«Libri, ecco il Salone di Milano»

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«Libri, ecco il Salone di Milano»
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Sabato 23 Luglio 2016 Corriere della Sera
#
Cultura
Il 10 settembre
A Camon
il Campiello
alla carriera
A Ferdinando Camon è stato assegnato il
premio Fondazione Il Campiello 2016,
alla carriera. Lo scrittore padovano ritirerà
il riconoscimento in occasione della finale
della 54ma edizione del Premio
Campiello, che si tiene sabato 10
settembre al Gran Teatro La Fenice di
Venezia. Tra i suoi libri Liberare l’animale,
Occidente, Un altare per la madre (premio
Strega 1978). «Nei suoi romanzi ha
Ferdinando
Camon (1935)
raccontato, tra gli altri, il tema della crisi:
della civiltà contadina e dell’Occidente» il
commento di Roberto Zuccato, presidente
della Fondazione Il Campiello e di
Confindustria Veneto. Il riconoscimento,
assegnato dal 2010, è in passato andato
a Sebastiano Vassalli (2015), Claudio
Magris (2014), Alberto Arbasino (2013),
Dacia Maraini (2012), Andrea Camilleri
(2011) e Carlo Fruttero (2010).
L’amministratore delegato della Fiera Corrado Peraboni illustra il progetto
«Libri, ecco il Salone di Milano»
La sfida: si farà nello stesso periodo della rassegna torinese. Attenzione per i piccoli editori e la città
 Federico
Motta (sotto) è
presidente
dell’Associazione italiana
editori (Aie).
Mercoledì la
riunione degli
organi direttivi
 Massimo
Bray (sopra) è
stato contattato
dalle istituzioni
torinesi per
guidare , come
presidente, la
nuova fase della
Fondazione per
il Libro, la
musica, la
cultura che
gestisce il
Salone di
Torino. La
nomina
dovrebbe
arrivare martedì
dall’Assemblea
dei soci
di Cristina Taglietti
C
he quella che si sta consumando
sull’asse Milano-Torino nel nome del libro non sia una guerra è
sempre più difficile da sostenere. Di fatto la dichiarazione di apertura
delle ostilità la consegna Corrado Peraboni, amministratore delegato di Fiera
Milano quando, illustrando al «Corriere» il progetto su cui mercoledì prossimo l’Associazione italiana editori dovrà
decidere, annuncia, con un lapsus, il periodo in cui la rassegna milanese è prevista: «Nella prima metà di maggio,
quando si faceva il Salone di Torino».
Loro dicono che lo faranno ancora.
Però prevedere le stesse date significa
proporre un’alternativa secca...
«È una data obbligata. Gli editori ci
hanno spiegato che è quella giusta. Le
scuole sono ancora aperte e noi abbiamo intenzione di usare tutto il know
how che abbiamo accumulato con “progetto Scuola” in Expo ».
Peraboni parla per la prima volta, a
conclusione del consiglio di amministrazione di ieri, dove è stato approvato
all’unanimità il progetto. Sul tavolo degli editori c’è, da giorni, anche la proposta della istituzioni torinesi (Regione e
Comune sono i due principali soci fondatori), estremo tentativo di trattenere
l’Aie dentro il Salone. Proprio ieri la sindaca, Chiara Appendino, ha firmato con
Gl Events, gruppo francese che gestisce
il Lingotto, una nuova partnership che
prevede un piano di sviluppo triennale
per il Salone del Libro.
Fiera Milano è pronta per il suo Salone?
«È pronta già da un po’. Il passo che
abbiamo fatto ieri è stato presentare un
affinamento del progetto. La prima versione era molto focalizzata sull’aspetto
filiera e commerciale. Abbiamo perfezionato la parte relativa ai contenuti».
In che modo?
«Con due integrazioni fondamentali.
La prima che prevede un coinvolgimento delle istituzioni pubbliche, i ministeri
competenti».
Ma i ministeri competenti, cioè
Istruzione e Beni culturali, sono entrati proprio quest’anno tra i soci della Fondazione che organizza il Salone.
