Leggi i primi capitoli
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Leggi i primi capitoli
IL ROMANZO Erika si risveglia dal coma dopo un incidente, ma non ricorda più gli ultimi cinque anni della sua vita compresi il matrimonio con un uomo che ora le appare estraneo e la morte del padre. Dopo un anno di vita trascorso a cercare di rimettere insieme pezzi di un puzzle che non conosce e che le sembra essere avvolto da un mistero, Erika decide di ricominciare dal passato. Ritorna nel borgo toscano che ha ancora il sapore della sua infanzia dove riabbraccia i suoi vecchi amici: Luisa, l’amica di sempre, e soprattutto Cristiano, il suo mitico compagno d’avventure, al quale scopre di sentirsi legata da un sentimento sincero e profondo. Nel frattempo immagini confuse si accavallano nella sua mente ogni notte, sempre più nitide. L’inquietudine diventa ossessione finché Erika comincia a portare alla luce un terribile segreto, custodito nel periodo buio della sua memoria. L’AUTRICE Ilaria Carioti è nata a Nettuno, in provincia di Roma. Sposata, ha lavorato per anni come ragioniera, senza mai dimenticare le sue passioni da creativa: il disegno, la pittura e la scrittura. Negli ultimi anni, quest’ultima ha prevalso. Prima di Il cuore non dimentica mai, ha auto-pubblicato altri due romanzi. Il cuore non dimentica mai di Ilaria Carioti © 2014 Libromania S.r.l. Via Giovanni da Verrazzano 15, 28100 Novara (NO) www.libromania.net ISBN 978-88-98562-62-6 Prima edizione eBook ottobre 2014 Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo volume può essere riprodotta, memorizzata o trasmessa in alcuna forma o con alcun mezzo elettronico, meccanico, in disco o in altro modo, compresi cinema, radio, televisione, senza autorizzazione scritta dell’Editore. 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La voce di Clara, sua madre, sembrava provenire da molto lontano. Per un attimo chiuse le palpebre, poi le aprì nuovamente. Clara, con il volto rigato dalle lacrime, continuava a ripetere il suo nome. La vide premere un pulsante, accanto al letto. Poco dopo arrivò uno donna vestita di bianco che la guardò con aria stupita. Le si avvicinò, la osservò attentamente, poi disse alla donna, con una voce che sembrava provenire dall’interno di un tubo d’acciaio: “Vado a chiamare un medico!” e se ne andò di corsa. Pian piano, Erika riuscì a prendere coscienza dell’ambiente che la circondava. Era evidentemente una camera di ospedale e lei doveva aver dormito parecchio. Sua madre continuava a carezzarle la mano e a guardarla con gli occhi pieni di gioia e lacrime. “Piccola mia, bambina mia, temevo che non sarebbe mai arrivato questo momento!” Lei la guardò e le strinse la mano, poi le chiese: “E papà?” La donna sgranò gli occhi. Il medico, appena arrivato, cominciò a trafficare con i macchinari attaccati alla ragazza, poi prese a occuparsi di lei. Le analizzò gli occhi, le prese il polso. Clara, con voce finissima, gli disse: “Ha chiesto di suo padre!” L’uomo si voltò un istante verso la donna con espressione turbata, poi le chiese di lasciarlo solo con la paziente. Dopo diversi minuti, finalmente, il dottore uscì dalla stanza e si recò verso Clara, che era nel corridoio, in trepidante attesa. “Si ricorda bene di lei, di suo padre e della sua vita fino a, credo, qualche anno fa, ma nulla riguardo alla morte di lui, né sa di essere sposata. Sembra aver perso la memoria recente.” La donna si mise le mani nei capelli. Anche se poteva già ritenersi soddisfatta di averla vista riaprire gli occhi contro ogni speranza, questa notizia la turbò profondamente. “Crede che sia una situazione transitoria?” L’uomo alzò le spalle. “E chi può dirlo? Soltanto il tempo potrà darci delle risposte... ora l’importante è non forzarla troppo, lasciamola riprendersi in tutta tranquillità.” La donna aveva la mente confusa, piena di domande alle quali sperava di trovar risposte dal dottor Franchi, che aveva preso a cuore la situazione di sua figlia, dal primo momento. “Dottore, lei sa dirmi fino a quale periodo di vita giungono i suoi ricordi?” “Io ho provato a farle delle domande. Le ho chiesto quale fosse il suo ricordo più recente e mi ha parlato del vostro ristorante; di lei, di suo marito e di sua sorella Karina. Mi ha raccontato di ricordare quest’ultima, con gli occhi colmi di felicità, annunciarvi l’imminente arrivo del suo secondogenito...” La donna non riuscì a nascondere un certo stupore. “Ma l’episodio a cui si riferisce mia figlia è avvenuto circa cinque anni fa, ora Mattia ha poco più di quattro anni!” “Non ne ho la certezza, ho potuto parlarle per poco tempo, però credo che lei ricordi la sua vita fino a quell’epoca.” La donna sembrava spaesata. Muoveva gli occhi da una parte all’altra, cercando di razionalizzare la situazione che stava vivendo. “Santo cielo! Sono successe così tante cose dopo quel periodo!” Rivolse quindi il suo sguardo verso il medico e gli chiese, quasi intimorita: “Allora ancora non conosceva nemmeno l’uomo che poi sarebbe divenuto suo marito! Dunque, secondo lei, non ricorderà nemmeno il suo volto?” L’uomo alzò le spalle di nuovo. “Le ripeto che in questo momento è difficile darle risposte certe. È probabile che non lo riconosca, signora... però potremo saperlo con certezza soltanto quando lo avrà di fronte. Le consiglio di avvisarlo al più presto e, nel frattempo, di lasciare sua figlia un po’ sola, affinché si riprenda adeguatamente, prima di metterla davanti a situazioni difficili.” La donna portò sconfortata la mano alla fronte. Sapeva che sarebbe toccato a lei