Lula Hop - Il Giornale D`Italia

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Lula Hop - Il Giornale D`Italia
Anno V - Numero 74 - Sabato 26 marzo 2016
Direttore: Francesco Storace
Roma, via Giovanni Paisiello n. 40
Economia
Roma
Cultura
Monte Paschi,
pasticcio continuo
Capitale a secco
anche nel commercio
Ucciso dai partigiani,
la sua storia a teatro
Calvo a pag. 3
a pag. 10
Sarra a pag. 6
IL PRIMO APPALTO, DOPO MAFIA CAPITALE, È GIÀ A PROCESSO. INTERROGAZIONE A ZINGARETTI SU UNA NOMINA DUBBIA
di Francesco Storace
iccome della Regione Lazio
non parla nessuno, Zingaretti si illude di poter continuare a fare come gli pare.
Ma sta commettendo un gigantesco errore di valutazione che
rischia di pagare caro. La Procura
della Repubblica di Roma ha rimesso gli occhi addosso alla gara
Cup che piaceva tanto a Mafia capitale, compresa la seconda edizione, quella del nuovo appalto
dopo gli arresti e le indagini collegati al primo, ghiotto filone.
Il governatore sta zitto persino quando sui quotidiani escono nuove notizie di interrogatori, spera che nel
frastuono provocato dalle bombe
terroristiche in Europa ci si possa
rifugiare nel silenziatore ai comunicati. E invece deve parlare e stavolta spero che giovedì prossimo
si presenti in aula alla Pisana, senza
delegare un assessore che non ne
sa nulla, a rispondere all’interrogazione che ho depositato ieri. In
tre minuti dovrà chiarire finalmente
se, di fronte alle nuove nubi giudiziarie, vuole decidersi a rendere
trasparente la gestione della gara
sui centri di prenotazione sanitaria
e magari revocare un bando che
solleva tanti dubbi.
Quello della gara Cup sembra uno
scandalo senza fine. Per la prima,
revocata dopo gli arresti di dicembre 2014, è in corso il processo
per turbativa d’asta. Tra gli imputati
Maurizio Venafro, ex capo di gabinetto del governatore - ma i due si
frequentano ancora - che dovrà
tornare in tribunale il prossimo 18
aprile, per ascoltare la testimonianza degli inquirenti. Nel frattempo, si indaga appunto sulla gara
successiva, per iniziativa di Michel
Maritato, presidente di Assotutela,
che ha messo nero su bianco in un
esposto le accuse mosse anche da
me in commissione bilancio in una
tempestosa audizione della diri-
S
LA PAPPATOIA
Rumors da piazzale Clodio sulla nuova gara Cup
della Regione Lazio: lo scandalo sembra non finire mai
gente protempore della Centrale
Acquisti, Elisabetta Longo, indagata
pure lei per reati diversi.
Nel mirino - e c’entra con il secondo appalto - la nomina, firmata
dalla stessa Longo, del nuovo dirigente dell’area “Gestione e procedure di gara”, che si chiama
Pietro Leone. In commissione sollevai un dubbio su quella nomina
L’EX PRESIDENTE BRASILIANO RISCHIA L’ARRESTO
RENZI PRONTO A DARGLI ASILO POLITICO A ROMA
Di Giorgi a pag. 5
Se ora lo dice la Procura, la domanda si fa più impegnativa e non
può certo essere elusa come fa
Zingaretti ogni qualvolta decide
di sfuggire ai dubbi posti dalle
forze politiche di minoranza.
I rumors provenienti da palazzo di
giustizia non sono dei migliori e
non è detto che la pappatoia degli
appalti possa restare immune dai
sospetti di manovre poche chiare.
Ci auguriamo trasparenza; se il
presidente della Regione ci aiuta
ad esserne certi rispondendo in
aula giovedì prossimo, ci eviterà
di aggiungere materiale a materiale. Se a piazzale Clodio intravedono “difficoltà nella gestione trasparente del servizio”, c’è da stare
poco allegri.
LA POLIZIA DI BRUXELLES CONTINUA A CINCISCHIARE. ARRIVA INTANTO LA CONFERMA DELLA VITTIMA ITALIANA
Il terrore corre sempre sul filo del Belgio
nche quella di ieri è stata una giornata a
dir poco convulsa a Bruxelles, in un Belgio
ancora sotto choc per quanto accaduto
martedì scorso. Ma una giornata triste anche
per l’Italia: proprio ieri sera infatti è arrivata la
conferma della morte di Patricia Rizzo, data per
scomparsa dopo gli attentati ma di certo rimasta
tra le vittime dell’esplosione alla metro. L’esame
del dna su alcuni resti, ridotti ad uno stato
penoso, ha dato la conferma. La Rizzo, 48 anni,
funzionaria dell'Autorità europea per la sicurezza
alimentare della Commissione europea, era sposata e mamma di un bimbo, viveva in Belgio ma
aveva origini di Calascibetta, in provincia di Enna,
e passaporto italiano.
Intanto ieri sono stati eseguiti tre arresti nei raid
antiterrorismo condotti a Bruxelles in altrettanti
quartieri della capitale, ovvero Schaerbeek, Forest
e Saint-Gilles. L'uomo preso a Schaerbeek, contrariamente a quanto trapelato in un primo momento attraverso i media locali, non è però il
super ricercato Mohamed Abrini, sicuramente
complice di Salah Abdeslam. Anche da questo
A
Lula Hop
e pare che ora i chiarimenti li voglia cercare pure il magistrato che
indaga: Leone approda alla Regione Lazio da una società, la Gpsc,
non certo nuova nel palazzone di
via Colombo quanto ad appalti e
affidamenti ottenuti dall’ente. Che
una società appaltatrice possa contare su un amico in più è questione
che va chiarita, dicemmo allora.
spicco e potrebbe non avere attinenze
dirette con la doppia strage dell’altro
giorno né con eventuali altri attacchi
in corso di preparazione nello stesso
Belgio o nella vicina Francia.
E proprio un cittadino francese è stato
intanto fermato nella banlieue a nord
di Parigi: è sospettato di preparare un
altro attacco in città, circostanza che
ha fatto di nuovo ripiombare la Francia
nelle ore dell’angoscia post Bataclan.
Nella guerra all’Isis qualcosa si muove,
di decisivo, ma a migliaia di chilometri
di dimstanza, in Siria, dove il Pentagono americano è convinto di aver
La vittima italiana di Bruxelles, Patricia Rizzo
ucciso addirittura il numero due dell’organizzazione islamista, nel corso
punto di vista, insomma, dopo l’entusiasmo
di un raid aereo.
delle prime notizie diffuse, si è capito che la
Tornando a Salah, l’uomo delle stragi di Parigi
polizia belga ha toppato. Il sospetto, che si
arrestato in Belgio continua nel suo atteggiamento
trovava insieme alla figlia, è stato fermato e
ondivago e ieri ha di nuovo cambiato versione,
ferito alle gambe: sarebbe un 'pesce grosso' del
affermando di non voler più collaborare con le
Igor Traboni
terrorismo internazionale, ma non una figura di
autorità francesi.
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Sabato 26 marzo 2016
ATTUALITA’
LA CGIL RIMETTE NEL MIRINO IL SEGRETARIO PD: NUOVO ATTO DELLA GUERRA A SINISTRA, MA NON SOLO…
Ma quale crescita: Renzi sotto tiro
Il sindacato rosso sbugiarda il premier e denuncia anche il drammatico calo delle assunzioni
ornano a farsi tesi i rapporti tra Cgil e il governo
Renzi, con l’ultima stoccata
del sindacato rosso per
eccellenza nei confronti
dell’esecutivo del segretario Pd, per
una crescita che non c’è. "È una parabola all'ingiù quella tracciata dall'economia italiana nel corso del
2015: frena la crescita e i prezzi calano", si legge infatti nel nuovo numero dell'Almanacco dell'economia,
curato dall'area delle Politiche economiche della Cgil. L'elaborazione,
realizzata sui conti trimestrali Istat,
evidenzia come la crescita del Paese
nell'ultimo trimestre del 2015 abbia
continuato a rallentare fino a tornare
pericolosamente vicino allo zero
(0,1%). E la possibile crescita del
Pil, nel primo trimestre 2016, oscilla
tra -0,1 e 0,3 punti percentuali. Non
proprio un successone, insomma,
come vanno sbandierando renzi, Paoan e i media amici.
Il ritmo di crescita dell'Italia, secondo
il sindacato guidato da Susanna Camusso, "e'' assai più modesto delle
aspettative e comunque – ed ecco
l’altra stoccata - inferiore alla media
dei principali paesi industrializzati
ed europei".
Per la Cgil, si tratta di "uno sviluppo
T
contenuto", così come rilevato dall'indice di ripresa della domanda
effettiva, indicatore elaborato dalla
confederazione, che per il 2015 risulta rosso (-0,5), anche se nell'ultimo
trimestre dell'anno si è colorato di
verde, registrando un +1. Una crescita
sulla quale torna a gravare, già a
febbraio, un'inflazione negativa: 0,2% in termini congiunturali, -0,3%
in termini tendenziali. Nel 2015 la
crescita del Pil di 0,6 punti percentuali è stata trainata dagli investimenti
fissi lordi (+0,6%) e dai consumi
privati (+0,9%), favoriti dai rinnovi
dei contratti nazionali, dalla svalutazione fiscale e dai redditi dei nuovi
occupati, mentre hanno subito un'ulteriore riduzione sia la domanda
pubblica (-0,7%) che la domanda
estera netta (-11%).
Insomma, cifre e percentuali, quelle
tirate fuori dalla Cgil in questo nuovo
atto della guerra in casa a sinistra,
che davvero non lasciano scampo
alle politiche economiche renziane.
Inoltre, dall'analisi del sindacato rosso, si evince che dopo una variazione
positiva del tasso di disoccupazione,
registrata nel quarto trimestre dello
scorso anno, a febbraio l'Inps ha
certificato un drastico calo delle assunzioni (-40%) e delle trasforma-
zioni (-79%) dovuto, secondo la Cgil,
alla netta riduzione degli incentivi
fiscali per le nuove assunzioni. È aumentato solo il lavoro accessorio: i
voucher sono 9 milioni e 227 mila.
"La deregolamentazione del mercato
del lavoro- si legge ancora nello
studio- non ha avuto alcun effetto
positivo sull''occupazione e sulla crescita, anzi, ha creato maggiore pre-
carietà. Se non si realizzano subito
nuovi investimenti pubblici e non si
moltiplicheranno nuovi posti di qualità, presto la ripresa appena cominciata sarà già finita”.
RITOCCHI SU TUTTI I TIPI DI CARBURANTE
E anche per il ponte pasquale i soliti aumenti della benzina
itocchi al rialzo sulla rete italiana dei carburanti. Anche se
con i mercati internazionali in
lieve calo in vista del lungo 'ponte'
che li vedrà fermi fino a martedì
29, da noi si registrano aumenti,
come quelli praticanti dalla Esso
sui prezzi raccomandati di benzina
(+1 cent) e su quelli del diesel (sempre +1 cent).
Più in dettaglio, in base all'elaborazione di Quotidiano Energia dei
dati comunicati dai gestori all'Osservaprezzi carburanti del Ministero
dello sviluppo economico,il prezzo
medio nazionale praticato in modalità self della verde è pari a 1,418
R
euro/litro, con i diversi marchi che
vanno da 1,409 a 1,470 euro/litro
(no-logo 1,394). Per il diesel si rileva
invece un prezzo medio pari a 1,240
euro/litro, con le compagnie che
passano da 1,232 a 1,291 euro/litro
(no-logo a 1,216).
Quanto al servito, per la benzina il
prezzo medio praticato è di 1,516
euro/litro, con gli impianti colorati
che vanno da 1,471 a 1,590 euro/litro
(no-logo a 1,423), mentre per il diesel
la media è a 1,345 euro/litro, con le
compagnie da 1,309 a 1,422 euro/litro (no-logo a 1,246). Il Gpl, infine,
va da 0,525 a 0,566 euro/litro (nologo a 0,524).
FINISCE IN UNA FONTANA LA TARGA DEDICATA ALL’OPERAIO MISSINO UCCISO NEL 1970 A GENOVA
Un altro schiaffo alla memoria di Venturini
Già in altre occasioni la stessa iscrizione viaria era stata distrutta dai soliti ‘ignoti’
emmeno le lapidi dei morti si
rispettano... Succede a Genova,
Liguria, Italia: in una fontana
degradata e devastata, tra spazzatura
e trascuratezza varia, ecco ciò che
resta della targa marmorea della
strada intitolata a Ugo Venturini.
Il 18 aprile1970, in piazza Verdi, sempre a Genova, nel corso di un comizio
di Giorgio Almirante, un gruppo di
manifestanti dell’estrema sinistra, con
l’intento di impedire il discorso del
segretario del Movimento sociale,
prese a lanciare sassi e bottiglie.
Nel parapiglia, rimase colpito gravemente alla testa Ugo Venturini,
trentaduenne, un semplice operaio
edile, militante del Msi e volontario
di una associazione dedita alla pub-
N
blica assistenza.
L’agonia del povero Ugo durò un paio
di settimane, fino al 1° maggio quando,
proprio nel giorno della festa dedicata
ai lavoratori, il suo cuore cessò di
battere.
Ma l’agonia della Memoria a Genova,
città che pure ogni tre per due ama
ripetere certi richiami alla ‘democrazia’, non viene meno, anzi: la targa
dell’intitolazione della strada dedicata a Ugo Venturini è stata devastata
in più occasioni, fatta a pezzi dai
‘soliti ignoti’, e ce ne siamo già occupati anche su questo giornale. Ma
ora qualcuno ha pensato addirittura
di sradicare il paletto della targa e
di gettare il tutto nel degrado di una
fontana, tra sporcizia e topi.
