Prima la Merkel e poi Rihanna

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Prima la Merkel e poi Rihanna
Sport
l'Adige
Nicola Rizzoli
Critiche dalla stampa
argentina? Sinceramente in
campo allenatore, dirigenti
e giocatori dell’Albiceleste
hanno fatto i complimenti
a me e a tutta la terna per
come avevamo diretto
LA FESTA
Joachim Löw
Cosa ho detto in particolare
a Götze quando è entrato?
Gli ho detto che doveva far
vedere al mondo che è
meglio di Messi e decidere
questa finale, perché aveva
le capacità per farlo
martedì 15 luglio 2014
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Alejandro Sabella
Voglio riposarmi, stare
coi miei giocatori, la mia
famiglia, i miei collaboratori
e tutto il gruppo che ha
svolto un lavoro stupendo
Stacco qualche giorno,
poi deciderò cosa fare
La notte di Rio de Janeiro è tutta tedesca. Birra a fiumi, selfie e abbracci con i giocatori per la cancelliera
Prima la Merkel
e poi Rihanna
dall’inviato
ALESSANDRO CASTELLANI
RIO DE JANEIRO - È stata festa
tedesca fino a tarda notte, prima più compassata con la Cancelliera Angela Merkel, poi scatenata con la pop star Rihanna.
Dopo essersi fatta vedere nella prima partita, quella di Salvador in cui il «Wunder Team»
travolse il Portogallo, da supertifosa della nazionale il capo di
governo ha voluto celebrare il
trionfo di Rio con i calciatori
della Germania. I quali, dopo
aver fatto i giri di campo con la
Coppa in mano, hanno portato
il trofeo negli spogliatoi del Maracanà per le foto di rito, assieme allo staff tecnico e, appunto, alla Merkel, che si è prestata volentieri per vari «selfie»,
con Podolski, Khedira, Hoewedes e altri. C’è stato anche un
brindisi generale, in cui la parte del leone l’ha fatta la birra
messa a disposizione da uno
degli sponsor della Fifa.
Le foto della squadra con la
Coppa e con la Merkel sono poi
state postate dalla federcalcio
tedesca sui social network, con
la didascalia «la Cancelliera sta
festeggiando con i campioni del
mondo». La Merkel si è fatta fotografare anche abbracciata a
Ma papa Francesco non ha visto la partita
BUENOS AIRES - Papa Francesco non ha visto la finale
mondiale tra la «sua» Argentina e la Germania, con il
trionfo dei tedeschi ai supplementari grazie a Mario
Götze.
Lo ha detto Guillermo Karcher, segretario del protocollo
del Vaticano, in un’intervista rilasciata a «Radio del
Plata». «Il Papa ha detto che non l’avrebbe vista, ma che
l’avrebbe seguita passo passo attraverso le nostre
informazioni - ha spiegato Karcher -. Non ha seguito
quasi nessuna partita del Mondiale brasiliano. Fin
dall’inizio si è imposto la neutralità e così è stato fino
alla fine».
La nazionale tedesca negli spogliatoi del Maracanà posa con la cancelliera Angela Merkel dopo il trionfo
Miro Klose e i figli dell’attaccante tedesco, mentre Goetze,
l’autore del gol della vittoria e
quindi del «Mariocanazo», posava con il trofeo in mano e vestito con la maglia della Germania già con le quattro stelle e lo
scudetto dorato di campioni
del mondo. Podolski, uno dei
più scatenati sia nei festeggiamenti che poi sulle reti sociali,
trovava perfino il tempo di tornare sul campo del Maracanà
per assaporare ancora un attimo di atmosfera carioca e «dare quattro calci» assieme al suo
bambino.
Rihanna prima ha guardato la
partita contro l’Argentina dalla tribuna Vip del Maracanà, poi
ha esultato per il successo tedesco, simulando anche uno
spogliarello. Quindi si è «imbucata» nella festa facendosi ritrarre con i vari protagonisti
della squadra di Löw. «Eccomi
con Schwainsteiger, ho toccato la Coppa...», ha twittato, pubblicando anche varie foto con
i protagonisti della finale iridata.