E si sono schierati a difesa della rassegna torinese.
«Certo, ma stiamo parlando della nascita di un progetto nuovo, di portata
RICHARD WENTWORTH (1947), FALSE CEILING (2005, INSTALLAZIONE, PARTICOLARE), COURTESY DELL’ARTISTA
Vertici
nazionale, che vuole coinvolgere tutta
l’Italia e colmare un gap, portando il libro là dove non arriva, nelle regioni con
il più basso indice di lettura. Sappiamo
che i lettori forti si concentrano nel
Nord Ovest. La Puglia, per esempio, è
una regione in cui il 70 per cento delle
persone nel 2015 non ha letto nemmeno
un libro. È impensabile che vadano a Torino o anche a Milano. Per questo, oltre
a Più libri più liberi a Roma, abbiamo intenzione di fare fiera itinerante al Sud,
con Bari prima tappa. È un tema di pubblico interesse, pensare a una forma di
collaborazione con tutte le istituzioni è
doveroso. Oltretutto è un progetto che
parte senza soldi pubblici».
La Fondazione torinese ha tenuto
molto a rimarcare, nei giorni scorsi,
proprio questa differenza di impostazione: il Salone è un’operazione cultu-
Manager
Corrado
Peraboni,
amministratore delegato
di Fiera Milano.
L’accordo
prevede la
costituzione di
una società
mista (51 %
Fiera, 49% Aie)
L’impostazione
Un’iniziativa nazionale, che prevede «Più
libri più liberi» a Roma e una fiera itinerante
al Sud. Senza contributi pubblici ma con la
collaborazione di istituzioni e ministeri
rale, quella milanese una fiera commerciale. E diversi piccoli e medi editori si sono schierati con Torino.
«Questo è l’altro aspetto su cui abbiamo perfezionato il progetto. Proprio
perché siamo attenti ai pareri e alle preoccupazioni di tutti. Gli aggiustamenti
sono stati fatti tenendo conto soprattutto delle posizioni contrarie. Vogliamo
rappresentare il più possibile la pluralità di voci e di esperienze. La nostra editoria è fatta di moltissime case editrici,
da grossi gruppi e da piccole realtà, quasi artigianali. E Milano è la città dove
hanno potuto diventare grandi quelli
che avevano molto da dire e pochi mezzi. Lavoreremo su spazi e incontri dedicati alla piccola editoria. In generale poi
credo che non esistano più fiere meramente commerciali. Anche quella delle
macchine utensili propone decine e decine di momenti di contenuto. Questa
sarà fatta dagli editori, i contenuti li
metteranno loro. Noi faremo quello che
sappiamo fare: organizzare».
Come si chiamerà? Si diceva MiBook Expo...
«No, sarà un nome italiano con dentro libro e Milano».
Che ruolo avrà il Comune ?
«Il nostro auspicio, anche sulla base
delle dichiarazioni dell’assessore Filippo Del Corno, è di riprodurre la felicissima esperienza di Miart, che è un momento commerciale con una serie di iniziative, inaugurazioni, aperture speciali
fuori dalla fiera. Ci aspettiamo che il Comune contribuisca mettendo a disposizione sedi e spazi per iniziative e incontri, mentre il tessuto di librerie indipendenti e non nell’area metropolitana è
molto ricco. Un modello diverso dal
Fuori Salone, molto più spontaneo. Ci
saranno meno aperitivi, più contenuti».
Il progetto fa una stima, per l’edizione 2017, di 110 mila visitatori e di
400/500 espositori.
«Contiamo di partire con numeri più
o meno simili a quelli del Salone di Torino. Però teniamo presente che in Lombardia la gente è cresciuta andando in
fiera, è un’abitudine diffusa. Inizialmente si è un po’ discusso sulla sede, se RhoPero o Portello. Poi è prevalsa la prima
perché con Portello è più difficile fare
un lavoro di cucitura con la città. RhoPero è più facile da raggiungere per chi
viene da fuori, c’è anche la fermata del
treno da Torino».
