CISVinforma di novembre 2014

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CISVinforma di novembre 2014
Anno XV, Numero 2, Novembre 2014
In Questo umero
Dopo il Campo Base
2 CAMPO BASE
Solidali e vicini alla comunità dei
nostri fratelli colombiani di Toribio
Nella buona terra
germoglieranno i semi
per una nuova alleanza
con la natura
4 LE TESTIMONIANZE
DI ELICERIO E DIEGO
Apriamo questo CISV’informa con la tragica notizia fatta circolare qualche giorno fa dal
nostro ufficio stampa relativa al barbaro assassinio di due guardie indigene del popolo
Nasa. Questa notizia ci colpisce ancor di più ricordando il bel periodo di condivisione che
abbiamo trascorso recentemente a Torino con i rappresentanti di questa popolazione ed
in particolare la giornata del Campo Base 2014, di cui trovate ampio riscontro alle pagine
2, 3 e 4, in cui la nostra comunità ha stabilito un patto di vero e proprio gemellaggio con
questo coraggioso e valoroso partner colombiano.
Vogliamo ospitarvi a
casa nostra,
vi ringraziamo e vi
aspettiamo
5 REGALA SOLIDARIETA’
E fai festa con la
grande famiglia di CISV
6 RITIRO DELLE
FRATERNITA’ CISV
La spiritualità
concretissima
dell’Uomo Nuovo
8 BURKINA FASO
Rivoluzione dal basso
10 20 ANNI DOPO
IL GENOCIDIO
Un convegno del Centro
Studi Africani per
ricordare la follia in
Rwanda e Burundi
Ufficio Stampa CISV 07/11/2014
Di seguito il comunicato stampa sull'assassinio di due guardie indigene avvenuto il 5/11/2014 in Colombia.
"Due guardie indigene completamente disarmate uccise dalle FARC a Toribio. Assassinati nella mattina del 5 novembre due esponenti della Guardia Indigena, istituzione pacifica che protegge - in forma nonviolenta - i territori delle popolazioni indigene dagli attacchi di gruppi armati (guerriglieri, esercito, milizie paramilitari e narcos) nel dipartimento del Cauca.
Si tratta di Manuel Antonio Tumiñá, 42 anni, coordinatore della Guardia Indigena del
resguardo di Toribio, e Daniel Coicué, 63enne, del resguardo di San Francisco. I miliziani hanno sparato mentre i membri della Guardia indigena stavano rimuovendo alcuni manifesti propagandistici delle FARC. Manuel Antonio è morto all’istante, colpito al
viso; Daniel Coicué, colpito al petto, era invece ancora vivo quando i suoi compagni hanno cercato di portarlo via per dargli le prime cure, ma durante il tragitto non ce l’ha fatta.
Un “delitto efferato”, dichiarano le autorità indigene riunite nel Consiglio regionale indigeno del Cauca (CRIC), tanto più grave perché nessun membro della Guardia Indigena porta armi da fuoco, ma indossa soltanto semplici bastoni o varas simboli dell’autorità
tradizionale. Si chiede adesso l’attenzione del governo per accelerare i cambiamenti
richiesti dal movimento indigeno: smilitarizzazione dei propri territori da parte di tutti i
gruppi armati e pieno rispetto dell’autonomia delle comunità. A Toribio l’associazione
torinese CISV, insieme a MSP (Movimento Sviluppo e Pace) sostiene l’impegno del
popolo indigeno Nasa, maggioritario, nel suo sforzo di non abbandonare il proprio
territorio opponendo a violenze e intimidazioni modalità di resistenza pacifiche, e
promuovendo forme di sviluppo locale alternative a quelle “offerte” dal mercato
della coca. In questo frangente CISV è solidale con la popolazione colpita e rinnova
l’impegno di hermanamiento (“fratellanza”) stretto con i Nasa, all’insegna del loro motto “Cuenten con nosotros para la Paz Nunca para la Guerra” (Contate su di noi
per la Pace, mai per la Guerra)."
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Campo Base
Nella buona terra germoglieranno i semi ...
“Seminare il Futuro!”
è una iniziativa nata
come occasione per
far festa in famiglia,
anche con i più
piccoli, perché la
semina è un gesto
gioioso che riporta ad
un significato
profondo di intima
connessione
dell’uomo e di tutti i
viventi con la terra
Tanti sono gli elementi che hanno portato la
Comunità a ritrovarsi il 12 ottobre ad Albugnano per un Campo Base davvero speciale, presso la Cooperativa Terra e Gente: la
presenza degli amici colombiani Don Elicerio
Vitonas Talaga e Diego Fernando Y. Ortega
del popolo NASA della Colombia, la possibilità di concorrere con la comunità CISV alla
bellissima iniziativa di “Seminare il Futuro!”, il
legame ideale che si sarebbe potuto stabilire
tra questa iniziativa e l’impegno di CISV
nell’ambito della sovranità alimentare.
La giornata è iniziata sotto i migliori auspici
con una partecipazione veramente numerosa e una condizione meteo inaspettatamente
clemente. Il primo atto della mattina è stata
la benedizione dei semi, un rito molto suggestivo, compiuto da Don Elicerio, che ci ha subito immersi completamente nello spirito giusto per affrontare i momenti successivi, sottolineando la relazione inscindibile tra la nostra essenza e la terra. Il contatto con i semi
addirittura strofinati contro il corpo e nei capelli ci hanno fatto cogliere in modo plastico
un modo di concepire la natura come una
vera madre da cui dipendiamo in tutto e per
tutto, un fatto che il nostro razionalismo occidentale ha quasi negato, esponendoci ai rischi terribili che sono tutti i giorni sotto i nostri occhi (basti pensare al bilancio sempre
più tragico delle ricorrenti alluvioni autunnali...). Terminata la cerimonia, Franco Fischetti ha illustrato il senso dell’iniziativa
“Seminare il futuro!”. Tra le altre cose ha affermato:“Credo che gli obiettivi di
un’agricoltura biologica o biodinamica rispettosa dell’ambiente siano essenzialmente
due: tutelare il territorio e tutelare la salute
delle persone. Penso che questo sia anche
un enorme risparmio per la collettività, sia
per i minori danni, sia perché l’unico modo
per ridurre le spese per la salute è ridurre i
malati, attraverso una alimentazione sana, aria e acqua pulite.” Dopo la presentazione, il
gruppo variopinto ed eterogeneo (molti i
bambini presenti) si è recato sul campo già
preparato. La fila dei partecipanti si è disposta su tutta la lunghezza. Poi ognuno con il
proprio sacchetto si è mosso parallelamente
(o quasiB) agli altri compiendo il tipico gesto
della semina, con ampio movimento del
braccio, che Franco Fischetti aveva preventivamente spiegato. Dopo la semina il gruppo
si è sistemato nell’ampia sala del ristorante
dell’agriturismo oppure sotto la tettoia prospiciente l’aia, per condividere il momento del
pasto a offerta libera.
I lavori della giornata sono continuati nel pomeriggio con un momento assembleare molto partecipato che, nonostante l’allarme sollevato da qualche goccia, siamo riusciti a
svolgere tranquillamente all’aperto.
