IL PIACERE di CRESCERE - Centro Regionale di Psicologia per lo

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IL PIACERE di CRESCERE - Centro Regionale di Psicologia per lo
IL PIACERE di CRESCERE
di Manuel Del sante
INDICE
Introduzione alla pratica psicomotoria
Dal pre-simbolico al simbolico
Il simbolismo
Il simbolismo degli oggetti
La liberazione dall’immaginario
Il linguaggio corporeo
Il ruolo dello psicomotricista
Bibliografia
“Il principio che sta alla base della pratica psicomotoria o per meglio dire la filosofia che la
ispira: “ il fulcro di tutta l’esperienza è la persona nella sua unicità degna di tutto il nostro
rispetto”.
Introduzione alla pratica psicomotoria
Per psicomotricità intendiamo uno stato esistenziale, cioè il modo originale e
specifico del bambino tra 0 e 12 anni di essere al mondo. Tale modalità specifica si
manifesta con la continua necessità per il bambino di agire per pensare e di pensare
agendo.
Caratteristica costante dell’azione del bambino è quella di essere sempre in relazione
a un “altro”, agli inizi prevalentemente la madre, poi un “ambiente” sempre più
allargato.
Il corpo del bambino interagisce quindi con altri corpi, spazi, oggetti.
“la psicomotricità è dunque prima di tutto un modo d’essere che si rivela
nell’agire”.
Obiettivo della pratica psicomotoria in campo educativo è aiutare il bambino a
integrare le emozioni vissute nel corpo e nel movimento con le rappresentazioni e le
immagini mentali (processo di decentrazione tonico-emozionale).
Tale integrazione è funzione della qualità dell’interazione bambino/adulto e
bambino/bambino. Interazioni attraverso le quali si costruiscono le “catene” di
significati che legano il corpo alla mente, l’azione al pensiero.
Quando parliamo di corpo in psicomotricità lo intendiamo come “tramite tra sé e il
mondo”.
Corpo come realtà che permette all’esperienza del soggetto di costituirsi.
Il bambino attraverso l’espressione del corpo in movimento “crea il mondo”.
Il movimento è l’elemento fondante il pensiero. Per esempio tutte le competenze del
bambino nei primi mesi di vita si caratterizzano perché si manifestano attraverso i
movimenti (succhiare, urlare, piangere, toccare, evacuare, tenere, spingere; sono tutti
verbi d’azione).
E’ nel rapporto con l’altro che esse acquisiscono, la caratteristica di elementi
costituenti il sé del bambino.
E’ l’altro, la relazione, che dà senso al movimento trasformandolo in azione, o meglio
interazione.
L’azione è quindi il modo che il soggetto ha per mettere sé stesso in rapporto con il
mondo esterno.
In psicomotricità ci occuperemo dell’azione del bambino in uno spazio e tempo
definiti.
Oggetto del lavoro psicomotorio è l’azione spontanea del bambino, o espressività
motoria.
Questo concetto si riferisce a tutto quel repertorio di movimenti, espressioni, azioni,
relazioni che si manifestano nel gioco spontaneo: è il caratteristico e individuale
modo del soggetto di esprimere, attraverso il corpo e nel corpo, la sua storia profonda
di relazione ovvero il bambino racconta la storia del suo sé corporeo in divenire.
Lo spazio psicomotorio ha la finalità di dare legittimità al movimento all’azione
spontanea che è in contatto diretto con il mondo interno del bambino.
Il desiderio di movimento per essere soddisfatto deve trovare comprensione e un
contesto espressivo accettato e riconosciuto da adulto e bambino, deve trasformarsi
cioè in azione.
La psicomotricità favorisce la maturazione psico- affettiva del bambino, cioè la sua
“unità globale” attraverso l’attività senso-motoria.
Il tempo
Il tempo in pratica psicomotoria è un contenitore così come lo sono lo spazio, il
materiale e la relazione con l’adulto e gli altri bambini, offre infatti la possibilità di
percepire dei limiti favorendo la costruzione di una cornice, entro cui adulto e
bambini vivono, si esprimono e si relazionano.
Fasi dell’incontro
L’itinerario di maturazione che viene proposto nell’incontro di psicomotricità va dal
piacere di esprimersi, agire e trasformare con il corpo al piacere di esprimersi, agire,
trasformare con il pensiero.