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Sabato 26 marzo 2016
ATTUALITA’
IL GRUPPO SENESE RESPINGE CON FORZA LE VOCI CIRCA L’ENNESIMO AUMENTO DI CAPITALE IN ARRIVO CHE HANNO CREATO SCOMPIGLIO
Mps tra ricapitalizzazioni (smentite) e fusioni (lontane)
Prosegue la caccia al partner con l’esecutivo che continua a vagliare ogni soluzione possibile
di Marco Zappa
La Bce desidera un ulteriore rafforzamento patrimoniale del Monte
dei Paschi”. La notizia lanciata dal
Fatto Quotidiano ha creato scompiglio negli ambienti finanziari e
fatto drizzare i capelli perfino agli analisti.
Per un attimo pensavamo di essere tornati
indietro con il tempo di alcuni mesi e più
precisamente alla fine di giugno 2015 quando con altri 3 miliardi banca rossa completava la ricapitalizzazione che segnava
definitivamente la fine dell’era Profumo.
Credevamo fosse un incubo non solo per i
giornalisti “costretti” a raccontare l’ennesimo calvario iniziato con un prestito ponte
da 2 miliardi della Banca d’Italia, a cui si
aggiungevano i 4 miliardi di Monti bond
con gli interessi poi ripagati in azioni al
Tesoro, oggi primo azionista della roccaforte
della sinistra. C’è voluta la pronta smentita
da parte della governance senese per far
svegliare tutti da un sogno orribile. “La divulgazione di notizie destituite di ogni fondamento, in un contesto così complesso,
non può che recare ulteriore instabilità e
nocumento al sistema bancario, al mercato
ed agli investitori”. Che già, è il caso di
dirlo, per Mps da un po’ di tempo latitano.
Allarme rientrato (forse). Certamente questa
è la speranza dei soci che, come ricordato
dal Fatto, negli ultimi anni si sono letteralmente “svenati sottoscrivendo 9 miliardi
di aumenti di capitale”. Troppo, per chiunque. Perfino per la banca della sinistra.
Sempre alla ricerca di un partner, su espressa richiesta di Francoforte, per tornare a
risalire la china dopo anni bui alle prese
con perdite, scandali finanziari e giudiziari
“
che hanno fatto precipitare praticamente
negli abissi il Monte dei Paschi.
Dopo aver dato il benestare per la fusione
tra il Banco Popolare e la Bpm, il governo
adesso vuole soddisfare i voleri e i bisogni
di due gruppi da sempre “amici”: Mps,
per l’appunto, e Carige. Per le quali, sostengono gli analisti, il futuro sembra essere
tutto tranne che roseo. Secondo le indi-
screzioni che circolano negli ambienti finanziari, il premier Renzi sembra stia calcando la mano per provare a convincere
la Cassa depositi e prestiti – insieme a un
gruppo top secret – a convolare a nozze. In
un matrimonio che si annuncia complicato
e certamente ancora in fase embrionale.
Tanti, gli ostacoli da arginare. Che Palazzo
Chigi vuole abbattere per continuare a
seguire quel credo che recita così: meno
banche ma più solide. Con le parole d’ordine che sono sempre le stesse: aggregazione e fusione.
Sono settimane cruciali a Siena. Con Mps
alla ricerca disperata di un partner che
possa garantire sicurezza e affidabilità economica. Quella che manca da tanto, troppo
tempo.
NEL 2015 ERANO QUASI 2 MILIONI I “DIPENDENTI” IRREGOLARI IN ITALIA. TANTI GIOVANI E MOLTI ANZIANI
Non si arresta il fenomeno del lavoro in nero
Numeri da capogiro che generano una evasione complessiva di oltre 25 miliardi di imposte e contributi
el 2010 eravamo al secondo posto
tra i paesi Ocse della (non) speciale classifica relativa al lavoro
in nero, dietro solo alla Grecia. Ebbene,
se continuiamo di questo passo rischiamo di fare peggio. Sono quasi 2
milioni (1,9) i lavoratori irregolari in
Italia nel 2015. Numeri da capogiro
che, secondo le stime, generano un’economia sommersa che si avvicina ai
40 miliardi, nonché una evasione complessiva di oltre 25 miliardi di imposte
N
e contributi.
Dati impietosi che ci arrivano solo
grazie alle ricerche della Fondazione
studi dei consulenti del lavoro per l’Ansa, che hanno elaborato i dati del ministero guidato dal rossissimo Giuliano
Poletti sull’attività ispettiva nell’anno
dai quali è emerso che, su 206.080
aziende controllate nel 2015, sono stati
scoperti illeciti in circa i due terzi
(136.028) con 64.775 lavoratori completamente in nero.
Il fenomeno del lavoro sommerso continua ad essere rilevante nel nostro
Paese. Con dati comunque in miglioramento rispetto al 2014 (1,9). Poco o
nulla, però, sembra essere cambiato
rispetto al passato. Con la diffusione
del problema alta soprattutto tra i lavoratori più giovani e i più anziani.
Sono cifre che dovrebbero indurre a riflettere. Anche e soprattutto l’esecutivo,
oltre che il legislatore. Chiamati a
creare condizioni normative per incen-
tivare le assunzioni, magari abbassando
il costo del lavoro. Contando pure sull’aiuto degli imprenditori cui spetta la
regolarizzazione dei propri dipendenti.
Si tratta di introiti tutti sfumati per l’Erario, con il mancato gettito da sommerso che produce 25 miliardi, circa
l’1,5% di Prodotto interno lordo. Mica
briciole.
Siamo alle prese con una economia illecita che sfrutta e degrada il cittadino
in cerca di una occupazione. Con un
problema che riguarda il Mezzogiorno
ma anche le regioni del Nord Italia.
Accentuato soprattutto in questi anni
di grande crisi che ha visto lievitare i
licenziamenti e quindi i suicidi. E il
dato preoccupante è che i lavoratori irregolari sono maggiormente italiani,
mentre solo una piccola percentuale è
incamerata da cittadini stranieri.
E’ (anche) l’Italia del lavoro in nero.
Pure in questo campo indossiamo la
M.Z.
maglia nera.
ENTRO LA FINE 2016 L’ENTE DI RISCOSSIONE SI APPRESTA A CHIUDERE 12 UFFICI IN TUTTA ITALIA
C’è crisi per tutti, anche per l’Agenzia delle Entrate
L’obiettivo è quello di evitare gli sprechi e ottimizzare le risorse: sindacati sul piede di guerra
di Marco Zappa
è crisi proprio
per tutti, anche
per l’Agenzia
delle Entrate. La “spending
review”, pilastro della politica economica del governo Renzi che la Corte dei
Conti ha letteralmente stroncato bollandola come “un
insuccesso”, colpisce anche
l’ente incaricato a combattere l’evasione fiscale. Che
C’
si appresta a chiudere 12
uffici entro la fine del 2016.
Da Ortona a Cento passando per Sassuolo, Fidenza,
Lungo, Castiglione delle Stiviere, Sesto San Giovanni,
Corteolona, Acqui Terme,
Savigliano, Taormina e Chatillon. Questi, i “centri” che
si preparano a chiudere i
battenti. Ma non è tutto. Perché, come rivela Italia Oggi,
abbasseranno le serrande
pure quelli di Santa Maria
Capua Vetere, Maniago e
Patti, ricompresi nel precedente piano di chiusure.
L’obiettivo è quello di evitare gli sprechi e ottimizzare
le risorse. Nella comunicazione inviata da Equitalia
alle organizzazioni sindacali
si evidenzia che la scelta,
drastica, è ricaduta su quei
poli con un numero di addetti inferiore a 30 unità.
Alle prese con “carichi di
lavoro esigui, largamente
inferiori alla media nazionale e che, con la sola eccezione di Ortona, occupano immobili in locazione”.
Una mossa che non sembra
proprio essere piaciuta ai
sindacati. Che hanno replicato sottolineando che i “sigilli” arrivano senza aver
presentato il piano di fusione Entrate-Territorio.
Non è dato sapere quale
sarà il destino dei dipendenti. Tant’è, la storia si ri-
pete. Perché i primi segnali
di crisi Equitalia li aveva
fatti registrare già nel 20122013, con la chiusura di undici uffici territoriali di livello non dirigenziale tra
Piemonte e Veneto. E sempre per lo stesso motivo.
Con le mansioni, ritenute
modeste, “che non giustificavano gli oneri connessi”.
E i tagli che hanno riguardato circa 220 dipendenti,
sulle barricate.
Insomma, l’Agenzia delle
Entrate è “costretta” a stringere ancora la cinghia. Nonostante ciò non perde occasione per terrorizzare gli
italiani con le su missive
di “avviso bonario” lanciando appelli dai toni minacciosi: “Chi non collabora – l’ ‘invito’ poco gentile della direttrice Rossella
Orlandi (datato 3 marzo) –
conoscerà il nostro lato
oscuro”.
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Sabato 26 marzo 2016
ATTUALITA’
A LANCIARE L’ENNESIMO ALLARME È L’OSSERVATORIO PER LA SICUREZZA DEI CITTADINI
Terrorismo, Italia impreparata
Forze dell’ordine con strumenti inadeguati. Nessuna simulazione di attacchi nelle metro
LA DENUNCIA ARRIVA PROPRIO DAL BELGIO
E i social media in arabo e turco
non vengono neanche monitorati
uropol monitora i social media
solo nelle principali lingue europee,
non in turco e in arabo. A sottolinearlo, in una conversazione con l'Adnkronos è Roberta Bonazzi, direttore
esecutivo dell'European Foundation for
Democracy, un istituto politico con
sede a Bruxelles che segue i temi della
difesa della democrazia di fronte alla
minaccia terroristica.
"I terroristi lavorano come un network
ed è chiaro che anche noi dobbiamo
agire come una rete", afferma Bonazzi,
secondo la quale le dichiarazioni uscite
dal Consiglio europeo dei ministri dell'Interno e la Giustizia "sono le stesse
del post 11 settembre, dell'indomani
degli attentati di Madrid e di Parigi".
Dopo gli attentati di Bruxelles, aggiunge,
c'è ora "un ulteriore richiamo a risolvere
gli evidenti ostacoli nello scambio di
informazioni all'interno dell'Europa e
E
n Italia il rischio terrorismo
c’è “e da mesi lancio l''allarme sulle forti carenze della
sicurezza, e per questa ragione avevo anche consigliato di rimandare il Giubileo". Così
Edoardo Maria Anghinelli, presidente Onsci (Osservatorio nazionale
per la sicurezza dei cittadini), ai microfoni di Radio Cusano Campus.
"Le nostre forze dell''ordine- ha proseguito Anghinelli- stanno lavorando
impiegando strumenti non adeguati.
Il caso più eclatante è quello dei
I
giubbotti anti-proiettile (che una recente inchiesta a rivelato essere per
la maggior parte non più a norma,
ndr) - Anche gli apparati informatici
sono ormai obsoleti. La tecnologia
legata alla sicurezza ha fatto progressi
enormi- osserva ancora il presidente
Onsci- e noi restiamo indietro".
Anghinelli ha quindi sollevato il problema della sicurezza nelle metropolitane della capitale, in cui "non è
stata fatta nessuna simulazione antiterrorismo" e dove addirittura le
forze dell'ordine "hanno ancora pro-
blemi ad arrestare i borseggiatori".
Neanche i centri commerciali sono
sufficientemente controllati, "non ho
mai visto usare un body scanner all'ingresso". Ad esempio, "la galleria
Alberto Sordi si trova a pochi metri
dal Parlamento e da Palazzo Chigi.
Cosa accadrebbe se un terrorista
che si finge un cliente interessato
alla merce entrasse e si facesse saltare in aria?".
Anghinelli poi evidenzia un altro
problema, quello relativo cioè ai militari posti a presidiare luoghi sen-
sibili: "fatto che trasforma quei luoghi
in obiettivi" per i terroristi.
"Se finora in Italia il terrorismo non
ci ha colpito è solo per una questione
di fortuna" ma anche "di poco interesse che i capi di queste organizzazioni nutrono nei confronti dell'Italia". Secondo il presidente Onsci
il nostro Paese oggi "non riveste un
peso politico tale da influenzare la
strategia del terrorismo internazionale. Anche la presenza del Vaticano
lascia il tempo che trova". In quanto
all''attentato di Bruxelles "ha avuto
fra l'Europa e l'esterno".
Ma per contrastare il terrorismo bisogna
sicuramente fare di più e in modo più
agile, nota Bonazzi. Il Belgio, con le
sue divisioni politiche e linguistiche "è
un caso estremo di barriere burocratiche", ma anche Europol, l'agenzia di
polizia europea, ha "i limiti di una
grande struttura, con lentezze burocratiche e lavora solo nelle lingue
ufficiali europee ", prosegue l'esperta,
rilevando l'assenza di monitoraggio
dei social media in turco e arabo. (segue)
Il Belgio, piccolo paese dal quale si
raggiunge in poche ore Francia, Olanda
e Germania, è un crocevia per l'Europa,
"ma anche per la criminalità organizzata
e il terrorismo", spiega Bonazzi. Gli
islamisti belgi francofoni, sottolinea,
sono legati a quelli francesi, e quelli
delle aree fiamminghe all'Olanda.
luogo di martedì, nel giorno della
ripresa dei lavori parlamentari dell’Unione Europea, quindi quando
tutti i dispositivi di sicurezza sono al
massimo delle loro funzioni. Si tratta
– ha detto ancora Anghinelli - di un
attacco diretto alla comunità europea
e al parlamento europeo". Tuttavia,
da quando l'allarme terrorismo è
stato lanciato a livello europeo, "non
ho visto alcun controllo nei centri
islamici che spontaneamente nascono nelle periferie delle nostre
città".
ARRIVANO IN 600 MA NON VOGLIONO FARSI IDENTIFICARE E PROTESTANO IN CENTRO
La città di Cagliari bloccata dagli immigrati
Intanto Matteo Renzi vola a Lampedusa per ripetere il solito ritornello buonista
entre Matteo Renzi vola a Lampedusa a ripetere la soluta solfa
buonista sull’accoglienza degli
immigrati, in un’altra isola – sempre
italiana – succede di tutto. Siamo a Cagliari, dove circa duecento immigrati
ospiti nella struttura di accoglienza del
capoluogo sardo hanno bloccato il centro della città in segno di protesta e ripetendo che loro di dare le impronte
digitali all’Italia non vogliono proprio
saperne.
