci offre fuori: sporcizia, fogne a cielo aperto, e lamiera che sorge su Piazza Italia. Ci parlano povertà e macchinoni targati Germania o Svizzera. benissimo degli italiani della Kfor, che qui han Ci fermiamo a pranzare per poi ripartire fatto un ottimo lavoro di protezione e che, da poco, immediatamente alla volta di Goradzevac, la riescono a garantire qualche posto di lavoro anche seconda meta del nostro viaggio odierno. Qui il 13 agosto del 2003 un commando di terroristi albanesi fece fuoco su un gruppo di persone che ai serbi, su a Villaggio Italia. Vedo un sacco di giovani guardarci e alzare la voce per farsi notare. Dusan mi spiega come per loro sia impossibile facevano il bagno nel vicino torrente3. Il bilancio andare a Peć o semplicemente allontanarsi dal fu atroce: due ragazzini uccisi e diversi feriti. villaggio. Hanno amici albanesi, ma il vederli assieme causerebbe parecchie rogne a tutti. Comando Kfor a Pristina; Repubblica Ceca, Finlandia, Irlanda, Lettonia, Slovacchia e Svezia nell'ambito della MNTF - C; Francia, Belgio, Danimarca, Grecia, Luxemburgo, Marocco, Estonia nell'ambito della MNTF - N; Germania, Austria, Azerbaijan, Bulgaria, Georgia, Svizzera e Turchia nell'ambito della MNTF - S; Italia, Ungheria, Romania, Slovenia, e Spagna nell'ambito della MNTF - W; Stati Uniti d'America, Armenia, Grecia, Lituania, Polonia, Romania e Ucraina nell'ambito della MNTF - E. Un totale di 34 Nazioni. Il Comando della MNTF - W, a guida italiana, è dislocato a Belo Polje (PEC). Iniziata il 12 giugno 1999 la missione è tutt'ora in corso. 3 Per un gruppo di ragazzi serbi, l’unica speranza di trovare qualche ora di refrigerio e di divertimento (si fa per dire, siamo in Kosovo…) è quella di prendere le biciclette, percorrere pochi metri ( anche se il rischio è alto, altissimo, quando si varcano i “confini” di quella “riserva indiana” che è l’enclave) e bagnarsi nel fiume, il Bistric, che passa appena fuori la piccola enclave di Goradzevac, unico abitato serbo (circa 800 persone) nella parte occidentale del Kosovo, ormai territorio quasi completamente monoetnico albanese, dopo la “fine” della guerra e l’intervento “umanitario” della NATO. Una corsa in bicicletta, una nuotata nel fiume … un’idea “normale”: ma in Kosovo per i Serbi non c’è niente di “normale”, non c’è alcun dirittto, alcuna garanzia, neanche quella elementare, per dei ragazzi, di fare il bagno in un fiume in un caldo giorno d’estate. Così “l’imprudenza” di ragazzi innocenti ha come immediato risultato la pronuncia (forse decisa da ragazzi come loro, della stessa età) di una condanna a morte collettiva: estremisti albanesi fanno fuoco contro i ragazzi, dalla riva opposta del fiumicciatolo. Due ragazzi serbi, uno di 11 anni, Pantelja Dakic, e uno di 19, Ivan Jovovic, muoiono subito, altri tre sono feriti gravemente; uno, Bogdan Bukumiric, di 15 anni, è in coma. Gli ospedali gestiti da medici albanesi si rifiutano di accoglierli; i feriti sono trasportati all’ospedale militare di Belgrado, mentre ai monaci di Decani e alle suore di Pec viene impedito di raggiungere il luogo dell’eccidio. Una strage senza precedenti, dalla cosiddetta “fine” della guerra a oggi. (Maria Lina Veca, Tibereide, agosto 2003) 8 Facciamo una foto insieme mentre sullo sfondo gli altri ragazzi ci salutano in italiano. So che questa serata sarà per loro motivo di conversazione per tanto e tanto tempo ancora. So che questa serata sarà un'esperienza che non scorderemo più. il Monastero di Visoki Dečani dell'ortodossia. Ha un carisma e un'arte oratoria Nelle Enclavi talmente forte che è difficile non rimanere Dečani – Villaggio Italia – Velika Hoca Spesso si reca a Dečani, dove vive con i monaci 14 agosto 2012 organizzatore di eventi dell’associazione “Amici Salutato Berti e il suo amico a quattro zampe Fidel, ripartiamo col pulmino alla volta di Dečani. Alla denominazione ufficiale di Kosovo si associa il secondo nome di Metochia, terra dei monasteri. È proprio qui, a Dečani, che sorge forse il monastero più importante della Serbia e per i serbi. Da qui è nata la storia di questo popolo e di questa terra, è qui che si respirano arte, storia e tradizione. Ed è qui che anche il più ateo al mondo corre il serio rischio di fare alcuni passi indietro. Francesco ci accompagna. È siciliano come me, ha circa cinquant’anni, una moglie e figli e da qualche tempo ha deciso di intraprendere la via ipnotizzati dalle sue spiegazioni. del monastero. È membro e attivissimo di Dečani” di cui fan parte, tra gli altri, anche il filosofo Massimo Cacciari e Vittorio Sgarbi. Oggi ci ha fatto da guida, spiegandoci passo passo e per più di un'ora la magnifica storia di questo luogo quasi incantato e immune al passare del tempo. La chiesa custodisce uno dei pezzi di storia ai quali i serbi sono legati a doppio filo, la battaglia di Kosovo Polje4. 