sandro botticelli - collegio ballerini

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sandro botticelli - collegio ballerini
SANDRO BOTTICELLI
Alessandro Vaghi
Andrea Pancheri
Daniele Continanza
Francesco Giovanni Vintani
4a scientifico
Anno scolastico 2010/2011
BIOGRAFIA
Alessandro Filipepi, detto Sandro e poi soprannominato Botticelli dal nomignolo con cui
era
noto
il
fratello
Antonio,
nasce
a
Firenze
nel
1445.
Il padre, Mariano Filipepi, è un conciatore di pelli e, nonostante non sia consuetudine per
una famiglia come la sua, decide che il figlio compia approfonditi studi letterari.
A questa formazione, segue il praticantato pittorico presso la bottega del vecchio Filippo
Lippi, dal quale Botticelli si fa guidare per tre anni, assimilandone molte caratteristiche.
Al termine di questo periodo, sembra che Sandro vada a bottega da Andrea del
Verrocchio o, quantomeno, gli faccia da aiutante per un certo tempo.
E’ il 1467 e il Botticelli dipinge alcune “Madonne con Bambino” caratterizzate da una
forte
influenza
del
Lippi.
Già nel 1470, appena venticinquenne, Botticelli - grazie all’aiuto di Tommaso Soderini,
amico della famiglia Medici - ottiene il suo primo incarico ufficiale importante: la “Fortezza”,
figura
allegorica
destinata
al
Tribunale
di
Firenze.
Nel 1472, Sandro è definitivamente indipendente, tanto che s’iscrive all’Accademia di San
Luca.
In pochi anni, il giovane pittore fiorentino diviene tra i favoriti della corte medicea.
Nel 1475 dipinge uno stendardo per Giuliano de’ Medici, in occasione della celebre
Giostra
del
Poliziano.
A lui viene anche affidato l’incarico di ricordare la sventurata congiura dei Pazzi, dove ha
trovato la morte lo stesso Giuliano: nel 1478, in Palazzo Bargello, effigia i congiurati
impiccati.
A quest’epoca risale uno dei suoi capolavori: la “Primavera”, commissionato dai fratelli
Lorenzo
e
Giovanni
di
Pierfrancesco
de’
Medici.
Botticelli è il prediletto di Lorenzo il Magnifico e partecipa alla fervente vita di corte, dove
incontra le personalità più eminenti dell’umanesimo e fa proprie le concezioni
neoplatoniche
della
cerchia
d’intellettuali.
In questo modo la mitologia fu pienamente riabilitata e le venne assegnata la stessa
dignità dei temi di soggetto sacro e ciò spiega anche il motivo per cui le decorazioni di
carattere
profano
ebbero
una
così
larga
diffusione.
Venere, la dea più peccaminosa dell'Olimpo pagano, venne totalmente reinterpretata dai
filosofi neoplatonici del tempo e diventò uno dei soggetti raffigurati più frequentemente
dagli
artisti.
Nel 1481, Botticelli parte alla volta di Roma e firma un contratto con l’allora Papa Sisto IV.
Il pontefice lo vuole, insieme al Ghirlandaio, al Perugino ed a Cosimo Rosselli, per
realizzare la decorazione della nuovissima Cappella Sistina, appena fatta costruire.
I soggetti assegnati al Botticelli sono tre storie del Vecchio e Nuovo Testamento.
Solo un anno più tardi il pittore rientra a Firenze, di nuovo alla corte medicea per
realizzare
celebri
e
splendide
opere
quali
la
“Nascita
di
Venere”.
Ormai è il 1492: il periodo di gloria fiorentina del Botticelli volge al termine, in seguito
anche,
alla
morte
di
Lorenzo
il
Magnifico.
In due anni la crisi politica a Firenze si fa sempre più pesante.
Oltre a questo, il frate Girolamo Savonarola instaura una vera dittatura teocratica e il
Botticelli
sembra
essere
turbato
dalle
predicazioni
del
religioso.
Infatti
entra
in
una
profonda
crisi
spirituale.
Ha ora cinquant’anni ed un carattere introverso: i soggetti profani che ha trattato nel
corso della sua attività iniziano a sembrargli sconvenienti, se non addirittura deprecabili.
La sua pittura vira in modo deciso verso il sacro e il religioso.
