Croci in cielo e sulla terra - Centro Saveriano Animazione Missionaria

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Croci in cielo e sulla terra - Centro Saveriano Animazione Missionaria
Notizie
testimonianze
proposte
per gli amici
dei missionari
BURUNDI
CAMERUN
CIAD
CONGO R. D. MOZAMBICO
SIERRA LEONE
BANGLADESH
FILIPPINE
GIAPPONE
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TAIWAN
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2017 MARZO n. 3
Croci in cielo e sulla terra
La certezza di essere in buone mani
D
a questa parte dell’equatore, quando la calamita
della notte tira in basso l’ultimo
raggio di sole, il cielo dispone le
sue stelle in maniera differente.
Così - qui nel mezzo della savana, sulle rive del grande fiume
Zambesi - non ci cerca la Stella Polare, ma la Croce del Sud,
costellazione di riferimento nel
cielo della notte australe.
Una sera senza energia elettrica, mi sono coricato sul muretto
davanti a casa per osservarla,
fedele come sempre nella sua
posizione, ai piedi della Via
Lattea. “Una croce là in cielo e
tante croci qui su questa terra”,
pensavo. Là in cielo, una croce
fatta di stelle. Qui sulla terra, invece, infinite croci fatte di volti,
di solitudini, di egoismi, di indifferenze, di paure, di ingiustizie,
di silenzi complici.
p. ANDREA FACCHETTI, sx
di famiglie soffocate da un’inflazione che l’anno scorso ha
raggiunto il 50% per i beni alimentari. La croce di mãe Maria,
il cui marito ha deciso di sposare una seconda moglie poche
COME RAGGIUNGERE LA VERA FELICITÀ
Proposta coraggiosa per la Quaresima... e non solo
papa FRANCESCO
L
a Quaresima è un forte invito a tornare a
Dio “con tutto il cuore”, a non
accontentarsi della mediocrità, a crescere nell’amicizia con
Gesù, amico che non ci abbandona mai. Anche quando
pecchiamo, egli attende il nostro ritorno a Lui. La Parabola
dell’uomo ricco e del povero
Lazzaro (Lc 16,19-31) ci dice come raggiungere la vera felicità
e la vita eterna.
Lazzaro non ha la forza di risollevarsi, giace alla porta del
ricco e mangia le briciole che
cadono dalla sua tavola, ha
piaghe in tutto il corpo e i cani
vengono a leccarle. È un rifiuto
umano. Egli non è un fastidioso ingombro, ma un appello a
convertirsi, a cambiare vita, ad
aprire la porta del cuore all’altro. Ogni persona è un dono,
sia il nostro vicino sia il povero
sconosciuto.
La Quaresima ci faccia aprire
la porta ad ogni bisognoso e
riconoscere in lui o in lei il volto di Cristo. Ognuno di noi ne
incontra sul proprio cammino.
Ogni vita che ci viene incontro
è un dono e merita accoglienza, rispetto, amore.
settimane prima del
battesimo dei loro
due bambini. La
croce di chi - pur
sperando in questa
esile recente tregua
- non vedrà tornare
a casa i propri figli,
mariti o padri: da
una parte quelli con
la divisa dell’esercito del Mozambico, dall’altra quelli
con la tessera dei
partiti di opposizione, rapiti e uccisi dagli squadroni
della morte legati al
governo.
C’è la croce di questa terra benedetta dal cielo e saccheggiata
da chi sventra foreste, porta via
carbone, gas e minerali, lasciando la popolazione autoctona
affossata nella miseria, mentre si gonfiano i conti in banca
dell’élite al potere e del capitale
straniero.
La Croce del Sud, costellazione nel cielo della notte australe e simbolo di un cristianesimo... giovane
Benedetta dal cielo,
saccheggiata dagli uomini
C’è la croce della nostra gente, che per un anno ha sofferto la
siccità e la fame e che ora spera
nella prima pioggia. C’è la croce
Il ricco, al contrario del povero Lazzaro, non ha un nome, è
qualificato solo come “ricco”.
Gli abiti che indossa sono di
un lusso esagerato. La porpora
era molto pregiata, più dell’argento e dell’oro, riservata alle
divinità e ai re. La sua ricchezza
è esibita ogni giorno.
Dice l’apostolo Paolo che
“l’avidità del denaro è la radice di tutti i mali” (1 Tm 6,10).
Il denaro può dominarci e diventare un idolo tirannico (EG
55). Invece di renderci solidali
con gli altri, può asservire noi
e il mondo intero a una logica
egoistica che non lascia spazio
all’amore e ostacola la pace.
Per il ricco non esiste altro che
il proprio io. Le persone che lo
circondano non entrano nel suo
sguardo. L’attaccamento al denaro lo rende cieco, incapace di
vedere il povero affamato, piagato e prostrato. Si comprende
perché il vangelo sia così netto: “Nessuno può servire due
padroni, perché o odierà l’uno
e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà
l’altro. Non potete servire Dio e
la ricchezza” (Mt 6,24).
Il ricco e il povero muoiono
entrambi. Tra i tormenti dell’aldilà il ricco riconosce Lazzaro e
vorrebbe che alleviasse le sue
sofferenze con un po’ di acqua.
I gesti richiesti a Lazzaro sono
simili a quelli che avrebbe potuto fare il ricco e che non ha
mai compiuto.
Questi chiede ad Abramo
di mandare Lazzaro dai suoi
fratelli ancora in vita per ammonirli; ma Abramo risponde:
“Hanno Mosè e i profeti; ascoltino loro”. E di fronte all’obiezione del ricco, aggiunge: “Se
non ascoltano Mosè e i profeti,
non saranno persuasi neanche
se uno risorgesse dai morti”.
La radice dei mali del ricco
è nel non prestare ascolto alla Parola di Dio; questo lo ha
portato a non amare più Dio
e quindi a disprezzare il prossimo. La Parola di Dio è capace di convertirci e orientarci a
Dio. Ci aiuta ad aprire gli occhi
per accogliere la vita e amarla,
soprattutto quando è debole.
Chiudere il cuore al dono di
Dio che parla ha come conseguenza chiudere il cuore al do■
no del fratello.
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la Quaresima, 2017
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Mentre dall’altra parte
dell’equatore…
Dall’altra parte dell’equatore
non si è sovrastati dalla Croce
del Sud. Eppure si portano altre
croci. La croce di un terremoto che sembra non finire mai e
che destabilizza equilibri geofisici e umani. La croce di chi
soffre la malattia o la vecchiaia
nella solitudine degli affetti. La
croce di chi vede frantumarsi
un amore che credeva fosse
per sempre. La croce di chi
ha smarrito per strada il senso
della vita e si rassegna a non
cercarlo di nuovo. La croce di
una politica che, per pochezza
di idee o per egoismi che confinano il mondo al muretto di
casa, ha smesso di parlare alla
testa e al cuore della gente e solo riesce a parlare alle pancia.
Anni fa, ho appeso all’armadio della mia stanza queste
parole: “Devo poter avere la
certezza di essere nelle mani di
Dio e non in quelle degli uomini; poi tutto diventa leggero”. A
scriverle è il pastore e teologo
luterano Dietrich Bonhoeffer.
Le scrive nel dicembre del 1943
dal carcere di Tegel in Germania, dove sconta la sua pena per
essere parte della Resistenza al
male nazista. Sarà impiccato il
9 aprile di due anni dopo, pochi
giorni prima della fine della seconda guerra mondiale.
Una certezza
che dà forza al vivere
Davanti agli ostacoli, alle cadute, ai fallimenti, davanti alle
croci della vita c’è una certezza
incrollabile che rende leggero
il male. La certezza che siamo
in buone mani. Perché siamo
nelle mani di Dio. Un Dio che
ha vinto la croce e ha disegnato
per noi una vita piena, potente e
debordante. Un Dio che vuole la
nostra felicità. Per questo non
se ne sta “con le mani in mano”. Prende le nostre. Ci rialza
e cammina con noi.
C’è anche un’altra certezza
che, stavolta, chiama in causa
la nostra responsabilità. Se Dio
non se ne sta “con le mani in
mano”, ci chiede di fare altrettanto. Ecco allora che ciascuno
di noi è le mani di Dio. Solo così il male diventa più leggero. E
anche le croci di quaggiù sembrano fatte di stelle.
■
2017 gennaio n.
ANNO 70°
3
2
Congo, come sarà il futuro?
3
Il perdono fa sbocciare la speranza
4/5
E... state con i saveriani
6
Finita la paura, inizia la gioia
In cammino e in ascolto
P. Caselin, alpino in cielo
Un di più di amore e di bontà
Myanmar, 2017 anno della pace
2017 MARZO
M IS SION E E SPIRITO
MISSIONE FAMIGLIA
Finita la paura, inizia la gioia
Gesù, astro nelle tenebre umane
L
a lingua di Zaccaria si
sciolse e proruppe in una
benedizione al Signore, Dio di
Israele. Da muto a orante, da incredulo a profeta, da rassegnato
a cantore delle opere di Dio.
Quel bimbo impossibile è lì
per dire anche a noi che Dio non
dimentica mai le sue promesse. Zaccaria, Dio si ricorda, ha
segnato nel nome la memoria
VIRGINIA ISINGRINI, mmx
vivente di quel patto iniziato da
Abramo.
Bisognava ripartire da quella
promessa da cui tutti siamo stati
generati. Ma Abramo non aveva
potuto offrire nulla a Dio. Mai
l’uomo è in grado di dare qualcosa in cambio dell’amore se
non benedicendo. Ed è Dio che
giura di essere lui per sempre il
suo Dio, da
un figlio a
un altro figlio, da un
amore a un
altro amore. Giù giù,
lungo tutta
la storia, fino
ad arrivare a
me, a te. Anche quando
lo tradiamo.
Dio è fatto così. Non
torna sui suoi
passi. Abramo cadde in
un profondo
torpore, incapace anche
di guardare il miracolo di quel
fuoco incandescente che, nelle
ombre del tramonto, divise in
due gli animali del sacrificio,
sigillo eterno posto sulla nostra
povera umanità.
E la stessa fiamma bruciante della grazia divide adesso il
grembo di Elisabetta, rendendola madre contro ogni speranza. Dio ha visitato ancora il suo
popolo facendo sbocciare la vita
proprio lì dove tutto sembrava
inaridito. È il sigillo della sua
presenza: vita dalla morte, fecondità dalla sterilità, misericordia dal peccato. Non v’è più
nulla che possa ormai sottrarsi
al suo sguardo d’amore. È finita
la nostra fuga, è finita la paura.
Comincia la gioia.
Un bimbo aprirà la strada
a un altro bimbo. Giovanni Bat-
MISSIONE RAGAZZI
IN TRE, SULLA VIA DEL CALVARIO
p. OLIVIERO FERRO, sx
vieni a giocare con me. Andiamo a prendere le uova degli
D ai,uccelli
da quell’albero. Era Simone che parlava con Andrea.
“Aspetta un attimo - gli risponde - guarda Tommaso che arriva correndo. Deve essere successo qualcosa di grave. Non l’ho mai visto
così sudato”. “Venite in fretta con me - grida Tommaso - andiamo
vicino alla strada che porta al Calvario. Stanno conducendo Gesù;
vogliono farlo morire”.
Così tutti e tre, di corsa, seguono altre persone che gridano, insultano, dicono brutte parole. Chissà perché. Qualche giorno prima
lo avevano accolto all’entrata di Gerusalemme. Avevano cantato e
danzato per Lui. Ora, invece, qualcosa di grave stava accadendo.
Forse si erano dimenticati di tutte le cose belle che aveva detto e
fatto. Così capita ai grandi. Loro cercano il proprio interesse, ma a
noi bambini piace chi ci fa sorridere e ci ascolta.
Era quello che pensavano, quando sono arrivati fuori dalla porta
della città. Lo hanno visto. Facevano fatica a riconoscerlo. Portava
la croce. Quanto era pesante, anche se c’era uno che lo aiutava.
Aveva sangue dappertutto. Una corona di spine in testa e i soldati
che continuavano a picchiarlo. Perché?
2
Vignetta di Patxi Velasco Fano
Cosa aveva fatto di male? Loro con capivano. Cercano di guardarlo in faccia. Lui si ferma un istante e, con un mezzo sorriso insanguinato, si volta verso di loro. Non dice niente, ma loro hanno capito
subito. Gli ha lasciato una missione. Se ne tornano a casa. Sanno cosa devono fare. Da quel momento staranno vicini a chi è solo, abbandonato. Lui lo ha fatto per tanto tempo. Ora loro tre, Simone,
Andrea, Tommaso, i suoi piccoli amici, faranno del loro meglio. ■
Zaccaria, suo padre, fu pieno di Spirito Santo, e profetò dicendo:
«Benedetto il Signore Dio d’Israele, perché ha visitato e redento il suo
popolo, e ha suscitato per noi una salvezza potente nella casa di Davide, suo servo, come aveva promesso per bocca dei suoi santi profeti di
un tempo: salvezza dai nostri nemici e dalle mani di quanti ci odiano.
Così egli ha concesso misericordia ai nostri padri e si è ricordato della
sua santa alleanza, del giuramento fatto ad Abramo, nostro padre, di
concederci, liberati dalle mani dei nemici, di servirlo senza timore, in
santità e giustizia al suo cospetto, per tutti i nostri giorni.
E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo perché andrai
innanzi al Signore a preparargli le strade, per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza nella remissione dei peccati, grazie alle viscere
di misericordia del nostro Dio, per cui verrà a visitarci dall’alto un sole
che sorge, per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra
della morte, e dirigere i nostri passi sulla via della pace». (Lc 1,67-79).
tista, il profeta dell’Altissimo,
preparerà l’alba di un sole che
sorge dall’Oriente: Gesù, “astro
incarnato nell’umane tenebre”
(G. Ungaretti).
E siamo anche noi presi dallo
stupore per il coraggio di questo Dio che muove i suoi primi
passi nella carne cominciando
dal buio, dalla negazione della
bontà e dalle infinite storture
del male. Avremmo forse immaginato che scegliesse ambiti
più puri e più consoni alla sua
divinità, ambiti più santi o meno
contaminati dalle tenebre. Invece no. Comincia dalle nostre
ambiguità e dalle tante morti
che ci attanagliano. Siamo dei
visitati dalla luce.
Le viscere di misericordia del
nostro Dio continuano a condurre
la storia di Israele e la storia del
mondo. Per questo si apre davanti ai nostri passi la via della pace.
Sta a noi percorrerla e diventare
astri di misericordia che tengono
alta e stretta tra le mani “la Parola
della vita»” (Fil 2,16).
■
MISSIONE GIOVANI
In cammino e in ascolto
Il profeta Zaccaria
(Michelangelo Cappella Sistina)
LA PAROLA
DIEGO PIOVANI - [email protected]
pensato che queH ostosempre
spazio potesse essere
un luogo di incontro, condivisione, racconto. Di che cosa?
Soprattutto di esperienze vissute
e realizzate dai giovani. Le loro
testimonianze, in realtà, spesso
sono pubblicate sulle pagine locali del nostro giornale. Eppure,
credo sia importante che qualche
volta le belle storie missionarie
che coinvolgono le nuove generazioni possano essere conosciute da un pubblico più vasto,
per innescare il “passa parola”,
perché il tam tam è ancora più
virale di internet.
Anche per questo, a pagina
6, trovate la proposta saveriana
per l’estate. Dai 14 anni in su,
ragazzi e giovani possono scegliere di vivere parte delle loro
vacanze in modo alternativo. E,
come ricordato prima, i migliori
strumenti per proporre i nostri
appuntamenti siete voi, genitori e nonni, che state leggendo
quest’articolo.
C’è un’ampia scelta per ogni
gusto e latitudine. Il menù è ricco.
Basta solo un po’ di spirito d’iniziativa e, perché no, anche di coraggio e curiosità per scoprire un
altro modo di vivere, di interpretare il mondo e affrontare i suoi
problemi reali e concreti. Non si
tratta solo di fare qualcosa, ma soprattutto di mettersi in cammino e
in ascolto… Vi aspettiamo!
Un’altra bella iniziativa arriva dal Congo RD e più precisamente da p. Giuseppe Dovigo,
missionario molto conosciuto.
Lascio a lui la parola.
“Papa Francesco, nell’ultima
giornata mondiale della gioventù a Cracovia, ha annunciato e
affidato ai giovani il nuovo libro
La saveriana Elisa Lazzari alla scuola
di DOCAT, a Bukavu, Congo RD
DOCAT, che contiene la dottrina sociale della chiesa. Il nome
Docat viene dal verbo inglese
‘to do’ (fare), perché il contenuto risponde alla domanda: Che
cosa fare? Il libro è stupendo,
leggibile, con foto geniali, disegni piacevoli, citazioni di autori
prestigiosi, antologie di pagine
scelte dai documenti, con excursus per approfondimenti. È per i
giovani e… per tutti.
L’avvocato Darius, il catechista Marie-Paul ed io abbiamo
programmato un corso per giovani diplomati e studenti universitari, mobilitando come animatori
due sorelle saveriane, professori,
esperti di economia e tanti altri.
Siamo già al quinto incontro su
dodici, seguendo i temi approfonditi dal libro. Incoraggiamo
il dialogo e la concretezza. Alla
fine, chiederemo un piccolo lavoro personale, offriremo il libro
e un’attestazione di frequenza.
PREGHIERA DEL MESE
Per i cristiani perseguitati,
perché sperimentino il sostegno di tutta la Chiesa nella
preghiera e attraverso l’aiuto
materiale.
Conforti: “La perfezione si
fonda su due capisaldi: bassa
stima delle cose, di noi stessi e un concetto altissimo
di Dio”.
In un piccolo messaggio, uno
dei partecipanti mi scrive: «Siamo talmente entusiasti di questi
incontri che ci fanno sperare…».
La situazione del Congo è
tragica. La lista delle miserie
sociali e dei diritti umani ignorati o calpestati è lunga. La gente
sembra rassegnata e vive nella
morsa del necessario quotidiano.
Le autorità si disinteressano della
popolazione (molti di loro hanno studiato in scuole cattoliche).
La chiesa non esercita sempre lo
spirito profetico, che dovrebbe
avere, a difesa dei poveri. «La
situazione attuale del mondo
non può rimanere così», dice il
papa nella premessa del libro.
«Quando il cristiano si limita solo a gettare un’occhiata distratta
ai bisogni dei più poveri tra i poveri, allora non è cristiano».
Il nostro è il piccolo gruppo
“seduto sotto un albero”, che riflette. Ed è cosa buona, anche se
Francesco sogna “un milione di
giovani cristiani, un’intera generazione, che sia per i loro coetanei una dottrina sociale su due
gambe; il mondo non sarà cambiato, se non da coloro che con
Gesù vanno nelle periferie e in
■
mezzo al fango”.
2017 MARZO
V ITA SAV ERIA N A
Come sarà il futuro?
In Congo, tra i problemi fioriscono speranze
I
n Congo, le previsioni per
il 2017 sono poco ottimistiche. Sarà un anno veramente
cruciale. E se le elezioni tanto
attese non avranno luogo...
Nell’immediato, quello che
preoccupa è la crisi economica che pesa sempre di più sulla vita della gente. Sono tante le
mamme che portano i loro bambini al nostro Centro Nutrizionale di Bukavu e in noi cresce
un sentimento di impotenza che
lacera il cuore. Scopriamo ogni
giorno situazioni incredibili.
Uno shock dopo l’altro
Tra le tante situazioni più penose mi balza in mente quella di
mamma Salome. È rimasta vedova tre anni fa con 10 figli. Il sesto, Pascal (9 anni), ha un grave
handicap ed era in stato di grave malnutrizione. Quando me
lo son visto davanti, ho provato
una pena indicibile. Dovevamo
portarlo subito all’ospedale. La
mamma, purtroppo, non poteva
rimanere ad assisterlo, lasciando
a casa da soli tutti gli altri. In attesa di trovare una soluzione, abbiamo deciso di dare alla mamma un supporto alimentare per i
suoi bambini con un supplemento di latte, zucchero e biscotti per
Pascal, oltre a una somma di denaro per attivare qualche piccola
attività di commercio.
Volendomi rendere conto delle reali condizioni di questa fami-
glia, ho inviato Donatien, uno dei
miei collaboratori, a vedere dove
abitavano. Altro shock! Stavano
in una baracca malandata in uno
stato di indescrivibile squallore.
Una domanda spontanea
La testimonianza di Donatien
era sconfortante. “In casa non
hanno assolutamente niente,
neppure un letto; dormono tutti per terra sui sacchi. E nessuno
dei suoi figli ha avuto la possibilità di andare a scuola!”.
Abbiamo preso subito la decisione di costruire per questa famiglia una nuova casetta di legno e
abbiamo acquistato dei letti dove,
per la prima volta, quella povera
donna e i suoi bambini hanno dormito in modo dignitoso.
La domanda che sorge davanti a situazioni come quella di
mamma Salome e di tante altre
famiglie che vivono in condizioni di estrema povertà è questo:
al di là di quel poco che riusciamo a fare per loro nell’immediato, quale sarà l’avvenire di tutti
questi bambini in un Paese dove
i più essenziali diritti umani sono inesistenti?
La formula più giusta
Sento il dovere di rivolgere
un sincero ringraziamento a tutti
voi che avete scelto di continuare a sostenere con generosità i
nostri bambini. Avete rinunciato
alle “gratificazioni” (immagini e
LAICATO SAVERIANO
Il sogno della missione
FRANCA e PATRICK
Siamo qui a raccontarvi semplicemente che vogliamo partire, andare in Bangladesh per un breve periodo come missionari laici insieme ai saveriani. La decisione arriva da lontano.
Tutti e due abbiamo fatto cammini con i saveriani in Italia e
in Bangladesh. Ci siamo sposati nel 2012 e, dopo il matrimonio, abbiamo continuato a camminare insieme con la famiglia dei laici. Ora ci siamo trovati a dire insieme il nostro “sì”
alla chiamata missionaria.
L’idea è nata quando siamo andati in Bangladesh per la prima volta insieme. Vedere quella realtà così diversa da quella
in cui viviamo oggi ci ha interpellato. Abbiamo iniziato a pensare, a valutare tutti i pro e i contro di una partenza, a mettere sulla bilancia il lavoro, la famiglia, i problemi economici.
Alla fine la sua chiamata è stata più forte.
Desideriamo condividere un pezzetto di vita insieme alla
gente che incontreremo nelle missioni. In particolare, staremo a Shamnagar, piccolo villaggio vicino alla foresta del Sundarban, dove p. Luigi Paggi vive e lavora con il gruppo tribale
dei munda. P. Luigi offre alle ragazze di questa etnia l’opportunità di studiare, evitando di sposarsi in età troppo precoce, affinché un domani possano contribuire alla crescita delle loro famiglie.
Lì vicino c’è anche un piccolo ambulatorio, dove però non ci
sono medici fissi. Franca potrebbe esercitare la sua professione di medico, con l’aiuto di Patrick come mediatore linguistico e culturale. Nel fine settimana, infine, l’idea è di spostarsi
alla parrocchia più vicina, Shatkira, per partecipare alla Messa
e a qualche attività pastorale.
Insomma, nulla di straordinario, solo un anno messo a servizio di un popolo lontano da
qui, ma vicino ai luoghi dove
Patrick è nato e cresciuto.
Qualcuno ci chiede se è davvero missione andare nel Paese di uno dei due. Non lo sappiamo, però oggi abbiamo
questo piccolo sogno e non vediamo l’ora di partire. Sperando di poter condividere presto
con voi i volti e le storie che il
Signore ci farà incontrare.
Franca e Patrick,
pronti alla
partenza per
il Bangaldesh
p. GIOVANNI QUERZANI, sx
notizie particolari di ogni bambino), legate alla formula dell’adozione a distanza degli anni precedenti che, come vi avevo già
spiegato, privilegiava un numero ristretto di bambini. Questo
creava una certa dipendenza che
non favoriva la responsabilità
dei genitori, chiamati ad impegnarsi. Pascal, ad esempio, non
era tra i bambini privilegiati dalle adozioni a distanza. Potevamo, forse, per questo escluderlo
o ignorarlo?
Vi siamo veramente grati per
la vostra comprensione e per
P. CASELIN, ALPINO IN CIELO
Il 31 gennaio, a Parma, nella
Casa di cura delle Piccole Figlie,
dopo lunga malattia è morto p. Lorenzo Caselin. Aveva
93 anni
compiuti.
Era nato
a Santorso (VI)
il 5 settembre
1923. Fece parte,
dal 1941
al 1943
della tragica spedizione
militare
italiana
P. Lorenzo Caselin:
in Russia.
Santorso (VI) 5.9.1923
Entrato
- Parma 31.1.2017
dai saveriani nel 1956, è stato ordinato
presbitero nel 1962. Economo
a Tavernerio, fino al 1968, in
seguito è partito per il Congo
RD, dove ha lavorato fino al
2013 come cappellano ed economo in varie comunità. Rientrato in Italia per cure si trovava Parma, dal 2013.
Aveva scritto una lettera a
“Missionari Saveriani” a novembre 2016. “A Parma, sono
curato in modo premuroso e
fraterno. Il mio corpo di novantatreenne esulta felice! Posso
vivere sempre da missionario,
spiritualmente, con l’atto d’amore espresso nel silenzio, nella contemplazione e pregando. L’atto d’amore rimane in
eterno! Il mio cuore, però, è
sempre in Congo, dove i miei
bambini poliomielitici dell’Heri
Kwetu soffrono. Ogni sera recitano il santo rosario per me e i
loro benefattori…”.
■
“Villette a schiera a Bukavu”… Anche qui i saveriani sono presenti, portando aiuto,
conforto e preghiera, per quello che è nelle loro potenzialità
questa maggiore libertà di intervento a favore di chi è più sfortunato e ha bisogno di un soc-
corso urgente. Questa è la formula più giusta, opportuna e
■
gradita a Dio.
Conversione”, recentemente
pubblicato nella collana Monumenta Missionalia.
Pegueiro. In questi anni, i saveriani hanno svolto un lavoro positivo nelle parrocchie,
affinché diventino sempre più
missionarie, tramite l’infanzia
e l’adolescenza missionaria, le
vocazioni saveriane, l’appoggio concreto ai laici e alle comunità ecclesiali di base (Cebs).
Nei prossimi anni, saranno
investiti mezzi e forze nella pastorale sociale, creando scuole
di educazione alla pace. Sarà
rafforzata la pastorale indigenista, che accompagna il popolo kayapò, spesso minacciato
nella propria cultura e identità.
P. Renato Filippini ha discusso la tesi “Itinerari biblici nel
processo di maturazione della
fede in Giappone. Indicazioni
per catechesi con adulti”. Così, ha conseguito la licenza in
Catechetica presso l’Università
pontificia salesiana.
Il volontario laico Giampietro
Sartori ha pubblicato, presso
Edizionigraphital, “Dieci anni
con i padri saveriani anziani e
ammalati. Storie personali…”.
Come per i tre martiri saveriani Carrara, Didonè, Faccin,
è stata pubblicata, ad opera
di p. Guglielmo Camera, postulatore, anche la biografia
dell’abbé Albert Joubert, ucciso a Fizi con p. Didonè il 28
novembre 1964. Di p. Faustino
Turco è uscito “Via Crucis”,
commenti ispirati proprio agli
scritti e alla vita dei martiri.
Segnaliamo la bella trasmissione televisiva “Today” a cura
di Andrea Sarubbi su TV2000. Il
23 febbraio è stato ospite il saveriano mons. Biguzzi. Questo
è il link della puntata (dedicata alla Sierra Leone) su YouTube: https://www.youtube.com/
watch?v=c1QhFhOnjzU&index
=1&list=PL6AqvbxnE8H64Dob
■
MXAE6_RCk3dzzqLbq
NUOVA DR IN AMAZZONIA
I saveriani dell’Amazzonia si
sono riuniti per il XIV capitolo
regionale, con la presenza del
consigliere generale, p. Javier
BURUNDI,
STRADA TRACCIATA
Quattro giornate di intenso
lavoro hanno caratterizzato il
Capitolo regionale del Burundi.
A Bujumbura siamo 14 saveriani di 5 nazionalità diverse. È una
ricchezza da cui traiamo ogni
giorno beneficio. I primi saveriani burundesi ordinati presbiteri
sono il frutto del grande lavoro
di chi, con entusiasmo e dedizione, trasmette il carisma del
nostro santo fondatore ai giovani di questa terra benedetta
dal sangue di tanti martiri.
Il Capitolo ci sprona a dotarci
di strumenti sempre più adatti
ai giovani che desiderano accogliere il carisma saveriano. “La
strada è tracciata” era il tema
del ritiro che ha preceduto i lavori dell’assemblea capitolare.
Vogliamo continuare a seguire
le tracce dei nostri confratelli e
delle nostre sorelle, coraggiosi testimoni della verità e della
fraternità.
■
LIBRI E TELEVISIONE
A Rovereto, per iniziativa
dell’associazione “SpagnolliBazzoni’ è stato presentato
il libro “Padre Bepi De Cillia Un uomo buono con la mente
d’argento e il cuore d’oro” di
Martina Dei Cas.
