la responsabilita` amministrativa

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la responsabilita` amministrativa
LA RESPONSABILITA’ AMMINISTRATIVA DEI DIRIGENTI DEGLI ENTI LOCALI
CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AL RISARCIMENTO IN FORMA SPECIFICA
1) CONSIDERAZIONI PRELIMINARI
La responsabilità dei dirigenti e dei funzionari dello Stato e degli Enti Pubblici
assume diverse forme in relazione al tipo di conseguenze dannose che produce.
Tuttavia è essenziale ai fini della configurazione di tale tipo di responsabilità, che
ci sia un rapporto organico che lega il soggetto alla Pubblica Amministrazione.
La nostra legislazione offre delle garanzie molto solide, dal punto di vista formale,
ai terzi che vengano in contatto con la Pubblica Amministrazione; nel seguito del
lavoro vedremo se queste garanzie formali si possano estrinsecare anche in
garanzie sostanziali, soprattutto in tema di gare, di appalti e di contratti di
forniture stipulati dalla PA e – in particolare – dai dirigenti degli Enti Locali.
La nostra Costituzione – all’articolo 28 – dispone la responsabilità diretta del
funzionario che abbia agito provocando un danno ad un terzo, in violazione di un
DIRITTO (tesi consolidata in dottrina e giurisprudenza).
Ma cosa significa tale assunto? Secondo alcuni Autori 1tale garanzia è recessiva nei
confronti di quella al buon andamento e all’imparzialità dell’azione
amministrativa; non deve essere troppo difficile dimostrare la responsabilità del
dirigente o funzionario, altrimenti occorre avvalersi della strada più “comoda”,
ossia riferire la responsabilità all’Amministrazione direttamente.
Il motivo per cui la norma è stata introdotta è da ricondurre (per l’autore citato)
alla volontà di mutuare dalle esperienze straniere il dovere di garantire il
cittadino, sancendo una responsabilità diretta del funzionario in caso di violazione
di norme, senza tenere in considerazione il fatto che già la dottrina e la
giurisprudenza italiane, in omaggio alla teoria della immedesimazione organica,
riferivano l’illecito commesso dal funzionario alla P.A.
Probabilmente va considerato anche il fatto che nella nostra più antica accezione e
idea di amministrazione vi era una sorta di Moloch senza alcuna personalità, per
cui era difficile potere ascrivere una responsabilità ad un soggetto privo di
personalità giuridica o, addirittura, di soggettività.
Stando così le cose il fatto di individuare un soggetto responsabile doveva far
pensare ad un enorme passo in avanti nelle garanzie date ai privati che
interagissero con la PA:
Tuttavia non va dimenticato che le norme di attuazione del principio
costituzionale contenuto nell’articolo 28, prevedono la responsabilità solo per
dolo o colpa grave da dimostrarsi da parte del terzo stesso (il DPR n. 3/57
disciplina la responsabilità degli impiegati dello Stato, e le disposizioni ivi
contenute sono state estese solo dalla legge 142/90 agli impiegati degli Enti
Locali, per i quali – fino al 1990 – era ancora in vigore il Testo Unico L.C.P. del
1934 che dettava disposizioni più restrittive e penalizzanti per i dipendenti degli
EE.LL. come, per esempio, dei termini di prescrizione di 10 anni anziché di 5, e la
trasmissibilità agli eredi dell’onere del risarcimento).
Sicuramente il fatto che la PA sia responsabile in solido con il funzionario agente
offre maggiori garanzie dal punto di vista dell’effettività del risaricimento in
denaro, vista la solidità economica maggiore della PA..
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G. Morbidelli riv. Diritto Amm.vo 1999”Della responsabilità contrattuale (e di quella “provvedimentale”) dei
dirigenti”.
1
Al contrario la responsabilità diretta del funzionario può avere effetti paralizzanti
dell’attività amministrativa, come, di fatto, è avvenuto quando le disposizioni in
tema di responsabilità si sono meglio delineate, ossia dagli anni Novanta in qua.
Infatti il ruolo dei dirigenti e dei funzionari, ridisegnato nelle normative vigenti,
offre il quadro di una responsabilità ben più definita rispetto al passato.2
Pensiamo alla legge 241/90 che ha introdotto il “responsabile del procedimento”
dando un volto ed un nome a chi segua un procedimento amministrativo
codificato con un nome, dei termini iniziali e finali, un percorso predefinito e una
conclusione obbligatoria attraverso un atto scritto e di forma prestabilita.
Inoltre la legge 142/90 che, agli articoli 51 e seguenti, ha attribuito specifiche
competenza gestionali ai dirigenti degli Enti Locali.
Il decreto legislativo 29/93 ha continuato su tale linea.
Inoltre la legge 59/97 – all’articolo 11 – ha conferito una delega al Governo
affinché venisse rimarcata e chiarita meglio la linea di confine tra il potere politico
e la responsabilità dei dirigenti, disciplinando i due ambiti.
La stessa legge, inoltre, ha ridisegnato i confini di competenza del G.A. al fine di
garantire un’effettiva tutela giuridica ai privati di fronte all’operato amministrativo
in tema di appalti, a seguito della progressiva trasformazione dell’attività
amministrativa che ricorre sempre più spesso al mercato, sia per fornire i servizi,
sia per le forniture (approvvigionamenti di beni ed altro).