Intanto, il Cristo Redentore del
Corcovado veniva illuminato
con i colori della bandiera tedesca, quasi a voler testimoniare che la conquista in terra
brasiliana è stata totale. Un paio d’ore dopo, però, l’orgoglio
nazionale ha ripreso il sopravvento e la grande statua che
guarda dall’alto la Città Meravigliosa e tutta la baia di Guanabara è tornata a tingersi di
giallo e verde, mentre i giocatori tedeschi neo-campioni del
mondo continuavano la loro festa con moglie, fidanzate e figli
(peraltro con loro anche nel ritiro di Campo Bahia a Santa
Cruz Cabralia) nell’albergo della squadra nella zona sud di Rio
dove hanno alloggiato prima
della finale. Canti come «Die
nummer eins der welt. Sind
wir!» («siamo i numeri uno del
mondo») sono andati avanti fino all’alba.
Al tecnico Joachom Löw, detto
«Jogi», è toccato il compito di
spiegare i segreti di questo suc-
cesso, e del bel calcio giocato
dalla sua squadra nel corso del
Mondiale, a conferma che il calcio tedesco attualmente scoppia di salute e può permettersi di vincere un Mondiale pur
perdendo tre giorni prima della partenza un asso come Marco Reus. «Questo titolo è il risultato di un lavoro durato dieci anni - ha detto il ct, ancora
visibilmente felice -: il nostro
progetto è nato dal fallimento
nell’Europeo del 2004. Ci abbiamo sempre creduto e ci siamo
impegnati a fondo. Ci ha aiutato anche il lavoro nei nostri
club di tecnici come Heynckes,
Klopp e Guardiola, e questo per
molti è il coronamento di un ci-
clo: penso a Klose, Schweinsteiger, Podolski e Lahm che giocano insieme da dieci anni. Abbiamo sempre fatto vedere un
buon calcio ma solo i vincitori
vengono ricordati e questa nazionale meritava un titolo: ora
siamo la prima nazionale europea a vincere in Sudamerica, e
per di più a Rio e in Brasile, nel
paese del calcio. È meraviglioso, e ne siamo orgogliosi, perché abbiamo rappresentato al
meglio in un altro continente
80 milioni di tedeschi. Prima
della partita ho detto ai miei
che dovevano dare ancora di
più del solito e ci sono riusciti,
contro una rivale particolarmente “scorbutica”».
Il personaggio | Bavarese, nato a Memmingen, è diventato un eroe nazionale dopo il gol all’Argentina
La nota | Anche la Provincia sul carro dei vincitori
Götze, ecco il Messi di Germania
Ugo Rossi: «Il successo tedesco?
Merito dell’aria del Trentino»
BERLINO - Non è nato a Rosario, ma in Baviera, nella piccola Memmingen, terra di pittori
e calciatori. E anche se non è
proprio «una pulce» dall’alto
del suo metro e 76, appartiene
a quella genia di calciatori in
cui la taglia piccola si associa
all’estro. Eppure ieri, nella finale dei Mondiali di calcio, assente quello vero, Messi aveva le
sembianze di Super Mario Götze. È lui, il Messi di Germania,
come veniva definito già da
bambino, l’eroe del giorno. Al
punto che oggi la stampa tedesca lo celebra giocando sulla
radice del suo nome «Gott», Dio.
«Goetzseidank!», scrive la Bild,
«grazie a Götze».
Götze non è certamente il dio
del calcio spesso invocato dagli argentini, ma nella storia che
ha scritto ieri sera al Maracanà c’entra di sicuro un elemento biblico come la profezia,
quella del ct tedesco, Joaquim
Löw.
«Cosa ho detto in particolare a
Götze quando è entrato? Gli ho
detto che doveva far vedere al
mondo che è meglio di Messi e
decidere questa finale, perché
aveva le capacità per farlo», ha
rivelato il tecnico. Götze ha
ascoltato, è entrato, ha risolto
la finale. E poi ha festeggiato in
campo con la bellissima fidanzata Ann Kathrin, che si è vendicata del piccolo sgarbo del
premio Fifa a Messi conquistando il virtuale premio di wags
del Mondiale, a insindacabile
giudizio dei social network. Giu-
TRENTO Anche la giunta
della Provincia
autonoma di
Trento sale sul
carro dei
vincitori. «Mi
complimento
con la
Germania per
la prestigiosa
vittoria - fa
scrivere in una
nota il
presidente Ugo
Rossi - anche
perché ben sei
sugli 11 titolari
della finale
erano giocatori
del Bayern, una
squadra che da
quattro anni
viene a rigenerarsi in Trentino sulle rive del Lago di Garda.
