Dalla contemplazione all`annuncio

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Dalla contemplazione all`annuncio
Arcidiocesi di Lucca
Convegno Pastorale Diocesano 18-19 Giugno 2007
Dalla contemplazione all’annuncio
il cammino percorso e il suo sviluppo
a cura di d. Mauro Lucchesi
IL CAMMINO PERCORSO
1. IL CONTESTO IN CUI È NATO IL PROGETTO PASTORALE 2004-2010
- Forte senso di delusione per aver visto naufragare il sinodo (fattore psicologico);
- Attesa del nuovo vescovo e del fatto che avrebbe dovuto dare un colpo d’ala
- Il contesto più ampio di declino e di stanchezza di un cristianesimo di tradizione
- Si cercava da dove partire, si chiedeva una novità che ridesse speranza; la risposta è stata:
andiamo al centro, guardiamo il Cristo non l'opera della chiesa; non inseguiamo strategie né
ricompattazione di forze ma contemplazione del volto santo del Risorto.
2. IL CONTENUTO DEL PROGETTO 2004-2010
Nella prospettiva dell'essenziale della fede la prima cosa è l'incontro con Cristo, l'esperienza del
suo mistero: davanti a lui la chiesa di Lucca
− contempla (2004-2006)
− annuncia (è l'annuncio efficace nello Spirito che diventa efficace nei sacramenti) Generata
dallo Spirito Santo la chiesa è resa feconda per generare figli alla Vita e accompagnarli nella
crescita.
− testimonia: la chiesa continuamente rinnovata dallo Spirito rende ragione della sua speranza
a tutti e si mette in reale dialogo e collaborazione con chiunque incontra sul territorio
il Cristo risorto perché il mondo abbia la vita-pace
Una caratteristica del cammino ecclesiale espresso in questo progetto è che non si realizza
attraverso programmi (che richiedono solo di essere eseguiti) ma si articola in itinerari, cioè in
cammini aventi come protagonisti le comunità. Questa scelta guarda alle persone come soggetto
ecclesiale anche delle elaborazioni e si pone nella prospettiva del superamento di documenti imposti
dall’alto.
3. L'ITINERARIO BIENNALE 2004-2006
3.1. ITINERARIO PRIMO ANNO 2004-2005
"La chiesa contempla il volto santo del Signore per la vita e la pace del mondo"
La contemplazione - parola chiave dell'itinerario - è intesa non come estraneamento dalla
realtà ma come una visione della realtà con gli occhi di Dio per scoprire il fuoco nascosto delle
cose. Si fonda su una relazione di fede che ha i suoi riferimenti nella rivelazione di Dio e nella
risposta del credente.
Lo spirito della vita ecclesiale è presentato come una sinergia di due movimenti:
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a. un movimento del Risorto verso la sua comunità
- nell'Eucarestia, in particolare nella celebrazione domenicale;
- nel nutrimento continuo della Parola di Dio;
- nelle vicende quotidiane e nelle persone
b. un movimento di risposta da parte della chiesa: La contemplazione
- Il soggetto della contemplazione è la parrocchia chiamata ad agire sempre più in unità pastorale
con le altre comunità
Il dinamismo di questo itinerario era scandito dal ritmo temporale: festivo-feriale:
- nella domenica la comunità si riunisce, celebra tutto il mistero di Cristo (Parola-Eucarestiafratelli)
- nei giorni feriali continua ad alimentarsi (Parola, sacramenti, preghiera) e vitalizza gli ambienti
dove vive
 Il primo anno inoltre ha visto l’incontro del vescovo con i giovani per risvegliare l'attenzione
delle comunità verso di loro.
Durante l’anno
- Attenzione all’eucaristia
Convegno dei catechisti nel settembre
-
Emergere di soggetti di collegialità (sinodalità):
Attenzione rinnovata alle unità pastorali e soprattutto sulle zone
Riflessione del C Pr sulle ZP come ambiente di condivisione pastorale
formazione di un Consiglio episcopale come espressione di collegialità.