metterla al corrente della morte del padre e farle rivivere una seconda volta quel terribile dramma. Poi però cercò di farsi coraggio e pensò tra sé: “Non ci aspetterà un periodo facile, però affronterò tutto con grinta! Mia figlia, contro ogni pronostico, si è risvegliata! E questa è davvero l’unica cosa che conta!” Capitolo II Clara, appena rimasta sola, aveva chiamato immediatamente Giuseppe, il marito di Erika. Gli aveva dato l’incredibile notizia del risveglio di sua moglie, provocando in lui una reazione giustamente euforica. “Non ci posso credere, Clara! I medici non si erano sbilanciati e non sembravano per nulla ottimisti! Temevo di averla persa per sempre! Però sapevo quanto fosse forte, ed ero davvero fiducioso di vederla tornare tra noi!” Giuseppe, quindi, fece una breve pausa, poi chiese a Clara: “E come sta? È lucida?” La donna esitò qualche istante, poi replicò: “Fisicamente sembra stare abbastanza bene... però, pare abbia qualche problema con la memoria...” Pertanto, non sapendo come spiegargli la situazione per telefono, proseguì: “Forse è meglio che ne parliamo di persona, appena arriverai in clinica!” “Clara, sono fuori Roma, però mi libererò immediatamente e presto sarò lì da te!” Una volta terminata la telefonata, la donna andò alla finestra del corridoio a riflettere. Aveva bisogno di pensare un po’ da sola per radunare le idee. Anche se era ancora prematuro avanzare ipotesi sul futuro di sua figlia, provò a ipotizzare cosa sarebbe accaduto nel caso non avesse riconosciuto Giuseppe. Cosa sarebbe stato giusto raccontarle sul suo matrimonio e sulla morte del padre? Rimase parecchi minuti assorta nei suoi pensieri. Voleva essere pronta a ogni eventualità per poter decidere sul comportamento più consono da assumere. In fondo lei voleva soltanto il meglio per Erika, e ora, nel poco tempo a disposizione, doveva prendere una decisione importante. Giuseppe arrivò dopo qualche ora. Clara lo vide giungere trafelato. A passo svelto l’uomo raggiunse la donna e le chiese immediatamente di sua moglie. “Allora, Clara! Come sta Erika? Non ho fatto altro che pensare alle poche parole che mi hai detto per telefono! Parlavi di perdita della memoria... ma è una situazione transitoria dovuta al coma? Cosa ha detto il dottor Franchi? Voglio sapere immediatamente tutto!” Clara provò a saziare la sete di notizie del genero. “Purtroppo il dottor Franchi non mi ha saputo dare notizie precise! Dice che per ora non si possono avere certezze! Comunque, allo stato attuale, Erika ha soltanto ricordi che risalgono fino a circa cinque anni fa... non ricorda nemmeno della morte di suo padre e non immagini quanto sia preoccupata di doverle far rivivere quella tragica perdita un’altra volta!” L’uomo ascoltò le parole della suocera con attenzione, e rimase in silenzio qualche secondo per comprenderne il significato. Il suo sguardo era impietrito, i nervi del suo volto in forte tensione. Cominciò a sfregarsi il mento con fare nervoso, la fronte e le sopracciglia erano aggrottate. A un certo punto, appena razionalizzato, l’uomo portò rapidamente il suo sguardo deciso su Clara. La donna rabbrividì. Suo genero era un uomo molto arguto e quella espressione aveva per lei un significato ben chiaro. “Dunque, Clara, da quello che mi stai dicendo, con ogni probabilità, non si ricorderà nemmeno di me!” L’uomo continuò a osservare attentamente la suocera, poi aggiunse: “Cinque anni fa noi non ci conoscevamo!” Clara lo fissò dritto negli occhi soltanto un istante, poi, evidentemente in forte imbarazzo, spostò lo sguardo verso il basso. “Da come stanno le cose... sembrerebbe proprio così!” Poi aggiunse: “Però soltanto i fatti potranno dimostrarlo! Soltanto quando l’avrai di fronte potrai capire se veramente ti riconosce oppure no!” Giuseppe andò verso la finestra, dove rimase per qualche istante a guardare fuori con aria assorta. Poi, si voltò di nuovo verso sua suocera e, con fare deciso, affermò: “Bene! È arrivato il momento di scoprire la verità. Dai, andiamo da lei.” Clara entrò per prima nella camera di sua figlia. Le si avvicinò lentamente, per paura di disturbarla. Erika aveva gli occhi chiusi, però, appena sentì il rumore dei passi, li aprì e rivolse il suo sguardo, ancora smarrito, verso la madre. Clara le prese le mani tra le sue e le parlò con dolcezza. “Erika, bambina mia, come ti senti?” La ragazza si passò la mano sulla fronte. “Sono ancora frastornata! Ho mal di testa e tanta stanchezza...” Sua madre cercò di darle conforto. “Vedrai che il tuo stato migliorerà rapidamente e presto potrai uscire da qui e tornare alla tua vita!” Erika guardò verso il vuoto, poi rispose a sua madre. “La mia vita... non mi è ben chiaro quale sia! Ho ricordi vaghi... e sembrano tanto lontani!” A tal punto Giuseppe comparve dietro le spalle di Clara. Erika lo guardò stralunata. “E lui chi è?” Giuseppe prese una sedia e andò a sedersi vicino a sua moglie; dunque fissò Clara, invitandola, con lo sguardo, a rendere spiegazioni alla figlia. Clara sospirò e si fece coraggio ad affrontare quella difficile situazione. “Erika, piccola mia, immagino che ti senta confusa in questo momento ed è normale. Il dottor Franchi ha detto di averti parlato e mi ha spiegato che, con ogni probabilità, devi aver perso la memoria recente. I tuoi ricordi sembrano risalire a parecchi anni fa! Magari le cose presto cambieranno... e tutto tornerà come una volta. Non dobbiamo aver fretta, il tuo risveglio è già un miracolo!” Erika si strofinò il viso, disturbata dalle parole di sua madre. Poi provò a ragionare, anche se in quel