Realizza dipinti allegorici e raffigurazioni sacre come Madonne con bambini, Pietà,
Natività
e
Crocifissioni.
Ormai il maestro ha difficoltà a trovare dei committenti, la sua luce è oscurata dai grandi
astri
del
tempo:
Michelangelo,
Leonardo,
Raffaello.
Egli, ormai vecchio e stanco, appare superato nella sua concezione pittorica e muore,
dimenticato da tutti, nel 1510.
RISCOPERTA DEL BOTTICELLI NELL’OTTOCENTO
Se oggi la figura del Botticelli è considerata come una delle più celebri del Rinascimento, il
pittore in realtà finisce i suoi giorni in povertà, dimenticato dai ricchi committenti.
Ne è prova il rifiuto da parte di Isabella D'Este, nel 1502, di commissionargli un’opera,
sebbene
il
pittore
gli
fosse
stato
caldamente
raccomandato.
Dopo la morte, l’oblio che lo avvolge in vecchiaia peggiora e la sua pittura viene ignorata,
quando
non
screditata.
Solo nell’Ottocento, grazie all’opera del critico inglese John Ruskin e alla passione che
dimostrano per lui i Preraffaelliti, Sandro Botticelli viene nuovamente scoperto, studiato,
apprezzato
e
largamente
imitato.
Nell'Ottocento, la città di Firenze diviene meta prediletta di colti viaggiatori stranieri, in
particolare inglesi e americani, che la eleggono loro patria d’adozione.
Tra
gli
intellettuali
che
prediligono
Firenze
vi
sono
i
Preraffaelliti.
Gli appartenenti a questo movimento inglese, costituito nel 1848, scelgono apertamente di qui il loro nome - di ispirarsi alla cultura che ha preceduto Raffaello, all’arte del Trecento
e
del
Quattrocento,
con
una
predilezione
particolare
per
Botticelli.
Il critico inglese Walter Pater parla di “un senso di smarrimento e perdita”, ravvisando nelle
sue tele una profonda malinconia, celata dietro alla perfezione ideale del disegno e della
linea.
I Preraffaelliti dipingono immagini mitiche, mutuando temi e stilemi dal maestro fiorentino.
Da lui, inoltre, sembrano apprendere il gusto per la linea ondulata e sinuosa, che tutto
avvolge e armonizza, e la minuziosa ricostruzione delle forme vegetali.
BOTTICELLI A ROMA
La politica riconciliativa di Lorenzo de' Medici verso gli alleati della Congiura dei Pazzi
(soprattutto Sisto IV e Ferdinando I d'Aragona), si realizzò in maniera efficace anche
attraverso scambi culturali, con l'invio dei più grandi artisti fiorentini nelle corti italiane,
quali ambasciatori di bellezza, armonia e del primato culturale fiorentino.
Il 27 ottobre 1480 Botticelli, Cosimo Rosselli, Domenico Ghirlandaio, Pietro Perugino e i
rispettivi collaboratori partirono per Roma per affrescare le pareti della Cappella Sistina.
Il ciclo prevedeva la realizzazione di dieci scene raffiguranti le Storie della vita di Cristo e
di Mosè ed i pittori si attennero a comuni convenzioni rappresentative in modo da far
risultare il lavoro omogeneo come l'uso di una stessa scala dimensionale, struttura ritmica
e rappresentazione paesaggistica; inoltre utilizzarono accanto ad un'unica gamma
cromatica le rifiniture in oro in modo da far risplendere le pitture con i bagliori delle torce e
delle
candele.
Secondo il programma iconografico voluto da Sisto IV, i vari episodi vennero disposti in
modo simmetrico per consentire il confronto concettuale tra la vita di Cristo e quella di
Mosè, in un continuo parallelismo tendente ad affermare la superiorità del Nuovo
Testamento
sul
vecchio.
Botticelli si vide assegnare tre episodi e il 17 febbraio 1482 gli venne rinnovato il contratto
per le pitture, ma il 20 dello stesso mese morì suo padre, costringendolo a tornare a
Firenze,
da
dove
non
ripartì.
I tre affreschi eseguiti da Botticelli, con ricorso ad aiuti che un'opera di tale vastità
richiedeva, sono le Prove di Mosè, le Prove di Cristo e la Punizione di Qorah, Dathan e
Abiram, oltre ad alcune figure di papi ai lati delle finestre (tra cui Sisto II) oggi molto
deteriorate
e
ridipinte.
