Vite ruba - Comune di Empoli

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Vite ruba - Comune di Empoli
V i t e rub a t e
a cura di Valentina Saponara
Violenze
Sono giorni decisivi per l’annuncio ufficiale della nascita a Calambrone
del centro regionale di prevenzione e trattamento degli abusi infantili e
dell’adolescenza. Il direttore scientifico della Stella Mris, professor
Pietro Pfanner, incontrerà l’assessore alla sanità della Regione
Toscana, Enrico Rossi, per parlare di questo progetto che dovrebbe
essere realizzato d’intesa con la Regione e con altri enti del territorio.
Una risposta concreta - sul modello del Telefono azzurro - al problema
pedofilia e a tutte le situazioni di violenza ai danni dei bambini. A
Calambrone sono accolti durante l’anno circa mille bambini, più della
metà di provenienza extra-regionale. Abuso: è questa la terribile parola
usata dai medici dai medici per definire l’azione dei pedofili sulle loro
vittime indifese. Abuso del corpo, delle menti e alla fine delle vite di
bambini e adolescenti. E l’odio per queste persone riesce ad essere più
forte di ogni perdono.
Lo stupro di gruppo, follia da teen-ager
La vergogna più grande
PARIGI : “La tornante”, si chiama l’orrore nelle degradate periferie parigine. E per le bande di ragazzini che popolano le banlieu è diventata quasi una moda. Funziona
cosi: uno di loro “procura” la ragazza, nel senso che le
fa un po’ la corte e le chiede di uscire, o addirittura porta
con sé la fidanzatina ufficiale, i due si appartano in qualche squallida baracca e dopo l’amore, all’improvviso
sbucano tutti gli altri che la violentano a turno. Lo stupro
collettivo visto come un gioco, una sorta d’iniziazione del
branco. Vittime e aguzzini spesso non hanno più di 14 o
15 anni, e per i baby-stupratori c’è la quasi certezza di
farla franca. Poche le ragazze che trovano la forza di reagire, che denunciano l’aggressione. Tra queste Sabrina,
nel 93, appena 14enne, fu trascinata in una cantina e
stuprata dal fidanzato e da dieci suoi compari. Raccontò
tutto alla polizia. Pagò caro il suo coraggio: un anno
dopo, per lavare “l’affronto” della denuncia, il branco si
vendicò con inaudita ferocia. Era ferma ad una fermata
dell’autobus Sabrina, quando l’incubo la inghiottì una
seconda volta. La banda la sequestrò e applicò la sua
implacabile punizione: uno per uno, di nuovo abusarono
di lei in ogni modo. Quella stessa cantina maledetta fu
teatro di una rappresaglia terrificante. Il marchio di dolore subito dalla ragazza se lo porterà impresso per sempre, anche a causa dell’incredibile ritardo della giustizia
francese, il processo si svolge in questi giorni dopo otto
anni. Per Sabrina ormai donna, è come una terza violenza. Perché loro, gli stupratori, non hanno esitato a
fare muro con la classica, squallida: “era consenziente,
se la faceva con tutti”. Ma lei va avanti, quasi le fosse
rimasto solo il coraggio.
Una ragazza che invita gli amici per una festa, la musica dei
giovani, un piccolo malessere e Anna finisce di corsa sul
letto, la camera è buia. Improvvisamente arrivano il suo
compagno di scuola Luca e l’amico Claudio. Hanno bevuto.
Forse c’era una strana elettricità nei loro occhi. E’ un attimo, Claudio le è sopra, eccitato, scalmanato, cerca di spogliarla, ci riesce, spinge il suo corpo addosso a lei, Anna
urla, cerca di togliersi da quell’orrore, accade quello che
non avrebbe mai voluto: Luca, sì proprio Luca il suo compagno di scuola invece di aiutarla le preme una mano sulla
bocca e con l’altra la immobilizza, il trambusto chiama in
allarme Filippo, che riesce a sfondare la porta e a salvare
la ragazza, è troppo tardi invece per fermare i due “ragazzi
aggressori” che svignandosela dalla finestra inforcano il
motorino e scappano. Due giorni dopo i giornali pubblicano
una lettera di scuse dei compagni di scuola nostalgicamente pentiti. “Dai Anna in fondo cos’è successo tra noi?
A stare insieme ci abbiamo pensato tutti e due tante volte!
Quella sera eravamo tutti su di giri, era un gioco più spinto, che ci è scappato di mano”.