momento non era per nulla facile mettere insieme delle idee. “Mamma, tutto questo discorso cosa vuol dire?” Quindi rivolse il suo sguardo verso Giuseppe. “Io ti ho chiesto chi è quest’uomo...” poi proseguì, avendo acquisito la giusta consapevolezza. “Vuoi dire che lo conosco, vero? Che dovrei ricordare il suo volto?” La donna, in evidente difficoltà, aprì la bocca nel tentativo di dare le dovute spiegazioni a sua figlia. Giuseppe però le toccò una spalla e la fulminò con lo sguardo. Clara chiuse la bocca, comprendendo che suo genero avesse intenzione di rivelare alla moglie la propria identità. L’uomo prese la mano di Erika e, con dolcezza, iniziò a parlarle. “Erika, amore mio, sono tuo marito...” L’uomo rimase un istante in silenzio, per dare il tempo a Erika di metabolizzare, prima di proseguire. “Capisco perfettamente come ti senti, amore mio! Non devi sforzarti di ricordare... le cose verranno da sé, vedrai! Io ti sarò sempre vicino.” Poi spostò una frazione di secondo il suo sguardo verso Clara, e proseguì: “Ti giuro che presto torneremo ad essere felici!” Clara e Giuseppe, su invito di un’infermiera, avevano lasciato la stanza di Erika. Erano in corridoio. Giuseppe guardava fuori e Clara era seduta su una panchina, con lo sguardo rivolto verso il basso. Giuseppe, a un tratto, si rivolse alla donna. “Devo parlare immediatamente con il Dottor Franchi!” Clara lo guardò preoccupata perché conosceva il carattere di Giuseppe e sapeva che quando si metteva in testa una cosa era difficile fargli cambiare idea. “Ma hanno detto che ora è impegnato...”. L’uomo non la fece terminare. “Sai quanto me ne importa dei suo impegni! Sto pagando fior di quattrini per far stare qui Erika e per far sì che venga trattata con il dovuto riguardo e ora non starò ad aspettare che quel medico da quattro soldi si faccia i suoi comodi, prima di darmi l’onore di ricevermi!” Dunque si allontanò rapidamente lungo il corridoio e, appena vide un’infermiera, la bloccò. “Ascolti, dica immediatamente al Dottor Franchi che Giuseppe Marico ha urgenza di parlargli!” l’uomo guardò intensamente la donna, provocandole imbarazzo. “Mi raccomando! Gli dica il mio nome e che ho molta fretta!” Poi la lasciò andare. Dopo qualche minuto comparve il medico. “Mi dica, signor Marico!” L’uomo si alzò di scatto dalla panchina dove si era appena seduto e, guardando il dottore negli occhi, gli chiese: “Io voglio notizie certe sulla situazione di mia moglie! Voglio sapere che possibilità ci sono che le torni la memoria...” Il medico lo guardò preoccupato, percependo che l’uomo che aveva di fronte, non era rassegnato ad accettare spiegazioni vacue. “Signor Marico, come ho già detto a sua suocera, è difficile dare informazioni certe in questo momento.” Poi però proseguì. “Anche se devo ammettere che, dai referti che ho esaminato, non ho molte speranze che la situazione cambi. Tutto, poi, dipenderà da sua moglie; in questi casi, ripeto, è inopportuno sbilanciarsi.” Il medico, dunque, poggiò una mano sulla spalla di Giuseppe. “Per ora non posso dirle di più, però sa bene che sarò sempre a sua completa disposizione per ogni chiarimento e se vorrà, in futuro, mi occuperò di sua moglie personalmente, per seguirla nel modo più adeguato!” Giuseppe annuì. “Grazie, dottore! Sicuramente terrò conto della sua disponibilità!” Quando il medico se ne fu andato, Giuseppe tornò di nuovo a guardare fuori dalla finestra, nel tentativo di riordinare le idee, in base alle ultime informazioni ricevute. Finalmente, dopo qualche minuto, si voltò verso Clara, che stava aspettando, impaziente di sentire cosa suo genero avesse intenzione di fare. “Clara, credo sia inutile dirti che, vista la situazione, non è il caso di dare preoccupazioni a tua figlia! Ora lei ha bisogno soltanto di serenità!” Poi si avvicinò alla donna e le pose le mani sulle sue braccia. “Clara, tu sai quanto io ami tua figlia! Ne sei sempre stata consapevole e so di poter contare su di te, come in passato! Ti giuro che la renderò felice! Sai bene che le aspetta una vita piena di agi e di lusso... ma credo sia inutile starti a ricordare certe cose, so che hai sempre tifato per me e che hai dato soltanto consigli sensati a Erika! Dunque, questo preambolo, solo per essere sicuro che saprai come comportarti... anche sulla morte di suo padre!” “Giuseppe, non c’è bisogno che mi dica certe cose! Sono sua madre e so benissimo cosa è meglio per lei! So bene che ora è del tutto inutile darle dispiaceri!” Poi però un’espressione perplessa apparve sul volto della donna. “Devo però ammettere che sono preoccupata per cosa potrebbe accadere se un giorno le tornasse la memoria! So che mi odierebbe a morte per non averle raccontato tutta la verità!” Giuseppe cercò di dissipare ogni perplessità nella mente di Clara. “Dirle adesso ogni cosa la farebbe stare solo molto male, del tutto inutilmente! Tu hai dimostrato sempre di volere solo il bene di Erika, proprio come me! Dunque non hai scelta, Clara! Se vuoi che lei finalmente sia felice, devi fidarti di me! Forse la perdita della sua memoria è stato il volere del destino! Noi due, insieme, costruiremo la nostra nuova vita, dove sarà dato spazio soltanto a gioia e amore, te lo prometto Clara!” La donna annuì. “Che il signore benedica le tue parole.” Capitolo III Erika era seduta sul comodo divano in vimini di una meravigliosa terrazza in un attico romano. Era a casa di amici di Giuseppe. Intorno a lei gente chic che rideva e schiamazzava. Le loro voci, le loro risa rimbombavano frastornanti nella sua testa. Guardava quelle persone divertirsi al