La prima parte è stata caratterizzata
Anno XV, Numero 2, Novembre 2014
dall’incontro con i contadini ed i giovani protagonisti della seconda edizione di “Ritorno
alla terra”. Sotto la guida degli organizzatori
Davide Giachino e Pietro Ravazzolo, i contadini hanno innanzitutto raccontato che cosa li ha spinti a scegliere un impegno con
CISV. Andrea della cascina Pian del Bosco vicino Fossano, ha sottolineato una certa sintonia rispetto al modo bello di relazionarsi con le persone, Maurizio della Cascina Barban, nella Val Borbera dell’appennino
ligure-piemontese, ha evidenziato la necessità che i contadini stringano un’alleanza con
le associazioni che vogliono fare cultura sulle questioni che riguardano la salvaguardia
della natura e la sovranità alimentare. Matteo e Bruno della cascina Frutasè di Cumiana, sede di un orto sinergico, hanno visto nell’amicizia con CISV una opportunità
per fare il punto su alcune tappe della propria vita. Infine Sara di Terra e Gente, ha
raccontato della sua vicinanza al CISV per
via dei 7 anni trascorsi in Africa come volontaria. La seconda domanda che è stata posta, riguardava il senso dell’essere contadini
oggi. Per gli amici di Cumiana il contadino
acquisisce sul campo la consapevolezza di
dove l’umanità sta andando.
-> continua a pagina 3
Seminare il Futuro è una Iniziativa nata nel
2006 in Svizzera da un’idea di Ueli Hurter, agricoltore biodinamico, e Peter Kunz, selezionatore di cereali biologici. Dal 2011 viene
promossa anche in Italia dalle catene di negozi NaturaSi e CuoreBio. A questa edizione hanno partecipato 38 aziende agricole
biologiche sparse su tutto il territorio nazionale tra cui la Cascina Terra e Gente dove si
è svolto il nostro Campo Base.
Gli organizzatori affermano che: “l’obiettivo
di Seminare il Futuro! è sensibilizzare le persone sul tema della provenienza del cibo e
del futuro dell’agricoltura, sottolineando, grazie ad una proposta originale e coinvolgente,
l’importanza della sovranità alimentare locale e la consapevolezza che i semi biologici e
biodinamici rappresentano una vera opportunità”
Questa iniziativa è anche pensata come occasione per far festa con i più piccoli, perché
la semina è un gesto gioioso che riporta ad
un significato profondo di intima connessione dell’uomo e di tutti i viventi con la terra.
Per gli adulti vuole essere anche un momento di riflessione sul futuro dei semi e sulla
assoluta necessità di trovare una via alternativa all'industrializzazione delle sementi, ai
brevetti delle multinazionali ed al degrado
della loro qualità. Tutti elementi che concorrono alla diminuzione della biodiversità.
3
… per una nuova alleanza con la natura
-> segue da pagina 2
Quando questo avviene, il fatto di intraprendere percorsi di agricoltura alternativi rappresenta una via concreta per cambiare, per passare
dalle parole ai fatti. Andrea ha messo in evidenza il concetto di responsabilità. Il fatto di
sentirsi custode di un territorio in cui si vive e
da cui si trae il necessario per la propria famiglia, con l’intelligenza di chi sa che, applicando viceversa la logica della rapina, alla fine si
danneggerebbe anche ed in primo luogo se
stessi. Maurizio, ha ribadito il concetto. Ricordando il suo passato di cittadino, ha insistito sulla responsabilità come fatto di retta coscienza verso i cittadini consumatori ma anche e soprattutto verso coloro che in campagna ci abitano. Il contadino in effetti è il primo
consumatore di ciò che produce. Non dovrebbe essere il primo interessato alla qualità?
Oggi bisogna essere fiduciosi perché il contadino può sbagliare ma ha anche molti strumenti per confrontarsi e per affrontare le sfide
del mondo che cambia. Sara ha arricchito la
discussione con un’altra parola chiave, quella
della testimonianza che si deve dare certamente nei confronti delle città ma, in primo
luogo, in campagna, cercando di portare i contadini tradizionali a rivedere le proprie posizioni per convincerli circa la necessità di abbracciare nuovi modelli di produzione agricola.
Sulla domanda successiva, relativa alle mosse fatte per garantirsi la “sostenibilità economica” i rappresentanti di Cascina Barban hanno messo in evidenza come purtroppo nel
mondo contadino di oggi non sia facilissimo
barcamenarsi e questo può portare al verificarsi di situazioni irregolari; scambio di semi,
autocertificazione del biologico. Si deve fare
un lavoro grande per arrivare a realtà imprenditoriali efficienti e in regola con tutte le norme
e questo è sicuramente difficile per molti. Un
modo che si può proporre per alleviare le spese di produzione è quello di mettere in piedi
alleanze cooperativistiche tra piccoli contadini
di una stessa area. Andrea ha sottolineato un
aspetto importante, quello di confrontarsi con
altri agricoltori che hanno voglia di cambiare,
anche se molti percorsi di queste persone, più
che imprenditoriali, sono vere e proprie scelte
di vita. D’altra parte per essere in regola con
tutte le certificazioni biologiche bisogna investire molti soldi. A partire dalla propria esperienza racconta di quanto faticoso sia stato
l’investimento in questo senso, anche se adesso quel lavoro ha permesso alla sua azienda di stringere accordi anche con mense ed
attori istituzionali, allargando il giro dei clienti
oltre la cerchia dei Gruppi di Acquisto Solidale. Gli amici di Cumiana raccontano come,
escludendo la situazione di chi ha i genitori
contadini, oggi fare l’agricoltore richieda un
investimento importantissimo per acquisire la
preparazione necessaria, procurarsi gli stru-
menti, le sementi, i concimi e via discorrendo.
Bisognerebbe incentivare moltissimo chi decide di fare il contadino ma in primo luogo dovrebbe essere la stessa opinione pubblica a
premere per riconoscere una remunerazione
maggiore a chi fa agricoltura di qualità. Si fa
un gran parlare di agricoltura di qualità ma poi
la si vuole comprare allo stesso prezzo praticato dall’agricoltura industriale e questo è un
controsenso.
Al termine del giro di domande rivolte ai contadini, i nostri bravi presentatori hanno introdotto, per una testimonianza, i ragazzi ospiti
delle varie cascine. Prima tra tutti ha parlato
Antonella a nome dei 4 ragazzi ospitati dalla
cascina Terra e Gente di Albugnano. Ha sottolineato il calore dell’accoglienza ricevuta e la
vita comunitaria. Il piacere di potersi sperimentare in ruoli inediti come quello del vendemmiatore o del raccoglitore di noci e mandorle o del pastore che porta le mucche al pascolo. E’ stata una settimana di full immersion
in uno stile di vita più sano.
Giacomo dell’orto Pian Del bosco ha raccontato le tante esperienze fatte nella settimana:
raccogliere, fare consegne, trapiantare, prendere ordini. E’ stata una piccola antologia di
attività del contadino, per maturare una maggiore consapevolezza nonostante alla fine le
nuove domande fossero più delle risposte ottenute. Andrea, ospite alla cascina Barban,
ha condiviso il suo apprezzamento per essersi
tuffato in una realtà che lo ha costretto a seguire, almeno per una settimana, il ritmo della
natura che non è solo una questione di orari, è
anche un fatto di rapporti umani più autentici.
Marco, ospite friulano della cascina Frutasè,
si è cimentato in attività come fare il pane con
la pasta madre o la cura dell’orto sinergico.
L’esito più importante di questa esperienza è
stato un promettente “si può fare” ma anche
un entusiastico invito a CISV a prolungare
l’iniziativa affinché, nelle prossime edizioni,
duri almeno due settimane! Al termine della
carrellata di testimonianze Pietro Ravazzolo
ha osservato che questi 9 giovani ospitati dalla seconda edizione di Ritorno
alla Terra sono
stati selezionati
tra 40 richiedenti, il che dimostra che esiste
una grande domanda,
una
grande energia
che abbiamo il
compito e la
responsabilità di
canalizzare in
modo virtuoso.