Tramite p. Luigino Marchioron, il direttore Jolibois di Spiritus, rivista missionaria francese, ha chiesto di tradurre in
francese e spagnolo “Storie di
La nuova DR del Burundi: p. Todeschi, p. Ntahimpera, p. Pulcini
(superiore riconfermato), p. Basuzwa (vice) e p. Carrara
La nuova Direzione del Brasile Nord: p. Ulisse Zanoletti, p. Ruìz Alvarez (superiore), p. Anzalone (vice), p. Amadeu e p. Martìnez
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2017 MARZO
IL PERDONO FA SBOCCIARE SPERANZA E PACE
LE COMUNITÀ
UN PONTE TRA USA E AFRICA
p. FILIPPO ROTA MARTIR, sx
p. GABRIEL BASUZWA, sx
I
n queste pagine riflettiamo sulla riconciliazione e sul
perdono, tra persone, gruppi e popoli. Presentiamo
esperienze missionarie provenienti dal Messico, Kosovo,
Burundi, Congo RD, Camerun, Sierra Leone. Perdonare non
è minimizzare (o dimenticare) il passato e il male ricevuto,
ma assumerli e, nonostante tutto, far nascere, contro ogni
aspettativa, qualcosa di nuovo.
Non si può più eliminare ciò che è stato. Però, si può decidere di non rimanere vittime del risentimento, ostaggi del
“ricordo indurito e ostinato”. In tal modo, il perdono guarisce l’offensore e l’offeso. “Perdonare è un fiore che spunta
nel cuore di qualcuno, senza averlo piantato. Il perdono è
grazia, non viene fuori dalla terra, ma è come rugiada che
viene dal cielo (dossier di MO, dicembre 2007).
Nessun rapporto umano è possibile senza il perdono.
P. Gabriel Basuzwa, originario del Congo RD, è stato ordinato presbitero nel 1985. Il primo anno del suo ministero l’ha
svolto nella diocesi di Bukavu e gli altri tre anni nella diocesi
di Kasongo. In seguito si è specializzato in Scienze missionarie a Chicago. Dopo 14 anni passati in Camerun, ha ottenuto
il dottorato al “Cross-Cultural Ministry”, sempre a Chicago,
dal 2007 al 2010, con un interesse particolare al tema della
riconciliazione, nel senso più ampio.
P. Gabriel si trova ora a Bujumbura, in Burundi, in un
clima socio-politico che richiede la pastorale della riconciliazione. Infatti, sono molteplici gli interessi che provocano
conflitti, come le guerre nei paesi dei grandi laghi africani,
in nome di cosiddette differenze etniche.
ammalati, con il personale curante (soprattutto in Camerun)
e nel campo dell’insegnamento, secondario e universitario.
La mia evangelizzazione ha messo al centro la necessità di
ricercare la giustizia, la pace, la riconciliazione, l’ecumenismo
e il dialogo, non solamente inter-religioso, ma ad ogni livello,
anche in tutti gli interventi comunitari. Cerco di promuovere uno stile di vita che favorisca sempre di più il servizio e
l’ascolto disinteressato dell’altro, come Gesù ci ha mostrato.
Quasi precursore del Giubileo
In qualche modo, mi sono ritrovato a essere missionario
della misericordia, ancora prima che papa Francesco proclamasse l’anno Giubilare. Sono felice di essere in Burundi in
un momento in cui il Paese ha davvero bisogno di fare una
esperienza di misericordia e un esercizio continuo di dialogo,
preghiera e speranza oltre ogni speranza.
LA GENTE
UN DI PIÙ DI AMORE E BONTÀ
Pace, giustizia e dialogo
svolto il mio ministero presbiterale in due continenti:
H oAfrica
e Stati Uniti. Ho lavorato con i giovani, con gli
Questo vale anche a livello internazionale e politico, nelle
relazioni tra i popoli, chiamati a sanare le ferite, dopo aver
riconosciuto i propri errori. Senza perdono non c’è giustizia,
diceva Giovanni Paolo II.
Oggi, nel mondo, c’è una violenza che si esercita “a pezzi”, in modi e a livelli diversi. Provoca sofferenze e lascia sul
campo dolore e ingiustizia. Si tocca con mano, nei media,
nel mondo politico e nel sentire comune, il preoccupante
diffondersi di una irrazionalità violenta che “parla alla pancia” e diffonde disprezzo.
Il Giubileo ci ha insegnato che possiamo davvero
rispondere al male con il bene. Possiamo superare la troppa
violenza e la troppa ingiustizia, diceva Benedetto XVI, solo
contrapponendo un di più di amore, un di più di bontà. Questo “di più” viene da Dio.
■
P. Gabriel Basuzwa con p. Giuseppe Cisco a Tavernerio, nel 2013, in occasione del Capitolo generale dei saveriani (foto M. Storgato)
A Bujumbura, molti sono confortati dal fatto che rimaniamo, malgrado le quotidiane atrocità. Abbiamo vissuto l’uccisione delle tre suore saveriane a Kamenge e di molte altre persone in città. Nonostante tutto questo, la speranza nell’azione
di un Dio che salva e che perdona non si spegne. Il perdono
e l’amore finiranno per trionfare sull’odio e sulla cecità che
impedisce di vedere nell’altro un fratello e una sorella, per i
quali Gesù ha donato la sua vita.
È importante comunicare la speranza
Cerco di far passare il messaggio di speranza e di misericordia nelle omelie e in tanti altri interventi: nella nostra casa
di formazione, nei noviziati delle suore, nell’università dei
protestanti, nella filosofia di Bukavu, ai giovani e agli intellettuali della mia diocesi di origine (Uvira, Congo RD), ai preti
e religiosi durante i ritiri, nelle diverse
conferenze. Faccio questo non solo a
Bujumbura, ma anche a Buta (sul luogo dei martiri, nella diocesi di Bururi).
Ultimamente, ho fatto una visita di
p. NICOLA COLASUONNO, sx
10 giorni in Camerun e anche là ho
Il primo anello di questa catena è stata mama Sifa, sposata da quindici anni con Stefaapprofittato per lasciare un messaggio
no, con cui ha avuto sei figli. È venuta a trovarmi perché desidererebbe tornare ai sacradi speranza per l’Africa in generale e
menti. Mi racconta di suo
per il Burundi in particomarito che è malato gralare. Personalmente vedo
vemente di diabete. “Forgià affiorare alcuni segni
se il Signore, se finalmendi fiducia. Il nostro Dio
te ci sposiamo in chiesa,
salva continuamente. Il
gli darà la forza e morirà
sangue dei nostri martiri
in grazia di Dio”, sospira
non è stato versato inutilMama Sifa.
mente. Esso rende autentico l’amore per il popolo di
Non bastano sei figli?
Dio che è in Africa.
Vengo a conoscenza che
Quest’anno, cercheil nodo è suo papà, il quaremo di portare avanti
le insiste nel voler riceveun’evangelizzazione che
re l’altra metà della dopunti sull’educazione alte: una mucca, secondo
P. Nicola con gli sposi
il costume dei Bashi qui
la pace e al rispetto delSifa e Stefano, a Panzi
a Bukavu, in Congo. Sei
la vita dell’altro, senza di(Congo RD)
nipoti non sono già una
menticare la salvaguarda
grande ricchezza per lui? Mi domando.
■
dell’ambiente.
Ho insistito che Sifa informasse il papà che Stefano è gravemente malato e che quindi non può lavorare e avere i soldi per pagare la mucca. “Padre - mi dice - mio papà è
pagano e poligamo; insiste nel voler ricevere la mucca”, prima di presentarsi davanti al
Comune per registrare il matrimonio civile.
Catena formata da molti anelli
Il vescovo mi consiglia di cominciare questa catena della misericordia e di chiedere alla Piccola Comunità Ecclesiale (Cev) del quartiere di interessarsi e aiutare. Un catechista
incontra il papà poligamo di Sifa e, invece della mucca ($400) riesce a negoziare per due
capre ($100). Il giorno dopo la Cev è già pronta con la metà, la parrocchia aggiunge l’altra metà: gli anelli della misericordia si moltiplicano.
Il Comune di Bukavu esige una tassa per ogni matrimonio registrato. Scrivo una lettera al bourgemestre e anche lui decide di diventare un anello della catena: niente tassa.
I viaggi al comune diventano altri anelli: una volta è il tassista che si occupa di portarli
al comune e riportali a casa gratuitamente (sono quasi 20 chilometri), un’altra volta è il
ministro straordinario dell’Eucarestia.
La quindicesima opera
Il matrimonio viene celebrato nella CEV, una festa di quartiere con tutte le caratteristiche della misericordia. La questua dell’offertorio è donata alla famiglia di Sifa. Le mamme, durante la Messa, pregano per lei, affinché abbia la forza di prendersi cura di Stefano e di incoraggiarlo a seguire la dieta, senza compromessi.
Nelle 14 opere di misericordia tradizionali non c’è quella di aiutare a pagare la dote
per un matrimonio. Noi l’abbiamo aggiunta subito, secondo il consiglio di Papa Francesco: “la misericordia è la via che unisce Dio e l’essere umano, perché possa aprire il cuore alla speranza di essere amato per sempre, nonostante i limiti del suo peccato” (MV).
P. Gabriel, in Burundi,
un sorriso
aperto alla vita
LA GIUSTIZIA DI DIO È IL PERDONO
Riconciliazione e pace in Sierra Leone
mons. GIORGIO BIGUZZI, sx
L
a misericordia si declina anche nel lavoro per la riconciliazione e la pace. Negli anni novanta, in Sierra Leone,
la popolazione si è trovata coinvolta in una crudele guerra
civile che ha causato migliaia di morti, mutilati, rifugiati,
distruzioni, bambini soldato, disgregazione delle famiglie e
della società.
Anch’io sono stato assalito, mi hanno strappato con forza
la croce pettorale, tolto l’anello, rubato l’orologio e sono stato
detenuto per tre giorni. Bisognava far dialogare i combattenti
perché la soluzione dei conflitti non si ottiene con le armi. Le
guerre, infatti, non cominciano sul campo di battaglia, ma dal
cuore dell’uomo. Bisognava sanare i cuori.
Così è intervenuto il Consiglio Interreligioso, di cui facevo parte come rappresentante della chiesa cattolica. Abbiamo
iniziato con una giornata di riflessione e preghiera, partendo
dai nostri valori religiosi alla luce della Bibbia e del Corano.
Il bene di domani vale più del male di ieri
Poi, a volte con grande rischio, abbiamo incontrato le parti
in conflitto, cercando di capire le ragioni degli uni e degli altri.
Il processo di pacificazione è stato lungo, ma ha portato alla
riconciliazione e al perdono.
Un giorno chiesi ad un giovane ragazzo se, nonostante tutto,
lui si ritenesse ancora un buon cristiano. Mi rispose subito:
“Sì, perché prego e perdono”. Aveva capito che “la giustizia
di Dio è il suo perdono”(MV 20). Scrive papa Francesco: “La
misericordia non è contraria alla giustizia ma esprime il comportamento di Dio verso il peccatore, offrendogli un’ulteriore possibilità di ravvedersi, convertirsi e credere”
(MV 21). Per il Signore, l’uomo non coincide con
il suo male o i suoi limiti, ma con le potenzialità
e aspirazioni più profonde. Davanti a Dio il futuro
conta più del passato. Il bene di domani vale più
del male di ieri. I cristiani sono quelli che credono
nel futuro, nell’amore misericordioso del Signore.
UNA MUCCA COME “DOTE”...
4
2017 MARZO
L’inizio perplesso
della catechesi
Un giorno, un compagno d’università è venuto a parlarmi della
Parola di Dio e mi diceva che la mia
vita sarebbe più bella con la fede in
Cristo. Devo confessare che il suo
intervento mi ha fatto venire paura e
stizza. Che diritto ha lui di sapere se
io vivo bene o male? Ha poi spiegato che nella nostra cappellania si organizza la catechesi in preparazione
al battesimo e che potevo iscrivermi.
Non ero convinto. Ma il mio amico mi ha spinto a farlo; anzi di sua
iniziativa mi ha iscritto prima ancora d’avere il mio consenso. Allora
mi sono detto: “La cosa diventa seria”. Così, perplesso, ho iniziato la
catechesi.
Un libretto
chiamato “You cat”
Il cappellano è venuto e mi ha
consegnato un libretto, intitolato
Ruphin Chira pronto al
“YOU CAT” (il catechismo per i
Battesimo, a Bukavu
giovani). Leggendolo, le lacrime mi
scendevano dagli occhi. Parlava alla mia vita, era quello che
cercavo. Era la mia storia. Mi ha ispirato molto, mi ha fatto
crescere nella fede con entusiasmo e simpatia, fino a diventare discepolo di Gesù.
I sacramenti (battesimo, cresima ed Eucarestia) che ho appena ricevuto, hanno cambiato la mia vita: lascio dietro di me
tutto il peso di un passato senza senso e inizio ora una nuo■
va storia.
Mons. Biguzzi tra la gente in Sierra Leone (2017), terra martoriata per tanti anni da una guerra civile / foto L. Brioni
LA POLITICA
LIBERARSI DA OGNI RANCORE
Perdonare non è da vigliacchi
don FABIO CORAZZINA
P
erdonare le offese è molto problematico. Spesso i buoni cattolici vorrebbero addirittura ripristinare la pena
di morte! Il tema del perdono e della riconciliazione ha una
dimensione non solo individuale. Giovanni Paolo II parlava
addirittura di “politica del perdono”. Anche nelle nostre comunità resta la convinzione che se perdoni sei un vigliacco,
non sei un uomo.
Mons. Samuel Ruiz nel Chiapas
Sono stato nel Chiapas, Messico. Lì Samuel Ruiz, di San
Cristobal de las Casas, morto nel 2011, è stato un’eccezionale
figura di vescovo vicino alla sua gente. Il suo cammino s’intrecciò dal 1994 con quello del nonviolento esercito zapatista
del subcomandante Marcos.
Ho riscontrato come in tutte le parrocchie c’era una stanza
nella quale c’era scritto “Gruppo di riconciliazione”. La chiesa aveva preparato dei laici per aiutare a riconciliare qualora fossero
sorti problemi nelle famiglie. Questo modo
di fare sarebbe interessante anche per noi.
Agenti di riconciliazione in Kosovo
Un altro esempio l’ho incontrato in Kosovo. Mentre una valle veniva liberata dai
serbi (e chi non se ne andava veniva ammazzato), le chiese cattoliche facevano suonare a festa le campane. Nello stesso tempo,
all’interno del Paese c’erano tre persone che
si muovevano insieme. Il sociologo Anton
Cetta, docente universitario musulmano, e
Ibrahim Rugova (diventato poi presidente
della repubblica del Kosovo) dal 1989 al
1991 hanno guidato i “consigli della riconciliazione”. Grazie a loro centinaia di
famiglie albanesi, divise dalla vendetta del
sangue, praticata secondo l’arcaico codice
consuetudinario, si rappacificarono.
Oltre a Cetta e Rugova c’era anche un parroco (che parlava
ben 13 lingue e scriveva in 8) cattolico, don Lush Gjergji.
Uno strano codice d’onore
In Kosovo esisteva un codice d’onore, il Kanun o Codice di
Lek Dukagjini, del 1600, il più importante codice consuetudinario albanese, tramandato di generazione in generazione.
Regolava minuziosamente tutta la vita della comunità e della
famiglia, dalla nascita alla morte. Uno dei suoi aspetti più
discussi, assurdo e disumano, ma allo stesso tempo sentito
dalla gente come preciso dovere del valoroso, è la “vendetta
del sangue”. Si tratta di un meccanismo di difesa della vita e
di giustizia collettiva in una determinata fase dello sviluppo
della società.
Secondo tale codice, per essere uomini ci si doveva vendicare. Viene regolato dal Kanun anche il sistema delle vendette di sangue, consuetudine antichissima di origine illirica. È
fissato in maniera rigorosa il diritto di vendicare l’uccisione
del proprio familiare, colpendo fino al terzo grado i parenti
maschi dell’assassino.
Adempiere alla vendetta è considerato un obbligo, pena il
disprezzo da parte della collettività. Il perdono da parte dei parenti offesi è previsto e
regolato da uno specifico rituale. Secondo
il codice d’onore, per essere uomini ci si
doveva vendicare, al fine di recuperare il
male ricevuto.
Camminare insieme
Contro questa legge, il musulmano Anton Cetta, il non credente Ibrahim Rugova e un prete cattolico, don Lush Gjergji,
protagonista del movimento nonviolento,
camminavano insieme. I loro gesti diventavano una liturgia pubblica, una riconciliazione alla quale partecipavano migliaia
di persone.
Rugova venne spodestato molto rapidamente, perché l’Unione Europea scelse di appoggiare il movimento armato
UCK, l’Esercito di Liberazione del Kosovo.
■
Mons. Ruiz, vescovo degli indios nel Chiapas,
in un libro edito dall’EMI (2012)
Gli occhi, le mani, la bocca di Gesù
In apertura del Giubileo siamo entrati per la
porta della Misericordia. Ricordiamoci che la porta è Cristo, che ci conduce al Padre e ci guida in
uscita verso il mondo. Usciamo e guardiamo gli
altri con gli occhi di Gesù: occhi di amore e non
di esclusione. Usiamo le mani come Gesù: mani
che guarivano, che donavano, aperte per aiutare,
mai per colpire o ferire. Usiamo la bocca come
Gesù: bocca che proferiva parole buone, di gioia,
perdono, incoraggiamento, amore.
È giunto il tempo della misericordia, in cui il cri- P. Dovigo, a conclusione di un pellegrinaggio nell’anno della misericordia, in Congo RD
stiano mostra il suo volto fraterno all’umanità ferita. È
questa la verifica dell’autenticità dell’essere discepoli di Gesù nel
■
mondo di oggi.
PONTI DI RICONCILIAZIONE TRA NOI
ERA QUELLO CHE CERCAVO
Riconciliarsi con Dio e con se stessi
RUPHIN CHIRA
Celebrare la Pasqua è sempre un evento. La veglia è vissuta con commozione e l’azione di Dio è visibile. Anche l’anno scorso, il 26 marzo, nella chiesa universitaria dell’Istituto
Superiore di Pedagogia, a Bukavu (in Congo RD), abbiamo
avuto battesimi, cresime e prime comunioni (31).
Sono studenti, che hanno fatto una scelta e una preparazione, con la consapevolezza di persone adulte. Tra loro c’è Ruffin Chira, studente di legge. Alla fine della celebrazione, ha
offerto la sua testimonianza.
p. Giuseppe Dovigo, sx
S
ono Ruphin Chira, ma mi chiamano anche Eliel. Vorrei ringraziare voi tutti qui presenti, in particolare il padre cappellano e tutto il gruppo di catechisti che consacrano
il loro tempo prezioso per la nostra istruzione. Sono entusiasta di fare parte ormai della famiglia cristiana. Sono figlio di
una famiglia laica. I miei genitori hanno lasciato a me e ai
miei fratelli la libertà di scegliere la propria fede. Sono il primogenito e ho preso il tempo necessario, 24 anni, per orientare la mia fede.
Vivevo come un ateo nelle varie circostanze difficili della
vita. Mi chiedevo il perché di tanto male, se Dio fosse veramente padre e se fosse tutto vero quello che si racconta della Trinità. In pratica, conducevo una vita piuttosto mondana.
papa FRANCESCO
udienza del 30 aprile 2016
Spesso riteniamo che i nostri peccati ci allontanino
dal Signore. In realtà, peccando, Lui ci vede nel pericolo e viene a cercarci. Dio non si rassegna mai alla possibilità che qualcuno rimanga estraneo al suo
amore. Con le nostre sole forze non ce la facciamo a
riconciliarci con Lui. Lontano da Dio non abbiamo più
una meta, diventiamo “erranti”. La distanza tra noi
e Lui può diventare un baratro. Tuttavia, Gesù viene
a cercarci come un bravo pastore che cerca la pecora
perduta (Lc 15,4-6). Lui ricostruisce il ponte che ci ricongiunge al Padre.
«Lasciatevi riconciliare con Dio!» (2 Cor 5,20), il grido
che l’apostolo Paolo rivolse ai primi cristiani di Corinto,
oggi vale per tutti noi. La comunità cristiana può e deve
favorire il ritorno sincero a Dio di quanti sentono la sua
nostalgia. Riscopriamo il bisogno della tenerezza e della
vicinanza del Padre per ritornare a Lui con tutto il cuore.
Fare esperienza della riconciliazione con Dio permette di scoprire la necessità di altre forme di riconciliazione: nelle famiglie, nei rapporti interpersonali, nelle
comunità ecclesiali, come pure nelle relazioni sociali e
internazionali. Nel mondo ci sono più nemici che amici.
Facciamo ponti di riconciliazione anche fra noi, cominciando dalla stessa famiglia.
La riconciliazione è anche un servizio alla pace. Lasciamoci riconciliare con Dio per diventare nuove creature e poter irradiare la sua misericordia in mezzo alla
gente. La pace non è impresa facile, soprattutto a causa della guerra, che inaridisce i cuori e accresce violenza e odio. Vi esorto a non scoraggiarvi. Aprite i vostri
cuori a Dio Padre misericordioso. Di fronte alle sfide
di ogni giorno, fate risplendere la speranza cristiana.
5
2017 MARZO
IL M ON D O IN CA SA
CAMPI GIOVANILI 2017
Scrivono gli animatori missionari: “Siamo stati attratti da
una persona, Gesù, che ha
proposto un modo di vivere differente dal solito; ci ha
suggerito che c’è più gioia nel dare che nel ricevere. Vogliamo imparare a seguirlo! Ti offriamo la possibilità di incontrarlo, di
vivere la sua proposta e di
ascoltare il tuo cuore! Eccovi alcune proposte per arricchire la vostra estate!”.
Con-passione (per ragazzi 14-17 anni) - Campo
di volontariato ad Ancona
(10-16 luglio). Mattinata
impegnata a servizio di persone
bisognose e pomeriggio dedicato alla condivisione delle esperienze vissute, con presentazione di alcune realtà della missione. Contributo: 100 €.
Per info: p. Francois (347
8596272 - [email protected])
E... state con i saveriani
pagina a cura di DIEGO PIOVANI
●
● Rigener-azione (per
giovani dai 17 anni in su)
- Camminando insieme
da Pamplona a Javier in
Spagna (21-30 luglio).
Per vivere un cammino
fuori e dentro di te nella
terra da cui è partito il più
grande missionario, S.
Francesco Saverio. Contributo: 200 €.
Per info: p. Enzo (347
5889413 - enzotonini@
yahoo.it)
● Per-dono (per giovani dai 18
ai 26 anni) - Campo di servizio
con immigrati a Siracusa (25 luglio-5 agosto). Un’occasione per
scoprire altre culture, accogliere i
profughi e fare amicizia con loro;
sono previste attività, momenti di
condivisione, testimonianze, spiritualità e allegria. Testimoniere-
mo Gesù con l’amore concreto e
con l’ascolto. Contributo: 250 €
+ biglietto aereo.
Per info: p. Alberto (333
8856374 - albertopovo@gmail.
com)
● Chi-ama l’Africa (per
giovani da 20 anni in su) - Esperienza missionaria a
Goma-Congo (tra metà
luglio e metà agosto).
Convivenza in una comunità missionaria con
i laici saveriani che seguono le attività della
missione. È necessario
essere aperti alle novità
del momento, senza troppa programmazione.
Per info: p. Enzo (347
5889413 - enzotonini@
yahoo.it)
● IncontrandoSconfinando
(per giovani dai 19
anni in su) - Campo di servizio con
immigrati a Ceuta, tra Spagna e
Marocco (dal 1° al
16 agosto). Ceuta
(Spagna) è la città
delle quattro religioni e culture:
islamica, cristiana, giudaica e indù. È un’esperienza di servizioincontro con giovani immigrati,
di conoscenza della realtà pluriculturale di Ceuta e di dialogo
oltre il confine marocchino.
Per info: p. Emmanuel (342
7177923 - adilimwassa@
gmail.com)
Per ulteriori informazioni e
contatti vedi il sito www.saveriani.it e consulta la pagina FB
Missionari Saveriani Parma.
MESSAGGIO DALLE CHIESE
MYANMAR, 2017 ANNO DELLA PACE !
SUD/NORD NOTIZIE
Infanzia negata
Bangladesh: 64 ore di lavoro. I bambini delle baraccopoli bengalesi sono costretti spesso a lavorare 64 ore alla settimana nelle fabbriche tessili di
grandi marche internazionali. Il
15% dei bambini tra 6 e 14 anni
dei quartieri più poveri di Dhaka
non va a scuola perché lavora a
tempo pieno.
La cifra sale al 50% tra quelli
di 14 anni. Due terzi delle bambine lavoratrici sono impegnate nel tessile, un settore in piena espansione nell’economia del
Bangladesh. E le autorità bengalesi non pongono obiezioni.
●
Vietnam: traffico di esseri
umani. Continua ad aumentare
il fenomeno della tratta di esseri
umani in Vietnam, che ora sfrutta anche i social media, sempre
più utilizzati dai giovani vietnamiti. Il Sudest asiatico è tra le regioni più implicate nel traffico di
esseri umani. Molte donne sono
vendute per i matrimoni al confine con la Cina.
Il Vietnam ha annunciato una
strategia per affrontare il fenomeno, già sotto la lente d’osservazione.
●
6
● Sud Sudan: alcuni numeri.
Dopo anni di separazione, oltre
quattromila bambini sono stati
riuniti alle loro famiglie. Infatti, a causa del conflitto in corso
sono stati sfollati circa 900 mila
card. CHARLES MAUNG BO
minori, di cui quasi 15mila staccati dalle rispettive famiglie e
quindi esposti a rischio di abusi. Oltre mille bambini sono stati
uccisi come conseguenza diretta
del conflitto. Dallo scoppio della
guerra civile, inoltre, in Sud Sudan più di 16 mila bambini sono stati reclutati come soldati. ■
Aggiornamenti
africani
Congo RD: Chiesa nel mirino. Nelle ultime settimane si
sono verificati alcuni episodi
di violenza che hanno coinvolto la chiesa, una recrudescenza
di paura, collera e incertezza. Il
cardinale Monsengwo, arcivescovo di Kinshasa, mette in relazione questi fatti con il tentativo della Conferenza episcopale congolese (Cenco) di mediare
nell’attuazione degli accordi di
San Silvestro e di trovare un Primo Ministro che guidi un governo di unità nazionale, come previsto dalle intese.
Monsengwo ha ricordato Etienne Tshisekedi, storico leader dell’opposizione morto di recente, che ha
combattuto fino all’ultimo
per dare al Congo “la pace
nella giustizia”.
●
Ciad: no a sconforto
e violenza. Il Ciad sta attraversando un momento
molto difficile a causa delle controversie sulla gestio●
ne delle elezioni presidenziali, il
mancato versamento dei salari e
le misure d’austerità prese dal
governo per far fronte alla crisi
economica e finanziaria. Lo scrivono i vescovi del Ciad che lamentano la mancanza di dialogo
tra governo e opposizione e tra
istituzioni e società.
I vescovi chiedono a tutti di
fare la propria parte per portare
il Paese fuori dalla crisi, “resistendo alla tentazione della violenza e dello scoraggiamento; il
futuro passa attraverso la tolleranza, il rispetto delle differenze
e l’accettazione reciproca”.
Sviluppo e diritti. Secondo
uno studio, l’Africa ha una crescita economica a due velocità.
Un primo gruppo di Paesi subisce la drastica diminuzione dei
prezzi del petrolio e le turbolenze politiche della primavera araba (Egitto, Libia e Tunisia). Il
secondo gruppo è in espansione per l’impetuosa crescita della popolazione in età lavorativa.
Resta però da capire se il conti-
●
Pubblichiamo l’appello del cardinale Charles Maung Bo, arcivescovo
di Yangon, in Myanmar.
Il Myanmar sta attraversando uno dei momenti più strazianti della
sua storia. Il popolo birmano è profondamente addolorato perché sembra si stia ricadendo in giorni oscuri. Il Myanmar ha bisogno dell’attenzione del mondo per rafforzare il suo fragile percorso di democrazia.
Le Nazioni Unite riferiscono brutalità e altre violazioni molto gravi
dei diritti umani da parte delle forze di sicurezza birmane, raccontano
atti di disumanità difficili da leggere e da credere. Si tratta di un campanello d’allarme per tutti noi.
Negli ultimi cinque anni, il Myanmar ha vissuto molti cambiamenti
positivi e ora è un paese più aperto. Si tratta di un’alba di speranza, ma
preghiamo intensamente che questa non diventi una falsa alba. I commercianti di odio sono in piena attività. L’odio verso persone di diversa
etnia e religione si è intensificato e ha raggiunto un livello allarmante.
La pace è possibile solo con la giustizia.
Il governo permetta libero accesso alle agenzie umanitarie, ai media
e agli osservatori dei diritti umani. Operi a fianco della comunità internazionale per indagare sui reati denunciati dalle Nazioni Unite. Invito
la comunità internazionale a essere vigile e a sostenere l’attuale governo democratico birmano.
Lavoriamo insieme per porre fine alla violenza e al terrore nel nostro
paese, e per costruire una nazione dove ogni uomo, donna e bambino,
di ogni razza e religione, sia riconosciuto come concittadino e nostro
fratello in umanità. La chiesa bimana ha dichiarato il 2017 “Anno della
pace” e darà il suo contributo.
nente sarà in grado di sfruttare i
mezzi di cui dispone.
Di contro, secondo l’organizzazione Human
Rights Watch, ci sono
garanzie costituzionali ignorate, repressione violenta degli
oppositori, impunità
crescente e corruzione. Il rapporto, inoltre, mette in guardia
dal pericolo che i populismi autoritari rappresentano per l’assetto mondiale.
● Marocco:
uscire dall’islam
si può. Chi lascerà l’islam per
abbracciare un’altra fede non
sarà più condannato a morte
per apostasia. Ad affermarlo,
in un documento ufficiale, è il
Consiglio superiore degli ulema del Marocco. Sembra una
decisione storica. Secondo gli
ulema, non è mai stata una questione religiosa, quanto un problema politico.
