Lula Hop - Il Giornale D`Italia
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Anno V - Numero 74 - Sabato 26 marzo 2016 Direttore: Francesco Storace Roma, via Giovanni Paisiello n. 40 Economia Roma Cultura Monte Paschi, pasticcio continuo Capitale a secco anche nel commercio Ucciso dai partigiani, la sua storia a teatro Calvo a pag. 3 a pag. 10 Sarra a pag. 6 IL PRIMO APPALTO, DOPO MAFIA CAPITALE, È GIÀ A PROCESSO. INTERROGAZIONE A ZINGARETTI SU UNA NOMINA DUBBIA di Francesco Storace iccome della Regione Lazio non parla nessuno, Zingaretti si illude di poter continuare a fare come gli pare. Ma sta commettendo un gigantesco errore di valutazione che rischia di pagare caro. La Procura della Repubblica di Roma ha rimesso gli occhi addosso alla gara Cup che piaceva tanto a Mafia capitale, compresa la seconda edizione, quella del nuovo appalto dopo gli arresti e le indagini collegati al primo, ghiotto filone. Il governatore sta zitto persino quando sui quotidiani escono nuove notizie di interrogatori, spera che nel frastuono provocato dalle bombe terroristiche in Europa ci si possa rifugiare nel silenziatore ai comunicati. E invece deve parlare e stavolta spero che giovedì prossimo si presenti in aula alla Pisana, senza delegare un assessore che non ne sa nulla, a rispondere all’interrogazione che ho depositato ieri. In tre minuti dovrà chiarire finalmente se, di fronte alle nuove nubi giudiziarie, vuole decidersi a rendere trasparente la gestione della gara sui centri di prenotazione sanitaria e magari revocare un bando che solleva tanti dubbi. Quello della gara Cup sembra uno scandalo senza fine. Per la prima, revocata dopo gli arresti di dicembre 2014, è in corso il processo per turbativa d’asta. Tra gli imputati Maurizio Venafro, ex capo di gabinetto del governatore - ma i due si frequentano ancora - che dovrà tornare in tribunale il prossimo 18 aprile, per ascoltare la testimonianza degli inquirenti. Nel frattempo, si indaga appunto sulla gara successiva, per iniziativa di Michel Maritato, presidente di Assotutela, che ha messo nero su bianco in un esposto le accuse mosse anche da me in commissione bilancio in una tempestosa audizione della diri- S LA PAPPATOIA Rumors da piazzale Clodio sulla nuova gara Cup della Regione Lazio: lo scandalo sembra non finire mai gente protempore della Centrale Acquisti, Elisabetta Longo, indagata pure lei per reati diversi. Nel mirino - e c’entra con il secondo appalto - la nomina, firmata dalla stessa Longo, del nuovo dirigente dell’area “Gestione e procedure di gara”, che si chiama Pietro Leone. In commissione sollevai un dubbio su quella nomina L’EX PRESIDENTE BRASILIANO RISCHIA L’ARRESTO RENZI PRONTO A DARGLI ASILO POLITICO A ROMA Di Giorgi a pag. 5 Se ora lo dice la Procura, la domanda si fa più impegnativa e non può certo essere elusa come fa Zingaretti ogni qualvolta decide di sfuggire ai dubbi posti dalle forze politiche di minoranza. I rumors provenienti da palazzo di giustizia non sono dei migliori e non è detto che la pappatoia degli appalti possa restare immune dai sospetti di manovre poche chiare. Ci auguriamo trasparenza; se il presidente della Regione ci aiuta ad esserne certi rispondendo in aula giovedì prossimo, ci eviterà di aggiungere materiale a materiale. Se a piazzale Clodio intravedono “difficoltà nella gestione trasparente del servizio”, c’è da stare poco allegri. LA POLIZIA DI BRUXELLES CONTINUA A CINCISCHIARE. ARRIVA INTANTO LA CONFERMA DELLA VITTIMA ITALIANA Il terrore corre sempre sul filo del Belgio nche quella di ieri è stata una giornata a dir poco convulsa a Bruxelles, in un Belgio ancora sotto choc per quanto accaduto martedì scorso. Ma una giornata triste anche per l’Italia: proprio ieri sera infatti è arrivata la conferma della morte di Patricia Rizzo, data per scomparsa dopo gli attentati ma di certo rimasta tra le vittime dell’esplosione alla metro. L’esame del dna su alcuni resti, ridotti ad uno stato penoso, ha dato la conferma. La Rizzo, 48 anni, funzionaria dell'Autorità europea per la sicurezza alimentare della Commissione europea, era sposata e mamma di un bimbo, viveva in Belgio ma aveva origini di Calascibetta, in provincia di Enna, e passaporto italiano. Intanto ieri sono stati eseguiti tre arresti nei raid antiterrorismo condotti a Bruxelles in altrettanti quartieri della capitale, ovvero Schaerbeek, Forest e Saint-Gilles. L'uomo preso a Schaerbeek, contrariamente a quanto trapelato in un primo momento attraverso i media locali, non è però il super ricercato Mohamed Abrini, sicuramente complice di Salah Abdeslam. Anche da questo A Lula Hop e pare che ora i chiarimenti li voglia cercare pure il magistrato che indaga: Leone approda alla Regione Lazio da una società, la Gpsc, non certo nuova nel palazzone di via Colombo quanto ad appalti e affidamenti ottenuti dall’ente. Che una società appaltatrice possa contare su un amico in più è questione che va chiarita, dicemmo allora. spicco e potrebbe non avere attinenze dirette con la doppia strage dell’altro giorno né con eventuali altri attacchi in corso di preparazione nello stesso Belgio o nella vicina Francia. E proprio un cittadino francese è stato intanto fermato nella banlieue a nord di Parigi: è sospettato di preparare un altro attacco in città, circostanza che ha fatto di nuovo ripiombare la Francia nelle ore dell’angoscia post Bataclan. Nella guerra all’Isis qualcosa si muove, di decisivo, ma a migliaia di chilometri di dimstanza, in Siria, dove il Pentagono americano è convinto di aver La vittima italiana di Bruxelles, Patricia Rizzo ucciso addirittura il numero due dell’organizzazione islamista, nel corso punto di vista, insomma, dopo l’entusiasmo di un raid aereo. delle prime notizie diffuse, si è capito che la Tornando a Salah, l’uomo delle stragi di Parigi polizia belga ha toppato. Il sospetto, che si arrestato in Belgio continua nel suo atteggiamento trovava insieme alla figlia, è stato fermato e ondivago e ieri ha di nuovo cambiato versione, ferito alle gambe: sarebbe un 'pesce grosso' del affermando di non voler più collaborare con le Igor Traboni terrorismo internazionale, ma non una figura di autorità francesi. 2 Sabato 26 marzo 2016 ATTUALITA’ LA CGIL RIMETTE NEL MIRINO IL SEGRETARIO PD: NUOVO ATTO DELLA GUERRA A SINISTRA, MA NON SOLO… Ma quale crescita: Renzi sotto tiro Il sindacato rosso sbugiarda il premier e denuncia anche il drammatico calo delle assunzioni ornano a farsi tesi i rapporti tra Cgil e il governo Renzi, con l’ultima stoccata del sindacato rosso per eccellenza nei confronti dell’esecutivo del segretario Pd, per una crescita che non c’è. "È una parabola all'ingiù quella tracciata dall'economia italiana nel corso del 2015: frena la crescita e i prezzi calano", si legge infatti nel nuovo numero dell'Almanacco dell'economia, curato dall'area delle Politiche economiche della Cgil. L'elaborazione, realizzata sui conti trimestrali Istat, evidenzia come la crescita del Paese nell'ultimo trimestre del 2015 abbia continuato a rallentare fino a tornare pericolosamente vicino allo zero (0,1%). E la possibile crescita del Pil, nel primo trimestre 2016, oscilla tra -0,1 e 0,3 punti percentuali. Non proprio un successone, insomma, come vanno sbandierando renzi, Paoan e i media amici. Il ritmo di crescita dell'Italia, secondo il sindacato guidato da Susanna Camusso, "e'' assai più modesto delle aspettative e comunque – ed ecco l’altra stoccata - inferiore alla media dei principali paesi industrializzati ed europei". Per la Cgil, si tratta di "uno sviluppo T contenuto", così come rilevato dall'indice di ripresa della domanda effettiva, indicatore elaborato dalla confederazione, che per il 2015 risulta rosso (-0,5), anche se nell'ultimo trimestre dell'anno si è colorato di verde, registrando un +1. Una crescita sulla quale torna a gravare, già a febbraio, un'inflazione negativa: 0,2% in termini congiunturali, -0,3% in termini tendenziali. Nel 2015 la crescita del Pil di 0,6 punti percentuali è stata trainata dagli investimenti fissi lordi (+0,6%) e dai consumi privati (+0,9%), favoriti dai rinnovi dei contratti nazionali, dalla svalutazione fiscale e dai redditi dei nuovi occupati, mentre hanno subito un'ulteriore riduzione sia la domanda pubblica (-0,7%) che la domanda estera netta (-11%). Insomma, cifre e percentuali, quelle tirate fuori dalla Cgil in questo nuovo atto della guerra in casa a sinistra, che davvero non lasciano scampo alle politiche economiche renziane. Inoltre, dall'analisi del sindacato rosso, si evince che dopo una variazione positiva del tasso di disoccupazione, registrata nel quarto trimestre dello scorso anno, a febbraio l'Inps ha certificato un drastico calo delle assunzioni (-40%) e delle trasforma- zioni (-79%) dovuto, secondo la Cgil, alla netta riduzione degli incentivi fiscali per le nuove assunzioni. È aumentato solo il lavoro accessorio: i voucher sono 9 milioni e 227 mila. "La deregolamentazione del mercato del lavoro- si legge ancora nello studio- non ha avuto alcun effetto positivo sull''occupazione e sulla crescita, anzi, ha creato maggiore pre- carietà. Se non si realizzano subito nuovi investimenti pubblici e non si moltiplicheranno nuovi posti di qualità, presto la ripresa appena cominciata sarà già finita”. RITOCCHI SU TUTTI I TIPI DI CARBURANTE E anche per il ponte pasquale i soliti aumenti della benzina itocchi al rialzo sulla rete italiana dei carburanti. Anche se con i mercati internazionali in lieve calo in vista del lungo 'ponte' che li vedrà fermi fino a martedì 29, da noi si registrano aumenti, come quelli praticanti dalla Esso sui prezzi raccomandati di benzina (+1 cent) e su quelli del diesel (sempre +1 cent). Più in dettaglio, in base all'elaborazione di Quotidiano Energia dei dati comunicati dai gestori all'Osservaprezzi carburanti del Ministero dello sviluppo economico,il prezzo medio nazionale praticato in modalità self della verde è pari a 1,418 R euro/litro, con i diversi marchi che vanno da 1,409 a 1,470 euro/litro (no-logo 1,394). Per il diesel si rileva invece un prezzo medio pari a 1,240 euro/litro, con le compagnie che passano da 1,232 a 1,291 euro/litro (no-logo a 1,216). Quanto al servito, per la benzina il prezzo medio praticato è di 1,516 euro/litro, con gli impianti colorati che vanno da 1,471 a 1,590 euro/litro (no-logo a 1,423), mentre per il diesel la media è a 1,345 euro/litro, con le compagnie da 1,309 a 1,422 euro/litro (no-logo a 1,246). Il Gpl, infine, va da 0,525 a 0,566 euro/litro (nologo a 0,524). FINISCE IN UNA FONTANA LA TARGA DEDICATA ALL’OPERAIO MISSINO UCCISO NEL 1970 A GENOVA Un altro schiaffo alla memoria di Venturini Già in altre occasioni la stessa iscrizione viaria era stata distrutta dai soliti ‘ignoti’ emmeno le lapidi dei morti si rispettano... Succede a Genova, Liguria, Italia: in una fontana degradata e devastata, tra spazzatura e trascuratezza varia, ecco ciò che resta della targa marmorea della strada intitolata a Ugo Venturini. Il 18 aprile1970, in piazza Verdi, sempre a Genova, nel corso di un comizio di Giorgio Almirante, un gruppo di manifestanti dell’estrema sinistra, con l’intento di impedire il discorso del segretario del Movimento sociale, prese a lanciare sassi e bottiglie. Nel parapiglia, rimase colpito gravemente alla testa Ugo Venturini, trentaduenne, un semplice operaio edile, militante del Msi e volontario di una associazione dedita alla pub- N blica assistenza. L’agonia del povero Ugo durò un paio di settimane, fino al 1° maggio quando, proprio nel giorno della festa dedicata ai lavoratori, il suo cuore cessò di battere. Ma l’agonia della Memoria a Genova, città che pure ogni tre per due ama ripetere certi richiami alla ‘democrazia’, non viene meno, anzi: la targa dell’intitolazione della strada dedicata a Ugo Venturini è stata devastata in più occasioni, fatta a pezzi dai ‘soliti ignoti’, e ce ne siamo già occupati anche su questo giornale. Ma ora qualcuno ha pensato addirittura di sradicare il paletto della targa e di gettare il tutto nel degrado di una fontana, tra sporcizia e topi. Via Giovanni Paisiello n.40 00198 Roma Tel. 06 85357599 - 06 84082003 Fax 06 85357556 email: [email protected] Direttore responsabile Francesco Storace Amministratore Roberto Buonasorte Capo Redattore Igor Traboni Società editrice Amici del Giornale d’Italia Sito web www.ilgiornaleditalia.org Per la pubblicità Responsabile Marketing Daniele Belli tel. 335 6466624 - 06 37517187 mail: [email