Si tratta di una parte dei 667 profughi
che lunedì scorso sono sbarcati in Sardegna e alcuni di loro hanno trovato rifugio nell'hotel Pirri. Qui stanno più che
bene, hanno tutti i comfort a loro disposizione, ma hanno già fatto sapere
di volersene andare dalla Sardegna e
pure dall’Italia, desiderosi come sono
di raggiungere i parenti sparsi in ogni
angolo dell’Europa.
E nelle ultime ore, in segno di ulteriore
protesta e per dar forza alle loro rivendicazioni, si sono anche rifiutati di
essere identificati tramite le impronte
digitali perché così temono di dover
stare per lungo tempo in Italia.
I mediatori culturali e il personale della
struttura cagliaritana hanno cercato di
M
convincere gli immigrati
e di spiegar loro come
stanno le cose (le impronte ne permettono
l’identificazione e quindi
sarebbe anche più facile
trasferirli altrove), ma gli
ospiti non se ne danno
ragione e hanno quindi
deciso di bloccare il centro di Cagliari in segno
di protesta.
"Non vogliamo più stare
qui e le nostre impronte
non ve le daremo. Non
ci terrete in Italia per
sempre", hanno urlato,
fino all’intervento della polizia. Subito
dopo, un altri gruppo di immigrati –
provengono soprattutto dalla Somalia
e dall’Eritrea – hanno iniziato lo sciopero
della fame.
Problematiche che a quanto pare non
interessano il presidente del Consiglio
Renzi che, come detto, ieri è volato a
Lampedusa per ripetere la solita filastrocca, accompagnato dal ministro
delle Infrastrutture Graziano Delrio.
Lampedusa "deve essere un luogo vivo
e vissuto. Non è la periferia dell'Italia.
DOPO LE PROTESTE DEL CENTRODESTRA
Milano vince la sua battaglia:
niente profughi nell’area Expo
seguito dei vari colloqui e del
lavoro istituzionale di questi
giorni, mi ha da poco richiamato il ministro Maurizio Martina
preannunciandomi la decisione del
Ministro Alfano di trasferire i profughi dal Campo Base di Expo che
non verrà quindi più utilizzato per
queste funzioni. Il Prefetto mi ha
confermato che i profughi verranno
trasferiti entro pochi giorni.
Con queste parole il sindaco di Rho
Pietro Romano pare sbloccare definitivamente la polemica che nei
giorni scorsi ha acceso gli animi
tra centrodestra e centrosinistra
lombardo, polemica scaturita dalla
decisione della Prefettura di dedicare
il campo base Expo all'accoglienza
di 500 migranti. "Come al solito c’è
chi lavora e chi appare in fotografia",
A
Per noi l'isola è così centrale che oggi
siamo qui. Servono risposte concrete
– ha detto il premier, per poi aggiungere
che “questo luogo ha unito la bellezza
geografica dei luoghi alla bellezza dei
propri abitanti. Questo luogo oggi vuole
essere considerato per quello che è:
una porta d’Europa ma anche un luogo
dove poter vivere bene Lampedusa è
il punto geograficamente più lontano,
più a sud di Tunisi ma per tutti gli italiani
deve essere uno dei luoghi centrali del
nostro Paese e della nostra Europa”.
aggiunge Romano. Duro il commento del segretario del Pd meneghino Pietro Bussolati, secondo cui
quelli di centrodestra "Se la cantano
e se la suonano da soli”.
Di diverso avviso il candidato sindaco per il centrodestra Stefano
Parisi: "Il centrodestra ha dato il
suggerimento giusto, ed è stato recepito. Speriamo ora che i progetti
post-Expo procedano spediti e con
un coinvolgimento complessivo
delle eccellenze milanesi". Sulla
stessa linea anche l'assessore regionale al post Expo Francesca
Brianza, che dichiara come il governo
si sia reso "evidentemente conto
del problema che si era creato e
del blocco che questa presenza di
immigrati avrebbe creato alla fase
del Post Expo".
5
8
Sabato 26 marzo 2016
ESTERI
BRASILE - L’EX PRESIDENTE OPERAIO, TANTO AMATO DALLA SINISTRA NOSTRANA, PER EVITARE IL CARCERE POTREBBE FUGGIRE NEL BELPAESE
Il “piano b” di Lula: asilo politico a Roma
FRANCIA
Un bus si scontra con un camion:
12 morti. Tra i feriti due italiani
n minibus turistico si è scontrato
con un camion. Nell'incidente,
avvenuto la notte scorsa nel
centro della Francia (tra Moulins e Montbeugny), sono morte dodici persone
di nazionalità portoghese (tra loro anche
una ragazzina di 12 anni). Salvo il conducente del pulmino, ferito ma lievemente. Feriti anche due italiani, che secondo quanto riferito dai media francesi,
sono gli autisti del camion.
Quanto alla dinamica dell'incidente, si è
appreso che il pullmino era in viaggio
dalla Svizzera al Portogallo sulla Statale
79, considerata tra le più pericolose del
Paese (il tasso di incidenti sulla stessa
risulta elevatissimo). L'impatto frontale
con il camion, per cause ancora da chiarire, è avvenuto intorno alla mezzanotte.
Sul posto, oltre a numerosi mezzi di
soccorso, è intervenuta in forze anche
U
Luis Inacio Lula da Silva,
il “presidente operaio”
tanto lodato dal Matteo
Renzi (che l'ha definito
un “punto di riferimento”
perché “ha rappresentato un modello
di sinistra di governo per tanti di
noi”) ha molto probabilmente deciso
di prendere in parola le dichiarazioni
del nostro incauto premier.
Indagato dalla magistratura brasiliana con l'accusa di occultamento
di patrimonio e frode fiscale nell'ambito dell'inchiesta Petrobras,
Lula ha tentato di evitare di finire
dietro le sbarre entrando a far
parte dell'esecutivo di Dilma Roussef, che l'ha designato ministro
della Casa Civile per garantirgli
A
l'immunità. Il piano però è fallito:
la nomina infatti, decisa dal capo
dello Stato tra un mare di polemiche e proteste anche a causa della
pubblicazione di un'intercettazione
telefonica in cui la Rousseff lo
avvisa dell'iniziativa sottolineandone l'utilità legale, è stata bloccata
da un giudice federale, che l'ha
qualificata come tentativo di ostacolare la giustizia.
Per tentare di salvarsi dalla galera
però, sembra che Lula abbia già
pronto un piano di riserva che coinvolge anche l'Italia, dove il ricercatissimo (non in senso buono) ex
presidente pare abbia intenzione
di rifugiarsi chiedendo asilo politico. A rivelarlo è il settimanale
Veja, secondo cui il politico, dato
anche che la moglie Maria Leticia,
avendo origini italiane (i bisnonni
della donna sono nati a Palazzago,
nel bergamasco, dove hanno risieduto fino a quando, nel 1908, sono
emigrati in Sud America) ha la doppia cittadinanza, pare abbia intenzione di chiedere aiuto al Belpaese.
L'idea sarebbe quella di recarsi in
una sede diplomatica a Brasilia,
preferibilmente quella italiana, da
cui tentare di ottenere una specie
di lasciapassare dal Parlamento che
consenta all'ex presidente di raggiungere l'aeroporto cittadino senza
finire in manette e partire appunto
per l'Italia. Questi i dettagli - ancora
non numerosi ma comunque rile-
vanti - del piano di fuga che Veja,
rivista tra le più vendute del Brasile,
ha anticipato in queste ore.
Lo scandalo che ha travolto Lula e
Rousseff, la cui poltrona presidenziale risulta tutt'altro che stabile (è
infatti in corso, nei riguardi della
donna, una procedura di impeachment), ha portato in piazza per
protesta milioni di brasiliani. Tra
loro molto probabilmente non c'era
Cesare Battisti, ex membro dei
Proletari armati contro il comunismo che il Brasile di Lula e compagni, coadiuvato dal disinteresse
e inattività del governo italiano
sulla vicenda, ha protetto dalla magistratura nostrana, che lo ha condannato in via definitiva all'erga-
la polizia: secondo i primi accertamenti
effettuati dagli agenti, sembrerebbe
escluso che l'autista del minibus fosse
sotto l'effetto di alcol. Secondo le testiimonianze dei due italiani, riportate
dal quotidiano La Montagne, il minibus
ha improvvisamente virato a sinistra fiCdG
nendo contro il loro camion.
stolo in quanto responsabile di
quattro omicidi commessi durante
gli anni di Piombo. Pene detentive
queste che Battisti avrebbe dovuto
scontare nelle carceri nostrane.
Così non è stato.
Ora Lula, che ha concesso al terrorista italiano lo status di rifugiato
politico onde impedirne l'estradizione, spera forse di veder ricambiato il favore. C'è da augurarsi
che non gli venga concesso. Sarebbe un'ulteriore offesa sia alle
vittime di Battisti, sia alla giustizia
in genere. Chissà se l'Italia – la
speranza è piuttosto vana – sarà in
questo caso in grado di mostrare
almeno un po' di dignità.
Cristina Di Giorgi
NIGERIA
Dubbi e speranze sulla fine dell’incubo Boko Haram
Il leader del gruppo appare in un video in cui annuncia la resa. Nel frattempo i miliziani rapiscono
sedici persone e l’esercito ne libera ottocento
l nuovo video apparso in rete
in cui Abubakar Shekau, leader
del gruppo terroristico nigeriano
di Boko Haram, si rivolge ai suoi
miliziani per annunciare la resa
potrebbe non essere autentico.
Ci sono infatti diversi dubbi innanzitutto sul fatto che l'uomo
che appare nelle immagini sia effettivamente l'estremista che guida
I
l'organizzazione braccio armato
dell'Isis in Africa occidentale.
Gli esperti stanno passando al
vaglio ogni fotogramma dei 7 minuti del filmato (di pessima qualità
audio e video, a differenza degli
altri messaggi diffusi a fine 2014
e inizio 2015) in cui colui che potrebbe essere Sheaku, che non
appariva da oltre un anno e che
in passato è stato dato più volte
per morto, afferma che la sua
leadership è giunta al termine e
che è dunque ora di deporre le
armi e porre fine a sette anni di
guerriglia e attentati, portati avanti
dai miliziani per destabilizzare il
governo nigeriano: “Per me è
giunta la fine. Che Allah ci protegga
dal male, ringrazio il mio creatore”
è la frase più significativa del discorso, pronunciato con alle spalle
la bandiera nera dell'Isis.
Fine di un incubo dunque? Forse.
A sostegno di tale ottimistica interpretazione le frasi pronunciate,
il tono dimesso del proclama e
l'aspetto spento dell'uomo che
appare in video. Ne sembrano
convinti i militari di Abuja (capitale
della Nigeria): “Il messaggio è
chiaro” ha dichiarato in proposito
una fonte dell'esercito alla Bbc.
Che ha poi aggiunto: “vedere
Sheaku nel video significa che il
gioco è finito”. E la prova sta
anche nel linguaggio del corpo:
“per questo terrorista arrogante
parlare in tono così passivo e
sottomesso dimostra che è stato
sconfitto” dice ancora il militare.
A tali considerazioni va poi aggiunto il fatto che Boko Haram
ha subito, negli ultimi mesi, la
controffensiva dell'esercito regolare nigeriano, in cui sono state
registrate significative conquiste
territoriali a danno dell'organizzazione terroristica, ormai messa
alle strette da problemi logistici e
mancanza di rifornimenti.
Un'altra forse più realistica interpretazione è invece quella di chi
considera il video come un possibile commiato del leader ma
non dell'organizzazione, che potrebbe dunque essere giunta ad
una cruciale fase di cambio vertice
ma non alla definitiva sconfitta.
Sul sito internet del ministero
della Difesa nigeriano è stata in
proposito pubblicata una nota
che, pur non confermando né
smentendo l'autenticità del filmato,
riafferma “la volontà di portare a
termine il lavoro svolto nelle ultime
settimane fino a eliminare anche
l’ultimo terrorista presente in Nigeria”. Il comunicato prosegue
poi con un appello alla popolazione
a non abbassare la guardia.
Nel frattempo, a possibile conferma di tale meno ottimistica
ipotesi, la notizia del rapimento
di sedici donne (tra loro due bambine) ad opera di un commando
di miliziani, avvenuto ieri. Ne riferisce l'Afp, che citando fonti
della polizia locale precisa che il
sequestro è avvenuto nella zona
di Adamawa, nel nordest della
Nigeria.
Risulta poi confermata anche un'altra notizia, di segno opposto:
l'esercito nigeriano ha in queste
ore liberato di 829 ostaggi che
erano in mano al gruppo, mettendo
in fuga i terroristi che li detenevano.
“I nostri coraggiosi soldati hanno
espulso dall’aerea di Kala Balge
gli ultimi terroristi di Boko Haram
presenti”, ha dichiarato in proposito
un portavoce militare.
Se effettivamente ci si stia avviando verso la sconfitta dell'organizzazione lo si vedrà nei prossimi mesi. Resta comunque un
dato di fatto: dal 2009 ad oggi, la
violenza terroristica di Boko Haram
ha causato in Nigeria almeno 17
CdG
mila morti.
6
Sabato 26 marzo 2016
DA ROMA
L’INDAGINE DI CONFESERCENTI: 14MILA IMPRESE CHIUSE DAL 2008, 1.140 NEL PRIMO TRIMESTRE 2016
La città dei commerci è quasi fallita
La ricetta: “Meno tasse, più credito, lotta all’abusivismo, stop ad altri centri,
riqualificazione dei mercati e rivedere le politiche di riscossione”
oma è sull’orlo del fallimento. Non ha dubbi la
Confesercenti che ha
mappato lo stato di salute
di quel che resta della
città dei commerci.
Anche perché i consumi diffusi negli
esercizi di vicinato non ripartono e
le piccole imprese, ormai indebitate,
chiudono. Una realtà tristissima e
con previsioni tutt’altro che rosee
anche nel 2016.
Se il buongiorno si vede dal mattino, spicca la chiusura di circa
1.140 imprese al termine del primo
trimestre dell’anno: secondo l’indagine, nei primi due mesi dell’anno in corso (2016) nella provincia di Roma si sono perse 94
imprese del settore alimentare e
630 del settore non alimentare, per
un totale di 724.
