Marzo archivia l`inverno e apre la nostra attività 2014
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Marzo archivia l`inverno e apre la nostra attività 2014
Marzo archivia l’inverno e apre la nostra attività 2014 Iniziamo la nostra piena attività in apiario e dei reportages al tavolo di lavoro di cosa e quanto s’ha da fare. Dopo quattro mesi di fotoperiodo declinante, tra autunno e inverno, ora la natura ci porta luce, nettare, e polline nuovi; le nostre rinnovate cure ci porteranno ai mesi cruciali delle prime produzioni: erica a., acacia. L'inverno è stato mite e piovoso. Abbassamenti termici si sono registrati a novembre, ma a dicembre le temperature sono state oltre la media stagionale. Temperature autunnali si sono registrate anche nei piovosi mesi di gennaio e febbraio, con smottamenti e frane un po’ ovunque. Un degrado idrogeologico annunciato. Soltanto con il mese di marzo sono cessate le uggiose giornate di pioggia. Nelle due ultime settimane il meteo si è ristabilito, con belle giornate di sole. I preziosi ritagli di tempo, tra ritorni di freddo, giornate di pioggia e occhiate di sole, ci hanno visto in intense visite in apiario e fra gli alveari per assecondare al meglio la ripresa delle nostre colonie. Come le semine di ottobre riempiono di verde le campagne di marzo, così le nostre api curate e rinnovate a fine estate scorsa animano ora fruttiferi, orti e siepi in fiore delle nostre coste e valli. L’apicoltura si è data appuntamento all’inizio del mese in rassegne e convegni: “Apimell” di Piacenza, APIBIO di Castel San Pietro Terme con nuovi argomenti, rinnovati temi di attualità che a frotte si affacciano, incombono, premono sulla nostra fragile, ma preziosa e tenace apicoltura. Diamo uno sguardo ai PROGRAMMI con gli interventi più significativi svolti: Marco LODESANI Direttore CRA-API: GENETICA DELLA COLONIA D’API Marco PORPORATO(DISAFA) - Università degli Studi di Torino: VESPA VELUTINA: DIFENDERE L’APE ITALIANA DAL NUOVO PREDATORE Cecilia COSTA (CRA-API): AUTOCTONIA E BIODIVERSITÀ: L’APE MIGLIORE AL POSTO GIUSTO Santi LONGO Presidente Comm.ne T.ec C.le Albo Allevatori Api Italiane L’ALBO NAZIONALE: STRUMENTO AL SERVIZIO DELLA COMUNITÀ APISTICA _ Lodesani, Direttore CRA_API di Bologna: DIFENDERE LA BIODIVERSITA' E TUTELARE API E MIELI ITALIANI “le Regine artificiali non Preservano la Biodiversità. Migliaia di regine allevate a partire da pochi esemplari, la pratica intensiva del nomadismo e il nomadismo di allevamento regine, le importazioni di api regine da Paesi europei e da altri continenti, la diffusione di linee di api artificiali quali l’ape Buckfast, l’inseminazione strumentale incontrollata: sono tutti fattori che contribuiscono a interferire sulla qualità del patrimonio genetico dell’ape italiana, peggiorandolo e talvolta persino compromettendolo irrimediabilmente.”modif.to da sito FAI - Porporato: Ricercatore DISAFA Torino: Vespa velutina, minaccia per Regine in Fecondazione. “Al 31 dicembre 2013 erano 12 le località italiane in cui è stata accertata la presenza di Vespa velutina: 6 in provincia di Imperia, 1 in provincia di Savona, 5 in provincia di Cuneo; in 2 di queste località, in provincia di Imperia, sono state rilevate presenze di nidi, in tutte le altre località la sola presenza di adulti. Un quadro all’apparenza minimale se non fosse che, tenuto conto delle caratteristiche del parassita e del nostro territorio, si possono già prevedere tre principali direttrici di diffusione della Vespa velutina: una nel corridoio costiero tirrenico, che dalla Liguria introduce verso Toscana e Lazio, la seconda nel corridoio centrale padano, che dal Piemonte conduce verso Emilia Romagna e Marche, la terza nel corridoio settentrionale che dal Piemonte porta 1 verso Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia. E’ lo scenario delineato da Marco Porporato, dell’Osservatorio di Apicoltura “Don Giacomo Angeleri”. modif.to da sito FAI Biodiversità in pericolo: L’apicoltura mondiale «tende a uccidere la biodiversità – ha avvertito Francesco Panella, presidente Unapi – perché gli apicoltori stessi guardano sempre più all’erba del vicino. E’ in atto un disastro genetico». modif.to da sito FAI Salviamo il Patrimonio Apistico: Il presidente Fai Raffaele Cirone (Presenti anche le rappresentanze delle altre due associazioni, Unapi e Anai) ha ricordato come la legge 313 sancisca l’importante principio delle razze, considerate bene di interesse nazionale. «Questo è un giacimento ricchissimo – ha affermato nella sala convegni con un pubblico da tutto esaurito – ma da tempo è sottoposto a un’erosione genetica. Occorre intervenire, perché ne