protected] -----------------Autorizzazione del Tribunale di Roma n° 286 del 19-10-2012 3 Sabato 26 marzo 2016 ATTUALITA’ IL GRUPPO SENESE RESPINGE CON FORZA LE VOCI CIRCA L’ENNESIMO AUMENTO DI CAPITALE IN ARRIVO CHE HANNO CREATO SCOMPIGLIO Mps tra ricapitalizzazioni (smentite) e fusioni (lontane) Prosegue la caccia al partner con l’esecutivo che continua a vagliare ogni soluzione possibile di Marco Zappa La Bce desidera un ulteriore rafforzamento patrimoniale del Monte dei Paschi”. La notizia lanciata dal Fatto Quotidiano ha creato scompiglio negli ambienti finanziari e fatto drizzare i capelli perfino agli analisti. Per un attimo pensavamo di essere tornati indietro con il tempo di alcuni mesi e più precisamente alla fine di giugno 2015 quando con altri 3 miliardi banca rossa completava la ricapitalizzazione che segnava definitivamente la fine dell’era Profumo. Credevamo fosse un incubo non solo per i giornalisti “costretti” a raccontare l’ennesimo calvario iniziato con un prestito ponte da 2 miliardi della Banca d’Italia, a cui si aggiungevano i 4 miliardi di Monti bond con gli interessi poi ripagati in azioni al Tesoro, oggi primo azionista della roccaforte della sinistra. C’è voluta la pronta smentita da parte della governance senese per far svegliare tutti da un sogno orribile. “La divulgazione di notizie destituite di ogni fondamento, in un contesto così complesso, non può che recare ulteriore instabilità e nocumento al sistema bancario, al mercato ed agli investitori”. Che già, è il caso di dirlo, per Mps da un po’ di tempo latitano. Allarme rientrato (forse). Certamente questa è la speranza dei soci che, come ricordato dal Fatto, negli ultimi anni si sono letteralmente “svenati sottoscrivendo 9 miliardi di aumenti di capitale”. Troppo, per chiunque. Perfino per la banca della sinistra. Sempre alla ricerca di un partner, su espressa richiesta di Francoforte, per tornare a risalire la china dopo anni bui alle prese con perdite, scandali finanziari e giudiziari “ che hanno fatto precipitare praticamente negli abissi il Monte dei Paschi. Dopo aver dato il benestare per la fusione tra il Banco Popolare e la Bpm, il governo adesso vuole soddisfare i voleri e i bisogni di due gruppi da sempre “amici”: Mps, per l’appunto, e Carige. Per le quali, sostengono gli analisti, il futuro sembra essere tutto tranne che roseo. Secondo le indi- screzioni che circolano negli ambienti finanziari, il premier Renzi sembra stia calcando la mano per provare a convincere la Cassa depositi e prestiti – insieme a un gruppo top secret – a convolare a nozze. In un matrimonio che si annuncia complicato e certamente ancora in fase embrionale. Tanti, gli ostacoli da arginare. Che Palazzo Chigi vuole abbattere per continuare a seguire quel credo che recita così: meno banche ma più solide. Con le parole d’ordine che sono sempre le stesse: aggregazione e fusione. Sono settimane cruciali a Siena. Con Mps alla ricerca disperata di un partner che possa garantire sicurezza e affidabilità economica. Quella che manca da tanto, troppo tempo. NEL 2015 ERANO QUASI 2 MILIONI I “DIPENDENTI” IRREGOLARI IN ITALIA. TANTI GIOVANI E MOLTI ANZIANI Non si arresta il fenomeno del lavoro in nero Numeri da capogiro che generano una evasione complessiva di oltre 25 miliardi di imposte e contributi el 2010 eravamo al secondo posto tra i paesi Ocse della (non) speciale classifica relativa al lavoro in nero, dietro solo alla Grecia. Ebbene, se continuiamo di questo passo rischiamo di fare peggio. Sono quasi 2 milioni (1,9) i lavoratori irregolari in Italia nel 2015. Numeri da capogiro che, secondo le stime, generano un’economia sommersa che si avvicina ai 40 miliardi, nonché una evasione complessiva di oltre 25 miliardi di imposte N e contributi. Dati impietosi che ci arrivano solo grazie alle ricerche della Fondazione studi dei consulenti del lavoro per l’Ansa, che hanno elaborato i dati del ministero guidato dal rossissimo Giuliano Poletti sull’attività ispettiva nell’anno dai quali è emerso che, su 206.080 aziende controllate nel 2015, sono stati scoperti illeciti in circa i due terzi (136.028) con 64.775 lavoratori completamente in nero. Il fenomeno del lavoro sommerso continua ad essere rilevante nel nostro Paese. Con dati comunque in miglioramento rispetto al 2014 (1,9). Poco o nulla, però, sembra essere cambiato rispetto al passato. Con la diffusione del problema alta soprattutto tra i lavoratori più giovani e i più anziani. Sono cifre che dovrebbero indurre a riflettere. Anche e soprattutto l’esecutivo, oltre che il legislatore. Chiamati a creare condizioni normative per incen- tivare le assunzioni, magari abbassando il costo del lavoro. Contando pure sull’aiuto degli imprenditori cui spetta la regolarizzazione dei propri dipendenti. Si tratta di introiti tutti sfumati per l’Erario, con il mancato gettito da sommerso che produce 25 miliardi, circa l’1,5% di Prodotto interno lordo. Mica briciole. Siamo alle prese con una economia illecita che sfrutta e degrada il cittadino in cerca di una occupazione. Con un problema che riguarda il Mezzogiorno ma anche le regioni del Nord Italia. Accentuato soprattutto in questi anni di grande crisi che ha visto lievitare i licenziamenti e quindi i suicidi. E il dato preoccupante è che i lavoratori irregolari sono maggiormente italiani, mentre solo una piccola percentuale è incamerata da cittadini stranieri. E’ (anche) l’Italia del lavoro in nero. Pure in questo campo indossiamo la M.Z. maglia nera. ENTRO LA FINE 2016 L’ENTE DI RISCOSSIONE SI APPRESTA A CHIUDERE 12 UFFICI IN TUTTA ITALIA C’è crisi per tutti, anche per l’Agenzia delle Entrate L’obiettivo è quello di evitare gli sprechi e ottimizzare le risorse: sindacati sul piede di guerra di Marco Zappa è crisi proprio per tutti, anche per l’Agenzia delle Entrate. La “spending review”, pilastro della politica economica del governo Renzi che la Corte dei Conti ha letteralmente stroncato bollandola come “un insuccesso”, colpisce anche l’ente incaricato a combattere l’evasione fiscale. Che C’ si appresta a chiudere 12 uffici entro la fine del 2016. Da Ortona a Cento passando per Sassuolo, Fidenza, Lungo, Castiglione delle Stiviere, Sesto San Giovanni, Corteolona, Acqui Terme, Savigliano, Taormina e Chatillon. Questi, i “centri” che si preparano a chiudere i battenti. Ma non è tutto. Perché, come rivela Italia Oggi, abbasseranno le serrande pure quelli di Santa Maria Capua Vetere, Maniago e Patti, ricompresi nel precedente piano di chiusure. L’obiettivo è quello di evitare gli sprechi e ottimizzare le risorse. Nella comunicazione inviata da Equitalia alle organizzazioni sindacali si evidenzia che la scelta, drastica, è ricaduta su quei poli con un numero di addetti inferiore a 30 unità. Alle prese con “carichi di lavoro esigui, largamente inferiori alla media nazionale e che, con la sola eccezione di Ortona, occupano immobili in locazione”. Una mossa che non sembra proprio essere piaciuta ai sindacati. Che hanno replicato sottolineando che i “sigilli” arrivano senza aver presentato il piano di fusione Entrate-Territorio. Non è dato sapere quale sarà il destino dei dipendenti. Tant’è, la storia si ri- pete. Perché i primi segnali di crisi Equitalia li aveva fatti registrare già nel 20122013, con la chiusura di undici uffici territoriali di livello non dirigenziale tra Piemonte e Veneto. E sempre per lo stesso motivo. Con le mansioni, ritenute modeste, “che non giustificavano gli oneri connessi”. E i tagli che hanno riguardato circa 220 dipendenti, sulle barricate. Insomma, l’Agenzia delle Entrate è “costretta” a stringere ancora la cinghia. Nonostante ciò non perde occasione per terrorizzare gli italiani con le su missive di “avviso bonario” lanciando appelli dai toni minacciosi: “Chi non collabora – l’ ‘invito’ poco gentile della direttrice Rossella Orlandi (datato 3 marzo) – conoscerà il nostro lato oscuro”. 4 Sabato 26 marzo 2016 ATTUALITA’ A LANCIARE L’ENNESIMO ALLARME È L’OSSERVATORIO PER LA SICUREZZA DEI CITTADINI Terrorismo, Italia impreparata Forze dell’ordine con strumenti inadeguati. Nessuna simulazione di attacchi nelle metro LA DENUNCIA ARRIVA PROPRIO DAL BELGIO E i social media in arabo e turco non vengono neanche monitorati uropol monitora i social media solo nelle principali lingue europee, non in turco e in arabo. A sottolinearlo, in una conversazione con l'Adnkronos è Roberta Bonazzi, direttore esecutivo dell'European Foundation for Democracy, un istituto politico con sede a Bruxelles che segue i temi della difesa della democrazia di fronte alla minaccia terroristica. "I terroristi lavorano come un network ed è chiaro che anche noi dobbiamo agire come una rete", afferma Bonazzi, secondo la quale le dichiarazioni uscite dal Consiglio europeo dei ministri dell'Interno e la Giustizia "sono le stesse del post 11 settembre, dell'indomani degli attentati di Madrid e di Parigi". Dopo gli attentati di Bruxelles, aggiunge, c'è ora "un ulteriore richiamo a risolvere gli evidenti ostacoli nello scambio di informazioni all'interno dell'Europa e E n Italia il rischio terrorismo c’è “e da mesi lancio l''allarme sulle forti carenze della sicurezza, e per questa ragione avevo anche consigliato di rimandare il Giubileo". Così Edoardo Maria Anghinelli, presidente Onsci (Osservatorio nazionale per la sicurezza dei cittadini), ai microfoni di Radio Cusano Campus. "Le nostre forze dell''ordine- ha proseguito Anghinelli- stanno lavorando impiegando strumenti non adeguati. Il caso più eclatante è quello dei I giubbotti anti-proiettile (che una recente inchiesta a rivelato essere per la maggior parte non più a norma, ndr) - Anche gli apparati informatici sono ormai obsoleti. La tecnologia legata alla sicurezza ha fatto progressi enormi- osserva ancora il presidente Onsci- e noi restiamo indietro". Anghinelli ha quindi sollevato il problema della sicurezza nelle metropolitane della capitale, in cui "non è stata fatta nessuna simulazione antiterrorismo" e dove addirittura le forze dell'ordine "hanno ancora pro- blemi ad arrestare i borseggiatori". Neanche i centri commerciali sono sufficientemente controllati, "non ho mai visto usare un body scanner all'ingresso". Ad esempio, "la galleria Alberto Sordi si trova a pochi metri dal Parlamento e da Palazzo Chigi. Cosa accadrebbe se un terrorista che si finge un cliente interessato alla merce entrasse e si facesse saltare in aria?". Anghinelli poi evidenzia un altro problema, quello relativo cioè ai militari posti a presidiare luoghi sen- sibili: "fatto che trasforma quei luoghi in obiettivi" per i terroristi. "Se finora in Italia il terrorismo non ci ha colpito è solo per una questione di fortuna" ma anche "di poco interesse che i capi di queste organizzazioni nutrono nei confronti dell'Italia". Secondo il presidente Onsci il nostro Paese oggi "non riveste un peso politico tale da influenzare la strategia del terrorismo internazionale. Anche la presenza del Vaticano lascia il tempo che trova". In quanto all''attentato di Bruxelles "ha avuto fra l'Europa e l'esterno". Ma per contrastare il terrorismo bisogna sicuramente fare di più e in modo più agile, nota Bonazzi. Il Belgio, con le sue divisioni politiche e linguistiche "è un caso estremo di barriere burocratiche", ma anche Europol, l'agenzia di polizia europea, ha "i limiti di una grande struttura, con lentezze burocratiche e lavora solo nelle lingue ufficiali europee ", prosegue l'esperta, rilevando l'assenza di monitoraggio dei social media in turco e arabo. (segue) Il Belgio, piccolo paese dal quale si raggiunge in poche ore Francia, Olanda e Germania, è un crocevia per l'Europa, "ma anche per la criminalità organizzata e il terrorismo", spiega Bonazzi. Gli islamisti belgi francofoni, sottolinea, sono legati a quelli francesi, e quelli delle aree fiamminghe all'Olanda. luogo di martedì, nel giorno della ripresa dei lavori parlamentari dell’Unione Europea, quindi quando tutti i dispositivi di sicurezza sono al massimo delle loro funzioni. Si tratta – ha detto ancora Anghinelli - di un attacco diretto alla comunità europea e al parlamento europeo". Tuttavia, da quando l'allarme terrorismo è stato lanciato a livello europeo, "non ho visto alcun controllo nei centri islamici che spontaneamente nascono nelle periferie delle nostre città". ARRIVANO IN 600 MA NON VOGLIONO FARSI IDENTIFICARE E PROTESTANO IN CENTRO La città di Cagliari bloccata dagli immigrati Intanto Matteo Renzi vola a Lampedusa per ripetere il solito ritornello buonista