L’incontro è strutturato in quattro momenti:
1. Rituale iniziale dove si accolgono i bambini, si ricordano le regole
indispensabili per poter giocare insieme (non farsi male e non far male agli
altri) e si concentrano i tempi della seduta.
2. Il tempo dell’espressività motoria (gioco senso motorio- gioco simbolico).
3. I rituali finali di chiusura dei giochi (giochi di gruppo).
4. Il tempo delle rappresentazioni grafiche (disegno).
Disegno
Il disegno infantile è una manifestazione creativa della personalità individuale, è
un’espressione globale dell’originalità di un bambino, di quel bambino e non di un’
altro.Attraverso il disegno, il bambino esprime il proprio contenuto emotivo
profondo, il significato di piacere o dispiacere interiore, la storia delle sue relazioni
affettive.
Il disegno inoltre testimonia una situazione di apprendimento quindi coinvolge
componenti percettive e mentali, concetti spaziali e temporali, categorie logiche.
Il gioco
Il gioco è sempre una “rappresentazione” nel senso di “mettere in mostra”. In
psicomotricità questo è possibile all’interno di un quadro spaziale e temporale poiché
il gioco, per essere tale, ha bisogno di una certa protezione e separazione dalla realtà
oggettiva e ordinaria, attraverso regole chiare, precise ed esplicite.
L’area di gioco che si crea in pratica psicomotoria è allora uno spazio tra il sé del
bambino e la realtà.
Queste due istanze opposte, dove quella del sé porta i suoi bisogni e desideri profondi
e quella della realtà esterna e sociale porta le sue regole e limitazioni, trovano
nell’area di gioco e nell’azione- interazione la mediazione tra il sé del bambino e la
realtà.
Nei modi in cui il bambino gioca e si mette in mostra costruisce uno spazio originale
dove egli stesso si può aprire alla comunicazione, alla creazione e al pensiero e dove
lo psicomotricista può osservare e intervenire al fine di facilitare il piacere di agire, di
trasformare e di pensare.
Gioco senso-motorio
Il piacere senso-motorio è alla base dell’originalità della pratica psicomotoria e si
esprime attraverso i giochi di : dondolio, rotolare, cadere e sprofondare, l’
arrampicarsi, correre ecc.
Gioco simbolico
Il gioco simbolico è il gioco di finzione, il classico “Facciamo finta di…”
Il bambino attraverso il gioco simbolico rappresenta la realtà come gli piace e non
come è oggettivamente e nel rapporto con gli oggetti il bambino agisce per rispondere
alla domanda “cosa faccio io con questo oggetto?”
Il bambino allora proietterà nel gioco i suoi desideri, le sue emozioni, le sue paure
modellando così la realtà esterna in relazione al suo mondo interiore.
•
Dal pre - simbolico al simbolico
Nel gioco, diversamente che nelle fantasticherie e nel sogno, la
simbolizzazione ha luogo per il tramite di oggetti, di azione su oggetti e di
parole. Pur motivata da forze interne, l’attività ludica si appoggia “a dati di
realtà” che sono sia di natura fisica (possibilità, limiti) che relazionali
(influsso,giudizio). La sostituzione simbolica permette. Per quanto si
riferisce al versante “interno”, di integrare in una realtà più armoniosa ciò
che nell’esperienza è sentito come inconciliabile.
Per la psicoanalisi il gioco è una rappresentazione simbolica della realtà
interna la quale trova, attraverso di esso, una efficace via di sfogo così
come avviene per i sogni, le fantasie e le produzioni artistiche.
Le prime forme di gioco si presentano parallelamente a quei processi di
evoluzione psichica che la Mahler chiama “nascita psicologica del
bambino” attraverso la quale il bambino si stacca gradualmente da forme di
distinzione cognitiva ed emozionale dal mondo di persone e cose
circostanti.
Winnicott descrive lo stesso percorso facendo riferimento alla complicità
affettiva della madre sufficientemente buona che, dopo aver illuso il
bambino nel suo senso di onnipotenza, lo supporta nella sua frustrazione di
fronte ai bisogni non soddisfatti immediatamente. Le esperienze che si
introducono nelle fratture dell’assetto psicologico del bambino, che egli
percepisce come destrutturati, lo portano a reagire attraverso modalità pre –
simboliche finalizzate, restaurando allucinatoriamente l’unità con la madre.