ritmo di sciocche battute. Complimentarsi tra loro per gioielli ostentati con orgoglio. Bocche gonfie e carnose, seni prorompenti esibiti con superbia. Effimerità, frivolezza, voglia di apparire a tutti i costi. Erika guardava quelle persone, quel mondo, come uno spettatore esterno. Non si sentiva parte di loro e non capiva cosa ci facesse in quel posto. Finora, dopo il suo risveglio avvenuto circa un anno prima, aveva sempre rifiutato di partecipare ai festini degli amici di Giuseppe e lui, per molto tempo, aveva dovuto accettare la sua scelta. All’inizio gli aveva confidato di non sentirsi a suo agio in mezzo alla gente. La testa ancora le doleva e i rumori le procuravano fastidio. Poi, purtroppo, un altro evento terribile si era abbattuto su di lei. Clara, già cardiopatica, i mesi successivi al risveglio della figlia aveva cominciato ad aggravarsi e una mattina era stata ritrovata morta nel suo letto da una signora che andava ad aiutarla nelle faccende domestiche. Per Erika fu un altro duro colpo. La donna era uno dei pochi legami con il passato. Era la sua unica certezza, non aveva altre persone veramente vicine su cui poter contare. Sua sorella Karina, di circa dieci anni più grande, si era sposata quindici anni prima e si era trasferita con il marito a Milano. Si vedevano raramente e parlavano ancor meno. La differenza d’età si faceva sentire parecchio. La sua vita sociale, dunque, fino a qualche giorno prima, era stata pressoché nulla. Aveva sempre evitato accuratamente ogni contatto con l’esterno. Preferiva sprofondare nel suo dolore in completa solitudine. Ultimamente però Giuseppe si era fatto più insistente. Erano trascorsi ormai diversi mesi dal decesso di Clara e l’uomo voleva che sua moglie tornasse a vivere. Lei, vista la perseveranza del marito, si era sentita costretta ad assecondarlo. Però le cose non erano migliorate affatto dentro di sé, anzi, il disagio, cominciando a frequentare quelli che dovevano essere i suoi amici, era aumentato. Si sentiva tra loro come un pesce fuor d’acqua. Giuseppe le aveva presentato molte persone, che si erano mostrate gentili e ben disposte nei suoi confronti. Alcune di loro, a detta di suo marito, erano vecchie conoscenze. Gente che già frequentava prima dell’incidente, ma per lei erano tutti perfetti sconosciuti. Con nessuno di loro sentiva di poter condividere qualcosa di profondo, a nessuno di loro le veniva spontaneo fare domande su quel passato buio che la tormentava. C’era Lidia, una cara amica di Giuseppe, che le aveva confidato di avere avuto con lei un ottimo rapporto nel periodo che non ricordava. Sembrava carina con lei, cortese e attenta ma in realtà sentiva che fosse come tutti gli altri, superficiale e ipocrita. Se ne accorgeva da come si comportava con le loro amiche comuni. Quando le erano di fronte era premurosa e gentile ma, appena voltavano le spalle, ne aveva una per tutte. Questo atteggiamento era un po’ comune a tutta quella gente. Erika li guardava con disdegno mentre si facevano un mucchio di finti complimenti, dicendo cose che non pensavano e parlando tra loro del nulla assoluto. Quella sera era più triste e stanca del solito. Si sentiva terribilmente sola. Sola nella confusione di parole inutili, dette tanto per dire, da persone lontane da lei anni luce. A un certo punto, incapace di continuare a sostenere quei dialoghi insensati, si allontanò verso la balconata, che dava su di una piazza storica di Roma. Guardò verso il basso e una lacrima le rigò il viso. Possibile che lei facesse parte di quel mondo? Possibile che in passato avesse reputato interessanti quei discorsi? No, non poteva essere così! Però non c’era persona a cui poter confidare le sue perplessità e a cui fare domande. Con suo marito non riusciva ad aprirsi assolutamente. Lui non le faceva mancare nulla e cercava di esaudire ogni suo desiderio, lei però non riusciva comunque a lasciarsi andare. C’era qualcosa che la frenava e che le impediva di parlare liberamente con lui, delle sue paure e dei suoi dubbi. L’incapacità di provare un sentimento forte per Giuseppe le tormentava l’anima dal suo risveglio. Era dell’idea che, se era arrivata a sposarlo, doveva averlo amato, però, pur provando con tutte le sue forze, non era ancora riuscita a far riaffiorare quel sentimento. Continuava a farsi mille domande a proposito. Perché non riusciva ad amarlo? Perché non sentiva il trasporto che avrebbe dovuto verso di lui? Perché continuava a provare disagio in sua presenza? Non riusciva a darsi pace. Pensava che determinate emozioni dovessero venirle dal cuore e non dalla memoria. Anche se non ricordava la vita trascorsa accanto al suo uomo, perché non riusciva a innamorarsene un’altra volta? L’unica persona alla quale si era sentita di far domande era sua madre, ma anche da lei non aveva mai ricevuto risposte esaustive e ogni volta che era tornata su quel discorso, aveva costatato la sofferenza negli occhi della donna. Quando seppe della sua morte, dopo l’iniziale dolore per la perdita dell’affetto a lei più caro, aveva cominciato a star male anche perché si dava la colpa dell’aggravamento della donna. Era arrivata alla conclusione che soffrisse troppo nel vederla continuamente in uno stato di agitazione; che i suoi sfoghi, le sue domande relative al passato, la sua spasmodica sete di sapere, provocassero forti dispiaceri alla sua povera mamma, già in sofferenza cardiaca. Si tormentava chiedendosi come avesse potuto essere tanto egoista! Sua madre aveva bisogno di vederla tranquilla e serena e, invece, lei non aveva fatto altro che