4 La battaglia della Piana dei Merli, venne combattuta il 15 giugno 1389 (il giorno di San Vito) dall'esercito serbo contro l'esercito ottomano, nella "Piana dei Merli", (odierna Kosovo Polje a nord di Pristina. L'esercito cristiano, guidato dal principe serbo Lazar Hrebeljanović, contava circa 25.000 uomini ben armati. L'esercito ottomano era guidato dal sultano Murad I e contava circa 50.000 uomini. La battaglia iniziò favorevolmente per i serbi, ma gli Ottomani furono raggiunti da cospicui rinforzi e la situazione ribaltò. Pressoché tutta la nobiltà serba si fece uccidere sul posto insieme al Knez Lazar. Nel 1392, la regina Milica, moglie del principe appurare che – effettivamente – il cibo dei militari Lazar, alla morte del proprio amato e dei suoi due non è come quello di casa. figli in battaglia, fece raccogliere tutte le armi dei L’incontro è cordiale e istruttivo e, dopo un caffè, guerrieri serbi sparse nella piana dei merli, le fece salutiamo e ringraziamo per l’ospitalità. fondere e col ferro ottenuto fece costruire un Usciamo dalla base e, attraversando nuovamente grandissimo lampadario circolare, sul quale Peć, ci dirigiamo verso un'altra enclave serba, campeggiano le quattro “S” simbolo di Serbia e i quella di Osojane, mentre un altro gruppo riprende nomi dei più illustri guerrieri caduti in quella la strada del monastero per andare a visitare gli battaglia. eremi affrescati. in cammino verso gli eremi A Osojane e Zac Visitiamo tre famiglie che ci accolgono come fossimo vecchi amici. Nella prima troviamo tre splendide bambine di quattro e l’incontro con il col. Longo due anni e una appena nata. Al padre hanno bruciato il garage, ma lui è fiero Il tempo passato in compagnia di Francesco nel monastero vola inesorabile, diamo l'arrivederci ai monaci per la cena e ripartiamo alla volta di Villaggio Italia, la base militare dei nostri soldati in Kosovo. Colonnello, capo missione e cappellano ci attendono all'ingresso, salutandoci molto calorosamente. Parlare davanti al cibo è sempre la cosa migliore, si sa, e così andiamo con loro nella mensa, ad di mostrarmi il suo raccolto e il suo trattore, e non bada di certo a quelle chiazze annerite sul soffitto e ai muri. Ci sorride, ci abbraccia e ci versa della rakija, naturalmente. Attraversiamo il marciapiede e ci troviamo ospiti di un'altra famiglia, quattro bambini dai sette ai quindici anni e il padre che ci saluta snocciolando due parole in italiano e offrendoci l'ennesima rakija, naturalmente. A Nikola, il secondo uomo di casa, il nostro Michael regala la maglia della squadra di rugby di In seguito gli ottomani annetterono il resto del Regno di Serbia, completandone la conquista nel 1459. La fine dell'indipendenza serba fu l'evento che diede la possibilità all'esercito ottomano di arrivare fino alle porte di Vienna. La battaglia della Piana dei Merli è considerata dai Serbi uno degli eventi più importanti della loro storia, fonte di gran parte del loro sentimento nazionale. La battaglia e la sorte dei cavalieri cristiani divennero il soggetto di molta poesia epica medievale serba, parte della quale composta presso la corte della vedova di Lazar, Milica. Il principe Lazar venne canonizzato dalla Chiesa ortodossa serba. 