Succede, afferma Winnicott, che un oggetto dell’ambiente, venga investito
di cariche affettive dal bambino. Quell’oggetto, chiamato oggetto
transizionale ha caratteristiche peculiari: è di esclusivo possesso del
bambino; è trattato con affetto; sopravvive sia al suo amore che al suo odio;
non può andare perduto; sembra che abbia una propria vitalità. E’ un
simbolo in quanto “sta per” la madre ma “non è” la madre. Questo aspetto
paradossale del simbolo fa si chè l’oggetto transizionale, in quanto
simbolo, promuova nel bambino lo sviluppo, aiutandolo a tollerare la
separazione dalla madre.
Pur essendo l’oggetto inanimato è il bambino che provvede attivamente ad
animarlo. Egli lo sente come parte di sé e contemporaneamente come
qualcosa di separato da sé, come oggetto indipendente.
Fornari afferma che le esperienze transizionali sono contemporaneamente
esperienze affettive, con valore erotico – aggressivo. Consentono di
padroneggiare le ansie di base connesse ai rapporti oggettuali e sono una
messa alla prova delle proprie capacità di dominare realisticamente le cose
(Fornari,1963). La scoperta del mondo esterno, attraverso le prime
esperienze transizionali, non avviene però tutta d’un colpo; inizialmente i
bisogni affettivi prevalgono su quelli esplorativo – conoscitivi e
successivamente il gioco appare meno dominato dalle fantasie inconscie e
più orientato all’attività cognitiva. Usando gli oggetti transizionali il
bambino comincia a conoscere anche le proprietà degli oggetti e la
possibilità di usare le proprie azioni per ottenere degli affetti, e prende a
rendere anche finalizzate le proprie azioni.
Nel periodo che va da uno a tre anni si verificano notevoli acquisizioni sul
campo fisico del bambino e attraverso l’attività ludica viene rappresentato
il rapporto con il corpo. La fantasia onnipotente è una risposta al senso del
limite che il bambino sperimenta continuamente: molte cose non può farle
o non sa farle perché non è sufficientemente capace o perché sono vietate.
Il gioco diventa allora un modo per fare queste cose negate e il piacere del
gioco nasce dal senso di padronanza sul corpo e sulle funzioni del corpo.
Per questo Winnicott dice che l’atto simbolico è fondamentalmente un atto
creativo, come sosteneva C. G. Jung, che definisce una dimensione
particolare dell’esperienza in situazione intermedia tra la realtà puramente
soggettiva e la realtà oggettivamente percepita. Si tratta dell’atteggiamento
ludico, un’area di esperienza, un atteggiamento particolare nei confronti
della realtà mediante il quale è possibile trovare una conciliazione gettando
un ponte tra il mondo interiore, idiosincratico e individuale, nel quale
siamo sovrani onnipotenti, e il mondo esterno con il quale siamo costretti
incessantemente a venire a patti nello sforzo di adattamento per la
sopravvivenza. Il processo simbolico integra questi due mondi in modo
particolare e paradossale creando uno spazio diverso da ambedue ma
continuamente in relazione con essi, che Winnicott chiama: spazio
dell’illusione e del gioco. Questa dimensione dell’esperienza non è “data”
ma è “creata”; è il prodotto di un’attività mentale nella quale il soggetto
non si preoccupa di accomodarsi al mondo esterno allo scopo di dominarlo
ma tende a riconciliarsi con esso rivestendolo con qualcosa del sé.
Il gioco diventa un teatro, una messa in scena, nel quale si attua un
tentativo di integrazione dell’esperienza emotiva interiore e del mondo. Nel
gioco gli oggetti inanimati diventano personificati dall’attività fantasmatica
del bambino che vi proietta il proprio mondo interno sottoponendoli al suo
assoluto controllo.
I primi giochi, del gettare e riprendere, del nascondere e del ritrovare, del
mettere insieme e del dividere, del rompere e del ricomporre esprimono le
esperienze emotive del piccolo legate ai rapporti che egli sperimenta e
subisce: unione e abbandono, odio e amore, distruzione e riparazione.