Il decreto legislativo 80/98 ha recepito tale indirizzo operando la demarcazione
voluta e richiesta; agendo anche e, soprattutto, in tema di riparto di
giurdisdizione e delineando una giurisdizione esclusiva del GA in materia di
appalti, edilizia e urbanistica3.
La successiva legge 265/99 ha ristabilito (modificando l’articolo 56 della legge
142/90) i confini del potere gestionale dei dirigenti e le disposizioni ivi contenute
sono state riprese e trasfuse nel decreto legislativo 267/00 di approvazione del
Testo Unico degli Enti Locali (che ha definitivamente sostituito il Testo Unico delle
Leggi Comunali e Provinciali del 1934).
La legge 59/97 ha introdotto anche un’altra grande innovazione: la possibilità di
indennizzare il cittadino che non ricevuto il provvedimento amministrativo
richiesto nei termini procedimentali prestabiliti per la conclusione dello stesso,
per ritardo od omissione dovuta alla PA.
Se ad essa si aggiunge la risarcibilità per violazione degli accordi previsti
dall’articolo 11 della legge 241/90 (accordi sostitutivi di provvedimenti e di
procedimenti che hanno natura – recitius: valenza - di contratto) e la
giurdisdizione unica del Giudice Amministrativo in materia di pubblici servizi,
appalti, edilizia ed urbanistica, sopra accennata, abbiamo un quadro completo di
quanto sia divenuta importante la tematica relativa alla responsabilità in tutti i
suoi risvolti e profili.
L’unico “correttivo” a questa ampia area di incidenza della responsabilità dei
funzionari amministrativi è rappresentato dalla legge 234/97 che ha modificato
2
In passato per la dirigenza statale il DPR 748/72 aveva introdotto le prime disposizioni in materia di responsabilità
dirigenziale, lasciando, tuttavia, al Ministro il potere di avocare gli atti compiuti dai dirigenti e, dunque, mantenendo una
commistione tra potere politico e potere gestionale.
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Poiché tacciata di eccesso di delega la disposizione contenuta nell’articolo 35 del decreto legislativo 80/98 dalla
sentenza della Corte Costituzionale 11/17 luglio 2000 che ha confermato l’eccessiva estensione lamentata da svariati
Giudici, è stato accelerato il processo di approvazione della legge sul nuovo processo amministrativo (21/07/2000 n.
2025) che riproduce la disposizione citata all’articolo 6.
2
l’articolo 323 del Codice Penale (abuso di ufficio) inserendo la necessità del dolo
specifico e tramutando il reato da reato a consumazione anticipata a reato di
evento.
Ciò significa che occorre l’effettiva produzione di un danno al privato e la
necessità di un vantaggio patrimoniale,
per il funzionario, conseguito in
violazione di norme (di legge o di regolamento).
In questa accezione non sembra che si possa ricomprendere anche l’eccesso di
potere.
La discrezionalità amministrativa ne rimane salva, seppure limitata dalla doppia
forbice rappresentata dal “buon andamento” ricordato dall’articolo 97 della
Costituzione, che dovrebbe permeare trasversalmente tutto l’operato
amministrativo, e quella della “motivazione” del provvedimento, principio sancito
definitivamente dall’articolo 3 della legge 241/90 (anche se già codificato dalla
legge 2245/85 all. F e seppure sempre disapplicato, perché ritenuto, dalla
giurisprudenza unanime, un principio da applicare solo alle sentenze).
2) I VARI TIPI DI RESPONSABILITA’ DEL DIRIGENTE
La responsabilità ascrivibile ai funzionari (accezione intesa in senso ampio del
termine) della PA è di tipo civilistico (contrattuale4 ed extracontrattuale),
amministrativo (ossia legata all’emanazione di un provvedimento) e contabile
(sottospecie di quella amministrativa).
Su quella amministrativa si è già scritto molto; proverò a sintetizzare i profili più
rilevanti.
Gli elementi che la caratterizzano sono:
a) Un elemento pregiudiziale ossia l’appartenenza del soggetto che ha tenuto la
condotta imputabile e contraria a norme di legge alla Pubblica
Amministrazione; la giurisprudenza, tuttavia, ricomprende nel novero anche i
liberi professionisti legati alla PA da un incarico professionale per svolgere un
lavoro di interesse pubblico (Corte dei Conti Reg Sicilia 10/11/1993 5)
b) dal punto di vista oggettivo: una violazione dei doveri che caratterizzano il
rapporto e un evento dannoso;
c) dal punto di vista soggettivo: l’elemento del dolo o della colpa;
d) e il collegamento tra il comportamento soggettivo e l’evento cioè il nesso
causale che lega l’elemento psicologico al dato di modificazione della realtà
che ha prodotto l’evento nel mondo sensibile.
In tema, invece, di responsabilità contabile il danno che si produce alla PA – detto
danno erariale – consiste in una perdita in denaro (o in un mancato guadagno)
che ha la particolarità di potere essere compensato, dai Giudici della Corte dei
Conti, con il vantaggio che l’Amministrazione avesse comunque tratto dalla
illecita condotta del funzionario (cosiddetta “compensatio lucri cum damno”),
senza che vi sia la necessità di un preventivo riconoscimento da parte della PA del
vantaggio tratto.