10 cui lui è l'orgoglioso e vulcanico presidente. La terza e ultima famiglia ci aspetta qualche centinaio di metri più avanti. Bimbi sorridenti ci corrono incontro insieme ai loro cani, i genitori ci attendono pronti ad abbracciarci. Anche qui il Nota le mie spalle e mi chiede se faccio lavoro svolto dalle associazioni LOVE, Comunità sollevamento pesi. Gli mostro alcuni miei video di Giovanile e Amici di Dečani è ben visibile. Grazie allenamento e si gasa, raccontandomi di alcuni a un nuovo progetto pronto a partire le nuove case, suoi forti amici sollevatori. ricostruite dopo gli atti terroristici perpetrati dagli Gli racconto della mia tesi, della mia passione per estremisti albanesi, saranno finalmente dotate di i canti popolari dei Balcani e di quanto mi piaccia un cappotto e colorate; anche la scuola può la loro storia. Mentre faccio per salutarlo e andare contare sul fondamentale aiuto del generatore di via, mi invita a prendere un cd da uno scaffale, me corrente, donato per sopperire costantemente ai lo regala e mi dice: “portaci sempre nel cuore”. frequenti black out di energia elettrica, e di Impossibile descrivere l'emozione a quelle parole. un’aula computer per gli studenti. Ripartiamo per Velika Hoca, il posto in cui passeremo la notte. Anche Velika è un'enclave di circa cinquecento serbi e la strada per raggiungerla è buia e spesso deserta. Incontriamo solo Djiacovica sul nostro percorso, una cittadina buia illuminata dalle insegne dei seicento autolavaggi e dei bar eternamente pieni. Dečani in visita a Osojane Salutiamo quest'ultima famiglia, non prima di aver dato fondo all'ultimo bicchiere di rakija5, naturalmente. Ritornati al monastero, abbiamo l'onore di poter cenare nel refettorio dei monaci. Cena tutta a “km 0”, come direbbero i nuovi esperti di marketing e turismo. Tutto straordinariamente semplice e squisito. Prima di andare via mi fermo due minuti a parlare con Padre Damaskin, l'addetto allo shop del monastero. Acquisto un paio di splendide icone fatte a mano e iniziamo a chiacchierare alla cassa. 5 La rakija è un superalcolico simile alla grappa, creato per distillazione o fermentazione di frutta, molto popolare nei Balcani. Il suo contenuto alcolico è normalmente del 40%, ma nella rakija fatta in casa può essere superiore, tipicamente dal 50 al 60%. È rakija è considerata la bevanda nazionale della Serbia. Nella forma più comune, Šljivovica, è prodotta con la prugna. Altri frutti comuni sono l'uva, le pesche, albicocche, le mele, i fichi e le amarene. La rakija fatta con le prugne e quella con l'uva possono essere mischiate dopo la distillazione con altri aromi, come erbe, miele, mele acerbe e noci. Il 70% delle prugne raccolte in Serbia vanno a finire nella produzione della Sljivovica. 11 foto di gruppo davanti alla scuola di Velika Hoca, in prima fila Jovanka e il piccolo Jovan altre zone vissute. Perfino migliore – per certi Mondi balcanici tratti – della nostra quotidianità. Velika Hoca – Prizren vivacità dei bambini. Non hanno niente, ma 15 agosto 2012 possiedono uno sguardo che ti conquista e che ti Il bello di questi posti credo sia il sorriso e la fa riflettere. Anche gli adulti mi hanno colpito. Al Sono da poco passate le due e passeggio da solo di là di ogni romantico slogan, di terra, patria e nell'enclave di Velika Hoca dopo aver bevuto e nazione, i serbi che ho incontrato finora hanno un chiacchierato tutta la sera con Giorgio, Braz e gli carattere orgoglioso sì, ma spesso goliardico e altri ragazzi del gruppo. La serata è piacevole, il molto autoironico. Tutto il contrario della cupezza cielo è solo stelle ma il buio della strada dà e dell'aggressività incontrate spesso in altre zone sempre quella sensazione di smarrimento e dei Balcani. Che, tuttavia, mi affascinano sconforto. ugualmente. Trovare una strada illuminata in Kosovo è un Stamattina, dopo aver affrontato e battuto la fenomeno quasi paranormale, figuriamoci nelle colazione offerta da Padre Marko, abbiamo enclavi dimenticate ed emarginate. Eppure qui si incontrato il preside e i bambini della piccola respira un'aria più umana e più vera di tutte le scuola di Velika. Tanto è stato fatto e tanto ancora verrà realizzato da Love, da Comunità Giovanile, 12 Amici di Dečani e tutte le altre realtà e persone È quasi ora di pranzo e ci rechiamo presso il che hanno a cuore questo lembo di terra, per monastero dei Santi Arcangeli, dove ci aspetta questo piccolo istituto, così come per tanti altri impaziente il monumentale Padre Mihaijlo. Ci sparsi qui in Kosovo. Tanti bambini sono venuti a mostra la parte nuova dell'edificio, appena salutarci e a “saccheggiare” lo scatolone pieno di ricostruito dopo che un terribile incendio lo aveva giocattoli raccolti per loro in Italia. In cambio distrutto quasi del tutto. sorrisi belli e grandi come il sole e tante foto È