Violentata a 3 anni e gettata nel lago
BERLINO: Morire a 3 anni, nell’alba della vita, morire nel
modo più atroce, violentata dal patrigno ventiquattrenne e
poi annegata in un lago gelido. E’ accaduto a una bimba di
Ausgsburg, ricca civilissima città d’arte medioevale del prosperoso sudo-vest tedesco, e ancora una volta la Germania
è sotto shock. Ancora una volta, dopo l’orribile sorte della
dodicenne Ulrike Brandt rapita stuprata, e strangolata da
uno o più criminali. La piccola bionda Tatanka era irreperibile da alcuni giorni, la madre che da alcuni mesi convive13
va con il ventiquattrenne, aveva subito denunciato la strana scomparsa della piccola. Il cadavere della piccola è stato
scoperto da un passante: galleggiava nelle fredde acque di un lago nei pressi di Ulm. I poliziotti hanno trovato il ventiquattrenne addormentato e lo hanno subito fermato, l’uomo ha ammesso tutto: “l’ho portata via da casa con l’intenzione di
rapirla e di farle quanto poi o fatto, l’ho violentata in auto poi l’ho gettata nel lago, mi ero allontanato in auto ma dopo un
pò sono ritornato sulla riva per assicurarmi che fosse morta”.
LOSANNA: Un cd-rom degli orrori, con oltre 14.000 foto, filmati e fotomontaggi di bambini torturati e stuprati, destinati
al mercato mondiale della pedofilia, è stato consegnato alle autorità di polizia svizzere e francesi dal Comitato internazionale per la dignità del bambino, un’organizzazione svizzera. Questo materiale è costato abusi su almeno 5 mila bambini, ha detto il responsabile del Cide, che ha affermato di non aver mai visto nulla di tanto “orribile”. Nelle immagini,
provenienti dal Belgio, si vedono bambini di entrambi i sessi, fra i 4 e gli 8 anni, sia asiatici che europei, ammanettati,
torturati e violentati in ambienti spogli, arredati giusto con qualche sedia e cuscini.
AGRIGENTO: Marito e moglie vendevano i figli ad alcuni pedofili, e incassavano denaro per ogni prestazione sessuale
estorta ai bambini. Gli abusi venivano consumati nella stessa abitazione della famiglia, in una condizione di promiscuità. I pedofili giungevano da alcuni centri dell’ hinterland licatese.
MARGHERIT A DI SAVOIA (FOGGIA): Un bidello di una scuola elementare di 49 anni, è stato arrestato perché compiva
atti sessuali su bimbi di 4 anni che frequentavano l’istituto. Già in passato il bidello era stato implicato in vicende analoghe. Avrebbe abusato in diverse occasioni di tre bambini di 4 anni, conducendoli in un aula deserta o fuori della scuola. Uno dei bambini avrebbe riportato anche piccole lesioni, sarebbe stato proprio uno delle piccole vittime a riferire l’accaduto alla madre.
FIRENZE: Rinvio a giudizio per un uomo di 64 anni di Firenze, per atti sessuali nei confronti di sue due nipotine, figlie
della figlia. L’uomo avrebbe abusato delle nipotine una di dieci, l’altra di sette, mentre dormivano insieme nello stesso
letto, toccandole tanto insistentemente da svegliarle. La madre, aveva intuito delle violenze dai racconti delle bambine e
aveva chiesto spiegazioni al padre che l’ha aggredita a ceffoni e, impugnando un coltello da cucina, avrebbe minacciato
di ucciderla.
LUCCA: Un uomo di 74 anni avrebbe, negli ultimi otto anni molestato almeno tre bambine al di sotto dei 12 anni, tutte
vicine di casa, adescandole con i suoi modi gentili e conducendole nell’orto o nei campi limitrofi. Lì, avrebbe mostrato i
genitali alle piccine invitandole ad approcci sessuali senza mai riuscire nell’intento per causa indipendenti dalla sua volontà. Una realtà squallida emersa quasi casualmente.
TORINO: L’agonia di Tina Motoc, la prostituta moldava di 23 anni uccisa il 16 febbraio in un canale in secca di Collegno,
era stata lenta e terribile. Un’agonia alla quale l’assassino aveva assistito fino in fondo. La ragazza, dopo essere stata
tramortita con una serie di colpi alla testa, era stata incaprettata con i suoi stessi collant ed era morta per strangolamento. Al maniaco quel supplizio non era bastato: la ragazza era stata anche orribilmente seviziata con un grosso bastone, una tortura subita già da altre lucciole uccise allo stesso modo sia a Genova che a Torino. L’assassino si è accanito anche sul cadavere di Tina; ha radunato i suoi vestiti e la biancheria intima in un mucchietto e ha acceso un falò bruciando gambe, piedi e glutei della ragazza.