Paul Marteau
Anno XV, Numero 2, Novembre 2014
Responsabilità e
Testimonianza: le
parole chiave dei
contadini amici di
CISV in “Ritorno
alla Terra 2” che si
impegnano in prima
linea per una
agricoltura di
qualità
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Le testimonianze di Elicerio e Diego
“Vogliamo ospitarvi a casa nostra,
vi ringraziamo e vi aspettiamo”
Il popolo Nasa cura
molto lo spirito
Comunitario;
ogni settimana si
sostiene qualche
componente del
gruppo. Tutti si
spostano nel campo
della sua famiglia e
lo aiutano. Poi alla
fine del lavoro
comunitario si fa
festa, si mangia
tutti insieme
Quando siamo
arrivati a Torino - ha
detto Diego - è stato
bello vedere che
CISV non era solo
un’agenzia che
sosteneva progetti
di cooperazione ma
una realtà
comunitaria di
persone con cui è
possibile
condividere valori ed
in primo luogo una
visione positiva e
propositiva, per
rifondare la vita in
modo alternativo
L’ultima parte del Campo Base ha allargato lo
sguardo, da casa nostra al mondo, dalle nostre campagne ai campi coltivati dai contadini
di “Proyecto Nasa”, l’associazione del sud
della Colombia (dipartimento del Cauca) sostenuta già dal 2005 da CISV e Movimento
Sviluppo e Pace (MSP). Il progetto si inserisce nel contesto difficilissimo di un territorio al
centro di interessi dei narcotrafficanti: con i
loro gruppi paramilitari alimentano la guerra e
opprimono il popolo indigeno Nasa che rappresenta la quasi totalità (96%) degli abitanti
dell’area.
Introducendo gli altri oratori il presidente CISV
Federico Perotti, ha osservato come, a partire da attività pratiche in campo agricolo e formativo, l’amicizia tra i rappresentanti di questa associazione e quelli della CISV sia cresciuta nel tempo. Questa sintonia di percorsi e visioni del
mondo ha fatto infine maturare
la decisione di incontrarsi in
Italia, per stringere un vero e
proprio patto di gemellaggio o
“hermanamiento” come dicono
i nostri amici. Dopo Federico
ha preso la parola Pierre
Monkam, presidente di MSP,
Pierre ha espresso la propria
gratitudine per l’incontro osservando come le nostre associazioni siano chiamate a ribadire con forza, senza mai stancarsi, il concetto che l’umanità
è unica, che siamo e dobbiamo sentirci cittadini del mondo. Questo ci permette anche
di raccogliere energie nuove
per affrontare insieme i problemi che affliggono l’umanità.
Don Elicerio ha espresso cosa voglia dire
per il proprio popolo essere contadini con una
sintesi di grande impatto “partecipare, insieme, alla realtà della natura, sentendosi intimamente legati ad essa”. Il popolo Nasa cura
molto lo spirito comunitario; ogni settimana si
sostiene qualche componente del gruppo.
Tutti si spostano nel campo della sua famiglia
e lo aiutano. Poi alla fine del lavoro comunitario si fa festa, si mangia tutti insieme. Tra le
attività che vengono sostenute ci sono la produzione di latte, formaggio e yogurt, ma anche l’allevamento di trote, tutti prodotti che poi
vengono venduti al popolo Nasa. Don Elicerio ha anche rilevato come punto di differenza
rispetto alla realtà italiana che i giovani non
cercano di fuggire dalla campagna; una buona parte, pur avendo studiato, vuole restare o
tornare per aiutare la propria comunità a progredire.
Diego
ha ribadito il punto forte
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dell’esperienza che il popolo Nasa vuole proporre a tutti, il Buen Vivir. Potremmo sintetizzare questo concetto come l’insieme di paradigmi quali il senso del limite e della proporzione, il recupero della dimensione comunitaria, la salvaguardia delle diversità, la riconduzione dell’economia al proprio ruolo di strumento per il benessere ed il progresso materiale e spirituale delle persone, contrapposti ai
paradigmi imposti dal pensiero dominante
(crescita lineare e infinita, esasperazione
dell’individualismo, darwinismo sociale, mercificazione di qualunque cosa, omogeneizzazione delle culture, distruzione della biodiversità) che come vediamo stanno conducendo
l’umanità ad una serie di crisi (ambientale energetica economica) strutturali sempre più
preoccupanti e devastanti.
“Quando siamo arrivati a Torino - ha detto
Diego - è stato bello vedere che CISV non era
solo un’agenzia che sosteneva progetti di cooperazione ma una realtà comunitaria di persone con cui è possibile condividere valori ed
in primo luogo una visione positiva e propositiva, per rifondare la vita in modo alternativo”.
Diego ha anche parlato dell’ente che presiede, il CECIDIC (Centro di educazione, formazione e ricerca per lo sviluppo integrale della
comunità di Toribio), una istituzione con più di
1000 studenti che include la scuola primaria,
un centro di formazione professionale ed una
scuola d’arte. Diego ha sottolineato la necessità di saldare la campagna, il mondo rurale,
con la città poiché tutti siamo inseriti in un
destino comune.
Salutando i presenti ha augurato che il numero degli amici di CISV possa aumentare: “se
oggi siete 150, spero che l’anno prossimo vi
possiate ritrovare in 300!”, per continuare sul
giusto cammino. Dobbiamo prenderci cura
tutti insieme del seme e, in un prossimo futuro, della piantina che oggi abbiamo seminato.
Si è anche augurato che i giovani delle nostre
comunità possano incontrarsi e sperimentare
nel calore dell’amicizia
il valore
dell’hermanamiento.
Infine ha salutato
l’assemblea con un augurio, di poterci rivedere ospiti a casa loro, a Toribio.
Il campo base si è chiuso con la messa celebrata da Don Toni nella cappella della cascina. Anche il meteo è parso, quasi miracolosamente, attento a non guastare la festa di
questa bellissima occasione di incontro e di
scambio con i nostri parter, decidendosi infine
a rilasciare la temuta pioggia battente, ma
non prima della fine degli interventi di Elicerio
e DiegoB come a voler suggellare il patto di
rispetto ed intima condivisione tra uomo e
natura che, in questa memorabile giornata, ci
siamo impegnati a vivere, con l’ufficialità di
una vera e propria cerimonia.
Paolo Martella
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Regala Solidarietà
E fai festa con la grande famiglia di CISV
Come ogni anno l'arrivo dell’inverno ci porta dentro al clima natalizio: Natale è una festa da
passare in famiglia, da passare in comunità, da passare con CISV. Da festeggiare con e per
la famiglia allargata che siamo nel mondo, per tutte le persone che grazie a CISV hanno una
vita più semplice, più dignitosa: possono avere un accesso all'acqua direttamente nel villaggio o a scuola, possono trovare un aiuto e una protezione dalla violenza domestica e da quella di strada, possono lottare insieme a noi per la costruzione di un mondo più giusto. Anche
questo Natale scegli di donare ad amici e parenti i Regali Solidali che CISV propone su www.
regalisolidali.cisvto.org e aiutaci a continuare le nostre attività in Italia e nel mondo.
I Regali Solidali CISV spaziano dalla moda alla cucina, dall'artigianato locale alla cosmesi naturali, dai buoni per corsi di disegno e cucina ai biglietti d'auguri. Tre cesti alimentari con prodotti genuini e biologici, ottimi vini del Canavese e il Genepy des Alpes per gli amici buongustai, oggetti curiosi ed originali di artigianato proveniente dai diversi paesi del mondo in cui
CISV lavora per chi ama lo stile etnico. Gioielli, sciarpe, cappelli, borse per un pensiero carino; creme e saponette di cosmesi naturale di Daymons per chi cerca un regalo utile e di qualità. Grande novità di quest'anno: i buoni per corsi di cucina spagnola, di disegno, di creazione collane e di fabbricazione di detergenti naturali. Altra novità: il biglietto d'auguri firmato Ilaria Urbinati, giovane e brava illustratrice torinese che ha scelto CISV per la sua donazione
natalizia. Ora tocca a noi scegliere CISV per un regalo buono tre volte: per chi lo produce,
per chi lo riceve, per chi ne beneficia in Africa e America Latina.