La disciplina è stata ridisegnata dalla legge 639/96, che ha definito un nuovo tipo
di giudizio di danno più affine ad un modello che personalizza la responsabilità.
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5
Vedremo con quali limiti
Cit in Diritto Amministrativo a cura di Ugo Di Benedetto ed Maggioli 2000 pag.869
3
Essa rende l’obbligazione – in caso di dolo – parziaria e non solidale; colpisce la
responsabilità per dolo e, in caso di corresponsabilità di più funzionari dei quali
alcuni abbiano agito con dolo e altri con colpa, privilegia la responsabilità dei
primi, delineando un nuovo equilibrio tra il principio di responsabilità e quello di
autonomia gestionale, molto differente dal vecchio tipo di responsabilità solo
riferita a fini risarcitori.
Ma quella che assume maggiore rilievo ed interesse ai fini di questo lavoro è la
responsabilità del funzionario ai fini del risarcimento del danno ingiusto, nelle
due forme del risarcimento del danno e dell’esecuzione in forma specifica.
La responsabilità da analizzare è, sia quella di tipo civilistico (extracontrattuale e
contrattuale) che quella procedimentale, che è sempre a monte della prima, in
quanto accede alla parte prettamente amministrativa (alla fase dell’evidenza
pubblica).
I due tipi di responsabilità, sebbene siano trattati disgiuntamente, non possono
essere scollegati logicamente, dal momento che il dirigente che ha la
responsabilità del procedimento contrattuale ha anche la responsabilità del
contratto che discende da quel procedimento, almeno negli EE.LL6.
3) LA RESPONSABILITA’ PROCEDIMENTALE
Una responsabilità per violazione delle norme amministrative che presiedono alla
validità dei provvedimenti emanati, necessari a definire l’iter procedimentale di
una gara, non implica, necessariamente la produzione di un danno al privato che
stipuli, successivamente, un contratto con la Pubblica Amministrazione.
Infatti soltanto alcuni tipi di violazione di norme amministrative sono suscettibili
di invalidare il contratto che discende dalle determinazioni dirigenziali necessarie
al procedimento di evidenza pubblica precedente alla stipulazione di un contratto.
Si tratta dei casi in cui gli atti siano stati emanati da un soggetto incompetente
per funzioni o per territorio (si pensi ad un determinazione dirigenziale fatta da
un Prefetto anziché da un dirigente dell’Ente Locale, è il classico esempio di
scuola).
In questi casi la giurisprudenza parla di nullità del contratto che ne discenda,
eventualmente, mentre la dottrina parla di inesistenza assoluta.
L’interesse del privato non è suscettibile di tutela perché anche su di lui incombe
un onere di verifica del “buon procedimento” e dell’attività della controparte, e
della conoscenza delle norme che presiedono alla competenza, al pari di quanto
succede negli accordi conclusi tra privati.
Il soggetto contraente non deve essere del tutto sprovveduto ed è tenuto a
conoscere quali siano i compiti ed i procedimenti che l’Amministrazione debba
svolgere per la conclusione di un contratto.
In tutti gli altri casi, viceversa, i vizi degli atti procedimentali, che sono a monte di
un contratto, possono riverberarsi sul contratto stesso ma senza portare alla sua
invalidità, determinando la semplice annullabilità dello stesso.
L’intento del legislatore è quello di mantenere in vita ciò che si compie, sul
presupposto che, da un lato, vi sia l’interesse pubblico a stipulare il contratto,
dall’altro possa sentirsi meglio garantito dal fatto che il contratto (di natura
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diversamente accade per i dirigenti statali per i quali la responsabilità contrattuale non nasce finchè non si è data
efficacia al contratto con l’approvazione dello stesso (con un atto conclusivo del procedimento amministrativo) da parte
di un altro dirigente – un tempo l’approvazione avveniva da parte del Consiglio di Stato - .
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privatistica) non venga travolto dagli effetti prodotti da un atto amministrativo che
sta a monte.
L’annullabilità dell’atto amministrativo deve essere richiesta da chi vi abbia
interesse; fino a quel momento gli effetti dedotti si producono per entrambi i
contraenti.
Un dubbio può sorgere dal fatto che l’atto amministrativo viziato possa essere
annullato in sede di autotutela dalla PA, oltrechè dal Giudice (nei cui confronti i
due soggetti, pubblico e privato, sono sullo stesso piano).
In questo caso al privato spetta un risarcimento se l’annullamento dell’atto
provochi un danno ingiusto.
3.1
NEGLI ENTI LOCALI
Guardando più da vicino la normativa che disciplina l’attività degli Enti Locali ci
rendiamo conto che (contrariamente a ciò che accade per i contratti stipulati dalle
Amministrazioni statali) il contratto è l’ultimo atto che chiude la fase del
procedimento di gara, essendo stata abolita la disciplina relativa ai controlli e alle
ratifiche dei contratti, da effettuarsi, successivamente alla stipulazione, da parte
di un altro organismo terzo che permettesse di rendere efficace l’accordo
intervenuto.
In queste condizioni l’unico responsabile dell’iter procedimentale di gara e del
contratto che ne scaturisce è il dirigente.
A lui viene ascritta sia la responsabilità procedimentale e provvedimentale
(amministrativa) sia la responsabilità contrattuale (civilistica) per gli atti di gara
esperiti.