In generale negli affreschi della Sistina Botticelli risultò più debole e dispersivo, con
difficoltà nel coordinare le forme e la narrazione, che genera un insieme spesso
frammentario, forse a causa dello spaesamento del pittore nell'operare su dimensioni e
tematiche non congeniali e in un ambiente a lui estraneo.
LE PROVE DI MOSE’ E LE PROVE DI GESU’
I due dipinti presi in considerazione sono quelli più rappresentativi.
Il tema della decorazione era il parallelismo tra le Storie di Mosè e quelle di Cristo.
Si voleva sottolineare la trasmissione della legge divina dalle tavole della Legge al
messaggio evangelico di Gesù, il quale poi scelse san Pietro come suo successore,
legittimando il potere, la supremazia e l'infallibilità dei suoi successori, cioè i pontefici
stessi.
La
scena
delle
Prove
di
Mosè
raffigura vari episodi
della giovinezza di
Mosè tratti dal Libro
dell'Esodo ed ha
evidenti parallelismi
con la scena sulla
parete opposta in
posizione
simmetrica, sempre
di Botticelli, le Prove
di
Gesù.
Da destra si vede
Mosè che uccide
l'egiziano che aveva
maltrattato un israelita e fugge nel deserto (per cui può essere visto come prefigurazione
di Cristo che sconfigge il demonio); nell'episodio successivo combatte con i pastori che
volevano impedire alle figlie di Ietro, tra cui è la sua futura moglie Sefora, di abbeverare il
gregge al pozzo e attinge per loro l'acqua; nel terzo in alto a destra Mosè si toglie i calzari,
poi si avvicina al roveto ardente e riceve da Dio la missione di tornare in Egitto e liberare il
suo popolo; infine in basso a sinistra, egli guida il suo popolo verso la Terra Promessa.
Dei tre episodi affrescati da Botticelli questo è il più coordinato nello svolgimento dei
numerosi
episodi
che
compongono
la
scena
narrata.
Mosè è sempre riconoscibile per la veste dorata e il mantello verde.
Il tratto migliore resta però la vigoria dei ritratti e la ricchezza di invenzioni iconografiche,
che però in alcuni casi formano un insieme frammentario, forse a causa dello
spaesamento del pittore nell'operare su dimensioni e tematiche non congeniali e in un
ambiente a lui estraneo.
La scena delle Prove di
Cristo raffigura tre episodi
evangelici della vita di Gesù.
In alto a sinistra Cristo
incontra il demonio, sotto le
sembianze di un eremita,
che lo invita a tramutare in
pane le pietre; al centro
Cristo e il demonio sono
sulla sommità del frontone di
un
tempio,
ispirato
all'Ospedale di Santo Spirito
in Saxia, e il demonio sfida Gesù a gettarsi nel vuoto e ad essere salvato dai suoi angeli;
infine, a destra, Cristo fa precipitare il demonio nudo da una rupe dopo il suo rifiuto di
dominare
il
mondo.
In primo piano si svolge un rito sacrificale, interpretato come quello offerto dal lebbroso
dopo essere stato risanato da Cristo e in cui il sommo sacerdote simboleggia Mosè, che
passa la Legge, e il giovane si identifica con Cristo, che sarà lui stesso sacrificato per
redimere l'umanità intera.
BOTTICELLI A FIRENZE
LA PRIMAVERA
La Primavera è un dipinto tempera su tavola (203x314 cm) databile al 1482 circa e
conservato nella Galleria degli Uffizi a Firenze.
Si tratta del capolavoro
dell'artista, nonché di una
delle opere più famose del
Rinascimento italiano.
Il suo straordinario fascino
che tuttora esercita sul
pubblico è legato anche
all'aura di mistero che
circonda l'opera, il cui
significato più profondo non è
ancora stato completamente
svelato.
DESCRIZIONE
L'opera è ambientata in un boschetto di aranci e va letta da destra verso sinistra, forse
perché la collocazione dell'opera imponeva una visione preferenziale da destra.
Zefiro, vento di primavera che piega gli alberi, rapisce per amore la ninfa Cloris,
fecondandola.
Da questo atto ella rinasce trasformata in Flora, la personificazione della stessa primavera
rappresentata come una donna dallo splendido abito fiorito che sparge a terra le
infiorescenze
che
tiene
in
grembo.
