CORRIEREFC_NAZIONALE_WEB(2015_04_26)

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SPETTACOLI
Corriere della Sera Domenica 26 Aprile 2015
La protesta
Via dal set. Una decina di attori nativi americani e un consulente di
The Ridiculous 6, la nuova commedia di Frank Coraci con Adam
Sandler (foto) e, tra gli altri, Nick Nolte, Steve Buscemi e Vanilla Ice, ha
abbandonato le riprese dopo aver definito la sceneggiatura
«irrispettosa e offensiva» nei confronti della cultura Apache. Tra i
motivi della protesta, il fatto che nel film le donne indiane vengano
definite «Beaver’s Breath» (fiato di castoro: ma Beaver indica anche
le parti intime femminili) o «No Bra» (senza reggiseno). Laconico il
commento della produzione (Netflix): «Il film ha la parola ridicolo nel
titolo per un motivo: perché è ridicolo».
Attori nativi americani
lasciano il set di Sandler:
offesa la nostra cultura
33
La sentenza
Undicenne al concerto di Pink, sì del giudice
Sono contenute in 37 pagine ma si possono riassumere in un
«Perché no?» le motivazioni con cui un giudice della Corte suprema
del New Jersey ha respinto la causa intentata da un padre separato
verso l’ex moglie. Il motivo? Aver portato, nel dicembre 2013, la figlia
11enne a un concerto di Pink. Le canzoni della popstar, ha scritto il
togato, sono «suggestive» e Pink «non è inadatta per una minore di
14 anni». Anzi. «È apprezzabile» che sia stata la madre a portare al
suo primo concerto rock la giovane, che «si è potuta così divertire».
L’intervista
La serata andata
in onda giovedì:
ospiti, critiche
e dati di share
Musica e parole
Da sinistra, Sergio
Conforti in arte
Rocco Tanica (51)
e Pierfrancesco
Favino (45)
in un momento
di «#Ioleggoperché» andato
in onda su Rai3
C
inquantaquattro anni
compiuti da pochi minuti e nessun dubbio:
«Se anche soltanto una
persona, l’indomani, ha acquistato un libro per me è stato un
successo». Andrea Vianello, direttore di Rai3, commenta la
serata di «#Ioleggoperché»
(trasmessa giovedì sera) con
termini precisi: «Per il Servizio
pubblico parlare di libri in prima serata è un dovere».
Di certo, bisogna crederci:
due ore e mezzo dall’Hangar
Bicocca di Milano, con scrittori
molto diversi tra loro, da Avallone a Sepúlveda, che hanno
letto brani o hanno recitato
monologhi, accanto alle performance di cantanti e attori. Il
tutto nella Giornata mondiale
della lettura e quale conclusione dell’iniziativa #Ioleggoperché, voluta dall’Aie, l’Associazione italiana editori, una delle
più massicce campagne di promozione della lettura in Italia.
Vianello, lei sperimenta
tanti format legati al libro:
prima il talent «Masterpiece», ora questa serata. Però
anche qui i numeri sono stati
bassini, nemmeno 700 mila
telespettatori, con il 2.73% di
share.
«Se avessimo guardato agli
ascolti avremmo proposto altro. Qui non c’entra lo share,
qui c’entra la responsabilità di
un Servizio pubblico come
Rai3. Una prima serata dove si è
parlato di Gadda e di narrativa
Usa, di storia del calcio e di canzoni, dove lo spettacolo si è
messo al servizio della cultura
in un format creato per l’occasione, credo che sia indice di
coraggio. Poi non dite che noi
La Rai e i libri in televisione
«Un dovere, oltre gli ascolti
Favino un vero showman»
Vianello, direttore della terza rete, difende «#Ioleggoperché»
L’iniziativa
 #ioleggoperché è
un’iniziativa
di promozione
del libro
e della lettura
 L’omonimo
programma su
Rai3 con
Pierfrancesco
Favino ha
avuto 668.000
spettatori,
2,73% share
della tv non facciamo niente».
Ma qui si parla anche e soprattutto di televisione. Il linguaggio televisivo della serata le è parso all’altezza?
