Jf London: apertura del primo store a Milano,Adidas
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Jf London: apertura del primo store a Milano,Adidas
Jf London: apertura del primo store a Milano Milano 28 settembre 2016 – Si sa Milano ha sempre il suo fascino, soprattutto quando si accendono i colori della Fashion Week. Gli appuntamenti durante questa settimana sono tanti, troppi, e così bisogna scegliere bene quale evento frequentare. La nostra attenzione così è stata catturata dalla nuova apertura del primo monomarca del brand JF London. Il concetto di questa azienda è semplice e funzionale, ovvero riflettere un modo di vivere intenso e pieno di emozioni. La ricerca del dettaglio unita alla manifattura, sono uno dei motivi per cui questo brand si distingue tra tanti ed ha attirato la nostra attenzione. Ecclettico globtrotter, Joshua Fenu, designer del brand, ha girato mezzo mondo prima di stabilirsi nel Regno Unito, anche se la produzione delle sue borse e scarpe rimane rigorosamente “Made in Italy”. Domenica 25 settembre, è stata presentata la nuova collezione SS-17, un tributo allo Studio 54, alla musica, alla creatività, e ai look leggendari di Grace Jones. Un periodo strabiliante, festoso, in cui i confini tra moda, arte e spettacolo erano così sottili da confondersi, basta ricordare Andy Warhol, un chiaro vortice creativo simbolo della Pop Art. Situata all’interno di un contesto storico signorile, la boutique si affaccia su una delle vie storiche dello shopping meneghino. Uno styling tutto nuovo, curato nel dettaglio e in linea con l’immagine del brand. Un’elegante bicromia black&gold che richiama il logo e pareti finemente rivestite in un misto di seta e cotone per conferire un’atmosfera accogliente e al contempo raffinata. Must have della nuova collezione, una capsule collection in collaborazione con Kyle De’ Volle, stylist di celebrities del calibro di Rita Ora. La capsule verrà presentata ufficialmente a Londra il 29 settembre 2016 in presenza di numerose stars internazionali, ed in preview in occasione della Milano Fashion Week. Un brand quindi con tanta voglia sempre con gran umiltà, infatti alle grandi ispirazioni date da milanese scomparso più di un anno di crescere, di apparire, ma la collezione rende omaggio Elio Fiorucci, il designer fa. di Cristiano Gassani Adidas Originals: uno streetstyle firmato Alexander Wang Milano 14 settembre 2016 – Un negozio a tempo, meglio noto come temporary store oppure pop up store, cosa centra con lo stilista Alexander Wang? Semplicemente condividono una capsule collection. Infatti è così che il designer statunitense dalle origini taiwanesi, ha deciso di presentare la sua nuova collezione, ovvero con un negozio a tempo allestito in un camion che gira tutte le strade più cool di New York. Un’idea innovativa, per presentare una collection che mixa il gusto americano molto legato allo streetstyle con il mondo dello sportswear. La collezione realizzata in collaborazione con Adidas Originals presentata alla fine della settimana della moda, vede realizzare 84 capi e accessori unisex. La collezione, per l’occasione fotografata da Juergen Teller per Vogue America, è identificata dal logo del marchio sportivo capovolto di 180 gradi verso il basso. Siamo sicuri che questa collezione diventerà un’icona del web e della strada, e catturerà l’attenzione di molti, proprio come ha colpito la nostra. di Cristiano Gassani Avanguardia, tradizione e valori all’insegna della crescita Firenze 24 agosto 2016 – Oggi più che mai a causa dei cambiamenti climatici anche il nostro armadio ha avuto un evoluzione. La T-shirt diventa così un indumento “all season”. Una storia lunga quella di questo indumento che ebbe la sua diffusione negli anni ’50 grazie al mondo del cinema, dove attori come James Dean o Marlon Brando, indossavano la tipica maglietta bianca a maniche corte con un paio di jeans. Oggi la t-shirt ha avuto una notevole evoluzione, grazie a diverse influenze derivate da un mondo sempre più globalizzato, dove la strada e le persone che la popolano continuano a esser la maggior fonte di ispirazione per i brand. Questi canoni, sono ben chiari a CHT22, dove menti giovani e alta sartoria si amalgamano e danno vita ad un marchio sempre più in