In sostanza, è come se “depenalizzassero” l’apostasia, riconoscendo che non va punita dagli
uomini ma, semmai, da Dio. ■
2017 MARZO
D IA L OG O E SOLID A RIETÀ
LETTERE AL DIRETTORE
p. Filippo Rota Martir
MISSIONARI SAVERIANI
Via Piamarta 9 - 25121 Brescia
E-Mail: [email protected]
Pagina web: saverianibrescia.it/ FB: Missionari Saveriani
LA PROPOSTA DELLA NONVIOLENZA
Caro direttore,
grazie per la difesa del cartaceo. Una comunicazione online sarebbe
certamente più veloce, ma porterebbe in sé la fretta (nel produrre e nel
consumare, anche un giornale) che la connota.
È vero, peraltro, che l’esperienza del “Pulpito digitale” rivolto ad alcune migliaia di persone e redatto settimanalmente da una persona (p.
Renato Filippini) che abita in Italia e da un’altra che abita in Giappone ha dello stupefacente.
Sono affezionato a “Missionari Saveriani” e alla nonviolenza. Una
parola che va scritta come una sola parola per ridurre l’effetto poco
simpatico di essere la negazione di altro. Nel numero di gennaio, come
sempre bellissimo, nel paginone centrale compare scritta una volta con
il trattino (non-violenza), quattro volte come due parole distinte e infine come una sola parola. Questa sorta di tribolazione nominale non mi
stupisce perché risale allo stesso Gandhi che, nell’opposizione alle discriminazioni razziali in Sudafrica, prima di individuarla con un nome
la attuò. Poi, decise di chiamarla satyagraha (sat=verità che è un attributo di Dio e agraha=forte adesione). In italiano sarebbe resa con “forza della verità” o “adesione alla verità”. Visto che introduciamo spesso
parole da altre lingue, perché non portare anche la parola satyagraha.
Un caro saluto alla redazione e anche a p. Marcello Storgato. Ora
che lui si dedica al giornalismo digitale, chi cura l’orto?
Beppe Marasso, Neive (TO)
Caro Beppe
pur accogliendo con favore il “nuovo” che avanza (la comunicazione
digitale, tramite i media) ci auguriamo che non venga mai meno il
cartaceo, che mantiene i suoi vantaggi: permette la riflessione e un
maggiore approfondimento, in vista della formazione della persona.
Noi saveriani, chiamati a fare animazione (e formazione) missionaria,
non possiamo abbandonarlo. Il richio è diventare marginali e rafforzare un certo “analfabetismo” culturale e religioso. Sarà quindi difficile
che il digitale faccia scomparire del tutto il cartaceo. Detto questo,
come missionari, siamo chiamati (lo mostravamo bene nell’ultimo
numero), a testimoniare il vangelo nel mondo del web, offrendo “un
pane fragrante e buono”. Cartaceo e digitale non sono antagonisti,
hanno bisogno uno dell’altro, si rafforzano e crescono insieme.
La nonviolenza attiva contrasta l’attuale cultura dello scarto, che
genera fastidio, disprezzo e odio dell’altro, del diverso, del bisognoso.
Rischiamo di avvelenarci, di perdere “in umanità”, di non saper più
piangere. Papa Francesco ha incontrato i familiari delle nove persone barbaramente uccise nell’attentato terroristico di Dhaka, in Bangladesh, lo scorso luglio. Ha detto loro queste bellissime parole: “La
strada dall’amore all’odio è facile. Quella dall’odio all’amore è più
difficile, ma semina pace ed è ciò che state facendo. Grazie per quello
che mi insegnate”.
Molti non si arrendono al male e lavorano per la pace,
percorrendo la via dell’amore, con o senza trattino (-).
p. Filippo, sx
STRUMENTI D’ANIMAZIONE
CHIESA IN USCITA E PLURALISMO
Segnaliamo la mostra “Una chiesa che
esce”, percorso di catechesi per capire e vivere
l’Evangelii Gaudium di papa Francesco, a cura di
Paolo Rodari (giornalista di Repubblica): 15 pannelli (roll-up) facili da allestire, con esempi, spiegazioni e attualizzazioni. È una proposta ideale
per parrocchie, gruppi e associazioni. La mostra
si può noleggiare o acquistare.
Per informazioni e costi: [email protected],
tel. 051 326027 (interno 1, Isabella Mastrogiacomo).
I molti altari della modernità. Le religioni al tempo
del pluralismo (EMI, pp. 208, € 19) è il nuovo libro del sociologo americano Peter L. Berger. L’epoca contemporanea è caratterizzata da pluralismo di fedi e dalla presenza, all’interno dell’uomo, di visione secolare
e prospettiva religiosa. Il pluralismo è la sfida
per tutte le tradizioni e le comunità religiose
del nostro tempo.
Nel suo saggio, Berger alterna episodi di vita con disquisizioni accademiche. Due per lui
sono gli estremi da evitare: da un lato il relativismo, dall’altro il fondamentalismo. La
strada da percorre è quella della convivenza.
Richiedere a: EMI, Bologna (tel. 051
326027, fax 051 327552, e-mail: [email protected],
oppure direttamente dal sito www.emi.it).
I MISSIONARI SCRIVONO
La sfida dei giovani esige una risposta
Da sette anni mi trovo all’Istituto superiore di Pedagogia a Bukavu, fondato dal saveriano p. Domenico Milani. È considerato uno dei migliori della città e della
regione del Kivu. Ma non è del tutto immune dai limiti
di altri istituti o università: il peso eccessivo delle strutture e la poca importanza alle persone, la ricerca di interessi personali e l’inadeguata coscienza del servizio, il
nozionismo e l’insufficiente passione per la cultura, la
priorità del titolo accademico e la poca attenzione alla
formazione, l’esercizio eccessivo dell’autorità e la
soggezione dello studente…
Cercasi amore, dialogo, incontro, collaboraP. Dovigo e il
zione, ascolto, amicizia… Lo si è visto nello
battesimo di
scontro del mese scorso, quando, in un moun giovane
mento di irritazione, si è arrivati a dire: “L’Icongolese
SP non ha bisogno dei poveri; tornate nei
vostri villaggi”. E gli studenti hanno risposto: “P. Milani si vergogna di voi”.
I giovani sono il 70 per cento della popolazione. Alcuni studiano, pazientano, si industrializzano, commerciano, vivacchiano, protestano, scappano, emigrano, rubano… Sono
spaesati. Sono a casa loro, ma non sono accolti. Ben venga il sinodo sui giovani! Davanti
allo stato, alla chiesa e alle istituzioni sta la grande sfida giovanile che esige una risposta urgente…
p. Giuseppe Dovigo, sx - Bukavu, Congo RD
80 anni... è importante dire “grazie”!
Il 2016 è stato l’anno dei miei ottanta! Ho pensato a lungo a come avrei potuto ringraziare il
buon Dio per i tanti benefici ricevuti. Ringraziare per la famiglia e la guerra dei primi anni. Sì,
anche la guerra è entrata a far parte del bagaglio che ha formato in me la voglia di pace, di annunciare il Dio padre e madre d’amore, il Signore di tutti, nessuno escluso, e quindi l’eliminazione di ogni barriera per una fraternità universale: fare del mondo una sola famiglia. Ringraziare
per la parrocchia e l’oratorio con quei tre santi sacerdoti – Giacomo, Carlo e Benvenuto - che
rimangono sempre un punto di riferimento nella mia vita. Devo molto alla comunità cristiana
della parrocchia San Sisto II in Colognola.
P. Alfiero
Così, giorno dopo giorno, fino a oggi, in una parrocchia che ancora non ha compiuto i due
Ceresoli
anni di vita, tutta da creare, povera, ma con gruppi di persone impegnate...
Ringrazio il Signore, che incontro nei più piccoli, poveri e bisognosi, nei carcerati (confessioni e dialoghi
che ti fanno scoprire storie infantili di sofferenza e di abbandono). Sono gli emarginati nel senso più vero
e letterale della parola.
p. Alfiero Ceresoli, sx - Hortolandia, Brasile
Amazzonia, un pezzo di paradiso terrestre
Per molti, Amazzonia è una parola magica. Molti l’hanno
definita “l’inferno verde”, per il caldo eccessivo, le piogge
torrenziali, la sua povertà, gli insetti, le foreste immense e
i fiumi incantevoli. Per me è un paradiso terrestre. Infatti,
una casa non è accogliente per le pareti, i tappeti, i quadri o
i fiori che l’adornano, ma per le persone che ci abitano. E in
Amazzonia ho trovato persone meravigliose: pazienti, ospitali, generose, che sanno ascoltare e vivere la Parola di Dio.
Sono sicuro che la Madonna, Regina dell’Amazzonia, tanto amata dalla nostra gente povera e umile,
copra con il suo manto materno questi suoi figli che l’amano con tutto il cuore. E sono sicuro che
anche il buon Papà del cielo abbia una tenerezza tutta speciale per questa terra, per questo popolo
semplice, umile, fiducioso e generoso!
p. Siro Brunello, sx - Abaetetuba, Amazzonia
SOLIDARIETÀ
CIAD, NUOVA MISSIONE DA ALLESTIRE
A N’Djamena, capitale del
Ciad, abbiamo il compito di aprire una nuova presenza
saveriana.
Il nuovo arcivescovo ci
affiderà presto uno spazio nelle immense periferie a est
e sud della città.
La zona è ancora senza strutture, anzi la diocesi non
ha neppure spazi propri dove immaginare un giorno delle parrocchie. Eppure, la gente viene ogni giorno e occupa questi quartieri che l’amministrazione si sforza di
ordinare per evitare l’occupazione anarchica. La composizione etnica e religiosa si annuncia come una vera e
propria ‘insalata russa’ di tutte le tribù (oltre 200) di cui
è composto il Paese. Quindi, le sfide saranno numerose.
Ci troviamo sulla frontiera tra l’Africa evangelizzata e
l’Africa musulmana. Saremo chiamati a lanciarci sul fronte
del dialogo e della collaborazione. Ci preme anche essere
impegnati in favore della giustizia, in un Paese che ancora
non ha trovato la sua strada per vivere relazioni di pace.
La diocesi ci ha messo a disposizione una casa che era
stata abitata da religiose, ma praticamente abbandonata da anni. L’abbiamo trovata in uno stato pietoso e
ci siamo messi di buona lena per rimetterla in ordine e
renderla abitabile. Il costo per i lavori (rifacimento impianto elettrico e idraulico, pitture e mobilio) ammonta a 4mila euro.
L’idea è di trovare, in seguito, un terreno per la futura casa saveriana a Ndjamena. Servirebbero 15mila euro.
p. Armando Coletto e p. Marco Bertoni, sx
PICCOLI PROGETTI
1/2017 - Ciad
Nuova missione a N’Djamena
I saveriani stanno aprendo su invito del vescovo un nuovo spazio missionario alla periferia di N’Djamena, capitale del Ciad. Per rendere abitabile la casa ci vorrebbero 4mila euro. In seguito, si cerca uno spazio nuovo per
una spesa di 15mila euro.
• Responsabili del progetto sono i saveriani
p. Armando Coletto e p. Marco Bertoni.
Attenzione!!! Il progetto non è detraibile dalla dichiarazione dei redditi e quindi
è sostenibile solo attraverso la Procura delle
missioni saveriane viale S. Martino 8, 43123
Parma (c/c postale 00204438, IBAN IT86 P062
3012 7060 007 2443 526).
Per contribuire:
- “Associazione Missionari Saveriani Onlus”
IBAN IT77 A076 0112 7000 0100 4361 281
C.f. 92166010345 (5 per mille)
C/c postale 1004361281
Inviare copia dell’avvenuto bonifico via fax
al n. 0521 960645 oppure via e-mail a [email protected] (per emettere documento valido ai fini della detrazione fiscale).
Per offerte NON detraibili utilizzare:
- Conto corrente postale accluso
- Bonifico a Procura delle Missioni Saveriane
IBAN IT86 P062 3012 7060 0007 2443 526
2017 MARZO
ALZANO
24022 ALZANO L. BG - Via A. Ponchielli, 4
Tel. 035 513343 - Fax 035 511210
E-mail: [email protected] - C/c. postale 233247
IBAN - IT 82 K 05428 52520 000000000195 (UBI Banca Popolare Bergamo, Alzano L.)
Anche l’elefante chiede la carità
A Satkhira non solo Messe e incontri...
Dal Bangladesh arrivano due
racconti su alcune celebrazioni cristiane, vissute però dalle
comunità locali a maggioranza
musulmana. Sono esempi che ci
mostrano come il missionario
sia uno strumento importante
per mediare il messaggio cristiano, pur in mezzo a valori non
sempre recepiti, ma certamente
significativi. L’autore è p. Enzo
Valoti, nativo di Alzano.
M
i trovavo nel campo sportivo della missione in
attesa di iniziare una funzione
culturale con canti, danze e discorsi. Stiamo aspettando i notabili di Satkhira (tutti musulmani
ovviamente!) che mangeranno
un po’ di dolci e faranno i discorsi in occasione del Natale.
E così, avanti fino a mezzanotte.
Cento chilometri
e sette spuntini
Anch’io devo fare un intervento e la cosa mi ha sempre appassionato. È un evento che succede
ogni anno: mi trovo sul palco insieme a 10 o 15 persone che detengono il potere a Satkhira. Davanti c’è una folla con più di un
migliaio di persone, la maggior
parte dei quali musulmani. Devo
parlare del Natale ovviamente!
Di per sé, sono già stanco
perché tra notte e mattina ho
celebrato 5 Messe, ho fatto un
centinaio di chilometri in moto
p. ENZO VALOTI, sx
e ho mangiato sei o sette volte
nelle case dei parrocchiani. Ma
cercherò di concentrarmi. Immagino siano riuniti davanti al tacchino o a qualcosa del genere.
Non si può rifiutare
Sono appena arrivato a casa
dai villaggi. Son partito alle 6,30
e adesso è sera. Questa mattina
c’era una nebbia fittissima e
sono dovuto andare a passo di
lumaca in un villaggio, per la
prima Messa dell’anno. Alle 10
mi sono spostato in un altro per
la seconda. La nebbia si è alzata
giusto a quell’ora.
Alle 4 ero in un’altra località per la terza della serie e ora
finalmente a casa con, sullo
Cammino di vita in Camerun
Accanto alla gente, in ogni situazione
P. Franceschetti, saveriano
nativo di Bergamo, ci racconta
alcune esperienze di missione,
ricche di momenti gioiosi e tristi, nei quali leggere la presenza
del Signore.
La proposta del missionario ci
aiuta a entrare in un mondo che
si avvicina sempre più al nostro,
attraverso gli eventi della storia
presente.
I
l nuovo anno è cominciato. I giovani naturalmente
si sono sbizzarriti in momenti
distensivi, ma anche nell’animazione delle celebrazioni liturgiche e nel presepe, povero
in realtà, con poche statue, tutte spaiate. Delle loro iniziative, ammirevole è soprattutto il
concerto di Natale della corale
giovanile, che ha eseguito anche
pezzi polifonici difficili ed altri
con danze spettacolari.
I riti di iniziazione
e unità dei cristiani
Sono stato invitato dai confratelli camerunesi a partecipare
a una festa tradizionale che con-
8
cludeva i riti della “iniziazione”,
dove i giovani sono condotti in
foresta, formati sui valori che li
fanno diventare uomini veri, e
messi alla prova. La festa conserva ancora i costumi di una
volta, a cui continuano ad essere
molto legati. Hanno anche molto
rispetto per i loro capi tradizionali, con decine di mogli e una
corte ben gerarchizzata, nonostante la società abbia ormai le
sue autorità civili.
È appena finita la settimana
di preghiere per l’unità dei
cristiani. Noi abbiamo percorso
le chiese delle varie confessioni
dei nostri quartieri, alternandoci
nella predicazione con i pastori. C’è un notevole cammino di
avvicinamento, anche a livello di chiesa ufficiale, con papa
Francesco. Lo Spirito Santo ha
sostenuto ciascun percorso e la
diversità può diventare una ricchezza per tutti. La celebrazione conclusiva si è svolta nella
nostra chiesa ed è stata seguita
da un concerto delle corali delle
diverse chiese. L’anno prossimo
probabilmente tutta la diocesi
stomaco, quattro colazioni, due
pranzi e tre merende. Sono davvero stanco. Le Messe di per
sé non richiedono molto. Invece, stare tra la gente è pesante,
almeno alla mia età. Le persone, infatti, ti chiedono sempre
(come è tradizione) di mangiare
qualcosa, e non si può rifiutare.
Con la proboscide
davanti al casco
La scena comica è stata quando sono “scappato” da un villaggio con diversi studenti che
si dovevano iscrivere al nuovo
anno e ovviamente chiedevano
aiuti. Finalmente pensavo che
avrei tirato il fiato. Ecco invece
che dopo una curva mi si para
davanti un elefante! Veniva da
qualche circo “casalingo”, con
un guidatore sulla groppa, e
chiedeva l’elemosina… l’elefante! La strada era stretta e non
si poteva evitarlo. E lui con la
proboscide davanti al mio casco.
Ho dovuto dargli 50 taka che ha
preso con il naso facendogliele
arrivare al guidatore. Mi è venuto spontaneo commentare: “Ma
che paese è il Bangladesh dove
Padre Enzo Valoti racconta le fatiche
della missione in Bangladesh
perfino gli elefanti chiedono l’elemosina?”
Ora finalmente sono in casa,
ma non ho neppure cercato di
salutare i miei colleghi. Mi son
detto: per almeno mezz’ora basta incontrare la gente. Poi Serafino suonerà la campana e troverò “il pollo” ad attendermi. Ma
al massimo prenderò una banana
e poi andrò a letto a dormire. ■
p. BENIGNO FRANCESCHETTI, sx
sarà coinvolta.
Una sofferenza partecipata
Abbiamo partecipato alla sofferenza di una famiglia della parrocchia che ha un bambino di 12
anni, Kevin, catecumeno, malato
di cancro a un ginocchio. Il trattamento di chemio-terapia non
è bastato e si era decisa l’amputazione dell’arto. Ma, quando
l’assistente sociale e alcuni amici avevano deciso di prenderlo
a carico, la visita radiologica
ha rivelato che era troppo tardi:
il cancro era già diffuso persino
nei polmoni. Il ragazzo sarà battezzato tra qualche giorno.
Da voi si soffre il freddo, anche senza neve. Qui siamo in
stagione secca e c’è un serio
problema nella distribuzione
d’acqua, ma siamo ancora fortunati rispetto ad altre zone del
Camerun e del Ciad.
Grazie della vostra amicizia e
siate grati anche voi perché qualcuno vi benedice lassù e vi permette di gioire dell’abbondanza e della pace. Non è un diritto
■
scontato...
Incontro Ecumenico di preghiera a Bafoussam-Nefa: durante la Settimana di preghiere per l’unità dei cristiani cinque parrocchie
della zona hanno pregato insieme, “con scambio di pulpito”. Tra i predicatori p. Benigno Franceschetti
SAVERIANI BERGAMASCHI MARTIRI
p. GERARDO CAGLIONI, sx
Sabato 28 gennaio i familiari dei nostri martiri del Congo - per noi
di Bergamo i Carrara di Cornale - si sono trovati con il postulatore, p.
Guglielmo Camera, e con i rappresentanti delle comunità saveriane
di Alzano Lombardo e Vicenza.
Sono stati aggiornati sulla causa di beatificazione dei loro congiunti
e per essere informati sui passi che seguiranno in questi mesi a venire.
Il processo è regolarmente iniziato ad Uvira, in Congo, ed ora avrà
una fase rogatoria dove si ascolteranno testimoni vari, a Parma, ad
Alzano e a Vicenza.
I familiari di p. Carrara con p. Ermanno Ferro, custode delle memorie saveriane a Parma …
SAVERIANI BERGAMASCHI IN BRASILE
Cinque saveriani bergamaschi hanno partecipato al Capitolo regionale del Brasile Sud, un record! Da sinistra: p. Diego Pelizzari, p. Alfiero Ceresoli, p. Mario Tirloni, p. Fabio Castelli e p. Sandro Zanchi.
2017 MARZO
BRESCIA
25121 BRESCIA BS - Via Piamarta, 9
Tel. 030 3753474 - Fax 030 3772781
E-mail: [email protected] - C/c. postale 216259
IBAN - IT 45 Q 03500 11202 000000001607 (UBI Banco di Brescia, Brescia 2)
Il principe di San Cristo
Ricordo a più voci di p. Giuseppe Tanfoglio
P. Giuseppe Tanfoglio, saveriano bresciano della comunità di San Cristo, ci ha lasciati,
improvvisamente, venerdì 20
gennaio. Due giorni prima era
stato colpito da un grave malore
mentre pregava in cappella, a
conclusione della sua giornata.
di poter dire che
M ip.sembra
Giuseppe è andato da
Gesù, in modi diversi. Il primo
facendosi missionario, soprattutto in Africa, dove ha visto e
riconosciuto Gesù nei volti di
tanti fratelli africani. In Congo
RD, p. Giuseppe ha trascorso
una decina d’anni, dal 1975 al
1984. Era stato ordinato dopo
aver frequentato il noviziato a
Nizza Monferrato (1962-1963)
e la Teologia a Parma, dove viene ordinato presbitero nel 1968.
In Congo, p. Giuseppe è insegnante nel seminario di Mungombe, poi vicerettore e infine
cappellano a Mwenga. Ebbene,
la gioia più grande del missionario è senz’altro quella di dire a
tutti che sono figli di Dio e quin-
di fratelli tra loro.
Le “tre vie” di p. Giuseppe
Ma c’è un secondo e forse un
terzo modo che ha caratterizzato il cammino di p. Giuseppe: la via della bellezza, la via
dell’arte, la via dell’amore per
la Parola di Dio. Egli ha sviluppato tutto questo soprattutto
nello CSAM di Brescia. Lo ha
fatto studiando e approfondendo
il tesoro di San Cristo, la Cappella Sistina di Brescia, con ben
due pubblicazioni e accogliendo
e guidando molti visitatori, italiani e stranieri, con semplicità
e competenza, mai ostentata, ma
apprezzata da tanti ignari turisti.
Ecco, guardando a p. Giuseppe,
questi mi sembrano i modi attraverso i quali è andato da Gesù: la
via della missione, della bellezza,
della Parola di Dio, soprattutto da
quando, nel 1992, fu destinato alla comunità di Brescia.
Sono tre modi, tre vie, che p.
Giuseppe lascia in eredità anche
a noi, suoi confratelli saveriani. ■
p. Mario Menin, sx
a cura della REDAZIONE
incontrato per l’ultima
H ovolta
p. Giuseppe in San
Cristo, circondato dall’affetto
dei suoi cari e dei tanti che, nel
tempo, lo avevano conosciuto.
Tutti pensavamo la stessa cosa:
pareva che quegli affreschi salutassero un amico. Del resto,
sembrava esserci nato tra quelle
mura: era una presenza discreta
e rassicurante, il cui incedere “in
punta di piedi”, quasi a non voler far rumore, si faceva notare
più di quanto lui credesse.
Fiori, indirizzi e dolci
Riservato e poco attratto dalla
folla, si trovava pienamente a suo
agio solo tra i chiostri di casa sua.
Bastava distrarsi un attimo e
lui era sparito dalla vista, poi lo
si ritrovava in qualche angolo a
innaffiare fiori o a spiegare a turisti e scolaresche i segreti degli
affreschi di Benedetto da Marone e Lattanzio Gambara.
Per chi ha conosciuto il Tanfoglio colto e appassionato,
è difficile credere che la sua
attività istituzionale fosse ag-
Sempre lì con un sorriso
Grazie per quello che ci hai insegnato
C
8
aro p. Giuseppe,
non posso credere che non
ci sia più, almeno fisicamente.
Pensare a Brescia, dove mi sono recata per quasi 24 anni, e a
quel centro senza di lei... è un
paradosso. Tutto allo Csam, lo
chiamo ancora così, parla di lei.
L’hanno collocata con la sua
custodia di legno al centro di San
Cristo. Ho visto una fotografia
scattata dall’alto, fatta con il cuore. E il cuore ha fissato un’immagine che è quella di un principe.
Il principe di San Cristo. Non per
sfarzo, ma per eleganza.
Eleganza è il saper scegliere ciò che si dice in modo
pulito e semplice, alla ricerca dell’armonia con le altre
persone. Lei p. Giuseppe era
sempre elegante, il padrone
di casa, il principe appunto,
che accoglieva i visitatori
della sua chiesa con semplicità, dolcezza e competenza
mai ostentata.
Ha impiegato tanto tempo
per dare lustro alla Cappella
Sistina di Brescia con una
pubblicazione molto apprezzata. Il suo Spirito ha davvero impregnato i muri dove
ha vissuto per tanti anni.
Per questo, quando rivedrò
o penserò al vecchio Csam, lei
sarà sempre lì con un sorriso,
presso l’aiuola della Madonna a
innaffiare le rose e le begonie o
in chiesa ad illuminare le menti
di ignari turisti sui risvolti storico letterari e artistici dei vari
affreschi. Oppure in cucina a
cercare un po’ di conforto per il
cuore e per lo stomaco.
Questa partenza veloce ha lasciato in sospeso tante cose, frasi,
discorsi e rimpianti... Ma conoscendola so anche che avrebbe
detto con un’alzata di spalle:
Alga Mazza, per tanti anni volto noto agli amici
della “Libreria dei popoli” e dello Csam
“Quanto rumore... è andata così”.
Alga Mazza
Ringraziamo Alga per questo
ritratto di p. Giuseppe e la ringraziamo per gli anni trascorsi
nella rimpianta “Libreria dei
popoli”. Le sue parole non sono un congedo solo da p. Tanfoglio, ma anche da un luogo
tanto amato. E, si sa, l’amore fa
miracoli… prima o poi.
Proteggi Brescia e assisti noi!
Ciao p. Giuseppe! Quante volte mi hai accompagnato in
giro per l’Italia e mi hai insegnato tante cose: la preghiera
personale, l’amore verso la
congregazione e la laboriosità. Nelle ultime fugaci visite
a Brescia mi hai manifestato
il desiderio di ritornare a Cagliari, dopo tanti anni... Grazie per essermi stato accanto
per tanto tempo con la tua
discrezione e ammirazione.
In Paradiso potrai chiedere tutte le informazioni che
ti mancavano sui Gesuati e
su San Cristo. Proteggi Brescia e assisti, con la forza di
Gesù, quanti ti hanno voluto
■
bene.
p. Gianni Zampini, sx
giornare le anagrafiche delle riviste
missionarie. Ogni
tanto si concedeva
una meritata pausa,
una merenda, e da
golosone quale era
faceva onore a tutti
i dolcetti che gli capitavano a tiro.
Fellini e Brescia
Amava la musica classica e non
disdegnava il buon
cinema, era particolarmente interessato ai kolossal
storici più sfarzosi
e rutilanti. Amava
molto “Amarcord” P. Giuseppe Tanfoglio, sorridente, nella “sua” San Cristo
di Federico Fellini.
Si divertiva come un bambino
pito: pur sprovvisto di patente,
a rievocare gli effetti di quelle
pareva conoscere ogni pertugio,
sequenze sul pubblico francese
vecchio e nuovo, della sua città.
con cui ne aveva condiviso la
La sua dimora era San Cristo, il
visione nel lontano 1975.
suo regno Brescia, che amava
Con spirito non meno giocomolto. È bello pensarlo ora in
so talvolta rievocava aneddoti
un’altra dimensione, intento a
della sua esperienza africana in
conversare amabilmente e senza
Congo. Era un bravo narratore,
sosta con Benedetto da Marone,
e pareva quasi di esserci stati
■
Romanino, Fellini.
su quegli altopiani assolati. Ma
Silvio Savoldi
una cosa di lui non ho mai ca(continua a lato)
Per i “Giovedì della missione” ricordiamo gli ultimi due appuntamenti (ore 20,30 presso i missionari Comboniani). Il 20
aprile AAA vendesi armamenti anche usati con Giorgio Beretta
e Piergiulio Biatta (Opal). L’11 maggio Missione al femminile:
comunione di genere con la saveriana Elena Loi e la comboniana
Elisa Kidané.
INIZIATIVE MISSIONARIE
D. PIOVANI
In preparazione al Festival nazionale
della missione 2017 in programma a Brescia e in concomitanza con i 60 anni di
presenza dei saveriani in città, la neonata
“Associazione Missione Oggi”, il mensile
“Missionari Saveriani” (al 70° anno di vita), la Libreria delle Paoline presentano
l’iniziativa “Caro autore ti chiedo”, in
collaborazione con il Centro missionario
diocesano.
Si tratta di una serie di appuntamenti
(tra febbraio e aprile), durante i quali sono presentati alcuni libri di carattere interculturale e sulle tematiche della missione oggi, in dialogo con gli autori. Dopo i primi appuntamenti e
il seminario con Serge Latouche, ricordiamo gli altri eventi.
- venerdì 31 marzo alla 18 (Libreria Paoline): Franco Ferrari (“Famiglia
- Due sinodi e un’esortazione, diario di una svolta”)
- venerdì 7 aprile alle 18 (Libreria Paoline): Marco Dal Corso (“Rubem
Alves, teologia come poesia”)
- venerdì 28 aprile alle 18 (San Cristo): Mario Menin (“Missione”).
Per informazioni www.missioneoggi.it e pagina FB di “Missione Oggi” e “Missionari Saveriani”.
