Seminario organizzato dal Centro Atlantico de Arte Moderno dal titolo

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Seminario organizzato dal Centro Atlantico de Arte Moderno dal titolo
Seminario organizzato dal Centro Atlantico de Arte Moderno dal titolo “El Ojo Salvaje”:
Approccio verso le diverse culture:
di Mario Perniola: professore di estetica all’Università di Roma.
Il testo di Perniola1 presentato durante un seminario organizzato dal CAAM, parte da una definizione delle due
opposte sensibilità neo-classica e primitivista per definire una nuova sensibilità, quella neo-antica.
La corrente neo-classica era inspirata da un ideale di bellezza solenne ed era basata sull’imitazione di canoni
dotati di validità metafisica; la corrente primitivista invece nasceva dal bisogno di forme che esprimessero energie
vitali ed elementari, delle forze semplici e profonde comuni a tutti gli uomini. Il primitivismo del diciannovesimo
secolo fu accompagnato da una conoscenza molto superficiale della produzione delle culture primitive e per
questo, secondo Perniola, fu un ostacolo più che un aiuto all’approfondimento di esse. Entrambe le correnti
sono considerate limiti ad approccio corretto verso il mondo classico e le culture primitive, confondendo gli
elementi presenti che ci legano ad essi e quelli che ci separano.
La sensibilità neo-antica, nata dall’incontro tra lo studio antropologico dell’antichità e le considerazioni
filosofiche sul pensiero africano, si rivolge invece al mondo antico e alle culture extraeuropee, ricercando in esse
il diverso e lo sconosciuto, cercando nel non-occidentale l’esprit de finesse e la ripetizione rituale. Gli studi di
diversa natura e provenienza sui comportamenti artistici africani e l’approfondimento di Alois Riegl della Scuola
di Vienna sull’arte del mondo egizio, della Grecia Arcaica e della tarda arte romana (con i loro elementi tattili e
ritmici), hanno molto aiutato la nascita di questa nuova sensibilità, rivalutando anche le arti minori.
Per quanto riguarda il mondo extraeuropeo, un limite dell’approccio antropologico è stata l’analisi inclusiva ed
unitaria delle arti dell’Africa, dell’America e dell’Oceania. Secondo Perniola è necessario considerare queste tre
aree culturali in modi separati e per sostenere la sua tesi prende come esempio la cultura africana. Citando
Janheiz Jahn2, Perniola definisce l’estetica africana su un concetto, il kuntu, ovvero relativa arbitrarietà formale
del lavoro (dettata dai diversi significati e dallo stato di trance e di possessione) e il ritmo degli strumenti di
percussione (le diverse parti di un’opera sono sempre articolate ritmicamente e legate l’una con l’altra).
Secondo Perniola la sensibilità neo-antica è quindi basata su due elementi principali, quello ritmico e quello
tattile, nella convinzione che le cose del mondo sono in contatto le une con le altre e non esiste il vuoto tra di
esse.
I nemici del passato della sensibilità neo-antica sono quindi il primitivismo e il neo-classicismo. I nemici attuali
sono invece il movimento post-moderno e il movimento neo-etnico, che in modi diversi portano entrambi al
livellamento, alla semplificazione e alla banalizzazione delle manifestazioni culturali. Il movimento post-moderno
dissolve tutte le identità e promuove il libero esercizio dei significati attingendo liberamente alle diverse culture,
considerandole stili intercambiabili; il movimento neo-etnico recupera invece l’identità culturale delle singole
comunità e afferma il loro valore in modo esclusivista e ristretto, non permettendo nessun approccio critico.
La sensibilità neo-antica si pone così in antitesi rispetto a questi movimenti. Non cerca un’identità culturale dove
nascondersi, non considera i caratteri metafisici e storici come esclusivi dell’occidente, ma guarda positivamente
le altre culture e le altre civiltà per legami e verificare le sue posizioni.