incredibile come fede e forza d'animo riescano a scattate insieme. trionfare sull'odio e sulla violenza più becera. Terminato il piccolo tour, ci accomodiamo sotto un bellissimo gazebo di legno di fresca fattura. Dopo la benedizione, ci viene servito uno dei più strani ma straordinari pranzi di ferragosto che abbia mai mangiato. Zuppa di fagioli e olive, formaggi, insalate varie e trote affumicate. Il tutto ovviamente preceduto dalla quarta rakija della giornata e annaffiato sapientemente con Lasciamo temporaneamente Velika e ci incamminiamo per Prizren. A metà tragitto Fabio e Francesco ci fanno scendere a osservare tre grosse case, apparentemente in costruzione (come appaiono realmente quasi tutte quelle abitate del Kosovo albanese, totalmente prive di intonaco e parapetti esterni), ma che invece nascondono un lugubre mistero. Sul terreno dove sono state edificate sorgeva un cimitero serbo. Dal momento in cui sono ripresi gli scontri etnici e i serbi cacciati via, qualcuno ha pensato bene di appropriarsi di quel lotto di terreno, profanare e buttare sul ciglio della strada vicina i cadaveri e alzare queste tre case. Due di esse sono state abitate per un paio di mesi, la terza è rimasta incompleta. Si dice che rumori, urla, oggetti che si spostavano, porte che si aprivano e altri fenomeni simpatici, abbiano indotto i poveri inquilini a far le valigie e scappare. Mai sottovalutare i serbi, neppure da morti. Un po' sconvolti riprendiamo la via per Prizren. ottimo vino prodotto in luogo. Anche questo monastero ha una storia terribile da ricordare. Uno dei suoi ultimi abati, Padre Ariton Lukic, durante una delle recenti feroci ondate di violenza antiserba, venne rapito mentre faceva la spesa e il suo corpo fu ritrovato decapitato solo qualche giorno dopo. La Serbia lo volle fortemente Santo, perché qui il popolo può decidere chi amare e pregare, senza il passaggio burocratico-lucroso di tribunali e sPećialisti vari. La grossa mano di Padre Mihaijlo ci stringe la mano e ci augura buona fortuna per il futuro. Dopo pochi minuti raggiungiamo Prizren, la più bella città del Kosovo. Importante tanto per gli albanesi, che qui nel 1878 posero le basi della costruzione di una Grande Albania, tanto per i serbi, che qui mandano i loro giovani a studiare nel seminario più importante della nazione. Anche in questo caso ci troviamo davanti un'immagine impietosa. Francesco ci mostra la 13 parte nuova del seminario, ove attualmente Una cosa che mi ha colpito del Kosovo è studiano sedici ragazzi. Costruzione nuova ed l'assoluta differenza di cultura di due popoli che accogliente, aule di studio e di informatica, comunque han convissuto insieme a lungo, senza palestre e campi sportivi in costruzione, pronti ad amarsi ma senza neppure odiarsi così tanto, accogliere nuovi iscritti. Ma proprio di fronte a almeno fino al recente passato. questa struttura sorge il vecchio seminario, Ho notato i cimiteri: sparsi qua e là, spesso anche interamente distrutto nel marzo del 2004 all'inizio nei giardini di casa, quelli kosovari; abbandonati dei pogrom antiserbi. Prizren venne praticamente per ovvie ragioni ma comunque più ordinati, devastata, diverse migliaia di serbi furono costretti quelli serbi. a lasciare di notte e di corsa le proprie case che Ho osservato le case. Paradossalmente, quelle andavano in fiamme. albanesi sembrano essere parte di tante enclavi a sé, protette da mura enormi e da cancelli quasi blindati, dove all'interno abitano almeno venti persone che sembrano non voler avere nulla a che fare con ciò che succede all'esterno. Differentemente, le case serbe sono molto più piccole e più vicine all'idea occidentale di abitazione, con un giardinetto, un piccolo steccato e un pezzo d’orto. Due mondi, due culture, due civiltà opposte. tra le rovine della Bogorodica Ljeviska a Prizren La cattedrale fu devastata, insieme alla chiesa della Bogorodica Ljeviska, altro patrimonio dell'umanità. Andiamo via in silenzio, ma i commenti di rabbia vengon fuori da soli. Sederci in un bar vicino non aiuta tanto a rilassare l'atmosfera. La maglia del nostro gruppo, recante la scritta “KOSOVO E METOCHIA” urta particolarmente un tipo vestito anni '70, e con capelli di trent'anni prima, seduto al tavolo accanto a noi. Ci dice che la Metochia non esiste, che questa è Repubblica del Kosovo. Inutile quanto insensato cercar di dare una risposta. Riprendiamo con le battute di sempre e ritorniamo a Velika. 