Ipotizziamo che il dirigente stipulante non sia autorizzato a compiere gli atti di
gara da disposizioni interne dell’Ente precedenti al suo operato.
Mi riferisco, ad esempio, al caso in cui non sia stato ancora approvato dalla Giunta
il Peg che fornisce ai dirigenti gli obiettivi e il budget per conseguirli, o, in
alternativa, che il Peg non dia indicazioni in merito ad appalti e forniture e manchi
anche una deliberazione della Giunta in tal senso.
L’operato del dirigente può considerarsi in linea con gli indirizzi politici espressi?
Oppure siamo di fronte ad un contratto concluso da chi non aveva la benchè
minima possibilità di farlo, come se fosse stipulato da un “falsus procurator”?
Inoltre pensiamo al caso in cui il contratto sia stato stipulato senza un regolare
impegno di spesa a monte.
La dottrina e la giurisprudenza considerano questa violazione delle norme di
contabilità come una irregolarità che si riflette sul contratto non invalidandolo ma
privandolo degli effetti conseguenziali che non possono prodursi finchè la spesa
non sia stata iscritta a bilancio e non trovi l’adeguata copertura.
In parola povere le fatture emesse dal privato contraente a fronte dei servizi e
delle forniture rese non possono essere pagate se non vi sia la copertura
contabile.
Il decreto legislativo 77/95 all’articolo 37 prevedeva “la riconoscibilità dei debiti
fuori bilancio derivanti da acquisizioni di beni e servizi in violazione degli obblighi
di cui ai commi 1,2 e 3 dell’articolo 35, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità
ed arricchimento per l’ente, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e
servizi di competenza”.
Tale disposizione è stata riprodotta nel Testo Unico degli Enti Locali all’articolo
178.
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Pertanto siamo di fronte ad una via di uscita per il privato che abbia confidato nel
corretto operato della Pubblica Amministrazione e per il dirigente che – al
contrario – abbia operato in violazione delle norme di contabilità.
Tuttavia il riconoscimento non è automatico; interviene sempre la discrezionalità
amministrativa della PA che deve valutare l’utilità derivante dal contratto e
l’arricchimento.
Se queste due componenti non vengano riconosciute il contratto rimane senza
copertura e l’effetto che si produce è quello di non potere ricondurre il contratto
all’Ente ma solo al dirigente che lo ha sottoscritto, con la sua conseguente
responsabilità personale.
A fronte di un eventuale danno per il contraente privato non vi è nemmeno la
garanzia della solvibilità tipica dell’Ente Pubblico; pertanto, l’eventuale lesione del
credito derivante, non può essere ascritta all’Amministrazione sulla base del
rapporto organico di dipendenza dall’Ente del dirigente.
Il quale risponderà del suo operato in caso di dolo o colpa grave.
Ma può darsi anche il caso che la PA riconosca il vantaggio patrimoniale e ratifichi
il contratto concluso.
In questo caso non si tratta più di un contratto stipulato da un falsus procurator
ma ogni effetto può essere direttamente ricondotto alla stessa PA.
Il nodo cruciale di tutto questo iter è che il privato rimane “scoperto” da ogni
garanzia nei confronti del contraente pubblico nel momento del “riconoscimento”
dell’utilitas e dell’arricchimento.
Infatti la discrezionalità amministrativa in tal senso non è sindacabile da alcun
Giudice senza che si abbia un’indebita ingerenza nella sfera di competenza della
PA.
La quale ha la possibilità di rivalersi sul dirigente nel caso in cui non vi sia una
spesa assunta regolarmente attraverso il giudizio di danno erariale, e di non
rispondere al privato che lamenti una lesione del suo credito.
L’ipotesi descritta è più probabile che accada nel caso in cui vi siano dei lavori di
somma urgenza da effettuare o delle spese impreviste ed imprevedibili cui fare
fronte.
La Corte Costituzionale, tuttavia, investita del problema, ha detto7, in sostanza,
che l’affidamento del terzo non può pregiudicare il sistema così come è stato
concepito, dal momento che il contraente che si assume l’onere di effettuare i
lavori di somma urgenza per la PA o di fornire il bene senza la copertura della
spesa per fronteggiare una situazione imprevedibile, sa che, in mancanza della
ratifica, la controparte del contratto non sarà la PA ma il dirigente responsabile, e
che il rischio di impresa assunto prevede anche questa ipotesi.
Se ci mettiamo nell’ottica di un ampliamento dell’area della tutela risarcitoria che
ricomprenda tutte le lesioni derivanti da un danno ingiusto, per cui tutte le lesioni
derivanti da un comportamento valutato oggettivamente come lesivo,
indipendentemente dal tipo di situazione giuridica che sta di fronte ad esso, si
riesce bene a capire come sia delicata ed importante la tematica della
responsabilità e come ritorni ad essere rilevante l’osservanza delle disposizioni di
legge sul giusto procedimento.
Infatti non si valuta più la situazione giuridica soggettiva, tutelabile del privato
(diritto o interesse) ma il comportamento tenuto dall’Amministrazione (nella
persona del dirigente responsabile).
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sentenza n. 295 del 1997 contenuta nell’articolo cit.
6
Riassumendo: le nuove disposizioni normative prevedono una tutela più allargata,
ampia e garantista nei confronti dei privati che interagiscano con la PA.