entre Matteo Renzi vola a Lampedusa a ripetere la soluta solfa buonista sull’accoglienza degli immigrati, in un’altra isola – sempre italiana – succede di tutto. Siamo a Cagliari, dove circa duecento immigrati ospiti nella struttura di accoglienza del capoluogo sardo hanno bloccato il centro della città in segno di protesta e ripetendo che loro di dare le impronte digitali all’Italia non vogliono proprio saperne. Si tratta di una parte dei 667 profughi che lunedì scorso sono sbarcati in Sardegna e alcuni di loro hanno trovato rifugio nell'hotel Pirri. Qui stanno più che bene, hanno tutti i comfort a loro disposizione, ma hanno già fatto sapere di volersene andare dalla Sardegna e pure dall’Italia, desiderosi come sono di raggiungere i parenti sparsi in ogni angolo dell’Europa. E nelle ultime ore, in segno di ulteriore protesta e per dar forza alle loro rivendicazioni, si sono anche rifiutati di essere identificati tramite le impronte digitali perché così temono di dover stare per lungo tempo in Italia. I mediatori culturali e il personale della struttura cagliaritana hanno cercato di M convincere gli immigrati e di spiegar loro come stanno le cose (le impronte ne permettono l’identificazione e quindi sarebbe anche più facile trasferirli altrove), ma gli ospiti non se ne danno ragione e hanno quindi deciso di bloccare il centro di Cagliari in segno di protesta. "Non vogliamo più stare qui e le nostre impronte non ve le daremo. Non ci terrete in Italia per sempre", hanno urlato, fino all’intervento della polizia. Subito dopo, un altri gruppo di immigrati – provengono soprattutto dalla Somalia e dall’Eritrea – hanno iniziato lo sciopero della fame. Problematiche che a quanto pare non interessano il presidente del Consiglio Renzi che, come detto, ieri è volato a Lampedusa per ripetere la solita filastrocca, accompagnato dal ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio. Lampedusa "deve essere un luogo vivo e vissuto. Non è la periferia dell'Italia. DOPO LE PROTESTE DEL CENTRODESTRA Milano vince la sua battaglia: niente profughi nell’area Expo seguito dei vari colloqui e del lavoro istituzionale di questi giorni, mi ha da poco richiamato il ministro Maurizio Martina preannunciandomi la decisione del Ministro Alfano di trasferire i profughi dal Campo Base di Expo che non verrà quindi più utilizzato per queste funzioni. Il Prefetto mi ha confermato che i profughi verranno trasferiti entro pochi giorni. Con queste parole il sindaco di Rho Pietro Romano pare sbloccare definitivamente la polemica che nei giorni scorsi ha acceso gli animi tra centrodestra e centrosinistra lombardo, polemica scaturita dalla decisione della Prefettura di dedicare il campo base Expo all'accoglienza di 500 migranti. "Come al solito c’è chi lavora e chi appare in fotografia", A Per noi l'isola è così centrale che oggi siamo qui. Servono risposte concrete – ha detto il premier, per poi aggiungere che “questo luogo ha unito la bellezza geografica dei luoghi alla bellezza dei propri abitanti. Questo luogo oggi vuole essere considerato per quello che è: una porta d’Europa ma anche un luogo dove poter vivere bene Lampedusa è il punto geograficamente più lontano, più a sud di Tunisi ma per tutti gli italiani deve essere uno dei luoghi centrali del nostro Paese e della nostra Europa”. aggiunge Romano. Duro il commento del segretario del Pd meneghino Pietro Bussolati, secondo cui quelli di centrodestra "Se la cantano e se la suonano da soli”. Di diverso avviso il candidato sindaco per il centrodestra Stefano Parisi: "Il centrodestra ha dato il suggerimento giusto, ed è stato recepito. Speriamo ora che i progetti post-Expo procedano spediti e con un coinvolgimento complessivo delle eccellenze milanesi". Sulla stessa linea anche l'assessore regionale al post Expo Francesca Brianza, che dichiara come il governo si sia reso "evidentemente conto del problema che si era creato e del blocco che questa presenza di immigrati avrebbe creato alla fase del Post Expo". 5 8 Sabato 26 marzo 2016 ESTERI BRASILE - L’EX PRESIDENTE OPERAIO, TANTO AMATO DALLA SINISTRA NOSTRANA, PER EVITARE IL CARCERE POTREBBE FUGGIRE NEL BELPAESE Il “piano b” di Lula: asilo politico a Roma FRANCIA Un bus si scontra con un camion: 12 morti. Tra i feriti due italiani n minibus turistico si è scontrato con un camion. Nell'incidente, avvenuto la notte scorsa nel centro della Francia (tra Moulins e Montbeugny), sono morte dodici persone di nazionalità portoghese (tra loro anche una ragazzina di 12 anni). Salvo il conducente del pulmino, ferito ma lievemente. Feriti anche due italiani, che secondo quanto riferito dai media francesi, sono gli autisti del camion. Quanto alla dinamica dell'incidente, si è appreso che il pullmino era in viaggio dalla Svizzera al Portogallo sulla Statale 79, considerata tra le più pericolose del Paese (il tasso di incidenti sulla stessa risulta elevatissimo). L'impatto frontale con il camion, per cause ancora da chiarire, è avvenuto intorno alla mezzanotte. Sul posto, oltre a numerosi mezzi di soccorso, è intervenuta in forze anche U Luis Inacio Lula da Silva, il “presidente operaio” tanto lodato dal Matteo Renzi (che l'ha definito un “punto di riferimento” perché “ha rappresentato un modello di sinistra di governo per tanti di noi”) ha molto probabilmente deciso di prendere in parola le dichiarazioni del nostro incauto premier. Indagato dalla magistratura brasiliana con l'accusa di occultamento di patrimonio e frode fiscale nell'ambito dell'inchiesta Petrobras, Lula ha tentato di evitare di finire dietro le sbarre entrando a far parte dell'esecutivo di Dilma Roussef, che l'ha designato ministro della Casa Civile per garantirgli A l'immunità. Il piano però è fallito: la nomina infatti, decisa dal capo dello Stato tra un mare di polemiche e proteste anche a causa della pubblicazione di un'intercettazione telefonica in cui la Rousseff lo avvisa dell'iniziativa sottolineandone l'utilità legale, è stata bloccata da un giudice federale, che l'ha qualificata come tentativo di ostacolare la giustizia. Per tentare di salvarsi dalla galera però, sembra che Lula abbia già pronto un piano di riserva che coinvolge anche l'Italia, dove il ricercatissimo (non in senso buono) ex presidente pare abbia intenzione di rifugiarsi chiedendo asilo politico. A rivelarlo è il settimanale Veja, secondo cui il politico, dato anche che la moglie Maria Leticia, avendo origini italiane (i bisnonni della donna sono nati a Palazzago, nel bergamasco, dove hanno risieduto fino a quando, nel 1908, sono emigrati in Sud America) ha la doppia cittadinanza, pare abbia intenzione di chiedere aiuto al Belpaese. L'idea sarebbe quella di recarsi in una sede diplomatica a Brasilia, preferibilmente quella italiana, da cui tentare di ottenere una specie di lasciapassare dal Parlamento che consenta all'ex presidente di raggiungere l'aeroporto cittadino senza finire in manette e partire appunto per l'Italia. Questi i dettagli - ancora non numerosi ma comunque rile- vanti - del piano di fuga che Veja, rivista tra le più vendute del Brasile, ha anticipato in queste ore. Lo scandalo che ha travolto Lula e Rousseff, la cui poltrona presidenziale risulta tutt'altro che stabile (è infatti in corso, nei riguardi della donna, una procedura di impeachment), ha portato in piazza per protesta milioni di brasiliani. Tra loro molto probabilmente non c'era Cesare Battisti, ex membro dei Proletari armati contro il comunismo che il Brasile di Lula e compagni, coadiuvato dal disinteresse e inattività del governo italiano sulla vicenda, ha protetto dalla magistratura nostrana, che lo ha condannato in via definitiva all'erga- la polizia: secondo i primi accertamenti effettuati dagli agenti, sembrerebbe escluso che l'autista del minibus fosse sotto l'effetto di alcol. Secondo le testiimonianze dei due italiani, riportate dal quotidiano La Montagne, il minibus ha improvvisamente virato a sinistra fiCdG nendo contro il loro camion. stolo in quanto responsabile di quattro omicidi commessi durante gli anni di Piombo. Pene detentive queste che Battisti avrebbe dovuto scontare nelle carceri nostrane. Così non è stato. Ora Lula, che ha concesso al terrorista italiano lo status di rifugiato politico onde impedirne l'estradizione, spera forse di veder ricambiato il favore. C'è da augurarsi che non gli venga concesso. Sarebbe un'ulteriore offesa sia alle vittime di Battisti, sia alla giustizia in genere. Chissà se l'Italia – la speranza è piuttosto vana – sarà in questo caso in grado di mostrare almeno un po' di dignità. Cristina Di Giorgi NIGERIA Dubbi e speranze sulla fine dell’incubo Boko Haram Il leader del gruppo appare in un video in cui annuncia la resa. Nel frattempo i miliziani rapiscono sedici persone e l’esercito ne libera ottocento l nuovo video apparso in rete in cui Abubakar Shekau, leader del gruppo terroristico nigeriano di Boko Haram, si rivolge ai suoi miliziani per annunciare la resa potrebbe non essere autentico. Ci sono infatti diversi dubbi innanzitutto sul fatto che l'uomo che appare nelle immagini sia effettivamente l'estremista che guida I l'organizzazione braccio armato dell'Isis in Africa occidentale. Gli esperti stanno passando al vaglio ogni fotogramma dei 7 minuti del filmato (di pessima qualità audio e video, a differenza degli altri messaggi diffusi a fine 2014 e inizio 2015) in cui colui che potrebbe essere Sheaku, che non appariva da oltre un anno e che in passato è stato dato più volte per morto, afferma che la sua leadership è giunta al termine e che è dunque ora di deporre le armi e porre fine a sette anni di guerriglia e attentati, portati avanti dai miliziani per destabilizzare il governo nigeriano: “Per me è giunta la fine. Che Allah ci protegga dal male, ringrazio il mio creatore” è la frase più significativa del discorso, pronunciato con alle spalle la bandiera nera dell'Isis. Fine di un incubo dunque? Forse. A sostegno di tale ottimistica interpretazione le frasi pronunciate, il tono dimesso del proclama e l'aspetto spento dell'uomo che appare in video. Ne sembrano convinti i militari di Abuja (capitale della Nigeria): “Il messaggio è chiaro” ha dichiarato in proposito una fonte dell'esercito alla Bbc. Che ha poi aggiunto: “vedere Sheaku nel video significa che il gioco è finito”. E la prova sta anche nel linguaggio del corpo: “per questo terrorista arrogante parlare in tono così passivo e sottomesso dimostra che è stato sconfitto” dice ancora il militare. A tali considerazioni va poi aggiunto il fatto che Boko Haram ha subito, negli ultimi mesi, la controffensiva dell'esercito regolare nigeriano, in cui sono state registrate significative conquiste territoriali a danno dell'organizzazione terroristica, ormai messa alle strette da problemi logistici e mancanza di rifornimenti. Un'altra forse più realistica interpretazione è invece quella di chi considera il video come un possibile commiato del leader ma non dell'organizzazione, che potrebbe dunque essere giunta ad una cruciale fase di cambio vertice ma non alla definitiva sconfitta. Sul sito internet del ministero della Difesa nigeriano è stata in proposito pubblicata una nota che, pur non confermando né smentendo l'autenticità del filmato, riafferma “la volontà di portare a termine il lavoro svolto nelle ultime settimane fino a eliminare anche l’ultimo terrorista presente in Nigeria”. Il comunicato prosegue poi con un appello alla popolazione a non abbassare la guardia. Nel frattempo, a possibile conferma di tale meno ottimistica ipotesi, la notizia del rapimento di sedici donne (tra loro due bambine) ad opera di un commando di miliziani, avvenuto ieri. Ne riferisce l'Afp, che citando fonti della polizia locale precisa che il sequestro è avvenuto nella zona di Adamawa, nel nordest della Nigeria. Risulta poi confermata anche un'altra notizia, di segno opposto: l'esercito nigeriano ha in queste ore liberato di 829 ostaggi che erano in mano al gruppo, mettendo in fuga i terroristi che li detenevano. “I nostri coraggiosi soldati hanno espulso dall’aerea di Kala Balge gli ultimi terroristi di Boko Haram presenti”, ha dichiarato in proposito un portavoce militare. Se effettivamente ci si stia avviando verso la sconfitta dell'organizzazione lo si vedrà nei prossimi mesi. Resta comunque un dato di fatto: dal 2009 ad oggi, la violenza terroristica di Boko Haram ha causato in Nigeria almeno 17 CdG mila morti. 