Secondo Erikson il bambino, fra i 18 mesi e i 3 anni, diventa consapevole
della propria indipendenza (sancita dalla scoperta del “no”); egli impronta
sull’ambivalenza i rapporti con oggetti e persone e il gioco riveste
particolare importanza offrendo al bambino un’isola in cui sviluppare, al
riparo da ogni rischio, la sua autonomia nell’ambito dei confini e leggi da
lui stesso stabiliti: il piccolo docile mondo dei giocattoli è un porto che il
bambino si costruisce per rifugiarvisi quando ha bisogno di rimettere in
sesto il suo Io (Eriksson, 1950).
Secondo Lapierre la progressiva rottura della fusionalità corporea, nel
rapporto madre - bambino, e contemporaneamente la persistenza del
desiderio fusionale, creano la necessità di ricercare nel corpo dell’altro dei
sostituti. Questo processo apre al bambino l’accesso al mondo simbolico.
Il costituirsi di uno “spazio fusionale” permette così l’evolversi e lo
strutturarsi dei mediatori di comunicazione quali il gesto, la voce, lo
sguardo, la mimica, la manipolazione degli oggetti nelle loro qualità
(movimento, sonorità, contatto, ecc…).
Inoltre è lo sviluppo e individualizzazione dello spazio fusionale nel
bambino, che attraverso la nascita di una differenziazione dello spazio di
autonomia, apre la via ad una evoluzione della comunicazione e di tutti i
processi di simbolizzazione.
Sarà fondamentale, la “perdita della fusione corporea”, la perdita del corpo
dell’altro come complementarietà della mancanza a permettere l’accesso al
linguaggio.
L’accesso all’identità necessita, quindi, di una rottura fusionale, ricercata
attraverso l’aggressività contro il corpo dell’adulto e i suoi sostituti
simbolici.
•
Il Simbolismo
L’uomo parla, perchè è il simbolo che lo ha fatto uomo (Lacan, 1966)
L’etimologia del termine “simbolo” è essa stessa molto simbolica. Il “
symbolon” (radice greca) era un oggetto tagliato in due che sostituiva un
segno di riconoscimento, quando coloro che lo portavano potevano riunire i
due pezzi. Il senso che viene accordato al simbolo, si basa sulla
trasposizione analogica. Si tratta di riunire i due pezzi: l’oggetto, il fatto o
l’immagine reali, obiettivi e il senso astratto che può essergli attribuito.
In ambito psicoanalitico il simbolo rientra nella categoria dei segni in
quanto esiste un rapporto costante e individuabile attraverso
l’interpretazione, tra simbolo e simbolizzato. Questa continuità, si può
aggiungere, non è affermata soltanto a livello individuale, ma anche a
livello culturale nelle espressioni simboliche del mito, della religione e del
linguaggio. Il simbolismo appartiene quindi alla rappresentazione inconscia
del popolo e lo si ritrova nelle sue espressioni culturali.
S. Ferenczi sostiene a riguardo che i simboli, sono rappresentati da quelle
rappresentazioni a cui nella coscienza prende parte un investimento
affettivo proveniente dall’identificazione rimossa nell’ inconscio da un’altra
rappresentazione. E.Joenes conviene con Frenzci affermando che viene
simboleggiato solo ciò che è rimosso, e solo ciò che è rimosso ha bisogno
di essere simboleggiato (E.Jones,1913).
Altri autori come la M.Klein e W.R.Bion vanno oltre la nozione di simbolo
legata alla trasformazione di un contenuto latente in un contenuto
manifesto ed estendono questo concetto agli oggetti interni (come ad
esempio il seno (“buono” e “cattivo”) che essendosi radicati nella mente,
condizionano la modalità di percepire la realtà esterna.
L’atto “simbolico” esprime quindi chiaramente il desiderio mentre evita il
passaggio all’atto reale. Questo genere di simbolizzazione è costantemente
utilizzato dai bambini nei loro giochi (“su fa per finta”).
Negli incontri di picomotricità questa pratica è spesso utilizzata. E’ cio’ che
Lapierre chiama “mantenere la relazione a livello simbolico”.