Trovi tutto su www.regalisolidali.cisvto.org, scegli la solidarietà per il tuo Natale 2014!
Natale è una festa da
festeggiare con e per
la famiglia allargata
che siamo nel mondo,
per tutte le persone
che grazie a CISV
hanno una vita più
dignitosa: possono
avere un accesso
all'acqua direttamente
nel villaggio, a scuola,
possono trovare un
aiuto e una protezione
dalla violenza,
possono insieme a noi
costruire un mondo
più giusto
in forma
Anno XV, Numero 2, Novembre 2014
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Ritiro delle Fraternità CISV
La spiritualità concretissima dell’Uomo Nuovo
Nella riconoscenza
e nella
responsabilità
abbiamo voluto
iniziare la giornata
ascoltando la
testimonianza di
Mario Fornero che ci
ha raccontato il
clima spirituale
degli inizi e come
sono state
affrontate nella
preghiera e nella
fede le vicende che
hanno segnato gli
anni in cui la
comunità ha
assunto i contorni
che ancora oggi la
rappresentano
Dio non è né qui né
là ma viene come
colui che va atteso,
una eterna attesa!
Viene ma spiazza
continuamente, è
sempre al di là e noi
non possiamo
circoscriverlo. Dio
viene oggi ma non
sappiamo sotto quali
spoglie.
Dio è ciò che ci
abita e che è più
grande di noi e che
non cessa di
rivelarsi
Anche quest’anno le fraternità hanno vissuto
un momento fondamentale del loro cammino,
sabato 11 ottobre ad Albiano, durante la festa
di san Francesco.
Il tema della Spiritualità, sul quale abbiamo
voluto confrontarci, occupa un posto centrale
nella storia e nella vita delle fraternità e di tutta la Comunità CISV. E’ nella forza dello Spirito e nella disponibilità alle sue sollecitazioni
che tanti anni fa i “nostri fondatori” hanno dato inizio all’esperienza comunitaria nella quale
siamo stati accolti e viviamo. Nella riconoscenza e nella responsabilità abbiamo voluto
iniziare la giornata ascoltando la testimonianza di Mario Fornero che ci ha raccontato il clima spirituale degli inizi e come sono state affrontate nella preghiera e nella fede le vicende che hanno segnato gli anni in cui la comunità ha assunto i contorni che ancora oggi la
rappresentano. Fin dalle origini questo ha voluto significare per la Comunità, dedicare anche uno spazio fisico per condividere la dimensione spirituale nella preghiera,
nell’ascolto della Parola di Dio e nel silenzio.
“Il settore di lavoro sarà volontariato internazionale e il riferimento sarà alle “prime comunità cristiane” (ogni sera preghiera e ogni
due settimane revisione di vita).
Va tenuto presente che in comunità si accettavano credenti e non credenti, ai quali dicevamo: ci riferiamo alle “prime comunità cristiane.”
Anche a Locana dove ora vivono, Mario e
Maria hanno vissuto e proposto la preghiera
come esperienza trasformante dando ad altri
la possibilità di scoprirne la bellezza, la forza
e la gioia. Il compito che ci aspetta è quello di
vivere nell’oggi, con tutte le sfide che la contemporaneità ci rivolge, la dimensione spirituale che tutti sentiamo come irrinunciabile.
Nei lavori di gruppo seguenti, tutti hanno avuto la possibilità di raccontarsi e di esprimere
le svariate modulazioni di un tema così vasto.
Nella condivisione, le parole ascoltate hanno
suscitato reazioni e percorsi che hanno sfiorato le innumerevoli sfaccettature in cui si riflette una dimensione così profonda e ineffabile
quando si tenta di comunicarla con parole.
Nel pomeriggio abbiamo ascoltato l’intervento
di Don Ernesto che ha suscitato ulteriori riflessioni e che riportiamo qui di seguito.
Nell’infinità dei percorsi emersi, sono individuabili due linee principali: una che riguarda
la spiritualità in quanto dimensione universale
e un’altra che si realizza nello specifico cristiano.
Un Dio inafferrabile
Spiritualità è un termine neutro mentre una
parola caratterizzante è “esperienza spirituale”, se Dio si rivela, lo fa strappando quei simboli che parlano della sua venuta. Questo è il
significato del velo del Tempio che si squarcia quando Gesù muore. Cosa c’era dietro il
Anno XV, Numero 2, Novembre 2014
velo: nulla, il mistero di Dio IRROMPE, è necessaria la condizione interiore di lasciare che
Dio sia Diverso da come lo vorremmo e senza presumere di trattenerlo. Tentiamo di localizzare Dio; ma Dio è sfuggente! Dio non è né
qui né là ma viene come colui che va atteso,
una eterna attesa! Viene ma spiazza continuamente, è sempre al di là e noi non possiamo circoscriverlo. Dio viene oggi ma non sappiamo sotto quali spoglie.
Dio è ciò che ci abita e che è più grande di
noi e che non cessa di rivelarsi.
Alterità assoluta rispetto a noi e al creato, separato da tutto ciò che è limite, male e negatività. Questo è il significato di Santo “Kadosh”:
“Totalmente altro”. L’esperienza di fede autentica avviene quando colui che è in ricerca
si rende conto di quanto sia viva l’alterità di
Dio. Se avvertiamo questo siamo nella
“periferia” dell’esperienza spirituale. Dio è altro e non è omologabile, questo apre lo spazio, nelle nostra realtà, a tutte le diversità, apre lo spazio del Mistero e permette la diversità e alle diversità di esistere.
Il silenzio di Dio
Il silenzio di Dio è lo spazio che si apre e ci
consente di ascoltare una parola nuova!
Elia fa l’esperienza vera di Dio nel Silenzio e
gli consente di ascoltare una parola nuova, è
il luogo di formazione continua: la consapevolezza di essere di fronte a un mistero! Stiamo
sulla soglia: non possiamo entrare a due
gambe nella vita degli altri.
In questo spazio/ distanza da Dio, può nascere e crescere una comunità di cercatori di Dio.
Dire Spiritualità è come dire Santità nel senso
che dicevamo sopra. La fraternità è comunione di pellegrini in ricerca del SILENTE. Più si
cammina verso il silente, più si crea comunione e tanto più sarà sofferta questa ricerca,
tanto più sarà autentica.
Anche per Gesù la Passione finisce di fronte
al silenzio del Padre.
L’esperienza di Dio: unità nella diversità
Il tempo è la dimensione costitutiva
dell’esperienza spirituale. Le nostre differenze
non possono diventare motivo di conflitto. La
conflittualità incontrata deve aprirci al silenzio.
Quando si sta nelle relazioni umane accettando questa dimensione, cambia la mente e il
cuore al livello dei rapporti umani. Svanisce la
paura della differenza e/o il desiderio di omologare l’altro. L’esperienza spirituale è esperienza di Dio: vivere l’unità nella diversità. Il
terzo “rompe “ la coppia! Nella Trinità, il terzo, lo Spirito, rompe la coppia! La non identità
è il modo in cui si realizza lo comunione. La
non-identità è ciò che permette di costruire la
comunione. La ricerca di Dio è un atto intersoggettivo. La stessa natura non è solo struttura biologica. Noi siamo fatti per essere
“Uditori della Parola”.
-> continua a pagina 7
7
-> segue da pagina 6
L’uomo spirituale
La persona spirituale è caratterizzata da una
interiorità dialogica che decide di entrare in
dialogo e mettersi in ascolto. Il cammino spirituale è necessariamente personale ma esige l’intersoggettivo, il TU! non si contrappone! Tutti però siamo parte di un cammino che
ci precede e non è un cominciare sempre da
capo. Raccogliamo continuamente tutto ciò
che ci ha preceduto! E. Fromm afferma che
portiamo dentro di noi l’eco del grido di dolore dei dinosauri quando si sono estinti!