Riforma della curia
3.2. CONVEGNO DI GIUGNO 2005
Concentra l’attenzione sul discepolo e gli elementi della sua formazione
Per il cammino di discepolato si presenta la vita cristiana alimentata dall'eucaristia:
- i discepoli del Risorto senza domenica non possono vivere…
- …sono custoditi dalla parola di Dio…
- …fanno un cammino di contemplazione…
- …per la vita e la pace del mondo.
Viene posta attenzione sulla zona pastorale come luogo che permette di elaborare la
formazione del discepolo. Infatti i lavori si svolgono a livello zonale e si individuano emergenze da
affrontare.
3.3. ITINERARIO SECONDO ANNO 2005-2006:
"I discepoli contemplano il volto santo del Signore per la vita e la pace del mondo"
Il secondo anno concentra l’attenzione sulla vita del discepolo all'interno della comunità e
nello stesso tempo chiede di dare attuazione pratica a quei cambiamenti di vita comunitaria che già
sono stati intravisti.
Vita personale del cristiano e rinnovamento della vita comunitaria non sono due strade
separate, ma espressioni della novità che nasce dall'Eucaristia nella quale il Signore investe la
Chiesa e il mondo intero delle energie della resurrezione. È questo un evento-generatore che dà
dinamismo unificante e vitale all'itinerario e all'intero progetto.
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L'itinerario si articola in due parti:
l'Eucaristia nel giorno del Signore
− la comunità cristiana comprende se stessa in quel giorno speciale che è la domenica quando è
convocata per l'incontro con il Risorto nell'Eucaristia. Qui fonda la sua unità e da qui impara a
vivere la comunione come corresponsabilità per quel che riguarda la situazione ecclesiale del
territorio: parrocchie piccole, insufficienza delle parrocchie a rispondere da sole alle esigenze
pastorali, scarsità dei preti, ma anche per la formazione e la sua presenza missionaria dove vive:
tutti elementi considerati nel loro insieme. La Zona è indicata come ambiente di collaborazione
a servizio del popolo di Dio.
la formazione come discepolato
− dalla celebrazione dell’eucaristia emerge anche la caratteristica della formazione dei cristiani:
non si tratta di una forma generica di formazione religiosa ma di una esperienza profonda che
privilegia la relazione personale con il Maestro, è una esperienza globale di fede centrata sulla
parola e contestualizzata negli ambienti di vita.
 In questo secondo anno il vescovo ha fatto visita alle famiglie nelle Zone Pastorali.
Durante l'anno
- Si è avviato un cammino di corresponsabilità che ha la sua origine nell’evento
eucaristia:
-
a settembre c'è il convegno unitario degli operatori pastorali che riunisce insieme per
la prima volta tutti gli operatori e, dopo un momento di approfondimento, ha il suo
sbocco nelle Zone.
-
da ottobre a dicembre: il vescovo incontra in tutte le Zone gli operatori pastorali per
stimolare un lavoro di riflessione ulteriore di corresponsabilità nell'assumere la
situazione.
-
quanto emerge lungo il lavoro viene proposto e rielaborato da dicembre in avanti dal
Consiglio Presbiterale in diverse sedute, dai Vicari Zonali moderatori della vita
pastorale delle ZP, dagli Uffici Pastorali e dalla Commissione Pastorale Diocesana che
nel frattempo viene costituita.
-
Dal gennaio 2006 nei lavori emerge la parola riforma come espressione di un
rinnovamento spinto dalla forza dell’evento Eucaristia. E’ la stessa celebrazione della
domenica che ha bisogno di rinnovamento sia per la messa che per altri tipi di
celebrazione; anche le strutture pastorali (parrocchie, UP) hanno bisogno di un
rinnovamento per essere all’altezza della formazione dei cristiani. Preoccupa che
ovunque ci sia poca attenzione alla presenza della chiesa nel territorio e nella città.
3.4. IL CONVEGNO DI GIUGNO 2006
Si svolge in due momenti: il primo nelle zone, il secondo in diocesi. Nella zona si verifica il
cammino dell’anno, nell’incontro diocesano viene introdotto il cammino di riforma a partire
dall’eucaristia perché è l’eucaristia che dice alla chiesa ciò che è come deve cambiare e quindi
chiede alla diocesi di mettersi in riforma, non è in atto un tentativo di riformare la diocesi per
mancanza di preti che cerca una copertura teologica.