A questa trasformazione allude anche il filo di fiori che già inizia a uscire dalla bocca di
Cloris durante il suo rapimento. Al centro campeggia Venere, inquadrata da una cornice
simmetrica di arbusti, che sorveglia e dirige gli eventi, quale simbolo neoplatonico
dell'amore più elevato. Sopra di lei vola il figlio Cupido, mentre a sinistra si trovano le
Grazie
vestite
di
veli
leggerissimi.
Chiude il gruppo a sinistra Mercurio, coi tipici calzari alati, che col caduceo scaccia le nubi
per preservare un'eterna primavera.
INTERPRETAZIONI
La Primavera nasconde vari livelli di lettura: uno strettamente mitologico legato ai soggetti
rappresentati, uno filosofico legato alla filosofia dell'accademia neoplatonica; uno storicodinastico legato alle vicende contemporanee ed alla gratificazione del committente e della
sua famiglia.
Lettura legata al committente
Partendo dall'inventario mediceo del 1498,si può ipotizzare che il dipinto possa essere
l'allegoria del matrimonio tra Lorenzo di Pierfrancesco de' Medici e Semiramide Appiani;
Botticelli lo avrebbe oltretutto eseguito in due momenti successivi, perché l'opera era stata
inizialmente commissionata da Giuliano de' Medici in occasione della nascita del figlio
Giulio (futuro papa Clemente VII).
Ma come è noto Giuliano morì nella congiura dei Pazzi ordita contro il fratello in quello
stesso anno, un mese prima della nascita del figlio, per cui il quadro incompiuto venne
"riciclato" dal cugino qualche tempo dopo per celebrare le sue nozze, inserendovi il suo
ritratto e quello della moglie.
Nei vari protagonisti della rappresentazione sono stai individuati vari personaggi di casa
Medici: nelle tre Grazie sono state riconosciute Caterina Sforza (a destra) e Simonetta
Vespucci che guarda sognante verso Mercurio-Giuliano de' Medici.
Lettura storica
Alcuni storici dell’arte hanno considerato il dipinto come allegoria dell'età medicea, intesa
come età dell'oro, ma sotto la guida di Lorenzo di Pierfrancesco e non del Magnifico,
confermandone così la committenza. La presenza di Flora sarebbe pertanto un'allusione a
Florentia e dunque alle antiche origini della città.
Si tratta di un'interpretazione che riprende la generale tendenza degli ultimi decenni a
"smitizzare" la figura del Magnifico in favore del ramo cadetto della famiglia.
Le altre figure sarebbero città legate in vario modo a Firenze: Mercurio-Milano, Cupido
(Amor)-Roma, le Tre Grazie come Pisa, Napoli e Genova, la ninfa Maya come Mantova,
Venere come Venezia e Borea come Bolzano.
Lettura filosofica
Sicuramente nella Primavera il mito venne scelto per rispecchiare verità morali, adottando
un tema antico, quindi universale, a un linguaggio del tutto moderno.
Alcuni critici hanno letto la Primavera come la trasposizione di un distico di Agnolo
Poliziano, ricco di citazioni letterarie antiche.
La scena si svolgerebbe nel giardino sacro di Venere, che la mitologia collocava nell'isola
di Cipro, come rivelano gli attributi tipici della dea sullo sfondo (per es. il cespuglio di mirto
alle sue spalle) e la presenza di Cupido e Mercurio a sinistra in funzione di guardiano del
bosco, che infatti tiene in mano una specie di bastone per scacciare le nubi della pioggia.
Le Tre Grazie rappresentavano tradizionalmente le liberalità, ma la parte più interessante
del dipinto è quella costituita dal gruppo di personaggi sulla destra, con Zefiro, la ninfa
Cloris e la dea Flora, divinità della fioritura e della giovinezza, protettrice della fertilità.
Zefiro e Clori rappresenterebbero la forza dell'amore sensuale e irrazionale, che però è
fonte di vita (Flora) e, tramite la mediazione di Venere ed Eros, si trasforma in qualcosa di
più perfetto (le Grazie), per poi spiccare il volo verso le sfere celesti guidato da Mercurio.