Un fenomeno in costante aumento
con il quale i commercianti sono
costretti a convivere, indebitandosi
e auspicando un futuro migliore, o
a cedere, abbassando la saracinesca
della propria attività dopo una vita
di sacrifici. Un vortice che sta spazzando via il commercio romano,
settore cardine del pil cittadino.
E, è l’analisi della Confesercenti,
“senza politiche reali di sostegno,
il tessuto economico che caratterizza
Roma sta scomparendo. Una vera e
propria desertificazione è in atto”.
I dati confermano un trend che dura
ormai da diversi anni e si è incrementato, in particolare, in questi ultimi cinque anni di piena crisi economica e dei consumi.
A fronte di questo dato molto negativo, lo stesso risulta appena attenuato dalle nuove aperture che
si sono fermate, nella provincia di
R
TORRICOLA
Si sdraia sui binari,
decapitato dal treno
i è sdraiato sulle rotaie mentre
il treno era in corsa. E’ morto
sul colpo un italiano, classe 67
e originario di Anzio, che si è tolto la
vita ieri mattina, intorno alle 11, nella
stazione di Torricola, alle porte di
Roma Termini.
Il tutto sotto gli occhi dei tantissimi
passeggeri che si trovavano sulla banchina, rimasti impietriti dallo choc.
Il macchinista ha raccontato alla polizia,
che indaga sul caso, di avere visto
l’uomo che si sdraiava sui binari, di
avere frenato ma il convoglio non ha
fatto in tempo a bloccarsi.
Nell’impatto con il convoglio l’uomo
è rimasto decapitato. Dalle 11 il traffico
ferroviario fra Roma Casilina e Pome-
S
Roma, a 28 nel settore alimentare e
156 nel settore non alimentare.
“Un dato, quest’ultimo, che, stimando
la tendenza, potrebbe crescere a
fine trimestre per arrivare a 270
nuove aperture, contenendo, ma
solo molto parzialmente il trend
negativo”, si legge nell’indagine.
Allargando invece l’orizzonte al territorio della regione Lazio, prosegue
la Confesercenti,“il dato analizzato
ci fa stimare in 910 le imprese chiuse
in assoluto (oltre 450 al mese in
questo primo bimestre), che sulla
base trimestrale sale a 1340 imprese
chiuse dall’inizio dell’anno”.
Ma l’amara fotografia apparirebbe
in controtendenza: “Da un lato la
crescita contenuta delle nuove imprese, in effetti il dato negativo che
si registra non è dato solo dall’alto
numero delle imprese cessate, ma
dal basso numero di imprese che
riaprono o che scelgono di aprire
per la prima volta”.
L’altro elemento tragico sta nel
dettaglio delle imprese che cessano: il 13% nel settore alimentare
e l’87% in quello non alimentare.
In questa triste classifica delle
chiusure ci sono i negozi in sede
fissa non alimentari e l’intermediazione commerciale con una
quota del 30% delle chiusure, se-
gue la ristorazione con il 23%, i
bar con il 19%, la moda con il
16% e, sempre nell’ordine, gli articoli da regalo, i macellai, le edicole, gli ortofrutta.
Se nell’ultimo quinquennio sono
state ben 14mila le imprese che
hanno chiuso i battenti, una vera
ecatombe, l’unica ricetta possibile
per salvare l’economia romana non
può che prescindere “da reali politiche di sostegno: meno tasse locali,
più credito, lotta senza quartiere
all’abusivismo, stop ad altri centri
commerciali, puntare sulla riqualificazione dei mercati e le azioni di
promozione turistica della città, con-
zia-Santa Palomba (linea Roma-Napoli,
via Formia) è rimasto sospeso. Interrotta anche la linea regionale RomaNettuno. I treni in viaggio hanno registrato ritardi fino a 120 minuti, mentre
alcune corse hanno subìto limitazione
o cancellazioni.
Non si conoscono le motivazioni all’origine del tragico gesto.
trastando il degrado in cui, ormai,
versano le strade della capitale”, è
l’invito di Valter Giammaria, presidente della Confesercenti di Roma.
Ma è necessario rivedere in fretta
le politiche di riscossione.
“Occorre sospendere la procedura
che consente ad Equitalia ed Enti
riscossori - ha spiegato Giammaria
- l’adozione di un regime sanzionatorio pesantissimo e che si sta
trasformando nella vera ghigliottina
di Stato nei confronti delle piccole
e medie imprese. Per questo dobbiamo dare forza e voce ai progetti
di vicinato delle strade del commercio”.
STORACE È PRONTO A PRESENTARE IL PROGRAMMA ELETTORALE
“Se vincono i grillini? Roma si blocca”
E alla Meloni, che propone maggiori poteri per la città, dice: “È stata quattro anni ministro, ci poteva pensare pure prima”
rancesco Storace non molla e auspica la reunion
del centrodestra, nonostante i litigi, i veti e i personalismi. Il candidato a sindaco continua a
girare come una trottola la Capitale ed è pronto a presentare il programma elettorale, come ha confermato
nel corso della lunga intervista rilasciata all’agenzia di
stampa Dire.
Programma per i primi 100 giorni da sindaco? “Dopo
Pasqua stilerò un manuale alfabetico - ha risposto con le 21 cose da fare: ad ogni lettera corrisponderà
una priorità. La prima lettera ed esempio è la A di
Atac e così via”. Insomma il leader de La Destra ha le
idee abbastanza chiare: “Una delle cose più urgenti
da fare - ha aggiunto- è fare pace con i dipendenti comunali” e al contempo, “sbloccare le 22 procedure
concorsuali ferme da tempo. A Roma servono intelligenze fresche per rimettere in moto la macchina amministrativa”.
E la sicurezza, in tutte le sue sfaccettature, sarà uno
dei punti cardine del programma di Storace, sostenuto
al momento da “Destra Nazionale – Storace Sindaco”
e la lista civica “Storace Sindaco”: “Illuminazione
pubblica, interforze tra tutte le forze dell’ordine con
il coordinamento della prefettura e, ovviamente,
lotta all’abusivismo commerciale - ha assicurato ma anche i campi rom”, una questione molto sentita
dai romani: “Sono felice di non trovarmi più in
solitaria su questa questione. Mi ha colpito molto,
F
inoltre, l’asse grillini-sinistra sul superamento dei
campi rom”.
Si è detto poi preoccupato della vittoria del Movimento
Cinque Stelle o del ritorno del Partito democratico.
“Le prime sue dichiarazioni lasciano a desiderare - ha
detto Storace, commentando la grillina Virginia Raggi
- È partita claudicante con lo svarione su Acea.
Seppur sia infantile dare la colpa a lei per il crollo in
borsa dovrebbe avventurarsi in queste storie con più
attenzione e competenza. Poi ha detto ‘no’ allo stadio
e alle Olimpiadi. Temo che se arrivano i grillini si
blocchi l’economia di Roma e scappino gli investitori”.
Ha poi commentato il possibile ritorno di Ignazio
Marino: “Fu imposto da Zingaretti al centrosinistra e
al Pd, diceva “Non è politica è Roma”: era un grillino
ante litteram”.
E ha scherzato su Alfio Marchini, con il quale sembra
scorra buon sangue.
“Ci scherzo perché almeno lui è educato. Ma quello
che gli dico sempre è che deve uscire dalla metafora
della ‘supercazzola’ che lo fa sembrare un grillino altolocato”, ha spiegato il candidato sindaco.
Il giudizio è pessimo sul centrodestra, frazionato e litigioso.
“Ho deciso come abito mentale di commentare ogni
dichiarazione del centrodestra solo dopo 7 giorni.
Stanno allo sbando, io vorrei parlare non dei danni
che ha fatto questa coalizione prendendosi a schiaffi
da sola ma dei danni che ci sarebbero se vincessero
i grillini o tornasse il Pd”, è il commento del candidato
a sindaco a proposito dell’apertura di Bertolaso verso
Marchini, ricordando: “Avevo proposto un confronto
tra i candidati del centrodestra per trovare un’intesa
tra i partiti, pensate se avessero accettato le primarie
a gennaio: ora ci sarebbe un solo candidato e con i
numeri per vincere. Io sono qui e ho il dovere di
tentare di vincere la partita”.
Storace, che ha preso le difese di CasaPound (“è
sbagliato criminalizzarli, da tempo non si registrano
episodi di violenza”, ha precisato), è stato pizzicato
anche sulla candidatura di Giorgia Meloni, che proprio
nei giorni scorsi ha rivelato di non essere mai stata
fascista.
“Non mi piace chi deve nascondere il passato”, ha risposto l’ex governatore del Lazio, anche perché, ha
sottolineato, “nessuno le chiede di indossare la
camicia nera se diventa sindaco”. Quindi, è il pensiero
di Storace, “la Meloni avrebbe potuto dire ben altro.
Io di fascismo scrivo tutti i giorni su Il Giornale
d’Italia ma nell’ottica di verità storica su un periodo
che ha rappresentato tanto. Si immagini nel 2022,
per il centenario della marcia su Roma, le centinaia di
libri che saranno pubblicati”.
Eppure Meloni e Storace convergono sui poteri
legislativi che il governo e la Regione Lazio dovrebbero
cedere a Roma Capitale, in linea con le altre capitali
europee.
Una vecchia battaglia proprio di Storace, che si sta
battendo come un leone alla Regione per assegnare
maggiori poteri al Campidoglio.
All’appello della leader di Fratelli d’Italia, che ha invitato
gli altri candidati a recarsi “insieme da Renzi a chiedere
poteri speciali per la nostra città”, Storace ha risposto
così: “Meloni ha ragione. Lei è stata quattro anni
ministro, ci poteva pensare pure prima”.
7
Sabato 26 marzo 2016
DA ROMA E DAL LAZIO
L’EX SINDACO PRESENTERÀ IL SUO LIBRO-VERITÀ SULL’ESPERIENZA AMMINISTRATIVA, UN RACCONTO DURO E SENZA CENSURE
Marino torna da marziano
Il politico, che andrà a processo per le cene e le assunzioni con la sua onlus,
spara a zero su Renzi e Orfini. Prevedibili altri strascichi pre-elettorali
di Marco Compagnoni
a sua verità. Ignazio Marino, agnello sacrificale di
Matteo Renzi e Matteo Orfini, definiti rispettivamente il mandante e l’esecutore, ricostruisce le vicissitudini della
sua breve esperienza in Campidoglio
con un libro, il cui titolo è emblematico: “Un marziano a Roma”.
La presentazione è prevista per mercoledì 30 marzo alle 11 presso l’associazione della stampa estera, in
via dell’Umiltà 83/c, dove tenterà di
chiarire le incognite gigantesche
della sua amministrazione capitolina,
travolta da Mafia Capitale (alla quale
ha resistito con Orfini, subentrato
come commissario del partito, che
lo difese con le unghie e con i denti
ma poi lo scaricò), da Affittopoli (lo
scandalo degli affitti irrisori scoperchiato da Tronca) e, infine, dagli
scontrini e dalla sua onlus Imagine.
E proprio su quest’ultime due inchieste l’ex sindaco, che sta decidendo se scendere nuovamente in
campo con il sostegno di Sel-Si e la
sua lista civica, sarà molto probabilmente rinviato a giudizio. La prima
verte su una spesa sospetta di 13mila
euro, effettuata – tra il 2013 e il 2015
– da Marino con la carta di credito
intestata al Comune per 56 cene,
cui parteciparono anche suoi amici.
Nello stesso procedimento il politico
è indagato, insieme ad altre tre persone, per delle assunzioni con la
onlus ‘Imagine’, della quale Marino
L
era presidente. La struttura, che si
occupava di aiuti sanitari a Paesi in
via di sviluppo, secondo i pm ha
messo in atto delle assunzioni fittizie
tra il 2012 e il 2014, con soggetti
inesistenti truffando l’Inps. Oltre a
Marino, presidente dell’onlus fino
al luglio dl 2013, l’inchiesta vede indagati per truffa in concorso Carlo
Pignatelli, Rosa Garofalo e Federico
Serra.
Il chirurgo genovese, però, non ci
sta: “Nella vita sono sempre stato
un testardo. E i testardi possono vin-
cere o perdere ma non riescono a
galleggiare: emergono o affondano”,
si legge nel comunicato.
“Che sindaco è stato Ignazio Marino?
Un sindaco fuori posto, non capito
da tutti i romani e accoltellato dal
suo stesso partito? O un uomo onesto,
assediato dal sistema di potere di
Mafia Capitale, sostenuto dai cittadini
e tradito clamorosamente da chi lo
doveva difendere? Un sognatore ingenuo, un duro e puro, un tecnico,
un politico, un marziano a Roma? Il
sogno spezzato della sua ammini-
strazione, da quando strappò il Campidoglio - spiega ancora la nota dell’ufficio stampa della Feltrinelli editore - a Gianni Alemanno fino alla
sua decadenza, ha tenuto banco per
mesi su tutti i media nazionali e internazionali, in un crescendo di attenzione che ha reso il sindaco Marino una delle figure più riconoscibili
e dibattute”.
Eppure, prosegue il comunicato,
“non è mai stato semplice incasellarlo in una definizione, mettere la
parola definitiva sulle sue capacità
IL CANDIDATO DI FI ATTACCA GLI AVVERSARI CHE GIÀ RICOPRONO INCARICHI NELLE ISTITUZIONI
Dove c’è Bertolaso,
ci sono le polemiche
Storace rivendica la sua elezione: “Giachetti, Fassina e Meloni sono
stati nominati. Il vento della coglionella si è impossessato di quest’uomo”
olemiche su polemiche. L’ultima
arriva da Guido Bertolaso, candidato a sindaco di Forza Italia, che
ha chiesto agli altri competitori di lasciare
lo scranno del Parlamento e della Regione Lazio, riferendosi a Roberto Giachetti, attuale vicepresidente della Camera, Giorgia Meloni, deputata di Fratelli
d’Italia, Stefano Fassina, ex viceministro
dell’Economia e deputato di Sel-Si, e
Francesco Storace, vicepresidente del
Consiglio regionale del Lazio.