Nella lettera ai Galati al Cap. 5 Paolo sostiene che l’uomo spirituale è quello che non vive secondo la “carne”. La spiritualità cristiana non è un discorso sull’anima: il volto di
Dio per un cristiano è determinato dal riferimento a Gesù, che è Figlio perché assomiglia al Padre nel comportamento.
Lo Spirito per un cristiano è lo Spirito del Figlio. Quell’uomo spirituale che fu Gesù di
Nazaret, che ha riassunto il significato di tutto
il suo cammino spirituale in quel: “fate questo
in memoria di me”. Stare in questa memoria,
nello Spirito di Gesù, nella comunione con
lui, rende vitale ogni esperienza istituzionale.
L’Adamo riceve lo Spirito, non è già dentro di
lui, ma lo riceve da fuori.
Nella bibbia si riscontra l’antitesi Antico –
Nuovo, Adamo - Gesù. La dialettica Antico – Nuovo si esprime anche nella esperienza della conversione che è una struttura antropologica in cui si passa continuamente
dall’Antico al Nuovo. Nel tempo, nel divenire
che è la dimensione in cui siamo inseriti. La
vita spirituale è un divenire Fede, Speranza e
Amore (Virtù teologali) e Obbedienza che è
scegliere Gesù Cristo come verifica per la
propria vita spirituale. L’uomo nuovo è l’uomo
della SPERANZA: in Gesù c’è soltanto il Si
alle promesse del Padre. Lo Spirito di Gesù
Risorto: è il Cristo Cosmico, compimento spirituale del progetto di Dio sul creato.
L’uomo spirituale è l’uomo radicalmente umano che vive fino in fondo la sua umanità
nello Spirito del Risorto, come Lui. E’ questo
“COME” che specifica il cristiano, è la dinamica del DONO: do me stesso perché l’altro
viva. La scelta per l’UOMO NUOVO!
Ma in principio non c’è la volontà, c’è la Grazia e l’Amore. Nell’essere fedeli all’umano
non si sbaglia mai. L’essere fedele all’umano
ci mette sulla soglia del mistero! Ci porta a
rispettare il mistero che è incontrato in ogni
persona, il mistero che è l’altro.
Da tali riflessioni, l’idea di proseguire il percorso per l’intero anno e il Consiglio Direttivo
successivo ha proposto tre incontri , a partire
da gennaio, sul tema della Spiritualità, animati dalle Fraternità ed aperti a tutta la Comunità CISV. Inoltre le fraternità si sentono
chiamate ad impegnarsi a collaborare nella
preparazione dei momenti forti che già la
Comunità CISV vive tradizionalmente
(Natale, Triduo Pasquale, Pentecoste, Festa
di San Francesco)
Federico Munari e Anna Ricchiuti
L’Albero
delle
fraternità
L'albero
rappresenta
il percorso
del prossimo
anno.
Radici,
tronco e
foglie sono
ciò da cui
arriviamo,
ciò che
vogliamo
fare, le
riflessioni
che
vogliamo
condividere
La scuola che vorremmo
Le proposte di CISV
per “la buona scuola”
CISV coopera con le scuole da più di 25 anni.
Sono circa 200 le classi con cui cooperiamo
in Piemonte, attraverso progetti di istituto o
con programmi da noi promossi, reperendo
fondi presso le istituzioni regionali, italiane o
europee. Uno dei progetti sulla scuola di cui
CISV fa parte è "Parlez-vous global?", che
mira ad accrescere le competenze di insegnanti e studenti della scuola secondaria in
Europa in rapporto alle problematiche dello
sviluppo globale.
Per questi motivi CISV e i partner del progetto "Parlez-vous global" hanno aderito all'iniziativa governativa "La Buona Scuola" per
includere la cittadinanza nelle decisioni dello
Stato nel settore scolastico attraverso consultazioni on-line. Le proposte mosse vanno
verso una maggiore educazione alla cittadinanza attiva globale, attraverso la formazione sulle nuove tecnologie dell'informazione e
la promozione del confronto nelle scuole.
L'iniziativa del Governo si conclude il 15 novembre, ci auguriamo che le proposte avanzate possano contribuire alla costruzione di
una scuola migliore.
Guarda su http://www.cisvto.org/sites/cisvto.
org/files/labuonascuolacon.pdf le proposte di
Parlez-vous global? per la Buona Scuola.
Anno XV, Numero 2, Novembre 2014
Le proposte mosse
vanno verso una
maggiore educazione
alla cittadinanza
attiva globale,
attraverso la
formazione sulle
nuove tecnologie
dell'informazione e
la promozione del
confronto nelle
scuole
8
Nelle ultime settimane il Burkina Faso
è salito agli onori della cronaca per i
moti popolari che hanno costretto alle
dimissioni Blaise Compaoré. Nel box
qui sotto Marco Bello inquadra la situazione evidenziando le ragioni della
protesta. Nel pezzo a destra Matteo
Cortese descrive da protagonista i
giorni concitati in cui i giovani burkinabè hanno deciso di prendere in mano il proprio destino.
Le ragioni della rivolta
A sorpresa, il 15
luglio del 2013, i
vescovi del Burkina
pubblicano una
lettera pastorale che
esprime grande
preoccupazione per
la «frattura sociale»
in aumento e
prende posizioni forti
chiedendo un
impegno a chi
governa per:
«Più equità nella
distribuzione della
ricchezza, più
trasparenza nella
gestione degli affari
pubblici, più etica nei
comportamenti
sociali e politici»
«Il popolo deve essere protagonista del proprio destino» diceva Thomas Sankara, presidente visionario del Burkina Faso. Una frase
più attuale che mai oggi, all’indomani del sollevamento popolare che ha rovesciato
l’intoccabile presidente Blaise Compaoré.
Lui, salito al potere il 15 ottobre 1987, dopo
aver fatto assassinare proprio il suo compagno di rivoluzione Sankara e altri dodici stretti
collaboratori, vi è rimasto per 27 anni, fino al
31 ottobre scorso. Compaoré vince sempre
le elezioni con percentuali altissime (1991,
1998, 2005 e 2010). Ma la nuova costituzione gli impedisce di ripresentarsi alle elezioni
previste nel 2015. Lui, però, non vuole farsi
da parte e fin dal 2012 si preoccupa di modificare l’articolo 37 che limita a due i mandati
presidenziali. Una via sarebbe passare per
un referendum costituzionale. La società civile insorge, e crea il Collettivo contro il referendum. Vi partecipano alcuni partiti politici
dell’opposizione come l’Upc (Unione per il
progresso e il cambiamento) del leader Zéphirin Diabré e l’Unir-Ps dell’avvocato Bénéwende Sankara. Nel 2013 sono diverse le
manifestazioni di piazza contro l’impunità, la
corruzione e la modifica costituzionale.
A sorpresa, il 15 luglio di quell’anno, i vescovi
del Burkina pubblicano una lettera pastorale
che esprime grande preoccupazione per la
«frattura sociale» in aumento e prende posizioni forti chiedendo un impegno a chi governa per: «Più equità nella distribuzione della
ricchezza, più trasparenza nella gestione degli affari pubblici, più etica nei comportamenti
sociali e politici». Compaoré teme, a ragione, il referendum e riesce ad evitarlo grazie
all’accordo del 25 ottobre scorso, con il terzo
partito del paese, l’Adf/Rda guidato da Gilbert Ouedraogo. In questo modo Blaise avrà
99 voti contro 28 dell’opposizione. La maggioranza qualificata per modificare l’articolo
37. Partiti di opposizione e società civile fanno un fronte unico contro la proposta di legge. Il 28 si svolge a Ouagadougou una grande manifestazione chiamata: «Giornata nazionale di protesta». Si parla di un milione di
persone che sfilano pacificamente per le
strade della capitale.