dimostrarle la sua insofferenza. In fondo, Clara, come poteva aiutarla veramente? Poteva raccontarle qualche episodio della sua vita, e si rendeva conto che la donna avesse provato a farlo, ma non poteva farle rinascere sentimenti apparentemente scomparsi. Non poteva darle risposte sul suo legame con Giuseppe, perché, probabilmente, non ne sapeva granché! La sua vita di coppia, come giusto che fosse, era stata vissuta soltanto da lei e dal suo amato e nessuno al mondo avrebbe potuto darle le risposte che cercava. Mille volte si era rimproverata per quello che aveva preteso da sua madre, da come l’avesse torchiata con la sua sete di sapere. Ora, però, dopo essersi flagellata mentalmente per mesi, prima alla ricerca spasmodica della memoria persa, poi per i sensi di colpa per aver preteso di raggiungere il suo obiettivo tartassando sua madre, finalmente si era rassegnata. Aveva realizzato che, se non voleva impazzire, doveva darsi tempo. Pian piano forse avrebbe ritrovato la sua serenità e magari la memoria. Aveva dunque accettato di non provare quello che avrebbe dovuto nei confronti di Giuseppe, nella speranza che un giorno le cose potessero cambiare; in fondo sentiva di non poter fare altro. Mentre era inabissata nei suoi tormenti, una voce, proveniente da molto vicino, la fece tornare alla realtà. “Erika, tutto ok?” La donna si asciugò furtivamente il viso e si voltò verso Lidia. “Sì, grazie!” Lidia le poggiò una mano sulla spalla. “Sai che se hai bisogno di aiuto, puoi rivolgerti a me! Io capisco perfettamente la tua condizione. Quest’ultimo anno deve essere stato molto duro per te! Ma vedrai, presto comincerai a star meglio! Già l’aver accettato di rientrare in società è stato un grosso passo avanti! Sono convinta che ti farà bene tornare a rapportarti agli altri, svagarti con gli amici!” Erika accennò un sorriso accondiscendente anche se non era per nulla d’accordo con Lidia. Stare in quell’ambiente frivolo, in mezzo a quel fastidioso vociare, non le giovava affatto, ma ovviamente queste erano considerazioni da tenere per sé. Lidia diede un sorso al suo drink, poggiò il calice sul davanzale e si diede una spinta per sollevarsi da terra e sedersi sulla balaustra, incrociando in modo sensuale le gambe per non far intravedere la biancheria intima, sotto la minigonna vertiginosa. La donna prese a far dondolare le gambe tornite, impegnando la sua attenzione nell’osservare la volta celeste. Lo sguardo di Erika si pose sulle scarpe rosso fiammante dell’amica, intonate al colore del suo rossetto. La trovava una donna molto intelligente ed elegante. Parlava con un tono di voce deciso e suadente, e anche i contenuti erano più interessanti di quelli di molte altre presenti. Però, anche se con lei si poteva discorrere di argomenti meno banali di quelli maggiormente in voga in quelle serate, Erika non riusciva a fidarsi comunque. Il suo sguardo non la convinceva, il suo modo accattivante di parlare le pareva subdolo e artificioso. Anche se le riservava mille attenzioni, aveva la sensazione che avesse un secondo fine e aveva anche il sospetto di sapere quale fosse. Accattivarsi le attenzioni di Giuseppe. In fondo un po’ tutti gli giravano attorno e ognuno di loro lo faceva, da quello che lei stessa aveva potuto appurare, per un tornaconto personale. Giuseppe era incredibilmente ricco e probabilmente anche generoso con quella gente che lo faceva sentire come un re. Erika era acuta e perspicace e aveva visto strani movimenti nei bagni e nei salotti. E aveva anche notato dei comportamenti singolari in quelle donnine tanto allegre e disinibite. Era evidente che tra loro girasse roba euforizzante! Ma in fondo, non c’era poi da stupirsene. Si sapeva quali fossero i gusti dell’alta società. L’unica cosa che non capiva è perché lei si trovasse in mezzo a quella gente! La rincuorava soltanto che suo marito dimostrasse particolare cura nel tenerla fuori da quegli strani giri. Indubbiamente doveva conoscere i suoi principi già in passato, per avere tanto riserbo anche adesso. Meglio così! Sarebbe stata dura scoprire che quei gusti un tempo erano stati anche i suoi! “Ormai vedere le stelle a Roma è pura utopia!” Erika sobbalzò. Ancora una volta Lidia l’aveva riportata nel mondo reale. Dunque le rispose osservando a sua volta il cielo oscuro. “Ci sono troppe luci in città per poter contemplare il firmamento!” Quelle parole fecero tornare nella mente della ragazza dei vecchi ricordi, ormai molto lontani. Da bambina frequentava con la sua famiglia un paesino immerso nelle vallate toscane. Un vero angolo di paradiso e ricordava che in quel posto incontaminato restava per ore a osservare il cielo notturno, estasiata dalla luminosità della moltitudine di stelle. Aveva la sensazione di poterle quasi toccare con le mani, per quanto fossero vicine. Presto Lidia tornò a distrarla. “Allora, tesoro, Giuseppe mi ha raccontato che hai dei progetti per il futuro...” Erika provò per l’ennesima volta fastidio nel costatare quanto fosse intimo il suo legame con l’uomo. Sapere che le sue cose fossero di dominio di quella gatta morta la turbava enormemente. “Sì, è così! Ho bisogno di tenermi impegnata e ho pensato di acquistare un casale da ristrutturare... ma immagino Giuseppe ti abbia raccontato...” “Sì, mi ha detto che vorresti creare una struttura ricettiva, fuori Roma! Dunque sei stufa di vivere in città?” “Già! E poi lui presto partirà per Milano e non ha senso che io resti nella capitale.” Effettivamente Giuseppe le aveva rivelato che presto avrebbe dovuto allontanarsi per un po’ da Roma. Finora, dal