voga. Avanguardia, tradizione e valori, accompagnano il cammino in crescita di questo team creativo, dove le tecniche di lavorazione vengono tramandate a giovani emergenti che grazie ai loro continui viaggi in America ed Asia hanno il compito di portare nuove idee. Un’alta qualità dei capi, cerca di esser sempre più un simbolo del “Made in Italy”, grazie anche al taglio dei capi che avviene a mano, conservando quindi quella tradizione della sartoria che accompagna la storia del nostro Paese. Un viaggio interessante quello di questa azienda che siamo sicuri conquisterà sempre più, il cuore di tantissimi altri clienti. di Cristiano Gassani Una storia di famiglia… una storia di artigianato e passione Firenze 10 agosto 2016 – Siamo nella metà del ‘40, gli anni della ricostruzione, delle infinite possibilità, dove l’Italia, un Paese appena uscito da un conflitto mondiale può ripartire. La Toscana, un territorio di antiche manifatture tessili e sartoriali, con artigiani specializzati, diventa un luogo di realtà imprenditoriali in via di sviluppo. Così in un clima di grande fermento, nel 1948, Lando Landi fonda, a Empoli, la “Ditta Elios”, azienda specializzata nella produzione di camicie per uomo. La cura per i dettagli, l’attenzione alla qualità sono il cuore della visione aziendale, l’asse portante su cui la famiglia Landi imposta il suo modo di essere impresa. L’azienda cresce e si sviluppa, consolidando il proprio saper fare con costanza, evolvendo nel tempo e cercando di fare nel miglior modo possibile quello che sanno fare. Nel 1956 nasce la linea di impermeabili Landi, realizzata con la passione di sempre e con l’utilizzo delle più avanzate tecniche di lavorazione, posizionandosi immediatamente sulla fascia alta del mercato. Lo stabilimento si struttura progressivamente secondo layout sempre più moderni, ottimizzando il rapporto tra nuove tecnologie e tradizione artigianale. Il capospalla diventa l’espressione della filosofia aziendale. Nel 1984 la storica “Ditta Elios” diventa Landi. Da allora la seconda e la terza generazione della famiglia continuano nel solco tracciato dal fondatore, con la stessa cura e la stessa attenzione, cogliendo i segnali del mercato e trasformandoli in prodotti di qualità in grado di soddisfare le esigenze dei consumatori più esigenti. In un mondo dove le catene low cost hanno distrutto il mercato, e diminuito di conseguenza le aspettative delle aziende, Landi punta su prodotti di qualità, con capospalla ben costruiti dalle ottime vestibilità. Oggi il gruppo è presente sul mercato con tre linee: Landi Collezioni, 070st, Zerosettanta Studio. Ognuna con una identità e con tratti di stile ben definiti, sintomi inconfondibili della visione di famiglia con proposte di capi senza tempo. Una produzione basata sull’eccellenza, quindi, senza cadere nelle nuove logiche del marketing. Oggi l’azienda ha unito la tradizione alla comunicazione, infatti presente da varie generazioni alla manifestazione di Pitti, che usa come piattaforma per i contatti e che gli ha permesso oggi di lavorare con fashion influencers, che aiutano ad interpretare i capi con look più giovani e casual. Il desiderio di avere sempre più distributori nazionali e internazionali sembra il sogno di questa realtà commerciale, che di recente ha lanciato un progetto molto interessante per il mercato, l’Impermeabile, una capsule collection, che ha riscosso già un buon successo tra i best shop. Crederci fino in fondo ed esser positivi quindi rimangono i principi cardini di questa azienda dalle mille sfaccettature, che è da generazione il simbolo del “Made in Italy”, o meglio del “Made in Tuscany”. di Cristiano Gassani Pokemon Go: l’app per trovare i pokemon San Francisco, 21, luglio 2016 – Come sicuramente saprete negli ultimi giorni è scoppiata la nuova moda dell’estate per quanto riguarda le app per cellulare: si tratta ovviamente di Pokemon Go. Per chi non lo sapesse, si tratta di un applicazione con cui è possibile “andare a caccia” di pokemon, proprio come nel noto cartone animato, utilizzando la funzione di geolocalizzazione e la fotocamera presente sugli smartphone. E’ ancora presto per capire se questo grande successo sarà l’alba di un nuovo modo di giocare con lo smartphone o solo uno dei