Le zone, nel lavoro del secondo giorno individuano già alcune priorità di cammino.
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3.5. ITINERARIO TERZO ANNO. LE LINEE PASTORALI 2006-2007:
“Dall’eucaristia la diocesi in riforma”
Hanno ripreso e cercato di dare concretezza all’evento eucaristia nella sua dimensione:
“Nell'itinerario pastorale 2004-2006 ho indicato l'Eucaristia nel giorno del Signore come
riferimento e sorgente del nostro rinnovamento a tutto campo con la consapevolezza che mettere al
centro l'Eucaristia non vuol dire rivedere, prima di tutto gli orari e il numero delle Messe, ma
significa viverla fino in fondo, accogliere le energie che da essa ci sono donate, cambiare cuore,
mente e azioni perché siano in sintonia con il Risorto. Questo è il nostro riferimento sicuro: ogni
cambiamento è semplicemente un modo di vivere più fedelmente l'Eucaristia, che non può mai
essere ridotta a una qualsiasi pratica, ma è l'evento che ci fa esistere come Chiesa, come discepoli e
come sacramento di Cristo per il genere umano” (Linee pastorali, 7).
A partire dall'Eucaristia sono proposti dei cammini di rinnovamento:
− per prima cosa dobbiamo ripensare la celebrazione dell'Eucaristia in modo che manifesti il
volto della comunità e sia vissuta come incontro col Risorto;
da questa derivano strade di rinnovamento (riforma):
− la riorganizzazione della vita delle comunità in quella unità che l’eucaristia realizza, nella
condivisione e corresponsabilità superando l'isolamento e l'autosufficienza (sentiero
strutturale);
− la Parola ascoltata e l'Eucaristia celebrata delineano la formazione dei cristiani che si
configura come cammino di discepolato vissuto in una comunità in cui si può incontrare il
Signore, - primato della Parola (sentiero della fede);
− il dialogo con la città e il territorio: rigenerati dall'incontro con il Risorto i cristiani
imparano a lavorare per l'uomo che il Cristo ha redento, per la vita e la pace del mondo” (cf
Linee p. n 7).
Durante l’anno
- a settembre in ogni Zona Pastorale si tiene un’assemblea di tutti gli operatori pastorali
per iniziare il lavoro.
- Una commissione per ogni Zona verifica il funzionamento delle Unità Pastorali e fa
proposte di adeguamento veruna maggiore omogeneità.
- In una seconda assemblea tutti gli operatori pastorali della Zona si incontrano per
vagliare le proposte della Commissione e ricevere il lavoro da affrontare a livello di
UP o parrocchie:
- In ogni Unità Pastorale, per il proprio territorio era chiamata a ripensare la
celebrazione dell’Eucaristia, i luoghi della formazione, il servizio reso ai poveri e la
missione.
- Il lavoro si conclude in un’assemblea di Zona per la condivisione delle decisioni prese
e il vescovo indica le linee di riforma.
A fare questo lavoro c’è voluto tutto l’anno
L’ORIZZONTE TEOLOGICO DELL’ITINERARIO
Dove cercare il centro e il fondamento di questo cammino? Durante l’anno spesso è emersa la
domanda: “a quale visione di chiesa ci si ispira?”
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È l’ecclesiologia basata non sulla visione di qualcuno ma su un dato che fa parte della sua
vita, che da sempre è evidenziato come vitale e che il Concilio Vaticano II ha richiamato e
sviluppato: l’Eucaristia. Può essere espresso nell’antico adagio: l’eucaristia fa la chiesa e la chiesa
fa l’eucaristia.
C’è una circolarità costante e vitale tra Eucaristia, comunità e vita, che è il momento di
richiamare perché è l’anima dell’itinerario 2004-2007.