suo risveglio, aveva posticipato tutti gli impegni lavorativi fuori dalla loro regione. Però ora non poteva più rimandare. Doveva andare assolutamente a seguire dei cantieri a Milano che necessitavano della sua presenza. Questa nuova circostanza aveva dato il coraggio a Erika di fare quella richiesta audace a suo marito. Lei era giovane, aveva poco più di trent’anni e il bisogno di fare qualcosa che l’appagasse, qualcosa che le facesse tornare la voglia di vivere. Aveva riflettuto molto su come impegnare la sua vita, e ultimamente aveva maturato l’idea che la cosa migliore fosse lasciare per un po’ Roma. Voleva allontanarsi da quella gente che non le piaceva, che la faceva sentire a disagio e dalla prigione dorata che era il suo ampio ed elegante appartamento in centro, per trasferirsi in un posto dove poter ritrovare uno stretto legame con la natura e, magari, con sé stessa. Aveva pensato di far acquistare a Giuseppe una qualche proprietà di campagna, da ristrutturare e, possibilmente, da poter adibire a struttura ricettiva. Sperava così di uscire da quel tunnel in cui si sentiva di essere piombata. Pensava che dedicarsi anima e corpo a un progetto ambizioso potesse aiutarla a superare i mille problemi che affollavano la sua testa. Giuseppe, che in un primo momento si era mostrato restio ad accontentarla, poi sembrava essersi rassegnato a prendere in considerazione quella proposta. Le aveva promesso che, qualora lei avesse trovato un affare interessante, avrebbe potuto valutarlo e magari esaudire il suo desiderio. Erika, dunque, negli ultimi giorni si era dedicata anima e corpo alla ricerca spasmodica di un progetto convincente. Lidia la colpì con una proposta inaspettata. “Se vorrai io potrei esserti di aiuto! Potrei venire a trovarti spesso, per non farti sentire sola e magari darti qualche consiglio!” “Ti ringrazio infinitamente, Lidia, ma preferisco cavarmela da sola! È una sfida con me stessa e devo vincerla! Sarà per me molto più soddisfacente invitare te e gli altri a lavori ultimati! Mi piacerebbe stupirvi!” Erika l’aveva azzittita ancor prima che lei proseguisse con le sue idee amorevoli! Desiderava allontanarsi da Roma proprio per evitare Lidia e gli altri e non aveva alcuna intenzione di ospitare lei, o qualsiasi altra persona presente in quella serata, nell’abitazione che si accingeva ad acquistare. Lidia sapeva essere molto invadente ma lei era decisa più che mai a non permetterle di intromettersi. Non voleva rovinarsi quel sogno, prima ancora che si avverasse. Lidia sembrò demordere anche se la sua espressione era evidentemente contrariata. Erika finse di non accorgersene e, con disinvoltura, tornò in mezzo agli altri a parlare delle cose futili che tanto sembravano appassionarli, sperando che la serata finisse presto. Il giorno dopo, Erika era davanti al suo PC e faceva scorrere rapidamente le pagine web, alla ricerca di un affare vantaggioso da proporre a Giuseppe. Non vedeva l’ora di trovare qualcosa che facesse al caso suo, per poter fuggire via da quella vita senza senso. A un tratto un’immagine colpì la sua attenzione. Lo riconobbe immediatamente, in tutta la sua imponenza: il suo castello incantato! Si trattava del castello di Rocca d’Altura, il piccolo borgo dove aveva trascorso momenti meravigliosi della sua infanzia. Era davvero strano come il caso glielo avesse riportato alla memoria, dopo tanto tempo, nell’arco di soli due giorni. Prima, grazie ai commenti di Lidia, e poi, leggendo una normalissima pagina web! Teneri ricordi la legavano a quel piccolo posto lontano dalla civiltà. La memoria, relativamente a quel periodo della sua vita, era vivissima. Chiudendo gli occhi, le sembrò di tornare indietro di almeno vent’anni; quanti ricordi, quante emozioni! Tante volte era rimasta a osservare quel castello misterioso e imponente. Il piccolissimo paese si sviluppava tutto intorno ad esso e le pochissime case scomparivano davanti alla maestosità del maniero. Non era il solito castello diroccato e fatiscente, no! Si conservava perfettamente, grazie a un restauro dei primi anni del novecento. La dura pietra di fiume, impiegata per la fortificazione delle sue mura, sembrava rimanere immutata nel corso degli anni. Ogni volta che in estate tornava a Rocca d’Altura, trovava dei cambiamenti nelle case, nei giardini, nelle strade e nelle persone ma il maniero era sempre meravigliosamente identico al ricordo che ne conservava! L’unico punto fermo nella normale evoluzione delle cose e delle persone. Sin da bambina, l’aveva soprannominato “il castello incantato” perché, a dispetto dell’inesorabile trascorrere del tempo e dei fenomeni atmosferici più avversi, lui rimaneva sempre lì, inalterato, giovane e bello, immerso in quella sua atmosfera irreale! Andò subito a leggere le righe sotto l’immagine della fortezza e rimase basita! Il suo castello incantato stava per andare all’asta! L’ultimo proprietario aveva avuto problemi economici e il maniero gli era stato portato via dalle banche! Dopo aver letto quelle informazioni, cercò di ripercorrere con la memoria la storia dell’antica dimora. Già nel periodo in cui lei frequentava il paese, c’era stato un grande avvicendarsi di numerosi proprietari e la gente del posto si preoccupava sul destino del vecchio castello, in quanto nessuno di quei ricchi signori sembrava prendersene cura seriamente. Dalla metà dell’Ottocento fino agli anni cinquanta, era stato nelle mani di un’antica e nobile famiglia francese. Fu proprio il marchese Ludovico Echan, tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, a operare