tanti fenomeni passeggeri. Intanto, sicuramente, la grande diffusione dell’app a livello globale sta sensibilmente incrementando l’utilizzo dei GPS dei nostri cellulari. Infatti, fino ad ora, il GPS era utilizzata solitamente in viaggio, per trovare il giusto percorso con la funzione di navigazione. Sempre in questi giorni, parallelamente alla diffusione di Pokemon Go, è uscita l’app complementare Poke Radar. Questa app è stata sviluppata per aiutare gli appassionati di Pokemon a progredire nel gioco, aiutandosi a vicenda. Uno degli obiettivi di chi gioca, infatti, è catturare quanti più Pokémon possibile; con Pokemon Radar si può cercare un tipo di Pokemon specifico sulla mappa, oppure vedere tutti quelli che sono stati segnalati nello stesso momento in un certo posto. Ogni segnalazione mostra il nome dell’utente che l’ha fatta e l’ora del giorno in cui è stato avvistato il Pokémon. Ogni altro utente può votare la segnalazione positivamente, se ha trovato il Pokémon segnalato in quel punto, o negativamente se invece non l’ha trovato. Poke Radar si può usare scaricando la app gratuita per i dispositivi iOS, oppure da browser. Secondo quanto annunciato dalla pagina Facebook della app a breve dovrebbe essere disponibile anche la versione per Android. L’applicazione però è ancora molto giovane ed ha alcuni difetti: in primo luogo può esaurire velocemente la batteria dello smartphone, soprattutto se viene usata in contemporanea a Pokémon Go. Inoltre c’è il problema delle false segnalazioni: gli sviluppatori dell’app hanno costruito il meccanismo di votazione delle segnalazioni per verificarne l’affidabilità, ma fin’ora sono ancora poche le persone che usano l’app e per questo la maggior parte delle segnalazioni ha solo 1 voto di conferma. Seguiremo sicuramente gli sviluppi di questo fenomeno in continuo mutamento. Continuate a seguirci e… buona caccia. di Emanuele Bazzichi Hello Jeans: i pantaloni che caricano lo smartphone Santa Monica, 23 giugno 2016 – Quante volte vi sarà capitato di avere il 2% di batteria dopo una giornata in cui non avete avuto modo di poter caricare il vostro smartphone? Il problema della batteria scarica affligge praticamente tutti gli utilizzatori di smartphone e tablet del mondo. In soccorso degli utenti sono arrivati una serie di caricabatterie portatili dalle forme più disparate. Il problema è che molto spesso questi caricabatterie portabili sono decisamente ingombranti e poco pratici. Il marchio specializzato in denim Joe’s Jeans ha tentato di risolvere il problema creando gli Hello Jeans: pantaloni capaci di ricaricare i vostri smartphone. Questi particolari jeans tecnologici non ricaricano direttamente il vostro iPhone, ma hanno due scompartimenti in cui inserire cellulare e batteria. All’Altezza della cintura è posizionata in orizzontale una tasca in cui inserire il caricatore. Subito sotto c’è una seconda tasca verticale in cui inserire lo smartphone. Smartphone e batteria vengono collegatitramite in piccolo cavo USB. Il marchio Joe’s Jeans ha da poco lanciato il modello feminile, che è in vendita sul sito del brand. Il costo non è propriamente economico, dato che parliamo di 238 dollari (218 euro). Nel costo però è compreso il caricabatterie e il cavo per collegarlo allo smartphone. Inoltre, a differenza di altri abiti hi-tech lanciati in passato, l’Hello Jeans è un capo decisamente trendy e alla moda; sono infatti disponibili jeans femminili sdruciti in differenti stili. La maggior parte dei modelli sono skinny e sono in vendita in differenti colori, dal nero, al grigio, all’azzurro, al classico denim scuro. di Emanuele Bazzichi Mai senza: una startup legata all’hashtag Firenze 27 Aprile 2016 – In primo luogo sognatori, che si mettono in gioco seguendo la” cultura del rischio”, senza mai perdere di vista il proprio obbiettivo, questo è l’identikit della generazione startupper. Giovani che ci provano, che rischiano, anziché rimanere con il dubbio di non averci provato. Un progetto ben preparato, un business plan concreto e una piccola base economica d’inizio sono le caratteristiche principali di questa nuova generazione. La parola “Startup”, termine ormai in uso da qualche anno, s’identifica come l’operazione e il periodo durante il quale s’avvia