L’ex capo della Protezione civile ha punzecchiato i concorrenti accusandoli di
avere la “scialuppa di salvataggio” e invitandoli quindi a dimettersi.
“E’ comodo fare la campagna elettorale
quando hai la ‘scialuppa di salvataggio’
da parlamentare: se ti va male e non diventi sindaco, non perdi la poltrona in
parlamento”. E’ l’affronto a viso aperto
di Bertolaso ai rivali.
“Parlo di Roberto Giachetti, che è addirittura vice presidente della Camera. Di
Giorgia Meloni e Stefano Fassina, che
sono in Parlamento. Ma anche di Francesco Storace che è consigliere regionale
del Lazio”, ha spiegato l’aspirante sindaco all’agenzia Dire, sottolineando: “Sa-
P
rebbe corretto, o solamente logico, che
quando uno decide di impegnarsi davvero a fare il sindaco di Roma rinunci a
qualsiasi altra attività per dedicarsi anima
e corpo alla campagna elettorale e conquistare così l’obiettivo di diventare
primo cittadino. Credo che questo sia
un comportamento etico”.
Non si è fatta attendere la replica di Storace, che ha preso le distanze dagli
attuali parlamentari impegnati nella campagna elettorale e ha rivendicato il se-
condo posto del centrodestra nel 2013 alla Regione Lazio rispetto al
terzo posto ottenuto da
Silvio Berlusconi, capo
della stessa coalizione
alla Camera, sconfitto da
Bersani e dal M5S.
“Giachetti, Meloni e Fassina sono stati nominati o si sono autonominati parlamentari. Io sono stato eletto alla Regione: nello stesso giorno di votazione il centrodestra arrivò terzo alla Camera
ma secondo alla Regione.
E questo grazie agli elettori che preferirono me al candidato grillino”, ha precisato Storace.
Insomma, secondo il consigliere regionale, “Bertolaso vede la politica nelle
istituzioni come ostacolo alla candidatura
a Sindaco di Roma nello stesso momento
in cui è lui ad essere sotto processo per
reati gravi contro la pubblica amministrazione e non solo. Ma ormai il vento
della coglionella - è la stoccata di Storace
- si è impadronito di quest’uomo”.
di sindaco, arrivare a un bilancio
chiaro della sua esperienza amministrativa. A distanza di pochissimi
mesi dal clamoroso epilogo del suo
mandato, con i consiglieri comunali
del Pd spediti dal notaio a dimettersi
insieme a consiglieri dell’opposizione, Ignazio Marino ha scritto la
sua verità”.
Dopo mesi di silenzio, l’ex sindaco
torna a parlare: “Il racconto, duro e
senza censure, delle resistenze che
ha trovato e che alla fine lo hanno
eliminato; l’analisi, punto per punto,
di una stagione di governo della
città che voleva marcare un cambiamento assoluto; il ricordo, commosso e grato, di tutti coloro (cittadini e assessori) che hanno partecipato insieme a lui a questa avventura, e lo hanno sostenuto fino
in fondo. Un libro esplosivo, ma
niente affatto scandalistico, ricco di
rivelazioni e retroscena sui passaggi
anche più minuti della politica romana, e non solo. Un libro destinato
a restare a lungo al centro del dibattito pubblico”.
Con le conseguenti polemiche, che
molto probabilmente non mancheranno, tra Marino e i vertici del Pd.
Anche alla luce della lunga campagna elettorale delle comunali, nel
corso della quale Orfini ha già beccato più volte l’ex primo cittadino.
Come quando l’attuale commissario,
incalzato dai cronisti sulla bassa affluenza alle primarie, giustificò il
flop così: “Con Marino più votanti,
erano di Mafia Capitale”.
CRISTOFORO COLOMBO
Incidente tra auto e moto,
centauro in fiamme
Un testimone: “Sembrava la scena di un
film”. L’uomo è in gravissime condizioni
n terribile incidente stradale ha scosso giovedì
sera gli automobilisti che
transitavano sulla Cristoforo Colombo, l’arteria che collega il
centro di Roma con il litorale.
Stando a quanto ricostruito, una
Smart fuori controllo avrebbe
sbandato finendo contro una
motocicletta all’altezza del bivio
con la via Pontina. Nello scontro
l’auto ha preso fuoco, coinvolgendo anche l’altro mezzo.
Le fiamme hanno avvolto il centauro caduto a terra, trasportato
poco dopo dal personale del
U
118 in codice rosso all'ospedale
Sant’Eugenio. Una scena che
difficilmente sarà cancellata dalla
mente dei numerosi passanti,
che hanno provato ad aiutare
l’uomo con l’ausilio di bottigliette
d’acqua ed un estintore da auto.
Nonostante le fiamme, l’uomo
era ancora cosciente all’arrivo
dell’equipe medica.
“Sembrava la scena di un film ha raccontato uno dei testimoni
dell’incidente all’Ansa -. Non capisco come possa aver preso
fuoco l’auto. E’ stato davvero
drammatico”.
8
Sabato 26 marzo 2016
STORIA
RITRATTI
“Dal pantano è nato un fiore,
Maria Pasquinelli.Viva l’Italia!”
Storia di una donna che fu capace di uccidere per combattere gli oppressori della sua terra
di Emma Moriconi
morta il 3 luglio 2013, alla veneranda
età di cento anni, Maria Pasquinelli.
Era nata infatti il 16 aprile 1913 a
Firenze, era un'insegnante che si
era trasferita a Pola e che il 10 febbraio 1947, quando i nostri territori orientali
venivano ceduti agli slavi, si ribellò uccidendo
con tre colpi di pistola l'ufficiale inglese
Robert W. De Winton, che comandava la guarnigione alleata di Trieste. Erano gli anni del
genocidio della Venezia Giulia, dell'Istria e
della Dalmazia, quando tanti nostri fratelli
italiani venivano massacrati nel silenzio di
tutto il mondo in quello scempio che furono le
foibe, quanto tanti altri - migliaia e migliaia venivano sradicati dalle loro terre e costretti a
un esodo che ancora oggi rimane una immensa
e dolorosa ferita della nostra Patria. Anni di
sangue e di dolore, anni bui per il nostro
Paese, anni che raccontano di ingiustizie mai
ripagate, di colpe mai espiate, di ferite mai
chiuse. Di sevizie subite dai nostri fratelli
italiani nelle cavità carsiche le cui responsabilità
gravano sugli invasori comunisti slavi ma pure
sui comunisti italiani che non esitarono a
tradire i propri fratelli, figli della stessa terra,
in omaggio ai diktat dei loro aguzzini.Vicende
che ancora reclamano giustizia e verità, urla
che ancora fuoriescono da quelle orrende
cavità della terra a gridare il dolore e l'ingiustizia
di un popolo.
Maria colpì a morte l'ufficiale inglese, e per
questo in molti l'hanno chiamata assassina: togliere la vita a un essere umano è peccato
mortale, e un assassinio è un assassinio, non si
può chiamare in un modo diverso. Ma allora
come dovremmo chiamare quelle orrende
morti delle cavità carsiche? Come dovremmo
chiamare le azioni di coloro che, scientemente,
dolosamente, operarono quella "pulizia etnica"
che oggi finalmente qualcuno comincia a rievocare con il nome di "foibe"? E di tutto il silenzio colpevole che per settant'anni ha gravato
sulle coscienze di chi sapeva, cosa dovremmo
dire? E di quanti ancora oggi lo negano, cosa
È
potremmo argomentare? Quali armi aveva,
quel popolo, in quel tempo, per difendersi,
per approntare almeno una parvenza di difesa?
Nessuno. Maria Pasquinelli venne, per il suo
gesto, condannata a morte: pena che venne
poi commutata in ergastolo e che alla fine la
vide incarcerata per dodici anni.
Ma per capire chi era questa donna e con
quale animo premette quel grilletto dobbiamo
risalire ancora più indietro nel tempo. Diplomata
maestra elementare e laureata in pedagogia,
Maria Pasquinelli era Fascista. Aveva frequentato
la Scuola di Mistica Fascista e nel '40 si era arruolata volontaria crocerossina in Libia; nel
'41 si procurò dei documenti falsi e si rase i
capelli per travestirsi da soldato e andare in prima linea.
Ma venne scoperta e rimpatriata; nel 1942 volle andare
in Dalmazia, ad insegnare, ma
la sua attività per la Patria non
si limitò all'insegnamento delle
giovani menti. Continuò ad
occuparsi dei soldati, fornendo
il proprio contributo per recuperare le salme dei militari,
per cercare le fosse in cui erano stati sepolti, per ricercare
e documentare le foibe, le fosse comuni, alla ricerca di quei
poveri corpi da recuperare.
Sul sito "mariapasquinelli.blogspot.it" - tratto da "Boia chi
molla" ano III n° 1 gennaio
1997 - troviamo scritto: "Stabilitasi a Trieste, subissò di
memoriali e di denunce le autorità della RSI. Cercò di stabilire contatti tra la Decima
Mas e i partigiani della 'Franchi'
e della 'Osoppo' col proposito
di costituire un blocco per la
difesa dell'italianità nel confine
orientale. Per questa attività
venne arrestata dai tedeschi
e minacciata di deportazione.
Fu salvata da un intervento
personale di Junio Valerio Borghese. La mattina del 10 febbraio 1947 il brigadiere generale W. De Winton
(comandante della guarnigione britannica di
Pola) lasciò di buon ora il suo alloggio. Lo attendeva una giornata impegnativa. In quelle
stesse ore a Parigi si stava firmando il trattato
di pace da parte dei rappresentanti del governo
italiano ed a lui sarebbe toccato il compito di
cedere l'enclave di Pola alla Jugoslavia. Quella
mattina faceva molto freddo, c'era una bora
gelida che spazzava le strade della città che
pareva in disarmo, le luci dei bar erano spente,
le saracinesche dei negozi abbassate e gruppi
di persone si affannavano imprecando intorno
a carri e carretti colmi di masserizie. I cittadini
di Pola si erano illusi nei venti mesi di presenza
di militari alleati di sfuggire al destino di
passare sotto la Jugoslavia, destino che aveva
già colpito gli italiani di quasi tutta l'Istria e
della Venezia Giulia".
Il sito, che è una miniera di informazioni e al
quale rimandiamo il lettore che volesse sapere
qualcosa di più approfondito su Maria Pasquinelli, fornisce perfettamente l'idea del
clima che si respirava in quel periodo a Pola,
la sensazione forte dei polesani di sentirsi
"abbandonati e traditi dai loro protettori". Ecco
il racconto di quegli istanti: "De Winton stava
avanzando verso il reparto schierato quando,
dalla piccola folla presente, si staccò la Pasquinelli che si diresse verso l'ufficiale. Fu
questione di un istante: estrasse dalla borsetta
una pistola e fece ripetutamente fuoco senza
pronunciare una sillaba. Tre proiettili colpirono
al cuore il generale che morì sul colpo, un
quarto colpo ferì il soldato che aveva cercato
di proteggerlo".
In quel frangente, inviato a Pola per il Corriere
della Sera c'era Indro Montanelli. Nella tasca
di Maria venne rinvenuto un foglio che conteneva una sorta di lettera-testamento in cui
spiegava il suo gesto.
Michael Goldsmith, corrispondente da Pola
dell'Associated Press, scrisse: "Molti sono i
colpevoli, i polesani italiani non trovano nessuno che comprenda i loro sentimenti. Il governo di Roma è assente, gli slavi sono apertamente nemici in attesa di entrare in città
per occupare le loro case, gli Alleati freddi
ed estremamente guardinghi. A questi, specie
agli inglesi, gli abitanti di Pola imputano di
non avere mantenuto le promesse, di averli
abbandonati". Due mesi dopo si tenne il
processo, Maria si presentò alla Corte Militare
Alleata di Trieste, si dichiarò colpevole e
spiegò le ragioni del suo gesto. Il 10 aprile
uscì la sentenza: condanna a morte. Il giorno
dopo Trieste era incartata da manifestini
tricolore con su scritto: "Dal pantano d'Italia
è nato un fiore: Maria Pasquinelli". Maria
visse così sei anni con la certezza di morire
davanti a un plotone d'esecuzione. Ma nel
1954 la pena capitale fu commutata in ergastolo e nel 1964 Maria tornò ad essere un'Italiana libera.
Una lettera-testamento
“Riconfermo l’indissolubilità del vincolo che lega la Madre-Patria alle
italianissime terre di Zara, di Fiume della Venezia Giulia, eroici nostri
baluardi contro il panslavismo minacciante tutta la civiltà occidentale”
cco il testo della lettera
che venne rinvenuta nella
tasca di Maria Pasquinelli
dopo l'attentato, anche questa
è tratta dal sito mariapasquinelli.blogspot.it: "Seguendo
l'esempio dei 600.000 caduti
nella guerra di redenzione
1915-18 , sensibile come Loro
all'appello di Oberdan, cui si
aggiungono le invocazioni strazianti di migliaia di Giuliani
infoibati dagli Jugoslavi , al
settembre 1943 a tutt'oggi solo
perché rei d' italianità, a Pola
irrorata del sangue di Sauro ,
capitale dell'Istria martire, riconfermo l'indissolubilità del
vincolo che lega la Madre-Pa-
E
tria alle italianissime terre di
Zara,di Fiume della Venezia
Giulia , eroici nostri baluardi
contro il panslavismo minacciante tutta la civiltà occidentale. Mi ribello - col proposito
fermo di colpire a morte chi
ha la sventura di rappresentarli
- ai quattro Grandi , i quali,alla
Conferenza di Parigi , in oltraggio ai sensi di giustizia ,
di umanità e di saggezza politica , hanno deciso di strappare una volta ancora dal
grembo materno le terre più
sacre all'Italia , condannandole
o agli esperimenti di una novella Danzica o - con la più
fredda consapevolezza che è
correità - al giogo jugoslavo,
oggi sinonimo per le nostre
genti, indomabilmente italiane,
di morte in foiba, di deportazione , di esilio. Maria Pasquinelli - Pola , 10 febbraio 1947".
Il 30 marzo 2004 il Parlamento
italiano fissava al 10 febbraio,
giorno della fatidica firma, la
ricorrenza chiamata "Giorno
del Ricordo", in memoria degli
Italiani uccisi nelle foibe e di
quelli costretti a un esodo senza fine.