«A tratti persino alto. Si riveda Pierfrancesco Favino che
legge un brano del Pasticciaccio di Gadda. A proposito: faccio notare che abbiamo rivelato
un Favino straordinario showman. Anche questa è tv».
Lei crede che serate televisive così invoglino davvero a
leggere o che, invece, restino
momenti di intrattenimento
tout court?
«Sono convinto che incurio-
siscano il non lettore. Soprattutto per il fatto che, a parlarne,
sono personaggi che in genere
fanno altro. O gli stessi scrittori, colti al di fuori della pagina
scritta. È quello spiazzamento
necessario a stimolare l’interesse. Se poi, accanto, c’è anche
l’intervento spiritoso di una
Geppi Cucciari, meglio».
Però spesso il non lettore
non ama sentirsi dire «che
bello leggere!».
«Infatti. Il monologo di Favino toccava anche il tasto del diritto a non leggere. Silvia Avallone, tanto per fare un nome,
non ha fatto generici inviti alla
lettura, ma ha parlato di Truman Capote. Insomma, se Emis
Killa, un giovanissimo rapper,
le cita parole di Bukowski, a lei
non viene voglia di andare a
sfogliarne qualche pagina, indipendentemente dalle sue
abitudini di lettura?».
Lei pensa che la televisione
italiana sia pronta a una giusta commistione tra parola
scritta e parola recitata?
«Non so, noi di certo ci proviamo. Senza l’ossessione dei
numeri e prediligendo una
buona sperimentazione. Poi,
visto che abbiamo aderito a
tutta l’iniziativa promossa dal-
Ha detto

Respingo
i giudizi sul
presunto
basso
livello,
basta
ricordare
la forza di
Sepúlveda
Quando il
conduttore
ha letto
un brano
di Gadda
abbiamo
assistito a
qualcosa di
importante
l’Aie, siamo consapevoli che
l’Italia è uno dei Paesi che legge
meno. Di sicuro una strada per
unire mondi diversi bisognerà
trovarla. Noi parliamo di libri
in tante trasmissioni, sia in tv
sia in radio, mi viene in mente
Pane quotidiano, tanto per fare
un esempio. Però noi vogliamo
andare oltre e rendere il libro
centrale. Questo è stato solo un
primo tentativo. Migliorabile, è
ovvio, non serve precisarlo».
Dunque, potrebbe ripetersi?
«È presto per dirlo. Però, vede, io sono un uomo del piccolo schermo e so riconoscere le
cose. Così come ho visto che ci
sono stati alti momenti televisivi, altrettanto mi hanno colpito l’entusiasmo e la dedizione di tutta la squadra, dal regista, Duccio Forzano, agli autori,
come Pietro Galeotti. Posso
dirlo forte: è stata una bella serata».
Un momento che consiglia
di rivedere, con calma, in
streaming?
«Luis Sepúlveda che appare
inondato di luce. Altro che
scarsa televisione».
Roberta Scorranese
[email protected]
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La lettera
Ben venga lo spettacolo se aiuta a far crescere la lettura
Editore

Bisogna
apprezzare
impegno e
entusiasmo
messi in
campo per
una causa
nobilissima
E
rano giorni che in Aie, l’Associazione
italiana degli editori, una domanda si
rincorreva. Una volta andata in onda la
trasmissione «#Ioleggoperché» chi sarebbe
stato il primo a sparare a zero? Qualche
caustico critico televisivo o qualche
schizzinoso intellettuale votato a preservare
contro tutto e tutti la sacralità del libro? Be’
ci sbagliavamo, l’arma che ha fatto fuoco
nell’articolo di Aldo Grasso pubblicato
sabato col titolo «Un programma che
promuove i libri. E i lettori si allontanano» è
stata impugnata da una terza mano, quella
di... già, di chi? Di un «noto editore», ci
viene detto. Che sia tale dobbiamo crederlo
facendo un atto di fede nei confronti del
giornalista che ha riportato il dialogo
avvenuto tra loro al termine della
trasmissione, ma che sia pavido lo
sappiamo per certo, visto che nascondersi
dietro l’anonimato per insultare il prossimo
non è certo sinonimo di statura morale. Ma
di cosa ci imputa la coppia Grasso-Noto
editore, anche se a ben vedere il virgolettato
del giornalista è molto meno critico di
quanto sembri? Delle scelte dei partecipanti
alla trasmissione, a quanto pare. La bassa
qualità degli autori, la loro vetustà (o la loro
giovinezza), il loro narcisismo, la loro
cattiva pronuncia della lingua inglese! E i
cantanti? Cerebrali! E i personaggi
televisivi? Come è possibile pensare di
mescolare il sacro e il profano? Geppi
Cucciari e Benedetta Parodi. Orrore! Ecco,
in quelle tre colonnine dell’articolo i lettori
si sono potuti rendere conto di quali siano i
mali che affliggono l’editoria italiana e
hanno potuto appurare perché il nostro
paese faccia così fatica a staccarsi da quella
miserabile posizione che ci vede, insieme a
Grecia e Portogallo, all’ultimo posto della
classifica delle nazioni che più leggono.