•
Il simbolismo degli oggetti
Nella pratica psicomotoria relazionale vengono messi a disposizione dei
soggetti un certo numero di oggetti. Questi sono utilizzati come mediatori
di comunicazione con gli altri. Diventano mezzi di scambio, di aggressione
o di seduzione, oggetti di desiderio e a poco a poco vengono caricati di
valenza affettiva. Per la loro dimensione, forma, struttura, il loro contatto o
la loro plasticità, i palloni – i cerchi – le corde – i tubi di cartone – i tessuti
– i cartoni da imballaggio, si prestano particolarmente bene a una
utilizzazione simbolica in cui è implicato il corpo. Si troveranno perciò
investiti di una dimensione simbolica; al significante materiale, oggettivo,
si sostituisce un significante immaginario soggettivo.
Questa sostituzione può essere conscia o inconscia. Quando è conscia
l’oggetto rappresenta per il soggetto, una tale persona che può essere, la
madre, il suo bambino, il padre ecc..
Ciò crea la possibilità al soggetto di comportarsi con l’oggetto simbolico,
come desidera o come non si può permettere di comportarsi con la persona
che in quel momento lo rappresenta.
La messa in atto simbolica, obbliga al soggetto di accettare il desiderio e di
materializzare il fantasma provandone tutto il carico emozionale di cui è
investito.
La sostituzione, come abbiamo detto pocanzi, può avvenire anche ad un
livello inconscio, il soggetto in questo modo agisce come avrebbe
desiderato fare in passato con la persona che in quel momento è
rappresentata dall’oggetto stesso.
Gli oggetti utilizzati non hanno in sé alcun significato simbolico, ma hanno
soltanto alcune caratteristiche fisiche come la forma, il colore, la
consistenza che svolgono la funzione per una trasposizione analogica. Il
senso che il soggetto da all’oggetto è una produzione esclusiva del suo
desiderio, attraverso il simbolismo dell’oggetto, ciò che si esprime
rappresenta tutto il contenuto della relazione.
Lapierre sottolinea che la sola relazione con l’oggetto fa emergere nel
soggetto i sentimenti positivi, negativi o conflittuali, limitando però la
proiezione o l’interferenza con un altro soggetto. Ciò evidenzia che
l’utilizzazione troppo sistematica dell’oggetto simbolico può essere
considerata una fuga da parte del soggetto. Il quale si rifugia verso una
relazione in cui egli è possessore unico del potere. Ciò mette il soggetto
nelle condizioni tali in cui non è presente una dinamica conflittuale.
L’attività ludica presenta numerose trasposizioni analogiche che possono
prestarsi a un’ interpretazione simbolica.
Ogni oggetto può quindi rappresentare qualsiasi cosa a seconda della
fantasia del momento presente nel soggetto, ma dato che tutti gli esseri
umani hanno tendenza a percepire e a utilizzare le “stesse” analogie, alcune
rappresentazioni appaiono in maniera ripetitiva.
Si citerà qui di seguito le analogie che i soggetti attuano, “generalmente”
(secondo Lapierre), con i diversi oggetti presenti in sala psicomotoria.
I palloni
Quelli che vengono utilizzati durante le sedute sono i cosiddetti “palloni da
spiaggia”, di plastica, dai colori vivaci. A seconda del loro volume vengono
differentemente investiti. La taglia media (diametro di circa 20 cm), sono
spesso identificati per analogia di forma e di contatto, con il seno materno
(metafora), ma anche con la madre nella sua globalità (sineddoche). Questa
madre a cui si fa riferimento è una madre che, secondo gli psicomotricista
appartiene ad una fase pre-edipica, ovvero la madre che nutre e protegge.
Il pallone è un oggetto che si può prendere, possedere e difendere, ma non
possono essere penetrati: ci si può sedere sopra, in questo caso esso ha la
funzione di sostenere, oppure sotto, e in tal caso il soggetto può anche
sentirsi schiacciato. Il pallone in quanto volume arrotondato e oggetto
morbido al contatto, si presta anche all’identificazione con diverse persone
e particolarmente con il bambino. Il bambino che il soggetto ama, che
desidera, il bambino che il soggetto no ha avuto, il bambino che può aver
perduto. La sua utilizzazione può simbolizzare anche la gravidanza,
infilato sotto un maglione diventa feto.
Il cerchio
E’ percepito il più delle volte, dai soggetti, sia consciamente che
inconsciamente, come uno “spazio chiuso” nel quale è possibile introdurre
il proprio corpo. Questa nozione di spazio chiuso serve di base all’analogia.