va della sopravvivenza dei nostri alveari» . modif.to da sito FAI Studio sul recupero della specie Apis mellifera siciliana Santi Longo (Univ.tà di Catania, presidente Comm.ne tecnica centrale Albo allevatori api italiane) ha tracciato lo studio sul recupero della specie Apis mellifera siciliana, il cui progetto di ricerca è stato finanziato dalla Regione e da Slow Food. Il progetto prevede zone di rispetto per far sviluppare colonie e produrre regine. Ha poi parlato del marchio api italiane per «distinguere, tutelare e promuovere la produzione e il commercio delle api nell’ambito dell’Albo nazionale deg li allevatori di api italiane». -G. Cacopardi: Direttore Generale del Ministero dell’Agricoltura. Salvare l’Ape italiana: “ora ci sono gli Strumenti necessari. E’ questo il modello di apicoltura, cui l’Italia deve tendere. Un comparto che, nonostante le problematiche emerse in questi ultimi anni, specie quelle legate alla moria delle api, è riuscito a raggiungere una buona produttività, garantendo la diversità e la qualità delle sue produzioni con un patrimonio apistico di 1.560.000 alveari in mano a 55.000 apicoltori. La produzione di miele, dal 2008, è quasi triplicata toccando le 23mila tonnellate (anche se resta il dato che l’Italia produce il 50% del proprio fabbisogno, il che comporta l’import) . Una legge che riconosce l'apicoltura come attività di interesse nazionale utile per la conservazione dell'ambiente naturale, dell'ecosistema e dell'agricoltura ed è finalizzata a garantire la biodiversità di specie apistiche, con particolare riferimento alla salvaguardia della ra zza di ape italiana. Un Ministero impegnato – quello delle Politiche Agricole – a sostenere il miglioramento genetico dell’ape italiana perché è la migliore possibile per versatilità, produttività, docilità, scarsa propensione alla sciamatura e tolleranza alle malattie”. modif.to da sito FAI Neonicotinoidi : Premio internazionale per la Ricerca Italiana “C’è ancora un’Italia, quella della ricerca scientifica, capace di riscuotere successo all’estero. Un giudizio autorevole che viene dall’Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti d’America che in questi giorni ha assegnato, ad un gruppo di entomologi italiani, il prestigioso “Cozzarelli Prize”. Si tratta di un riconoscimento che viene attribuito ogni anno a sei lavori pubblicati sulla rivista scientifica americana PNAS premiando l’originalità e l’eccellenza scientifica. Questa volta è toccato a uno studio italiano, coordinato dal professor Francesco Pennacchio, cui hanno partecipato Gennaro Di Prisco, Paola Varricchio ed Emilio Caprio dell'Università di Napoli, in collaborazione con Francesco Nazzi e Desiderato Annoscia, ricercatori dell’Università di Udine, e con Valeria Cavaliere e Giuseppe Gargiulo, ricercatori dell’Università di Bologna. Il lavoro dei ricercatori italiani, pubblicato nel 2013, si intitola “Clothianidin, un neonicotinoide che influisce negativamente sulle difese immunitarie degli insetti e promuove la replica di agente patogeni virali nelle api mellifere” modif.to da sito FAI “Apibio” di Castel San Pietro Terme: 2 3° Simposio Mondiale di Apicoltura Biologica, 4 - 7 Marzo 2014 Le tematiche proposte hanno riguardato: 1) “Qualità ambientale e aspetti gestionali distintivi dell’allevamento apistico biologico”. 2) “Gestione degli allevamenti e lotta sanitaria: contrasto della varroatosi e patologie collegate. 3) “Priorità distintive dell’apicoltura biologica. Normative e certificazione”. 4) “La gestione sanitaria degli alveari, quale principale criterio distintivo per il biologico” 5) “Nozioni per promuovere l'auto-guarigione delle colonie dalle malattie e per rinforzare le loro difese” 6) Tavola rotonda: dai produttori apistici indicazioni concrete, praticabili e produttive, sulle modalità di campo radicalmente distintive del modo biologico di allevamento e difesa sanitaria. ad Apimell In sintesi, tutti argomenti che insistono sui nostri nervi scoperti, da tanto tempo ormai avvertiti e vigili. Argomenti pensati e toccati con mano da ogni apicoltore sensibile al benessere dei propri alveari, e giustamente preoccupato della prospettiva della nostra apicoltura. Ma a casa propria un apicoltore come deve orientarsi tra tante campane, (a volte a morto), voci, echi di allarmi gridati di “apicoltura in declino”. Non è facile, fra tante problematiche, che spesso travalicano la nostra modesta dimensione, conservare la necessaria lucidità per operare le scelte giuste e discernere bene, fra tante contradditorie, le giuste opzioni. Dunque siamo chiamati al discernimento: a vagliare la “pula” dal buon grano. Un esempio