MATERA: I carabinieri della Compagnia di Tricarico hanno liberato a Torino una ragazza albanese di 17 anni, tenuta segregata in una casa nella quale sono stati trovati anche 6 chilogrammi di profilattici, riviste pornografiche e rubriche con
annotazioni di “incassi” per circa 100 milioni di lire. La ragazza che è stata sequestrata e trasportata in Italia non ha
ancora deciso se denunciare i suoi aguzzini per paura di ritorsioni nei confronti dei suoi parenti. A lei i carabinieri sono
arrivati dopo la liberazione di altre tre ragazze moldave una di loro aveva raccontato di essere fuggita con l’aiuto di un
“cliente” da Torino, dove era stata costretta a prostituirsi da una banda di albanesi responsabili del suo sequestro e di
averla più volte “rivenduta”.
FIRENZE: Molestie a sfondo sessuale e minacce, parolacce e pesanti allusioni: il tutto via SMS, i cosiddetti “messaggini”. Negli ultimi 3 mesi in tutta la Toscana sono arrivati alla Polizia Postale segnalazioni e denunce da parte di persone
vittime di molestie. Dodici soltanto a Firenze, 7 a Livorno, 2 a Lucca, 1 a Pistoia, 2 a Grosseto, 2 a Prato ed 1 ad Arezzo.
Ma chi sono gli autori dei messaggini molestatori? La tipologia dei responsabili è varia: si passa da donne a uomini lasciati dai rispettivi partners, ai rivali in amore, fino a studenti in vena di scherzi pesanti.
BANGKOK: Jane 13 anni e una nuvola di capelli ricci, una piccola farfalla tatuata vicino alla bocca, non poteva parlare.
L’avevano trovata in un bordello di Bangkok invaso troppo tardi dalla Polizia. Stava in un angolo tutta nuda e non ha mai
potuto raccontare quello che le era successo. Muta a vita. Troppo tardi, dicevo, perché Jane ricoverata in un ospedale
italiano non ha più ritrovato la salute della mente, né la forza di ricordare. Signori dalle sembianze civili, padri di famiglia,
mariti magari perfetti li senti parlare dello stesso argomento “quando arriviamo ti presento Giulia, 14 anni, ha anche una
sorellina”. Uno di questi “cavalieri” aveva con sé una minigonna piccolissima che mostrava a tutti. “Gliela ho promessa
a patto che mi faccia conoscere le sue compagne di scuola”. Ora le Compagnie aeree sanno di questi scempi. E continuano ad organizzare charter su misura: 3 notti a Cuba, 4 a Fortaleza, 7 in Oriente. “Tenga il bambino come e quando
vuole. Se sta male ci chiami con il beep. Se muore lo sostituiamo.”, dice al cliente l’uomo che ha in mano il traffico. Sono
le frasi di un documentario sulla pedofilia, è così, si sa ormai che è così: Milano, Roma, Londra, Parigi sono le capitali
più interessate a questo tipo di mercato e sono migliaia i bambini travolti. Muoiono, si terrorizzano, rimangono sconvolti
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per la vita e non hanno più la forza di raccontare il loro dolore come Jane.
MILANO: I riflettori dei set della moda per lei non si sono nemmeno accesi. Il sogno di Maya, ragazza slovena di 15 anni
con fisico da modella, di diventare una bellezza da copertina è svanito in 4 giorni. La storia di Maya è una pagina triste del
libro della moda. Una storia che incomincia quando arriva a Milano accompagnata dal padre, in tasca l’indirizzo di una nota
agenzia di moda. In agenzia firma con il sorriso sulle labbra il contratto e in cambio riceve appartamento, cellulare e un
primo fondo spese. Il padre riparte tranquillo per la Slovenia, senza sapere che per la figlia i guai sono già iniziati. La ragazza divide l’appartamento con Nadia, modella californiana. E’ lei con il suo boyfriend Luca, che la stessa sera gli offre il
crac. Il giorno dopo Maya esce con la modella americana, Luca e un altro amico, Valerio. Con Valerio esce dalla discoteca
e va in una casa privata, dove fa l’amore con l’amico e il proprietario dell’abitazione (lui ha pagato Valerio 100 mila lire).
In pochi giorni tra una foto e un provino, consuma grammi di coca e crac: sotto l’effetto della droga diventa merce da sesso
che passa di uomo in uomo, per lo più sconosciuti. Il quarto giorno la ragazza si presenta in agenzia: un’infezione vaginale non gli permette nemmeno di camminare.
TORINO: Glielo hanno gridato in faccia “Sei un frocio, meriti solo che ti spacchiamo il c…”, poi lo hanno picchiato, lo hanno
preso a calci, gli hanno anche fatto la pipì in faccia solo perché è un ragazzo “diverso”. Marco ha 16 anni e abita con la
sorella più piccola e i genitori alle porte di Torino. Frequenta il liceo scientifico del paese e ha un brutto “difetto”: difende
con passione i diritti di chi subisce discriminazioni, difende i più deboli e non tollera che qualcuno venga etichettato “inferiore” solo perché ha la pelle scura, perché ha una fede diversa da quella cristiana o perché è omosessuale. Non sopporta le ingiustizie e quando a scuola qualche compagno inneggia alla “superiorità” della razza bianca, lui si ribella.
