La_catastrofe_ambientale_di_Chernobyl

Transcript

La_catastrofe_ambientale_di_Chernobyl
La catastrofe ambientale di Chernobyl
È ancora vivo il ricordo del disastro di Chernobyl.
Il 26 aprile 1986 all’ 1e23, durante un test di sicurezza, esplose il reattore numero 4 dalla centrale nucleare
V.I. Lenin, a meno di 20 km dalla città di Chernobyl in Ucraina, causando l’emissione di una nube di materiali
radioattivi.
Chernobyl, la centrale nucleare
La nube radioattiva raggiunse, trasportata dal vento, l’Europa orientale, arrivando anche in Italia, in Francia, in
Germania e nella zona dei Balcani. Ma non solo, toccò tutta la zona occidentale dell’Urss e furono contaminate
anche la Finlandia e la Scandinavia, così come alcuni punti della costa est del Nord degli Stati Uniti.
Le aree vicine alla centrale furano evacuate e 336.000 cittadini furono obbligati a trasferirsi. Oggi, ancora molte
zone, fanno i conti con i costi di decontaminazione e soprattutto con i problemi di salute: il materiale radioattivo
espone, infatti, al rischio tumore e malformazioni tutti coloro che ne sono venuti in contatto.
La centrale di Chernobyl, costruita negli anni Settanta, era composta da quattro reattori in grado di produrre 1
gigawatt di energia elettrica ciascuno. Questo impianto copriva da solo il 10 percento dell’elettricità ucraina.
L’incidente fu causato dalla violazione delle norme di sicurezza durante un test che causò un incontrollato aumento
della potenza del nocciolo del reattore numero 4 della centrale. L’obiettivo era quello di verificare se l’alternatore e
la turbina, nel caso il circuito di raffreddamento non producesse vapore, fossero in grado di generare energia
elettrica, sfruttando l’inerzia del turbo-alternatore.
Purtroppo a causa di alcuni “errori” durante il test sono morte moltissime persone: 65 quelle accertate e, in un
rapporto ufficiale ONU, si stima che in 80 anni dall’incedente moriranno circa 4 mila persone a causa di tumori e
leucemie che non si possono direttamente associare al disastro, ma che sono potenzialmente imputabili.
Ovviamente, questo è solo il risultato di uno studio (ufficiale), estremamente contestato dalle associazioni
antinucleariste internazionali che, a loro volta, sostengono che saranno invece circa 6 milioni i morti in 70 anni che
potrebbero essere ricondotti all’esplosione di Chernobyl.
Sono passati più di 25 anni da quella notte, ma non sono ancora chiare le dinamiche e di conseguenza non è
possibile stabilire con precisione la responsabilità di quanto avvenuto. Una cosa però è sicura: dietro a Chernobyl
c’è una somma di errori e di disattenzioni tali da non essere quantificabili, dalle manovre di coordinamento alla
progettazione di alcune parti meccaniche.
L’incidente del 26 aprile 1986, purtroppo, è la somma di un lavoro poco accurato e sicuramente incauto. Per
esempio, secondo alcuni progettisti, gli operatori non sapevano che il reattore avesse problemi tecnici, anche
perché si trattava di un impianto abbastanza top secret. Inoltre, il personale impiegato nella centrale non era
abbastanza qualificato per gestire una macchina così complessa. Esistono però due ipotesi abbastanza
accreditate: la prima risale al 1986 e attribuisce la responsabilità agli operatori dell’impianto, la seconda, invece, è
del 1991 e si parla debolezze nel progetto del reattore, in particolare alle barre di controllo.
La notte dell’incidente si fece di tutto per arginare il disastro: arrivarono immediatamente i soccorsi per placare
l’incendio e nei mesi successivi fu messo in sicurezza il sito. I detriti radioattivi furono posti all’interno del reattore,
coperto prima da sacchi di sabbia lanciati da elicotteri e poi incastrato all’interno di una sorta di bara d’acciaio. Il
guaio più grande però fu che tutte le persone che parteciparono a queste operazioni, dai Vigili del fuoco ai militari
dell’esercito, non furono avvertite delle conseguenze e della pericolosità dei fumi radioattivi. Secondo i dati più
accreditati, solo nella pulizia dell’area furono coinvolte quasi 600.000 persone, nel corso di 2 anni.
Molti studi hanno rivelato che dal giorno del disastro sono aumentati in modo esponenziale i tumori nella zona
colpita dall’esplosione e molti bambini bielorussi, ucraini e russi, che hanno bevuto latte locale assumendo iodio131, si sono ammalati di tumore alla tiroide. Purtroppo non si possono quantificare le persone vittime delle
radiazioni e di conseguenza non si può neanche stimare con esattezza la dimensione della relazione tra l’incidente
di Chernobyl e i rischi per la salute.
Il disastro di Chernobyl non si chiuse con l’incidente del 1986. Nel 1991 un altro incendio colpì la centrale nel
reattore 2 che venne subito dopo dismesso. L’impianto fu spento definitivamente dal presidente ucraino Leonid
Kuchma il 15 dicembre del 2000, con una cerimonia ufficiale.