6 Sabato 26 marzo 2016 DA ROMA L’INDAGINE DI CONFESERCENTI: 14MILA IMPRESE CHIUSE DAL 2008, 1.140 NEL PRIMO TRIMESTRE 2016 La città dei commerci è quasi fallita La ricetta: “Meno tasse, più credito, lotta all’abusivismo, stop ad altri centri, riqualificazione dei mercati e rivedere le politiche di riscossione” oma è sull’orlo del fallimento. Non ha dubbi la Confesercenti che ha mappato lo stato di salute di quel che resta della città dei commerci. Anche perché i consumi diffusi negli esercizi di vicinato non ripartono e le piccole imprese, ormai indebitate, chiudono. Una realtà tristissima e con previsioni tutt’altro che rosee anche nel 2016. Se il buongiorno si vede dal mattino, spicca la chiusura di circa 1.140 imprese al termine del primo trimestre dell’anno: secondo l’indagine, nei primi due mesi dell’anno in corso (2016) nella provincia di Roma si sono perse 94 imprese del settore alimentare e 630 del settore non alimentare, per un totale di 724. Un fenomeno in costante aumento con il quale i commercianti sono costretti a convivere, indebitandosi e auspicando un futuro migliore, o a cedere, abbassando la saracinesca della propria attività dopo una vita di sacrifici. Un vortice che sta spazzando via il commercio romano, settore cardine del pil cittadino. E, è l’analisi della Confesercenti, “senza politiche reali di sostegno, il tessuto economico che caratterizza Roma sta scomparendo. Una vera e propria desertificazione è in atto”. I dati confermano un trend che dura ormai da diversi anni e si è incrementato, in particolare, in questi ultimi cinque anni di piena crisi economica e dei consumi. A fronte di questo dato molto negativo, lo stesso risulta appena attenuato dalle nuove aperture che si sono fermate, nella provincia di R TORRICOLA Si sdraia sui binari, decapitato dal treno i è sdraiato sulle rotaie mentre il treno era in corsa. E’ morto sul colpo un italiano, classe 67 e originario di Anzio, che si è tolto la vita ieri mattina, intorno alle 11, nella stazione di Torricola, alle porte di Roma Termini. Il tutto sotto gli occhi dei tantissimi passeggeri che si trovavano sulla banchina, rimasti impietriti dallo choc. Il macchinista ha raccontato alla polizia, che indaga sul caso, di avere visto l’uomo che si sdraiava sui binari, di avere frenato ma il convoglio non ha fatto in tempo a bloccarsi. Nell’impatto con il convoglio l’uomo è rimasto decapitato. Dalle 11 il traffico ferroviario fra Roma Casilina e Pome- S Roma, a 28 nel settore alimentare e 156 nel settore non alimentare. “Un dato, quest’ultimo, che, stimando la tendenza, potrebbe crescere a fine trimestre per arrivare a 270 nuove aperture, contenendo, ma solo molto parzialmente il trend negativo”, si legge nell’indagine. Allargando invece l’orizzonte al territorio della regione Lazio, prosegue la Confesercenti,“il dato analizzato ci fa stimare in 910 le imprese chiuse in assoluto (oltre 450 al mese in questo primo bimestre), che sulla base trimestrale sale a 1340 imprese chiuse dall’inizio dell’anno”. Ma l’amara fotografia apparirebbe in controtendenza: “Da un lato la crescita contenuta delle nuove imprese, in effetti il dato negativo che si registra non è dato solo dall’alto numero delle imprese cessate, ma dal basso numero di imprese che riaprono o che scelgono di aprire per la prima volta”. L’altro elemento tragico sta nel dettaglio delle imprese che cessano: il 13% nel settore alimentare e l’87% in quello non alimentare. In questa triste classifica delle chiusure ci sono i negozi in sede fissa non alimentari e l’intermediazione commerciale con una quota del 30% delle chiusure, se- gue la ristorazione con il 23%, i bar con il 19%, la moda con il 16% e, sempre nell’ordine, gli articoli da regalo, i macellai, le edicole, gli ortofrutta. Se nell’ultimo quinquennio sono state ben 14mila le imprese che hanno chiuso i battenti, una vera ecatombe, l’unica ricetta possibile per salvare l’economia romana non può che prescindere “da reali politiche di sostegno: meno tasse locali, più credito, lotta senza quartiere all’abusivismo, stop ad altri centri commerciali, puntare sulla riqualificazione dei mercati e le azioni di promozione turistica della città, con- zia-Santa Palomba (linea Roma-Napoli, via Formia) è rimasto sospeso. Interrotta anche la linea regionale RomaNettuno. I treni in viaggio hanno registrato ritardi fino a 120 minuti, mentre alcune corse hanno subìto limitazione o cancellazioni. Non si conoscono le motivazioni all’origine del tragico gesto. trastando il degrado in cui, ormai, versano le strade della capitale”, è l’invito di Valter Giammaria, presidente della Confesercenti di Roma. Ma è necessario rivedere in fretta le politiche di riscossione. “Occorre sospendere la procedura che consente ad Equitalia ed Enti riscossori - ha spiegato Giammaria - l’adozione di un regime sanzionatorio pesantissimo e che si sta trasformando nella vera ghigliottina di Stato nei confronti delle piccole e medie imprese. Per questo dobbiamo dare forza e voce ai progetti di vicinato delle strade del commercio”. STORACE È PRONTO A PRESENTARE IL PROGRAMMA ELETTORALE “Se vincono i grillini? Roma si blocca” E alla Meloni, che propone maggiori poteri per la città, dice: “È stata quattro anni ministro, ci poteva pensare pure prima” rancesco Storace non molla e auspica la reunion del centrodestra, nonostante i litigi, i veti e i personalismi. Il candidato a sindaco continua a girare come una trottola la Capitale ed è pronto a presentare il programma elettorale, come ha confermato nel corso della lunga intervista rilasciata all’agenzia di stampa Dire. Programma per i primi 100 giorni da sindaco? “Dopo Pasqua stilerò un manuale alfabetico - ha risposto con le 21 cose da fare: ad ogni lettera corrisponderà una priorità. La prima lettera ed esempio è la A di Atac e così via”. Insomma il leader de La Destra ha le idee abbastanza chiare: “Una delle cose più urgenti da fare - ha aggiunto- è fare pace con i dipendenti comunali” e al contempo, “sbloccare le 22 procedure concorsuali ferme da tempo. A Roma servono intelligenze fresche per rimettere in moto la macchina amministrativa”. E la sicurezza, in tutte le sue sfaccettature, sarà uno dei punti cardine del programma di Storace, sostenuto al momento da “Destra Nazionale – Storace Sindaco” e la lista civica “Storace Sindaco”: “Illuminazione pubblica, interforze tra tutte le forze dell’ordine con il coordinamento della prefettura e, ovviamente, lotta all’abusivismo commerciale - ha assicurato ma anche i campi rom”, una questione molto sentita dai romani: “Sono felice di non trovarmi più in solitaria su questa questione. Mi ha colpito molto, F inoltre, l’asse grillini-sinistra sul superamento dei campi rom”. Si è detto poi preoccupato della vittoria del Movimento Cinque Stelle o del ritorno del Partito democratico. “Le prime sue dichiarazioni lasciano a desiderare - ha detto Storace, commentando la grillina Virginia Raggi - È partita claudicante con lo svarione su Acea. Seppur sia infantile dare la colpa a lei per il crollo in borsa dovrebbe avventurarsi in queste storie con più attenzione e competenza. Poi ha detto ‘no’ allo stadio e alle Olimpiadi. Temo che se arrivano i grillini si blocchi l’economia di Roma e scappino gli investitori”. Ha poi commentato il possibile ritorno di Ignazio Marino: “Fu imposto da Zingaretti al centrosinistra e al Pd, diceva “Non è politica è Roma”: era un grillino ante litteram”. E ha scherzato su Alfio Marchini, con il quale sembra scorra buon sangue. “Ci scherzo perché almeno lui è educato. Ma quello che gli dico sempre è che deve uscire dalla metafora della ‘supercazzola’ che lo fa sembrare un grillino altolocato”, ha spiegato il candidato sindaco. Il giudizio è pessimo sul centrodestra, frazionato e litigioso. “Ho deciso come abito mentale di commentare ogni dichiarazione del centrodestra solo dopo 7 giorni. Stanno allo sbando, io vorrei parlare non dei danni che ha fatto questa coalizione prendendosi a schiaffi da sola ma dei danni che ci sarebbero se vincessero i grillini o tornasse il Pd”, è il commento del candidato a sindaco a proposito dell’apertura di Bertolaso verso Marchini, ricordando: “Avevo proposto un confronto tra i candidati del centrodestra per trovare un’intesa tra i partiti, pensate se avessero accettato le primarie a gennaio: ora ci sarebbe un solo candidato e con i numeri per vincere. Io sono qui e ho il dovere di tentare di vincere la partita”. Storace, che ha preso le difese di CasaPound (“è sbagliato criminalizzarli, da tempo non si registrano episodi di violenza”, ha precisato), è stato pizzicato anche sulla candidatura di Giorgia Meloni, che proprio nei giorni scorsi ha rivelato di non essere mai stata fascista. “Non mi piace chi deve nascondere il passato”, ha risposto l’ex governatore del Lazio, anche perché, ha sottolineato, “nessuno le chiede di indossare la camicia nera se diventa sindaco”. Quindi, è il pensiero di Storace, “la Meloni avrebbe potuto dire ben altro. Io di fascismo scrivo tutti i giorni su Il Giornale d’Italia ma nell’ottica di verità storica su un periodo che ha rappresentato tanto. Si immagini nel 2022, per il centenario della marcia su Roma, le centinaia di libri che saranno pubblicati”. Eppure Meloni e Storace convergono sui poteri legislativi che il governo e la Regione Lazio dovrebbero cedere a Roma Capitale, in linea con le altre capitali europee. Una vecchia battaglia proprio di Storace, che si sta battendo come un leone alla Regione per assegnare maggiori poteri al Campidoglio. All’appello della leader di Fratelli d’Italia, che ha invitato gli altri candidati a recarsi “insieme da Renzi a chiedere poteri speciali per la nostra città”, Storace ha risposto così: “Meloni ha ragione. Lei è stata quattro anni ministro, ci poteva pensare pure prima”. 7 Sabato 26 marzo 2016 DA ROMA E DAL LAZIO L’EX SINDACO PRESENTERÀ IL SUO LIBRO-VERITÀ SULL’ESPERIENZA AMMINISTRATIVA, UN RACCONTO DURO E SENZA CENSURE Marino torna da marziano Il politico, che andrà a processo per le cene e le assunzioni con la sua onlus, spara a zero su Renzi e Orfini. Prevedibili altri strascichi pre-elettorali di Marco Compagnoni a sua verità. Ignazio Marino, agnello sacrificale di Matteo Renzi e Matteo Orfini, definiti rispettivamente il mandante e l’esecutore, ricostruisce le vicissitudini della sua breve esperienza in Campidoglio con un libro, il cui titolo è emblematico: “Un marziano a Roma”. La presentazione è prevista per mercoledì 30 marzo alle 11 presso l’associazione della stampa estera, in via dell’Umiltà 83/c, dove tenterà di chiarire le incognite gigantesche della sua amministrazione capitolina, travolta da Mafia Capitale (alla quale ha resistito con Orfini, subentrato come commissario del partito, che lo difese con le unghie e con i denti ma poi lo scaricò), da Affittopoli (lo scandalo degli affitti irrisori scoperchiato da Tronca) e, infine, dagli scontrini e dalla sua onlus Imagine. E proprio su quest’ultime due inchieste l’ex sindaco, che sta decidendo se scendere nuovamente in campo con il sostegno di Sel-Si e la sua lista civica, sarà molto probabilmente rinviato a giudizio. La prima verte su una spesa sospetta di 13mila euro, effettuata – tra il 2013 e il 2015 – da Marino con la carta di credito intestata al Comune per 56 cene, cui parteciparono anche suoi amici. Nello stesso procedimento il politico è indagato, insieme ad altre tre persone, per delle assunzioni con la onlus ‘Imagine’, della quale Marino L era presidente. La struttura, che si occupava di aiuti sanitari a Paesi in via di sviluppo, secondo i pm ha messo in atto delle assunzioni fittizie tra il 2012 e il 2014, con soggetti inesistenti truffando l’Inps. Oltre a Marino, presidente dell’onlus fino al luglio dl 2013, l’inchiesta vede indagati per truffa in concorso Carlo Pignatelli, Rosa Garofalo e Federico Serra. Il chirurgo genovese, però, non ci sta: “Nella vita sono sempre stato un testardo. E i testardi possono vin- cere o perdere ma non riescono a galleggiare: emergono o affondano”, si legge nel comunicato. “Che sindaco è stato Ignazio Marino? Un sindaco fuori posto, non capito da tutti i romani e accoltellato dal suo stesso partito? O un uomo onesto, assediato dal sistema di potere di Mafia Capitale, sostenuto dai cittadini e tradito clamorosamente da chi lo doveva difendere? Un sognatore ingenuo, un duro e puro, un tecnico, un politico, un marziano a Roma? Il sogno spezzato della sua ammini- strazione, da quando strappò il Campidoglio - spiega ancora la nota dell’ufficio stampa della