la ristrutturazione che lo aveva radicalmente trasformato e tolto dalle rovine in cui era riversato in passato. Gli aveva letteralmente cambiato i connotati, trasformandolo, da una rocca medievale fatiscente, a un elegante e imponente castello in stile neogotico. Aveva aggiunto smerlature, adornamenti, ricreato torri distrutte dalle guerre precedenti e lo aveva completamente rivestito con la dura pietra di fiume, reperita nel territorio circostante, che gli permise di conservare nel tempo tutto il suo splendore. Il marchese Echan, e tutta la sua famiglia, avevano amato davvero quel castello, ma anche e soprattutto il paese di Rocca d’Altura e i suoi abitanti. Alla morte, come da sue volontà, venne seppellito in un’elegante tomba, realizzata sempre in stile neogotico apposta per lui, nel bosco sottostante il paese e la fortezza. Un romantico e suggestivo mausoleo immerso nel verde della riserva che, attraverso le sue ripide e strette stradine sterrate, conduceva dalle pendici della rocca fin giù, a un piccolo fiume torrenziale. Suo figlio aveva continuato, secondo un espresso desiderio del padre, a occuparsi del maniero e del paese e aveva inculcato anche ai suoi discendenti, l’amore per Rocca d’altura. La situazione economica della famiglia, però, che già nei primi del Novecento aveva subito un duro colpo, andava peggiorando sempre più e il marchese Leopoldo Echan, che aveva ereditato il maniero negli anni quaranta, decise di venderlo dopo circa dieci anni di possesso. Da quel momento in poi, si avvicendarono un gran numero di proprietari, ma nessuno riuscì a mantenerne il possesso per un periodo prolungato. L’unica figlia del marchese Leopoldo, Lucrezia Echan, che da bambina si era trasferita insieme alla famiglia in un aristocratico appartamento di Roma, negli anni settanta, insieme al marito, decise di tornare nel borgo, dove aveva lasciato il cuore. Così, non avendo le disponibilità economiche per riscattare il maniero, aveva acquistato un piccolo podere appena fuori dal paese. Purtroppo presto la giovane donna rimase vedova, ma decise comunque di rimanere a vivere nel suo paesino da sola. Gli abitanti di Rocca d’Altura impararono presto ad amarla e a considerarla una di loro. Erika conservava un dolce ricordo di quella donna solitaria, dallo sguardo nostalgico, che aveva sempre aneddoti suggestivi e misteriosi da raccontare. La donna, dunque, dopo essersi soffermata a lungo a pensare al castello incantato e alla sua storia, decise che fosse arrivato il momento di agire. Digitò il nome del sito delle aste giudiziarie e cominciò a cercare. Doveva verificare bene quale fosse la situazione, per poterla esporre in modo adeguato al marito, al fine di convincerlo ad acquistare il maniero. Quando Giuseppe la sera tornò a casa, Erika non perse tempo. Lo salutò più affettuosamente del solito e poi vuotò il sacco. “Giuseppe, ho da dirti una cosa importante... a proposito della mia idea di acquistare una proprietà fuori Roma, da adibire a struttura ricettiva... vedi... credo di aver trovato un immobile che fa al caso mio! Si tratta di un antico castello situato in cima a un piccolo paesino, nelle verdeggianti colline toscane! È un posto favoloso, che potremo trasformare in un fantastico hotel a cinque stelle! Credo che un tale progetto sia molto più interessante dei soliti e banali agriturismi. Di questi ultimi, in Toscana, ce ne sono a bizzeffe! Però, di castelli affascinanti come quello che ho visto oggi al PC, credo non ce ne siano! La base d’asta poi è davvero conveniente! Già ne era stata battuta una in passato, che partiva da un prezzo più alto, ma non avendo trovato acquirenti disposti a sborsare una cifra simile, è stato deciso di abbassare radicalmente la richiesta! Io credo si tratti di un vero affare! Tu cosa pensi? È troppo alto il budget per noi?” Poi, la donna gli mostrò l’immagine al computer. “Guarda... voglio che te ne renda conto personalmente!” L’uomo cominciò a esaminare attentamente, con aria perplessa. Erika, notando l’espressione titubante del marito, provò a spronarlo. “Cos’è, pensi sia una follia? L’idea romantica di una sciocca sognatrice?” “No, tesoro! Credo sia un’idea molto interessante...”. La donna continuò con la sua strategia. “Allora, si tratta del prezzo! Non rientra nel nostro budget?” Erika sapeva quale fosse il punto debole di Giuseppe. Lui era un uomo molto fiero ed esuberante e non avrebbe mai ammesso di non poterle dare qualcosa per mancanza di denaro. “No, tesoro mio! Figurati, la questione economica è l’ultimo dei mie problemi!” “Allora perché storci la bocca? Cos’è che non ti convince?” L’uomo rispose preoccupato. “È che... ho paura si tratti di un progetto troppo ambizioso per te! Temo che tu ancora non sia nelle condizioni di affrontare una pressione del genere! È trascorso soltanto un anno dal tuo risveglio e non vorrei che il tuo fisico risentisse di uno stress simile!” “Soltanto un anno? A me è sembrata un’eternità!” Poi si fece più seria. “Ascolta, amore! Io ho davvero bisogno di dare un senso alla mia vita... tu presto dovrai partire e io rimarrò sola. Non immagini quanta forza mi dia l’idea di dedicarmi a qualcosa di così importante. Pensa la soddisfazione quando vedrò il mio progetto realizzarsi! Trasformare un vecchio maniero in un incredibile hotel a cinque stelle! Occuparmi personalmente di tutta la ristrutturazione, fare in modo che diventi una delle mete più ambite dai turisti di tutta Europa e magari del mondo! So che non sarà un gioco, però, ti assicuro, farò di tutto per riuscire in questa operazione!” La