Ridurre la storia di Maria Pasquinelli a quei tre colpi di pistola, però, sarebbe ingiusto.
E dunque racconteremo brevemente ai nostri lettori che
questa donna, in gioventù, aveva
collaborato con il padre alla
sistemazione del Sacrario di
Redipuglia, alla fine degli anni
Trenta, in Dalmazia era stata
arrestata, aveva subito un tentativo di stupro da parte di un
partigiano al quale reagì con
forza e determinazione, subì
le angherie del carcere, aveva
tentato di impegnarsi nella costruzione di un fronte anti slavo
composto da Regno del Sud,
RSI e CLN, inconsapevole dei
traffici sottobanco che Badoglio,
partigiani e Alleati conducevano
con i titini. Molto si potrebbe
ancora dire, qui basterà raccontare al lettore alcuni pas-
saggi di ciò che Maria disse.
Affermò di riconoscere la sacralità di tutte le patrie, compresa quella inglese. Aggiunse
di aver fatto celebrare una Santa
Messa ogni 10 del mese in
suffragio della vittima dei suoi
proiettili e - ma questo non lo
disse - collocò una piccola Croce sotto il monumento funebre
di De Winton nel cimitero di
Adegliacco presso Udine.
Infine vale la pena raccontare
come Maria non volle firmare
la domanda di grazia: "Ringrazio
la Corte per la cortesia usatami
- rispose quando le spiegarono
i suoi diritti -, ma sin da ora dichiaro che mai firmerò la domanda di grazia agli oppressori
della mia terra".
[email protected]
9
Sabato 26 marzo 2016
DALL’ITALIA
L’INSEGNANTE, COLPEVOLE DI AVER FATTO PIPÌ IN UN CESPUGLIO, È STATO REINTEGRATO DAL GIUDICE DEL LAVORO
Bergamo: Stefano Rho torna a insegnare
Era stato licenziato perché non aveva riportato, in un’autocertificazione, una condanna ricevuta undici anni prima
di Chantal Capasso
uone notizie per Stefano
Rho, è stato reintegrato
dal giudice e potrà continuare ad insegnare. Il
professore bergamasco
era stato licenziato per non aver
dichiarato un 'precedente penale'
per una multa di 11 anni fa comminatagli dopo essere stato sorpreso
a fare la pipì in un cespuglio. Ma finalmente la decisione del giudice
del lavoro di Bergamo, reintegra il
prof oltre a disporre che gli vengano
pagati gli arretrati.
La decisione del giudice del lavoro
di Bergamo, Raffaele Lapenta, conclude una procedura di conciliazione tra il professore, assistito dall’avvocato Yvonne Messi, e il Miur,
ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca. Oltre al reintegro il giudice ha anche deciso la
restituzione, in favore del docente,
dei due mesi di stipendio non percepiti a causa del licenziamento.
All'uscita dal Tribunale, Rho era atteso da un gruppo di ragazzi che
l'ha applaudito e abbracciato. Stefano Rho è uscito dal tribunale sor-
B
ridente, circondato dagli studenti
che lo avevano aspettato. Il professore di filosofia, si dichiara più che
sollevato.
La “triste” vicenda risale a undici
anni fa, quando Stefano Rho fu sorpreso mentre orinava su un cespuglio: accusato di atti contro la pubblica decenza, fu condannato a pagare una multa di 200 euro. Nel
2013 entra di ruolo nella scuola e
firma un'autodichiarazione dove
dice "di non aver riportato condanne
penali". Ed è proprio questa dichiarazione, in seguito a un controllo,
a far perdere il posto a Rho, in quanto avrebbe giurato il falso. Il suo
caso aveva suscitato le proteste dei
suoi alunni del liceo linguistico Falcone di Bergamo, che avevano organizzato lo scorso 6 febbraio una
manifestazione di protesta e avevano
scritto una lettera indirizzata al Capo
dello Stato Sergio Mattarella. Il caso
aveva finito col coinvolgere anche
la politica a più livelli, con l'annuncio
di interrogazioni parlamentari e
una mozione del Consiglio provinciale di Bergamo a favore del reintegro del docente.
Stefano Rho, seppur contento della
decisione, ha parlato al “Corriere
della Sera” di "vittoria mutilata, affermando che la normativa resta
comunque ingiusta” . Il docente,
che all'esterno del tribunale ha trovato ad attenderlo alcune sue alun-
ne, tornerà a insegnare dopo Pasqua: "Sarà come un primo giorno
di scuola per me".
FINISCE IN MANETTE ANGELO MARIA CHIRIATTI, 61 ANNI: DEVE SCONTARE OLTRE DUE ANNI, ASCOLTATE LE PRESUNTE VITTIME
Fermato finto prete a Brindisi per pedofilia
L’uomo si professava sacerdote ma non aveva mai ricevuto l’ordinazione
Già nel 2009 era stato acusato di aver abusato di cinque ragazzini
finito in manette Angelo
Maria Chiriatti, il 61enne
noto come 'padre Pietro',
accusato di violenza sessuale
e sostituzione di persona, così
come disposto dalla Corte
d’appello di Bari. L’uomo indossava abiti talari pur non
avendo alcuna investitura,più
volte denunciato dalla Curia
di Lecce. L’uomo è originario
di Lecce ma vive a San Pietro
Vernotico, in provincia di Brindisi, dove i carabinieri gli hanno
notificato l’ordine di carcera-
È
zione: deve scontare una pena
residua di due anni e tre mesi.
Le indagini, culminate con l’arresto, sono scattate dopo la segnalazione di un’assistente sociale della provincia barese.
Chiriatti, durante le vacanze
estive, avrebbe accolto nel suo
finto oratorio, che si trova tra le
province di Bari e Brindisi, diversi minorenni (bambini e ragazzini) dei quali avrebbe abusato. Nel 2008 risulta nei suoi
confronti una sentenza di condanna passata in giudicato della
Corte d'Appello di Lecce per
atti di libidine e violenza relativa
a fatti avvenuti nell'89.
Nel 2007 invece è stato condannato per turbamento di funzione religiosa in una chiesa
di San Pietro Vernotico e per
aver strappato i manifesti fatti
affiggere sui muri dalla Diocesi
di Lecce con i quali la gente
veniva avvisata del fatto che
Angelo Maria Chiriatti non era
un prete. Nel 2001 l'uomo era
stato denunciato dai carabinieri
per usurpazione di titolo ec-
clesiastico e nel 2000 era stato
arrestato e poi assolto, per non
aver commesso il fatto, dal Tri-
MAXIBLITZ IN PUGLIA
TOPI D’APPARTAMENTO
Sgominata banda di rapinatori
n’imponente operazione
dei carabinieri ha arrestato
dieci persone, di cui sei
in carcere e quattro ai domiciliari.
Il maxi blitz è stato compiuto in
diverse regioni italiane (Puglia,
Basilicata, Campania e Lombardia). Tutti con l’accusa, a vario
titolo, di associazione a delinquere finalizzata alle rapine aggravate in danno di furgoni portavalori e caveau, ricettazione,
riciclaggio, detenzione e porto
abusivo di arma da guerra e comune da sparo. Gli arresti sono
stati eseguiti su disposizione di
un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP presso il
Tribunale di Trani, su richiesta
della locale Procura della Repubblica, nell’ambito di una in-
U
dagine che ha portato allo smantellamento di una banda di malviventi dedita alle rapine ai portavalori e caveau delle banche.
Gli inquirenti, hanno così sgominato un sodalizio criminale
stretto tra cerignolani e andriesi
con beneventani, potentini e residenti nel basso Lazio, in grado
di organizzare e mettere a segno
rapine in tutta Italia, con metodi
bunale di Lecce per violenza
sessuale.
I minorenni coinvolti sono stati
sentiti in ascolto protetto, alla
presenza di psicologi e periti
designati dal tribunale dei minori, e tutti hanno confermato
di avere subito abusi sessuali
da parte del falso prete. All’epoca dei fatti le vittime avevano un’età fra i dieci e i 17
anni: le testimonianze portarono
l’arresto del padre Pietro, ma
questi tornò in libertà dopo un
periodo di custodia cautelare.
Nonostante il processo pendente a suo carico, il finto sacerdote ha continuato a circolare con addosso l’abito talare
e un crocifisso, celebrando la
messa nelle case di sua proprietà, sedi della comunità dei
sedicenti Missionari di nostra
Signora della Cava devota al
Cuore immacolato di Maria,
come Chiriatti predicava ai
Ch.C.
suoi fedeli.
e armi paramilitari e potendo contare sull’appoggio di incensurati che
o facilitavano le rapine,
o ne nascondevano gli
arsenali.
L'indagine è partita seguendo alcuni sospettati
e sono stati accertati due
tentativi di rapine a Melfi
e Torrenova, nel Beneventano.
Ma la banda stava per mettere a
segno colpi anche in città del
Nord Italia: in particolare, si sospetta che nei piani del gruppo
vi fosse il caveau di una banca
di Milano, in piazza Duca D'Aosta,
un deposito orafo di Tezze sul
Brenta, nel Vicentino, e un furgone blindato a Marghera, in
Ch.C.
provincia di Venezia.
Arrestati albanesi nel Casertano
rrestati dalla polizia di Caserta una banda di albanesi,
con loro sottosequestro il
bottino composto di gioielli e oggetti in oro dal valore di ottomila
euro. Gli arrestati avevano rubato
in alcune abitazioni nel ternano.
Ora i sei albanesi sono stati sottoposti a fermo di polizia giudiziaria
dalla squadra mobile di Caserta,
grazie anche al contributo dei carabinieri di Terni.
Alcuni dei cittadini hanno potuto
riconoscere i loro gioielli proprio
mentre stavano formalizzando la
denuncia negli uffici della stazione
carabinieri di Terni.
Questa operazione rientra in quella
mirata a contrastare il fenomeno
dei furti in casa e di repressione
delle bande specializzate. Gli
A
agenti della squadra
mobile della Questura di Caserta hanno sottoposto a fermo sei persone, tutte nate in Albania e
di età compresa tra
i 22 e i 33 anni, già
note alle forze dell’ordine per precedenti di polizia tra
cui, in particolare,
per reati contro il patrimonio.
L’attività investigativa della polizia
ha consentito di individuare i sei
malviventi in un appartamento di
Macerata Campania, probabilmente la “base” operativa della
banda. Qui, sono stati rinvenuti
numerosissimi oggetti refurtiva
di furti e rapine, tra cui orologi di
pregio, macchine fotografiche,
argenteria, penne ed accessori,
nonché arnesi per lo scasso come,
in dettaglio, due fiamme ossidriche
portatili. Al termine degli atti di
rito i sei sono stati condotti nel
carcere di Santa Maria Capua Vetere a disposizione dell’autorità
Ch.C.
giudiziaria.
10
Sabato 26 marzo 2016
CULTURA
“COME UNA QUERCIA” È LO SPETTACOLO DEDICATO A ROLANDO RIVI. TESTO DISPONIBILE ANCHE IN UN LIBRO
Arriva a teatro il ragazzino ucciso dai partigiani
In scena la vicenda del seminarista torturato nel 1945 dai comunisti
di Igor Traboni
a vicenda di Rolando Rivi, seminarista
ucciso dai partigiani comunisti nel
1945 vicino Reggio
Emilia, è diventata uno spettacolo teatrale, scritto e diretto
da Davide Giandrini, il cui testo è ora disponibile anche
nel libro pubblicato da Itaca
e che riprende il titolo della
rappresentazione, ovvero
“Come una quercia – Storia
di Rolando Rivi seminarista
martire”.
Il martire ragazzino: così è
stato anche definito Rolando,
beatificato da Bergoglio come
uno dei primi atti del suo pontificato, e le cui spoglie riposano oggi alla Pieve di San
Valentino, nel Reggiano. Un
borgo che da qualche tempo
è stato impreziosito anche
dalla presenza di una casa
dei Memores Domini, una delle tante intuizioni di don Luigi
Giussani, inaugurata giusto un
anno fa da Mons. Massimo
Camisasca, fondatore dell’altro
ramo giussaniano della Fraternità sacerdotale dei Missionari di San Carlo Borromeo
e quattro anni fa nominato
proprio vescovo di Reggio
Emilia (tra l’altro Camisasca
il prossimo 16 aprile tornerà
alla Pieve per celebrare la
messa nell’anniversario del
martirio del Beato Rivi).
E da San Valentino, come viene
ricordato con dovizia di par-
L
Mons. Camiscasca sulla tomba d Rolando Rivi, dichiarato Beato da Papa Francesco
ticolari ma senza pedanteria
nel testo di Giandrini, Rolando
prese le mosse a soli 11 anni,
nel 1942, per entrare nel vicino
seminario di Merola, grazie
anche all’esempio del parroco
don Olinto, prete buono. Ma
la guerra incombeva e due
anni dopo i seminaristi furono
costretti a tornare a casa. Così
accadde anche per Rolando,
che comunque continuò a vivere una storia di fede esemplare per un ragazzino della
sua età, compreso l’attaccamento alla talare, che non smi-
se mai di indossare, anche se
in quella zona rossa per accezione forse sarebbe stato
meglio non farlo, tanto e tale
era l’odio che i partigiani nutrivano per tutto quello che
‘sapeva’ di Chiesa.
“Non lo si incontra mai triste.
E’ combattivo. E’ forte”, racconta di Rolando la voce narrante di Daniele Bentivegna
in questo spettacolo, mentre
la musica sfuma (le note sono
quelle di Beethoven e Presisner, ma anche quelle più
contemporanee di Lucio Dal-
la). Fino al 10 aprile 1945,
quando inizia il calvario. Qui
lo spettacolo si ‘veste’ di luce
a giorno, e narra di un martedì, con Rolando che “è già
in chiesa al mattino presto
perché si celebra la messa e
lui accompagna il coro con
l’harmonium. Poi, prima di
uscire dalla chiesa si accorda
con i cantori per le prove del
giorno dopo, e quindi saluta
tutti e torna a casa. Papà Roberto e mamma Albertina
quel mattino sono a lavorare
nei campi, e così lui, con il
suo abito talare, prende libri
e quaderni ed esce per andare a studiare al fresco di
un piccolo bosco. Lo avvicinano dei partigiani comunisti
e prendendolo con la forza
portavo via Rolando. Lo rapiscono”.