Da un lato le norme degli anni Novanta hanno focalizzato le funzioni di gestione
in capo ai dirigenti, dando loro la competenza e la funzione per “l’adozione di atti
e provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano
l’amministrazione verso l’esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e
amministrativa mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse
umane, strumentali e di controllo” (articolo 3 comma 2 D.Lgs. 29/2/1993, nella
nuova stesura modificata dal D.Lgs. 80/98).
Queste funzioni hanno, per contro, un rovescio della medaglia rappresentato da
una maggiore responsabilità sia come controllo di gestione (in termini di
personale e di spesa) sia come responsabilità formale (procedimentale) che si
riflette in una responsabilità sostanziale, di garanzia per il privato di correttezza
nello svolgimento dell’attività amministrativa.
A fronte di questa responsabilità le “penalties” previste sono:
a) l’applicazione delle norme in tema di responsabilità contrattuale anche agli
accordi introdotti dalla legge 241/90 per snellire le procedure amministrative;
b) l’indennizzo previsto dall’articolo 20 della legge 59/97 in caso di mancata
osservanza del termine del procedimento o di ritardato o incompleto
assolvimento degli obblighi;
c) la risarcibilità del danno ingiusto operata dal Giudice Amministrativo, divenuto
giudice esclusivo a conoscere di tutte le controversie in tema di appalti
forniture e servizi pubblici, urbanistica ed edilizia (norme tradotte nella legge
205/00 di riforma del processo amministrativo) per sanzionare dei
comportamenti tenuti dall’Amministrazione che abbiano provocato una lesione
al patrimonio del privato, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica.
4) LA REINTEGRAZIONE IN FORMA SPECIFICA
In questi ultimi due anni si è scritto moltissimo sullo “sfondamento” operato dal
legislatore in materia di risarcibilità degli interessi legittimi, anche se non è
proprio corretto intendere l’orientamento delineatosi con il decreto del 1998 in tal
modo.
Inoltre la sentenza della Cassazione 500/99 ha proseguito nel solco tracciato dal
legislatore, indicando la necessità di operare il risarcimento ogniqualvolta il
privato avesse subito una lesione del suo patrimonio a causa di un
comportamento contrario a norme di legge o di corretto comportamento tenuto
dalla PA.
In tal modo si è aperta la strada a numerose sentenze giurisprudenziali che hanno
stabilito la risarcibilità di situazioni derivanti da atti non corretti emanati dalla PA
(si pensi a bandi di gara contenenti disposizioni ritenute illegittime o a ritardi
nella consegna al privato di quanto necessario per metterlo in grado di lavorare8)
oppure da comportamenti lesivi (un esempio è stato il riconoscimento della
perdita di chance lamentata da un concorrente che, confidando nel buon esito, a
8
sentenza TAR Catania n. 1559 del 12 agosto 2000 sotto analizzata
7
suo favore, della gara non aveva partecipato ad altri bandi e il conseguente
riconoscimento da parte dei Giudici9).
Ma la copiosa giurisprudenza che si è formata in questi anni ha sempre delimitato
l’area del risarcimento al corrispettivo in denaro che fosse ritenuto equo per i
danni subiti dal privato.
In particolare la giurisprudenza applica il 10% dell’importo a base d’asta sulla
base del disposto dell’articolo 345 della legge 2245 del 1865 allegato F (tuttora
valida e non abrogata).
Ma di fronte all’altro strumento previsto dalla legge, ossia la risarcibilità in forma
specifica, si arresta.
Partiamo dalla nozione di risarcimento in forma specifica.
Esso è previsto dal Codice Civile all’articolo 2932 che, in caso di riconoscimento
della fondatezza delle pretese del ricorrente, dispone che il Giudice possa
risarcire il privato con l’emanazione di una sentenza che tenga luogo dell’atto
privatistico non stipulato; tale sentenza ha natura costitutiva e vale come
risarcimento in forma specifica (si tratta, in definitiva di una forma di tutela del
privato).
Qui incontriamo il primo ostacolo.
Infatti il G.A. emana sentenze che possono essere dichiarative (annullamento degli
atti riconosciuti illegittimi e – se del caso – dell’intera procedura di una gara) e di
risarcimento, (avendo giurisdizione esclusiva in alcune materie) ma non può
emanare sentenze costitutive, che tengano, cioè, parte dell’atto (sia di natura
amministrativa che di natura civilistica) che la PA avrebbe dovuto formare.
Il Giudice adito può, al più, imporre all’Amministrazione di stipulare un contratto,
al termine di una gara di appalto non ancora conclusasi con il suo naturale
sbocco, ma non può far sì che la sentenza tenga luogo del contratto.
Il legislatore, in fondo, in un eccesso di volontà di tutela nei confronti del privato,
spesso, in passato, vessato da comportamenti scorretti della PA, ha stabilito una
forma di tutela di rara e difficile applicazione, perlomeno se consideriamo lo stato
attuale del processo amministrativo.
Infatti, seppure investito di giurisdizione esclusiva per la materia degli appalti, il
Giudice non può imporre alla PA (al Dirigente nel caso che noi consideriamo) di
fare alcunchè, tantomeno di stipulare un contratto.