Ricordiamo anche l’iniziativa “Costruiamo insieme la città
dell’uomo”, domenica 11 giugno
(ore 16), tradizionale festa di amici ed ex studenti saveriani, di cui
avete ricevuto il programma con
questo numero.
Spedite o fate pervenire i biglietti
dell’estrazione a premi entro il 28
maggio e partecipate numerosi.
2017 MARZO
CAGLIARI
09121 CAGLIARI CA - Via Sulcis, 1
Tel. 070 290891
E-mail: [email protected] - C/c. postale 12756094
IBAN - IT 15 I 01015 04804 000000019850 (Banco di Sardegna, Cagliari)
Una ventata di primavera
La gradita visita di p. Antonio Germano
I
n gennaio è venuto
a trovarci p. Antonio
Germano. Nonostante fosse
freddo, in quei giorni, non si lamentava, abituato all’umidità
della foresta tropicale del Bangladesh.
P. Germano, missionario a Barador, ci ha messo a contatto diretto con la missione e ci ha permesso di conoscere un poco la
sua “storia sacra”.
La divisione in caste
Da 40 anni vive presso la popolazione che abita parte dell’isola fluviale, ai margini della
foresta tropicale. La gente, a seconda della posizione sociale, è
divisa in caste: bramini (i sacerdoti), guerrieri, commercianti e
agricoltori. Al di sotto di questa
p. GIANNI ZAMPINI, sx
classificazione, è presente l’altra
fascia di popolazione considerata “fuori casta” (gli ultimi). Loro stessi si sono dati un nome di
battaglia affinché venissero registrati come gruppo. In base al loro mestiere vengono riconosciuti: origio (spazzino); dorit (stritolato, ridotto in polvere); dash
(schiavo); lavandai …
P. Antonio ha costruito la sua
Dialogo, confronto e perdono
Il campo invernale con i giovanissimi
27 al 29 dicembre 2016
D alil Centro
di pastorale gio-
vanile di Macomer ha ospitato
un campo di tre giorni organizzato dai saveriani e indirizzato ai giovanissimi delle scuole
superiori (15-17 anni). Aspettavamo una trentina di ragazzi,
ma all’ultimo momento, come
tutti gli inverni, causa influenze,
freddo e contrattempi, se ne sono presentati venti. Non ci siamo
persi d’animo.
Provenienti da tutta la Sardegna, erano disposti a vivere insieme, imparando a relazionarsi
con l’altro attraverso il dialogo e
il confronto. Ringraziamo il Signore e i loro genitori che hanno
avuto fiducia in noi e ce li hanno
affidati.
Ogni gruppo
il suo compito
Le giornate sono state interamente autogestite dai giovanissimi, divisi in quattro gruppi:
uno faceva “la spesa”, un altro
preparava la cena e la colazione;
un gruppo lavava i piatti e un altro teneva in ordine gli ambienti
comuni e organizzava lo stare
assieme del dopo-cena. A turno, senza difficoltà, ciascuno ha
fatto la propria parte. Il pranzo
invece era preparato con tanto
amore e puntualità da Rosanna,
la cuoca del centro di Pastorale.
La tematica del campo era
veramente impegnativa: dialogo
e perdono. I quattro animatori
volontari (Antonio, Francesca,
Paolo e Alessandro), che da anni si prestano a questo servizio,
hanno svolto con cura il tema. P.
Andrea, responsabile del centro
di pastorale “San Guido Conforti”, ed io della casa saveriana di
Cagliari, abbiamo accompagnato lo svolgimento del corso.
La veglia… in cammino
Tra canti, giochi e gruppi di
riflessione, i giovanissimi hanno affrontato con entusiasmo i
tre giorni, cercando realmente
p. G. ZAMPINI, sx
di capire e vivere il significato
cristiano del perdono. La visione
del film “Le due vie del destino”
ha dato ai ragazzi la possibilità
di riflettere sulla difficoltà del
perdonare, e soprattutto del perdonare qualcosa a se stessi.
Nell’ultima sera è stata proposta ai ragazzi una “veglia… in
cammino”. Ciascuno ha riflettuto sulle difficoltà di relazionarsi,
nella quotidianità, con se stesso,
con l’altro, ma soprattutto con
Dio. Nella cappella, in un clima
di silenzio e preghiera, i ragazzi hanno condiviso sensazioni
ed emozioni provate durante il
campo. “Siamo in famiglia”, ha
detto un giovane; “grazie per
avermi fatto sentire a casa” ha
detto un altro.
Il giorno dopo abbiamo concluso con la celebrazione della Messa in un clima di festa e
animazione, che da sempre contraddistingue il vero spirito missionario, ovvero “fare del mon■
do una sola famiglia”.
Venti giovanissimi
provenienti da
tutta la Sardegna
hanno partecipato
al campo invernale
a Macomer
sul tema “Dialogo
e perdono”
8
casetta nel villaggio Barador
e nella sua carta di identità c’è
scritto casta dash=schiavo che
vive nel villaggio. Lì la maggior
parte della popolazione è dash.
Educare e organizzare
Con un lavoro lento e produttivo, in 15 anni p. Antonio
ha sviluppato un programma di
educazione-coscientizzazione
degli abitanti dei villaggi, per
il raggiungimento del diploma
di scuola secondaria da parte di
molti ragazzi. Tale opera ha creato un movimento inarrestabile
di presa di coscienza dei diritti
civili, di impegno per migliorare le condizioni di vita dei villaggi, di rispetto e ammirazione
verso la chiesa cattolica, in una
società al cento per cento musulmana. È necessario educare e organizzare.
Educare: la conoscenza apre
la mente. Quando si comprende, si è consapevoli del dovere di trasmettere ad altri tale luce. Organizzare: i villaggi, grazie a tale cammino, iniziano
a far valere i propri diritti. In
questo processo lungo e difficile, la gente trova il coraggio
di esporre i problemi e capisce
l’importanza di essere tutti uniti per sostenersi.
Un impegno e un onore
Dopo 20 anni di evangelizzazione e di presenza, la gente
ha chiesto di diventare cristiana. Per 5 anni sono stati seguiti in un cammino di catecumenato e la notte di Pasqua 50 per-
Padre Antonio Germano è stato ospite
dei saveriani in Sardegna e ha parlato
della sua esperienza missionaria al Gams
sone hanno ricevuto i sacramenti: battesimo, Eucarestia, cresima e matrimonio. È un periodo
lungo e impegnativo quello che
precede i sacramenti, soprattutto il Battesimo, che ci fa uomini nuovi in Gesù. Sono stati anni di incontri periodici (e senza
obblighi) a cui gli amici bengalesi di p. Antonio hanno partecipato con gioia. Certamente essere cristiani è un onore e un impegno per loro.
Benediciamo Dio perché ci
ha fatto conoscere il lavoro di p.
Antonio in mezzo ai fratelli bengalesi. I suoi frutti sono opera di
Dio.
■
CON VOI, CONTINUO IL CAMMINO
p. VIRGINIO SIMONCELLI, sx
Cari amici,
eccomi a voi per dirvi ancora una volta che siete tutti nel mio cuore e nella
mia preghiera. Sono sempre nella nostra casa madre di Parma e continuo
quella che io chiamo, più che fisioterapia, la mia ginnastica quotidiana. Su
e giù per le scale e lunghe camminate
nei corridoi, ormai con una sola stampella, perché l’equilibrio non è ancora ritornato del tutto. Anche quando cammino da solo, con un sostegno
sempre vicino, mi stanco facilmente.
Il midollo spinale quando è toccato
forte, come nel mio caso, fa molta fatica a riprendere. Quindi avanti sempre, senza stancarsi e con la speranza che noi cristiani dobbiamo avere.
Vi ringrazio delle vostre preghiere che
mi aiutano a non scoraggiarmi mai e
a continuare il cammino. È proprio il
mio caso.
Quest’estate spero di poter tornare in Sardegna, almeno due settimane, e riabbracciarvi tutti. È il mio sogno nel cassetto e mi auguro si possa realizzare.
Vi abbraccio e continuo a ricordarvi
tutti al Signore, per intercessione della nostra mamma Maria. Invoco su tutti voi la loro benedizione.
Padre Virginio Simoncelli continua il suo percorso
di recupero a Parma, con un sogno nel cassetto
2017 MARZO
CREMONA
43123 PARMA PR - Viale S. Martino, 8
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Uniti nella diversità
CRISTINA UGUCCIONI - Vatican Insider (8/2/2017)
Cristiani e musulmani in Sierra Leone
P
adre Vittorio Bongiovanni
è un saveriano di 76 anni,
40 dei quali trascorsi in Sierra
Leone dove si è molto speso per
salvare i bambini-soldato e dar
loro un futuro. A Kabala, popoloso centro situato nel nord,
insieme a due confratelli, guida
l’unica parrocchia presente che
è la più estesa del Paese e comprende centinaia di villaggi sparsi sulle colline.
Nel 2014 p. Vittorio, respon-
sabile delle scuole cattoliche
della parrocchia, ha ricevuto un
prestigioso riconoscimento nazionale: l’università di Makeni
lo ha premiato come “persona
speciale che si è distinta nella nazione per la promozione
dell’istruzione scolastica per
moltissimi giovani”.
La regola
per vivere in pace
“Qui in Sierra Leone, noi cat-
tolici viviamo in armonia con i
musulmani, ci vogliamo bene e
ci rispettiamo… siamo uniti nella diversità. Insieme ne abbiamo
passate tante, persino una spaventosa epidemia di ebola, una
tragedia peggiore della guerra civile. Qui i cattolici sono il 2-3%,
eppure i rapporti sono sereni. I
musulmani in Sierra Leone, sono
moderati, aperti, tolleranti.
Nei villaggi vi è una bella
consuetudine: quando noi cat-
Alcune notizie di famiglia...
La mostra dei presepi a Vicenza
p. FABRIZIO TOSOLINI, sx
I
l giorno dell’Epifania con un
gruppo di famiglie siamo andati a Vicenza
per visitare la mostra
dei Presepi allestita dai
saveriani.
È stata per tutti l’occasione di rivedere p.
Luciano, animatore
del gruppo giovanile
di Cremona. I papà e le
mamme di oggi avevano aderito a tale gruppo.
Ciò ha aiutato a rivedere in
un attimo tante esperienze passate, a coglierne il valore, a
riprendere, ciascuno nella sua
attuale situazione, lo spirito
missionario imparato allora.
Oggi, i giovani figli e figlie
delle attuali famiglie, anche loro venuti con i genitori a vedere
i bellissimi presepi della mostra, hanno aggiunto una nota
di vivacità e gioia.
Speriamo di poter organizzare, quest’anno a Cremona, una
giornata per gli Amici Saveriani.
Infatti, al di là di tutto, la passione per la missione, che ci unisce,
non si spegne.
■
L’amico Gino Pasquinelli
I
l giorno di
Natale 2016
si è spento a Viadana, circondato dai
suoi familiari, Gino
Pasquinelli.
Maestro elementare, educatore e
uomo di profonda
fede, si è dedicato a
varie attività di volontariato. È stato
tra i promotori del
gruppo missionario
a sostegno di p. Sartorio in Africa e per
anni ha gestito di
persona la raccolta
dei fondi.
Noi saveriani affidiamo al Signore,
con profonda gratitudine, la sua anima, fiduciosi che
riceverà il centuplo
promesso non solo
agli apostoli, ma
anche a coloro che
li aiutano. Porgiamo le nostre più
sentite condoglianze ai familiari, assicurandoli della nostra preghiera. ■
È stato bello ritrovarvi
C
ari amici,
p. Sandro e p. Fabrizio mi
hanno invitato a partecipare alla
Messa nella casa di Accoglien-
8
za a febbraio. Dopo la chiusura
della casa saveriana in via Bonomelli, il Gruppo degli amici
dei saveriani, dei familiari e di
chi riceve il giornalino, si ritrova una volta al mese nella casa
di Accoglienza in viale Trento
Trieste.
Per noi saveriani cremonesi
sapere che un gruppo si riunisce e prega per le missioni nel
mondo, ogni secondo mercoledì
del mese alle 15, ci dà forza, allegria, speranza e coraggio.
Grazie di tutto amici dei saveriani e che il Signore aumenti
sempre la luce della fede e faccia
crescere la nostra vita missionaria.
■
p. Gabriele Guarneri, sx
P. Vittorio Bongiovanni, saveriano mantovano di Bozzolo,
da oltre 40 anni missionario in Sierra Leone
tolici decidiamo di costruire una
chiesetta, i musulmani contribuiscono alle spese con una donazione e viceversa. Non è insolito
vedere persone di fede islamica
che vengono in chiesa; alla messa di Natale ce n’erano molte.
Inoltre, qui le conversioni al cristianesimo non sono ostacolate:
lo scorso anno 70 musulmani si
sono convertiti e hanno chiesto
di essere battezzati.
Bisogna aprire il cuore, cercare di vedere gli aspetti positivi
presenti negli altri e costruire
le relazioni a partire da questi
aspetti. È attraverso il sostegno
e il perdono reciproci che gli
esseri umani possono edificare
comunità coese e pacifiche”. Come fermare i barconi Per tutti, cristiani e musulmani, sono la miseria, la mancanza
di lavoro e di futuro, il nemico
da sconfiggere. In questa battaglia, l’educazione è indispensabile, decisiva. Dico spesso che
un bambino senza testi scolastici
diventerà un adulto senza pane.
Nelle nostre scuole ci impegniamo per far emergere e crescere
tutto il buono che c’è in ogni
studente. Il mio lavoro è aiutare
le giovani generazioni ad ama-
re il loro paese, a far fruttare i
talenti ricevuti e acquisire conoscenze che possano garantire un
futuro dignitoso in Sierra Leone.
Con la nostra attività educativa
lottiamo indirettamente contro i
barconi che continuano a giungere in Italia, colmi di disperati. Pregare con cuore e mente
La vita nei villaggi, dove cristiani e musulmani vivono e
lavorano fianco a fianco, può
essere molto dura: la preghiera
sostiene tutti. “Cerchiamo sempre di pregare con il cuore e con
la mente. Porto un solo esempio per chiarire cosa intendo:
in un villaggio un gruppetto di
contadini era in gravi difficoltà
economiche perché non riusciva
a vendere le arance, che marcivano nei campi: noi abbiamo
pregato con il cuore affinché Dio
aiutasse queste persone. Poi abbiamo pregato con la testa e ci
siamo domandati: perché ciò
accade? Abbiamo scoperto che
la ragione era la presenza di un
torrente, invalicabile per i carretti carichi di frutta. Pregare con
la testa, in questo caso, significa
dunque costruire un ponte. Ed è
ciò che abbiamo fatto”.
■
(continua nel riquadro)
I COMANDAMENTI VALIDI PER TUTTI
CRISTINA UGUCCIONI - Vatican Insider (8/2/2017)
Gli istituti scolastici costruiti negli anni dai saveriani, e di cui p. Vittorio è responsabile, sono 49 (43 elementari e 6 medie), con 70-80
alunni per classe. A Kabala insegna M’balu S. Bangura, musulmana,
sposata, madre di due figli: “Mi piace molto lavorare in questo istituto, punto di riferimento per oltre mille bambini di fede cristiana e
islamica. Fra gli insegnanti, che appartengono a entrambe le religioni, vi è grande concordia e lavoriamo insieme senza difficoltà o attriti. Siamo abituati a sostenerci gli uni gli altri. E i matrimoni fra cristiani e musulmani non sono rari”. A proposito dell’attività didattica, p. Vittorio racconta. “Abbiamo
rispetto della fede islamica e non facciamo proselitismo, d’altra parte le nostre sono scuole cattoliche; perciò abbiamo deciso che a tutti
gli scolari fossero proposti i comandamenti di Dio, che sono validi per
ogni essere umano. A questo scopo ho preparato alcuni libretti per
i bambini, calibrati sulle diverse età, che vengono illustrati e spiegati dagli insegnanti durante le lezioni. Insegniamo anche la preghiera dell’Ave Maria e quella del Padre nostro, spiegando che siamo tutti fratelli, e i musulmani, sia gli alunni sia i docenti, le imparano volentieri”. Purtroppo, a causa della povertà, vi sono famiglie che non riescono
a mandare i figli (specie le femmine) a scuola, né a farli proseguire negli studi sino al liceo. “Interveniamo noi garantendo un sostegno economico. Ma non diamo niente per niente: offriamo ai ragazzi e alle
ragazze alcuni lavoretti in parrocchia e li ricompensiamo. È anche così che si prende consapevolezza della propria dignità”. 2017 MARZO
DESIO
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Non sono sul campo, eppure...
Lettere e messaggi che aumentano la nostalgia
lasciato la mia amata
H oAmazzonia
da qualche
anno. Non ce la faccio a ripartire, eppure la mia testa e il mio
cuore corrono là. E la nostalgia aumenta sempre più perché
la mia gente mi scrive, manda
messaggi e piccoli regali, a volte
qualcuno telefona. Vuol sentire
al vivo la mia voce.
Ronilde e il volo di farfalla
Ronilde è una giovane di
Abaetetuba e ha una passione:
la catechesi. Ha aiutato tanti
giovani ad amare il vangelo e a
diventare catechisti. Da qualche
anno ha dovuto smettere. Aveva
un tumore, è stata operata e sta
recuperando.
Dice lei stessa: “Devo affrontare 18 sessioni di chemioterapia… Sono momenti un po’
difficili, ma pieni della grazia
di Dio. Nonostante tutto, è un’e-
sperienza di incontro, di fiducia
in Dio. È bello sentire vicino
l’amore di Dio e di Nostro Signore. Che davvero Dio mi dia
la grazia di diventare nuova,
dentro e fuori. Non esco più di
casa, ma cammino attorno, innaffiando le piante, guardando
i pesciolini della vasca, conversando con i miei, leggendo, pregando… Avevo proprio bisogno
di questo tempo nel quale in me
Maria prevale su Marta. È come
il processo che porta la larva a
trasformarsi in farfalla, che si libera dall’involucro e si libra in
un bellissimo volo. Solo Dio è
capace di dar senso a cose che ci
paiono senza senso…”.
Sueli
e la “rivoluzione mariana”
Sueli è stata direttrice, ad Abaetetuba, della casa dei “Meninos
de rua” (ragazzi di strada). Ora
p. NICOLA MASI, sx
abita in un condominio a Belém,
capitale dello Stato del Parà.
Donna di fede, voleva aiutare i
vicini di casa a conoscere il Signore e il vangelo.
“Domani faremo la celebrazione di chiusura del pellegrinaggio
della Madonna nelle nostre case.
Non sono state molte quelle che
hanno aderito, ma abbiamo passato otto giorni meravigliosi, con
molte preghiere, testimoniando
la bellezza della presenza di Dio
nella nostra vita, che ci apre il
cuore e ci fa sentire sempre più
fratelli. Pare che qualcosa stia
cambiando. Per esempio non c’è
più quella freddezza quando ci si
incontra. Ci salutiamo, ci sorridiamo, ci interessiamo dei malati. Ora stiamo già pensando ad
altri incontri. Può prepararci una
celebrazione da fare nelle case?
Sarebbe un bel regalo per le nostre famiglie”.
Cammino di vita in Camerun
Accanto alla gente, in ogni situazione
P. Franceschetti, saveriano
nativo di Bergamo, ci racconta
alcune esperienze di missione,
ricche di momenti gioiosi e tristi, nei quali leggere la presenza
del Signore.
La proposta del missionario ci
aiuta a entrare in un mondo che
si avvicina sempre più al nostro,
attraverso gli eventi della storia
presente.
I
l nuovo anno è cominciato. I giovani naturalmente
si sono sbizzarriti in momenti
distensivi, ma anche nell’animazione delle celebrazioni liturgiche e nel presepe, povero
in realtà, con poche statue, tutte spaiate. Delle loro iniziative, ammirevole è soprattutto il
concerto di Natale della corale
giovanile, che ha eseguito anche
pezzi polifonici difficili ed altri
con danze spettacolari.
I riti di iniziazione
e unità dei cristiani
Sono stato invitato dai confratelli camerunesi a partecipare
a una festa tradizionale che con-
cludeva i riti della “iniziazione”,
dove i giovani sono condotti in
foresta, formati sui valori che li
fanno diventare uomini veri, e
messi alla prova. La festa conserva ancora i costumi di una
volta, a cui continuano ad essere
molto legati. Hanno anche molto
rispetto per i loro capi tradizionali, con decine di mogli e una
corte ben gerarchizzata, nonostante la società abbia ormai le
sue autorità civili.
È appena finita la settimana
di preghiere per l’unità dei
cristiani. Noi abbiamo percorso
le chiese delle varie confessioni
dei nostri quartieri, alternandoci
nella predicazione con i pastori. C’è un notevole cammino di
avvicinamento, anche a livello di chiesa ufficiale, con papa
Francesco. Lo Spirito Santo ha
sostenuto ciascun percorso e la
diversità può diventare una ricchezza per tutti. La celebrazione conclusiva si è svolta nella
nostra chiesa ed è stata seguita
da un concerto delle corali delle
diverse chiese. L’anno prossimo
probabilmente tutta la diocesi
p. BENIGNO FRANCESCHETTI, sx
sarà coinvolta.
Una sofferenza partecipata
Abbiamo partecipato alla sofferenza di una famiglia della parrocchia che ha un bambino di 12
anni, Kevin, catecumeno, malato
di cancro a un ginocchio. Il trattamento di chemio-terapia non
è bastato e si era decisa l’amputazione dell’arto. Ma, quando
l’assistente sociale e alcuni amici avevano deciso di prenderlo
a carico, la visita radiologica
ha rivelato che era troppo tardi:
il cancro era già diffuso persino
nei polmoni. Il ragazzo sarà battezzato tra qualche giorno.
Da voi si soffre il freddo, anche senza neve. Qui siamo in
stagione secca e c’è un serio
problema nella distribuzione
d’acqua, ma siamo ancora fortunati rispetto ad altre zone del
Camerun e del Ciad.
Grazie della vostra amicizia e
siate grati anche voi perché qualcuno vi benedice lassù e vi permette di gioire dell’abbondanza e della pace. Non è un diritto
■
scontato...
8
Incontro Ecumenico di preghiera a Bafoussam-Nefa: durante la Settimana di preghiere per l’unità dei cristiani cinque parrocchie
della zona hanno pregato insieme, “con scambio di pulpito”. Tra i predicatori p. Benigno Franceschetti
Da qualche anno, per motivi di salute, p. Nicola Masi si trova lontano dall’amata
Amazzonia, ma i frutti del suo lavoro ci sono eccome! Nella foto, p. Nicola
tra p. Peguero e p. Lupi a Roma durante la festa dei familiari dei saveriani
L’ho fatto e Sueli mi ha risposto. “Tutto è stato meraviglioso;
ogni volta facciamo nuove amicizie. La chiusura è stata bellissima. Tanta gentilezza e disponibilità da parte di molti”.
Erbe
e prediche… miracolose
Dona Deca è un’appassionata
catechista. Mi vuole ancora ad
Abaetetuba. E continua a pregare.
Approfittando dell’amico medico
Mario Mariani, gli ha consegnato
un pacchetto per me. Si tratta di
erbe miracolose. “Le prenda con
fede - mi scrive - mio cognato è
perfettamente guarito”.
Poi ho ricevuto anche una
lettera particolare da Isabela.
“Forse lei non si ricorda di me,
ma io mi ricordo come se fosse
adesso dell’ultima Messa da lei
celebrata, il giovedì santo. Ci
parlò dell’amore sconfinato di
Dio. Quando io ero una bambina mi piaceva molto andare
a Messa con mia nonna ed ero
felice di ascoltare la sua predica, nella quale ci faceva capire
quanto Dio ci amasse. Oggi ho
17 anni e le sono molto grata per
avermi introdotta in questo mondo meraviglioso. Da poco tempo
abbiamo costituito un gruppo di
giovani. Ci aiutiamo, giochiamo,
preghiamo e stiamo studiando
il modo di aiutare tanti ragazzi
che hanno bisogno di conoscere,
amare e seguire Gesù”.
Così, io non sto più sul campo,
ma c’è gente appassionata di Gesù che continua a farlo conoscere ed amare anche a nome mio.
Grazie fratelli e sorelle della mia
amata Amazzonia. Che il Signore vi sorrida e vi benedica.
■
MI HA GENERATO NELLA FEDE
Il ricordo di p. Giuseppe Tanfoglio
p. EMMANUEL ADILI, sx
P. Giuseppe Tanfoglio è salito al cielo il 18 gennaio a Brescia. È stato
missionario in Congo dal 1975 al 1984. Solo 9 anni, ma chissà quante
anime ha portato al Signore! Sicuramente tante.
La sua prima missione è stata nel prestigioso seminario di Mungombe, come insegnante e vice rettore. Poi è stato destinato a Mwenga,
dov’è rimasto per ben due anni come vicario. In questo periodo io
nascevo e, quindi, egli non ha perso l’occasione di introdurmi nella
grande famiglia del popolo di Dio con l’acqua del battesimo, domenica 17 aprile 1983.
Essendo la porta di tutti gli altri sacramenti, p. Giuseppe mi ha introdotto nella famiglia dei cristiani. Lui ha annunciato il vangelo, ha
gettato il seme della Buona Novella e quel seme ha prodotto frutti. Il
missionario è colui che, passando, fa il bene come Gesù Cristo, getta
i semi. Che dorma o che vegli, il seme cresce. Oggi sono missionario
nella stessa famiglia religiosa di p. Giuseppe. Lui mi ha battezzato, p.
Vagni mi ha cresimato, mons. Giorgio Biguzzi mi ha ordinato diacono.
Appena arrivato in Italia, l’ho subito incontrato. E nell’ultimo giorno
che ci siamo visti (22 febbraio 2016), ricordava con nostalgia il seminario
che ha servito con amore. Ricordava, nonostante gli anni passati, alcuni
collaboratori
di Mwenga
con i loro
nomi.
P. Giuseppe, dal cielo prega per
noi, per il popolo congolese che hai
tanto amato. Grazie!
P. Adili con p.
Giuseppe Tanfoglio, che l’ha
battezzato in
Congo, nel 1983
2017 MARZO
FRIULI
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Sulle Ande, a tre dimensioni
Il viaggio missionario in Bolivia
A marzo sono ripresi gli incontri del Centro missionario in preparazione a un’esperienza estiva
in missione. Come buon augurio,
pubblichiamo le testimonianze di
Sara e Carlotta che, l’anno scorso, sono state in Bolivia.
L
a nostra avventura in Bolivia è cominciata il 18 agosto 2016 ed è durata un mese.
Inizialmente, siamo state a Santa
Fe e poi a Cochabamba. Le due
realtà erano diverse l’una dall’altra, ma entrambe arricchenti!
Da tanto tempo volevo vivere un’esperienza di volontariato
internazionale, convinta di aver
molto da offrire. Ma è più quel
che ho ricevuto, rispetto a quello
che ho potuto donare.
La voglia di imparare
Mi è capitato di provare rabbia
per la povertà che vedevo, per
l’ingiustizia delle storie di vita
che ho ascoltato, per un popolo
con grandi potenzialità e che è
abbandonato dalle istituzioni. Le
sorelle missionarie fanno moltissimo e mi ha stupito che siano,
quasi sempre, l’unico vero punto
di riferimento.
Emblematico è il caso dell’unità educativa di Condoriri. I due
fantastici insegnanti che vivono
e lavorano nella scuola hanno
saputo sfruttare al meglio il materiale di cancelleria che le suore
hanno portato loro. Negli occhi di
quei ragazzi brillava la voglia di
apprendere e la motivazione dei
loro insegnanti era travolgente!
Rabbia e speranza
Non da meno è l’esempio di
suor Maddalena. Quante bambine ha cresciuto come una
madre! Sedute sotto il portico
osservavamo le ragazze giocare
divertite. Suor Maddalena ci ha
raccontato le loro storie: abbandono, sofferenza e rifiuto erano
il denominatore comune di quelle giovani vite.
Ma quello è un luogo di spe-
SARA e CARLOTTA
ranza. È l’altro sentimento provato, alimentato da tante persone
che si impegnano ogni giorno
per migliorare le cose, offrendo
ai ragazzi un futuro migliore.
La sintonia con José Luis
L’esperienza in Bolivia per me
è stata la prima nel campo del
volontariato internazionale. Un
periodo bellissimo. La Bolivia è
consistita soprattutto in persone
e in incontri. Vorrei richiamare
tre momenti. José Luis è uno
splendido e vitale bambino incontrato al Centro del bimbo denutrito di Cochabamba. Come
molti suoi coetanei, José ha già
un passato di violenze e privazioni, nonostante abbia solo 4
anni. Con lui è stata subito sintonia. La sua voglia di giocare,
conoscere, sperimentare e il suo
affetto sono stati ai miei occhi
quasi un miracolo, considerando il suo passato. Rappresenta
la speranza, la voglia di farcela
nonostante tutto.
Bangladesh, che nostalgia!
Viaggio quaresimale, regalo di compleanno
P
adre Arduino Rossi, insieme a p. Enzo Tonini e p.
Andrea Gamba, è attivo nell’area pastorale di Reana. I “tre”
hanno come punto di riferimento la parrocchia di Rizzolo, dove
vivono. P. Arduino è ben contento di trovarsi nella comunità
di Udine nella quale è giunto in
agosto. E lui si fa ben volere al
primo incontro per la giovialità
e apertura con cui avvicina le
persone.
Ha una lunga esperienza missionaria in Bangladesh: ben 38
anni. Lì le diocesi sono otto e i cristiani circa 90 mila su 160 milioni
di abitanti. P. Arduino ha avuto la
gioia di fare di nuovo un salto in
quella terra, tanto per “ammazzare” la nostalgia. L’abbiamo intervistato prima di partire.
la quaresima?