Approccio all’arte africana: idee per un nuovo studio dell’arte:
di Estela Ocampo: Professoressa di Storia dell’Arte all’Università di Barcellona.
Esela Ocampo3 dichiara all’inizio del suo testo che già nel suo libro Apolo y la Maaascara aveva dimostrato che la
così detta arte primitiva, così come le pratiche estetiche non occidentali, non sono arte. Il fine del suo testo è
quindi di mostrare come un nuovo approccio degli studi artistici possano far coesistere in modo fertile l’arte e
quello che noi definiamo convenzionalmente arte primitiva.
Secondo Ocampo l’interesse verso gli oggetti di arte primitiva nasce da un’esigenza creativa degli artisti, che
videro in questi oggetti la materializzazione e la sperimentazione dei concetti che stavano approfondendo. Gli
1
Mario Perniola, Beyond neo-classicism and primitivism, in “Atlantica”, n. 4, 1992, pp.102-106.
Janheinz Jahn, Muntu Umrisse der neoafrikanischen Kultur,
3
Estela Ocampo, Primitive Art?, in “Altantica”, n. 4, 1992, pp. 107-109.
2
oggetti vennero così isolati facendoli diventare pure forme artistiche, sottoponendoli all’interpretazione estetica
occidentale ed inserendoli nelle categorie della storia dell’arte occidentale.
L’approccio antropologico che cerca di collocare gli oggetti nel loro contesto non sembra però capace di
analizzare anche il loro innegabile valore estetico. Per Ocampo quindi, la soluzione si può trovare in un nuovo
studio dell’arte, che non necessariamente deve avere un approccio storico, ma che sicuramente deve rinunciare a
creare una storia universale, concentrandosi invece nella frammentazione degli studi, essendo divenuto il
panorama troppo complesso per poter permettere un approccio unitario. La storia dell’arte tradizionale può
svolgere la funzione di background ai nuovi approfondimenti, ma servono studi differenziati, distinti, parziali,
imminenti e discontinui. Un esempio di questo nuovo modo di studiare l’arte si può trovare nelle teorie letterarie
nelle quali l’approccio polivalente dimostra che non si può avere la pretesa di trovare una sola chiave di lettura. I
nuovi studi devono avvicinarsi all’opera d’arte e studiarla dal suo punto di vista.
Visione del mondo: apartheid globale.
di Ali A. Mazrui
Nel testo presentato al simposio del 90 Anniversario del Jubileo Nobel, in una serie di conferenze dal titolo “Los
patrones de cambio del conflicto global: desde el conflicto Este-Oeste al de Norte-Sur?” e poi adattato per la
pubblicazione su Atlantica, Mazrui4 presenta la situazione attuale del mondo alla fine della Guerra Fredda.
Secondo Mazrui dalla fine della Guerra Fredda le vittime dei conflitti sono diventate dal punto di vista militare, i
paesi musulmani e, dal punto di vista economico, i paesi del Terzo Mondo. L’Unione Sovietica aveva accelerato il
processo di indipendenza dei paesi africani e aveva cercato alleati tra i paesi islamici, ora i paesi del Terzo Mondo
non rappresentano più un interesse per le grandi potenze e risultano invece semplici vittime del Fondo
Monetario e della Banca Mondiale.
L’Apartheid Globale di cui parla Mazrui si riferisce a questo cambio di tendenza da parte delle grandi potenze
bianche che, avendo risolto i conflitti tra loro e unendosi come nel caso dell’Europa (che Manzrui vede come la
rinascita del Sacro Romano Impero), tendono sempre di più a coalizzarsi lasciando fuori i paesi del Terzo Mondo
e quelli musulmani. Assistiamo alla nascita di fenomeni di “retribalization”, nei quali emergono coscienze razziali,
sia a livello sub-statale, che a livello regionale, un tempo paradossalmente frenate dalla Guerra Fredda.
4
Ali A. Mazrui, Global apartheid? Race and religion in the new world order, in “Atlantica”, n. 5, 1993, pp.89-94.