donna osservò Giuseppe e, rendendosi conto di non averlo ancora del tutto convinto, proseguì. “E poi, avevi detto che avresti fatto qualsiasi cosa per rendermi felice! E sento che questa è la strada giusta! Ti prometto che, quando tornerai dal tuo viaggio, troverai una moglie più serena e soddisfatta... non è quello che vuoi?” Erika non poteva quasi capacitarsene, ma le veniva spontaneo rapportarsi al marito soltanto con quell’aria da bambinetta viziata. Non riusciva a instaurare un rapporto profondo e sincero con Giuseppe, probabilmente perché sentiva che fosse superficiale come le persone di cui adorava contornarsi o semplicemente perché non gliene aveva mai dato modo. La sua unica preoccupazione era quella di farla vivere nel lusso e darle tutte le agiatezze possibili. Mai, però, aveva mostrato interesse per i suoi bisogni reali. Mai si era fermato a capire quali fossero le sue necessità più profonde. Per lui la felicità era rappresentata da auto di lusso, abiti griffati e costosi gioielli e, garantire tutto ciò a sua moglie, equivaleva a darle la felicità. Ogni volta che le comprava qualcosa di nuovo però, e continuava a vedere in lei lo sguardo triste, sembrava non digerirlo. In un’occasione, finalmente, era arrivato a chiederle: “Cosa posso darti perché finalmente ti veda soddisfatta?” In quel frangente, la donna non aveva risposto, però, pochi giorni dopo, gli aveva proposto l’acquisto dell’immobile fuori Roma e lui non se l’era sentita di rispondergli un “no” categorico. Erika, dunque, sembrava essersi adeguata al mondo di Giuseppe e, ora che aveva ritrovato il suo castello, era pronta a sfoderare tutte le armi in suo possesso per raggiungere lo scopo di diventarne proprietaria. Era arrivata a chiedersi se l’unico motivo che l’avesse spinta a sposarlo, fosse stato di natura economica. Non voleva credere di essere stata capace di una cosa simile! Non era da lei, almeno, non da come la pensava nel suo presente; però, non riusciva a trovare altre motivazioni che l’avessero potuta legare a lui. Forse aveva avuto una forte delusione d’amore e aveva ripiegato su Giuseppe, magari per ripicca, chissà! Ora, però, decisa finalmente a uscire dal baratro, pensava che la cosa migliore fosse trarre vantaggio dalla sua situazione economica, che di certo non le avrebbe dato la felicità, ma almeno una realizzazione professionale. Vista l’insistenza e la determinazione di sua moglie, Giuseppe pensò che fosse il caso di accontentarla. Però prima di acconsentire, volle riprendere il discorso di Lidia, la quale si era risentita con lui per il rifiuto di Erika nel volerla coinvolgere. “Tesoro, io vorrei accontentarti, però mi farebbe immensamente piacere che tu prendessi in considerazione l’offerta di aiuto di Lidia. Lei è stata tanto carina con te, perché hai rifiutato la sua proposta? Ci è rimasta molto male...” Erika pensò di impazzire. Quella strega si era affrettata a riportare il loro colloquio a Giuseppe per ottenere quello che voleva: intromettersi nella sua vita. Ora più che mai era convinta di non aver sbagliato sul conto della donna. Dietro quei suoi modi garbati, alle sue premure, si celava una persona invadente, furba e ipocrita. Non poteva non domandarsi perché Giuseppe avesse sposato lei e non Lidia. Li vedeva benissimo insieme ed era convinta che la sua amichetta adorasse il portafoglio di suo marito! Chissà, magari erano amanti, non lo avrebbe escluso! Ovviamente però sarebbe stato difficile togliersi quei dubbi. Giuseppe era spesso fuori casa e lei non poteva controllarlo. Comunque, in realtà, adesso poco le importava di scoprire se la loro fosse soltanto complicità o qualcos’altro. Ora doveva soltanto riuscire a togliersi tra i piedi quella donna e scappare da Roma quanto prima! Dunque osservò suo marito e, in tono ironico, gli disse quello che le premeva. “Lidia è rapidissima nel riportarti i contenuti di tutti i nostri colloqui. Non faccio in tempo a esprimere una considerazione in sua presenza, che quella arriva alle tue orecchie!” Poi, non avendo voglia di ascoltare le eventuali giustificazioni di Giuseppe, gli esternò le sue intenzioni con convinzione. “Comunque, sappi che su questo punto sono irremovibile. Non voglio Lidia al mio fianco. Ti ho già detto che non mi piace, abbiamo gusti e modi di pensare completamente diversi e tu dovresti saperlo! Dunque ti prego di non insistere! Voglio realizzare il mio sogno a modo mio e, soltanto quando ce l’avrò fatta, inviteremo i tuoi meravigliosi amici per poterne godere in loro compagnia.” Giuseppe sbuffò. “Non ho intenzione di discutere in merito alle nostre diverse opinioni su Lidia! Mi hai già detto più volte come la pensi e ho capito che non riuscirò mai a farti cambiare idea!” Poi l’uomo fece un sospiro. “E va bene, Erika! Parteciperò all’asta per aggiudicarmi il castello e sta’ sicura che la vincerò! Sai che quando voglio una cosa non temo rivali! E poi ho i miei agganci e sono certo che riuscirò a fare un buon affare!” Una volta presa la decisione, l’uomo, evidentemente più rilassato, apparve addirittura soddisfatto di investire in quel progetto ambizioso. “E poi sento che mia moglie realizzerà qualcosa di buono! Mi hai convinto che si tratti di un ottimo investimento, che farà fruttare adeguatamente i nostri soldi!” Dunque la guardò compiaciuto e proseguì. “Sì, amore mio, pensandoci bene, credo proprio che tu abbia un ottimo fiuto per gli affari!” La donna rispose alle parole del marito con un sorriso smagliante, poi precisò con convinzione: “Ti prometto che non ti pentirai della fiducia che mi hai dato!”