Su questa base si costituisce tutta una catena di significanti, materiali e
simbolici. I “significanti materiali”, come il cartone dell’imballaggio, la
cassa, il cassone, l’armadio, tutte le costruzioni chiuse. I “significanti
simbolici” come la “casa”, luogo di sicurezza e per analogia il “ventre”, l’
“utero” che contiene fisicamente e la “madre” che contiene affettivamente.
Ma anche la “prigione” che racchiude e per analogia tutto quello che
affettivamente, moralmente, psicologicamente limita la libertà. Un altro
significante simbolico è il corpo stesso che racchiude i limiti corporei, le
limitazioni dei desideri le inibizioni e i divieti.
Infine il cerchio può rappresentare qualsiasi persona nella misura in cui
ciascuno è imprigionato nel suo spazio corporeo e psichico. Si vedono
spesso, molti cerchi utilizzati spontaneamente da un individuo per
simboleggiare i membri della sua famiglia, organizzare e riorganizzare
questa struttura e collocarsi al suo interno. Questi diversi significanti
analogici sono caricati di affetti diversi accumulati da ciascuno nel corso
della propria esistenza, dopo la nascita e, più avanti, di ricordi e di fantasmi
più o meno rimossi nell’inconscio. Tutto questo materiale immaginario
viene proiettato nella relazione con l’oggetto. L’utilizzazione dinamica, di
questo oggetto, fa apparire un’altra possibilità di trasposizione analogica;
infatti in questo spazio si può “penetrare”. La penetrazione è un
significante molto carico di affetti, di fantasmi più o meno colpevolizzati.
Utilizzato nella relazione, questo oggetto permette di affrontare
simbolicamente alcune situazioni conflittuali: penetrare nello spazio
dell’altro, esservi accettato o rifiutato. Invitare l’altro nel proprio spazio,
catturarvelo, rinchiudervelo, espellerlo. Si può anche penetrare
simbolicamente introducendo un oggetto.
Questo oggetto può simbolizzare analogicamente la nascita, la rottura
fusionale o l’uscita dalla dipendenza.
Le corde
Vengono utilizzate dei pezzi di corda da alpinismo di diverse lunghezze.
Lisce colorate, indistruttibili che hanno il vantaggio di essere facilmente
districate da parte dei soggetti. Le trasposizioni analogiche giocano su
molte immagini tra le quali: “il legame che unisce”che può simbolizzare,
consciamente o no, il cordone ombelicale che può essere esso stesso la
metafora dell’attacccamento e della dipendenza dalla madre. L’analogia
può estendersi a qualsiasi legame affettivo con questa ambivalenza del
desiderio di unione e della paura di perdervi la propria libertà. “Il legame
che vincola”, imprigiona, paralizza. Simbolo di dominazione per colui che
lega, di sottomissione per colui che si lascia legare. Spesso ha una
dimensione sadomasochista. Nel suo aspetto ludico, è il guinzaglio che
assicura il dominio dell’animale. Per colui che si lega da solo, può
rappresenta l’autocensura, l’autocastrazione, la materializzazione del
divieto, del Super – Io repressivo.
“L’aggressione e l’omicidio volontario” lo strangolamento, l’impiccagione.
Aggressione violenta contro l’altro o contro se stessi.
“La frusta, il frustino” simbolizzano una aggressione di un altro tipo. Ha un
carattere di provocazione o, più spesso, di punizione e di dominazione con
una forte carica sadica.
I tubi di cartone
Si utilizzano anche tubi di gommapiuma. Per analogia di forma, vengono
utilizzati dai soggetti come fucili o spade che permettono la scarica
simbolica di un’aggressività omicida. Questo oggetto può evocare anche il
pene, per sineddoche il padre e per trasposizione simbolica il fallo e il
potere.La presenza di questi oggetti fallici nella sala provocano sempre
relazioni aggressive che traducono il più delle volte lotte di potere e si
concludono spesso con la distruzione di detti oggetti. Per gli uomini, si
tratta di distruggere il fallo dell’altro e, ben inteso, del padre. Le femmine
hanno più tendenza a distruggere l’oggetto per ciò che rappresenta: il
simbolo del potere dell’uomo. Può anche trattarsi per loro, sia di
ridimensionare la loro dimensione fallica, sia di distruggerla perché non
possono assumerla.