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Paola S. Salvatori ricostruisce il modo in cui guardava alla storia il futuro Duce (Viella)
Pisacane, Oriani, Garibaldi: i modelli del giovane Mussolini
Il saggio
di Dino Messina
È
 Il libro di
Paola S.
Salvatori
Mussolini e la
storia. Dal
socialismo al
fascismo
(1900-1922)
è pubblicato
dall’editrice
Viella (pagine
221, e 27)
stato scritto, a ragione, in
seguito a un dibattito suscitato da un’intervista a
Fulvio Cammarano su «la Lettura», che se gli storici contemporanei italiani vogliono
riacquistare centralità nel dibattito scientifico e culturale,
devono affrancarsi dagli studi
sul fascismo. Giusto. A meno
che non ci si trovi di fronte, come nel caso del saggio di Paola
S. Salvatori, Mussolini e la storia. Dal socialismo al fascismo
(Viella) a un’opera di assoluta
profondità e di piacevolissima
lettura.
Scandagliando tutte le fonti
sull’argomento, Paola Salvato-
ri, allieva di Andrea Giardina e
Luciano Canfora, ci offre uno
spaccato culturale dei primi
due decenni del Novecento attraverso le incursioni nella
storiografia di un giovane di
formazione repubblicano-socialista, Benito Mussolini, il
quale già da diciassettenne
aspirante maestro elementare
aveva ben chiaro come la storia fosse una creta da manipolare per influenzare e formare
le giovani generazioni.
In un tema assegnato alla
seconda classe della Regia
scuola normale di Forlimpopoli il 14 aprile 1900, il giovane
Mussolini definiva la storia
«un talismano educativo» e
invitava a sfruttare le celebrazioni per far interessare i gio-
vani al passato. Non importa,
suggeriva, se l’insegnante pecca di qualche imprecisione,
quel che conta è catturare l’attenzione degli allievi, anche
con linguaggio vivace ed espedienti teatrali. In questo tema
scolastico pare davvero preconizzato il futuro, quando il dittatore avrebbe piegato alla retorica fascista la storia di Roma, della Rivoluzione francese
o del Risorgimento.
A questi tre campi di interesse sono dedicati i capitoli
centrali del saggio di Paola
Salvatori, che conclude il suo
libro con un’analisi della «storia come presente» dedicata al
periodo dalla Grande guerra
alla marcia su Roma.
Le linee di continuità nel di-
scorso pubblico e storico di
Mussolini sono altrettanto importanti delle cesure. Prendiamo il caso di Roma antica.
«Una città vampiro» la definiva Mussolini nel 1910: un giudizio valido per il presente ma
anche per la città imperiale. I
giudizi sulla Capitale e sulla
romanità imperiale cambiarono soltanto nel 1914, quando
Mussolini abbandonò il socialismo e divenne interventista
fondando anche «Il Popolo
d’Italia», dove in un articolo
spartiacque del 13 dicembre
1914, da città «vampiro», Roma diventa «Unica e immortale». Emerge qui la differenza
di interpretazione rispetto a
Renzo De Felice, che collocò la
definitiva svolta nazionalista
Socialista
Benito
Mussolini
(1883-1945)
in una foto
giovanile.
All’epoca era
socialista
di Mussolini soltanto nel 1917,
con Caporetto.
Interessante è anche l’approccio alla Rivoluzione francese, letta prima in chiave socialista, con Napoleone nel
ruolo del cattivo, e poi man
mano come grande episodio
storico che spiegava il ruolo
della violenza nella storia.
Anche per il Risorgimento
si assiste a un simile cambiamento di prospettiva: il giovane Mussolini esalta la figura di
Carlo Pisacane, anteponendola a quella di Giuseppe Garibaldi, e lancia strali contro i
Savoia. Poi cambia idea, ma
tiene sempre come bussola
della sua lettura risorgimentale i testi di Alfredo Oriani.
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