Prima di tutto non bisogna
pensare a una rinuncia al cibo
o al digiuno, perché la povertà
in quella nazione è ben conosciuta da tutti. C’è invece l’impegno per una vita di preghiera
più intensa e un’attenzione tutta
speciale per gli ammalati e le
persone sole.
Ogni venerdì poi è vissuto in
modo tutto particolare, avendo
come punto più alto il venerdì
santo. In questa giornata, sono
celebrate ben tre “via crucis”:
una per i bambini, una per le
donne al pomeriggio, e la sera
invece per tutti gli uomini e per
quelli che, durante il giorno, riescono a lavorare.
Dove sei stato?
Per molti anni ero a Borodol,
la parrocchia più isolata della
diocesi di Khulna, e mi sono
trovato subito bene in mezzo a
quella gente. Mi sentivo davvero contento e realizzato come
sacerdote e missionario. Non è
stato facile lasciare quel posto
per andare altrove.
E a Dhaka cosa facevi di
bello?
Ero alla casa dell’accoglienza. Ogni anno venivano dall’Italia dai dieci a venti medici per
una quindicina di giorni e poi
andavano a Khulna, dove hanno
creato un piccolo ospedale. Si
mettevano a disposizione di chi
aveva bisogno e c’era sempre
una marea di gente ad aspettarli. L’iniziativa si è interrotta lo
scorso anno dopo l’attentato di
Dhaka, nel quale hanno perso la
vita alcuni italiani.
Come mai questo viaggio?
Potremmo dire che di mezzo c’è sempre il Signore. Ho
espresso al mio superiore la richiesta di una famiglia bergamasca, che per la terza volta, si reca
in Bangladesh, la quale ha manifestato il desiderio di regalarmi
il viaggio per il mio ottantesimo
compleanno. Ho accettato più
che volentieri il regalo, ringraziando anche i superiori...
8
a cura di p. G. PETTENUZZO, sx
Un faro di serenità
Ricordo Cochabamba e i
bambini del doposcuola (apoyo)
con le sorelle responsabili del
progetto, un’iniziativa davvero
molto intelligente ed educativa.
Consiste nel dare ai bambini e
ragazzi un posto in cui poter
stare, dove poter fare i compiti e giocare. In Bolivia non è
scontato accedere ad una scolarizzazione (povertà, barriere
naturali, politiche governative
poco sagge).
In tutto questo, l’apoyo offre
un’alternativa, è un faro di serenità per molti piccoli studenti
che possono vivere il periodo
dell’infanzia come meritano.
Essenziale e serenità
Il “selfie” con Sara ci dice che
la Bolivia è stata un’esperienza
in tre dimensioni. Si è rivelato
un viaggio fisico attraverso paesaggi e luoghi magici, che resteranno per sempre impressi nella
mente. Si è trattato anche di un
Sara e Carlotta con i bimbi del dopo-scuola a Cochabamba e nel selfie “boliviano”,
meta del loro viaggio missionario nel 2016
percorso intricato, fatto di scambi interpersonali e di apertura
verso una cultura molto diversa
dalla nostra.
Infine, la Bolivia è stata un
modo per riavvicinarsi alla spiritualità e all’essenziale. Di fronte
a chi non ha nulla, resta solo ciò
che conta veramente e si riscopre una serenità che difficilmente si sperimenta tra gli agi occi■
dentali.
INSIEME, LUCE E STRADA
p. GIUSEPPE PETTENUZZO, sx
La primavera ritorna e con essa si pensa alla quaresima. Arrivano
insieme: luce e strada. È un tempo di maturità e riflessione, nel quale programmiamo attività e contempliamo la natura pensando al raccolto. Tutto sembra rivivere. Si rincorrono vento e pioggia, temporali, gioie e sofferenze. È bello pensare alla quaresima come tempo di
rinuncia, di prova e di contemplazione. Di fatto, si tratta di un cammino, di una strada e questo si accompagna a sudore e fatica, ma anche a tante gioie.
Il popolo ebreo cammina per molti anni nel deserto e Gesù ci vive
per molto tempo, però alla fine arrivano alla meta. Dopo la Quaresima, dopo la primavera ci attende la risurrezione.
Signore donaci la luce per vedere il nostro cammino e tanta forza
per percorrere la strada senza fermarci.
Buona Pasqua 2017!
A Udine siamo dieci saveriani. Da poco abbiamo aggiunto l’esperienza in una zona vicina alla città, Rizzolo, dove cerchiamo di dare
una nuova testimonianza di vita e di animazione missionaria, un’oasi di pace e ricerca.
Nel frattempo, continua il nostro lavoro nelle parrocchie e con vari gruppi. Cerchiamo di offrire ciò che siamo: una vita missionaria vissuta soprattutto attraverso momenti di preghiera. Ogni mattina celebriamo l’Eucaristia in comunità, la sera ci riuniamo per i Vespri. Cerchiamo di essere fedeli alle riunioni settimanali e ai ritiri mensili. Vorremmo dire a tutti: il Signore c’è e ci ama.
Buon viaggio p. Arduino! Ti
aspettiamo per ascoltare le tue
nuove avventure di questo breve
■
“bagno” in Bangladesh.
In Bangladesh come si vive
P. Arduino Rossi è tornato in
Bangladesh per un viaggio
“scaccia nostalgia”…
I saveriani non sono niente senza il prezioso aiuto dei volontari
2017 MARZO
MACOMER
08015 MACOMER NU - Via Toscana, 9
Tel. 0785 70120 (dalle 15,30 alle 18); 070 290891 (Cagliari)
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Una ventata di primavera
La gradita visita di p. Antonio Germano
I
n gennaio è venuto
a trovarci p. Antonio
Germano. Nonostante fosse freddo, in quei giorni, non si lamentava, abituato all’umidità della
foresta tropicale del Bangladesh.
P. Germano, missionario a Barador, ci ha messo a contatto diretto con la missione e ci ha permesso di conoscere un poco la
sua “storia sacra”.
La divisione in caste
Da 40 anni vive presso la po-
polazione che abita parte dell’isola fluviale, ai margini della
foresta tropicale. La gente, a seconda della posizione sociale, è
divisa in caste: bramini (i sacerdoti), guerrieri, commercianti e
agricoltori. Al di sotto di questa
classificazione, è presente l’altra
fascia di popolazione considerata “fuori casta” (gli ultimi). Loro stessi si sono dati un nome di
battaglia affinché venissero registrati come gruppo. In base al loro mestiere vengono riconosciu-
p. GIANNI ZAMPINI, sx
ti: origio (spazzino); dorit (stritolato, ridotto in polvere); dash
(schiavo); lavandai …
P. Antonio ha costruito la sua
casetta nel villaggio Barador
e nella sua carta di identità c’è
scritto casta dash=schiavo che
vive nel villaggio. Lì la maggior
parte della popolazione è dash.
Educare e organizzare
Con un lavoro lento e produttivo, in 15 anni p. Antonio ha sviluppato un programma di educa-
Dialogo, confronto e perdono
Il campo invernale con i giovanissimi
27 al 29 dicembre 2016
D alil Centro
di pastorale gio-
vanile di Macomer ha ospitato
un campo di tre giorni organizzato dai saveriani e indirizzato ai giovanissimi delle scuole
superiori (15-17 anni). Aspettavamo una trentina di ragazzi,
ma all’ultimo momento, come
tutti gli inverni, causa influenze,
freddo e contrattempi, se ne sono presentati venti. Non ci siamo
persi d’animo.
Provenienti da tutta la Sardegna, erano disposti a vivere insieme, imparando a relazionarsi
con l’altro attraverso il dialogo e
il confronto. Ringraziamo il Signore e i loro genitori che hanno
avuto fiducia in noi e ce li hanno
affidati.
Ogni gruppo
il suo compito
Le giornate sono state interamente autogestite dai giovanissimi, divisi in quattro gruppi:
uno faceva “la spesa”, un altro
preparava la cena e la colazione;
un gruppo lavava i piatti e un altro teneva in ordine gli ambienti
comuni e organizzava lo stare
assieme del dopo-cena. A turno, senza difficoltà, ciascuno ha
fatto la propria parte. Il pranzo
invece era preparato con tanto
amore e puntualità da Rosanna,
la cuoca del centro di Pastorale.
La tematica del campo era
veramente impegnativa: dialogo
e perdono. I quattro animatori
volontari (Antonio, Francesca,
Paolo e Alessandro), che da anni si prestano a questo servizio,
hanno svolto con cura il tema. P.
Andrea, responsabile del centro
di pastorale “San Guido Conforti”, ed io della casa saveriana di
Cagliari, abbiamo accompagnato lo svolgimento del corso.
La veglia… in cammino
Tra canti, giochi e gruppi di
riflessione, i giovanissimi hanno affrontato con entusiasmo i
tre giorni, cercando realmente
p. G. ZAMPINI, sx
di capire e vivere il significato
cristiano del perdono. La visione
del film “Le due vie del destino”
ha dato ai ragazzi la possibilità
di riflettere sulla difficoltà del
perdonare, e soprattutto del perdonare qualcosa a se stessi.
Nell’ultima sera è stata proposta ai ragazzi una “veglia… in
cammino”. Ciascuno ha riflettuto sulle difficoltà di relazionarsi,
nella quotidianità, con se stesso,
con l’altro, ma soprattutto con
Dio. Nella cappella, in un clima
di silenzio e preghiera, i ragazzi hanno condiviso sensazioni
ed emozioni provate durante il
campo. “Siamo in famiglia”, ha
detto un giovane; “grazie per
avermi fatto sentire a casa” ha
detto un altro.
Il giorno dopo abbiamo concluso con la celebrazione della Messa in un clima di festa e
animazione, che da sempre contraddistingue il vero spirito missionario, ovvero “fare del mondo una sola famiglia”.
■
Venti giovanissimi
provenienti da
tutta la Sardegna
hanno partecipato
al campo invernale
a Macomer
sul tema “Dialogo
e perdono”
8
zione-coscientizzazione degli abitanti dei villaggi, per il raggiungimento del diploma di scuola secondaria da parte di molti ragazzi. Tale opera ha creato un movimento inarrestabile di presa di coscienza dei diritti civili, di impegno per migliorare le condizioni
di vita dei villaggi, di rispetto e
ammirazione verso la chiesa cattolica, in una società al cento per
cento musulmana. È necessario
educare e organizzare.
Educare: la conoscenza apre
la mente. Quando si comprende, si è consapevoli del dovere di trasmettere ad altri tale luce. Organizzare: i villaggi, grazie a tale cammino, iniziano
a far valere i propri diritti. In
questo processo lungo e difficile, la gente trova il coraggio
di esporre i problemi e capisce
l’importanza di essere tutti uniti per sostenersi.
Un impegno e un onore
Dopo 20 anni di evangelizzazione e di presenza, la gente
ha chiesto di diventare cristiana. Per 5 anni sono stati seguiti in un cammino di catecumenato e la notte di Pasqua 50 persone hanno ricevuto i sacramenti: battesimo, Eucarestia, cresima e matrimonio. È un periodo
lungo e impegnativo quello che
Padre Antonio Germano è stato ospite dei
saveriani in Sardegna e ha parlato della
sua esperienza missionaria al Gams
precede i sacramenti, soprattutto il Battesimo, che ci fa uomini nuovi in Gesù. Sono stati anni di incontri periodici (e senza
obblighi) a cui gli amici bengalesi di p. Antonio hanno partecipato con gioia. Certamente essere cristiani è un onore e un impegno per loro.
Benediciamo Dio perché ci
ha fatto conoscere il lavoro di p.
Antonio in mezzo ai fratelli bengalesi. I suoi frutti sono opera di
■
Dio.
Ci vediamo presto…
Ringraziamo quanti hanno partecipato al ritiro per la preparazione alla Santa Pasqua. I saveriani saranno presenti nella loro
ex-casa di via Toscana 9, ora “Centro pastorale San Guido Maria
Conforti”, in queste date: dal 17 al 23 aprile (la settimana dopo
Pasqua), dal 15 al 21 maggio, dal 12 al 18 giugno.
Saremo a disposizione delle persone e dei gruppi durante i
giorni della settimana per incontri, visite, direzione spirituale e
confessioni. Gli appuntamenti fissi sono i soliti: rosario missionario il martedì alle 15,30; Messa comunitaria il mercoledì alle 19;
adorazione eucaristica il giovedì alle 18,45.
CON VOI, CONTINUO IL CAMMINO
p. VIRGINIO SIMONCELLI, sx
Cari amici,
eccomi a voi per dirvi ancora una volta che siete tutti nel mio cuore e
nella mia preghiera. Sono sempre nella nostra casa madre di Parma e
continuo quella che io chiamo, più che fisioterapia, la mia ginnastica
quotidiana. Su e giù per le scale e lunghe camminate nei corridoi, ormai con una sola stampella, perché l’equilibrio non è ancora ritornato del tutto. Anche quando cammino
da solo, con un sostegno sempre vicino, mi stanco facilmente.
Il midollo spinale quando è toccato
forte, come nel mio caso, fa molta fatica a riprendere. Quindi avanti sempre, senza stancarsi e con la speranza che noi cristiani dobbiamo avere.
Vi ringrazio delle vostre preghiere che
mi aiutano a non scoraggiarmi mai e
a continuare il cammino. È proprio il
mio caso.
Quest’estate spero di poter tornare in Sardegna, almeno due settimane, e riabbracciarvi tutti. È il mio sogno nel cassetto e mi auguro si possa realizzare.
Vi abbraccio e continuo a ricordarvi
tutti al Signore, per intercessione della nostra mamma Maria. Invoco su tutti voi la loro benedizione.
Padre Virginio Simoncelli continua il suo percorso
di recupero a Parma, con un sogno nel cassetto
2017 MARZO
MARCHE
60129 ANCONA AN - Via del Castellano, 40
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DIARIO DELLA COMUNITÀ
I cresimandi di Sirolo
Vale la pena essere cristiani
parrocchie in Italia
M olte
hanno scelto di preparare
i ragazzi alla cresima, nei primi anni delle medie, attraverso
qualche visita significativa: un
istituto per anziani, un centro di
riabilitazione, la comunità dei
missionari.
La parrocchia di Sirolo ci ha
avvisato che un sabato pomeriggio i cresimandi sarebbero
venuti a visitarci per conoscere
p. DANTE VOLPINI, sx
le nostre missioni.
Le domande dei ragazzi
Così, sono arrivati 23 ragazzi,
che riceveranno la Cresima il 21
maggio, insieme alla catechista
P. Dante Volpini ha tenuto una lezione di catechismo ai cresimandi della parrocchia di Sirolo, ad Ancona
Anche questa è missione!
Mistica fraternità nella “casa de nialtri”
qualche anno, seguo la
D a“casa
de nialtri”, un grup-
po più o meno organizzato di
ex-senza fissa dimora, ora rifugiatisi in un edificio della regione che si trova ad Ancona, nel
centro storico.
Trattandosi di un’occupazione dell’immobile di proprietà, la
regione vuole fuori queste persone, ma non ha il coraggio di
sfrattarle. In compenso, ha tolto
acqua, luce e gas. Come lavarsi
e lavare? Come vederci la sera?
Come cucinare? Come combattere il freddo e l’umidità?
Chiacchierando con loro…
Ce ne sono tante di situazioni
così in Italia nel 2017, ma noi non
le vediamo. È missione! Io lo sapevo, ma essendoci altri volontari
dei centri sociali e qualche associazione non mi ero sforzato più
8
di tanto. Si tratta di sette magrebini (Marocco, Tunisia, Algeria),
sui 45 anni, una angolana, una peruviana, un rumeno, una coppia di
italiani. Tutti disoccupati, vivono
di espedienti e lavoretti in nero.
Sono privi di ogni cosa: scarpe,
coperte, indumenti, cibo...
Siccome i vari volontari avevano diminuito la loro presenza
per causa di forza maggiore, sono andato a trovarli e ho chiacchierato con loro. Ho notato
tanto scoraggiamento, però sapevano chi ero e che ero un amico. Mi hanno accolto bene, ma
era difficile fare qualsiasi cosa,
anche perché ognuno pensava a
sé stesso.
Incontro dopo incontro…
Un venerdì dell’ottobre scorso li ho invitati a casa nostra per
mangiare insieme il cous cous,
p. ALBERTO PANICHELLA, sx
in cui loro sono maestri. Hanno
accettato, ma sono venuti solo
in quattro, insieme a Gaia, di
“Mission possible”, con cui ci
confrontiamo. Il cous cous era
buonissimo: abbiamo mangiato
e ripetuto. In seguito, sono venute altre persone, con accompagnamento di musiche arabe,
preghiera interreligiosa, simboli
dei popoli e bandiere.
Abbiamo fatto anche un incontro serale a casa loro ed è
andato benissimo. C’era un bel
clima di fraternità. C’erano quasi tutti e siamo intervenuti anche
a livello politico per ottenere acqua, luce e gas! Tiziana, socialmente impegnata, ci rappresenta
in regione e segue la mediazione. Anche i Pigini e Igor, un falegname, sono venuti all’ultimo
■
incontro. (continua nel riquadro)
Renata, a suor Terezinha, brasiliana, e a due giovani. Hanno
ascoltato l’esperienza di un missionario e hanno posto alcune
domande. Che cosa sono le missioni? Lì i ragazzi hanno le nostre stesse possibilità riguardo alla scuola, al cibo, alla religione?
Perché molte maestre non riescono a insegnare fino alla quinta
elementare? Perché i lavoratori
guadagnano così poco? Chi sono
i bambini di strada? Cosa fanno
i missionari per aiutare ad essere
cristiani e a risolvere
i problemi?
Queste e altre domande sono emerse
spontaneamente
prima e dopo che il
missionario ha mostrato un piccolo
film sugli anni passati in missione.
Saper accogliere
e condividere
Toccare con mano
i problemi della missione ha fatto sì che i
ragazzi si rendessero
conto che la preparazione alla Cresima non è solo
teoria, ma un cammino di adesione al vangelo di Gesù. E la fede
personale aiuta ad affrontare tutti
i problemi della vita. Alcune realtà della missione sono presenti,
almeno in parte, anche fra noi. Si
sono accorti che occorre aprire il
cuore ai poveri, ai rifugiati, saper
accogliere e condividere, avere
uno spirito cristiano.
Partire con coraggio…
La Cresima, come ogni Sacramento, ha tre fasi: preparazione,
celebrazione e post-Cresima.
Questa terza fase, che tecnicamente si chiama mistagogia, parola difficile e poco conosciuta,
è la fase del mettere in pratica il
sacramento ricevuto, la realizzazione del compito dato.
Nella Pentecoste, gli Apostoli
hanno ricevuto lo Spirito Santo e, da paurosi e dubbiosi che
erano, sono diventati coraggiosi. Sono partiti per annunciare
a tutti i popoli Gesù risorto e le
meraviglie di Dio, per evangelizzare e battezzare, portare la
salvezza e il regno di Dio.
Come diventare attivi
I ragazzi che sono cresimati
passano da un cristianesimo passivo a uno attivo. Essi cercano di
conoscere e leggere in chiesa la
Parola di Dio, partecipare all’Acr, ricevere i sacramenti della
confessione e della comunione,
aiutare le persone bisognose,
testimoniare anche ai compagni
che vale la pena essere cristiani.
Ogni cristiano cresimato, dopo aver accolto il dono dello
Spirito Santo, riceve la luce e la
forza per amare come Gesù ci
ha amati. Si diventa un missionario che testimonia il vangelo a
quelli che non lo conoscono, sia
nel proprio territorio, sia in missione. Lì occorre imparare una
nuova lingua, adattarsi al clima
e alle persone, collaborare con i
laici e suscitare nuove vocazioni, formare comunità che vivono la liturgia, la catechesi e la
carità per e con i poveri.
I ragazzi di Sirolo hanno gradito questo incontro, hanno portato via un foglio consegnato dal
saveriano. Con la catechista e la
suora riprenderanno i temi della missione.
■
ORA C’È SOLO IL... NOI !
p. A. PANICHELLA, sx
Ormai siamo tanto amici con Faishal, Habib, Rachid, Claudina, Maria, Davide e Giulia... Ci aiutiamo a vicenda e noi “di fuori” abbiamo
portato coperte, lampade a gas, strumenti di pulizie, bombola e fornello. Porteremo anche tante taniche d’acqua... Loro hanno capito
che c’è stima, altruismo e disinteresse. Non hanno paura, né timidezza, c’è stima. Ora c’è solo il noi! Le iniziative le scelgono loro, noi siamo a servizio!
Li ho incoraggiati a riservare una stanza per la moschea e a pregare.
Lo abbiamo fatto insieme. È uscita la proposta di una cooperativa di
produzione con finanziamenti dalla regione. Hanno l’indirizzo delle
ACLI per lo sportello dell’occupazione. L’ultima volta ci siamo lasciati con begli abbracci e ci siamo detti “Inshallah”, “Se Dio vuole”. L’incontro di “Mission possible” del 19 febbraio si è svolto lì… Sarà materia per il prossimo numero del nostro giornale. Gesù è presente nella
casa de nialtri… a cui pensa anche Lui!
2017 MARZO
PARMA
43123 PARMA PR - Viale S. Martino, 8
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Il saveriano alpino è andato avanti
Padre Caselin e la Madonna di Czestokova
I
l nuovo anno in Casa madre è cominciato con una
ri-partenza. P. Lorenzo Caselin
è tornato alla Casa del Padre
all’alba del 31 gennaio, a 93 anni di età. Era nato il 5 novembre
del 1923 a Santorso di Vicenza,
dove aveva frequentato tutte
le scuole e da dove era partito
per servire la patria durante l’ultimo conflitto mondiale come
“Alpino dalle tante avventure”.
Le racconterà lui stesso dopo
la “conversione” che lo porterà alla scelta dei saveriani. Era il
1956. Aveva lasciato tutto, anche
la sua “tosa”, per il Signore. È
stato ordinato presbitero nel 1962. L’ultimo pericolo…
I suoi compiti sono stati quasi
sempre di natura amministrativa,
come economo in Italia prima,
in Congo poi, senza trascurare
la preghiera, la predicazione e la
“propaganda missionaria”, come
si faceva allora, attraverso molte
lettere scritte a mano o dattilografate. È stato tutto per la mis-
sione e in particolare per i suoi
ragazzi poliomielitici.
P. Caselin ha speso più di
cinquant’anni in Congo, fino a
quando si rende conto che la sua
macchina arranca e non risponde
più ai comandi. Aveva affrontato tanti pericoli da prigioniero al
fronte, in una guerra fratricida
dove avrebbe perso sicuramente
la vita se non fosse intervenuta
la Madonna Nera.
Il debito ripagato
Dice lui stesso: “Il 25 gennaio
1945, durante l’avanzata delle
‘armate russe’ in Polonia, nel
campo di concentramento vicino
a Poznan, un ufficiale Cosacco
voleva uccidermi solo perché
portavo il cappello da alpino.
Aveva giurato di uccidere tutti
gli alpini perché, nel 1943, avevano distrutto, insieme ai tedeschi, il suo villaggio natale. Mi
prese per il petto, estrasse la
pistola e me la puntò alla nuca,
sbattendomi contro la colonna
d’ingresso del campo. Sopra la
mia testa c’era murata una maiolica riproducente la Madonna
di Czestokova. Lui la vide e si
fermò. Depose l’arma nel fodero
e mi diede un ceffone, facendomi cadere nella neve ghiacciata.
Un polacco intervenne per difendermi e poi disse: “La Regina della Polonia, la Madonna di
Czestokova, ti ha salvato la vita.
Devi esserle riconoscente”.
Dopo undici anni, mi sono
“convertito” e mi sono fatto missionario. Ordinato presbitero nel
1962, dal 1969 vivo in Congo,
dove dirigo un centro per bimbi
disabili. Nel 1977, durante le mie
vacanze triennali in Italia, seppi
che alcuni ciclisti amici avevano
programmato un giro in bicicletta fino a Czestokova... Così dopo
32 anni ho ripagato il mio debito
di riconoscenza alla Madonna».
Il cappello, la bandiera,
la bicicletta
Al funerale erano rappresentati
i simboli significativi della vita
di p. Lorenzo: il cappello con
L’unità si fa camminando
A 500 anni dalla riforma di Lutero
S
ono passati 500 anni
dall’affissione delle 95 tesi di Lutero alle porte della chiesa del castello di Wittemberg. Il
31 ottobre ricorrerà la data esatta dell’anniversario.
Se pensiamo alla chiesa di
quel tempo, Lutero aveva ragione a denunciarne gli abusi (cosa che farà lo stesso Concilio di
Trento), a richiamare la centralità della Scrittura come norma
fondante della vita della chiesa e
a spronare tutta la cristianità ad
avere come centro “Solo Cristo”.
Le divisioni
causano scandalo!
Tuttavia anche se l’intenzione
originaria del riformatore non
era quella di separarsi dalla chiesa cattolica, ma appunto di riformarla e di renderla più conforme
8
al vangelo, di fatto, dalla scomunica di Lutero, si sono susseguite una serie di separazioni interne alla chiesa, che non fanno
onore né a Cristo né al vangelo. Non siamo rimasti fedeli alla preghiera che Gesù rivolgeva
al Padre: “perché tutti siano una
sola cosa. Come tu, Padre, sei
in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il
mondo creda che tu mi hai mandato.” (Gv 17,21)
E il problema dell’ecumenismo è proprio che le nostre divisioni causano scandalo! Se siamo divisi, come potrà il “mondo
credere che il Padre ha mandato
Gesù?”. Come potrà essere vero il nostro annuncio? Come potremo testimoniare quest’unione
che c’è nella Trinità se noi non
la viviamo nella chiesa? Che im-
La settimana di preghiera per l’unità dei cristiani è stata vissuta in modo intenso
dagli studenti saveriani della Teologia di Parma
p. VITO SCAGLIUSO, sx
PIETRO ROSSINI, sx
magine può avere un credente di
qualche altra religione se non
annunciamo insieme Cristo? Chi
osa affermare di possedere Colui
che è la Verità e non solo anche
la Via e la Vita per ogni uomo?
L’incontro con i metodisti
Siamo chiamati ad annunciare insieme lo stesso Gesù. Come
vediamo, il problema ecumenico non può essere una questione di una “elite” che è “sensibile” a queste discussioni. Esso è
strettamente legato alla missione
della chiesa, non a un suo aspetto! Finché siamo divisi, non siamo la chiesa che Gesù Cristo ha
voluto e desiderato! Nessuna
confessione cristiana lo è e nessuno può rivendicare il diritto di
affermare “noi siamo la chiesa di
Gesù Cristo!”.
Noi studenti saveriani della
Teologia di Parma, in quest’anno stiamo vivendo con particolare intensità il nostro rapporto
con le altre chiese presenti sul
territorio. Abbiamo iniziato con
l’incontro con i giovani metodisti, un momento fraterno vissuto nella visita reciproca delle nostre rispettive comunità. Abbiamo condiviso le nostre storie di
vita, i nostri cammini che ci hanno portato a Parma ad abbracciare la fede cristiana e a consacrare la nostra vita al Signore. ■
(continua nel riquadro)
Il vicentino p. Lorenzo Caselin, per 50 anni missionario in Congo, è salito al cielo
il 31 gennaio; durante il funerale sono stati mostrati i simboli della sua vita:
il cappello da alpino, la bandiera del Congo, la bicicletta. Non poteva mancare
l’icona della Madonna Nera di Czestokova
la penna di alpino, la bandiera
del Congo RD, la bicicletta. P.
Giuseppe Veniero, nell’omelia,
ha ricordato: “Sono stato con p.
Lorenzo per circa tre anni di vita
missionaria in Congo. Tra le cose più importanti sottolineo il suo
zelo apostolico. Aveva organizzato una fitta rete di benefattori da
cui riceveva somme consistenti
per sostenere a Bukavu un centro
per disabili fisici e mentali e per
collaborare al funzionamento del
reparto di pediatria dell’ospedale
generale della stessa città. Quel
reparto funzionava esclusiva-
mente grazie a quegli aiuti.
P. Caselin visitava quasi ogni
giorno il suo Centro per bambini colpiti da varie infermità. Pregava a lungo con loro, dopo aver
fatto, ogni volta, quattro chilometri di strada a piedi. Un anno
fa gli fu consigliato di tornare
in Italia. A Parma l’ho vegliato
qualche volta di notte nella clinica delle “Piccole Figlie”, dove
era stato ricoverato. Ora prega
per noi, Lorenzo. E riposa finalmente in pace nell’abbraccio di
Dio, con la carezza della tua Madonna Nera di Czestokova”. ■
L’ ANNUNCIO SI VIVE, NON SI PREDICA
P. ROSSINI, sx
Abbiamo vissuto la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani
(18-25 Gennaio) che ci ha visti impegnati in momenti di preghiera insieme: una conferenza sul tema dei 500 anni della Riforma e la partecipazione ai diversi culti delle differenti comunità cristiane.
Si respira in questi momenti la bellezza delle parole di Gesù: “Vi do
un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho
amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv
13,34-35). È solo da
questo che il mondo saprà che siamo cristiani, che
siamo discepoli
di Gesù! “Noi siamo la Bibbia che i popoli leggono ancora”, così si canta in qualche
celebrazione eucaristica. Ed è proprio
vero: l’annuncio si vive, non si predica!