Feltrinelli editore - a Gianni Alemanno fino alla sua decadenza, ha tenuto banco per mesi su tutti i media nazionali e internazionali, in un crescendo di attenzione che ha reso il sindaco Marino una delle figure più riconoscibili e dibattute”. Eppure, prosegue il comunicato, “non è mai stato semplice incasellarlo in una definizione, mettere la parola definitiva sulle sue capacità IL CANDIDATO DI FI ATTACCA GLI AVVERSARI CHE GIÀ RICOPRONO INCARICHI NELLE ISTITUZIONI Dove c’è Bertolaso, ci sono le polemiche Storace rivendica la sua elezione: “Giachetti, Fassina e Meloni sono stati nominati. Il vento della coglionella si è impossessato di quest’uomo” olemiche su polemiche. L’ultima arriva da Guido Bertolaso, candidato a sindaco di Forza Italia, che ha chiesto agli altri competitori di lasciare lo scranno del Parlamento e della Regione Lazio, riferendosi a Roberto Giachetti, attuale vicepresidente della Camera, Giorgia Meloni, deputata di Fratelli d’Italia, Stefano Fassina, ex viceministro dell’Economia e deputato di Sel-Si, e Francesco Storace, vicepresidente del Consiglio regionale del Lazio. L’ex capo della Protezione civile ha punzecchiato i concorrenti accusandoli di avere la “scialuppa di salvataggio” e invitandoli quindi a dimettersi. “E’ comodo fare la campagna elettorale quando hai la ‘scialuppa di salvataggio’ da parlamentare: se ti va male e non diventi sindaco, non perdi la poltrona in parlamento”. E’ l’affronto a viso aperto di Bertolaso ai rivali. “Parlo di Roberto Giachetti, che è addirittura vice presidente della Camera. Di Giorgia Meloni e Stefano Fassina, che sono in Parlamento. Ma anche di Francesco Storace che è consigliere regionale del Lazio”, ha spiegato l’aspirante sindaco all’agenzia Dire, sottolineando: “Sa- P rebbe corretto, o solamente logico, che quando uno decide di impegnarsi davvero a fare il sindaco di Roma rinunci a qualsiasi altra attività per dedicarsi anima e corpo alla campagna elettorale e conquistare così l’obiettivo di diventare primo cittadino. Credo che questo sia un comportamento etico”. Non si è fatta attendere la replica di Storace, che ha preso le distanze dagli attuali parlamentari impegnati nella campagna elettorale e ha rivendicato il se- condo posto del centrodestra nel 2013 alla Regione Lazio rispetto al terzo posto ottenuto da Silvio Berlusconi, capo della stessa coalizione alla Camera, sconfitto da Bersani e dal M5S. “Giachetti, Meloni e Fassina sono stati nominati o si sono autonominati parlamentari. Io sono stato eletto alla Regione: nello stesso giorno di votazione il centrodestra arrivò terzo alla Camera ma secondo alla Regione. E questo grazie agli elettori che preferirono me al candidato grillino”, ha precisato Storace. Insomma, secondo il consigliere regionale, “Bertolaso vede la politica nelle istituzioni come ostacolo alla candidatura a Sindaco di Roma nello stesso momento in cui è lui ad essere sotto processo per reati gravi contro la pubblica amministrazione e non solo. Ma ormai il vento della coglionella - è la stoccata di Storace - si è impadronito di quest’uomo”. di sindaco, arrivare a un bilancio chiaro della sua esperienza amministrativa. A distanza di pochissimi mesi dal clamoroso epilogo del suo mandato, con i consiglieri comunali del Pd spediti dal notaio a dimettersi insieme a consiglieri dell’opposizione, Ignazio Marino ha scritto la sua verità”. Dopo mesi di silenzio, l’ex sindaco torna a parlare: “Il racconto, duro e senza censure, delle resistenze che ha trovato e che alla fine lo hanno eliminato; l’analisi, punto per punto, di una stagione di governo della città che voleva marcare un cambiamento assoluto; il ricordo, commosso e grato, di tutti coloro (cittadini e assessori) che hanno partecipato insieme a lui a questa avventura, e lo hanno sostenuto fino in fondo. Un libro esplosivo, ma niente affatto scandalistico, ricco di rivelazioni e retroscena sui passaggi anche più minuti della politica romana, e non solo. Un libro destinato a restare a lungo al centro del dibattito pubblico”. Con le conseguenti polemiche, che molto probabilmente non mancheranno, tra Marino e i vertici del Pd. Anche alla luce della lunga campagna elettorale delle comunali, nel corso della quale Orfini ha già beccato più volte l’ex primo cittadino. Come quando l’attuale commissario, incalzato dai cronisti sulla bassa affluenza alle primarie, giustificò il flop così: “Con Marino più votanti, erano di Mafia Capitale”. CRISTOFORO COLOMBO Incidente tra auto e moto, centauro in fiamme Un testimone: “Sembrava la scena di un film”. L’uomo è in gravissime condizioni n terribile incidente stradale ha scosso giovedì sera gli automobilisti che transitavano sulla Cristoforo Colombo, l’arteria che collega il centro di Roma con il litorale. Stando a quanto ricostruito, una Smart fuori controllo avrebbe sbandato finendo contro una motocicletta all’altezza del bivio con la via Pontina. Nello scontro l’auto ha preso fuoco, coinvolgendo anche l’altro mezzo. Le fiamme hanno avvolto il centauro caduto a terra, trasportato poco dopo dal personale del U 118 in codice rosso all'ospedale Sant’Eugenio. Una scena che difficilmente sarà cancellata dalla mente dei numerosi passanti, che hanno provato ad aiutare l’uomo con l’ausilio di bottigliette d’acqua ed un estintore da auto. Nonostante le fiamme, l’uomo era ancora cosciente all’arrivo dell’equipe medica. “Sembrava la scena di un film ha raccontato uno dei testimoni dell’incidente all’Ansa -. Non capisco come possa aver preso fuoco l’auto. E’ stato davvero drammatico”. 8 Sabato 26 marzo 2016 STORIA RITRATTI “Dal pantano è nato un fiore, Maria Pasquinelli.Viva l’Italia!” Storia di una donna che fu capace di uccidere per combattere gli oppressori della sua terra di Emma Moriconi morta il 3 luglio 2013, alla veneranda età di cento anni, Maria Pasquinelli. Era nata infatti il 16 aprile 1913 a Firenze, era un'insegnante che si era trasferita a Pola e che il 10 febbraio 1947, quando i nostri territori orientali venivano ceduti agli slavi, si ribellò uccidendo con tre colpi di pistola l'ufficiale inglese Robert W. De Winton, che comandava la guarnigione alleata di Trieste. Erano gli anni del genocidio della Venezia Giulia, dell'Istria e della Dalmazia, quando tanti nostri fratelli italiani venivano massacrati nel silenzio di tutto il mondo in quello scempio che furono le foibe, quanto tanti altri - migliaia e migliaia venivano sradicati dalle loro terre e costretti a un esodo che ancora oggi rimane una immensa e dolorosa ferita della nostra Patria. Anni di sangue e di dolore, anni bui per il nostro Paese, anni che raccontano di ingiustizie mai ripagate, di colpe mai espiate, di ferite mai chiuse. Di sevizie subite dai nostri fratelli italiani nelle cavità carsiche le cui responsabilità gravano sugli invasori comunisti slavi ma pure sui comunisti italiani che non esitarono a tradire i propri fratelli, figli della stessa terra, in omaggio ai diktat dei loro aguzzini.Vicende che ancora reclamano giustizia e verità, urla che ancora fuoriescono da quelle orrende cavità della terra a gridare il dolore e l'ingiustizia di un popolo. Maria colpì a morte l'ufficiale inglese, e per questo in molti l'hanno chiamata assassina: togliere la vita a un essere umano è peccato mortale, e un assassinio è un assassinio, non si può chiamare in un modo diverso. Ma allora come dovremmo chiamare quelle orrende morti delle cavità carsiche? Come dovremmo chiamare le azioni di coloro che, scientemente, dolosamente, operarono quella "pulizia etnica" che oggi finalmente qualcuno comincia a rievocare con il nome di "foibe"? E di tutto il silenzio colpevole che per settant'anni ha gravato sulle coscienze di chi sapeva, cosa dovremmo dire? E di quanti ancora oggi lo negano, cosa È potremmo argomentare? Quali armi aveva, quel popolo, in quel tempo, per difendersi, per approntare almeno una parvenza di difesa? Nessuno. Maria Pasquinelli venne, per il suo gesto, condannata a morte: pena che venne poi commutata in ergastolo e che alla fine la vide incarcerata per dodici anni. Ma per capire chi era questa donna e con quale animo premette quel grilletto dobbiamo risalire ancora più indietro nel tempo. Diplomata maestra elementare e laureata in pedagogia, Maria Pasquinelli era Fascista. Aveva frequentato la Scuola di Mistica Fascista e nel '40 si era arruolata volontaria crocerossina in Libia; nel '41 si procurò dei documenti falsi e si rase i capelli per travestirsi da soldato e andare in prima linea. Ma venne scoperta e rimpatriata; nel 1942 volle andare in Dalmazia, ad insegnare, ma la sua attività per la Patria non si limitò all'insegnamento delle giovani menti. Continuò ad occuparsi dei soldati, fornendo il proprio contributo per recuperare le salme dei militari, per cercare le fosse in cui erano stati sepolti, per ricercare e documentare le foibe, le fosse comuni, alla ricerca di quei poveri corpi da recuperare. Sul sito "mariapasquinelli.blogspot.it" - tratto da "Boia chi molla" ano III n° 1 gennaio 1997 - troviamo scritto: "Stabilitasi a Trieste, subissò di memoriali e di denunce le autorità della RSI. Cercò di stabilire contatti tra la Decima Mas e i partigiani della 'Franchi' e della 'Osoppo' col proposito di costituire un blocco per la difesa dell'italianità nel confine orientale. Per questa attività venne arrestata dai tedeschi e minacciata di deportazione. Fu salvata da un intervento personale di Junio Valerio Borghese. La mattina del 10 febbraio 1947 il brigadiere generale W. De Winton (comandante della guarnigione britannica di Pola) lasciò di buon ora il suo alloggio. Lo attendeva una giornata impegnativa. In quelle stesse ore a Parigi si stava firmando il trattato di pace da parte dei rappresentanti del governo italiano ed a lui sarebbe toccato il compito di cedere l'enclave di Pola alla Jugoslavia. Quella mattina faceva molto freddo, c'era una bora gelida che spazzava le strade della città che pareva in disarmo, le luci dei bar erano spente, le saracinesche dei negozi abbassate e gruppi di persone si affannavano imprecando intorno a carri e carretti colmi di masserizie. I cittadini di Pola si erano illusi nei venti mesi di presenza di militari alleati di sfuggire al destino di passare sotto la Jugoslavia, destino che aveva già colpito gli italiani di quasi tutta l'Istria e della Venezia Giulia". Il sito, che è una miniera di informazioni e al quale rimandiamo il lettore che volesse sapere qualcosa di più approfondito su Maria Pasquinelli, fornisce perfettamente l'idea del clima che si respirava in quel periodo a Pola, la sensazione forte dei polesani di sentirsi "abbandonati e traditi dai loro protettori". Ecco il racconto di quegli istanti: "De Winton stava avanzando verso il reparto schierato quando, dalla piccola folla presente, si staccò la Pasquinelli che si diresse verso l'ufficiale. Fu questione di un istante: estrasse dalla borsetta una pistola e fece ripetutamente fuoco senza pronunciare una sillaba. Tre proiettili colpirono al cuore il generale che morì sul colpo, un quarto colpo ferì il soldato che aveva cercato di proteggerlo". In quel frangente, inviato a Pola per il Corriere della Sera c'era Indro Montanelli. Nella tasca di Maria venne rinvenuto un foglio che conteneva una sorta di lettera-testamento in cui spiegava il suo gesto. Michael Goldsmith, corrispondente da Pola dell'Associated Press, scrisse: "Molti sono i colpevoli, i polesani italiani non trovano nessuno che comprenda i loro sentimenti. Il governo di Roma è assente, gli slavi sono apertamente nemici in attesa di entrare in città per occupare le loro case, gli Alleati freddi ed estremamente guardinghi. A questi, specie agli inglesi, gli abitanti di Pola imputano di non avere mantenuto le promesse, di averli abbandonati". Due mesi dopo si tenne il processo, Maria si presentò alla Corte Militare Alleata di Trieste, si dichiarò colpevole e spiegò le ragioni del suo gesto. Il 10 aprile uscì la sentenza: condanna a morte. Il giorno dopo Trieste era incartata da manifestini tricolore con su scritto: "Dal pantano d'Italia è nato un fiore: Maria Pasquinelli". Maria visse così sei anni con la certezza di morire davanti a un plotone d'esecuzione. Ma nel 1954 la pena capitale fu commutata in ergastolo e nel 1964 Maria tornò ad essere un'Italiana libera. Una lettera-testamento “Riconfermo l’indissolubilità del vincolo che lega la Madre-Patria alle italianissime terre di Zara, di Fiume della Venezia Giulia, eroici nostri baluardi