14 Riassumendo: Balcani. la dottoressa Jelica Ritorniamo a Prizren, stavolta dall'altra parte, se Jelica, coraggio e umanità oltre ogni limite vogliamo, della barricata. Portiamo dei giocattoli in un asilo gestito da suore cattoliche, nel cuore della città. Sembrerebbe un'oasi di pace, a sentire Prizren – Silovo le parole della superiora, che ci spiega come qui 16 agosto 2012 bimbi musulmani e cattolici convivano in gioia e allegria, rispettandosi l'uno con l'altro. C'è La vita in enclave sembra ferma, irreale, quasi un'unica nota stonate: all'interno dell'edificio non incantata. Al nostro risveglio troviamo solo padre compare nessun segno religioso cattolico, nessuna Marko e uno sparuto gruppo di anziani a statua di Gesù o della Madonna. Ancora più presidiare la minuscola piazzetta di questa sbalorditivo vedere le suore non portare alcun comunità. Dopo la solita colazione, salutiamo crocifisso al collo. Chiedo proprio alla superiora il Marko e le poche persone che intanto han preso perché. Mi risponde che è solo una questione di posto sulle panchine e riprendiamo il nostro rispetto verso i membri dell'altra religione che, cammino. Uscendo da Velika salutiamo in altrimenti, si sentirebbero infastiditi alla vista di silenzio il monumento agli scomparsi tra il '98 e il taluni simboli sacri “avversi”. Superfluo dire che '99, circa sessanta persone, molti giovanissimi. Si mi sia sentito preso dai turchi proprio in una città pensa morti in guerra. Si dice squartati vivi e i turca. Foto di gruppo, salutiamo e andiamo via. loro organi spediti chissà dove. Prizren regala un centro storico ricco di arte e cultura. Fino a prima della guerra era considerata 15 la Sarajevo dei bassi Balcani, crocevia di ben Inoltre, dal primo giugno, le sono state revocate le quattro religioni, luogo dove i popoli vivevano se targhe dell'automobile, senza una spiegazione non in pace, almeno in reciproca indifferenza. valida. A lei poco importa, un'auto viaggia lo stesso, anche senza targa. Ci racconta tutti i particolari di quella vita in trincea, di come sia difficile aiutare tutti e lottare contro un mostro a cento teste che non dà tregua. Ci dice pure che quei kosovari che la aggrediscono sono gli stessi che si affidano alle sue cure o a quelle di Belgrado, quando tumori e leucemie bussano inesorabili alle loro porte. Ma c'è un giuramento da onorare, e durante la visita dell’asilo cattolico di Prizren Prima di far sosta obbligata al solito bar, mi fermo un'umanità e una forza che vanno oltre ogni limite immaginabile. – spinto dalla curiosità e attratto dalla valchiria sull'uscio – in un negozio d’integratori alimentari. Scambiamo due parole e le dico che vorrei vedere altra roba. Ovvio, non il suo bicipite tre volte il mio, né il suo sedere striato. Mi fa l'occhiolino e mi porta dietro il bancone, dove con una naturalezza disarmante tira fuori un paio di flaconi contenenti diversi tipi di anabolizzanti. Le faccio simpatia e mi spara il prezzo “buono”. Con altrettanta simpatia le dico che non mi interessa la roba e che comunque, sollevando pesi, degli anabolizzanti gonfia vacche non avrei comunque che farmene. Ci salutiamo cordialmente e mi dice di passare ancora. Magari troverò novità… Bevuto il caffè, montiamo di nuovo sulla LOVEmachine, recante il logo dell'associazione pensionati “San Francesco”, e raggiungiamo Jelica, un medico-coraggio alla Gino Strada, che rispetto Emergency mi sembra avere un universo in più di coraggio, lealtà e apertura mentale. Lavora nell'ospedale di Silovo, altra enclave serba. I problemi che deve fronteggiare ogni giorno sono davvero tanti. Mancanza di luce e farmaci, ambulanze insufficienti, carenza di personale. 