per tutti: quali regine, di quale razza, mantenere o cambiare nei nostri apiari per dare un carattere stabile, un indirizzo produttivo che paghi a lungo termine. Sia in termini di produttività apistica, quanto in termini di selezione genetica (conservazione di caratteri stabili, resistenza alle malattie più diffuse, adattamento ambientale). Spesso ci troviamo a dover operare scelte che ci sembrano obbligate verso un ventaglio di offerte che ci coglie oggettivamente impreparati. Ci vengono fatte proposte in ambiti di eventi fieristici che tutto hanno a cuore (il business, e gli affari in primis) ma un po’ meno l’interesse degli apicoltori. Il benessere e la produttività degli apiari sono oggi legati a molti fattori che, almeno in parte, sfuggono al controllo e alle cure dei singoli apicoltori. Fattori che non riguardano soltanto l’andamento climatico stagionale, ma anche: la modificazione graduale dell’ambiente, l’azione dell’acaro parassita Varroa destructor, agente della varroasi, che può in breve tempo causare, anche per virosi indotte, la distruzione di interi apiari. L’interferenza subdola dei “neonictinoidi”, misconosciuti per anni, introdotti nell’ambiente di vasti areali delle colture agricole, frutticole, vitivinicole dall’azione mercantile a volte speculativa, condizionante, invadente, sistematica, delle potenti multinazionali dell’agro-farmaco. Il drammatico impoverimento genetico delle api, dal momento che le api scomparse durante gli anni ‘80 e ‘90 in seguito ad estese morie sono state rimpiazzate con materiale genetico proveniente da un numero ristretto di allevatori professionisti. La presenza di moltissime colonie selvatiche, nel passato anteriore all’avvento di varroa destructor, ha sempre apportato e garantito alle api allevate dagli apicoltori un patrimonio genetico naturalmente selezionato dall’ambiente di appartenenza, nell’ambiente di origine, e quindi consolidatosi nei secoli. Queste popolazioni autoctone, dette ecotipi, sono quasi del tutto scomparse e, con loro, la gran parte della variabilità genetica dell’Ape mellifera ligustica italiana. Così il quadro complessivo italiano. Nel resto del mondo è solo business! Le ricorrenti morie invernali, a causa della Varroa, e la grande offerta primaverile di nuove colonie di api provenienti dalle regioni insulari Italiane, hanno innescato un effetto di dipendenza verso la quale molti apicoltori non sanno e non vogliono rinunciare come semplicistica via di sopravvivenza. Occorre capovolgere le scelte per avere una corretta, nuova, sostenibile prospettiva di valida apicoltura. 3 La soluzione può essere impostata nei propri apiari con un’azione continua di miglioramento genetico, partendo dalle migliori regine madri che si sono rivelate tali nell’arco di più anni. Se non ne disponiamo noi, ricorriamo alla solidarietà di affidabili apicoltori della nostra associazione. Partiamo da questa primavera. Nell’antica saggezza popolare i proverbi si sprecano. Parafrasando facilmente da “moglie e buoi dei paesi tuoi”, in “moglie, api e buoi dei paesi tuoi”. D’altra parte ”l’ape italiana, mellifica ligustica”, non è forse la razza più esportata e diffusa nel mondo per le sue doti di docilità, produttività, resistenza alle malattie? Dunque non partiamo da zero, ma da un consistente retroterra che in Liguria ancora sussiste e resiste. Non facciamoci tentare da razze artificiali (vedi l’ape Buckfast,) che non conservano caratteri stabili, ma sviluppano caratteri regressivi, che porteranno poi alla dipendenza verso acquisti annuali obbligati o ricorrenti di nuovo materiale genetico, di origine e provenienza non conosciuta. Fermiamo questa globalizzazione di impoverimento genetico. Questo “sì” dipende da noi e dalle nostre scelte consapevoli e mature. Non uccidiamo le nostre api autoctone preferendo regine di provenienza esterofila, (quindi di fatto sostituendole), che mal si adattano al nostro ambiente. Sta alla platea degli apicoltori sensibili e disponibili, tecnici apistici compresi, cogliere l’opportunità di promuovere un’apicoltura matura, responsabile, rispettandone i punti cardinali, iniziando con la valorizzazione del patrimonio genetico dell’ape ligustica ligure. Iniziarla, realizzarla dal proprio apiario, sostenerla con altri , trasformarla in risorsa e volano di una nuova apicoltura, viva e vitale, che cammini sulle proprie gambe. Anche perché non si potrà sopravvivere a lungo con una para-apicoltura diversamente abile, o se preferiamo un po’ di facciata. Mettiamoci in gioco. Le opportunità non sempre si possono cogliere senza impegno, ma con il coinvolgimento personale e associativo. Cordialmente, 4