un’impresa. Una parola comune anche a Manuel Ferrari e Michele Leonardi, due amici di 25 e 34 anni, che mediante valori quali amicizia, stima, fiducia hanno costruito quasi come un regalo del destino la loro “startup”, chiamata “Mai Senza”. Un nome difficile da dimenticare, quello del brand, nato da un’idea che si è evoluta nei campi da gioco di uno sport come il Basket. Si, perché entrambi i due ragazzi, giocatori e compagni di squadra con la stessa passione e impegno per lo sport praticato, hanno creato questa realtà circa tre anni fa, da un semplice concetto come l’hashtag. Il cappellino che fino a quel momento nella loro concezione mentale era legato al loro sport, ai rapper e a alcune tipologie di persone, era stato scelto come oggetto lancio della Startup. Fantasie, colori accompagnati da una ricerca dell’eccellenza, sono i punti salienti del brand, con circa 180 punti vendita all’attivo della distribuzione, e il primo monomarca aperto in questa primavera a Forte Dei Marmi. Oggi, Mai Senza, è un brand sempre più in espansione, dove al suo interno ogni persona ha una propria mansione, ad esempio Eleonora Bertolutti, stilista del brand, con una formazione del “fashion System” di tutto rispetto, che è stata il punto di evoluzione aziendale, grazie al quale il brand ha potuto ampliare la propria gamma di prodotti. Ricordano ancora Michele e Manuel, il loro primo cappellino, un articolo semplice monocolore che oggi, si è evoluto, grazie anche ad Eleonora e a collaborazioni con artisti in molteplici modi. Ad esempio la recente collaborazione con Thomas Marchini, giovane artista massese, studente in architettura, che grazie alle influenze del nonno scultore e la madre pittrice nel 2014 inizia interamente a dedicarsi grazie alla creazione di un coworking, all’arte. Un linguaggio artisticocomunicativo che unito alle conoscenze digitali e a un incontro regalato dal destino, inizia la collaborazione con Mai Senza, assecondando la sua natura che lo porta a comunicare immagini. Presenti in varie manifestazioni ed eventi, tra cui il recentissimo Lucca Tattoo Convention, Mai Senza, cerca sempre di investire nella comunicazione e nelle collaborazioni ad esempio con Kasa dei Colori e Cover Store Italia. Un lavoro delicato e meticoloso, far crescere oggi una Startup in un Italia dove il lavoro fisso non esiste quasi più, ma è grazie a persone come Manuel e Michele che i sogni non cesseranno mai di esistere, e siamo sicuri che di strada ne faranno ancora tanta insieme questi due amici dal sorriso e l’ironia contagiosa. di Cristiano Gassani. Papillon Gibi, pezzi unici e materiali ricercati Un Papillon Gibi Firenze, 20 aprile 2016 – Eclettica, versatile, dalla folta chioma ricciola accompagnata da un sorriso contagioso, dalla forte prerogativa per i pezzi unici, Giulia Batti, designer classe 1990, rappresenta un’identità in movimento simbolo di un nuovo spirito imprenditoriale femminile. Distante dagli standard della bellezza plastica, s’identifica come un’imprenditrice tuttofare, dalla vena artistica. Accessorio unico, che rappresenta Giulia all’ennesima potenza, il papillon da sempre considerato simbolo del guardaroba maschile è oggi un accessorio di tendenza. Oggetto singolare per iniziare a farsi conoscere sul mercato, ma semplice e allo stesso tempo eccentrico è realizzabile in tantissimi modi e materiali. Infatti, grazie alle sue doti creative, Giulia, ha reso sempre più particolare questo accessorio, tanto da non si riuscire a trovarne uno simile all’altro. Gibi, acronimo con il quale firma le sue collezioni, ama dipingerli, cercare stoffe e scampoli di tappezzerie, magari abbinati alla pelle. Un lavoro minuzioso, basato molto anche sulle commissioni dei clienti che cercano qualcosa di particolare. Da sempre una passione per il cucito, grazie alla nonna sarta unito alla forte spinta creativa donata dalla madre, si diploma presso il Liceo Artistico “Artemisia Gentileschi” di Carrara, poi decide di iscriversi alla Facoltà di Beni Culturali a Pisa, ma ad un certo punto decide di inglobare nei suoi studi una scuola di moda, così s’iscrive presso “Accademia del Lusso” a Milano, diventando personal shopper, ricercatrice di tendenze e consulente d’immagine. Negli anni lavora come