Marco Bello
tratto da “La Voce del Popolo”
9 Novembre 2014
Anno XV, Numero 2, Novembre 2014
Burkina Faso
Rivoluzione dal basso
Ci vorrà del tempo per comprendere le conseguenze della rivoluzione burkinabé che,
per le dimensioni della folla che l’ha accompagnata e per il peso di Blaise Compaoré in
Africa (oltre che nelle cancellerie occidentali),
sembra destinata ad aprire la strada ad altri
movimenti popolari di rilievo in Africa Subsahariana.
Ho avuto il privilegio di assistere ad alcuni
momenti di questa rivoluzione dal basso. In
missione a Bruxelles, torno a Ouagadougou
mercoledì 29 ottobre verso mezzanotte. Il
nostro autista mi viene a cercare
all’aeroporto con la sua Toyota mini (per motivi di sicurezza meglio non circolare con auto
di servizio). Presa la via Babanguida che porta a casa mia, da lontano si vedono le fiamme dei pneumatici che bruciano su strada
Charles de Gaulle. Sono i preparativi. Domani è un giorno importante, c’è il voto in
Parlamento per la modifica della Costituzione. Ieri, il 28 ottobre, 1 milione di persone è
sceso in piazza per dire no al disegno di legge per permettere a Compaoré di cambiare
la Costituzione e ripresentarsi per un ennesimo mandato. Com’è andato a finire il voto,
è noto: il parlamento viene messo a fuoco
nelle prime ore di giovedì 30 ottobre, quindi
nessun voto. Anzi, 5 minuti dopo l’attacco al
parlamento, il governo ritira il disegno di legge. Troppo tardi. Nessuno può fermare la
rabbia di decine di migliaia di burkinabé ‘qui
en ont marre’ (ne hanno le tasche piene,
ndr). Blaise ha tirato troppo la corda.
Il 30 ottobre il popolo burkinabé fa quindi la
storia, a 27 anni e 15 giorni dall’assassinio di
Thomas Sankara. Noi espatriati ce ne stiamo
rintanati a casa, come sollecitato dalle email
che arrivano puntuali dall'ambasciata italiana
di Abidjan. In realtà, verso le 11.30 - il Parlamento sta bruciando da qualche ora - esco a
vedere per strada che atmosfera c'è, la curiosità è troppa. Tutto è tranquillo nel mio quartiere (Wemtenga), ma l’atmosfera è euforica.
La gente è in festa. 'Ils ont arrêté François en
train de fuire!' (hanno arrestato François
mentre cercava di fuggire, ndr) mi dicono i
vicini, 'Blaise è in Francia', 'Blaise è in Togo',
dicono altri. Non si sa dove sia Blaise, la
gente pensa sia fuggito. Visto che la situazione è tranquilla mi ‘avventuro’ per qualche
centinaio di metri per arrivare in ufficio, dove
mi connetto a internet per avere info in tempo
reale e comunicare con l’esterno. Attraverso
la nuova strada asfaltata del mio quartiere
(Nouveau Goudron) e vedo i motorini passare con i clacson che si sprecano, gente
che urla di gioia.. sembra la vincita della
coppa del mondo!
Nel pomeriggio l'atmosfera cambia, si viene
a sapere che Blaise è rintanato al palazzo
presidenziale e non vuole dimettersi.
-> continua a pagina 9
9
-> segue da pagina 8
Purtroppo delle vite di cittadini burkinabé verranno sacrificate quel giorno, per aver voluto
manifestare il loro dissenso fin davanti al Palazzo di Blaise. Io torno a casa e mi metto ad
ascoltare Radio Omega, che racconta tutte le
fasi della rivoluzione grazie ai corrispondenti
sparpagliati in tutti i luoghi ‘caldi’, a Ouaga e
nel resto del Paese. L’impressione è che per
gran parte del popolo burkinabé sia stata una
giornata storica di liberazione, ma a metà,
perché l’uomo forte è ‘duro a morire’.
L’opposizione chiede a gran voce le sue dimissioni. Blaise ha le ore contate.
Il 31 ottobre mi sveglio presto. No rischi inutili, quindi me ne sto chiuso in ufficio.
Dopo pranzo arriva l'annuncio ufficiale delle
dimissioni di Blaise. A quel punto esco a festeggiare con la gente. Lo so, le indicazioni
dell'ambasciata erano di non uscire di casa,
ma non ho resistito all'idea di respirare l'atmosfera di questa liberazione. Prendo la moto e
faccio un giro per la città.
La gente esprimeva gioia all'ennesima potenza. Si vedeva nei loro occhi una certa consapevolezza di aver fatto qualcosa di enorme, di
aver fatto la storia. A tratti, a forza di sentire
clacson dei motorini suonare e fischietti fischiare, sembrava che il Burkina avesse vinto
la coppa del mondo un’altra volta! E questa
volta per davvero! Devo ammettere che mi
sentivo un po’ così anch'ioB Sensazioni di
entusiasmo. Momenti di giustizia sociale
vera, applicata. Certo, si rimane sbalorditi
quando ci si trova di fronte a un'assemblea
legislativa completamente distrutta, ancora
fumante dal giorno prima... Peccato poi per
alcuni estremismi, come i saccheggi di case
di privati (magari collusi con il potere), che
non sono mai giustificabili. Quella sera i militari prendono il potere, prima il capo dello stato maggiore Honoré Traoré, poi il numero due
della guardia presidenziale Isaac Zida. C’è un
po’ di confusione, coprifuoco alle h 19. Giusto
il tempo di prendere due bottiglie di vino buono (barbera e nebbiolo portati da Torino) e
andare a brindare a casa di amici. Poi subito
a casa. Il popolo burkinabé ha cacciato Blaise. Che giornata!
Il giorno dopo, 1° novembre, la situazione resta confusa. C’è chi è contento che i militari
prendano il potere, chi vorrebbe un rappresentante della società civileB A fine giornata
il capo dell’opposizione e il rappresentante
della società civile convocano una manifestazione l‘indomani in Piazza della Nazione per
protesta contro la presa del potere da parte
del colonnello Zida. Il movimento ‘balai citoyen’ non è d’accordo, invita la gente a non
andarci.
Il 2 novembre decido comunque di andare
alla manifestazione insieme a un amico burkinabé. Verso le 10 siamo in piazza della Nazione (ribattezzata della ‘Rivoluzione’).
C’è molta gente, anche se meno rispetto al
martedì storico del milione di persone. I microfoni sulle gradinate del monumento della
rivoluzione del 1983 funzionano male. Non si
capisce cosa dica la gente che cerca di parlare con i megafoni. A un certo punto appare la
parlamentare Saran Sèrèmè sulle gradinate,
ma non si capisce nulla. Poi la gente comincia a muoversi. Tutti cominciano a dire: ‘alla
RTB, alla RTB!’. La RTB è la Radio Televisione Burkinabé. C’è chi dice che il colonnello
Zida si è dimesso, e che una dichiarazione
sarà fatta a breve alla RTB. A quel punto
prendo la mia moto e anticipo la massa che si
muove a piedi verso la tv.
Una fiumana di gente arriva, si crea un cordone per fare entrare alcune auto. Due dichiarazioni vengono fatte alla RTB (che tra l’altro
non funziona in quel momento, perché manomessa dai manifestanti due giorni prima), dalla parlamentare Saran Sèrèmè e dal generale
Lougé. Dentro il giardino la folla di gente canta l’inno nazionale. C’è euforia, sembrerebbe
che il popolo burkinabé abbia portato un altro
colpo al regime, accompagnando una civile
ad autoproclamarsi presidente. Nel frattempo io devo andare a pranzo con un’amica.