16 gli aiuti per Silovo, grazie al prezioso aiuto dei Carabinieri A tarda serata salutiamo Jelica e la comunità di Silovo. Ad attenderci ci sono i monaci del monastero di Draganac, pronti per farci gustare un'altra ottima cena. con Padre Ilarion, durante le visita alle cucine popolari e le colline e consegnare il pasto caldo del Da qui non si torna indietro mezzogiorno a bordo di furgoncini che percorrono Cucine popolari – Grazanica – Mitrovica proprio tranquilli. Seguiamo anche noi uno di 17 agosto 2012 avrei potuto immaginare. Gente che dai boschi e La giornata più intensa è appena terminata. L'ultimo giorno di viaggio in Kosovo regala al gruppo delle emozioni discordanti. La sveglia, suonata dai monaci del monastero di Draganc, dove abbiamo trascorso la notte in camerette con le brande militari e con doccia fatta a pezzi nella sorgente sacra, è un po' frastornante. Padre Ilarion, un monaco sulla quarantina di una simpatia unica, ci porta a visitare le cucine popolari, un grosso capannone di un'enclave vicina molto simile a una mensa per poveri nelle nostre città. A differenza di queste, però, le cucine non prevedono una sala dove accogliere i bisognosi; tocca agli operai girare tra le campagne al giorno circa cento chilometri, in posti non questi mezzi, assistendo a scene che nel 2012 mai dalle povere case si riversa in strada all'ora esatta, come fa un cane affezionato al proprio padrone, portando con sé i secchi vuoti contenenti un tempo vernice da riempire di minestra calda. Tra di noi cala il silenzio, passa la voglia di ridere e scherzare. Salutiamo questa gente che, come dal primo giorno a Goradzevac, ci saluta e ci benedice. Al ritorno, facciamo sosta nuovamente al capannone per aspettare l'altro gruppo. Una signora molto anziana mi fa segno di avvicinarmi, mi chiede da dove vengo, mi saluta e mi mostra la sua casa. A occhio, credo che lo scantinato dove io mi alleno sia più grande e, di sicuro, più confortevole. 17 Mi mostra il suo armadio ormai distrutto e mi trecento metri – il mausoleo che ospita il corpo chiede se al prossimo viaggio posso fargliene del sultano Murad I, anch'egli caduto in questa avere uno di più nuovo. battaglia tra le fila ottomane. Scattate le foto è tempo di ripartire. A mezz'ora ci aspetta la città che ogni romantico d'Europa vorrebbe abitare, se non fosse che oltre alla facciata, di romantico c'è ben poco. Entriamo a Mitrovica da sud, lato albanese. Sporcizia, autolavaggi e cimiteri ovunque, come in ogni altra parte del Kosovo. Ci addentriamo e ci accorgiamo che l'atmosfera va gradualmente Lui è Milos. Ha perso il figlio nella guerra del '99 e sua moglie nel 2003 per un tumore probabilmente dovuto all'uranio impoverito per poi subire le sevizie nell'anno successivo dovute ai pogrom antiserbi. Vive da solo in una stalla che gli sta cadendo in testa, senza acqua, servizi sanitari, luce, gas, medicinali, cibo (le pecore che possedeva gli sono state rubate con le cattive, con tanto di mitra usato per spaventarlo). Milos tiene dei sacchetti di plastica in un angolo perchè gli hanno detto che se li mette in testa può morire, quando ci ha visti portargli un pezzo di pane è scoppiato in lacrime e noi con lui. Alla domanda del perché non volesse abbandonare la sua "casa" ha risposto: Abito qui da sempre, mio padre abitava qui, il mio cognome è qui da 700 anni ed è tutto ciò che mi rimane. Vorrebbe offrirci qualcosa, ma per fortuna Padre Ilarion ci toglie da quella situazione che per noi è a metà tra imbarazzo e strazio. Ripartiamo, ancora in silenzio e divorati da sensi cambiando. Improvvisamente ci ritroviamo a nord, a costeggiare il fiume Ibar. Scendiamo dai mezzi e facciamo un giro sul ponte dove sorge la più grossa barricata della città. Poliziotti kosovari, insospettiti da tale movimento, ci fermano chiedendoci cosa facciamo lì. Trasecolano appena si risponde “per turismo”, quasi vorrebbero ammanettarci, ma capiscono che di loro ce ne frega ben poco e che l'unico motivo per cui attraversiamo il ponte verso sud è per portare un saluto ai Carabinieri che presidiano la zona. di colpa che in questi momenti ti assalgono come leoni su gazzelle indifese. Ritroviamo un po' di vitalità passando per Pristina e osservano l'orribile statua di Clinton, tributata al presidente liberatore dal popolo kosovaro, che sorge proprio in Bill Clinton boulevard. Iniziamo a respirare un po' appena fuori la capitale, andando a visitare la piana dei merli e il monumento edificato qui poco più di venti anni addietro da Milosevic in ricordo della storica battaglia di Kosovo Polje del 1389. Salendo su questa torre, sulla cui base è incisa la maledizione del principe Lazar ai traditori del popolo serbo, è possibile notare – a poco più di 18 Kosovoska Mitrovica, il pnote sull’Ibar Quattro