contro il panslavismo minacciante tutta la civiltà occidentale” cco il testo della lettera che venne rinvenuta nella tasca di Maria Pasquinelli dopo l'attentato, anche questa è tratta dal sito mariapasquinelli.blogspot.it: "Seguendo l'esempio dei 600.000 caduti nella guerra di redenzione 1915-18 , sensibile come Loro all'appello di Oberdan, cui si aggiungono le invocazioni strazianti di migliaia di Giuliani infoibati dagli Jugoslavi , al settembre 1943 a tutt'oggi solo perché rei d' italianità, a Pola irrorata del sangue di Sauro , capitale dell'Istria martire, riconfermo l'indissolubilità del vincolo che lega la Madre-Pa- E tria alle italianissime terre di Zara,di Fiume della Venezia Giulia , eroici nostri baluardi contro il panslavismo minacciante tutta la civiltà occidentale. Mi ribello - col proposito fermo di colpire a morte chi ha la sventura di rappresentarli - ai quattro Grandi , i quali,alla Conferenza di Parigi , in oltraggio ai sensi di giustizia , di umanità e di saggezza politica , hanno deciso di strappare una volta ancora dal grembo materno le terre più sacre all'Italia , condannandole o agli esperimenti di una novella Danzica o - con la più fredda consapevolezza che è correità - al giogo jugoslavo, oggi sinonimo per le nostre genti, indomabilmente italiane, di morte in foiba, di deportazione , di esilio. Maria Pasquinelli - Pola , 10 febbraio 1947". Il 30 marzo 2004 il Parlamento italiano fissava al 10 febbraio, giorno della fatidica firma, la ricorrenza chiamata "Giorno del Ricordo", in memoria degli Italiani uccisi nelle foibe e di quelli costretti a un esodo senza fine. Ridurre la storia di Maria Pasquinelli a quei tre colpi di pistola, però, sarebbe ingiusto. E dunque racconteremo brevemente ai nostri lettori che questa donna, in gioventù, aveva collaborato con il padre alla sistemazione del Sacrario di Redipuglia, alla fine degli anni Trenta, in Dalmazia era stata arrestata, aveva subito un tentativo di stupro da parte di un partigiano al quale reagì con forza e determinazione, subì le angherie del carcere, aveva tentato di impegnarsi nella costruzione di un fronte anti slavo composto da Regno del Sud, RSI e CLN, inconsapevole dei traffici sottobanco che Badoglio, partigiani e Alleati conducevano con i titini. Molto si potrebbe ancora dire, qui basterà raccontare al lettore alcuni pas- saggi di ciò che Maria disse. Affermò di riconoscere la sacralità di tutte le patrie, compresa quella inglese. Aggiunse di aver fatto celebrare una Santa Messa ogni 10 del mese in suffragio della vittima dei suoi proiettili e - ma questo non lo disse - collocò una piccola Croce sotto il monumento funebre di De Winton nel cimitero di Adegliacco presso Udine. Infine vale la pena raccontare come Maria non volle firmare la domanda di grazia: "Ringrazio la Corte per la cortesia usatami - rispose quando le spiegarono i suoi diritti -, ma sin da ora dichiaro che mai firmerò la domanda di grazia agli oppressori della mia terra". [email protected] 9 Sabato 26 marzo 2016 DALL’ITALIA L’INSEGNANTE, COLPEVOLE DI AVER FATTO PIPÌ IN UN CESPUGLIO, È STATO REINTEGRATO DAL GIUDICE DEL LAVORO Bergamo: Stefano Rho torna a insegnare Era stato licenziato perché non aveva riportato, in un’autocertificazione, una condanna ricevuta undici anni prima di Chantal Capasso uone notizie per Stefano Rho, è stato reintegrato dal giudice e potrà continuare ad insegnare. Il professore bergamasco era stato licenziato per non aver dichiarato un 'precedente penale' per una multa di 11 anni fa comminatagli dopo essere stato sorpreso a fare la pipì in un cespuglio. Ma finalmente la decisione del giudice del lavoro di Bergamo, reintegra il prof oltre a disporre che gli vengano pagati gli arretrati. La decisione del giudice del lavoro di Bergamo, Raffaele Lapenta, conclude una procedura di conciliazione tra il professore, assistito dall’avvocato Yvonne Messi, e il Miur, ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca. Oltre al reintegro il giudice ha anche deciso la restituzione, in favore del docente, dei due mesi di stipendio non percepiti a causa del licenziamento. All'uscita dal Tribunale, Rho era atteso da un gruppo di ragazzi che l'ha applaudito e abbracciato. Stefano Rho è uscito dal tribunale sor- B ridente, circondato dagli studenti che lo avevano aspettato. Il professore di filosofia, si dichiara più che sollevato. La “triste” vicenda risale a undici anni fa, quando Stefano Rho fu sorpreso mentre orinava su un cespuglio: accusato di atti contro la pubblica decenza, fu condannato a pagare una multa di 200 euro. Nel 2013 entra di ruolo nella scuola e firma un'autodichiarazione dove dice "di non aver riportato condanne penali". Ed è proprio questa dichiarazione, in seguito a un controllo, a far perdere il posto a Rho, in quanto avrebbe giurato il falso. Il suo caso aveva suscitato le proteste dei suoi alunni del liceo linguistico Falcone di Bergamo, che avevano organizzato lo scorso 6 febbraio una manifestazione di protesta e avevano scritto una lettera indirizzata al Capo dello Stato Sergio Mattarella. Il caso aveva finito col coinvolgere anche la politica a più livelli, con l'annuncio di interrogazioni parlamentari e una mozione del Consiglio provinciale di Bergamo a favore del reintegro del docente. Stefano Rho, seppur contento della decisione, ha parlato al “Corriere della Sera” di "vittoria mutilata, affermando che la normativa resta comunque ingiusta” . Il docente, che all'esterno del tribunale ha trovato ad attenderlo alcune sue alun- ne, tornerà a insegnare dopo Pasqua: "Sarà come un primo giorno di scuola per me". FINISCE IN MANETTE ANGELO MARIA CHIRIATTI, 61 ANNI: DEVE SCONTARE OLTRE DUE ANNI, ASCOLTATE LE PRESUNTE VITTIME Fermato finto prete a Brindisi per pedofilia L’uomo si professava sacerdote ma non aveva mai ricevuto l’ordinazione Già nel 2009 era stato acusato di aver abusato di cinque ragazzini finito in manette Angelo Maria Chiriatti, il 61enne noto come 'padre Pietro', accusato di violenza sessuale e sostituzione di persona, così come disposto dalla Corte d’appello di Bari. L’uomo indossava abiti talari pur non avendo alcuna investitura,più volte denunciato dalla Curia di Lecce. L’uomo è originario di Lecce ma vive a San Pietro Vernotico, in provincia di Brindisi, dove i carabinieri gli hanno notificato l’ordine di carcera- È zione: deve scontare una pena residua di due anni e tre mesi. Le indagini, culminate con l’arresto, sono scattate dopo la segnalazione di un’assistente sociale della provincia barese. Chiriatti, durante le vacanze estive, avrebbe accolto nel suo finto oratorio, che si trova tra le province di Bari e Brindisi, diversi minorenni (bambini e ragazzini) dei quali avrebbe abusato. Nel 2008 risulta nei suoi confronti una sentenza di condanna passata in giudicato della Corte d'Appello di Lecce per atti di libidine e violenza relativa a fatti avvenuti nell'89. Nel 2007 invece è stato condannato per turbamento di funzione religiosa in una chiesa di San Pietro Vernotico e per aver strappato i manifesti fatti affiggere sui muri dalla Diocesi di Lecce con i quali la gente veniva avvisata del fatto che Angelo Maria Chiriatti non era un prete. Nel 2001 l'uomo era stato denunciato dai carabinieri per usurpazione di titolo ec- clesiastico e nel 2000 era stato arrestato e poi assolto, per non aver commesso il fatto, dal Tri- MAXIBLITZ IN PUGLIA TOPI D’APPARTAMENTO Sgominata banda di rapinatori n’imponente operazione dei carabinieri ha arrestato dieci persone, di cui sei in carcere e quattro ai domiciliari. Il maxi blitz è stato compiuto in diverse regioni italiane (Puglia, Basilicata, Campania e Lombardia). Tutti con l’accusa, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata alle rapine aggravate in danno di furgoni portavalori e caveau, ricettazione, riciclaggio, detenzione e porto abusivo di arma da guerra e comune da sparo. Gli arresti sono stati eseguiti su disposizione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP presso il Tribunale di Trani, su richiesta della locale Procura della Repubblica, nell’ambito di una in- U dagine che ha portato allo smantellamento di una banda di malviventi dedita alle rapine ai portavalori e caveau delle banche. Gli inquirenti, hanno così sgominato un sodalizio criminale stretto tra cerignolani e andriesi con beneventani, potentini e residenti nel basso Lazio, in grado di organizzare e mettere a segno rapine in tutta Italia, con metodi bunale di Lecce per violenza sessuale. I minorenni coinvolti sono stati sentiti in ascolto protetto, alla presenza di psicologi e periti designati dal tribunale dei minori, e tutti hanno confermato di avere subito abusi sessuali da parte del falso prete. All’epoca dei fatti le vittime avevano un’età fra i dieci e i 17 anni: le testimonianze portarono l’arresto del padre Pietro, ma questi tornò in libertà dopo un periodo di custodia cautelare. Nonostante il processo pendente a suo carico, il finto sacerdote ha continuato a circolare con addosso l’abito talare e un crocifisso, celebrando la messa nelle case di sua proprietà, sedi della comunità dei sedicenti Missionari di nostra Signora della Cava devota al Cuore immacolato di Maria, come Chiriatti predicava ai Ch.C. suoi fedeli. e armi paramilitari e potendo contare sull’appoggio di incensurati che o facilitavano le rapine, o ne nascondevano gli arsenali. L'indagine è partita seguendo alcuni sospettati e sono stati accertati due tentativi di rapine a Melfi e Torrenova, nel Beneventano. Ma la banda stava per mettere a segno colpi anche in città del Nord Italia: in particolare, si sospetta che nei piani del gruppo vi fosse il caveau di una banca di Milano, in piazza Duca D'Aosta, un deposito orafo di Tezze sul Brenta, nel Vicentino, e un furgone blindato a Marghera, in Ch.C. provincia di Venezia. Arrestati albanesi nel Casertano rrestati dalla polizia di Caserta una banda di albanesi, con loro sottosequestro il bottino composto di gioielli e oggetti in oro dal valore di ottomila euro. Gli arrestati avevano rubato in alcune abitazioni nel ternano. Ora i sei albanesi sono stati sottoposti a fermo di polizia giudiziaria dalla squadra mobile di Caserta, grazie anche al contributo dei carabinieri di Terni. Alcuni dei cittadini hanno potuto riconoscere i loro gioielli proprio mentre stavano formalizzando la denuncia negli uffici della stazione carabinieri di Terni. Questa operazione rientra in quella mirata a contrastare il fenomeno dei furti in casa e di repressione delle bande specializzate. Gli A agenti della squadra mobile della Questura di Caserta hanno sottoposto a fermo sei persone, tutte nate in Albania e di età compresa tra i 22 e i 33 anni, già note alle forze dell’ordine per precedenti di polizia tra cui, in particolare, per reati contro il patrimonio. L’attività investigativa della polizia ha consentito di individuare i sei malviventi in un appartamento di Macerata Campania, probabilmente la “base” operativa della banda. Qui, sono stati rinvenuti numerosissimi oggetti refurtiva di furti e rapine, tra cui orologi di pregio, macchine fotografiche, argenteria, penne ed accessori, nonché arnesi per lo scasso come, in dettaglio, due fiamme ossidriche portatili. Al termine degli atti di rito i sei sono stati condotti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere a disposizione dell’autorità Ch.C. giudiziaria. 