Il rapporto tra eucaristia e comunità cristiana è essenziale e inscindibile, perché non si dà vera
chiesa senza eucaristia così come non si può avere vera eucaristia senza chiesa. S. Agostino esprime
l’antico adagio così: “Se voi cristiani siete il corpo e le membra di Cristo, allora sulla tavola del
Signore si trova il vostro stesso mistero e voi ricevete il vostro mistero. A ciò che siete rispondete:
Amen, e questa risposta dice la vostra adesione… siete ciò che vedete e ricevete ciò che siete”
(discorso 272).
L'eucaristia è la chiave dell'ecclesiologia, perché è il luogo in cui Dio e l'uomo si incontrano e
da qui appare la struttura ecclesiale che è sacramentale. Una chiesa costruita dall'eucaristia
partecipa all’umanità la pienezza del Regno che si esprime nella comunione: tra Dio e uomo, tra
assemblea locale e chiesa universale del cielo e della terra, tra presente e passato e anticipo del
futuro compimento.
Tutta l’energia dell’Eucaristia, lo Spirito Santo, invade la chiesa e la trasforma:
1. La celebrazione dell’Eucaristia è forza di comunione nella chiesa:
La santità di Dio, grazie allo Spirito Santo si comunica ai credenti riuniti nello stesso luogo e
per la stessa azione e li rende un solo corpo, il corpo di Cristo.
Le linee pastorali di quest’anno lo affermano: “Il contesto nel quale collocare ogni cammino e
ogni riforma a vari livelli è l'unità della Chiesa diocesana intorno al Vescovo, di cui ogni
comunità parrocchiale è porzione e della quale fa parte ogni altra realtà ecclesiale… Giova
ricordare che il senso di appartenenza alla Chiesa non va riferito primariamente alla propria
parrocchia, ma alla Chiesa locale guidata dal Vescovo che rende visibile in un determinato
territorio la Chiesa universale (cfr Lumen Gentium, 26). Questa verità ha dei risvolti concreti:
nessuna parrocchia può concepirsi come autonoma rispetto al cammino comune della Diocesi
né tanto meno deve sentirsi abbandonata; inoltre, la profonda comunione che l'Eucaristia
alimenta nella Chiesa locale chiede a tutti i cristiani una viva sollecitudine per l'intera Diocesi”
(n. 3).
Nella prospettiva della comunione si collocano alcuni elementi concreti:
- la riscoperta dei ministeri nella comunità (nn 14-17) con particolare riferimento alla figura
dell’animatore delle piccole comunità (puntualizzata dalla Commissione pastorale
diocesana attraverso un documento di studio);
- la richiesta di rivedere il livello organizzativo pastorale (UP e ZP) per renderlo a misura di
comunità, aveva lo scopo di spostare l’accento dalle strutture ereditate – in cui si può
restare impigliati – alla formazione di comunità vive.
Se queste cose non le vediamo nell’ottica trasformante dell’evento eucaristico non le faremo
mai perché mancherebbero di anima e di vera motivazione.
2. L’Eucaristia celebrata dall’assemblea nella domenica è fonte e culmine della vita di
fede del cristiano:
dall’evento Eucaristia si accolgono gli elementi costitutivi del cammino di discepolato:
- la comunità, perché il discepolato non è un’avventura privata
- la Parola, è qui che la accogliamo come luce che rivela il senso della vita e alla comunità,
non al singolo è proclamata per donarla a tutti
- il sacramento, compie la Parola
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la storia e il mondo: L’Eucaristia è norma della chiesa nel suo stare con l’umanità perché
la plasma come comunità al servizio degli uomini. La forma eucaristica della chiesa è
quella del sevizio, di una vita spesa nell’amore.
Il cammino di quest’anno ci ha fatto prendere coscienza che siamo ancora una chiesa
preoccupata delle sue cose e quasi incapace di capire e di elaborare un rapporto con
l’umanità così com’è, con il territorio e le sue nuove situazioni e richieste.
