Video 1.2 “Storia di un immigrato - Parte II” I 107

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Video 1.2 “Storia di un immigrato - Parte II” I 107
Video 1.2
“Storia di un immigrato - Parte II”
I 107 milioni di lavoratori immigrati che ci sono nel mondo giocheranno un ruolo sempre più
importante nell’economia globale poiché essi influenzano l’economia e le possibilità di trovare
lavoro. Ma con la recessione si trovano a dover affrontare una vita sempre più insicura. A Varsavia,
la capitale polacca, la piccola Maya occupa quasi tutta la giornata del padre. Quando era all’estero
Zbyszek Lukasiak aveva un ottimo lavoro poiché lavorava nel campo dell’informatica, prima in
Germania e poi nel Regno Unito.
Zbyszek Lukasiak: “Pensavo di poter lavorare all’estero e farmi una vita lì.”
Ma la compagna voleva che allevassero i figli con l’aiuto della famiglia e che tornassero a Varsavia.
Durante la recessione il fenomeno dell’immigrazione non è diminuito anche se in alcuni paesi il
numero delle persone che vanno via di casa è rientrato in maniera considerevole. Ma la Polonia ha
visto un significativo ritorno delle 700,000 persone che sono partite per il Regno Unito. Circa
200,000 persone sono tornate a casa. L’economia è molto migliore di quella della maggior parte dei
paesi dell’est ma nel Regno Unito la disoccupazione è aumentata e in Polonia le possibilità di
trovare un lavoro sono ancora molto limitate.
Zbyszek Lukasiak: “Avevo l’abitudine di comprare il quotidiano polacco e in passato c’erano tanti
annunci di lavoro ma adesso noto che non c’è nulla di interessante. Io sono una persona
specializzata e sfortunatamente in Polonia la mia specializzazione non è molto diffusa”.
Quindi la sua compagna Dorota, quella meno qualificata della coppia, adesso è quella che più
facilmente trova lavoro in un paese che ha ancora un’impostazione molto tradizionale. La famiglia
Lukasiak ci aiuta a capire perché, nonostante il gran numero di persone che tornano a casa, la
popolazione polacca, nel Regno Unito, è ancora così significativa. L’immigrazione ha avuto un
andamento circolare. Gli immigrati polacchi continuano a fare un viaggio relativamente breve.
Dorota Lukasiak: “Se traferirsi a Londra dovesse essere necessario, lo faremo. Ma non vorrei
rimanerci per sempre.”
Se decideranno di mettere assieme una comunità di immigrati incontreranno molteplici difficoltà.
Swindon, nel sud-ovest della Gran Bretagna, ha iniziato ad avere una ripresa economica. Dopo una
fase di ascesa, un anno fa, la disoccupazione ha iniziato a diminuire per due mesi consecutivi ma
alcuni degli immigrati che costituiscono il 10% della popolazione di Swindon hanno percepito una
certa ostilità.
Angelo De Mello: “anche nell’industria musicale, al giorno d’oggi, quando voglio fare un concerto
posso rivolgermi a un barman e chiedergli se conosce dei musicisti e se posso fare un paio di
concerti. Per prima cosa ti guardano e ti dicono di no. Non facciamo concerti. Abbiamo già
prenotazioni per tutto l’anno. E se qualcun’altro, un mio amico, fa la stessa domanda, a lui fanno
prenotare e a me no.. “
La disoccupazione, a volte, nelle comunità di immigrati viene vista negativamente, specialmente tra
i nuovi immigrati europei che non hanno offerte di lavoro da parte di aziende e accettano lavori
spesso sottopagati.
Penso che la cosa più difficile sia che adesso siamo in fase di recessione e il fatto che i lavoratori
siano privi di qualifiche può creare dei problemi.
Io penso che la situazione sia molto complessa perché per me è stato molto difficile trovare lavoro e
non riesco a trovarne altri ma vedo che ci sono persone che arrivano e trovano lavori che magari
avrei voluto io.
Ma alcuni vedono il lato positivo.
Ci sono alcuni lavori che gli inglesi non farebbero mai, soprattutto per una paga così bassa, quindi
tocca agli immigrati farli, no?
Sarah Mulley (Istituto di Ricerca per la Politica Pubblica): “non è vero che nel paese c’è un
numero fisso di posti di lavoro e che se arrivano 10,000 immigrati ci saranno 10,000 posti di
lavoro in meno per gli inglesi perché quando gli immigrati arrivano essi diventano dei consumatori
che aumentano le richieste del mercato e danno impulso all’economia. Occupano posizioni di
lavoro per le quali, in realtà, i datori di lavoro non riuscivano a trovare personale. Forse in questo
modo consentono ai datori di lavoro di espandere il mercato. Detto questo, in alcune aree, in
alcuni settori, ci potrebbero essere delle difficoltà”.
Le ricerche fatte sugli effetti della recessione sugli immigrati del mondo fanno capire che la
maggior parte di essi hanno subito la reazione opposta.
Juan Somavia (Organizzazione Internazionale del Lavoro): “C’è una tendenza a reagire con “noi”
e “loro”. Adesso, come sappiamo, c’è una parte della popolazione che ha reazioni xenofobiche e
razziste. Lo abbiamo visto durante le elezioni europee. Ma non credo che sia la maggioranza delle
persone. Penso che la maggioranza sappia che gli immigrati hanno una certa funzione nella società
e, che siano molto o poco qualificati, bisogna saper convivere con loro. É la crisi che rende la
situazione più tesa”.
La recessione ha avuto un effetto considerevole sulla quantità di denaro che gli immigrati mandano
a casa dall’estero. Tale quantità è diminuita dell’ 8-10%.