10 Sabato 26 marzo 2016 CULTURA “COME UNA QUERCIA” È LO SPETTACOLO DEDICATO A ROLANDO RIVI. TESTO DISPONIBILE ANCHE IN UN LIBRO Arriva a teatro il ragazzino ucciso dai partigiani In scena la vicenda del seminarista torturato nel 1945 dai comunisti di Igor Traboni a vicenda di Rolando Rivi, seminarista ucciso dai partigiani comunisti nel 1945 vicino Reggio Emilia, è diventata uno spettacolo teatrale, scritto e diretto da Davide Giandrini, il cui testo è ora disponibile anche nel libro pubblicato da Itaca e che riprende il titolo della rappresentazione, ovvero “Come una quercia – Storia di Rolando Rivi seminarista martire”. Il martire ragazzino: così è stato anche definito Rolando, beatificato da Bergoglio come uno dei primi atti del suo pontificato, e le cui spoglie riposano oggi alla Pieve di San Valentino, nel Reggiano. Un borgo che da qualche tempo è stato impreziosito anche dalla presenza di una casa dei Memores Domini, una delle tante intuizioni di don Luigi Giussani, inaugurata giusto un anno fa da Mons. Massimo Camisasca, fondatore dell’altro ramo giussaniano della Fraternità sacerdotale dei Missionari di San Carlo Borromeo e quattro anni fa nominato proprio vescovo di Reggio Emilia (tra l’altro Camisasca il prossimo 16 aprile tornerà alla Pieve per celebrare la messa nell’anniversario del martirio del Beato Rivi). E da San Valentino, come viene ricordato con dovizia di par- L Mons. Camiscasca sulla tomba d Rolando Rivi, dichiarato Beato da Papa Francesco ticolari ma senza pedanteria nel testo di Giandrini, Rolando prese le mosse a soli 11 anni, nel 1942, per entrare nel vicino seminario di Merola, grazie anche all’esempio del parroco don Olinto, prete buono. Ma la guerra incombeva e due anni dopo i seminaristi furono costretti a tornare a casa. Così accadde anche per Rolando, che comunque continuò a vivere una storia di fede esemplare per un ragazzino della sua età, compreso l’attaccamento alla talare, che non smi- se mai di indossare, anche se in quella zona rossa per accezione forse sarebbe stato meglio non farlo, tanto e tale era l’odio che i partigiani nutrivano per tutto quello che ‘sapeva’ di Chiesa. “Non lo si incontra mai triste. E’ combattivo. E’ forte”, racconta di Rolando la voce narrante di Daniele Bentivegna in questo spettacolo, mentre la musica sfuma (le note sono quelle di Beethoven e Presisner, ma anche quelle più contemporanee di Lucio Dal- la). Fino al 10 aprile 1945, quando inizia il calvario. Qui lo spettacolo si ‘veste’ di luce a giorno, e narra di un martedì, con Rolando che “è già in chiesa al mattino presto perché si celebra la messa e lui accompagna il coro con l’harmonium. Poi, prima di uscire dalla chiesa si accorda con i cantori per le prove del giorno dopo, e quindi saluta tutti e torna a casa. Papà Roberto e mamma Albertina quel mattino sono a lavorare nei campi, e così lui, con il suo abito talare, prende libri e quaderni ed esce per andare a studiare al fresco di un piccolo bosco. Lo avvicinano dei partigiani comunisti e prendendolo con la forza portavo via Rolando. Lo rapiscono”. Nei tre giorni successivi, il papà e gli amici cercano Rolando in ogni dove. Ma proprio il 13 aprile il suo martirio si consuma: “I partigiani insultano Rolando, lo prendono a schiaffi, gli tirano cinghiate, gli danno calci e pugni su tutto il corpo. Continuano a torturarlo fino alle tre del pomeriggio. Lo fanno inginocchiare di fianco ad una fossa che hanno scavato. Mentre recita il Padre Nostro i partigiani comunisti gli sparano due colpi di pistola. Uno al fianco. L’altro alla testa”. Papà Roberto e il parroco don Camellini incontrano il comandante del battaglione delle piane di Monchio: “Dov’è il seminarista Rolando Rivi? Chiese don Camellini al comandante. ‘E’ stato ucciso qui. L’ho ucciso io, ma sono perfettamente tranquillo’”. Su queste parole della rappresentazione sfuma la musica e cala il buio in sala. Ma possiamo ben dire che qui inizia la luce per Rolando, per la sua vicenda. E non solo perché lo spettacolo prosegue, proprio con la luce a giorno che segna il ritrovamento del cadaverino, ma soprattutto perché la fama di santità di Rolando inizia a propagarsi per quelle contrade segnate dal sangue di altri uomini di Chiesa. Fino ai nostri giorni – passando attraverso la condanna dei due responsabili delle torture e dell’uccisione, partigiani che poi hanno goduto della amnistia Togliatti per i fatti di guerra -, a quel cammino iniziato giusto dieci anni fa e culminato con la proclamazione a Beato da parte di Papa Francesco, dopo il riconoscimento di un miracolo (quello di James, altro bambino, guarito dalla leucemia) attribuito proprio all’intercessione di Rolando. E’ qui che lo spettacolo si chiude, dopo aver illustrato per bene il significato della ‘beatitudine’ che passa anche attraverso figure come questa di Rolando Rivi. Uno spettacolo ‘coraggioso’, come l’Autore racconta nell’intervista qui in pagina. E che solo un autore e attore come Giandrini (formatosi con il teatro-canzone e passato attraverso collaborazioni e contaminazioni che vanno dal poeta Davide Rondoni alla scrittura di Luca Doninelli, dal Leopardi lunare alla figura del padre con Risè e Palmieri, dalle foibe al racconto-rivisitazione di Pinocchio) poteva avere per l’appunto il ‘coraggio’ di portare in scena. E per richiederlo basta scrivere a : [email protected]. PARLA DAVIDE GIANDRINI, AUTORE DELLA RAPPRESENTAZIONE: “TANTE PERSONE COMMOSSE DALLO SPETTACOLO” “Colpito dalla potenza del piccolo” Ma nel paese natale del Beato, nel cuore della rossa Emilia, non è stato ancora possibile portarlo… Davide Giandrini, come ha conosciuto la figura di Rolando Rivi? “In maniera abbastanza causale, se vogliamo: me ne ha parlato un amico circa un anno fa e subito mi ha colpito la vicenda di questo ragazzino ucciso perché non voleva togliere l’abito talare, ad appena 14 anni. Mi sono messo a cercare notizie in rete, ho letto il libro di Emilio Bonicelli, ho cercato altre notizie, tutto quello che sono riuscito a trovare. Con Daniele (Bentivegna, la voce narrante della scena teatrale, ndr) siamo andati a San Valentino, il paese di Rolando, e abbiamo girato un primo video alla Pieve, quindi alla Piana di Morchio dove venne trovato il cadavere. Quindi ho incontrato il cugino Sergio, che oggi ha 77 anni, e l’ho intervistato, e nello spettacolo appare proprio mentre racconta dei suoi giochi con Rolando”. Ecco, arriviamo allo spettacolo teatrale. Il ‘perché’ lo abbiamo capito dal fascino che emana la figura del Beato Rivi, ma ‘come’ è nata questa rappresentazione? “Ho avuto subito ben chiaro cosa volevo mettere in scena, ho buttato giù due-tre stesure, fino a quella finale. Abbiamo provato parecchio, ma devo dire che non è stato difficile, anche se ha rappresentato una bella sfida”. Immaginiamo, visto gli argomenti che tocca, ad iniziare dalle violenze partigiane, che non è facile far girare questo spettacolo… “Vero, non è facile. Però stiamo girando molto. E i teatri sono sempre pieni. Altra cosa non facile di questi tempi. La pubblicità migliore è quella del passaparola: le persone che vengono a vedere lo spettacolo, poi lo consigliano ad altri”. E questo titolo, forte ma allo stesso tempo particolare di “Come una quercia”, dove nasce? “La quercia ha radici ben radicate, difficile spostarla. Così accadde a Rolando, radicato nella fede, nel suo Gesù, anche nel martirio” Chi e perché viene a vedere una rappresentazione del genere? “Si tratta di un pubblico variegato, ma direi che l’età media è sui 25-30 anni. L’orientamento è chiaramente cattolico, ma non solo. Vengono tante persone che prima neppure conoscevano questa storia e poi vanno via commosse”. Colpite da che cosa, in particolare? “Da quella che amo definire ‘la potenza del piccolo’. Rolando è un ragazzino, ma diventa un gigante. Non a caso nel suo paese da dieci anni arriva gente da ogni parte del mondo. E’ una figura che interpella tutti. Nell’uomo suscita una domanda di fondo sul senso dell’esistenza, su perché vale la pena vivere. E per che cosa vale la pena morire” co’ lo ha mai avuto? “No, non direttamente. E’ capitato che sui social qualcuno abbia scritto di non andare a vedere lo spettacolo. Però mi hanno riferito che, ad esempio, in un paese del reggiano sia venuto anche il presidente dell’Anpi a vedere lo spettacolo”. Ma qualche problema diciamo così ‘politi- E a San Valentino, il paese del Beato Rolando, come è andata? “E’ andata che… ancora non ci siamo andati per rappresentare lo spettacolo. Con il sindaco del paese c’è una grande cortesia, ma pensare di portare lo spettacolo lì… ancora non se ne parla. Pensi che in paese ci sono degli anziani che ancora credono Rolando Rivi una spia…”. Ig. Tr. 11 Sabato 26 marzo 2016 SPETTACOLI LA MACCHINA DA PRESA PUNTA SUL DEGRADO DELLE PERIFERIE ROMANE, CON IL CORAGGIO DI COMBATTERE Jeeg Robot secondo Santamaria Tutti pazzi per l’attore romano: l’interpretazione di Enzo Ceccotti fa sbancare il film al botteghino di Marco Buonasorte J eeg Robot, il noto personaggio giapponese, ispira uno dei film più visti del momento. Protagonista Claudio Santamaria nel ruolo di Enzo Ceccotti, un personaggio che incontriamo a inizio pellicola mentre scappa da due poliziotti che lo inseguono a seguito di una rapina. Ed ecco scorrere sul grande schermo le immagini delle rive del fiume Tevere sotto Ponte Sant’Angelo, dove il protagonista cerca di nascondersi. Ed è proprio tuffandosi nelle acque del “fiume biondo” che Enzo viene in contatto con una sostanza nucleare che gli procura una forza sovrumana, che inizialmente usa per piccoli furti, necessari alla sua sopravvivenza. A fare da contorno - e non solo scenografico - alle vicende di Enzo, il disagio ambientale dei quartieri decadenti della periferia romana. Ma, come in ogni bella fiaba, ecco il bene che trionfa sul male: a far cambiare idea al nostro supereroe, e a farlo affezionare nuovamente ad una persona dopo aver perso tutti gli amici della sua comitiva di adolescente e la ragazza della quale era innamorato, è Alessia (Ilenia Patorelli), figlia dell’ultima conoscenza di Enzo, Sergio, interpretato da Stefano Ambrogi. Una ragazza disagiata che ha un po’ perso il senso della realtà a causa della scomparsa della madre e delle violenze subite dal padre, che si è creata un mondo proprio, in cui rifugiarsi: quello di Jeeg Robot. Alessia, venuta a conoscenza della superforza di Enzo, lo identifica nel personaggio di Iroshi Shiba, il giovane che può diventare Jeeg Robot. Il nemico del nostro eroe è “Lo zingaro”, interpretato da Luca Marinelli. Il film non ha molto a che vedere con il cartone originale, ma merita senza alcun dubbio di essere visto anche per le varie sfumature che assume e le denunce che il regista Gabriele Mainetti ha voluto lanciare con questa pellicola: il degrado nel quale vivono le periferie, le bombe situate nella città a indicare gli attentati, tragici, subiti dall’Europa per interessi da parte di qualche misteriosa entità. Parliamo di un film che può considerarsi da record, se pensiamo che il primo giorno nelle sale, si è classificato quinto dopo “Perfetti sconosciuti”; “Deadpool”; “Zootropolis” e “The Danish Girl” per incassi: 83.000,00 euro. È poi sceso di una posizione dietro “Tiramisù”, che ha incassato 1.200.000,00 euro, anche se dopo la prima settimana di programmazione, “Lo chiamavano Jeeg Robot” ha raggiunto la cifra di 796.000,00 euro incassati. Ma la sorpresa più grande è arrivata di recente, con le 16 nomination al “David di Donatello”, lo stesso numero di nomination di “Non essere cattivo” di Claudio Caligari. I “David” principali al quale il film è candidato sono “Miglior regista esordiente” (si tratta difatti della prima pellicola da regista per Gabriele Mainetti); “Miglior Produttore” (sempre per Gabriele Mainetti), “Miglior attore protagonista”, Claudio Santamaria; “Miglior attrice protagonista”, Ilenia Pastorelli; “Miglior attrice non protagonista” per Antonia Truppo, interpretante il ruolo di Nunzia, una mafiosa napoletana; “Miglior attore non protagonista” per Luca Marinelli; la consegna dei premi sarà trasmessa in diretta su Sky Cinema, canali Sky da 301 a 315, e Tv8, canale 121 e 190 di Sky, canale 8 di tivùsat. Claudio Santamaria è un attore e doppiatore italiano nato a Roma, quartiere Prati, da padre romano e madre lucana il 22 luglio 1974; intraprende fin dalla prima gioventù la strada che poi lo porterà ad essere uno dei più apprezzati attori italiani: è il 1997 quando prende parte al cortometraggio “Dead train”, nello stesso anno debutta anche sul grande schermo nel ruolo di “Er Banana” nel film “Fuochi d’artificio”, scritto, diretto ed interpretato da Leonardo Pieraccioni. La carriera cinematografica di Claudio Santamaria può solo progredire fino ad arrivare, nel 2005, ad interpretare il ruolo di “Dandi” in “Romanzo criminale” di Michele Placido, soggetto tratto dall’omonimo romanzo, scritto dal magistrato, scrittore, drammaturgo e sceneggiatore italiano Giancarlo De Cataldo, il quale ha anche lavorato alla stesura della sceneggiatura insieme al regista Placido, Sandro Petraglia e Stefano Rulli. Un personaggio, il Dandi, facile da interpretare, ma al quale Santamaria ha saputo imprimere caratteristiche peculiari rendendolo indimenticabile. Continua quindi il suo percorso cinematografico fino a quando la RAI, nel 2007, crea una fiction: “Rino Gaetano-Ma il cielo è sempre più blu”, e il regista Marco Turco lo disegna come interprete del noto cantante calabrese trasferitosi a Roma con la famiglia nel 1960 e successivamente, divenuto uno dei più famosi cantautori italiani. Claudio