Scorrendo l’articolo mi è venuta in mente
una stupefacente affermazione fatta molti
anni fa da un critico letterario (che non
nomino perché, essendo morto, non
potrebbe rispondermi): «Meglio non
leggere che leggere certi libri». Che sarebbe
come a dire meglio non imparare
nemmeno a scrivere se non si è in grado di
capire quello che ti insegnano all’università.
Al noto editore e alla gente che la pensa
come lui — una sparuta minoranza devo
dire, visto che la manifestazione
#Ioleggoperché è stata decisa a stragrande
maggioranza dagli editori — vorrei
chiedere cos’hanno fatto in tutti questi anni
per far crescere la lettura in Italia. Che
meriti hanno avuto, considerato che ogni
rapporto Istat ci dice che nel nostro paese i
lettori continuano a diminuire.
Che facciano autocritica invece di sollevare
il sopracciglio con evidente disprezzo e si
domandino se non è colpa anche loro se ci
stiamo trasformando in un paese di
illetterati. Caro Aldo Grasso e caro anonimo
e pavido Noto editore, a nome mio e di tutta
l’Associazione italiana editori io voglio
invece ringraziare la Rai che ci ha dato tutto
il suo impegno, entusiasmo e
professionalità per una causa nobilissima di
cui sono certo possono andare fieri. E
voglio ringraziare i cantanti, le persone del
mondo dello spettacolo, tutti quelli che si
sono prestati a un compito per loro nuovo,
ma che hanno portato a compimento nel
migliore dei modi con quelle piccole e
inevitabili sbavature che ci fanno
apprezzare ancora di più la loro
disponibilità. E infine voglio ringraziare gli
autori, i tanti autori, giovani e anziani,
disinvolti o intimiditi davanti alle
telecamere che hanno raccontato la loro
esperienza. E ai giardinetti a dar da
mangiare ai piccioni invece di Umberto Eco
e Andrea Camilleri, perché di loro si
trattava, ci vada pure il Noto editore. Da
solo, ovviamente, perché nessuno sarà
all’altezza di fargli compagnia. Ma si
tranquillizzi, non ne sentiremo certo la
mancanza.
Marco Polillo
Presidente dell’Associazione italiana editori
Gentile Marco Polillo, lei era seduto in
prima fila ed era parte in causa. Le assicuro
che se avesse visto la trasmissione da casa
si sarebbe convinto che non bastano le
buone intenzioni per fare buoni programmi
(o buoni libri). Come diceva Simone Weil,
«Leggo, per quanto è possibile, soltanto ciò
di cui ho fame, nel momento in cui ne ho
fame e allora non leggo: mi nutro». Faccio
parte del mondo dell’editoria da più di
trent’anni e siccome amo i libri so che i
generici inviti a leggere non hanno mai
sortito effetto alcuno. Il miglior invito alla
lettura è solo la qualità della trasmissione
(ricorda Soldati di «Chi legge?», ricorda
Baricco di «Pickwick», ricorda Fruttero e
Lucentini di «L’arte di non leggere»?).
Quanto al Noto editore, vorrei ricordarle
che quando Giorgio Manganelli ha
pubblicato da Rizzoli «A e B» nessuno si è
mai sognato di chiedergli chi fosse A e chi
fosse B. (a.g.)
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