chiacchiere, due occhiate e ti rendi conto che nel palazzo di fronte vi è una postazione di cecchini. Gianluca, che ci accompagna, ci richiama a un comportamento composto. Mi ha sempre affascinato Mitrovica. Ne ho parlato nella mia tesi, descrivendola come Immediatamente ci si avvicina un tizio. Ci chiede, la Belfast dei Balcani. E lo è, almeno in parte. in italiano, se siamo italiani. Poi la butta lì e mi Nell'aria respiri tensione, le scritte contro Nato ed chiede se siamo ventidue e cosa facciamo. Eulex sono praticamente su ogni muro, un Rispondo che siamo in otto e che vogliamo bellissimo murales recita in cirillico che “Da qui prendere una birra. Ci si presenta, si chiacchiera, non c'è ritorno”. ma la diffidenza rimane alta. Ed è comprensibile. Rimango folgorato, le bandiere serbe sventolano Scambiate due chiacchiere ritorniamo in albergo. alte, la gente ci guarda stupita ma sorride appena Mentre scrivo, sento i ragazzi intonare alcune sente che siamo italiani, che conosciamo Krasic e canzoni, accompagnate dalla chitarra di Chiara. Milanovic. Mitrovica sullo sfondo è pura bellezza. Facciamo un giro dopo aver preso il caffè e cerchiamo l'altra grossa barricata. Con enorme stupore troviamo la strada libera ma la grossa croce fissa tra il cemento e i legni che bloccavano l'accesso alla parte nord adesso è un monumento circondato da aiuole che formano un piccolo spartitraffico. La Nato, evidentemente, ha trovato pane per i suoi denti. Ci sistemiamo in un grazioso albergo a pochi km dal centro della città. Cena, risate, commenti, pareri sul viaggio. E nuovo giro in città. Beviamo la prima birra, la gente ci guarda incuriosita ma diffidente. Vediamo passare davanti a noi centinaia di ragazze, una più bella dell'altra. Le donne slave hanno un non so che di magnetico, non legato esclusivamente alla bellezza. Sono forti, fiere. Dolci ma, allo stesso tempo, dure come roccia. Questa serata ha un qualcosa di magico. Siamo seduti a bere birra a poco più di duecento metri da una barricata che separa un mondo dall'altro. Un mondo identitario, orgoglioso, tradizionale, e un altro mondo che non sa neppure a quale bandiera votarsi, e se lo fa, è solo per poter sopravvivere nella convinzione di essere libero. Il secondo giro per la movida mitrovizese ci porta in un bar dove suonano musica live. 19 in viaggio verso Belgrado, con sosta presso probabilmente l’unico ristorante serbo messicano del pianeta Ci fermiamo a pranzare nell'unico ristorante Belgrado serbo-messicano del pianeta, un locale tanto Settimo giorno commestibile. 18 agosto 2012 Arriviamo a Belgrado intorno alle 16, enorme quanto orribile, ma dal cibo discretamente incontrando un po’ traffico per le strade del centro. È già tempo di far ritorno verso casa. Salutiamo Doccia veloce e subito in giro, a goderci una delle Mitrovica, alla quale lasciamo tutti un pezzo di città più belle d'Europa. Misto di slavità, di austro cuore e la promessa di ritornare presto. e ungarico, di turco. Trovare una ragazza brutta è Percorriamo la strada che verso nord porta al un'impresa, anche le meno appariscenti hanno un confine serbo, avendo modo di passare per qualcosa di misterioso che ti ipnotizza e non ti fa l'ultima barricata, presidiata – anche questa – abbassare lo sguardo. costantemente da gruppi di serbi che ormai da Dopo un paio di discese per Knez Mihailova, la anni e contro ogni intemperia climatica, e strada dello shopping non invasa ancora dai americana, sono lì a difendere ogni centimetro di marchi e dalle griffe da centinaia di euro, incontro terra e di serbità. Marija, mia ex-collega di studi all'università di Atene. 20 Marija ha una storia particolare alle spalle. Serba blindate posteggiate davanti al cancelletto. E' della Croazia, insieme alla famiglia è scampata l'umile dimora della Tigre Arkan, al secolo Zelico per un pelo alla pulizia etnica messa in corso dai Raznatovic, il capo delle famigerate Tigri, gruppo croati in quelle zone nella guerra di Jugoslavia dei paramilitare che operò durante la guerra di Bosnia primi anni '90. Trasferita a Belgrado, ha avuto e Kosovo. anche modo di vedersi cadere addosso le bombe Prendiamo la strada del ritorno rigorosamente a del '99, quando la Nato decise che la capitale piedi, godendoci il freschetto della sera e le luci serba doveva essere