Papa Francesco con la visita a Lund
(Svezia), in occasione, per la prima volta
nella storia, della commemorazione luterano-cattolica della Riforma (31 ottobre-1°
novembre 2016), ha definito Lutero “testimone del vangelo”. Ha aperto così un grande orizzonte verso l’unità, donando a tutta
la chiesa la speranza, un giorno, di poter tornare a celebrare insieme la lode al Nostro Signore Gesù Cristo!
Come Papa Francesco stesso esorta: “L’unità si fa
camminando” e allora camminiamo insieme verso l’unità!
2017 MARZO
PIACENZA
25121 BRESCIA BS - Via Piamarta, 9
Tel. 030 3753474 - Fax 030 3772781
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Il saveriano alpino è andato avanti
Padre Caselin e la Madonna di Czestokova
I
l nuovo anno in Casa madre è cominciato con una
ri-partenza. P. Lorenzo Caselin
è tornato alla Casa del Padre
all’alba del 31 gennaio, a 93 anni di età. Era nato il 5 novembre
del 1923 a Santorso di Vicenza,
dove aveva frequentato tutte
le scuole e da dove era partito
per servire la patria durante l’ultimo conflitto mondiale come
“Alpino dalle tante avventure”.
Le racconterà lui stesso dopo
la “conversione” che lo porterà alla scelta dei saveriani. Era il
1956. Aveva lasciato tutto, anche
la sua “tosa”, per il Signore. È
stato ordinato presbitero nel 1962. L’ultimo pericolo…
I suoi compiti sono stati quasi
sempre di natura amministrativa,
come economo in Italia prima,
in Congo poi, senza trascurare
la preghiera, la predicazione e la
“propaganda missionaria”, come
si faceva allora, attraverso molte
lettere scritte a mano o dattilografate. È stato tutto per la mis-
sione e in particolare per i suoi
ragazzi poliomielitici.
P. Caselin ha speso più di
cinquant’anni in Congo, fino a
quando si rende conto che la sua
macchina arranca e non risponde
più ai comandi. Aveva affrontato tanti pericoli da prigioniero al
fronte, in una guerra fratricida
dove avrebbe perso sicuramente
la vita se non fosse intervenuta
la Madonna Nera.
Il debito ripagato
Dice lui stesso: “Il 25 gennaio
1945, durante l’avanzata delle
‘armate russe’ in Polonia, nel
campo di concentramento vicino
a Poznan, un ufficiale Cosacco
voleva uccidermi solo perché
portavo il cappello da alpino.
Aveva giurato di uccidere tutti
gli alpini perché, nel 1943, avevano distrutto, insieme ai tedeschi, il suo villaggio natale. Mi
prese per il petto, estrasse la
pistola e me la puntò alla nuca,
sbattendomi contro la colonna
d’ingresso del campo. Sopra la
mia testa c’era murata una maiolica riproducente la Madonna
di Czestokova. Lui la vide e si
fermò. Depose l’arma nel fodero
e mi diede un ceffone, facendomi cadere nella neve ghiacciata.
Un polacco intervenne per difendermi e poi disse: “La Regina della Polonia, la Madonna di
Czestokova, ti ha salvato la vita.
Devi esserle riconoscente”.
Dopo undici anni, mi sono
“convertito” e mi sono fatto missionario. Ordinato presbitero nel
1962, dal 1969 vivo in Congo,
dove dirigo un centro per bimbi
disabili. Nel 1977, durante le mie
vacanze triennali in Italia, seppi
che alcuni ciclisti amici avevano
programmato un giro in bicicletta fino a Czestokova... Così dopo
32 anni ho ripagato il mio debito
di riconoscenza alla Madonna».
Il cappello, la bandiera,
la bicicletta
Al funerale erano rappresentati
i simboli significativi della vita
di p. Lorenzo: il cappello con
L’unità si fa camminando
A 500 anni dalla riforma di Lutero
S
ono passati 500 anni
dall’affissione delle 95 tesi di Lutero alle porte della chiesa del castello di Wittemberg. Il
31 ottobre ricorrerà la data esatta dell’anniversario.
Se pensiamo alla chiesa di
quel tempo, Lutero aveva ragione a denunciarne gli abusi (cosa che farà lo stesso Concilio di
Trento), a richiamare la centralità della Scrittura come norma
fondante della vita della chiesa e
a spronare tutta la cristianità ad
avere come centro “Solo Cristo”.
Le divisioni
causano scandalo!
Tuttavia anche se l’intenzione
originaria del riformatore non
era quella di separarsi dalla chiesa cattolica, ma appunto di riformarla e di renderla più conforme
8
al vangelo, di fatto, dalla scomunica di Lutero, si sono susseguite una serie di separazioni interne alla chiesa, che non fanno
onore né a Cristo né al vangelo. Non siamo rimasti fedeli alla preghiera che Gesù rivolgeva
al Padre: “perché tutti siano una
sola cosa. Come tu, Padre, sei
in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il
mondo creda che tu mi hai mandato.” (Gv 17,21)
E il problema dell’ecumenismo è proprio che le nostre divisioni causano scandalo! Se siamo divisi, come potrà il “mondo
credere che il Padre ha mandato
Gesù?”. Come potrà essere vero il nostro annuncio? Come potremo testimoniare quest’unione
che c’è nella Trinità se noi non
la viviamo nella chiesa? Che im-
La settimana di preghiera per l’unità dei cristiani è stata vissuta in modo intenso
dagli studenti saveriani della Teologia di Parma
p. VITO SCAGLIUSO, sx
PIETRO ROSSINI, sx
magine può avere un credente di
qualche altra religione se non
annunciamo insieme Cristo? Chi
osa affermare di possedere Colui
che è la Verità e non solo anche
la Via e la Vita per ogni uomo?
L’incontro con i metodisti
Siamo chiamati ad annunciare insieme lo stesso Gesù. Come
vediamo, il problema ecumenico non può essere una questione di una “elite” che è “sensibile” a queste discussioni. Esso è
strettamente legato alla missione
della chiesa, non a un suo aspetto! Finché siamo divisi, non siamo la chiesa che Gesù Cristo ha
voluto e desiderato! Nessuna
confessione cristiana lo è e nessuno può rivendicare il diritto di
affermare “noi siamo la chiesa di
Gesù Cristo!”.
Noi studenti saveriani della
Teologia di Parma, in quest’anno stiamo vivendo con particolare intensità il nostro rapporto
con le altre chiese presenti sul
territorio. Abbiamo iniziato con
l’incontro con i giovani metodisti, un momento fraterno vissuto nella visita reciproca delle nostre rispettive comunità. Abbiamo condiviso le nostre storie di
vita, i nostri cammini che ci hanno portato a Parma ad abbracciare la fede cristiana e a consacrare la nostra vita al Signore. ■
(continua nel riquadro)
Il vicentino p. Lorenzo Caselin, per 50 anni missionario in Congo, è salito al cielo il 31
gennaio; durante il funerale sono stati mostrati i simboli della sua vita: il cappello
da alpino, la bandiera del Congo, la bicicletta. Non poteva mancare l’icona della
Madonna Nera di Czestokova
la penna di alpino, la bandiera
del Congo RD, la bicicletta. P.
Giuseppe Veniero, nell’omelia,
ha ricordato: “Sono stato con p.
Lorenzo per circa tre anni di vita
missionaria in Congo. Tra le cose più importanti sottolineo il suo
zelo apostolico. Aveva organizzato una fitta rete di benefattori da
cui riceveva somme consistenti
per sostenere a Bukavu un centro
per disabili fisici e mentali e per
collaborare al funzionamento del
reparto di pediatria dell’ospedale
generale della stessa città. Quel
reparto funzionava esclusiva-
mente grazie a quegli aiuti.
P. Caselin visitava quasi ogni
giorno il suo Centro per bambini colpiti da varie infermità. Pregava a lungo con loro, dopo aver
fatto, ogni volta, quattro chilometri di strada a piedi. Un anno
fa gli fu consigliato di tornare
in Italia. A Parma l’ho vegliato
qualche volta di notte nella clinica delle “Piccole Figlie”, dove
era stato ricoverato. Ora prega
per noi, Lorenzo. E riposa finalmente in pace nell’abbraccio di
Dio, con la carezza della tua Madonna Nera di Czestokova”. ■
L’ ANNUNCIO SI VIVE, NON SI PREDICA
P. ROSSINI, sx
Abbiamo vissuto la Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani
(18-25 Gennaio) che ci ha visti impegnati in momenti di preghiera insieme: una conferenza sul tema dei 500 anni della Riforma e la partecipazione ai diversi culti delle differenti comunità cristiane.
Si respira in questi momenti la bellezza delle parole di Gesù: “Vi do
un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho
amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv
13,34-35). È solo da
questo che il mondo saprà che siamo cristiani, che
siamo discepoli
di Gesù! “Noi siamo la Bibbia che i popoli leggono ancora”, così si canta in qualche
celebrazione eucaristica. Ed è proprio
vero: l’annuncio si vive, non si predica!
Papa Francesco con la visita a Lund
(Svezia), in occasione, per la prima volta
nella storia, della commemorazione luterano-cattolica della Riforma (31 ottobre-1°
novembre 2016), ha definito Lutero “testimone del vangelo”. Ha aperto così un grande orizzonte verso l’unità, donando a tutta
la chiesa la speranza, un giorno, di poter tornare a celebrare insieme la lode al Nostro Signore Gesù Cristo!
Come Papa Francesco stesso esorta: “L’unità si fa
camminando” e allora camminiamo insieme verso l’unità!
2017 MARZO
PIEMONTE
e LIGURIA
20033 DESIO MB - Via Don Milani, 2
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Uniti nella diversità
CRISTINA UGUCCIONI - Vatican Insider (8/2/2017)
Cristiani e musulmani in Sierra Leone
P
adre Vittorio Bongiovanni
è un saveriano di 76 anni,
40 dei quali trascorsi in Sierra
Leone dove si è molto speso per
salvare i bambini-soldato e dar
loro un futuro. A Kabala, po-
poloso centro situato nel nord,
insieme a due confratelli, guida l’unica parrocchia presente
P. Vittorio Bongiovanni, saveriano mantovano di Bozzolo, da oltre 40 anni missionario in Sierra Leone
Cammino di vita in Camerun
Accanto alla gente, in ogni situazione
P. Franceschetti, saveriano
nativo di Bergamo, ci racconta
alcune esperienze di missione,
ricche di momenti gioiosi e tristi, nei quali leggere la presenza
del Signore.
La mediazione missionaria ci
aiuta a entrare in un mondo che
si avvicina sempre più al nostro,
attraverso gli eventi della storia
presente.
I
l nuovo anno è cominciato. I giovani naturalmente
si sono sbizzarriti in momenti
distensivi, ma anche nell’animazione delle celebrazioni liturgiche e nel presepe, povero
in realtà, con poche statue, tutte
spaiate. Delle iniziative dei giovani, ammirevole è soprattutto il
concerto di Natale della corale
giovanile, che ha eseguito anche
pezzi polifonici difficili ed altri
con danze spettacolari.
I riti di iniziazione
e unità dei cristiani
Sono stato invitato dai confratelli camerunesi a partecipare
a una festa tradizionale che con-
cludeva i riti della “iniziazione”,
dove i giovani sono condotti in
foresta, formati sui valori che li
fanno diventare uomini veri, e
messi alla prova. La festa conserva ancora i costumi di una
volta, a cui continuano ad essere
molto legati. Conservano anche
molto rispetto per i loro capi tradizionali, con decine di mogli e
una corte ben gerarchizzata, nonostante la società abbia ormai
le sue autorità civili.
È appena finita la settimana
di preghiere per l’unità dei
cristiani. Noi abbiamo percorso
le chiese delle varie confessioni
dei nostri quartieri, alternandoci
nella predicazione con i pastori. C’è un notevole cammino di
avvicinamento, anche a livello
della chiesa ufficiale, con papa
Francesco. Lo Spirito Santo ha
sostenuto ciascun percorso e la
nostra diversità può diventare
una ricchezza per tutti. La celebrazione conclusiva si è svolta nella nostra chiesa ed è stata
seguita da un concerto delle corali delle diverse chiese. L’anno
prossimo probabilmente tutta la
p. BENIGNO FRANCESCHETTI, sx
diocesi sarà coinvolta.
Una sofferenza partecipata
Abbiamo partecipato alla sofferenza di una famiglia della parrocchia che ha un bambino di 12
anni, Kevin, catecumeno, malato
di cancro a un ginocchio. Il trattamento di chemio-terapia non
è bastato e si era decisa l’amputazione dell’arto. Ma, quando
l’assistente sociale e alcuni amici avevano deciso di prenderlo
a carico, la visita radiologica
ha rivelato che era troppo tardi:
il cancro era già diffuso persino
nei polmoni. Il ragazzo sarà battezzato tra qualche giorno.
Da voi si soffre il freddo, anche senza neve. Qui siamo in
stagione secca e c’è un serio
problema nella distribuzione
d’acqua, ma siamo ancora fortunati rispetto ad altre zone del
Camerun e del Ciad.
Grazie della vostra amicizia e
siate grati anche voi perché qualcuno vi benedice lassù e vi permette di gioire dell’abbondanza e della pace. Non è un diritto
■
scontato...
8
Incontro Ecumenico di preghiera a Bafoussam-Nefa: durante la Settimana di preghiere per l’unità dei cristiani cinque parrocchie
della zona hanno pregato insieme, “con scambio di pulpito”. Tra i predicatori p. Benigno Franceschetti, al centro
che è la più estesa del Paese e
comprende centinaia di villaggi
sparsi sulle colline.
Nel 2014 p. Vittorio, responsabile delle scuole cattoliche
della parrocchia, ha ricevuto un
prestigioso riconoscimento nazionale: l’università di Makeni
lo ha premiato come “persona
speciale che si è distinta
nella nazione per la promozione dell’istruzione
scolastica per moltissimi
giovani”.
La regola
per vivere in pace
“Qui in Sierra Leone,
noi cattolici viviamo in
armonia con i musulmani, ci vogliamo bene e ci
rispettiamo… siamo uniti
nella diversità. Insieme
ne abbiamo passate tante,
persino una spaventosa
epidemia di ebola, una tragedia peggiore della guerra civile. Qui i cattolici
sono il 2-3%, eppure i rapporti sono sereni. I musulmani in Sierra Leone, sono
moderati, aperti, tolleranti.
Nei villaggi vi è una
bella consuetudine: quando noi
cattolici decidiamo di costruire
una chiesetta, i musulmani contribuiscono alle spese con una
donazione e viceversa. Non è
insolito vedere persone di fede
islamica che vengono in chiesa;
alla messa di Natale ce n’erano
molte. Inoltre, qui le conversioni
al cristianesimo non sono ostacolate: lo scorso anno 70 musulmani si sono convertiti e hanno
chiesto di essere battezzati.
Bisogna aprire il cuore, cercare di vedere gli aspetti positivi
presenti negli altri e costruire
le relazioni a partire da questi
aspetti. È attraverso il sostegno
e il perdono reciproci che gli
esseri umani possono edificare
comunità coese e pacifiche”. Come fermare i barconi Per tutti, cristiani e musulmani, sono la miseria, la mancanza
di lavoro e di futuro, il nemico
da sconfiggere. In questa battaglia, l’educazione è indispensabile, decisiva. Dico spesso che
un bambino senza testi scolastici
diventerà un adulto senza pane.
Nelle nostre scuole ci impegniamo per far emergere e crescere
tutto il buono che c’è in ogni
studente.
Il mio lavoro è aiutare le giovani generazioni ad amare il loro paese, a far fruttare i talenti
ricevuti e acquisire conoscenze
che possano garantire un futuro
dignitoso in Sierra Leone. Con
la nostra attività educativa lottiamo indirettamente contro i barconi che continuano a giungere
in Italia, colmi di disperati. Pregare con cuore e mente
La vita nei villaggi, dove cristiani e musulmani vivono e
lavorano fianco a fianco, può
essere molto dura: la preghiera
sostiene tutti. “Cerchiamo sempre di pregare con il cuore e con
la mente. Porto un solo esempio per chiarire cosa intendo:
in un villaggio un gruppetto di
contadini era in gravi difficoltà
economiche perché non riusciva
a vendere le arance, che marcivano nei campi: noi abbiamo
pregato con il cuore affinché Dio
aiutasse queste persone.
Poi abbiamo pregato con la
testa e ci siamo domandati: perché ciò accade? Abbiamo scoperto che la ragione era la presenza di un torrente, invalicabile
per i carretti carichi di frutta.
Pregare con la testa, in questo
caso, significa dunque costruire
un ponte. Ed è ciò che abbiamo
■
fatto”.
(continua nel riquadro)
I COMANDAMENTI VALIDI PER TUTTI
CRISTINA UGUCCIONI - Vatican Insider (8/2/2017)
Gli istituti scolastici costruiti negli anni dai saveriani, e di cui p. Vittorio è responsabile, sono 49 (43 elementari e 6 medie), con 70-80
alunni per classe. A Kabala insegna M’balu S. Bangura, musulmana,
sposata, madre di due figli: “Mi piace molto lavorare in questo istituto, punto di riferimento per oltre mille bambini di fede cristiana e
islamica. Fra gli insegnanti, che appartengono a entrambe le religioni, vi è grande concordia e lavoriamo insieme senza difficoltà o attriti. Siamo abituati a sostenerci gli uni gli altri. E i matrimoni fra cristiani e musulmani non sono rari”. A proposito dell’attività didattica, p. Vittorio racconta. “Abbiamo
rispetto della fede islamica e non facciamo proselitismo, d’altra parte le nostre sono scuole cattoliche; perciò abbiamo deciso che a tutti
gli scolari fossero proposti i comandamenti di Dio, che sono validi per
ogni essere umano. A questo scopo ho preparato alcuni libretti per
i bambini, calibrati sulle diverse età, che vengono illustrati e spiegati dagli insegnanti durante le lezioni. Insegniamo anche la preghiera dell’Ave Maria e quella del Padre nostro, spiegando che siamo tutti fratelli, e i musulmani, sia gli alunni sia i docenti, le imparano volentieri”. Purtroppo, a causa della povertà, vi sono famiglie che non riescono
a mandare i figli (specie le femmine) a scuola, né a farli proseguire negli studi sino al liceo. “Interveniamo noi garantendo un sostegno economico. Ma non diamo niente per niente: offriamo ai ragazzi e alle
ragazze alcuni lavoretti in parrocchia e li ricompensiamo. È anche così che si prende consapevolezza della propria dignità”. 2017 MARZO
PUGLIA
74122 LAMA TA - Via Tre Fontane, 15
Tel. 099 7772527 - Fax 099 7772558
E-mail: [email protected] - C/c. postale 10423747
IBAN - IT 16A 01030 15803 000063210055 (Monte Paschi Siena, Taranto)
Diventare un po’ missionari
Campo invernale degli scout dai saveriani
I
l 7 e 8 gennaio, il reparto
Pegaso del Gruppo Scout
AGESCI Taranto 17 della parrocchia “Spirito Santo” è stato
ospite dei saveriani di Lama per
il campo invernale.
Sono state organizzate attività
che oscillavano tra la serietà dei
momenti di catechesi e il divertimento del trascorrere del tempo
insieme.
Come stare insieme
Il primo obiettivo era proprio
questo: stare insieme. All’interno di un gruppo di adolescenti,
infatti, è impossibile evitare
che nascano piccoli problemi,
come essere antipatici o il parlarsi alle spalle.
Quindi, per poterli risolvere, e
infondere più coesione all’interno del Reparto, ognuno dei suoi
componenti ha scritto una lettera
a una persona con la quale c’era
stato qualche diverbio o, semplicemente, dell’antipatia, esprimendo i pareri personali e manifestando la volontà di risolvere.
Un’altra lettera è stata scritta a
un ragazzo o ragazza del Reparto ancora poco conosciuto.
Capire chi ci sta vicino
La riflessione emersa da
quest’attività ci ha fatto comprendere che, essendo una squadra che lavora all’unisono, dobbiamo sforzarci di capire chi ci
sta vicino, andandogli incontro
senza alcun pregiudizio. Dobbiamo diventare un po’ “missionari” e, perciò, aiutare, offrire
un sostegno, soprattutto psicologico, a chi ne ha bisogno, ma
non lo esprime.
Tutto ciò ha lo scopo di creare
amicizie, ma soprattutto di imparare a mettersi a disposizione
degli altri, in modo da trasmettere un insegnamento utile a coloro che stanno dall’altra parte. È
anche l’occasione di apprendere
qualcosa di altrettanto significativo, proprio prendendo esempio
dai missionari, sempre pronti ad
essere d’aiuto.
L’attività si è conclusa con la
lettura ad alta voce delle lettere
e la creazione di collane di pasta,
omonime del tizzone di legno
che il capo della tribù degli Zulù
ha donato al nostro fondatore,
Baden Powell.
Promessa e veglia…
Il fulcro del nostro campo
invernale, però, era un altro: la
promessa di alcuni “piedi teneri”, e quindi il loro ingresso a
MARIA CLAUDIA CAZZATO
tutti gli effetti nel gruppo scout
per gli esterni, e nel reparto, per
coloro che erano passati dal branco. Precedentemente, rispetto al momento clou,
si svolgono le veglie
d’armi: un momento
vissuto esclusivamente con la propria
squadriglia e l’altro al
quale partecipa l’intero reparto.
La veglia d’armi ha
origini antiche: prende spunto, infatti, da
quella che i cavalieri
medievali svolgevano prima di ricevere
l’investitura. Anche
nella nostra sono stati
fatti paragoni tra gli
esploratori e i cavalieri, per spiegare la
legge scout.
Sia il momento di
squadriglia che quello di reparto
sono stati molto intensi, ricchi
di emozioni suscitate dall’eccitazione per coloro che si apprestavano a vivere la promessa e
dalla nostalgia dei più grandi,
che hanno condiviso e trasmesso
■
il loro ricordo.
(continua nel riquadro)
Continua la presentazione dei gruppi che sono nostri ospiti. I
più continui, numerosi e vivaci sono gli scout. E le loro osservazioni sono interessanti. Come Maria Claudia esprime, “dobbiamo imparare dai missionari perché aiutano offrendo sostegno
a chi ne ha bisogno ma non lo esprime…”, oppure “i missionari
si mettono a disposizione degli altri in modo da trasmettere un
insegnamento utile a coloro che stanno dall’altra parte”. Questi
concetti, in forme semplici, formulati da ragazzi, sono davvero
illuminanti.
p. Stefano Coronese, sx
Gli scout del Gruppo AGESCI Taranto 17 della parrocchia “Spirito Santo”
ha scelto la casa dei saveriani per il campo invernale
Imparare divertendosi...
Una bella esperienza, da ripetere...
F
È stata una bella esperienza tranne che per lo stomaco!
Dopo aver pranzato abbiamo
fatto siesta per un’ora, poi abbiamo provato ad accendere il fuoco ma pioveva e quindi abbiamo
cucinato all’interno su una vera
cucina. Dopo cena, ci siamo dedicati al fuoco di bivacco svolto
sotto il gazebo, dato che continuava a piovere....
requento il gruppo scout
Ta 10, parrocchia “Madonna delle Grazie”, da 5 anni
e da quest’anno sono in reparto. Sono molto felice della mia
esperienza negli scout, perché
mi diverto molto e imparo molte cose. Alla fine di dicembre ci
siamo recati dai saveriani a Lama per il campo invernale.
Nonostante il tempo non ci sia
stato molto amico è stata un’esperienza positiva. Appena arrivati,
abbiamo scaricato il materiale che
ci serviva e ci siamo messi a montare tende, cucina e tavolo.
8
Come essere un buon scout
Era la prima volta che montavo tutte queste cose e per fortuna
mio nonno, che è uno scout, mi
ha insegnato a fare i nodi come il
nodo parlato e le quadre. Il giorno seguente invece, dopo aver
fatto l’issa bandiera, il nostro
capo reparto Alfredo ci ha raccontato una storia su come essere un buon scout. Dopo la storia,
i capi hanno deciso di farci cucinare alla trappeur (sulla brace).
PIETRO SURIANO
Pietro Suriano ha partecipato con entusiasmo
al campo invernale degli scout con la
parrocchia “Madonna delle Grazie”
Tre giorni indimenticabili
L’ultimo giorno del campetto
ci siamo svegliati un po’ prima,
per fare “pulizia campo”. Subito
dopo aver svolto il nostro compito, p. Stefano ci ha deliziato
con l’esperienza della sua vita in
missione. Non appena terminato
il racconto, i nostri genitori, purtroppo, ci sono venuti a prendere e siamo andati a casa felici e
contenti di questi tre giorni passati con il gruppo scout a Lama.
È stata un’esperienza indimenticabile e per questo abbiamo deciso di fare il pernotto delle promesse, sempre presso i
missionari saveriani. A presto! ■
ESSERE SEMPRE PRONTI !
M.C. CAZZATO
La mattinata dell’8 gennaio è passata in fretta, tra preparativi, pulizie
e messa. Subito, è giunto il pomeriggio e anche il tanto atteso momento delle promesse.
Tutto il reparto era davvero emozionato, in quanto la cerimonia ha,
di per sé, un significato molto profondo e simbolico.
Ci si impegna davanti a Dio con
devozione totale, promettendo sul
proprio onore di fare del proprio
meglio per osservare una legge non
facile, a volte scomoda.
Ma è una legge che ci rende persone più belle dentro, ci insegna a
sentire sempre la voglia di fare, di
gioire, di crescere, di superare le difficoltà col sorriso, ma soprattutto, a
essere sempre pronti!
Maria Claudia, autrice del racconto e cuore
scout della parrocchia “Spirito Santo”
2017 MARZO
REGGIO
CALABRIA
74122 LAMA TA - Via Tre Fontane, 15
Tel. 099 7772527 - Fax 099 7772558
E-mail: [email protected] - C/c. postale 10423747
IBAN - IT 16A 01030 15803 000063210055 (Monte Paschi Siena, Taranto)
Uniti nella diversità
CRISTINA UGUCCIONI - Vatican Insider (8/2/2017)
Cristiani e musulmani in Sierra Leone
P
adre Vittorio Bongiovanni
è un saveriano di 76 anni,
40 dei quali trascorsi in Sierra
Leone dove si è molto speso per
salvare i bambini-soldato e dar
loro un futuro. A Kabala, popoloso centro situato nel nord,
insieme a due confratelli, guida
l’unica parrocchia presente che
è la più estesa del Paese e comprende centinaia di villaggi sparsi sulle colline.
Nel 2014 p. Vittorio, responsabile delle scuole cattoliche
della parrocchia, ha ricevuto un
prestigioso riconoscimento nazionale: l’università di Makeni
lo ha premiato come “persona
speciale che si è distinta nella nazione per la promozione
P. Vittorio Bongiovanni, da oltre 40 anni missionario in Sierra Leone
Legalità, trasparenza, qualità
Cineteatro di Gallico al via i lavori?
Angela MarciaL’ assessore
nò, ospite d’onore alla ma-
nifestazione organizzata dall’associazione culturale “Nuovo
Giangurgolo”, presieduta da
Antonio Trapani Lombardo,
per ricordare Pino Santoro nel
quindicesimo anniversario dalla
morte, ha promesso: “Ad aprile
si potrebbero già avviare i lavori per il completamento del Cineteatro di Gallico nell’ex area
Cral - Enal. È un’operazione non
facile, ma siamo finalmente riusciti a costituire la commissione
che dovrà selezionare l’azienda
per il completamento del teatro”.
Le cose fatte bene…
Per l’assessore, il rinnovato
Cineteatro è un’opera che appartiene a Gallico, ma che deve
essere a servizio di tutta l’area
metropolitana della città di Reggio Calabria.
“La cifra per il completamente dell’opera è importante, un
milione e settecento mila euro
circa. Essendo anche assessore
alla legalità, ho avuto un incon-
tro a Roma con il commissario
dell’anticorruzione, il dott. Raffaele Cantone. Sia per questo
che per altri lavori che si dovranno realizzare in città, come
ad esempio il Palazzo di Giustizia, le ditte appaltanti dovranno
essere assolutamente pulite, serie e professionalmente capaci e
dare certezza che il lavoro appaltato sia portato a termine con
qualità e nei tempi stabiliti dal
bando. In questo caso, un anno
e undici mesi”.
Ci sarà
via Giuseppe Santoro
La notizia è stata accolta dai
presenti con un entusiasmante
applauso. Proprio a gennaio di
quest’anno, il vecchio stabile, costruito dal popolo gallicese negli
anni dell’autonomia comunale,
compie 50 anni da quando è stato
distrutto dalle dolose fiamme.
Il professore Giuseppe Caridi,
presidente della Commissione
toponomastica del comune, ha
mandato una comunicazione
con la quale ha informato uffi-
ORESTE ARCONTE
cialmente i presenti che a Giuseppe Santoro, uomo di cultura,
storico locale e precettore di più
generazioni di giovani gallicesi
e non, è stata intitolata la via ex
Macello a Gallico Superiore.
Una serata
di canzoni e poesie
La manifestazione, dal titolo
“Aspettando il Cineteatro di Gallico - Canzoni e Poesie”, ha visto
protagonisti il cantante melodico
Enzo Marcianò e i poeti Giuseppe
Ginestra, Francesco Surace e Oreste Arconte. Le poesie di Arconte
sono state lette da Antonio Buffon, Rita Scordo e Massimo Zaccone del Laboratorio Teatrale “La
Bottega Teatrale di Giangurgolo”.
La serata si è conclusa con i
ringraziamenti da parte della famiglia Santoro, rappresentata
dalla nipote Adelaide Laganà, e
con una torta offerta dalla pasticceria Franco D’agostino per festeggiare gli 80 anni di Giuseppe Ginestra, allievo di Nicola
Giunta, oggi il più grande poeta
■
dialettale reggino vivente.