SWAY PAK (CAMBOGIA): La chiamano “la strada dei piccoli fiori”. Un nome poetico, per un luogo totalmente privo di poesia: la via principale di SWAY, un grande villaggio a 11 km da Phonm
Pehn, fatto di strade fangose, tetti in lamiera, inferriate alle finestre
e insegne al neon. La pubblicità anche qui è l’anima del commercio,
per questo gli oltre cinquanta bordelli del paese hanno pensato
bene di pubblicizzare la loro merce umana con decine di assurde
scritte luminose, che rendono questo posto simile ad una piccola,
oscena, dolente Las Vegas cambogiana. Ma non sono bordelli qualsiasi, simile a quelli che hanno reso la vicina Thainlandia, Sway Pak,
infatti è il regno dei pedofili. Nelle sue case lavorano una moltitudine di ragazze, ragazzine, bambine e qualche volta anche bambini,
venduti dalle loro stesse famiglie ai tenutari dei bordello alle mamasan, come le chiamano qui, per qualche centinaio di dollari. Una
stima, approssimativa per difetto, dice che i minorenni sono quasi
2.000. La maggioranza delle baby-prostitute qui hanno meno di 16
anni. L’età media si aggira sui 12 - 13 anni, ma molte “case” offrono bambini e bambine di 8-9anni, spesso nascosti nel retrobottega,
per non attirare troppo la curiosità della polizia. I bordelli sono aperti 24 ore al giorno sette giorni su sette.
Liberate le schiave
Guardatevi intorno: sono sempre di più. Sempre più giovani.
Sempre più deboli. Sempre più sole tra delinquenti senza scru poli. E liberarle è sempre più difficile. Su di loro pesa la paura di
un rito tribale che le tiene prigioniere, o di un debito enorme da
riscattare: il prezzo del viaggio, 80-100 milioni, o di una minaccia
di morte per i familiari. Quasi 170mila donne, ogni anno, vengo no rapite da un racket che le trasforma in prostitute. Ma la cosa
sorprendente è che il 40% di loro hanno tra i 12-18 anni. Il viag gio inizia in un paese dell’ europa dell’est (per 48 su 100) o in
Africa (per 32 su 100) e termina qui nelle nostre strade, dove la
cosa migliore che possa capitare, fra mille orrori, è incontrare un
amico: Don Oreste Benzi, fondatore della comunità “Papa
Giovanni XXIII” di Rimini. Una notte, nella periferia di Perugina,
don Oreste ha fermato una ragazzina albanese, quasi una bambi na, Laila. “Quanti anni hai le ha chiesto, “diciannove”, come sei
venuta? “col gommone,” quanto hai pagato per venire in Italia? “
un milione e mezzo”, quanti soldi, chi te li ha dati? “una zia…” E
finora quanto hai guadagnato? “Centodieci milioni”, dove sono
adesso? “al sicuro”. Laila è una delle tante che qualcuno conti nua a chiamare, con un errore storico “prostituta”. In realtà è una
schiava, per di più una bambina. In Italia, ormai sono più di
50mila. Se andate per strada di notte, e ne vedete dieci, dovete
pensare che da qualche altra parte, ce ne sono almeno altre dieci
che lavorano in quello stesso momento. Poi c’è il turno pomeri diano: quindi, quelle venti vanno moltiplicate per tre. Calcolando
tutte quelle che lavorano cosi, divise in turni, in tutta Italia fanno
circa 60mila. Non è vero che sono libere ed emancipate come
qualcuno vorrebbe far credere. Basta ricordare un dato, uno solo
dice: Nel ‘99 sono state uccise in Italia 186 ragazze straniere,
alcune orribilmente sfregiate e mutilate. I volontari di Don Oreste
lavorano sulla strada da dieci anni e assicurano che di prostitute
“libere” finora, ne hanno viste veramente poche. Abbiamo 4 moti vi per dire che sono schiave, dice Don Benzi, primo: tutte quelle
che vengono fermate sono senza documenti, se fossero libere ed
emancipate, come dicono certi politici, avrebbero almeno il pas saporto. Secondo: sono povere, dei soldi che il cliente paga per
la consumazione a loro non resta nulla. Terzo: non possono fare
nemmeno un passo al di fuori del “recinto”. Quarto: sono costret te a lavorare ogni sera, se fossero libere, quando non si sentono
bene potrebbero dire “no grazie stasera non esco”, invece devo no andare anche se sono malate, anche se piove o nevica, se
c’è una tempesta. Ogni giorno devono guadagnare dalle 800 al
milione e mezzo di lire, altrimenti sono torture e botte.
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