I tessuti
Possono essere di altezze differenti, di differenti colori e di consistenza
variabile, rappresentano analogicamente tutto ciò che può avvolgere, il che
si presta a molteplici trasposizioni. Per esempio possono rappresentare “la
placenta” ma anche, più simbolicamente, l’avvolgimento materno, il calore
affettivo. Possono anche rappresentare “l’intimità”, la protezione dallo
sguardo degli altri, dal loro giudizio. Oppure l’ “aggressione” per
soffocamento che denota una dimensione sadica.
Questi diversi significanti simbolici, opposti, possono presentare tra loro
relazioni di ambivalenza. Il “calore materno” può anche “soffocare” e
“seppellire” in una “intimità” simbolica, “protetta dallo sguardo dell’altro”,
dallo sguardo del padre. La doppia polarità dell’investimento simbolico
esprime allora l’ambivalenza della relazione con la madre; amore – odio,
desiderio e paura della regressione.
I tessuti permettono anche il travestimento, l’identificazione con
personaggi immaginari. Associati ai differenti oggetti, permettono
l’espressione dei fantasmi in giochi drammatici, imprevedibili nel loro
svolgimento e nella loro evoluzione ciascuno recita un ruolo improvvisato,
che interferisce con quello degli altri, tra l’espressione del vero Io e la
caricatura del falso Io.
I cartoni da imballaggio
Questo materiale ha il vantaggio che può essere distrutto. Analogicamente
rappresenta la “casa” con il suo sostituto metaforico: “la madre”.
Questo materiale può essere utilizzato in molte altre attività ludiche e può
rappresentare per esempio l’auto o il battello.
•
La liberazione dell’immaginario.
Il gioco spontaneo, come il gioco del bambino, è per natura immaginario e
onnipotente. Negando il principio di realtà, esso rimanda al principio di
piacere, quindi ai processi primari. Il gioco funziona sul modo di pensiero
analogico che è anche, il modo di pensiero dell’inconscio. Esso fa all’inizio
appello ad analogie consce o semi – consce: il bastone diventa fucile,
spada; la cassa diventa casa, barca, vettura o qualsiasi altra cosa secondo la
fantasia che l’individuo riesce ad esprimere in quel momento. In questi
processi analogici si può svelare la presenza di motivazioni inconscie: non
è un caso che la cassa diventi casa per uno e barca per l’altro.
Questo oggetto, come significante, evoca per ognuno nel suo inconscio,
significati diversi in rapporto ai suoi fantasmi. Ma le analogie inconscie si
sovrappongono progressivamente alle analogie consce e possono anche
sostituirsi a queste: la cassa diventa metafora dell’utero, metonimia della
madre; il bastone o il tubo di cartone diventa metafora del pene, metonimia
del padre, simbolo del fallo. Analogicamente, lo psicomotricista diventa
metafora del padre e della madre. Queste trasposizioni restano sempre
inconscie nel bambino, possono diventare conscie nell’adulto che ha preso
l’abitudine di analizzarsi, con il rischio, secondo Lapierre, di
intelettualizzazione che, ristabilendo una “rappresentazione dell’Io”, tende
a ristabilire allo stesso tempo il controllo corticale.
Questo è il motivo per cui le situazioni più rilevanti sono quelle in cui il
soggetto esprime senza saperlo, attraverso i suoi comportamenti, la sua
“relazione metaforica”.
Infatti questi comportamenti sono la messa in atto, sul piano simbolico, dei
fantasmi presenti nell’inconscio. Il fantasma, infatti , non è un pensiero
astratto ma un atto immaginario, che ha l’obbiettivo di soddisfare il
desiderio proibito. Questo vissuto immaginario evolve progressivamente da
conscio al pre – conscio e all’inconscio, processo che costituisce una
regressione topica, il ritorno a una modalità di funzionamento psichico più
arcaico, simile allo psichismo infantile e tendente a modificare lo stato di
coscienza.
Il linguaggio corporeo
Il linguaggio corporeo è un linguaggio universale che si basa su strutture
arcaiche, trasmesse di generazione in generazione, inscritte in qualche
modo nell’Es. Queste strutture neuro-psicomotorie fanno parte del
patrimonio genetico dell’umanità.