“Aspettando il Cineteatro di Gallico - Canzoni e Poesie” era il
titolo della serata per ricordare Giuseppe Santoro, a 15 anni
dalla morte… È stata una serata di annunci importanti
8
dell’istruzione scolastica per
moltissimi giovani”.
La regola
per vivere in pace
“Qui in Sierra Leone, noi
cattolici
viviamo
in armonia con
i musulmani, ci
vogliamo
bene e ci
rispettiamo… siamo uniti
nella diversità.
Insieme
ne abbiamo passate tante,
persino
una spaventosa
epidemia
di ebola, una tragedia peggiore
della guerra civile. Qui i cattolici
sono il 2-3%, eppure i rapporti
sono sereni. I musulmani in Sierra Leone, sono moderati, aperti,
tolleranti.
Nei villaggi vi è una bella
consuetudine: quando noi cattolici decidiamo di costruire una
chiesetta, i musulmani contribuiscono alle spese con una donazione e viceversa. Non è insolito
vedere persone di fede islamica
che vengono in chiesa; alla messa di Natale ce n’erano molte.
Inoltre, qui le conversioni al cristianesimo non sono ostacolate:
lo scorso anno 70 musulmani si
sono convertiti e hanno chiesto
di essere battezzati.
Bisogna aprire il cuore, cercare di vedere gli aspetti positivi
presenti negli altri e costruire
le relazioni a partire da questi
aspetti. È attraverso il sostegno
e il perdono reciproci che gli
esseri umani possono edificare
comunità coese e pacifiche”. Come fermare i barconi Per tutti, cristiani e musulmani, sono la miseria, la mancanza
di lavoro e di futuro, il nemico
da sconfiggere. In questa battaglia, l’educazione è indispensabile, decisiva. Dico spesso che
un bambino senza testi scolastici
diventerà un adulto senza pane.
Nelle nostre scuole ci impegniamo per far emergere e crescere
tutto il buono che c’è in ogni
studente. Il mio lavoro è aiutare
le giovani generazioni ad amare il loro paese, a far fruttare i
talenti ricevuti e acquisire conoscenze che possano garantire un
futuro dignitoso in Sierra Leone.
Con la nostra attività educativa
lottiamo indirettamente contro i
barconi che continuano a giungere in Italia, colmi di disperati. Pregare con cuore e mente
La vita nei villaggi, dove cristiani e musulmani vivono e
lavorano fianco a fianco, può
essere molto dura: la preghiera
sostiene tutti. “Cerchiamo sempre di pregare con il cuore e con
la mente. Porto un solo esempio per chiarire cosa intendo:
in un villaggio un gruppetto di
contadini era in gravi difficoltà
economiche perché non riusciva
a vendere le arance, che marcivano nei campi: noi abbiamo
pregato con il cuore affinché Dio
aiutasse queste persone.
Poi abbiamo pregato con la
testa e ci siamo domandati: perché ciò accade? Abbiamo scoperto che la ragione era la presenza di un torrente, invalicabile
per i carretti carichi di frutta.
Pregare con la testa, in questo
caso, significa dunque costruire
un ponte. Ed è ciò che abbiamo
■
fatto”.
(continua nel riquadro)
I COMANDAMENTI VALIDI PER TUTTI
CRISTINA UGUCCIONI - Vatican Insider (8/2/2017)
Gli istituti scolastici costruiti negli anni dai saveriani, e di cui p. Vittorio è responsabile, sono 49 (43 elementari e 6 medie), con 70-80
alunni per classe. A Kabala insegna M’balu S. Bangura, musulmana,
sposata, madre di due figli: “Mi piace molto lavorare in questo istituto, punto di riferimento per oltre mille bambini di fede cristiana e
islamica. Fra gli insegnanti, che appartengono a entrambe le religioni, vi è grande concordia e lavoriamo insieme senza difficoltà o attriti. Siamo abituati a sostenerci gli uni gli altri. E i matrimoni fra cristiani e musulmani non sono rari”. A proposito dell’attività didattica, p. Vittorio racconta. “Abbiamo
rispetto della fede islamica e non facciamo proselitismo, d’altra parte le nostre sono scuole cattoliche; perciò abbiamo deciso che a tutti
gli scolari fossero proposti i comandamenti di Dio, che sono validi per
ogni essere umano. A questo scopo ho preparato alcuni libretti per
i bambini, calibrati sulle diverse età, che vengono illustrati e spiegati dagli insegnanti durante le lezioni. Insegniamo anche la preghiera dell’Ave Maria e quella del Padre nostro, spiegando che siamo tutti fratelli, e i musulmani, sia gli alunni sia i docenti, le imparano volentieri”. Purtroppo, a causa della povertà, vi sono famiglie che non riescono
a mandare i figli (specie le femmine) a scuola, né a farli proseguire negli studi sino al liceo. “Interveniamo noi garantendo un sostegno economico. Ma non diamo niente per niente: offriamo ai ragazzi e alle
ragazze alcuni lavoretti in parrocchia e li ricompensiamo. È anche così che si prende consapevolezza della propria dignità”. 2017 MARZO
ROMA
00165 ROMA RM - Via Aurelia, 287
Tel. 06 39366929 - Fax 06 39366925
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Non sono sul campo, eppure...
Lettere e messaggi che aumentano la nostalgia
lasciato la mia amata
H oAmazzonia
da qualche
anno. Non ce la faccio a ripartire, eppure la mia testa e il mio
cuore corrono là. E la nostalgia aumenta sempre più perché
la mia gente mi scrive, manda
messaggi e piccoli regali, a volte
qualcuno telefona. Vuol sentire
al vivo la mia voce.
Ronilde e il volo di farfalla
Ronilde è una giovane di
Abaetetuba e ha una passione:
la catechesi. Ha aiutato tanti
giovani ad amare il vangelo e a
diventare catechisti. Da qualche
anno ha dovuto smettere. Aveva
un tumore, è stata operata e sta
recuperando.
Dice lei stessa: “Devo affrontare 18 sessioni di chemioterapia… Sono momenti un po’
difficili, ma pieni della grazia
di Dio. Nonostante tutto, è un’e-
sperienza di incontro, di fiducia
in Dio. È bello sentire vicino
l’amore di Dio e di Nostro Signore. Che davvero Dio mi dia
la grazia di diventare nuova,
dentro e fuori. Non esco più di
casa, ma cammino attorno, innaffiando le piante, guardando
i pesciolini della vasca, conversando con i miei, leggendo, pregando… Avevo proprio bisogno
di questo tempo nel quale in me
Maria prevale su Marta. È come
il processo che porta la larva a
trasformarsi in farfalla, che si libera dall’involucro e si libra in
un bellissimo volo. Solo Dio è
capace di dar senso a cose che ci
paiono senza senso…”.
Sueli
e la “rivoluzione mariana”
Sueli è stata direttrice, ad Abaetetuba, della casa dei “Meninos
de rua” (ragazzi di strada). Ora
p. NICOLA MASI, sx
abita in un condominio a Belém,
capitale dello Stato del Parà.
Donna di fede, voleva aiutare i
vicini di casa a conoscere il Signore e il vangelo.
“Domani faremo la celebrazione di chiusura del pellegrinaggio
della Madonna nelle nostre case.
Non sono state molte quelle che
hanno aderito, ma abbiamo passato otto giorni meravigliosi, con
molte preghiere, testimoniando
la bellezza della presenza di Dio
nella nostra vita, che ci apre il
cuore e ci fa sentire sempre più
fratelli. Pare che qualcosa stia
cambiando. Per esempio non c’è
più quella freddezza quando ci si
incontra. Ci salutiamo, ci sorridiamo, ci interessiamo dei malati. Ora stiamo già pensando ad
altri incontri. Può prepararci una
celebrazione da fare nelle case?
Sarebbe un bel regalo per le nostre famiglie”.
Bangladesh, che nostalgia!
Viaggio quaresimale, regalo di compleanno
P
adre Arduino Rossi, insieme a p. Enzo Tonini e p.
Andrea Gamba, è attivo nell’area
pastorale di Reana. I “tre” hanno
come punto di riferimento la parrocchia di Rizzolo, dove vivono.
P. Arduino è ben contento di trovarsi nella comunità di Udine
nella quale è giunto in agosto. E
lui si fa ben volere al primo incontro per la giovialità e apertura
con cui avvicina le persone.
Ha una lunga esperienza missionaria in Bangladesh: ben
38 anni. Lì le diocesi sono
otto e i cristiani circa 90 mila
su 160 milioni di abitanti. P.
Arduino ha avuto la gioia di
fare di nuovo un salto in quella terra, tanto per “ammazzare” la nostalgia. L’abbiamo
intervistato prima di partire.
Prima di tutto non bisogna
pensare a una rinuncia al cibo
o al digiuno, perché la povertà
in quella nazione è ben conosciuta da tutti. C’è invece l’impegno per una vita di preghiera
più intensa e un’attenzione tutta
speciale per gli ammalati e le
persone sole.
Ogni venerdì poi è vissuto in
modo tutto particolare, avendo
come punto più alto il venerdì
santo. In questa giornata, sono
In Bangladesh come si
vive la quaresima?
celebrate ben tre “via crucis”:
una per i bambini, una per le
donne al pomeriggio, e la sera
invece per tutti gli uomini e per
quelli che, durante il giorno, riescono a lavorare.
Dove sei stato?
Per molti anni ero a Borodol,
la parrocchia più isolata della diocesi di Khulna, e mi sono
trovato subito bene in mezzo a
quella gente. Mi sentivo davvero
contento e realizzato come
sacerdote e missionario. Non
è stato facile lasciare quel
posto per andare altrove.
E a Dhaka cosa facevi
di bello?
Ero alla casa dell’accoglienza. Ogni anno venivano dall’Italia dai dieci a
venti medici per una quindicina di giorni e poi andavano a Khulna, dove hanno
creato un piccolo ospedale.
Si mettevano a disposizione
di chi aveva bisogno e c’era
sempre una marea di gente
ad aspettarli. L’iniziativa si
è interrotta lo scorso anno
dopo l’attentato di Dhaka,
nel quale hanno perso la vita
alcuni italiani.
Come mai questo viaggio?
Potremmo dire che di
mezzo c’è sempre il Signore. Ho espresso al mio
superiore la richiesta di una
famiglia bergamasca, che
per la terza volta, si reca in
Bangladesh, la quale ha manifestato il desiderio di regalarmi il viaggio per il mio
ottantesimo compleanno.
Ho accettato più che volentieri il regalo, ringraziando
anche i superiori...
8
a cura di p. G. PETTENUZZO, sx
P. Arduino Rossi è tornato in
Bangladesh per un viaggio
“scaccia nostalgia”…
Buon viaggio p. Arduino!
Ti aspettiamo per ascoltare le tue nuove avventure
di questo breve “bagno” in
■
Bangladesh.
Da qualche anno, per motivi di salute, p. Nicola Masi si trova lontano dall’amata
Amazzonia, ma i frutti del suo lavoro ci sono eccome! Nella foto, p. Nicola
tra p. Peguero e p. Lupi a Roma durante la festa dei familiari dei saveriani
L’ho fatto e Sueli mi ha risposto. “Tutto è stato meraviglioso;
ogni volta facciamo nuove amicizie. La chiusura è stata bellissima. Tanta gentilezza e disponibilità da parte di molti”.
Erbe
e prediche… miracolose
Dona Deca è un’appassionata
catechista. Mi vuole ancora ad
Abaetetuba. E continua a pregare.
Approfittando dell’amico medico
Mario Mariani, gli ha consegnato
un pacchetto per me. Si tratta di
erbe miracolose. “Le prenda con
fede - mi scrive - mio cognato è
perfettamente guarito”.
Poi ho ricevuto anche una
lettera particolare da Isabela.
“Forse lei non si ricorda di me,
ma io mi ricordo come se fosse
adesso dell’ultima Messa da lei
celebrata, il giovedì santo. Ci
parlò dell’amore sconfinato di
Dio. Quando io ero una bambina mi piaceva molto andare
a Messa con mia nonna ed ero
felice di ascoltare la sua predica, nella quale ci faceva capire
quanto Dio ci amasse. Oggi ho
17 anni e le sono molto grata per
avermi introdotta in questo mondo meraviglioso. Da poco tempo
abbiamo costituito un gruppo di
giovani. Ci aiutiamo, giochiamo,
preghiamo e stiamo studiando
il modo di aiutare tanti ragazzi
che hanno bisogno di conoscere,
amare e seguire Gesù”.
Così, io non sto più sul campo,
ma c’è gente appassionata di Gesù che continua a farlo conoscere ed amare anche a nome mio.
Grazie fratelli e sorelle della mia
amata Amazzonia. Che il Signore vi sorrida e vi benedica.
■
P. SILVANO ENTRA NELLA VERA GIOIA
p. LUIGI LO STOCCO, sx
Caro Silvano, quante scorribande fatte insieme nelle valli dell’Ossola e dintorni durante le vacanze della nostra giovinezza, su quella piccola motoretta che ci dava tanti problemi!
Eravamo sempre pronti a dare il meglio di noi stessi per far sì che
l’animazione missionaria diventasse una priorità nella nostra famiglia saveriana. Quante battaglie combattute insieme perché questo
potesse diventare realtà. A un certo punto i nostri cammini si sono diversificati. Tu sei partito per l’Asia e io per l’Africa e i nostri incontri
si erano diradati.
Ho letto i tuoi scritti. Sempre molto prolifico e attento, con il tuo
linguaggio di scrittore semplice e convincente, hai saputo raccontarci
la vita e le speranze, sapendo aprire il nostro cuore alle tante speranze presenti nelle culture di altri popoli. Sei stato veramente un “grande”.
Ricordi quella sera piena di nebbia,
mentre facevamo ritorno a casa, dopo un ennesimo incontro con i giovani di una parrocchia del vicentino?
Stavamo pregando con il rosario in
mano, mentre tu al volante non vedevi più la strada da seguire. Ci siamo fermati, siamo scesi dall’auto e ci
siamo accorti di esserci fermati a poco più di mezzo metro da un pilone
in acciaio ai bordi della strada. Ringraziammo Dio e la Madonna, che
stavamo pregando. Ci avevano salvati dall’impatto.
Spero che questa stessa Madonna ti abbia accolto in Paradiso, dopo una vita vissuta pienamente e totalmente: “Vieni servo fedele, entra
nella vera gioia...”.
P. Silvano Garello, a Parma, in uno scatto del settembre scorso (foto F. Rota Martir)
2017 MARZO
ROMAGNA
48125 S. PIETRO in VINCOLI RA - Via Angaia, 7
Tel. 0544 551009 - Fax 0544 551811
E-mail: [email protected] - C/c. postale 13591482
Migranti, la sfida dell’incontro
Una storia lunga quanto il mondo...
L
a mostra itinerante, realizzata per la 37ª edizione del
Meeting di Rimini a favore dell’amicizia fra i popoli, è stata portata
anche a palazzo Albertini di Forlì
dal 14 al 22 gennaio. Un insieme
di pannelli e 5 video spiegano il
problema dell’emigrazione.
Migranti che fare? Non abbiamo ricette da proporre per un
problema gigantesco. Tutti hanno un viaggio alle spalle, che
li ha portati qui dalle loro terre. Tutti hanno fatto i conti con
un’umanità, una cultura, una
lingua, una società più o mena
distante da quelle d’origine. Un
poster della mostra ricorda un
pensiero di Dostoevskij: “Io mi
sento responsabile quando un
uomo posa il suo sguardo su di
me”.
Mediterraneo,
centro nevralgico
L’incontro con l’altro è essenziale al chiarimento dell’identità. L’incontro è decisivo di ogni
esistenza. È nel paragone delle
diversità che divento consapevole di ciò che sono. L’identità e i
suoi valori si consumano se non
sono scoperti in maniera vitale.
L’emigrazione ha sempre accompagnato la storia dell’umanità. Il Mediterraneo è sempre sta-
to centro nevralgico di fenomeni
migratori di ampie proporzioni
e di rilevante importanza per la
storia della civiltà europea. I
greci nel mediterraneo orientale
con le città libere e autonome sono consapevoli della loro identità etnica, politica religiosa. Per i
romani la cittadinanza è frutto di
concordia civile e non di identità
etnica; la concedono a chi ne riconosce il valore politico.
Riconoscere le diversità
Anche noi siamo emigrati:
26 milioni per 100 anni, dopo
l’unità d’Italia. Ecco cosa dice
una relazione dell’Ispettorato
per l’immigrazione del Congresso americano sugli immigrati italiani negli Stati Uniti.
“Generalmente sono di piccola
statura e di pelle scura. Si costruiscono baracche di legno e
alluminio nelle periferie delle
città. Fanno molti figli, fanno
fatica a mantenerli e sono assai
uniti tra di loro. I governanti
hanno aperto troppo gli ingressi,
ma sopratutto non hanno saputo
selezionare coloro che entrano
per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti”
Oggi il fenomeno emigrazione
è diventato planetario. Sono 244
milioni i profughi nel mondo. Le
p. DINO MARCONI, sx
persone che vivono in un Paese
diverso da quello in cui sono nate, è in aumento del 41% rispetto
al 2000.
L’Europa vive l’emergenza,
ma 60 milioni di persone vivono vicine alle zone di conflitto
e solo il 10% arriva da noi. Il
terrorismo non richiede solo un
controllo preventivo per evitare
episodi di violenza, ma un islam
aperto e capace di riconoscere le
diversità che arricchiscono col
dialogo e la convivenza.
Non si ama un’idea,
ma le persone
L’unione europea, di fronte
alla crisi dei migranti, non è riuscita a trovare una soluzione comune, dimenticando i suoi ideali
di solidarietà alla base della sua
nascita. I corridoi umanitari sarebbero il modello da seguire per
evitare il fenomeno degli scafisti.
Le parole e gesti di papa Francesco hanno una sottolineatura
particolare nella mostra: “Un
vero incontro implica la chiarezza della propria identità ma, al
tempo stesso, la disponibilità a
mettersi nei panni dell’altro per
cogliere, sotto la superficie, ciò
che agita il suo cuore, che cosa
cerca veramente. Non si ama
un’idea, si amano le persone”.
La teologia del matrimonio
Il ritiro spirituale di diaconi e presbiteri
I
l 15 gennaio, il vescovo
emerito di Ravenna-Cervia mons. Giuseppe Verucchi ha
guidato l’incontro formativo e
spirituale dei diaconi di Ravenna-Cervia e di Forlì-Bertinoro
su Amoris Laetitia e il ministero
del diacono. È stata approfondita
la teologia del matrimonio, per
scoprire le tante cose buone che
Dio ha seminato, perché le facciamo crescere quando amiamo
una persona.
8
Cristiani e induisti
Il rito del matrimonio può essere una festa consumistica, se
si trascura il mistero dell’amore
del Figlio di Dio alla sua chiesa “finché morte non vi separi”.
Senza il mistero dell’alleanza
d’amore, il patto coniugale è solo ricordo del passato, un album
di foto che non influenza la vita
coniugale della chiesa domestica. Il segno degli anelli è cammino della vita vissuta insieme.
Alle nozze di Cana, Gesù ha
dato il segno del buon vino che
p. D. MARCONI, sx
allieta la nascita della nuova famiglia, alleanza di Cristo con
gli uomini e le donne di tutti i
tempi. Nel rito induista dei sette passi intorno al fuoco sacro,
gli sposi recitano invocazioni e
voti per la loro vita futura. Esso
descrive molto bene il cammino
del matrimonio.
zione personale con il Signore,
Gesù?”.
L’immagine del “prete triste”
tradisce la vocazione di donarsi,
come ha fatto Gesù all’annuncio
del Regno col celibato nella fraternità sacerdotale. Il celibato è
vissuto come “consacrazione in
relazione a Gesù Signore”.
Superare
il grigiore della vita
Il 26 gennaio mons. Mario
Delpini, vicario generale della
diocesi di Milano, nella sua relazione (Un po’ di coraggio, un
po’ di gioia) invita i presbiteri a
superare il grigiore della vita nel
“tempo della missione”, riconoscendo il tempo della magnanimità di Dio.
Il vangelo si propone come
la buona notizia che offre speranza, guarisce e aiuta a comprendere il senso della propria
vita. La gioia ha origine nell’esperienza dell’amore di Dio. La
domanda più urgente è: “Come possiamo custodire la rela-
La felicità affidata a Dio
La scelta di operare nella povertà secondo il suo disegno
d’amore, libera dall’asservimento delle “cose”, vince la ricerca ossessiva dell’approvazione, degli apprezzamenti e la frenesia irrequieta del fare.
Solo affidando l’aspettativa della felicità a Dio, e non a
un ruolo da occupare, si vincono le tentazioni di altri scopi, custodendo stili di vita di fratelli e
amici. La vita consacrata supera
l’ansia di esigenze pastorali, con
i passi della grazia di Dio.
Siamo chiamati a vivere la logica del dono nella relazione coniugale o nel celibato sacerdotale. ■
Alcuni dei pannelli che costituiscono
la mostra itinerante sui migranti,
allestita anche a palazzo Albertini
di Forlì in gennaio
Uno sguardo sull’altro
Perfino Fausto Bertinotti ha
riconosciuto che “ad accogliere
i nuovi arrivati, a proporre un
orizzonte di speranza e di convivenza è rimasta solo la chiesa;
nella politica non c’è un equi-
valente dell’appello rivolto dal
pontefice alle parrocchie per offrire ospitalità ai migranti”.
L’informazione deve far conoscere le vie umanitarie alternative e i nuovi vicini di casa per
una serena convivenza. La mostra itinerante offre un momento di incontro per uno sguardo
sull’altro. I cittadini stranieri residenti a Forlì sono circa 14mila. La mostra è proprio una “sfida dell’incontro” vissuta da tanti
■
migranti.
L’ INNOCENTE IRONIA DI P. LUIGI
NEVIO SPADONI
Solo oggi ho appreso, tramite il vostro giornale, di cui apprezzo
sempre i suoi articoli, della dipartita di p. Luigi Menegazzo, da tre anni vostro Superiore Generale. Sono rimasto amareggiato, anche perché ho potuto apprezzare le virtù di p. Luigi, conosciuto nel periodo
del Noviziato a S. Pietro in Vincoli. Su invito del compianto Maestro
p. Alessandro Patacconi, tenevo modeste lezioni di introduzione alla
filosofia ai novizi.
Ho rivisto p. Luigi dopo tanti anni in cattedrale a Ravenna per le
celebrazioni solenni di S. Guido Maria Conforti. In quell’occasione, era
vice di p. Rino Benzoni. Mi disse scherzosamente: “Anche tu sei stato
nostro maestro in Noviziato!”. No, caro p. Luigi, io sono stato solo
un amico che ha tratto da voi tutti, e da te in particolare, esempio di
eroismo cristiano. Ti ricordo giovane entusiasta della tua vocazione,
molto incline agli studi, ma soprattutto alle pratiche di pietà, ricco spiritualmente, nella tua persona apparentemente schiva, ma semplice e
cordiale, piena di delicatezza e capace di innocente ironia.
Hai accelerato il passo verso la Casa del Padre, tu che ti sei sempre
fidato e affidato a Lui. Da quell’abbraccio di amore e di misericordia
trarrai la forza per sostenere la tua amata famiglia saveriana, i tuoi
cari, e tutti gli amici che nel tuo cammino sia pur breve, hai incontrato. E so che ti ricorderai anche di quel Nevio, con qualche anno in più
di te, che ha condiviso a S. Pietro in Vincoli la gioia di tante celebrazioni liturgiche, momenti di studio e convivialità.
Il compianto p. Luigi Menegazzo con mons. Pizzi, vescovo di Forlì-Bertinoro,
in un’immagine curiosa: conversazione in cucina...
2017 MARZO
SALERNO
84135 SALERNO SA - Via Fra G. Acquaviva, 4
Tel. 089 792051 - Fax 089 796284
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IBAN - IT 91 L 03359 01600 100000107863 (Banca Prossima, Salerno)
Il vangelo vissuto nella storia
Il ricordo di mons. Oscar Arnulfo Romero
I
l 24 marzo 1980 moriva,
durante la celebrazione
della Messa, mons. Arnulf Romero, grande profeta del secolo
scorso. Era nato in Salvador il 15
agosto 1917. A tredici anni entra
nel seminario minore diocesano
e successivamente conclude gli
studi di teologia a Roma.
Ha difeso
e protetto il suo gregge
Nel 1966 è eletto segretario
della conferenza episcopale dei
vescovi del Salvador. Nel 1970
è nominato vescovo. Si pensa
che il momento della “conversione” di Romero fu la morte di
p. Rutilio Grande. Romero stesso avrebbe detto che la sua non
era stata una conversione, ma
un’evoluzione, che lo portava a
trovare il proprio posto accanto
ai poveri. Ha voluto sostituire p.
Rutilio per essere vicino ai contadini.
Romero con la sua vita ci ha
dato un messaggio, quello del
vangelo vissuto nella storia attuale.
In una lettera scritta per la beatificazione (23 maggio 2015),
papa Francesco diceva che nei
tempi difficili Oscar ha saputo
guidare, difendere e proteggere
il suo gregge, rimanendo fedele
al vangelo e in comunione con
la chiesa.
Il suo ministero si è distinto per una particolare attenzione ai più poveri ed emarginati.
“Nel momento della sua morte,
mentre celebrava il Santo Sacrificio dell’amore e della riconciliazione, ricevette la grazia di identificarsi pienamente con Colui che ha dato la vita
per le sue pecore”.
p. MARIO GALLIA, sx
Il martirio
non fu improvvisazione
Oggi, a 37 anni dalla sua morte, si sente come pressante ed
evangelica la sua testimonianza, che lo ha portato fino al martirio. Le sue parole, pronunciate
in un’omelia poche ore prima di
morire, riflettendo sul quinto comandamento (“non uccidere”),
sono di un’attualità sconvolgente. Quante persone, ancora oggi,
come lui muoiono!
Era un sacerdote buono, un
vescovo saggio. Amava la chiesa, il papa e il suo popolo. Il suo
martirio non fu un’improvvisazione. Le sue parole erano sempre un incitamento alla conversione, concordia e responsabilità.
La sua carità si estendeva anche ai persecutori. Era un pastore misericordioso.
Bangladesh, che nostalgia!
Viaggio quaresimale, regalo di compleanno
P
adre Arduino Rossi, insieme a p. Enzo Tonini e p.
Andrea Gamba, è attivo nell’area pastorale di Reana. I “tre”
hanno come punto di riferimento la parrocchia di Rizzolo, dove
vivono. P. Arduino è ben contento di trovarsi nella comunità
di Udine nella quale è giunto in
agosto. E lui si fa ben volere al
primo incontro per la sua originalità, giovialità e apertura con
cui avvicina le persone.
Ha una lunga esperienza missionaria in Bangladesh: ben 38
anni. Lì le diocesi sono otto e i cristiani circa 90 mila su 160 milioni
di abitanti. P. Arduino ha avuto la
gioia di fare di nuovo un salto in
quella terra, tanto per “ammazzare” la nostalgia. L’abbiamo intervistato prima di partire.
quella nazione è ben conosciuta
da tutti. C’è invece l’impegno per
una vita di preghiera più intensa
e un’attenzione tutta speciale per
gli ammalati e le persone sole.
Ogni venerdì poi è vissuto in
modo tutto particolare, avendo
come punto più alto il venerdì
santo. In questa giornata, sono
celebrate ben tre “via crucis”:
una per i bambini, una per le
donne al pomeriggio, e la sera
invece per tutti gli uomini e per
quelli che durante il giorno riescono a lavorare.
Come mai questo viaggio?
Potremmo dire che di mezzo c’è sempre il Signore. Ho
espresso al mio superiore la richiesta di una famiglia bergamasca, che per la terza volta si reca
in Bangladesh, la quale ha manifestato il desiderio di regalarmi
il viaggio per il mio ottantesimo
compleanno. Ho accettato più
che volentieri il regalo, ringraziando anche i superiori...
8
In Bangladesh come si vive
la quaresima?
Prima di tutto non bisogna
pensare a una rinuncia al cibo o
al digiuno, perché la povertà in
a cura di p. G. PETTENUZZO, sx
Dove sei stato?
Per molti anni ero a Borodol,
la parrocchia più isolata della
diocesi di Khulna, e mi sono
trovato subito bene in mezzo a
quella gente. Mi sentivo davvero contento e realizzato come
sacerdote e missionario. Non è
stato facile lasciare quel posto
per andare altrove.
E a Dhaka cosa facevi di bello?
Ero alla casa dell’accoglienza. Ogni anno venivano dall’Italia dai dieci a venti medici per
una quindicina di giorni e poi
andavano a Khulna, dove hanno
creato un piccolo ospedale. Si
mettevano a disposizione di chi
aveva bisogno e c’era sempre
una marea di gente ad aspettarli. L’iniziativa si è interrotta lo
scorso anno dopo l’attentato di
Dhaka, nel quale hanno perso la
vita alcuni italiani.
Buon viaggio e ti aspettiamo
per ascoltare le tue nuove avventure di questo breve “bagno” in
■
Bangladesh.
Il 24 marzo è la Giornata dei missionari martiri, in memoria di mons. Oscar Romero
Pastore e martire nostro
Mi piace riportare alcune parti di una poesia di Pedro Casaldaliga.
L’angelo del Signore annunciò
il vespro…
Il cuore del Salvador segnava
24 di marzo e di agonia.