costumista, scenografa e truccatrice durante la realizzazione di alcuni cortometraggi in collaborazione con la scuola civica di Milano, fino al momento in cui decide di inaugurare il suo brand “Gibi”. Un progetto nato tutto partendo da se stessa, infatti tutta la produzione è realizzata unicamente da lei. Partendo dalla parte pubblicitaria per arrivare alla fotografia, i trucchi, la scelta degli abiti e delle modelle, Giulia cura tutto nei minimi dettagli. Non una vera e propria ispirazione, quella di Giulia, ma semplicemente un rielaborare ciò che gli passa per la testa. Con la consapevolezza che il papillon passerà di tendenza, la designer vive il momento, ma gli piacerebbe continuare a lavorare nel campo della moda maschile o anche continuare il lavoro come costumista dato che l’eccentricità è la cosa che più la rispecchia. Oppure chi lo sa lavorare con le Drag Queen, un mondo che da sempre affascina la sua mente. di Cristiano Gassani Gucci, la rivoluzione delle sfilate uomo e donna Firenze, 6 aprile 2016 – Una rivoluzione attesa da tempo, quella fatta da Gucci durante la Luxury Conference dell’International New York Times in corso a Versailles. Il brand, ha annunciato che dal 2017 unificherà le sfilate delle collezioni donna e uomo. Il marchio governato da Marco Bizzarri, e diretto da Alessandro Michele, direttore creativo, ha specificato, che manterrà la strategia di “see now, buy later”, nel pieno rispetto delle esigenze dei processi creativi e manifatturieri del settore. Gucci, marchio attento ai cambiamenti, sia quelli sociali, sia quelli necessari per nuove proposte creative, opta per un’unica sfilata per ogni stagione creando una minore spesa. Un retaggio della tradizione che non trova più nessun riscontro nelle dinamiche attuali del consumo e della creatività, che metterà in sintonia con la Camera Nazionale della Moda Italiana per stabilire le date del calendario della nuova formula delle sfilate. Un sistema nato negli Anni 60, epoca del prêt-à-porter che oggi si può definire un passato, che non può dare nessuna dinamicità allo sviluppo della moda attuale. Coraggio, nostalgia, sintonia assoluta, complicità strategica tra la parte creativa e quella manageriale, è il nuovo profilo aziendale in un futuro che appare confuso, dove molti brand stanno subendo una crisi d’identità. La location della prma sfilata Uomo e Donna di Gucci, saranno gli spazi dei nuovi headquarters di via Mecenate a Milano, inaugurati quasi sicuramente in quella occasione. Una decisione che sicuramente farà storia, anche nel caso in cui restasse isolata. di Cristiano Gassani Cristina Nuñez e la terapia dei selfie: “L’autoritratto può renderci migliori” Milano, 30 marzo 2016 – Il selfie è oggi una moda dedita all’autoscatto. Cristina Nuñez, artista spagnola, concittadina di Salvador Dalí, è convinta che l’autoritratto sia in grado di guidare la creatività verso un benessere sereno. Inizia a interessarsi nel 1988, quando appena ventenne ha iniziato a idealizzare nella sua mente un metodo, oggi basato su workshop testati in prima persona, che combina tecniche fotografiche, videoart, psicologia, drammatizzazione. Il suo “The Self-Portrait Experience” , è stato presentato alla New York University, al carcere di San Vittore di Milano, nella Brevdeit Prison di Oslo, in gallerie d’arte inglesi, spagnole, finniche, coreane, in biblioteche, musei, asili e anche in aziende di mezzo mondo. Le donne, secondo la Nuñez, sono di solito le più interessate, crede nell’arte come strumento sociale: la fotografia, in particolare l’autoritratto, può renderci migliori, e più felici, purché si mettano in discussione i tradizionali canoni estetici applicati ai selfie che postiamo in rete. Un metodo che stimola il processo creativo inconscio, si imprime sulla foto ciò che avvertiamo nel profondo. Serve a cogliere in uno sguardo o in un gesto idee, intuizioni ma anche paure o dubbi che nemmeno pensiamo di avere. Un dialogare con i propri selfie, specie con gli scatti più dolorosi che vede questa pratica estetica un estenuante allenamento emotivo all’accettazione di se stessi. Il selfie, sintomo dell’umore e simbolo un’epoca che ha bisogno di condividere sui social la propria immagine per dare prova di esistenza. di Cristiano Gassani