Il racconto di un’insegnante fatto a un amico a circa un mese di distanza dal disastro di Chernobyl
Era la prima serata di tepore primaverile dopo un inverno rigido e interminabile. E questa fu la nostra disgrazia.
Molta gente di Chernobyl indugiò fino a tardi per le strade e sui davanzali delle finestre. I bambini tiravano a lungo
le cose da fare prima di andare a dormire. Non li rimproverammo perché anche loro, come noi, avvertivano il
piacere d'una primavera finalmente arrivata. E l'indomani non sarebbero andati a scuola. Tutto accadde come in
una favola arcana. Nel cielo, altissime, comparvero all'improvviso girandole di stelle enormi che sembravano
accendersi e poi improvvisamente spegnersi cadendo come in un gigantesco fuoco d'artificio. Rimanemmo
affascinati a guardare quello spettacolo insolito e bellissimo. E chiamammo i bambini perché anche loro ne
godessero. Poi le stelle scomparvero e rimase soltanto una scia di fumo che ogni tanto si colorava di fuoco.
Questo è l'inizio del racconto che una donna, insegnante di filosofia a Chernobyl diciotto chilometri dalla centrale
maledetta ha fatto a un amico su quella notte terribile tra il venerdì 25 aprile e il sabato 26.
"L'indomani così prosegue il racconto lo spettacolo della sera prima fu l'oggetto di tutte le conversazioni. I bambini
lo ricordavano ai genitori, gli amici agli amici. A nessuno venne in mente la centrale nucleare. Ognuno, in quel
sabato, fece quel che doveva fare. E quando venne la sera molti degli abitanti di Chernobyl tornarono a guardare il
cielo. Lo spettacolo, però, non si ripeté, salvo qualche bagliore che ogni tanto compariva all'orizzonte. E la
domenica lo avevamo quasi dimenticato quando le prime voci confuse, vaghe giunsero a Chernobyl da Pripjat, il
villaggio abitato prevalentemente dai tecnici addetti alla centrale nucleare e dalle loro famiglie.
"Queste voci dicevano che c'era stato un guasto al reattore ma che non era grave e si stava procedendo alla sua
eliminazione. "L'allarme scattò il lunedì nella prima mattinata. Vedemmo arrivare camion carichi di gente da Pripjat
che verosimilmente veniva allontanata dal villaggio della centrale. Poi i bambini tornarono da scuola prima del
solito e ci dissero che era stato loro raccomandato di non uscire di casa, di lavarsi i capelli, di cambiare i vestiti.
"Uscii di casa per andare a fare la spesa. La gente era inquieta, impaurita. Tutti ci facevamo le stesse domande:
cos'era realmente accaduto nella centrale?
"A casa trovai mio marito. Agli operai della sua fabbrica, mi disse, era stato comunicato di tenersi pronti a evacuare
Chernobyl con le loro famiglie. Ci guardammo sbigottiti e ci abbracciammo. Fino a sera nulla accadde.
Aspettammo il telegiornale "Vremja" con grande ansia. Ma solo a metà trasmissione una assai scarna notizia ci
informò che un incidente s'era prodotto alla centrale nucleare senza fornire ulteriori particolari. Non riuscimmo a
capire se quella notizia doveva tranquillizzarci o allarmarci. L'indomani, martedì, tutto si mise in movimento assai
presto. Vennero dei militari a chiederci se eravamo pronti a partire e dove volevamo andare, rispondemmo che
avremmo preferito per il momento andare a Mosca, assai più vicina di Sverdlovsk. Poi sarebbe dipeso dalla
lunghezza del periodo di assenza previsto. Su questo punto ci dissero di non sapere nulla e aggiunsero che
sarebbero passati dopo tre ore a prenderci.
Tre ore dopo, i militari ci caricarono, assieme ad altre famiglie, su un camion che prese la strada di Kiev da dove, ci
dissero, avremmo preso il treno per Mosca. A Mosca trovammo i nostri amici ad attenderci alla stazione. Ci
chiesero notizie che noi non eravamo in grado di dare. Ma prima di raggiungere la loro casa venimmo portati
all'ospedale n. 7 per un controllo. Qui apprendemmo che vi erano ricoverati feriti molto gravi.
"E' trascorso quasi un mese e siamo ancora qui. Nessuno ci ha detto se e quando potremmo tornare a Chernobyl.
Amici di laggiù mi dicono che vengono notati fenomeni strani e inquietanti. Un'improvvisa enorme quantità di funghi
di forma bizzarra sono nati in questi giorni. I campi di grano ingialliscono, le acque dei fiumi sembrano di un colore
insolito. Non so che valore dare a questi segni misteriosi. la sola cosa che posso dire è che non riuscirò mai a
collegare veramente, nel profondo della mia coscienza, l'affascinante spettacolo di quel cielo illuminato da quelle
enormi stelle altissime e i funghi mostruosi che nascono in quelle terre, gli alberi che rinsecchiscono, i campi di
grano precocemente ingialliti, i fiumi che cambiano colore. Mi dicono che c'è sciacallaggio a Chernobyl".