La motivazione più volte addotta dalla Giurisprudenza (costante su questo punto)
è quella che il Giudice conosce dell’illegittimità di un atto o di un comportamento,
né più
né meno di quanto succedeva prima della riforma del processo
amministrativo quando al GA erano sottoposte le controversie in materia di
illegittimità formale degli atti.
Anche oggi l’oggetto immediato della controversia è l’atto amministrativo
illegittimo ed è sulla base dei danni che derivino da tale atto che si giudica se vi
sia stata una lesione per il privato.
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ne è un esempio – che valga per tutte le copiose sentenze sul tema – la sentenza TAR Lombardia Milano sez- I del 23
dicembre 1999 n. 5049, in cui si condanna la PA ai sensi del disposto dell’articolo 35 del decreto legislativo 80/98
perché la ditta ricorrente, “ove non fosse già stato stipulato il contratto di appalto, avrebbe potuto partecipare ad una
nuova procedura di gara, beneficiando di una possibile chance di vittoria.”
La perdita di chance è una figura di creazione giurisprudenziale in cui si ricomprende la tutela di un interesse pretensivo
del privato (una pretesa molto affine alla posizione giuridica definita come diritto) che non ha ancora una posizione
definita di “controparte” della PA, ma ha più che una legittima aspettativa. In quest’ottica si amplia la tutela dei privati
che avanzano pretese nei confronti della PA e si cerca di instradare la PA a tenere un comportamento sostanzialmente
corretto, senza esercizio di poteri di forza, dalle trattative al procedimento di conclusione dell’iter di gara.
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L’azione di risarcimento trova il suo fondamento non nella tutela della posizione
soggettiva ma nell’obbligo della Pubblica Amministrazione di non comportarsi in
maniera scorretta e contraria alle norme di legge (o di regolamento) e ai principi
poiché la conseguenza è il sorgere di un obbligo di risarcimento.
A fronte dell’obbligo di risarcimento vi è la fattispecie di danno che è tutelato
dall’ordinamento, cioè il danno ingiusto.
In questi termini è facile capire come la giurisprudenza consolidata su queste
posizioni si areni di fronte alla reintegrazione in forma specifica, poiché la
conseguenza di tale reintegrazione sarebbe, inevitabilmente, quella di annullare
NON un atto amministrativo illegittimo, bensì il contratto che ne è derivato.
Di fronte a questa conseguenza i Giudici hanno sempre rilevato due ostacoli 10:
• il primo consistente nel fatto che il contratto che discende da procedimenti di
evidenza pubblica, seppure viziato, è un atto privatistico sul quale il Giudice
non può incidere annullandolo, poiché l’atto da cui discende – se non è
inesistente ( fattispecie di cui abbiamo parlato sopra) – è valido nel mondo
giuridico e produce effetti fino al momento della sua dichiarazione di
annullabilità.
Il contratto è imputabile all’Amministrazione la quale può valutare se
annullarlo in via di autotutela oppure se chiederne al Giudice l’annullamento;
ma, in ogni caso, il Giudice non può pronunciarsi sull’annullamento dello
stesso se non gli sia stato richiesto espressamente, nemmeno sulla base della
conoscenza di un atto illegittimo e da lui stesso annullato a monte della
procedura di conclusione del contratto.
E’, a mio avviso, da sottolineare che nessuna norma di legge impedisce al
privato di ricorrere al Giudice per l’annullamento del contratto, in quanto il
privato è sullo stesso piano della PA come altro contraente, con i medesimi
interessi da tutelare.
• Il secondo ostacolo è rappresentato dal fatto che la Giurisprudenza costante
ritiene che il GA debba conoscere degli atti e dei comportamenti della PA,
arenandosi di fronte ad ogni atto che potesse comportare una sostituzione del
proprio operato a quello della PA.
Tale sarebbe, per esempio, l’imposizione di risolvere un contratto stipulato
sulla base di un procedimento illegittimo a favore della stipulazione di un
nuovo accordo con un altro contraente (il secondo in una graduatoria di gara
della quale sia stata definita illegittima l’aggiudicazione al vincitore).
Una delle ultime decisioni in cui il GA ritiene preclusa la strada del risarcimento
in forma specifica di un danno richiesto dal ricorrente ai danni del Teatro
comunale dell’Opera di Genova (sentenza TAR LOMBARDIA – MILANO SEZ. I –
23 dicembre 1999 n. 5019) viene motivata dal fatto che il contratto di appalto,
stipulato a seguito di un procedimento di gara ritenuto illegittimo e la cui
aggiudicazione è stata annullata, è annullabile e NON AUTOMATICAMENTE
CADUCATO, inseguito all’annullamento dell’aggiudicazione. Il Collegio, inoltre,
sostiene la caducazione dell’intera gara, secondo motivo per cui non viene
ammesso il risarcimento in forma specifica.
10
la prevalente giurisprudenza di Cassazione ritiene che per annullare un contratto occorra un’apposita richiesta in tal
senso ex articolo 1425 C.C. da parte della sola P.A: se gli atti a monte siano inficiati da irregolarità: Cass. Civ. III
5/2/82 n. 671; Cass. Civ. I 10/4/1978 n. 1688; Cass. civ. I12/2/1979 n. 937 etc
la Cassazione che sostiene la necessaria pronuncia di annullamento e non l’automatica caducità del contratto è: Cass.