La specie umana, come qualsiasi specie animale, ha i suoi codici gestuali di
specie differenti, cosa che permette all’uomo e all’animale di comprendersi
nell’espressione dei sentimenti primari. Tali codici costituiscono a volte
rituali, segnali emessi spontaneamente e percepiti, anche se
inconsciamente, dall’altro.
A questi significanti che si potrebbero definire istintuali, ogni società, ogni
civilizzazione ha aggiunto codici naturali, più o meno integrati al Super –
Io conscio e il cui significato originario è stato più o meno dimenticato.
Di che cosa parla spontaneamente il corpo? Essenzialmente di sentimenti, i
desideri e i fantasmi, risulta essere l’espressione più diretta del sistema
inconscio. Come li esprime? Attraverso la postura, la mimica, lo sguardo, i
gesti (o l’immobilità), il contatto, la distanza, il ritmo, la respirazione, le
tonalità vocali, l’atto e il modo in cui utilizza gli oggetti. Tutti questi tipi di
messaggi non verbali costituiscono, sembra, i due terzi della relazione.
Quando l’individuo si esprime, occorre che questi differenti parti del
messaggio siano coerenti tra loro perché il messaggio stesso venga
percepito come messaggio globale e senza ambiguità.
Tale coerenza viene assicurata dal tono, dalle modulazioni toniche,
involontarie generate dalle tensioni psichiche che si trasmettono
simultaneamente, a partire dal mesencefalo, a tutte le parti del corpo.
Il ruolo dello psicomotricista
Si possono distinguere tre tipi di regolazione tonica che sono in
interconnessione; il tono posturale, il tono di sostegno dei comportamenti
motori e il tono “affettivo” che accompagna le modificazioni timiche e gli
stati d’animo. Queste modulazioni toniche accompagnano il gesto a cui
trasmettono la tonalità affettiva che si rivela essere rivelatrice dei
sentimenti, consci o inconsci.
Il gesto esprime così il sentimento conscio e alcune tensioni toniche
possono “tradire” il sentimento inconscio.
Il ruolo dello psicomotricista è quello di percepire i messaggi corporei
inconsci e di modulare in base ad essi la sua risposta corporea. Il messaggio
che riceve lo psicomotricista ha un significato analogo al “doppio senso”
percepito dall’analista verbale. Si tratta quindi di dialogare con l’inconscio
dell’altro. Un esempio sono le tensioni aggressive coperte dal messaggio
d’amore che la persona indirizza, nel transfert con lo psicomotricista,
all’immagine del padre o della madre che egli rappresenta. A questo
messaggio negativo del transfert lo stesso psicomotricista ha il compito di
modulare progressivamente la sua risposta, dove il suo tono diviene più
rigido rifiutando il contatto aggressivo. In questo modo lo psicomotricista
provoca deliberatamente il conflitto che permetterà a questa “persona”
(bambino) di prendere coscienza dei sentimenti aggressivi che sono in lei,
nei confronti del “padre cattivo” o della “madre cattiva”.
Il soggetto avrà modo così di sperimentare la profonda natura della
relazione con le immagini parentali e permette di analizzare le proiezioni
nella vita corrente. A questo difficile intervento provocatorio lo
psicomotricista deve sapere riconoscere il momento opportuno in cui il
soggetto in causa è capace di accettare. Tutto ciò pone il problema del
contro – transfert a cui lo psicomotricista dovrà far fronte. Saper utilizzare
le manifestazioni relative controllandole tenendo ben presente come
sosteneva Freud che ogni individuo ha nel proprio inconscio uno strumento
attraverso il quale è in grado di interpretare le espressioni dell’inconscio
degli altri.
Nella tecnica psicomotoria lo psicomotricista lavora sulla relazione e la
comunicazione, fatta di domande e risposte reciproche aventi un contenuto
affettivo. L’obiettivo è permettere tale scambio di sentimenti autentici,
espressi sul piano corporeo. Lo psicomotricista lavora con il proprio corpo
che egli investe nella relazione, con la coscienza che il suo corpo è per i
partecipanti l’immagine relativa al transfert.
Bibliografia
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simbolismo ludico, Juvenilia, Bergamo.
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Gioco e realtà, Armando, Roma, 1986).
LAPIERRE – ACOUTURIER (1982), Il corpo e l'inconscio in educazione e terapia,
Armando Editori
BRAZELTON – GREENSPAN (2001) I bisogni irrinunciabili dei bambini,
Cortina Editore