Eddie Fernande (Editor-Goanvoice.org.uk): “Per i nuovi immigrati è importante perché spesso
loro lasciano mogli e figli. Hanno genitori anziani o parenti che vorrebbero supportare. E il denaro
che possono mandare a casa è molto importante”.
Il paese che, più degli altri, ha vissuto questo tipo di fenomeno è la Polonia. Il tasso di cambio ha
influenzato notevolmente i guadagni degli stranieri. Ma, in ogni caso, i soldi che gli immigrati
mandano a casa non migliorano l’economia del paese.
Prof. Joseph Stiglitz (Nobel per l’economia): “L’immigrazione è un’importante fonte di reddito.
D’altra parte, è molto difficile trasformare queste entrate di denaro in investimenti. Queste entrate,
infatti, supportano i consumi ma non aiutano l’economia interna del paese”.
I paesi d’origine devono affrontare anche delle perdite di tipo sociale. Un’organizzazione privata
chiamata “Stai con noi” ha offerto del denaro per indurre alcuni potenziali immigrati a non andare
via. I membri di questa organizzazione sono, infatti, preoccupati degli effetti a lungo temine di
questa situazione sulla società polacca.
Hanna Mamzer (Fondazione “Stai con noi”): “Le conseguenze di questi problemi li vedrete
probabilmente in futuro e non immediatamente; quindi ci saranno problemi con i bambini, che sono
in un certo senso abbandonati perché i genitori lavorano all’estero, o con gli anziani che non
riceveranno cure perché i figli e i nipoti sono andati all’estero”.
Gli immigrati stessi potrebbero rendersi conto del problema, una volta rientrati a casa, ma per il
momento si capisce che molti riescono a tornare a casa. A volte i paesi d’origine sono troppo
distanti o gli investimenti che stanno facendo nella nuova vita troppo grandi per essere abbandonati.
Padre Francis Rosario (Cappellano Goano): “hanno fatto molto per venire qui. E per loro sarà
difficile tornare e iniziare da capo. Si aiutano gli uni con gli altri e sperano che le cose possano
migliorare.”
Alastair De Mello è della seconda generazione Goana di Swindon ed è figlio di Angelo. Non riesce
a costruire la sua carriera ideale ma nel frattempo sta riparando la macchina ideale: una calibra.
Alastair De Mello: “è la macchina più veloce che sia mai stata costruita fino al 1999 e non mi ci
separerei mai. A costo di dormirci dentro.”
Sogna di lavorare nel campo delle animazioni per computer ma non in India. Goa è solo una meta
finale.
Alastair De Mello: “Sono sicuro che se fossi nato lì e fossi stato abituato a quel tipo di cultura
avrei preferito così, ma siccome io vengo da qui e sono nato qui ho imparato molto più di quanto
pensavo di poter imparare”.
Stando con la propria famiglia e integrandosi nel nuovo paese, la nuova generazione non ha nulla da
guadagnare se non ritornando nel paese d’origine.
Angelo De Mello: “Vivo qui da più di un quarto di secolo e ho vissuto quasi tutta la mia vita qui”.
Gli immigrati polacchi più anziani hanno messo radici nel Regno Unito. La terra d’origine gli
manca ma la nuova Polonia è un’estranea per loro e tornare per sempre non è un’opzione possibile.
Rose Murawicka: “É bella e mi manca. Non penso che ora riuscirei ad andarci.”
Ma alla comunità fa piacere che la nuova generazione mantenga alcuni aspetti della propria eredità
culturale che bilancino le caratteristiche della società polacca con quella inglese.
Maria Rejek: “Siamo fortunate. Se vogliamo mangiare polacco mangiamo cibo polacco, se
vogliamo cibo inglese mangiamo cose inglesi. Se vogliamo amici inglesi li abbiamo ma è un misto
di tutto, per cui siamo fortunate.”
Qualunque sia l’opinione degli immigrati, l’Europa occidentale ha bisogno di giovani lavoratori. Le
nuove arrivate Anna and Mariusz Glod, per adesso, rimarranno a Swindon e si godranno la vita
assieme e la libertà di vivere all’estero.
Anna Glod: “Siccome adesso aspettiamo un bambino, dobbiamo decidere dove far crescere nostro
figlio e quindi dobbiamo decidere se rimanere qui o tornare in Polonia. Dobbiamo pensarci.”
Sarah Mulley (Istituto di Ricerca Pubblica): “Da molto tempo in Gran Bretagna gli immigrati
compensano eventuali competenze professionali, portano nuove idee, spirito imprenditoriale e
innovazione e fanno lavori che probabilmente gli inglesi non vorrebbero fare e penso che ciò è vero
adesso ed era vero durante la recessione.”
Ibrahim Awad (Organizzazione Internazionale del Lavoro): “Producono. Non solo producono ma,
con la loro richiesta, aumentano la produzione e le entrate e quindi contribuiscono alla crescita e
alla creazione di occupazione.”
La domanda da fare agli immigrati è: per quanto tempo durerà la recessione?
Juan Somavia (Organizzazione Internazionale del Lavoro): “I processi di recupero sono differenti.
La crisi è molto maggiore nei paesi sviluppati che in Cina, India, Brazile o altro. Ciò fa sì che le
persone non intravedano la possibilità di una vita migliore”.
L’immigrazione è sempre più significativa nell’economia globalizzata. Entro il 2010 gli immigrati
presenti nel mondo saranno 214 milioni o il 3%. Vanno via quando l’economia esplode e c’è
bisogno di loro. Quando la situazione si complica, la maggioranza degli immigrati o potenziali
immigrati aspettano una ripresa. Quando la recessione termina, gli immigrati si mettono di nuovo in
moto.
Traduzione audio del video “Storia di un immigrato - Parte II”