La celebrazione dell’Eucaristia, la vita di comunità e del discepolo custodito dalla Parola di
Dio e aperto alla vicenda umana non sono settori pastorali tra loro separabili, anche se sono quasi
sempre stati considerati separati e affrontati come annuncio, liturgia, carità. Non c’è un prima
formarsi, poi celebrare e infine testimoniare; non c’è un ordine logico che separa perché questo è
stato sconvolto dalla pasqua, c’è invece un ordine di tutt’unità sommamente espresso
nell’Eucaristia, che è capace di tenere unite tutte le componenti della vita cristiana in una circolarità
che esprime la verità delle cose. Si potrebbe dire che la celebrazione dell’Eucaristia svela la
comunità che la celebra:
• Non fa vera Eucaristia un’assemblea interessata solo a gratificarsi e chiusa
all’umanità e alle questioni del territorio dove è posta come segno;
• una celebrazione ridotta a cerimonia e mancante dei ministeri che necessitano (e sono
più di quelli esercitati di solito), dove l’assemblea assiste a quel che fa il prete lascia
intuire un ambiente che non è comunità corresponsabile;
• una messa moltiplicata nel numero per comodità mostra una chiesa che funziona come
agenzia di servizi religiosi e non fa vera formazione, perché la riduce a fattore
individuale (può essere un segno eloquente i catechisti che non partecipano con le
persone che seguono…).
Nella celebrazione dell’Eucaristia noi vediamo la fede della comunità, come recita un antico
adagio: Lex orandi, lex credendi, lex vivendi (ciò che esprimi nella preghiera è ciò che credi e che
sei chiamato a vivere). Non per nulla Ireneo di Lione affermava: “Il nostro pensiero è in peno
accordo con l’eucaristia e l’eucaristia, a sua volta, conferma il nostro pensiero.
DALLA CONTEMPLAZIONE ALL’ANNUNCIO: UN CAMMINO IN PROFONDITÀ
Fin qui la parte teologica, che non è la teoria da applicare ma è la trama segreta e vitale del
cammino, è la comprensione dell’opera di Dio (non dimentichiamo che il primo millennio ha
chiamato la liturgia opus Dei, opera di Dio). In tutto l’anno ci siamo chiesti: perché non ci riesce
comprenderla e viverla in questo modo? Forse ogni comunità dovrebbe chiedersi quale è stata la
ragione del suo agire.
La prima lettera di Giovanni ci dice che i cristiani annunciano ciò che i loro occhi hanno visto
e le loro mani hanno toccato, il che è dire che Dio si conosce per esperienza, per contatto, per
sacramento.
Perché accada l’incontro tra il Risorto e le persone, tra il vangelo e la vita è necessario tener
conto dei due soggetti della fede: il Risorto – noi.
• Il Risorto è presente nei simboli: Chiesa, Parola, sacramenti, ma anche il creato…
(bisogna comprenderli come rivelativi e luoghi di incontro tra Dio e noi);
• noi ovvero le persone concrete. E noi stiamo dentro una cultura che, avendo come
percezione della realtà la emozione gratificante, fatica ad aprirsi al Tu sia del simile
che di Dio (il rapporto che si istaura spesso è di concorrenza, mentre la fede
rovesciando la prospettiva chiede di dare fiducia al Tu che si rivolge a me); più che
lasciarci guidare dall’avventura della fede si è portati a fruire la fede come
gratificazione in termini individuali (e spesso escludendo la realtà storica – il fatto che
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sia scomparsa la sensibilità verso i poveri, che le caritas ovunque languiscano forse ne
è un segno). Si cerca nella fede qualcosa di rassicurante (soprattutto attraverso forme
devozionali o sacrali dove la persona sparisce dietro i riti). Questo non riguarda “gli
altri”, ma è anche nostro, è nelle nostre comunità e segna il nostro modo di percepire la
vita cristiana.
Perché l’annuncio avvenga, cioè perché sia compreso come buona notizia è necessario che la
chiesa – che trova coinvolta nella contemplazione del Risorto e nella storia umana – abbia vera
conoscenza dell’Uno e dell’altra e le metta in dialogo. La prospettiva dell’annuncio è questa e
riguarda in modo assoluto le nostre comunità.
Non possiamo dare per scontato che questo sia già, per questo la riforma (conversione del
cuore e adeguamento dei modi di vivere e delle strutture) non è mai finita perché una chiesa
annuncia anzitutto per quel che è, poi per quel che fa e, infine, per quel che dice (Lumen Gentium ci
ricorda che la Chiesa è posta come sacramento).