Numerose sono le proposte di lettura per le Grazie. Il loro movimento di alzare e
abbassare le braccia ricorda filosoficamente il principio base dell'amore (da Seneca), la
Liberalità, in cui ciò che si dà viene restituito. Esse possono rappresentare anche tre
aspetti dell'amore, descritti da Marsilio Ficino: da sinistra, la Voluttà, dalla capigliatura
ribelle, la Castità, dallo sguardo malinconico e dall'atteggiamento introverso, e la Bellezza,
con al collo una collana che sostiene un'elegante prezioso pendente e dal velo sottile che
le copre i capelli, verso la quale sembra stare per scoccare la freccia Cupido .
STILE
Nell'opera sono leggibili alcune caratteristiche stilistiche tipiche dell'arte di Botticelli:
innanzitutto la ricerca di bellezza ideale e armonia, attraverso un uso del disegno e della
linea di contorno. Ciò genera pose sinuose e sciolte, gesti calibrati, profili idealmente
perfetti. L'ondeggiamento armonico delle figure, che garantisce l'unità della
rappresentazione,
è
stato
definito
"musicale”.
L'attenzione dell'artista è tutta focalizzata sulla descrizione dei personaggi, e in secondo
luogo delle specie vegetali accuratamente studiate, forse dal vero, sull'esempio di
Leonardo
da
Vinci
che
in
quell'epoca
era
già
artista
affermato.
Minore cura è riservata allo sfondo con gli alberi il cui verde doveva originariamente
essere più brillante, ma col tempo si è ossidato arrivando a tonalità più scure.
Le figure spiccano con nitidezza sullo sfondo scuro, con una spazialità semplificata,
sostanzialmente piatta o comunque poco accennata, come negli arazzi. Questo fatto
dimostra l'allora nascente crisi degli ideali prospettici e razionali del primo Quattrocento.
LA NASCITA DI VENERE
E’ l’opera più rappresentativa del Rinascimento italiano e spesso viene considerata come
simbolo della stessa Firenze e della sua arte. Rappresenta una delle creazioni più elevate
dell'estetica del pittore fiorentino, oltre che un ideale universale di bellezza femminile.
STORIA
La ricostruzione storica delle vicende legate alla Nascita di Venere ha molte analogie con
quella
della
Primavera.
Vasari, nel 1550, citò il dipinto assieme alla Primavera nella villa di Castello, che all'epoca
era di proprietà dei fratelli Giovanni e Lorenzo de' Medici "Popolani", cugini più giovani di
Lorenzo il Magnifico. Ciò ha fatto spesso supporre che il committente fosse Lorenzo il
Popolano, che si era fatto dipingere la Primavera, e che i due dipinti facessero parte di un
medesimo ciclo mitologico di cui faceva parte anche la Pallade e il centauro, sempre agli
Uffizi,
e
Venere
e
Marte
nella
National
Gallery
di
Londra.
La Nascita di Venere è in genere considerata opera anteriore alla Primavera. Secondo
alcuni entrambe le opere risalgono a un periodo vicino, dopo il ritorno del pittore da Roma
o immediatamente prima del viaggio. Secondo altri, invece, la Primavera sarebbe stata
dipinta prima e la Nascita di Venere dopo il viaggio.
DESCRIZIONE
Nell’opera si vede Venere che avanza leggera fluttuando su una conchiglia lungo la
superficie del mare increspata dalle onde, in tutta la sua grazia e ineguagliabile bellezza.
E’ nuda e distante come una splendida statua antica e viene sospinta e riscaldata dal
soffio di Zefiro, il vento fecondatore, abbracciato a un personaggio femminile con cui
simboleggia la fisicità dell'atto d'amore, che muove Venere col vento della passione. Forse
la figura femminile è la
ninfa Clori, forse il
vento Aura o Bora.
Sulla riva una fanciulla,
una delle Ore che
presiede al mutare
delle
stagioni,
in
particolare
la
Primavera, porge alla
dea
un
magnifico
manto rosa ricamato di
fiori per proteggerla.
Essa rappresenta la
casta
ancella
di
Venere ed ha un
vestito
setoso
riccamente
decorato
con fiori e ghirlande di
rose e mirto, piante sacre alla dea.
La
posa della dea, con l'equilibrato bilanciamento del "contrapposto", deriva dal modello
classico della Venus pudica (cioè che si copre con le braccia il seno e il basso ventre) e
Anadiomene (cioè "emergente" o nascente dalla spuma marina), di cui i Medici
possedevano
una
statua
classica
fin
dal
1375.