8/5/1996 n. 4269; Cass. 28/3/1996 n. 2842; cass. 28/2/1995 n. 1885; Cass. 7/4/1989 n. 1682
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Non si può, per i Giudici, stipulare un contratto senza avere più una procedura
di gara (né valida né invalida) a monte.
Inoltre si riconosce un risarcimento del ricorrente per la lesione dovuta alla
“perdita di chance di partecipazione ad una nuova gara, facendo valere una
possibilità di successo non priva di consistenza”, (vedi nota alla pagina
precedente) ma non un risarcimento integrale, precluso, anch’esso,
dall’annullamento dell’intera gara.
In queste sentenze, tuttavia, non si rileva una differenziazione tra la
responsabilità da ascrivere alla PA e quella da ascrivere al dirigente, sul
presupposto di una interazione dovuta al rapporto interorganico tra i due
soggetti per cui la “violazione delle regole di imparzialità, correttezza e di
buona amministrazione alle quali l’esercizio dell’azione amministrativa deve
ispirarsi…” sia causa di imputabilità dell’evento dannoso alla PA a titolo di
colpa.
Formalmente il ragionamento giudiziale è ineccepibile, soprattutto se, al di là
delle considerazioni di ordine sostanziale appena fatte, si valuta anche il fatto che
il Giudice deve sempre attenersi al petitum e alla causa petendi, per cui non può
arrogarsi l’onere di andare oltre quanto gli sia stato richiesto dal / dai ricorrente/i
e disporre un annullamento non domandato.
Tuttavia tale orientamento non tiene in considerazione quanto detto e voluto dal
legislatore, il quale ha espressamente richiesto la reintegrazione in forma
specifica (ove possibili) come misura di risarcimento nei casi in cui la “datio” di
denaro non fosse sufficiente a garantire un’effettiva tutela nei confronti della PA.
La responsabilità della PA è fuori discussione nel caso in cui si abbia l’annullabilità
degli atti (si è detto, infatti, che il rapporto organico di dipendenza si interrompe
nel caso in cui il dirigente abbia operato in assoluta incompetenza, mentre, nel
caso di vizio che comporti l’annullabilità si è di fronte ad altre anomalie).
Al più si dovrà valutare se si tratti di responsabilità precontrattuale (comunque
rientrante nel novero della responsabilità civilistica e contrattuale, in particolare,
per giurisprudenza costante) per lesione delle legittime aspettative a concludere
un valido rapporto contrattuale.
Oppure se si tratti di altro tipo di responsabilità.
Un’altra recente pronuncia giurisprudenziale del TAR Catania II, del 12 agosto
2000, n. 1559, riconoscendo un risarcimento del danno alla ricorrente per
mancata aggiudicazione dei lavori nei termini previsti nel bando di gara
provocando – con l’ingiustificato ritardo – l’impossibilità per l’impresa di lavorare
e, soprattutto, il costringimento ad operare per un periodo ristretto di tempo con
l’applicazione delle tariffe riferite al triennio precedente il periodo del contratto
(mancato).
In queste circostanze il Giudice Amministrativo riconosce la responsabilità
dell’Amministrazione, chiamata in causa in prima persona, verificando la
sussistenza dell’evento (mancata aggiudicazione nei termini), del danno
(mancanza di possibilità di lavorare per l’impresa) del nesso di causalità (l’evento
danno discende direttamente dal comportamento della PA) e, infine, l’elemento
soggettivo della colpa.
E’ piuttosto anomalo, se vogliamo, parlare di colpa di un soggetto giuridico
pubblico.
Senz’altro è più probabile che la colpa sia ascrivibile al comportamento omissivo
del soggetto che aveva il compito di tradurre in un contratto le risultanze della
gara esperita.
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Tuttavia vi sono due motivi di fondo per cui si parla di colpa della PA:
1) il primo dovuto al fatto che il comportamento soggettivo del dirigente
inadempiente viene già considerato in sede penale (ove sussistano gli estremi
di un reato doloso) e in sede contabile (ove sussistano gli estremi di un danno
erariale) con possibilità di rivalsa interna della PA nei confronti del diretto
interessato e colpevole del danno.
2) Il secondo è “esterno” - se così si può dire – in quanto il privato preferisce
chiamare in causa, in un giudizio di risarcimento del danno, direttamente il
soggetto che dia maggiori garanzie economiche di solvibilità.
Sarebbe stata un’occasione d’oro per verificare la possibile e reale applicazione
del dettato legislativo all’operato dirigenziale, ma l’ipotesi credo che rimanga
piuttosto remota, allo stato attuale delle cose, visti gli interessi sostanziali in
gioco da parte delle imprese concorrenti alle gare indette coi procedimenti di
evidenza pubblica.
La “colpa” della PA permette di esperire un giudizio di danno nei confronti del
soggetto pubblico facendo derivare dal comportamento illegittimo l’obbligo
consequenziale al risarcimento, come “unica modalità di tutela del concorrente
in ordine al servizio già espletato” 11
In ogni caso il comportamento del dirigente – in prima persona – sarà valutato in
funzione della sua oculatezza nell’adempimento delle sue funzioni; in particolare
si valuterà se sia stato corretto il comportamento procedimentale per rifletterlo
sulla responsabilità contrattuale.