Questo significa che l’aria della nostra terra fa bene e porta
fortuna». Tocca quindi sentire anche questo all’indomani
della vittoria mondiale della Germania.
«Sul rettangolo del Maracanà - si legge - erano infatti presenti
ben sette calciatori del Bayern Monaco, che ben conoscono
la nostra provincia: Thomas Müller, Phillip Lahm, Jerome
Boateng, Bastian Schweinsteiger e Toni Kroos. Ma
soprattutto Mario Götze, protagonista dei photoshooting
(nella foto) per la campagna estiva del Trentino, l’uomo che
con il suo gol ha deciso la finale e Manuel Neuer, premiato
quale migliore portiere del torneo brasiliano e molto
affezionato al Trentino. L’estremo difensore del Bayern
Monaco, infatti, oltre ai ritiri con il proprio club, torna
quando può da turista in Trentino, apprezzando le Dolomiti
sia nella loro versione estiva, sia in quella invernale, essendo
tra l’altro un ottimo sciatore. Proprio lo scorso inverno
Neuer ha trascorso dieci giorni con amici e famigliari a
Madonna di Campiglio, scoprendone le piste, i moderni
impianti di risalita e gustando la cucina e l’italian style».
Ecco dunque svelato il segreto della vittoria tedesca...
dizio netto, almeno quanto
quello di Löw sul talentuoso fidanzato. «Io avevo buone sensazioni su di lui, e per questo
l’ho mandato in campo. Non mi
sbagliavo, perchè Götze può
giocare nella posizione che vuole, è un ragazzo meraviglioso e
ha qualità tecniche superiori».
Quelle qualità tecniche che un
anno fa, hanno fatto dell’allora
21 enne un caso di mercato in
Germania. Il Bayern, infatti, lo
scippò al Borussia Dortmund
alla vigilia della finale di Champions League tutta tedesca pagando la clausola rescissoria
di 37 milioni di euro e facendone il secondo affare più costoso nella storia del mercato tedesco, inferiore solo a quello
che portò Mesut Ozil all’Arsenal. Lo sgarbo segnò i rapporti tra i due club e ne nacque un
putiferio. Lui, infortunato, non
potè giocare quella finale. Dopo un anno al Bayern, e la vittoria da protagonista della Cop-
pa del Mondo, chi oggi volesse
fare un pensierino sul Messi di
Germania dovrebbe essere disponibile a sborsare non meno
di 60 milioni.
Ne ha fatta di strada il figlio del
professore universitario di
Memmingen, uno dei pochi tedeschi di Germania in una squadra con tanti oriundi, da quando giovane giocatore in erba
frequentava i tornei giovanili e
girava il mondo con la casacca
del Borussia Dortmund. Del giovane Götze oggi ci si ricorda anche in Italia per le doti che faceva intravedere: non aveva ancora 14 anni quando fu premiato come miglior giocatore in un
torneo per giovanissimi organizzato a Mondovì. Da allora
tutta la trafila nelle nazionali
giovanili per esordire con la nazionale maggiore appena diciottenne. Lui che fa parte della generazione 2.0 della Germania,
quella dei Marco Reus e dei
Thomas Muller, quella che ha
saputo ripartire e togliersi da
dosso la poco invidiabile etichetta dei perdenti di successo. Un percorso di quattro anni che lo ha portato al mondiale brasiliano da titolare prima
di cedere il posto nelle ultime
partite al totem Klose. Sembrava relegato al ruolo di comprimario fino al minuto che ha
cambiato la storia dei Mondiali, quel 113’ in cui ha segnato le
sorti della finale con uno stop
e tiro al volo che lo hanno consacrato, ora sì per davvero, al
ruolo di Messi di Germania.