Il volto pare che si ispirasse alle fattezze di Simonetta Vespucci, la donna dalla breve
esistenza (morì a soli 23 anni) e dalla bellezza "senza paragoni" cantata da artisti e da
poeti fiorentini.
INTERPRETAZIONE
L'opera nasconde un'allegoria neoplatonica basata sul concetto di amore come energia
vivificatrice,
come
forza
motrice
della
natura.
Sicuramente la nudità della dea non rappresentava per i contemporanei una pagana
esaltazione della bellezza femminile, ma piuttosto il concetto di Humanitas, intesa come
bellezza spirituale che rappresenta la purezza, la semplicità e la nobiltà dell'anima.
Non a caso è stato fatto un parallelismo tra Venere e l'anima cristiana, che nasce dalle
acque del battesimo.
Sarebbe dunque un'allegoria dell'amore inteso come forza motrice della Natura e la figura
della dea, e la posa di Venus pudica (ossia mentre copre la sua nudità con le mani ed i
lunghi capelli biondi) rappresenterebbe la personificazione della Venere celeste, simbolo
di purezza, semplicità e bellezza disadorna dell'anima.
Questo era del
resto uno dei concetti fondamentali dell'umanesimo neoplatonico, che ritorna sotto diversi
aspetti anche negli altri dipinti a soggetto mitologico realizzati dal Botticelli all'incirca nello
stesso periodo.
STILE
Il disegno è armonico, delicato; le linee sono elegantissime e creano, nelle onde appena
increspate, nel gonfiarsi delle vesti, nel fluire armonico dei capelli della dea e nello stesso
profilo
della
spiaggia,
dei
giochi
decorativi
sinuosi
e
aggraziati.
Innegabile è la ricerca di bellezza ideale e armonia, che si ottiene ricorrendo al disegno e
alla
linea
di
contorno
(derivato
dall'esempio
di
Filippo
Lippi).
Le forme sono nette, raffinatissime e trovano la loro sublimazione nel nudo statuario della
dea, in cui le qualità morali e spirituali, secondo la dottrina neoplatonica, coincidono con la
sua bellezza fisica. Tipica dell'artista è la vena leggermente malinconia, ma serena, che
serpeggia
negli
sguardi.
Il colore chiaro e nitido, derivato dalla particolare tecnica che imita l'affresco, intride di luce
le figure, facendone risaltare la purezza penetrante della bellezza. Ancora più che nella
Primavera, la spazialità dello sfondo è piatta, bloccando le figure in una magica
sospensione. La progressiva perdita dei valori prospettici fa collocare quest'opera dopo la
Primavera, in una fase in cui la "crisi" che investirà Firenze alla fine del secolo, è già più
che mai avviata.
TECNICA
Botticelli usò per quest'opera il supporto della tela,
estremamente insolito nella Firenze del Quattrocento.
Due teli di lino vennero cuciti tra loro e in seguito
venne aggiunta un'imprimitura a base di gesso tinto
con un po' di blu, in modo da dare il particolare tono
azzurrato a tutto il dipinto.
La pittura usa la tecnica della tempera magra, cioè
dei colori sciolti in colle animali e vegetali come
leganti, che diede una straordinaria luminosità
avvicinandosi alla resa dell'affresco. Abbondante è
l'uso dell'oro per le lumeggiature, steso
essenzialmente con due tecniche: a "pennello", come
nei capelli di Venere, e a "missione", cioè con l'aggiunta di mordente, sui tronchi e sulle
foglie.
BIBLIOGRAFIA
L’ARTE ITALIANA vol.2 Il Rinascimento e il Barocco
Piero Adorno
Casa editrice G. D’Anna
STORIA DELL’ARTE ITALIANA vol. 2
Giulio Carlo Argan
Sansoni Editore
Siti internet:
www.firenze-online.com/artisti
www.storiadellarte.com/botticelli
www.wikipedia.org/botticelli
INDICE
Intestazione
pag. 1
Biografia
pag. 2
Riscoperta del Botticelli nell’Ottocento
pag. 3
Botticelli a Roma
pag. 3
Le Prove di Mosè e Le Prove di Gesù
pag. 4
Botticelli a Firenze
pag. 5
La Primavera
pag. 5
La Nascita di Venere
pag. 7
Bibliografia
pag.10

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