Nei tre giorni successivi, il
papà e gli amici cercano Rolando in ogni dove. Ma proprio il 13 aprile il suo martirio
si consuma: “I partigiani insultano Rolando, lo prendono
a schiaffi, gli tirano cinghiate,
gli danno calci e pugni su
tutto il corpo. Continuano a
torturarlo fino alle tre del pomeriggio. Lo fanno inginocchiare di fianco ad una fossa
che hanno scavato. Mentre
recita il Padre Nostro i partigiani comunisti gli sparano
due colpi di pistola. Uno al
fianco. L’altro alla testa”.
Papà Roberto e il parroco
don Camellini incontrano il
comandante del battaglione
delle piane di Monchio:
“Dov’è il seminarista Rolando
Rivi? Chiese don Camellini
al comandante. ‘E’ stato ucciso
qui. L’ho ucciso io, ma sono
perfettamente tranquillo’”. Su
queste parole della rappresentazione sfuma la musica
e cala il buio in sala. Ma possiamo ben dire che qui inizia
la luce per Rolando, per la
sua vicenda. E non solo perché lo spettacolo prosegue,
proprio con la luce a giorno
che segna il ritrovamento del
cadaverino, ma soprattutto
perché la fama di santità di
Rolando inizia a propagarsi
per quelle contrade segnate
dal sangue di altri uomini di
Chiesa. Fino ai nostri giorni
– passando attraverso la condanna dei due responsabili
delle torture e dell’uccisione,
partigiani che poi hanno goduto della amnistia Togliatti
per i fatti di guerra -, a quel
cammino iniziato giusto dieci
anni fa e culminato con la
proclamazione a Beato da
parte di Papa Francesco, dopo
il riconoscimento di un miracolo (quello di James, altro
bambino, guarito dalla leucemia) attribuito proprio all’intercessione di Rolando. E’
qui che lo spettacolo si chiude, dopo aver illustrato per
bene il significato della ‘beatitudine’ che passa anche attraverso figure come questa
di Rolando Rivi. Uno spettacolo ‘coraggioso’, come l’Autore racconta nell’intervista
qui in pagina. E che solo un
autore e attore come Giandrini
(formatosi con il teatro-canzone e passato attraverso collaborazioni e contaminazioni
che vanno dal poeta Davide
Rondoni alla scrittura di Luca
Doninelli, dal Leopardi lunare
alla figura del padre con Risè
e Palmieri, dalle foibe al racconto-rivisitazione di Pinocchio) poteva avere per l’appunto il ‘coraggio’ di portare
in scena. E per richiederlo
basta scrivere a : [email protected].
PARLA DAVIDE GIANDRINI, AUTORE DELLA RAPPRESENTAZIONE: “TANTE PERSONE COMMOSSE DALLO SPETTACOLO”
“Colpito dalla potenza del piccolo”
Ma nel paese natale del Beato, nel cuore della rossa Emilia, non è stato ancora possibile portarlo…
Davide Giandrini, come ha conosciuto
la figura di Rolando Rivi?
“In maniera abbastanza causale, se vogliamo: me ne ha parlato un amico circa
un anno fa e subito mi ha colpito la
vicenda di questo ragazzino ucciso perché
non voleva togliere l’abito talare, ad appena
14 anni. Mi sono messo a cercare notizie
in rete, ho letto il libro di Emilio Bonicelli,
ho cercato altre notizie, tutto quello che
sono riuscito a trovare. Con Daniele (Bentivegna, la voce narrante della scena teatrale, ndr) siamo andati a San Valentino,
il paese di Rolando, e abbiamo girato un
primo video alla Pieve, quindi alla Piana
di Morchio dove venne trovato il cadavere.
Quindi ho incontrato il cugino Sergio,
che oggi ha 77 anni, e l’ho intervistato, e
nello spettacolo appare proprio mentre
racconta dei suoi giochi con Rolando”.
Ecco, arriviamo allo spettacolo teatrale.
Il ‘perché’ lo abbiamo capito dal fascino
che emana la figura del Beato Rivi, ma
‘come’ è nata questa rappresentazione?
“Ho avuto subito ben chiaro cosa volevo
mettere in scena, ho buttato giù due-tre
stesure, fino a quella finale. Abbiamo provato parecchio, ma devo dire che non è
stato difficile, anche se ha rappresentato
una bella sfida”.
Immaginiamo, visto gli argomenti che
tocca, ad iniziare dalle violenze partigiane, che non è facile far girare questo
spettacolo…
“Vero, non è facile. Però stiamo girando
molto. E i teatri sono sempre pieni. Altra
cosa non facile di questi tempi. La pubblicità
migliore è quella del passaparola: le persone
che vengono a vedere lo spettacolo, poi
lo consigliano ad altri”.
E questo titolo, forte ma allo stesso
tempo particolare di “Come una quercia”,
dove nasce?
“La quercia ha radici ben radicate, difficile
spostarla. Così accadde a Rolando, radicato nella fede, nel suo Gesù, anche nel
martirio”
Chi e perché viene a vedere una rappresentazione del genere?
“Si tratta di un pubblico variegato, ma
direi che l’età media è sui 25-30 anni. L’orientamento è chiaramente cattolico, ma
non solo. Vengono tante persone che
prima neppure conoscevano questa storia
e poi vanno via commosse”.
Colpite da che cosa, in particolare?
“Da quella che amo definire ‘la potenza
del piccolo’. Rolando è un ragazzino, ma
diventa un gigante. Non a caso nel suo
paese da dieci anni arriva gente da ogni
parte del mondo. E’ una figura che interpella
tutti. Nell’uomo suscita una domanda di
fondo sul senso dell’esistenza, su perché
vale la pena vivere. E per che cosa vale la
pena morire”
co’ lo ha mai avuto?
“No, non direttamente. E’ capitato che sui
social qualcuno abbia scritto di non andare
a vedere lo spettacolo. Però mi hanno
riferito che, ad esempio, in un paese del
reggiano sia venuto anche il presidente
dell’Anpi a vedere lo spettacolo”.
Ma qualche problema diciamo così ‘politi-
E a San Valentino, il paese del Beato
Rolando, come è andata?
“E’ andata che… ancora non ci siamo
andati per rappresentare lo spettacolo.
Con il sindaco del paese c’è una grande
cortesia, ma pensare di portare lo spettacolo
lì… ancora non se ne parla. Pensi che in
paese ci sono degli anziani che ancora
credono Rolando Rivi una spia…”.
Ig. Tr.
11
Sabato 26 marzo 2016
SPETTACOLI
LA MACCHINA DA PRESA PUNTA SUL DEGRADO DELLE PERIFERIE ROMANE, CON IL CORAGGIO DI COMBATTERE
Jeeg Robot secondo Santamaria
Tutti pazzi per l’attore romano: l’interpretazione di Enzo Ceccotti fa sbancare il film al botteghino
di Marco Buonasorte
J
eeg Robot, il noto personaggio giapponese, ispira uno dei film più visti del
momento. Protagonista Claudio Santamaria nel ruolo di Enzo Ceccotti, un
personaggio che incontriamo a inizio
pellicola mentre scappa da due poliziotti che
lo inseguono a seguito di una rapina. Ed ecco
scorrere sul grande schermo le immagini
delle rive del fiume Tevere sotto Ponte Sant’Angelo, dove il protagonista cerca di nascondersi.
Ed è proprio tuffandosi nelle acque del “fiume
biondo” che Enzo viene in contatto con una
sostanza nucleare che gli procura una forza
sovrumana, che inizialmente usa per piccoli
furti, necessari alla sua sopravvivenza. A fare
da contorno - e non solo scenografico - alle
vicende di Enzo, il disagio ambientale dei
quartieri decadenti della periferia romana.
Ma, come in ogni bella fiaba, ecco il bene
che trionfa sul male: a far cambiare idea al
nostro supereroe, e a farlo affezionare nuovamente ad una persona dopo aver perso tutti
gli amici della sua comitiva di adolescente e
la ragazza della quale era innamorato, è Alessia
(Ilenia Patorelli), figlia dell’ultima conoscenza
di Enzo, Sergio, interpretato da Stefano Ambrogi. Una ragazza disagiata che ha un po’
perso il senso della realtà a causa della scomparsa della madre e delle violenze subite dal
padre, che si è creata un mondo proprio, in
cui rifugiarsi: quello di Jeeg Robot. Alessia,
venuta a conoscenza della superforza di Enzo,
lo identifica nel personaggio di Iroshi Shiba, il
giovane che può diventare Jeeg Robot. Il
nemico del nostro eroe è “Lo zingaro”, interpretato da Luca Marinelli.
Il film non ha molto a che vedere con il cartone
originale, ma merita senza alcun dubbio di
essere visto anche per le varie sfumature che
assume e le denunce che il regista Gabriele
Mainetti ha voluto lanciare con questa pellicola:
il degrado nel quale vivono le periferie, le
bombe situate nella città a indicare gli attentati,
tragici, subiti dall’Europa per interessi da parte
di qualche misteriosa entità. Parliamo di un
film che può considerarsi da record, se pensiamo che il primo giorno nelle sale, si è classificato quinto dopo “Perfetti sconosciuti”; “Deadpool”; “Zootropolis” e “The Danish Girl” per
incassi: 83.000,00 euro. È poi sceso di una
posizione dietro “Tiramisù”, che ha incassato
1.200.000,00 euro, anche se dopo la prima
settimana di programmazione, “Lo chiamavano
Jeeg Robot” ha raggiunto la cifra di 796.000,00
euro incassati.
Ma la sorpresa più grande è arrivata di recente,
con le 16 nomination al “David di Donatello”,
lo stesso numero di nomination di “Non essere
cattivo” di Claudio Caligari.
I “David” principali al quale il film è candidato
sono “Miglior regista esordiente” (si tratta difatti
della prima pellicola da regista per Gabriele
Mainetti); “Miglior Produttore” (sempre per
Gabriele Mainetti), “Miglior attore protagonista”,
Claudio Santamaria; “Miglior attrice protagonista”, Ilenia Pastorelli; “Miglior attrice non
protagonista” per Antonia Truppo, interpretante
il ruolo di Nunzia, una mafiosa napoletana;
“Miglior attore non protagonista” per Luca
Marinelli; la consegna dei premi sarà trasmessa
in diretta su Sky Cinema, canali Sky da 301 a
315, e Tv8, canale 121 e 190 di Sky, canale 8
di tivùsat.
Claudio Santamaria è un attore e doppiatore
italiano nato a Roma, quartiere Prati, da padre
romano e madre lucana il 22 luglio 1974; intraprende fin dalla prima gioventù la strada
che poi lo porterà ad essere uno dei più apprezzati attori italiani: è il 1997 quando prende
parte al cortometraggio “Dead train”, nello
stesso anno debutta anche sul grande schermo
nel ruolo di “Er Banana” nel film “Fuochi d’artificio”, scritto, diretto ed interpretato da Leonardo Pieraccioni. La carriera cinematografica di
Claudio Santamaria può solo progredire fino
ad arrivare, nel 2005, ad interpretare il ruolo
di “Dandi” in “Romanzo criminale” di Michele
Placido, soggetto tratto dall’omonimo romanzo,
scritto dal magistrato, scrittore, drammaturgo
e sceneggiatore italiano Giancarlo De Cataldo,
il quale ha anche lavorato alla stesura della
sceneggiatura insieme al regista Placido, Sandro
Petraglia e Stefano Rulli. Un personaggio, il
Dandi, facile da interpretare, ma al quale Santamaria ha saputo imprimere caratteristiche
peculiari rendendolo indimenticabile. Continua
quindi il suo percorso cinematografico fino a
quando la RAI, nel 2007, crea una fiction: “Rino
Gaetano-Ma il cielo è sempre più blu”, e il
regista Marco Turco lo disegna come interprete
del noto cantante calabrese trasferitosi a Roma
con la famiglia nel 1960 e successivamente,
divenuto uno dei più famosi cantautori italiani.
Claudio Santamaria ha poi lavorato come
attore di teatro in “La notte poco prima della
foresta” nel 2010, regia di Juan Diego Puetra
Lopez, e “Occidente solitario” nel 2011, di
Martin Mcdonag, regia di Juan Diego Puetra
Lopez. Dal 2015 è il protagonista - nel ruolo
di Orlando Mieli - della serie televisiva italiana
“E’ arrivata la felicità”, regia di Riccardo Milani
e Francesco Vicario; e oggi ecco il suo approdo
nel mondo dei manga e degli anime.
NOTE CONTROCORRENTE - COME CAMBIA, CON ESTREMA VELOCITÀ, IL MONDO DELLA MUSICA
Il cd è morto, W il download
Il download è morto, W lo streaming
“
C’era una volta il disco”, potrebbe
iniziare così la favola dell’ascolto
della musica non dal vivo.
Ai primi del ‘900 il disco incontrò un
grande successo fino a diventare l’unico
supporto per ascoltare la musica. Nel
1925 nacquero i dischi che andavano
alla velocità di 78 giri al minuto, poi nel
1948 la Columbia Records introdusse
negli Stati Uniti un disco in Vinile, evoluzione del vecchio 78 giri, disco da 30
cm di diametro che viaggiava a 33 giri
e mezzo al minuto.
In sequenza furono poi realizzati altri
formati, oltre al noto LP (Long Playng).
Così per quasi sessant’anni la musica
si poteva ascoltare solo con l’uso di
questi supporti analogici.
Negli anni ‘60, proprio quando a Roma
arrivò “La Grande Olimpiade”, la più
imponente del dopoguerra, che introdusse un radicale cambiamento ed evoluzione della ricorrenza mondiale quadriennale, nella musica avvenne un’altra
epocale innovazione: l’avvento della musicassetta.
In breve tempo la musicassetta divenne
un vero e proprio fenomeno, antesignano
e precursore di ciò che sarebbe avvenuto
quarant’anni dopo. Si trattava di un
supporto fonografico, dotato di nastro
magnetico, sul quale era possibile registrare emissioni audio e successivamente
ascoltarle.