distrutta e che uno stato della città bianca. Arrivati al Kalemegdan, ex mafioso doveva nascere dove le pietre, ancora fortezza turca, divenuto adesso un luogo di ritrovo oggi, parlano serbo. e di osservazione, mi porta davanti al punto in cui La trovo diversa, ma sono felice di rivederla dopo è possibile osservare l'incontro tra i grandi fiumi sei anni. Mi fa da guida e mi fa scoprire le di Serbia, il Sava e il Danubio, con gli enormi bellezze di Belgrado. barconi, che accolgono ristoranti e discoteche, a La basilica di San Sava è un capolavoro che ti fare la spola da una riva all'altra carichi di giovani lascia davvero senza parole. Grandissima, si erge e turisti. poco fuori il centro della città, su parco Giungono altri suoi amici, simpatici e molto Karadjiorde. È un continuo via vai di turisti da accoglienti. A essere sincero non ho trovato fino tutta la Serbia e dai vicini paesi ortodossi, un ad oggi un serbo scortese. punto di riferimento per l'arte, la cultura e la Prima di bere l'ultima birra della serata, mi religione slava qui nel centro dei Balcani. portano davanti ad un enorme edificio bombardato. Era la sede della televisione di stato, non a caso rasa quasi al suolo dagli esportatori di democrazia in quei terribili settantotto giorni di bombardamenti del 1999. E tra quegli infami attacchi, purtroppo, c'erano anche i nostri piloti. Trascorriamo un'oretta tutti insieme, chiacchierando un po' in greco, tanto in inglese e provando – invano – a pronunciare qualche parola in serbo. E ovviamente tanta rakija, chè oggi è il mio compleanno e non posso far altro che il Maracàna, lo stadio di Belgrado festeggiare alla serba l'evento. Dal sacro al profano, prendiamo un vecchio tram Un'ultima passeggiata per le vie del centro, ci e arriviamo al Maracàna, il tempio della Stella salutiamo e ci diamo l'arrivederci a presto. Rossa. Un paio di foto ai murales e siamo di Resto solo a godermi una Belgrado ormai quasi nuovo fuori. Marija mi indica una casa, proprio di deserta. Mi fanno compagnia i venditori fronte all'ingresso principale dello stadio. È ambulanti di mais e qualche gruppetto di ragazze grande, su più piani, con un paio di macchine nere 21 che commentano, vocianti, le vetrine di un negozio di scarpe italiane. Passeggiando lentamente torno nel vicino hotel. Alzo ancora una volta la testa e rivedo da lontano uno scorcio dell’edificio bombardato. Mi viene in mente una canzone spagnola: Has visto las bombas caer a millares Jóvenes armados Correr por las calles El fuego avanzar, jamás te rendiste Voy a morir hoy en belgrado, Pero mi patria vivirá No es fácil morir con veinte años, Yugoslavia triunfará” Belgrado. il ritorno verso casa 22 Cosa puoi fare tu? √ contribuire a raccogliere materiale scolastico (quaderni, penne, colori, blocchi, gomme, pastelli, ecc. …) per le scuole di Velika Hoča, Osojane, ecc… √ contribuire a raccogliere cibo senza polifosfati o comunque per celiaci per Jovanka, la giovane mamma di Orahovac; √ contribuire a raccogliere abiti nuovi e usati in buono stato, di qualsiasi genere e per qualsiasi età; √ aiutarci a entrare in contatto con qualche supermercato o grande distribuzione che si vuole impegnare con costanza nel sostegno delle cucine popolari di Svetlana; √ aiutarci a entrare in contatto con qualcuno che vuole donare o vendere – con una mano sul cuore – un “caravan caldo” per la distribuzione dei pasti delle cucine popolari; √ contribuire a raccogliere materiale medico, ospedaliero e medicine per l’ospedale di Osojane (in particolare: soluzione fisiologica, deflussori, lacci emostatici, aghi a farfalla G21 e G23; ceftriexone e analgesici); √ contribuire all’acquisto di un ecografo color doppler con 3 sonde (tiroidea, addominale e cardiaca) per l’ospedale di Osojane; oppure aiutarci a entrare in contatto con qualche struttura in Italia che lo sta dismettendo; √ destinare il 5x1000 a LOVE, non costa nulla, è sufficiente indicare il codice: 93020010224 √ effettuare una donazione una tantum, o un bonifico permanente di almeno 5€ mensili (così da poter permettere una migliore programmazione delle attività), a LOVE sul cc n.° IT23X0316501600000011715133 intestato a LOVE. La donazione è deducibile dal reddito INFORMAZIONI E CONTATTI: W. beloverevolution.org M. [email protected] T. +39.335.7022607 23