Isterectomia:no grazie? Da alcuni anni il nostro Istituto ha avviato

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Isterectomia:no grazie? Da alcuni anni il nostro Istituto ha avviato
Isterectomia:no grazie?
Da alcuni anni il nostro Istituto ha avviato, grazie all’acquisto di isteroscopi di
calibro sottile, un servizio di isteroscopia ambulatoriale che, permettendoci
iter diagnostici accurati, ha determinato un forte decremento degli interventi
di isterectomia per patologia benigna.
Questo inoltre ha portato alla quasi scomparsa dei ricoveri in day surgery per
esame di cavità uterina che costituiscono fino al 50% dei ricoveri nei reparti
ginecologia degli ospedali italiani di piccole e medie dimensioni.
Che cos’è l’isteroscopia?
L’isteroscopia consiste nella osservazione della cavità uterina, cioè dell’interno dell’utero,
attraverso uno strumento lungo e sottile (dai 2 ai 5 mm ) dotato di lenti o fibre ottiche. È proprio
l’osservazione dall’interno dell’utero la novità che negli ultimi 10 anni ci ha permesso di capire
con maggiore precisione le cause dei sanguinamenti anomali. Noi infatti oggi siamo in grado di
vedere da dentro come è la mucosa endometriale ma anche come è la cavità: sono presenti
fibromi? Polipi? Sembra una cosa banale ma fino ad oggi i ginecologi consideravano l’interno
della cavità uterina come uno spazio buio, da esplorare alla ceca.
Per anni l’unico modo per accedere alla cavità è stata la vecchia curette, cioè un lungo cucchiaio
con cui si entrava in utero e grattando si prelevava il tessuto più friabile.
L’ecografia ci ha fatto fare il primo passo avanti: gli ultrasuoni sono in grado di descriverci con
più precisione che cosa c’è dentro l’utero, di misurare lo spessore della mucosa endometriale, di
vedere se all’interno della cavità aggettano miomi o polipi, ma… C’è un ma, infatti l’utero è un
muscolo che mantiene sempre un certo tono, lievemente contratto, quindi la cavità uterina è
virtuale cioè le pareti sono strettamente vicine tra loro. Questo pone difficoltà diagnostiche. Solo
l’isteroscopio riesce a valutare esattamente la cavità e questo ci ha fatto scoprire in questi ultimi
anni un sacco di cose.
Proprio grazie a queste osservazioni abbiamo capito che le emorragie più importanti, più rapide ed
imponenti in donne non gravide in genere si associano a miomi sottomucosi che aggettano
completamente in cavità. Le “perditine” scarse che non rispondono al trattamento ormonale
dipendono molto frequentemente da piccoli polipi.
Abbiamo visto che nel 30% dei casi le perdite ematiche in post-menopausa sono dovute a polipi
fibroconnettivali non asportabili con la curette e di cui una volta non immaginavamo l’esistenza.
La cavità uterina non è più un buco nero ed oggi osservandola possiamo trovare soluzioni
specifiche e precise per ogni diversa patologia.
Il vecchio raschiamento deve andare in pensione?
Come abbiamo già detto il raschiamento che moltissime donne conoscono consiste
nell’asportazione attraverso una curette, alla cieca, del tessuto contenuto dentro l’utero. Questa
tecnica ha ancora un’insostituibile utilità nell’asportazione di materiale abortivo o in caso di
ritenzione di materiale placentare dopo il parto (in questi casi si parla di revisione uterina).
Nelle linee guida le più importanti società scientifiche non ne raccomandano l’uso invece a scopo
diagnostico, cioè nel caso si voglia capire la causa di un sanguinamento uterino al di fuori della
gravidanza.
Il raschiamento infatti non è in grado di farci fare una diagnosi corretta nel 10 – 25% dei casi.
Richiedendo la dilatazione meccanica del collo dell’utero si associa a perforazione uterina e ad
emorragia nello 0,6 – 1,3 % dei casi. Si tratta inoltre di un intervento doloroso che richiede
anestesia. I rischi dell’anestesia vanno quindi ad assommarsi ai rischi legati alla tecnica
chirurgica.
Dott.ssa Federica Scrimin
Servizio di Isteroscopia diagnostica e preventiva