Vorrei infine fare due considerazioni a partire dal cammino compiuto (o non) in questo anno.
1. Un aspetto problematico. Veniamo da una chiesa che gestisce servizi religiosi e la
situazione ci chiede di essere a una chiesa in prospettiva missionaria; questo vuol dire passare da
organizzare servizi per nutrire la fede di chi ce l’ha già a una prospettiva in cui proporre il
vangelo, coltivare la finalità e la capacità di avviare alla fede, questa è una prospettiva che vale
anche per quelli che si affacciano in parrocchia solo per cercare un servizio religioso.
Il punto di partenza è nel riconoscere che a questo siamo impreparati, facciamo fatica ad
uscire dagli ambienti pastorali per stare nei luoghi dove vive la gente, ci è difficile ospitare la
vita, esser anche fuori di chiesa e oltre i confini della chiesa. E qual è la nostra reazione in questa
difficoltà? Bisogna stare attenti alle false soluzioni:
- Non basta classificare le situazioni in regolari o irregolari…
- non serve dare la colpa a questo o a quello…
- non serve diventare centri che fanno sconti sui sacramenti senza proporre itinerari di
fede…
- non serve moltiplicare il numero delle messe…
2. Un riferimento certo. Una comunità annuncia solo se vive il discepolato, perché la parola
di Dio non dirà nulla a chi l’ascolta se non dice molto a chi la racconta.
Qui si pone una domanda ineludibile: non sarà per caso che siamo una chiesa in cui la fede è
in crisi?
L’itinerario di questi tre anni ci ha condotto all’esperienza fondamentale del’esperienza di
fede che unisce comunità e discepolo, vangelo e vita, parola e sacramento, festa e lavoro: il giorno
del Signore con al centro l’assemblea riunita che celebra l’Eucaristia.
In una comunità di fede dove al centro sono le persone (e non esclusivamente preoccupazione
a organizzare iniziative), dove le relazioni interpersonali sono vitali possono nascere nuovi
ministeri laicali capaci di accompagnare le complesse ed inedite esperienze di vita che si
affacciano alle parrocchie. (La catechista classica che parla al gruppo in una lingua uguale per tutti
non può farlo).
In sintesi si potrebbe dire che si apre una via: passare dalla parrocchia alla comunità: dalle
strutture alle relazioni, dalla quantità alla qualità sia nella formazione come nella celebrazione.
La seconda relazione presenterà tracce di sentieri percorribili, anche partendo da quanto già
fatto.
E qui è bene ricordare i termini delle nostre responsabilità:
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del vescovo. Gli orientamenti pastorali che ci darà dovranno indicare ciò che è essenziale
non tutto.
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di tutti noi operatori pastorali, a cominciare dai preti. Non ha senso la logica della
contrapposizione tra soggetti ecclesiali, per cui si guarda a quel che dice l’altro (il cammino
della diocesi) solo per smontarlo. Prendiamo atto delle nostre pigrizie, della vecchiaia, della
ricerca di sicurezza ma con ironia, senza lasciarci imprigionare … perché c’è la pasqua!
Dove il disagio non diventa mormorazione (che per la bibbia è mancanza di fede) ma si
trasforma in serena accettazione della realtà, in fatica di ricerca, in apprezzamento e nella
condivisione di quel che si tenta, lì è stata accolto lo Spirito Santo che ogni celebrazione
eucaristica dona alla chiesa.
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Non si addice a noi, chiesa della Pasqua, confrontarci solo con le forme del recente passato e
assorbire nel vecchio le richieste di rinnovamento o espellere forme nuove. Questo è proprio
di chi deve difendere dei privilegi e non sa vedere all’azione Colui che fa nuove tutte le
cose, che ha sconfitto la morte, che sta portando la storia al compimento, che ci ha scelti e
posti come suo sacramento nella storia di oggi.
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Stiamo tutti tentando qualcosa, poniamoci apertamente alla ricerca. Domani noi tutti, cioè la
chiesa di Lucca – questa è sinodalità – farà le sue proposte: prendiamola con un po’ di
entusiasmo perché stiamo elaborando il cammino della nostra chiesa.
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