E’ un colpo di fortuna. Quasi a malincuore,
riprendo la mia moto e me ne vado al Paradisio, ristorante a pochi km dalla RTB. Appena
15 minuti dopo, una telefonata ci avverte
che stanno sparando alla RTB. Chiamo il
mio amico, mi dice che si è appena messo in
salvo, se l’è vista brutta. Zida ha mandato i
suoi uomini per disperdere la folla, con spari
in aria. Una persona perderà la vita. Poteva
andare peggio. Nei giorni successivi la transizione prende corpo. L’Unione Africana ha dato due settimane ai militari per lasciare il potere ai civili, altrimenti la comunità internazionale attuerà ritorsioni. Il budget statale del
Burkina è in buona parte sovvenzionato
dalla cooperazione internazionale. I militari lo sanno, ma potrebbero non darvi troppo peso. D’altra parte, i rappresentanti
dell’opposizione e della società civile sanno
che senza un consenso con le forze militari
sarà difficile gestire il Paese.
A giorni si saprà cosa succederà da un punto
di vista istituzionale. Quel che è certo, il popolo burkinabé ha dimostrato di essere maturo e
consapevole, sembra improbabile che i nuovi
leader abbiano il coraggio di sfidarlo ancora.
Rimane il rammarico per i morti di questa rivoluzione, che si sarebbero potuti evitare. Come vari altri, sono sulla coscienza di Blaise
Compaoré, il quale pensava che il suo popolo
fosse una massa di mouton (pecore) che avrebbe accettato l’ennesima prevaricazione.
Invece no, chi è scappato con la coda tra le
gambe è proprio lui e il suo entourage.
Resta da capire se la sua impunità durerà ancora a lungo.
Matteo Cortese
Anno XV, Numero 2, Novembre 2014
Rimane il rammarico
per i morti di questa
rivoluzione, che si
sarebbero potuti
evitare. Come vari
altri, sono sulla
coscienza di Blaise
Compaoré, il quale
pensava che il suo
popolo fosse una
massa di mouton
(pecore) che avrebbe
accettato l’ennesima
prevaricazione.
Invece no, chi è
scappato con la coda
tra le gambe è
proprio lui e il suo
entourage.
Resta da capire se la
sua impunità durerà
ancora a lungo
10
20 anni dopo il genocidio
Un convegno del Centro Studi Africani
Il Prof. Francesco
Remotti ha
sottolineato con
forza come i
genocidi nascano
dalle idee che
vengono
inculcate nella
mente delle persone
che poi conducono
ad azioni
inarrestabili. La
“costruzione” dei
concetti di “razze
inferiori e superiori,
etnie adatte al
comando e altre
idonee solo
all’obbedienza”,
perpetrata dai
colonizzatori per
decenni e decenni
perché funzionale
alla garanzia del
dominio straniero,
può essere una delle
spiegazioni dei
massacri a cui si
arrivò nel ’94
Il Prof. Stefano
Allovio, ha
evidenziato la
pericolosità del
“numero 2”
all’interno delle
dinamiche umane:
quando in una
società le forze che
agiscono sono solo e
sempre due, senza
altre vie d’uscita, i
contrasti durissimi
sono inevitabili
Tra i pochi che , in Italia, a fine ottobre hanno
ricordato il genocidio perpetrato in Rwanda e
in Burundi vent’anni fa, possiamo citare il
Centro Piemontese Studi Africani che il 29
ottobre ha invitato studenti e cittadini alla visione del documentario “ Rwanda, une republique devenue folle”, girato dal francese Luc
De Heusch nel 1996.
Due anni dopo il genocidio, il regista ricostruisce cento anni di storia della società ruandese e burundese, pesantemente segnate, condizionate e deformate dalla ideologia coloniale: la colonizzazione tedesca, la tutela belga,
il ruolo della Chiesa hanno contribuito a distruggere il ritualismo della organizzazione
sociale e politica preesistente. Ritualismo che
poteva essere un elemento importantissimo
per armonizzare le dinamiche interne alla
società e la cui assenza, non compensata da
altre strutture, non poteva che esasperare i
contrasti.
Il documentario ha avuto anche il pregio di
presentare rare immagini degli ultimi re del
Rwanda , con una ricostruzione storica preziosa. Le immagini a colori invece sono purtroppo quelle del genocidio e del post genocidio, con sequele interminabili di cadaveri ai
bordi delle strade, con bambini e donne orrendamente sfigurati da colpi di machete che
mostreranno per tutta la vita i segni della folle
violenza scoppiata nei paesi dalle mille colline
verdi!
Al termine della proiezione, negli occhi di tutti
i numerosissimi presenti, era inevitabile leggere la domanda: “Perché è potuto accadere
un macello simile?” Il dibattito che è seguito
alla proiezione ha tentato di fornire alcune
piste di riflessione per arrivare a delle spiegazioni plausibili.
Il Prof. Francesco Remotti, docente di Etnologia dell’Africa all’università di Torino (che nel
1992 era stato accolto a Gitega dai volontari
CISV allora presenti in Burundi, Tiziana e Pippo), riprendendo l’analisi della distruzione culturale, oltre che politica ed economica, provocata dalla colonizzazione, sottolineava con
forza come i genocidi abbiano una “matrice
“mentale”, cioè come nascano dalle idee che
vengono inculcate nella mente delle persone
che poi conducono ad azioni inarrestabili. La
“costruzione” dei concetti di “razze inferiori e
superiori, etnie adatte al comando e altre idonee solo all’obbedienza”, perpetrata dai colonizzatori per decenni e decenni perché funzionale alla garanzia del dominio straniero,
può essere una delle spiegazioni dei massacri a cui si arrivò nel ’94. Un concetto analogo è stato ripreso dal Prof. Stefano Allovio,
(docente di Antropologia Culturale alla Università di Milano, che si era laureato con una
ricerca sui re del Burundi) che evidenziava la
pericolosità del “numero 2” all’interno delle
Anno XV, Numero 2, Novembre 2014
dinamiche umane: quando in una società le
forze che agiscono sono solo e sempre due,
senza altre vie d’uscita, i contrasti durissimi
sono inevitabili.
Le altre domande che sorgevano spontanee
tra i presenti riguardavano il “dopo genocidio”,
cioè cosa è accaduto in questi 20 anni, e
quale potrà essere il futuro di due paesi così
duramente martoriati.
Il Console onorario del Rwanda per il Piemonte e la Valle d’Aosta, dr. Luciano Longo, ha
presentato un paese pacificato, in ripresa economica, in cui la delinquenza è ridottissima e la sicurezza sociale molto alta, ,con una
presenza femminile vicina al 60% nel parlamento e nel governo, con le parole hutu e
Tutsi cancellate per sempre!
Il dr. Scaglione ( direttore della comunicazione di Action Aid International Italia, ha scritto
il libro “Istruzioni per un genocidio. Rwanda:
cronache di un massacro evitabile”. Si possono trovare molte informazioni sul genocidio
sul sito www.benerwanda.org – Pillole di Daniele Scaglione) guardando la situazione del
Rwanda e del Burundi dal punto di vista del
diritto internazionale, ha presentato una situazione un po’ meno ottimistica del Console
onorario, richiamando le responsabilità delle
potenze europee coinvolte nel genocidio e
indicando come il “dopo genocidio” in entrambi i paesi, in un certo senso, sia complicato
proprio dalla presenza di molti sopravvissuti,
grazie alla diffusa solidarietà sotterranea che
si manifestò al di là delle barriere etniche. In
genere infatti, quando si usa il termine genocidio si vuole indicare la distruzione totale di
un popolo, di una etnia, per cui il “dopo” purtroppo non è un problema. Nella regione dei
Grandi Laghi invece ai governanti si presenta
il complicato compito di gestire i rapporti tra
carnefici e vittime sopravvissute, situazioni
tutt’altro che facili, anche perché, come evidenziava la prof.ssa Michela Fusaschi,
(docente di Antropologia Culturale
all’Università di Roma Tre e studiosa del
Rwanda) la “memoria” non è mai univoca, la
sua ricostruzione e conservazione può assumere aspetti molto diversi tra loro. Significativo che nelle lingue locali non esista nemmeno
un vocabolo per indicare quello che noi chiamiamo “genocidio” e quindi possiamo comprendere facilmente come l’etnografia post
genocidio proceda con grandi difficoltà. In
particolare ha ricordato “l’etnografia del silenzio”, cioè il tentativo di ricostruire la memoria
con le donne stuprate.