Santamaria ha poi lavorato come attore di teatro in “La notte poco prima della foresta” nel 2010, regia di Juan Diego Puetra Lopez, e “Occidente solitario” nel 2011, di Martin Mcdonag, regia di Juan Diego Puetra Lopez. Dal 2015 è il protagonista - nel ruolo di Orlando Mieli - della serie televisiva italiana “E’ arrivata la felicità”, regia di Riccardo Milani e Francesco Vicario; e oggi ecco il suo approdo nel mondo dei manga e degli anime. NOTE CONTROCORRENTE - COME CAMBIA, CON ESTREMA VELOCITÀ, IL MONDO DELLA MUSICA Il cd è morto, W il download Il download è morto, W lo streaming “ C’era una volta il disco”, potrebbe iniziare così la favola dell’ascolto della musica non dal vivo. Ai primi del ‘900 il disco incontrò un grande successo fino a diventare l’unico supporto per ascoltare la musica. Nel 1925 nacquero i dischi che andavano alla velocità di 78 giri al minuto, poi nel 1948 la Columbia Records introdusse negli Stati Uniti un disco in Vinile, evoluzione del vecchio 78 giri, disco da 30 cm di diametro che viaggiava a 33 giri e mezzo al minuto. In sequenza furono poi realizzati altri formati, oltre al noto LP (Long Playng). Così per quasi sessant’anni la musica si poteva ascoltare solo con l’uso di questi supporti analogici. Negli anni ‘60, proprio quando a Roma arrivò “La Grande Olimpiade”, la più imponente del dopoguerra, che introdusse un radicale cambiamento ed evoluzione della ricorrenza mondiale quadriennale, nella musica avvenne un’altra epocale innovazione: l’avvento della musicassetta. In breve tempo la musicassetta divenne un vero e proprio fenomeno, antesignano e precursore di ciò che sarebbe avvenuto quarant’anni dopo. Si trattava di un supporto fonografico, dotato di nastro magnetico, sul quale era possibile registrare emissioni audio e successivamente ascoltarle. Pensiamo ai nostri giorni e vediamo come, con un download digitale, è ora possibile scaricare, e poi copiare su un CD o su una chiavetta, la musica che s’intende ascoltare in seguito. Le cassette, che andarono prima ad integrare, e poi a sostituire i vinili, erano estremamente economiche e pratiche e incontrarono una grande popolarità negli anni Ottanta. Il loro utilizzo raggiunse l’apice per l’ascolto della musica mediante vari dispositivi, portatili e no, e diventò un must da parte soprattutto del mondo giovanile. Era facile incontrare passeggiando per strada, proprio come accade adesso con gli mp3, ragazzi con cuffie collegate ad un walkman. Le musicassette presentavano numerosi vantaggi, non solo per chi le utilizzava per l’ascolto, ma anche per le band, che potevano registrare e produrre la loro musica senza costi eccessivamente onerosi. All’apice del successo delle musicassette corrispose, verosimilmente, lo start up del suo più temibile competitore, il compact disk a lettura laser. Le musicassette, che continuano a vivere ancora oggi anche grazie al loro costo ridotto, sono state superate dall’avvento, appunto, del CD, che ha venduto moltissimo in tutto il mondo. Ma oggi la vendita dei CD nei negozi tradizionali, già calata vertiginosamente, anche per l’avvento del download, è di- ventata sempre più una rarità. E basta dare uno sguardo alle classifiche della FIMI, per renderci conto che il download è stato superato, e questo perché non si scaricano più neanche le singole tracce. Vi chiederete il perché… La risposta è semplice: con l’avvento dei software di Spotify e, recentemente di Apple Music, per iPhone e IPad, è possibile avere in streaming una libreria di incredibili e vaste dimensioni, con un costo pari allo zero. Se poi non si vuole spendere nulla c’è YouTube. Allora cosa dovrebbero fare gli editori, i produttori, le case discografiche ma, soprattutto gli autori e i compositori che, tra l’altro, versano i propri soldi alla SIAE, se come sembra i dischi, almeno per le vie tradizionali, non si venderanno più? Crediamo che si debba ritornare al passato e ripercorrere la via maestra. L’unica possibilità è quella di incrementare le esibizioni dal vivo nelle piazze, nei locali e vendere sotto palco i propri dischi ad un prezzo più contenuto e sperare che le Radio e la TV diano visibilità maggiore agli artisti, contribuendo così all’introito dei diritti editoriali almeno fino a quando, dal famoso appello a cilindro non uscirà, come per magia, la SG soluzione. [email protected] 12 Sabato 26 marzo 2016 ELEZIONI ROMA LA LISTA COMPLETA ECCO TUTTI I COMITATI PER FORZA VERDE AURELIO portavoce: FABRIZIO BRACCONIERI - mail [email protected] NOI PER ROMA CON STORACE SINDACO portavoce: ROBERTA OLGA PETRONE - mail [email protected] CAMBIA ROMA CON STORACE SINDACO portavoce: SILVIA AMICI - mail [email protected] IMPEGNO PER ROMA portavoce: PAOLO PICCININI - mail [email protected] LAVORATORI C.R.I. PER STORACE SINDACO portavoce: DANILO ZDRILICH - mail [email protected] TORNERÀPULITA CON STORACE SINDACO portavoce: MAURIZIO LUPINI - mail [email protected] LIBERIAMO ROMA PER STORACE SINDACO portavoce: PAOLO PIZZONIA - mail [email protected] COMITATO IV MUNICIPIO portavoce: MARCELLO SPINA - mail [email protected] COMITATO ACEA portavoce: PAOLO DERIU - mail [email protected] COMITATO ROMA BOCCEA XIII portavoce: LUIGI TOZZI - mail [email protected] COMITATO PIANA DEL SOLE portavoce: ANTONIO SABATO FUSCO - mail [email protected] COMITATO BAGLIONI 32 portavoce: EMANUELE CAROCCI - mail [email protected] COMITATO ROMA EX INCIS portavoce: GIORGIA GNOCCHI - mail [email protected] COMITATO PER STORACE SINDACO portavoce: LUCA PEZZI - mail [email protected] COMITATO PER STORACE SINDACO portavoce: DANIELE LUPELLI - mail [email protected] COMITATO STORACE SINDACO MUNICIPIO XIV portavoce: MASSIMILIANO PIRANDOLA - mail [email protected] COMITATO PER STORACE SINDACO portavoce: ANTONELLA BERNARDOTTO - mail [email protected] COMITATO STORACE SINDACO TORREVECCHIA CAMBIA portavoce: STEFANIA STRIVIERI - mail [email protected] COMITATO STORACE SINDACO MUNICIPIO XIII portavoce: ELEONORA LAURENTI - mail [email protected] COMITATO M. MAGRO-VILLA GLORI portavoce: ANDREA STRAZIONTA - mail [email protected] COMITATO COLLI ALBANI portavoce: FABRIZIO CORSO - mail [email protected] COMITATO QUARTIERE AFRICANO portavoce: GIANLUCA GIOIA - mail [email protected] COMITATO STORACE SINDACO GIANICOLENSE portavoce: ROBERTO D’AMBROGIO - mail [email protected] COMITATO ITALO BALBO PER STORACE SINDACO portavoce: GIANFRANCO SCALABRINI - mail [email protected] I DIPENDENTI DELL’IFO PER STORACE SINDACO portavoce: CINZIA QUONDAMCARLO - mail [email protected] IL SETTIMO MUNICIPIO PER STORACE SINDACO portavoce: MONICA NASSISI - mail [email protected] COMITATO VILLA ARMONIA portavoce: ANTONIO VICARI - mail [email protected] COMITATO ROMA CENTRO I MUNICIPIO portavoce: MAURIZIO FORLITI - mail [email protected] COMITATO STORACE SINDACO MILITANZA E TERRITORIO portavoce: E.M. GUARNERI - mail [email protected] COMITATO TERZO MUNICIPIO PER STORACE SINDACO portavoce: PIERGIORGIO BRUNI - mail [email protected] COMITATO TRIESTE SALARIO PER STORACE SINDACO portavoce: ROBERTA PERTICARÀ - mail [email protected] COMITATO LE TORRI VI MUNICIPIO portavoce: ANGELA PRIAMO - mail [email protected] COMITATO LA FORZA DELLE DONNE portavoce: JESSICA FARETRA LENTI - mail [email protected] COMITATO TIBURTINO portavoce: MARIO CODOGNI - mail [email protected] COMITATO DIPENDENTI RAI portavoce: ANTONIO VENTURINI COMITATO COMITATO ER SINDACO portavoce: FRANCESCO CURTI - mail [email protected] X MUNICIPIO PER STORACE SINDACO portavoce: GIANCARLO GRIMALDI - mail [email protected] COMITATO PER STORACE SINDACO XI MUNICIPIO portavoce: GIULIANO CAMERA - mail [email protected] COMITATO STORACE SINDACO REGIONE LAZIO CAPITAN BAVASTRO portavoce: ANDREA FUMI - mail [email protected] COMITATO CONCA D’ORO portavoce: FRANCESCO BORSATO - mail [email protected] COMITATO C.R.I. EMERGENZE PER STORACE SINDACO portavoce: GIOVANNI SAUTA - mail [email protected] COMITATO STORACE SINDACO portavoce: ROBERTO LUPINI - mail [email protected] COMITATO ITALIA VIVA AZIONE NAZIONALE portavoce: SAVERIO UVA - mail [email protected] GRUPPO AG. IMM. CASARE ACILIA MALAFEDE MUN. X E MUN. IX portavoce: MARISA SUMMA - mail [email protected] COMITATO TERZO MUNICIPIO PER STORACE portavoce: PIERGIORGIO BRUNI - mail [email protected] COMITATO FELICE BORSATO portavoce: PIERA BORSATO COMITATO PER STORACE SINDACO PISANA portavoce: MIRKO BARRUI STORACE SINDACO COMITATO GIOVANI E INNOVAZIONE portavoce: ALESSANDRO CURCI COMITATO VOCE ALLE PARTITE IVA portavoce: SIMONE CORDESCHI COMITATO GIOVANI EMERGENTI portavoce: CRISTIANO DELLA VALLE COMITATO VI portavoce: GIOVANNI PIACENTINI COMITATO ROMA 3 portavoce: MARIO LUIGINI COMITATO MURATELLA XI MUNICIPIO portavoce: TIZIANO FOSCHETTI EUR TORRINO portavoce: BARBARA BARBUSCIA - mail [email protected] AZIONE NAZIONALE X MUNICIPIO portavoce: GIORGIA MITRANO - mail [email protected] MONTEVERDE XII portavoce: VALERIO LILLI AUTOFERROTRANVIERI portavoce: EMILIANO DE BELLIS - mail [email protected] LAURENTINA - EUR IX MUNICIPIO portavoce: SABINA MARIANO - mail [email protected] BALDUINA TRIONFALE portavoce: GIULIA CIAPPARONI - mail [email protected] TRIONFALE portavoce: STEFANO PRINCIPE - mail [email protected] MONTESACRO portavoce: ANNA DONATI STATUARIO portavoce: MARCO LEVA CASALE CALETTO portavoce: PAOLA LA GRAVA PRENESTINO portavoce: MAURIZIO FRANZESE TIBURTINO portavoce: MARIO CODOGNI - mail [email protected] VI MUNICIPIO portavoce: RITA DE ANGELIS - mail [email protected] EUR portavoce: CATERINA GRILLONE - mail [email protected] II MUNICIPIO portavoce: GLORIA PASQUALI - mail [email protected] AURELIO portavoce: MARCO PELAGATTI - mail [email protected] MONTEVERDE portavoce: SARAH VERGATO - mail [email protected] ROTTA FUTURA FLAMINIO portavoce: MARCO LOMBARDI - mail [email protected] OSTIA portavoce: GIORGIA MITRANO - mail [email protected] COLLI ALBANI portavoce: STEFANO SCHIAFFINO - mail [email protected] PRENESTINO portavoce: ANTONELLO PASSIU - mail [email protected] VALENTE MONTEVERDE portavoce: MARCO VALENTE - mail [email protected] INPS DIREZIONE GENERALE portavoce: CAMILLO LUZZI CONTI - mail [email protected] CIOCIARI A ROMA portavoce: DANIELE BELLI - mail: daniele.belli@hotmail:.it GIARDINETTI portavoce: ARMANDO QUAGLIERI - mail: [email protected] GIORGIO ALMIRANTE - INFERNETTO portavoce: FRANCESCO GRIMALDI - mail: [email protected] CULTURA ARTE E SPETTACOLO portavoce: CLAUDIO MONTEREALI - mail: [email protected] PARIOLI portavoce: LUISA REGIMENTI - mail: [email protected] AMOROMA PER STORACE SINDACO portavoce: FLAVIA ALESSANDRA BELLUCCI - mail: [email protected] ROMA OSTIENSE PER STORACE SINDACO portavoce: ALESSANDRA LACCETTI - mail: [email protected] LIBERIAMOROMA portavoce: ELEONORA BIANCHINI - mail: [email protected] CASAL PALOCCO portavoce: SIMONE BARBIERI - mail: [email protected] LITORALE ROMANO portavoce: MASSIMILIANO CATINI - mail: [email protected] MUNICIPIO XII portavoce:VALERIO LILLI - tel.: 320 2235325 PENSIONATI DIPENDENTI PROVINCIA DI ROMA portavoce: MARIA GIOVANNA TUCCI - mail:[email protected] ORTISTI STORICI ROMA NORD PER STORACE SINDACO portavoce: QUINTO PIRANDOLA - mail: [email protected] ASSOCIAZIONE GENTES PER STORACE SINDACO portavoce: MARZIA MIGLIORATI - mail: [email protected] MUNICIPIO XV PER STORACE portavoce: MARCO ATTILIO MIGLIORATI - mail: [email protected] PRATI portavoce: SAVERIO UVA - mail [email protected] COMITATO PRATO FIORITO PER STORACE SINDACO portavoce: ANDREA REGINI - mail [email protected] COMITATO PER CAMBIARE ROMA portavoce: ENRICO CHIALASTRI COMITATO FUNZIONALITÀ NELLA LEGALITÀ PER ROMA portavoce: STEFANO PRÀ COMITATO ONESTÀ E TRASPARENZA PER ROMA portavoce: FRANCO MEI COMITATO PIAZZA VISCONTI portavoce: ALESSANDRO MARINELLI - mail [email protected] COMITATO TRASTEVERE portavoce: CLAUDIA CIMINI - mail [email protected] COMITATO OSTIA PER STORACE portavoce: GIOVANBATTISTA ESPOSITO - mail [email protected] COMITATO COLLI PORTUENSI PER STORACE portavoce: MARCO DI CAMILLO - mail [email protected] COMITATO AMATRICIANI A ROMA portavoce: ELSA PICCIONETTI - mail [email protected] COMITATO REGIONE LAZIO portavoce: CATIUSCIA GIORDANI - mail [email protected] COMITATO XV MUNICIPIO portavoce: MARINA BEVILACQUA - mail [email protected] COMITATO OPERATORI SANITARI SAN GIOVANNI portavoce: IVO CAMICIOLI - mail [email protected] COMITATO INPS DIREZIONE GENERALE portavoce: CAMILLO LUZZI CONTI - mail [email protected] COMITATO DIPENDENTI MINISTERO SVILUPPO ECONOMICO (MISE) portavoce: Carlo Marini - mail [email protected]