Oppure se il suo comportamento incauto o irregolare non abbia dei riflessi anche
dal punto di vista gestionale12
Nel caso sopra considerato, per esempio, i Giudici dovevano valutare il riflesso
esterno di un comportamento amministrativo poco chiaro e trasparente, viziato,
pertanto, secondo il GA, poiché tenuto in violazione delle regole dell’imparzialità,
correttezza e buona amministrazione e, di conseguenza illegittimo.
Tale illegittimità non si deve riflettere all’esterno provocando un danno di
impresa.
Ne deriva che la violazione delle norme amministrative comporta un danno
all’esterno.
Quindi, viene logico pensare, che la responsabilità dirigenziale sia, in prima
battuta, una responsabilità di tipo procedimentale e solo eventualmente e
successivamente si traduca in una responsabilità contrattuale (ad esempio quella
relativa al brocardo “inadimplenti non est adimplendum”).
Infatti le ultime disposizioni normative non sovrappongono la responsabilità
contrattuale della PA e del dirigente facendone due cose distinte.
Pertanto, mentre di fronte al privato la lesione del credito può trovare
soddisfazione indifferentemente da parte dell’una o dell’altro, la responsabilità
civile/contrattuale di ciascuna è distinta.
Non è, tuttavia, ancora ben definito né dal punto di vista giurisprudenziale né
dottrinale in cosa consista – come effetti – l’autonoma responsabilità dei dirigenti.
Si può, tuttavia, riflettere, in ultima battuta, sulla possibilità di applicazione del
risarcimento in forma specifica, da parte della PA, in caso di mancata applicazione
delle risultanze di gara.
Si tratterà, in definitiva, stante l’attuale orientamento giurisprudenziale, solo dei
casi in cui la PA (nella persona del suoi dirigenti responsabili) ritardi
11
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sentenza TAR Catania 1559/00 cit.
in tal caso il controllo interno spetterebbe al Nucleo di Valutazione
11
eccessivamente nell’applicare le risultanze di una gara stipulando il contratto
conseguente all’aggiudicazione.
Ma, se valutiamo, parallelamente, le disposizioni attuali in tema di affidamento e
in tema di pubblicità delle gare, vediamo che il verbale di gara (che ha natura di
atto pubblico) tiene luogo dell’affidamento (per la normativa risalente al R.D.
2440/23) e che, secondo la normativa che disciplina le gare sopra soglia
comunitaria in tema di appalti di forniture e beni (decreto legislativo 358/92
modificato dal 403/98 ) e di servizi (decreto legislativo 157/95 modificato dal
65/00) entro 15 giorni dall’affidamento (e – dunque – dal verbale?) occorre dare
notizia degli esiti di gara (c.d. postinformazione) nelle stesse forme di
pubblicizzazione previste per la fase preliminare della gara stessa (pubblicazione
del bando).
In queste condizioni risulta quasi impossibile che una PA riesca a non stipulare un
contratto se non in violazione di espresse norme di legge sul comportamento da
tenere (e, di riflesso, con un comportamento viziato anche da eccesso di potere)
per cui il primo in graduatoria di gara può chiedere -–in tempi brevissimi – sia
l’adempimento in forma specifica (la stipulazione del contratto) sia il risarcimento
dei danni di impresa (sotto forma di danno emergente e lucro cessante) previa
un’adeguata dimostrazione dello stesso.
Riassumendo le fila del discorso, si può ipotizzare un risarcimento in forma
specifica solamente in 3 casi:
a) il Giudice annulla il verbale che tiene luogo dell’affidamento con una decisione
che annulla gli atti di gara invalidandoli per illegittimità; in questo caso il
privato chiederà anche la sospensiva – in via cautelare – in modo che la PA, nel
frattempo, non dia corso ai risultati della gara stessa. In questo caso il G.A.
può ordinare alla PA di modificare il verbale e i dati ivi contenuti e fare un altro
verbale che tenga conto di quanto il Giudice abbia accertato.
b) Il Giudice reintegra in gara un concorrente valutando la sua esclusione come
illegittima; in questo caso opera una reintegrazione in forma specifica
annullando gli atti di esclusione e obbligando la PA a modificare le proprie
decisioni. Si noti, però, che la discrezionalità amministrativa decisionale non
viene ad essere lesa perché il GA riconosce e conosce solo dell’illegittimità
degli atti compiuti.
c) Infine il caso, già ipotizzato, del privato che, risultato aggiudicatario, si trovi di
fronte ad una PA inerte che non stipula il contratto non concludendo il
procedimento di gara. Egli può rivolgersi al Giudice (nel breve lasso di tempo
che è previsto per la stipulazione dei contratti dalle norme di postinformazione
di cui si parlava sopra) perché il GA stimoli la PA a sottoscrivere il formale
accordo ed impegno. Si tratta, però, a mio avviso, di un’ipotesi irreale dato che
è difficile, in un breve arco di tempo, per il privato, valutare se l’inerzia
dell’Amministrazione sia dovuta a colpevole e negligente atteggiamento o
non, piuttosto, ad un giustificato ed incolpevole ritardo. Diverso è il caso
analizzato dal TAR Catania che si trovava a decidere un risarcimento ad
un’impresa che lamentava la mancata stipulazione da 3 anni!.
Paola Minetti.
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