Davanti alla carceri straripanti di arrestati in
attesa di processi che avrebbero potuto essere celebrati dopo tempi interminabili, hanno
ripreso significato, non senza problemi, gli
“abashingantahe”, cioè una specie di tribunali
locali, sulle colline, gestiti dai saggi locali,
-> continua a pagina 11
11
per ricordare la follia in Rwanda e Burundi
-> segue da pagina 10
esistenti da sempre nella prassi burundese e
ruandese, per dirimere le questioni locali di
minore gravità. Il carnefice e le vittime si presentano, raccontano i fatti come li hanno vissuti loro: a chi ha usato violenza viene comminata una pena adeguata e la vittima vede
riconosciuta la sua condizione. Ecco che alcune strutture tradizionali, accettate e riconosciute da tutti perché si basano sulla autorevolezza dei saggi locali, che conoscono usanze e tradizioni centenarie che hanno sempre
disciplinato i rapporti sociali, vengono in aiuto
per gestire quelle tensioni sociali provocate
proprio dalla cancellazione della cultura tradizionale!
Gli antropologi hanno evidenziato che gli
“abashingantahe” a volte funzionano e a volte
no; in molti casi un colpevole, cercando di
scagionarsi, ha denunciato altri complici che
magari non erano ancora stati individuati, così
sono emersi altri assassini da esaminare; parecchie vittime sono state
poi fatte sparire perché avevano avuto il coraggio di denunciare i propri violentatori!
Davanti ad una realtà così complessa e complicata, relatori e pubblico
hanno cercato di individuare strade
da percorrere per evitare ulteriori
sciagure e segnali di speranza per il
futuro,sia dei due Paesi in questione, sia per qualunque altro popolo,
in quanto, come ha ricordato il prof.
Remotti, i genocidi non riguardano
solo l’Africa, ma possono essere in
agguato anche nel resto del mondo.
Ancora Remotti ha indicato come
per il Burundi un problema da risolvere con una certa urgenza sia quello del possesso delle terra, essendo
tra i paesi africani con più alta densità umana e con ridotta disponibilità
di terra da coltivare: se tale questione non sarà affrontata con equilibrio
e lungimiranza, rispettando ancora
una volta le modalità e la ritualità
con cui un tempo si risolvevano le
questioni socio-economiche, potrebbe diventare un motivo di nuovi
scontri sanguinosi.
La prof.ssa Cecilia Pennacini, docente di Etnografia all’Università di
Torino ed esperta del Centro Studi
Africani che ha organizzato e coordinato il dibattito, ha messo in rilievo
un tema apparso trasversalmente in
tutti gli interventi del pomeriggio, ma
che può assumere un plus valore
nella prospettiva del miglioramento
futuro: l’impegno delle donne, di
quelle che hanno subito ogni sorta di
violenze e che cercano di reagire, di
quelle che hanno aiutato altre donne, bambini
e vecchi andando oltre ogni barriera etnica, di
quelle che non vogliono mandare i propri figli
ad uccidere i figli di altre donne!
Per Daniele Scaglione un segno di speranza
è la assunzione di responsabilità pronunciata
dal senatore canadese Roméo Dallaire, Comandante della forza UNAMIR in Rwanda al
tempo del genocidio, che, nonostante avesse
tentato, inascoltato, di evitare il massacro, incontrando i ruandesi in un evento pubblico organizzato 10 anni dopo il genocidio, si dichiarò responsabile, senza scaricare sui suoi superiori la responsabilità di quegli eventi: c’è
da sperare che questa esemplare assunzione
di responsabilità personale diventi contagiosa
e faccia breccia nelle coscienza di ciascuno di
noi perché è la “conditio sine qua non” su cui
sarà possibile che non si ripetano più massacri come quelli di vent’anni fa.
Rosina Rondelli
Anno XV, Numero 2, Novembre 2014
La Prof.ssa Cecilia
Pennacini ha messo
in rilievo l’impegno
delle donne per la
pace, di quelle che
hanno subito ogni
sorta di violenze e
che cercano di
reagire, di quelle che
hanno aiutato altre
donne, bambini e
vecchi andando oltre
ogni barriera etnica,
di quelle che non
vogliono mandare i
propri figli ad
uccidere i figli di
altre donne!
12
Una finestra aperta sul mondo
Burkina Faso: cosa succede dopo
la partenza di Blaise Compaoré
La riflessione di una cooperante presente sul campo su quanto è accaduto negli
ultimi giorni a Ouagadougou, la capitale del Burkina Faso, dove da giovedì 30 ottobre la popolazione è in strada per chiedere un cambiamento democratico nella gestione del paese.
di Monica Rinaldi
Kenya, l’innovazione è una stufa
che cova le uova
La stufa che cova le uova vince in Kenya il Green Innovation Award (premio per l'innovazione verde). Invitata ad un expò delle Nazioni Unite sarà presentata in Italia in
un convegno che avrà luogo in Vaticano il prossimo 4 dicembre.
ICT per l’allevamento: in Senegal
video ed SMS per tutelare il
bestiame
Daral Technologies è un progetto innovativo senegalese che nasce dalla necessità
di avere una statistica generale nel settore dell’allevamento e dal bisogno di identificare gli allevatori e il loro bestiame, pratica ancora inesistente nel paese.
di Elisabetta Demartis
Un’arancia tira l’altra fino
fino a Parigi
Storie dell'associazione “Corto” e di arance che attraversano le Alpi collegando i
produttori siciliani, i Gas italiani, i cittadini e le AMAP francesi in un incrocio transalpino tra Gas e commercio equo.
di Andrea Saroldi
#connectBurundi: costruiamo la
mappa partecipativa online
Da che mondo è mondo, le mappe aiutano a orientare. Il centre Seruka di Bujumbura in Burundi ha scelto di lanciarsi nel crowdmapping, chiedendo la collaborazione
dei cittadini per pianificare nuove strategie d'azione per la presa in carico e la
prevenzione delle VBG (violenze basate sul genere). Come sta procedendo il
design della mappatura?
di Serena Carta
Redazione
Paolo Martella
La cooperazione è cambiata:
aggiorna la tua valigia
Il 30 ottobre ONG 2.0 e CISV hanno presentato il nuovo sito di ONG 2.0 in un
evento in streaming con interventi dal Senegal, dal Burkina Faso, dalla ColomI contributi di informazione, riflessione e bia e dall’Italia.
critica, così come foto e disegni, sono sem- Lo sai che in Uganda ci sono più telefoni cellulari che lampadine? E che l’Africa
pre graditi. Possono essere lasciati al CISV è il primo continente per pagamenti via mobile, non solo trasferimenti di denaro,
o spediti tramite e-mail agli indirizzi:
ma anche pagamenti di servizi come elettricità, tasse scolastiche o connessione a internet? Nel 2014 gli abbonamenti mobile hanno raggiunto i 9 miliardi,
[email protected]
come la popolazione mondiale e quelli fissi i 4 miliardi. Due terzi provengono
[email protected]
dai paesi in via di sviluppo. Il mondo cambia.
E la cooperazione internazionale?
Il prossimo numero
verrà chiuso in redaGli articoli completi sono sul sito: http://www.volontariperlosviluppo.
zione nella 1a settimana di gennaio
Anno XV, Numero 2 Novembre