L’angelo del Signore annunciò nel vespro, e il Verbo si fece morte, un’altra volta, nella tua morte; come si fa morte,
ogni giorno, nella carne nuda del
tuo popolo.
E si fece vita nuova! Nella nostra vecchia chiesa!
San Romero d’America Pastore e Martire nostro!
Romero della pace quasi impossibile su questa terra in guerra.
Romero in fior violetto della speranza, incolume di tutto il
continente.
Romero della Pasqua Latinoamericana.
Povero Pastore glorioso, as-
sassinato a pagamento, a dollaro, a valuta.
Povero Pastore glorioso, abbandonato dai tuoi stessi fratelli
del pastorale e di messa…!
I tuoi poveri si ti accompagnavano, in disperazione fedele pastore e gregge, allo stesso tempo, della tua missione profetica.
Il popolo ti fece santo. L’ora del
tuo popolo ti consacrò nel Kairós.
I poveri t’insegnarono a leggere il Vangelo. Come un fratello
ferito da tanta morte sorella, tu
sapesti piangere, solo, nell’orto.
Sapesti aver paura, come un
uomo in combattimento
Però sapesti dare alla tua parola, libera, il suo suono di campana!
E sapesti bere al doppio calice dell’altare e del popolo, con
una sola mano consacrata al servizio.
■
STORIE MERAVIGLIOSE,
POCO CONOSCIUTE
p. CARLO POZZOBON, sx
Giovedì 2 febbraio, festa della Presentazione, è l’occasione per ringraziare il Signore. Così è avvenuto in particolare con la processione
della candelora e nella celebrazione Eucaristica presieduta da mons.
Luigi Moretti alle ore 18.
Abbiamo ringraziato per il dono di tante sorelle e fratelli consacrati
che testimoniano nel mondo il primato di Dio attraverso le preghiere, la vita comune, la missione ad gentes, il servizio alla promozione
umana, l’evangelizzazione e la formazione cristiana, la cultura e l’educazione. Questi fratelli e sorelle pensano e parlano alla comunità
cristiana. La loro vita è una storia meravigliosa che è poco conosciuta.
Sono partiti come Abramo per un luogo ignoto. L’obbedienza ha realizzato per loro un esodo che, per alcune suore e religiosi, li ha portati in giro per l’Italia e per il mondo. È una testimonianza commovente della forza che ha avuto un sogno, un’intuizione giovanile, di farsi
regola e profezia di tutta una vita.
P. Arduino Rossi è tornato in
Bangladesh per un viaggio
“scaccia nostalgia”…
Giovedì 2 febbraio la Giornata della vita consacrata
celebrata alla presenza di mons. Moretti
2017 MARZO
22038 TAVERNERIO CO - Via Urago, 15
Tel. 031 426007 - Fax 031 360304
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TAVERNERIO
I gruppi, amici dei saveriani
La danza come preghiera
circa quindici anni conD aduco,
presso la casa dei
saveriani a Tavernerio, seminari
sul tema: la danza come preghiera, la danza come cura. La danza
è un percorso interiore che porta
alla radice più profonda del nostro “essere”. Ci aiutano a comprendere questa dimensione le
parole del Salmo 150, là dove si
dice “Alleluia, Gloria al Signore.
Tutto quello che ha respiro lodi
il Signore”.
Non è fine a se stessa
È un’esperienza che porta il
danzatore ad aprirsi alla vita che
lo circonda e lo spinge a restituire danzando quello che ha ricevuto da Dio, lodandolo con cor-
JOYCE DIJKSTRA - www.danzemeditative.com
po, mente e anima. Nel contesto
religioso o liturgico, la danza
non è fine a se stessa, ma è un
mezzo per esprimere tematiche,
incontrarci e capire i simboli.
La gestualità religiosa risveglia
aspetti che avevamo dimenticato
e ci porta a una preghiera profonda, senza parole.
Tematiche varie
Ogni incontro è per me un
dono di Dio. Lui ha messo sulla
mia strada la vostra comunità, di
cui ci sentiamo parte. Tavernerio
è un luogo speciale, dove ci sentiamo a casa. L’accoglienza, il
cibo, la bellissima sala, fanno sì
che si crei un’atmosfera speciale, che le persone percepiscono e
“Diano Lode al suo nome con danze” (Salmo 149, 3)… Nel bel salone del quarto
piano, il gruppo immortalato in un momento di danza
portano con sé nelle proprie case. In seguito a questi appuntamenti, alcuni hanno ritrovato la
fede, si sono riavvicinate, dopo
tanti anni, all’Eucaristia.
Le tematiche dei miei seminari sono varie. Abbiamo danzato
il “Cantico delle creature di San
Francesco”, “la Creazione”; negli ultimi anni sto lavorando in
particolare sulla pace, con il percorso “I Valori Universali” (un
ponte fra le religioni).
Gioia, conforto e pace
Durante i seminari ci ispiriamo spesso a san Francesco, che
ha favorito un percorso di dialogo interreligioso, molto caro
anche al papa, facendo rivivere
il suo messaggio di pace e benevolenza attraverso la danza. Ed
è a lui che dedico la mia danza:
“Tu che muovi il mondo, muovi
anche me…”.
Ringrazio, in particolare, il
superiore p. Luigi Zucchinelli,
sempre pronto a darmi sostegno
e consigli sui contenuti religiosi.
Un ringraziamento, inoltre, a tutti i saveriani della comunità; con
la loro presenza donano gioia,
conforto e pace, come veri missionari! Siete nel mio cuore. ■
Abbà, fraternità di laici
Tante proposte nell’oasi dei saveriani
L
a comunità Abbà è una
fraternità di laici (famiglie,
celibi) fondata da fra Giuseppe
Paparone, sacerdote domenicano, che ne è il direttore spirituale. Nasce a Milano nel ‘97 e nel
2002 riceve approvazione ecclesiale di Carlo Maria Martini.
Accolta nella diocesi di Milano, ha il mandato di mettersi
a disposizione della chiesa per
attività di evangelizzazione, anche a supporto delle parrocchie.
Nel 2005 la comunità entra nella
famiglia domenicana.
8
proprio nel nome che si è data.
È la scoperta nella propria vita
di un Dio che, papà affettuoso,
cerca in ogni modo, attraverso il
Figlio, di far sentire la sua presenza nel nostro quotidiano. La
comunità è formata in gran parte
da persone che, prima lontane da
Dio, hanno vissuto un incontro
personale con Lui, un’esperienza di amore che ha trasformato
radicalmente la loro vita.
L’attività della comunità propone percorsi di fede e la collaborazione con la pastorale
parrocchiale (specialmente in
ambito familiare) e presso le
carceri. È stata attivata un’opera di evangelizzazione in strada
con un camper adibito a confessionale e si sta sviluppando
CAROLINA BAGNOLI
una significativa presenza web
(www.comunita-abba.it) e social media.
Rinnovarsi interiormente
L’incontro con i saveriani di
Tavernerio non è solo la risposta
a una necessità logistica. Molte
proposte della Comunità Abbà
hanno, infatti, carattere residenziale: qui svolgiamo ritiri, corsi
per coppie, giornate di spiritualità aperte a tutti… E la struttura
di Tavernerio è un luogo ideale.
Questo incontro di comunità
è stato guidato dalla Provvidenza e ne possiamo cogliere il senso evangelico attraverso il pasIncontri e testimonianze
so “Venite in disparte a riposar“Abbà” significa “papà” in
vi un po’…”. Gesù invita i suoi
aramaico e Gesù si rivolge al
discepoli a staccarsi per qualche
Padre con questo termine. La
momento dalle cose del mondo,
specificità della comunità è
per rinnovarsi interiormente. La comunità Abbà, attraverso le sue iniziative, cerca di favorire
questo momento di
ristoro con Cristo.
La casa dei saveriani di Tavernerio è
l’oasi che lo rende
■
Il gruppo “Abbà” ha trovato nella casa di Tavernerio un luogo ideale per giornate di ritiro e di condivisione possibile.
I fedeli della Koinonia
L
a Koinonia Giovanni Battista è un’associazione privata di fedeli al servizio della
nuova evangelizzazione. Fondata nel 1979, è presente in più di
quindici nazioni, conta migliaia di membri laici, che vivono la
vita consacrata con voti privati.
Ci sono anche 38 sacerdoti.
Per le necessità della chiesa
La parola greca “koinonia” significa “comunione”. Come lo
Spirito Santo ha sigillato il cuore dei discepoli di Gesù con la
carità (Col 3,14), così il legame
di amicizia è il carisma proprio
della Koinonia Giovanni Battista. Tale nome indica l’identità comunitaria e la spiritualità:
Giovanni Battista è il precursore, colui che precede il Signore
che viene.
La Koinonia vuole adoperarsi per rispondere alle necessità della chiesa d’oggi, espresse
da Giovanni Paolo II durante la
sua visita pastorale ad Haiti nel
1983: “Urge una nuova evan-
LUCA GUOLO
gelizzazione, nuova nell’ardore, nei metodi, nell’espressione”. Di tale chiamata ne ha fatto un impegno radicale, adoperandosi ovunque si aprissero
le porte, in ogni tempo, in uno
sforzo d’inculturazione. In tal
modo, l’evangelizzazione porterà un frutto duraturo di adesione radicale a Gesù, radicandosi nella realtà ecclesiale locale.
Tavernerio, punto strategico
Da alcuni anni, la realtà lombarda della Koinonia, s’incontra
ogni mese dai saveriani di Tavernerio (CO) per una giornata
di formazione. È punto strategico che agevola l’incontro tra il
Canton Ticino e la Valtellina da
una parte con il resto della Lombardia… e non solo.
Almeno una volta l’anno tutta la realtà del Nord Ovest (oltre
150 persone) si riunisce con il
delegato Manuel Rossi per pregare e condividere assieme le
nostre esperienze e speranze. ■
La musica, il canto e la gestualità costituiscono aspetti importanti
dei momenti di preghiera dell’associazione Koinonia Giovanni Battista
IN RICORDO DI P. EZIO LOZZA
p. FRANCO BERTAZZA, sx
L’11 gennaio è morto p. Ezio Lozza, saveriano dal 1963 al 1990.
Ordinato presbitero nel 1968, è missionario in Indonesia dal 1975 al
1980. Rientrato dalla missione, sceglie di lasciare l’Istituto e nel 1984
si mette a disposizione della diocesi di Lugano, dove si distingue per
il servizio di diverse comunità parrocchiali.
Ricordo p. Ezio con affetto e stima. Affetto che inconsciamente unisce persone sofferte e stima per chi ha portato la propria croce con
nobiltà, senza pesare sulla sensibilità degli altri. Da buon bergamasco, ha nascosto, sotto la scorza del burbero, un cuore capace di amare profondamente. Non gli interessavano i giudizi degli altri. Questo
gli permetteva di fare del bene senza averne gratitudine.
Amava l’amicizia vera, e in essa sapeva accettare consigli e richiami.
Ha lasciato molte volte una strada intrapresa: dal seminario ai saveriani, dalla missione indonesiana alla pastorale italiana, da questa alla
parrocchia in Svizzera e infine dall’una
all’altra parrocchia… Ogni passaggio è
stato un calvario: conoscere visi nuovi,
nuove esigenze, nuove comunità; iniziare senza compromessi o inutili promesse; il difficile pluralismo gli è stato
fonte di inesauribile ricchezza.
Non macchiò mai la purezza del suo
sacerdozio che intensamente amava.
Lo accompagnava una certa eleganza
sia nel portamento personale, sia nella
bella e solare chiesa, dove faceva vivere con gioia le norme liturgiche nei sacramenti.
Provò l’amarezza di qualche sconfitta,
ma seppe trovare forza ed energie nuove nella fiducia e bontà del suo Signore.
P. Ezio Lozza univa signorilità a un cuore grande
2017 MARZO
VICENZA
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Intestato a: Pia Società S. Francesco Saverio
Il saveriano... profeta
Così ricordiamo p. Silvano Garello
aro Silvano,
avrei voluto essere con i
nostri confratelli nella cattedrale
di Khulna per salutarti e affidarti
al Signore nel tuo viaggio di ritorno a Lui. Lo faccio dall’Italia
scrivendoti quest’ultima lettera.
Ti avevano detto di fermarti più a
lungo in patria per curarti, ma tu
non hai voluto ascoltare nessuno.
Forse avevi il presentimento del
tuo passaggio al Padre e sei voluto tornare nella terra della tua
missione, che tanto hai amato e
per la quale hai speso tutte le tue
energie senza risparmiarti.
siamo incontrati la prima volta a
Parma negli ultimi due anni di
teologia. Erano gli anni ferventi
del Concilio e noi siamo stati i
primi fortunati a celebrare l’Eucarestia in lingua italiana. Poi
tutti e due siamo stati assegnati
alla scuola apostolica di Vicenza,
che pullulava di “apostolini”.
Il primo anno, per l’insegnamento, ci venne assegnata
la prima media, che aveva 60
alunni, divisi in 3 sezioni: due
per me ed una per te. Frequentavamo contemporaneamente
Padova, tu per la liturgia a S.
Giustina ed io al Livianum per
lettere e filosofia. E poi, ogni
sabato e domenica, fuori nei paesi del vicentino a predicare le
giornate missionarie.
Vicenza, scuola
e giornate missionarie
Scherzosamente ti chiamavamo “il profeta” e nessuno di noi
ha mai messo in dubbio che tu
eri innamorato di Gesù, che volevi annunciare, come S. Paolo. Ci
La missione in Bangladesh
La nostra era una comunità
composita: 11 confratelli, di cui
alcuni anziani. Ricordi i tentativi di trasmettere lo spirito del
concilio attraverso gli incontri
settimanali? Dopo quattro anni
P. Silvano Garello, vicentino
di Valdagno, è salito al cielo il
18 gennaio. Lo ricordano i confratelli e il fratello Olinto.
C
p. ANTONIO GERMANO, sx
trascorsi insieme, sei partito per
l’allora Pakistan Orientale. E ti
sei trovato subito nella tragica
vicenda della guerra di liberazione dal Pakistan, un’immane
tragedia di sangue, che segnò
anche la morte di P. Mario Veronesi, di cui tu poi scrivesti una
splendida biografia. Dopo di allora le nostre tracce si persero,
per ritrovarle quando anch’io nel
1977 giunsi in Bangladesh.
Furono quelli gli anni gloriosi della missione, in cui i saveriani si resero protagonisti del
rinnovamento attraverso “vie
nuove” e la scelta prioritaria degli esclusi, dei fuoricasta, a cui
poi si aggiunse quella dei tribali.
Fummo anche i primi, non solo
in Bangladesh, a iniziare il dialogo interreligioso.
Gli ultimi saveriani?
Hai prodotto una quantità
enorme di testi e sussidi per la
catechesi e le celebrazioni liturgiche, di cui è difficile dare un
elenco completo. Eri solito dire,
quando non c’era ancora il computer, che, a forza di scrivere,
Il traguardo delle 95 primavere
“Il Signore ha benedetto le mie fatiche”
C
on i miei più cari amici e
conoscenti ho festeggiato
i 95 anni di nascita (4 febbraio),
40 dei quali passati a Sikakap,
isola delle Mentawai, in Indonesia, non senza soddisfazione,
sempre pronto ad aiutare la popolazione bisognosa di tutto.
8
Rompere il cerchio
dell’egoismo
Questa è un’occasione per
ringraziare Dio, creatore e padrone della vita. E ringrazio chi
ha partecipato a una giornata
ricca di emozioni, che riversa
nei nostri cuori ricordi indimenticabili.
Quando celebrai la prima
Messa nel 1954, la mia mente
ed il mio cuore erano dominati
da un solo pensiero e da un grande desiderio: andare a predicare,
come S. Francesco Saverio, e
testimoniare il vangelo.
Sono partito pieno di entusiasmo verso l’Estremo Oriente e,
guardando i frutti, il Signore ha
benedetto le mie fatiche.
Secondo il piano di Dio, l’uomo battezzato si realizza come
cristiano solo se rompe il cerchio
del suo egoismo, per inserirsi in
una rete di relazione con gli altri. Bisogna sforzarsi ogni giorno di essere con Dio, per essere
cari gli uni e gli altri nell’aiuto
scambievole, in un clima di vera
fiducia, stima e comprensione.
Avere un volto d’amore
È necessario che ci sentiamo tutti impegnati, in forza del
battesimo ricevuto, al di sopra
di ogni spirito di parte e al di
fuori di ogni agonismo, a vivere insieme la ricchezza interiore
della nostra fede. È necessario
avere un volto evangelico e fraterno, fatto di stima reciproca,
fiducia, lealtà e collaborazione;
P. Giacomo Peruzzo il 4 febbraio
ha compiuto 95 anni e in dono è arrivata
anche la pergamena papale…
Ad multos annos!
p. GIACOMO PERUZZO, sx
in una parola, un volto di amore,
di comprensione e accettazione.
Un volto nuovo che non si rompe davanti alle difficoltà, pronto
a illuminare ogni discordia, attivo e responsabile, che sa accettare Cristo.
Non tutti i credenti spendono la loro vita in missione, ma
possono aiutare in altri modi:
possono pregare il Signore, perché faccia risplendere su quelle
popolazioni una luce che guidi
verso la fede. Sono convinto che
quanto ho fatto sia merito anche
vostro. Se non avessi avuto alle
mie spalle un aiuto, forse non
avrei potuto farmi fratello con
quei fratelli in modo concreto
ed efficace.
Accolto con amore
Quando sono arrivato quarant’anni fa nell’isola di Sikakap, il luogo era deserto e senza
cristiani. Ma il seme gettato ha
dato i suoi frutti generosi e abbondanti. Tutto ciò che fate per
noi missionari, fatelo per amore
di Gesù.
Alla fine del mio mandato,
sono approdato a Vicenza, dove
sono stato accolto con amore e
carità. Ringrazio tutti i miei confratelli che mi hanno sopportato
fino a questo momento e spero
■
continuino a farlo.
l’indice della tua mano destra
era diventato calloso. Da non dimenticare infine l’apporto che tu
hai dato alla formazione del clero locale negli 8 anni da rettore
del seminario minore di Khulna.
Te ne vai in un momento in
cui siamo ridotti di numero e
molti di noi avanzati in età. Siamo noi gli ultimi missionari saveriani nel Bangladesh? Prega
per noi il Signore perché non ci
venga mai a mancare l’entusiasmo e la gioia dell’annuncio. ■
Padre Silvano Garello, a destra, con p. Antonio Germano in Bangladesh nel 1989,
in occasione del loro 25° d’ordinazione presbiterale
Ogni tuo esempio non sia vano
OLINTO GARELLO
C
aro fratello,
oggi capisco il tuo desiderio d’andare. Tu, forse, di nascosto avevi sentito un forte richiamo a te gradito. Anche lassù
hai ben da fare, trovando lì, fra i
santi, il benestare.
Ora che hai bussato in Paradiso, avrai certo radioso il tuo
sorriso. Noi qui, piangenti, oggi t’invochiamo finché ogni tuo
esempio non sia vano.
Nel tuo fervente zelo di missionario tenevi come arma il tuo
rosario e coronare ciò che avevi
in cuore, volendo lì portare fede e amore.
Lì in Bangladesh ora lasci un
fardello che aiuta sentirsi ognun
fratello… Ora tu da lassù ci
guardi attento, avvolto fra i beati ogni momento, lasciando quel
messaggio di bontà che aiuta per
pensare all’aldilà.
■
P. SILVANO ENTRA NELLA VERA GIOIA
p. LUIGI LO STOCCO, sx
Caro Silvano, quante scorribande fatte insieme nelle valli dell’Ossola e dintorni durante le vacanze della nostra giovinezza, su quella piccola motoretta che ci dava tanti problemi!
Eravamo sempre pronti a dare il meglio di noi stessi per far sì che
l’animazione missionaria diventasse una priorità nella nostra famiglia saveriana. Quante battaglie combattute insieme perché questo
potesse diventare realtà. A un certo punto i nostri cammini si sono diversificati. Tu sei partito per l’Asia e io per l’Africa e i nostri incontri
si erano diradati.
Ho letto i tuoi scritti. Sempre molto prolifico e attento, con il tuo
linguaggio di scrittore semplice e convincente, hai saputo raccontarci
la vita e le speranze, sapendo aprire il nostro cuore alle tante speranze presenti nelle culture di altri popoli. Sei stato veramente un “grande”.
Ricordi quella sera piena di nebbia,
mentre facevamo ritorno a casa, dopo un ennesimo incontro con i giovani di una parrocchia del vicentino?
Stavamo pregando con il rosario in
mano, mentre tu al volante non vedevi più la strada da seguire. Ci siamo fermati, siamo scesi dall’auto e ci
siamo accorti di esserci fermati a poco più di mezzo metro da un pilone
in acciaio ai bordi della strada. Ringraziammo Dio e la Madonna, che
stavamo pregando. Ci avevano salvati dall’impatto.
Spero che questa stessa Madonna ti abbia accolto in Paradiso, dopo una vita vissuta pienamente e totalmente: “Vieni servo fedele, entra
nella vera gioia...”.
P. Silvano Garello, a Parma, in uno scatto del settembre scorso (foto F. Rota Martir)
2017 MARZO
ZELARINO
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L’Africa mi ha aperto gli occhi
Intervista al fidei donum don Volpato
l’incontro mensile
D urante
di formazione missionaria,
domenica 15 gennaio, al Centro
Urbani di Zelarino, abbiamo incontrato don Giovanni Volpato,
attuale parroco di Santa Maria
Assunta a Jesolo.
La sua esperienza missionaria
in Kenya è stata l’occasione per
chiedergli come l’ha vissuta. Ha
trascorso due periodi della sua
vita: a Ishara (diocesi di Embu)
dal 1982 al 1990 e a Ol Moram
(diocesi di Nyahururu) dal 1995
al 2008. L’abbiamo intervistato.
vità pastorale, alle opere di promozione sociale. A quel tempo
c’era una vecchia idea di parrocchia. Celebravamo la messa
domenica, visitavamo le piccole
comunità, facevamo le attività
con i movimenti ecclesiali e la
visita alle scuole.
Nella seconda missione, ci
sono stati dei problemi a livello
tribale, con morti e feriti. Oltre
al normale impegno, abbiamo
iniziato un’attività (la Saint Martin) con i ragazzi handicappati.
Dopo un censimento, abbiamo
Perché sei partito per la
missione?
Fin dal seminario volevo diventare un presbitero aperto al
mondo. Al patriarca Luciani
avevo chiesto di vivere un’esperienza come Fidei Donum in
Brasile. Erano gli anni ’70, ma i
tempi non erano favorevoli. Mi
ha risposto di “aspettare un buon
segno dalla Provvidenza”.
Poi, il Patriarca diventa papa
Giovanni Paolo I. Il cardinale Cé
lo manda a chiamare e gli prospetta la possibilità di fare un’esperienza a Ishara, in Kenya. E
così tutto comincia.
Come hai vissuto questa
esperienza?
All’inizio eravamo in tre e ci
siamo dedicati, oltre che all’atti-
Don Giovanni Volpato, attuale parroco
di Santa Maria Assunta a Jesolo,
è stato fidei donum in Kenya
a cura di p. OLIVIERO FERRO, sx
scoperto che erano tantissimi.
Li abbiamo messi al centro della
vita del villaggio.
Insomma, tutti dovevano preoccuparsi di loro, così come
S. Martino si era fermato per
aiutare il povero, aggiungendo
però una caratteristica africana:
non più sul cavallo, ma tutti e
due inginocchiati, guardandosi
in faccia. Chi è nel bisogno deve essere messo davanti a me e
incrociare i miei occhi e il mio
cuore.
Cosa ti ha dato l’Africa?
La risposta qui diventa più
profonda. In Africa si impara a
essere più umili, si incontra della
gente bisognosa, semplice, che
si accontenta e che dà il proprio
contributo alla comunità.
Una favola che ci può insegnare molto
U
8
Come un ascensore
Il contadino pensò che il cavallo era già molto vecchio e
non serviva più, e che anche il
pozzo ormai era secco e aveva
bisogno di essere chiuso in qualche maniera. Così, non valeva la
pena sprecare energie per tirar
fuori il cavallo dal pozzo. Allora, chiamò i suoi vicini perché
lo aiutassero a interrare vivo il
cavallo.
Ciascuno prese una pala e
cominciò a gettare della terra
dentro il pozzo. Il cavallo non
tardò a rendersi conto di quello
che stavano facendo e pianse
disperatamente. Tuttavia, con
sorpresa di tutti, dopo che ebbero gettato molte palate di terra, il
cavallo si calmò.
Il contadino guardò in fondo
al pozzo e con sorpresa vide che
ad ogni palata di terra che cadeva sopra la schiena, il cavallo la
scuoteva, salendo sopra la stessa
terra che cadeva ai suoi piedi.
Così, in poco tempo, il cavallo
riuscì ad arrivare alla bocca del
pozzo, a passare sopra il bordo e
ad uscire da lì, trottando felice.
Cinque regole d’oro
La vita ci getta addosso molta terra di tutti i tipi, soprattutto
se siamo già dentro un pozzo. Il
segreto per uscire è scrollarsi la
terra che portiamo
sulle spalle e salirci sopra. Ciascuno
dei nostri problemi
è un gradino che ci
conduce alla cima.
Possiamo uscire
dai buchi più pro-
LUCIANO e ROSINA
Lui di Salerno, lei di un paesino del leccese, si incontrano ragazzini in occasione di un
campo di lavoro e di formazione missionaria nella casa saveriana di Salerno. Così Luciano e
Rosina si raccontano per la rubrica “Vivere la missione”.
È
il settembre 1970. Da lì
la nostra storia si sviluppa sotto le ali del Saverio, nella
condivisione del sogno del Conforti “fare del mondo una sola
famiglia”.
Ci definiscono alcuni numeri:
abbiamo insieme 129 anni, i saveriani fanno parte della nostra
vita da 46 anni, siamo sposati da
41 e laici saveriani da 17. La saverianità, l’amicizia fraterna con
alcuni missionari ha riempito la
nostra vita e anche quella dei nostri figli e nipoti.
Il nostro impegno nell’ani-
mazione missionaria si è sviluppato soprattutto verso i giovani e in varie mostre missionarie e interculturali. Ora, sempre più limitati da
vari acciacchi, ci troviamo a ridefinire il nostro impegno. Nella consapevolezza dei numerosi problemi sociali, delle sofferenze di tanti fratelli, delle
enormi sfide che si presentano,
ci rendiamo conto che la nostra
vocazione è metterci umilmente al servizio, secondo i modi
che quotidianamente ci viene
richiesto. Infatti solo Cristo fa
la missione, noi non siamo che
suoi strumenti.
E il nostro ruolo in tutto questo? Ritornare alla primaria vocazione “Fare del mondo una
sola famiglia”, sforzandoci di
essere sempre più disponibili
all’accoglienza e all’ascolto sen■
za pregiudizi.
Cosa pensi di aver dato tu
all’Africa?
Mi pare di essere stato comprensivo e disponibile a cambiare e a capire i problemi. Soprattutto, ho avuto la pazienza dei
tempi lunghi (voi avete l’orologio e noi abbiamo il tempo, dicono gli africani). In più ho visto
che il Signore scrive bene anche
in situazioni difficili. In sintesi
direi Africa=gioia di vivere e
giovinezza.
E se lo dice uno di 75 anni, c’è
■
da credergli.
Il cavallo caduto nel pozzo
n giorno, il cavallo di un
contadino cadde in un
pozzo. Non riportò alcuna ferita,
ma non poteva uscire da lì con le
sue forze. Per molte ore, l’animale nitrì fortemente, disperato,
mentre il contadino si chiedeva
cosa avrebbe potuto fare.
Ascoltare senza pregiudizi
Luciano e Rosina, saveriani laici, strumenti della missione
p. OLIVIERO FERRO, sx
fondi, se non ci daremo per vinti.
Adoperiamo la terra che ci tirano
addosso per fare un passo verso
l’alto!
Ricordiamo cinque regole per
essere felice:
1.Libera il cuore dall’odio
2.Libera la mente dalle eccessive preoccupazioni.
3.Semplifica la tua vita.
4.Dà in misura maggiore e coltiva meno aspettative.
5.Ama di più e... accetta la terra
che ti tirano, poiché essa può
essere la soluzione e non il problema.
■
Gli animatori della Bassa padovana con
p. Giuseppe Cisco e p. Oliviero Ferro
LA CAPACITÀ DI ESSERCI
ARMANDO e MARISTELLA
“La domanda che tutti mi pongono è: “perché lo fai?”. Si chiede
forse a una madre perché ama il proprio figlio? Ci siamo mai chiesti
perché Gesù ha scelto di amarci? È così anche per me. Non c’è una motivazione che si può spiegare a parole, ma si deve soltanto percepirla
con gli occhi della fede in Dio”.
Questo è il commovente messaggio della missionaria laica Elena
Pezzullo che, durante l’Adorazione Eucaristica organizzata dal Gruppo missionario vicariale di Vigonovo nella chiesa di Tombelle di Vigonovo, presieduta da p. Giuseppe Cisco, ha voluto condividere con i
partecipanti. Sono le vere esperienze di missione, quelle che ti riempiono il volto con lacrime di speranza.
Essere missionari non è un lavoro, non è qualcosa di cui dover dar
conto, non si riduce a dover fare. Lo spirito profondo del missionario
è la capacità di esserci, nella semplicità, nell’affetto di uno sguardo
dato, nel sorriso a un bambino, in una mano tenuta a una persona
che soffre, in ogni angolo della terra. Perché per ogni gesto, persona,
parola che un missionario riceve, è sempre più di quello che riuscirà
mai a dare.