Pensiamo ai nostri giorni e vediamo
come, con un download digitale, è ora
possibile scaricare, e poi copiare su un
CD o su una chiavetta, la musica che
s’intende ascoltare in seguito.
Le cassette, che andarono prima ad integrare, e poi a sostituire i vinili, erano
estremamente economiche e pratiche e
incontrarono una grande popolarità
negli anni Ottanta.
Il loro utilizzo raggiunse l’apice per l’ascolto della musica mediante vari dispositivi, portatili e no, e diventò un
must da parte soprattutto del mondo
giovanile. Era facile incontrare passeggiando per strada, proprio come accade
adesso con gli mp3, ragazzi con cuffie
collegate ad un walkman.
Le musicassette presentavano numerosi
vantaggi, non solo per chi le utilizzava
per l’ascolto, ma anche per le band,
che potevano registrare e produrre la
loro musica senza costi eccessivamente
onerosi.
All’apice del successo delle musicassette
corrispose, verosimilmente, lo start up
del suo più temibile competitore, il compact disk a lettura laser.
Le musicassette, che continuano a vivere
ancora oggi anche grazie al loro costo
ridotto, sono state superate dall’avvento,
appunto, del CD, che ha venduto moltissimo in tutto il mondo.
Ma oggi la vendita dei CD nei negozi
tradizionali, già calata vertiginosamente,
anche per l’avvento del download, è di-
ventata sempre più una rarità.
E basta dare uno sguardo alle classifiche
della FIMI, per renderci conto che il
download è stato superato, e questo
perché non si scaricano più neanche le
singole tracce.
Vi chiederete il perché… La risposta è
semplice: con l’avvento dei software di
Spotify e, recentemente di Apple Music,
per iPhone e IPad, è possibile avere in
streaming una libreria di incredibili e
vaste dimensioni, con un costo pari
allo zero.
Se poi non si vuole spendere nulla c’è
YouTube.
Allora cosa dovrebbero fare gli editori, i
produttori, le case discografiche ma,
soprattutto gli autori e i compositori
che, tra l’altro, versano i propri soldi
alla SIAE, se come sembra i dischi, almeno per le vie tradizionali, non si venderanno più?
Crediamo che si debba ritornare al passato e ripercorrere la via maestra.
L’unica possibilità è quella di incrementare le esibizioni dal vivo nelle piazze,
nei locali e vendere sotto palco i propri
dischi ad un prezzo più contenuto e
sperare che le Radio e la TV diano visibilità maggiore agli artisti, contribuendo
così all’introito dei diritti editoriali almeno
fino a quando, dal famoso appello a cilindro non uscirà, come per magia, la
SG
soluzione.
[email protected]
12
Sabato 26 marzo 2016
ELEZIONI ROMA
LA LISTA COMPLETA
ECCO TUTTI
I COMITATI PER
FORZA VERDE AURELIO
portavoce: FABRIZIO BRACCONIERI - mail [email protected]
NOI PER ROMA CON STORACE SINDACO
portavoce: ROBERTA OLGA PETRONE - mail [email protected]
CAMBIA ROMA CON STORACE SINDACO
portavoce: SILVIA AMICI - mail [email protected]
IMPEGNO PER ROMA
portavoce: PAOLO PICCININI - mail [email protected]
LAVORATORI C.R.I. PER STORACE SINDACO
portavoce: DANILO ZDRILICH - mail [email protected]
TORNERÀPULITA CON STORACE SINDACO
portavoce: MAURIZIO LUPINI - mail [email protected]
LIBERIAMO ROMA PER STORACE SINDACO
portavoce: PAOLO PIZZONIA - mail [email protected]
COMITATO IV MUNICIPIO
portavoce: MARCELLO SPINA - mail [email protected]
COMITATO ACEA portavoce: PAOLO DERIU - mail [email protected]
COMITATO ROMA BOCCEA XIII
portavoce: LUIGI TOZZI - mail [email protected]
COMITATO PIANA DEL SOLE
portavoce: ANTONIO SABATO FUSCO - mail [email protected]
COMITATO BAGLIONI 32
portavoce: EMANUELE CAROCCI - mail [email protected]
COMITATO ROMA EX INCIS
portavoce: GIORGIA GNOCCHI - mail [email protected]
COMITATO PER STORACE SINDACO
portavoce: LUCA PEZZI - mail [email protected]
COMITATO PER STORACE SINDACO
portavoce: DANIELE LUPELLI - mail [email protected]
COMITATO STORACE SINDACO MUNICIPIO XIV
portavoce: MASSIMILIANO PIRANDOLA - mail [email protected]
COMITATO PER STORACE SINDACO portavoce: ANTONELLA BERNARDOTTO
- mail [email protected]
COMITATO STORACE SINDACO TORREVECCHIA CAMBIA
portavoce: STEFANIA STRIVIERI - mail [email protected]
COMITATO STORACE SINDACO MUNICIPIO XIII
portavoce: ELEONORA LAURENTI - mail [email protected]
COMITATO M. MAGRO-VILLA GLORI
portavoce: ANDREA STRAZIONTA - mail [email protected]
COMITATO COLLI ALBANI
portavoce: FABRIZIO CORSO - mail [email protected]
COMITATO QUARTIERE AFRICANO
portavoce: GIANLUCA GIOIA - mail [email protected]
COMITATO STORACE SINDACO GIANICOLENSE
portavoce: ROBERTO D’AMBROGIO - mail [email protected]
COMITATO ITALO BALBO PER STORACE SINDACO
portavoce: GIANFRANCO SCALABRINI - mail [email protected]
I DIPENDENTI DELL’IFO PER STORACE SINDACO
portavoce: CINZIA QUONDAMCARLO - mail [email protected]
IL SETTIMO MUNICIPIO PER STORACE SINDACO
portavoce: MONICA NASSISI - mail [email protected]
COMITATO VILLA ARMONIA
portavoce: ANTONIO VICARI - mail [email protected]
COMITATO ROMA CENTRO I MUNICIPIO
portavoce: MAURIZIO FORLITI - mail [email protected]
COMITATO STORACE SINDACO MILITANZA E TERRITORIO
portavoce: E.M. GUARNERI - mail [email protected]
COMITATO TERZO MUNICIPIO PER STORACE SINDACO
portavoce: PIERGIORGIO BRUNI - mail [email protected]
COMITATO TRIESTE SALARIO PER STORACE SINDACO
portavoce: ROBERTA PERTICARÀ - mail [email protected]
COMITATO LE TORRI VI MUNICIPIO
portavoce: ANGELA PRIAMO - mail [email protected]
COMITATO LA FORZA DELLE DONNE
portavoce: JESSICA FARETRA LENTI - mail [email protected]
COMITATO TIBURTINO
portavoce: MARIO CODOGNI - mail [email protected]
COMITATO DIPENDENTI RAI portavoce: ANTONIO VENTURINI
COMITATO COMITATO ER SINDACO
portavoce: FRANCESCO CURTI - mail [email protected]
X MUNICIPIO PER STORACE SINDACO
portavoce: GIANCARLO GRIMALDI - mail [email protected]
COMITATO PER STORACE SINDACO XI MUNICIPIO
portavoce: GIULIANO CAMERA - mail [email protected]
COMITATO STORACE SINDACO REGIONE LAZIO CAPITAN BAVASTRO
portavoce: ANDREA FUMI - mail [email protected]
COMITATO CONCA D’ORO
portavoce: FRANCESCO BORSATO - mail [email protected]
COMITATO C.R.I. EMERGENZE PER STORACE SINDACO
portavoce: GIOVANNI SAUTA - mail [email protected]
COMITATO STORACE SINDACO
portavoce: ROBERTO LUPINI - mail [email protected]
COMITATO ITALIA VIVA AZIONE NAZIONALE
portavoce: SAVERIO UVA - mail [email protected]
GRUPPO AG. IMM. CASARE ACILIA MALAFEDE MUN. X E MUN. IX
portavoce: MARISA SUMMA - mail [email protected]
COMITATO TERZO MUNICIPIO PER STORACE
portavoce: PIERGIORGIO BRUNI - mail [email protected]
COMITATO FELICE BORSATO portavoce: PIERA BORSATO
COMITATO PER STORACE SINDACO PISANA portavoce: MIRKO BARRUI
STORACE
SINDACO
COMITATO GIOVANI E INNOVAZIONE portavoce: ALESSANDRO CURCI
COMITATO VOCE ALLE PARTITE IVA portavoce: SIMONE CORDESCHI
COMITATO GIOVANI EMERGENTI portavoce: CRISTIANO DELLA VALLE
COMITATO VI portavoce: GIOVANNI PIACENTINI
COMITATO ROMA 3 portavoce: MARIO LUIGINI
COMITATO MURATELLA XI MUNICIPIO portavoce: TIZIANO FOSCHETTI
EUR TORRINO portavoce: BARBARA BARBUSCIA - mail [email protected]
AZIONE NAZIONALE X MUNICIPIO
portavoce: GIORGIA MITRANO - mail [email protected]
MONTEVERDE XII portavoce: VALERIO LILLI
AUTOFERROTRANVIERI
portavoce: EMILIANO DE BELLIS - mail [email protected]
LAURENTINA - EUR IX MUNICIPIO
portavoce: SABINA MARIANO - mail [email protected]
BALDUINA TRIONFALE
portavoce: GIULIA CIAPPARONI - mail [email protected]
TRIONFALE portavoce: STEFANO PRINCIPE - mail [email protected]
MONTESACRO portavoce: ANNA DONATI
STATUARIO portavoce: MARCO LEVA
CASALE CALETTO portavoce: PAOLA LA GRAVA
PRENESTINO portavoce: MAURIZIO FRANZESE
TIBURTINO portavoce: MARIO CODOGNI - mail [email protected]
VI MUNICIPIO portavoce: RITA DE ANGELIS - mail [email protected]
EUR portavoce: CATERINA GRILLONE - mail [email protected]
II MUNICIPIO portavoce: GLORIA PASQUALI - mail [email protected]
AURELIO portavoce: MARCO PELAGATTI - mail [email protected]
MONTEVERDE portavoce: SARAH VERGATO - mail [email protected]
ROTTA FUTURA FLAMINIO
portavoce: MARCO LOMBARDI - mail [email protected]
OSTIA portavoce: GIORGIA MITRANO - mail [email protected]
COLLI ALBANI
portavoce: STEFANO SCHIAFFINO - mail [email protected]
PRENESTINO portavoce: ANTONELLO PASSIU - mail [email protected]
VALENTE MONTEVERDE
portavoce: MARCO VALENTE - mail [email protected]
INPS DIREZIONE GENERALE
portavoce: CAMILLO LUZZI CONTI - mail [email protected]
CIOCIARI A ROMA portavoce: DANIELE BELLI - mail: daniele.belli@hotmail:.it
GIARDINETTI portavoce: ARMANDO QUAGLIERI - mail: [email protected]
GIORGIO ALMIRANTE - INFERNETTO
portavoce: FRANCESCO GRIMALDI - mail: [email protected]
CULTURA ARTE E SPETTACOLO
portavoce: CLAUDIO MONTEREALI - mail: [email protected]
PARIOLI portavoce: LUISA REGIMENTI - mail: [email protected]
AMOROMA PER STORACE SINDACO
portavoce: FLAVIA ALESSANDRA BELLUCCI - mail: [email protected]
ROMA OSTIENSE PER STORACE SINDACO
portavoce: ALESSANDRA LACCETTI - mail: [email protected]
LIBERIAMOROMA
portavoce: ELEONORA BIANCHINI - mail: [email protected]
CASAL PALOCCO
portavoce: SIMONE BARBIERI - mail: [email protected]
LITORALE ROMANO
portavoce: MASSIMILIANO CATINI - mail: [email protected]
MUNICIPIO XII portavoce:VALERIO LILLI - tel.: 320 2235325
PENSIONATI DIPENDENTI PROVINCIA DI ROMA
portavoce: MARIA GIOVANNA TUCCI - mail:[email protected]
ORTISTI STORICI ROMA NORD PER STORACE SINDACO
portavoce: QUINTO PIRANDOLA - mail: [email protected]
ASSOCIAZIONE GENTES PER STORACE SINDACO
portavoce: MARZIA MIGLIORATI - mail: [email protected]
MUNICIPIO XV PER STORACE portavoce: MARCO ATTILIO MIGLIORATI
- mail: [email protected]
PRATI portavoce: SAVERIO UVA - mail [email protected]
COMITATO PRATO FIORITO PER STORACE SINDACO
portavoce: ANDREA REGINI - mail [email protected]
COMITATO PER CAMBIARE ROMA portavoce: ENRICO CHIALASTRI
COMITATO FUNZIONALITÀ NELLA LEGALITÀ PER ROMA
portavoce: STEFANO PRÀ
COMITATO ONESTÀ E TRASPARENZA PER ROMA portavoce: FRANCO MEI
COMITATO PIAZZA VISCONTI
portavoce: ALESSANDRO MARINELLI - mail [email protected]
COMITATO TRASTEVERE
portavoce: CLAUDIA CIMINI - mail [email protected]
COMITATO OSTIA PER STORACE
portavoce: GIOVANBATTISTA ESPOSITO - mail [email protected]
COMITATO COLLI PORTUENSI PER STORACE
portavoce: MARCO DI CAMILLO - mail [email protected]
COMITATO AMATRICIANI A ROMA
portavoce: ELSA PICCIONETTI - mail [email protected]
COMITATO REGIONE LAZIO
portavoce: CATIUSCIA GIORDANI - mail [email protected]
COMITATO XV MUNICIPIO
portavoce: MARINA BEVILACQUA - mail [email protected]
COMITATO OPERATORI SANITARI SAN GIOVANNI
portavoce: IVO CAMICIOLI - mail [email protected]
COMITATO INPS DIREZIONE GENERALE
portavoce: CAMILLO LUZZI CONTI - mail [email protected]
COMITATO DIPENDENTI MINISTERO SVILUPPO ECONOMICO (MISE)
portavoce: Carlo Marini - mail [email protected]