Lezione 2 - L`origine del linguaggio
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Lezione 2 - L`origine del linguaggio
LEZIONE 2 – L’origine del linguaggio Secondo il filosofo austriaco Ludwig Wittgenstein “un linguaggio è una forma di vita”, o ancor più e ancor meglio, come ha detto Tullio De Mauro “il linguaggio è la forma della vita: là dove c'è qualcosa che vive, c'è qualcosa che comunica” Per Martin Heidegger “è la facoltà di parlare che fa dell'uomo un uomo. Questo tratto è il profilo stesso del suo essere. L'uomo non sarebbe uomo, se non gli fosse concesso di parlare. L'essere dell'uomo poggia sul linguaggio. Già all'inizio noi siamo dunque nel linguaggio e con il linguaggio" (In cammino verso il linguaggio, 1959) Definiamo “linguaggio” qualunque codice destinato a esprimere o comunicare significati. WITTGENSTEIN Un buon approccio scientifico alla questione dell’origine storica del linguaggio è legato allo studio delle strutture anatomiche e neurali dell’uomo, anche in comparazione con altri animali. Senza contare che c’è differenza tra il semplice parlare e possedere un linguaggio: un pappagallo può ripetere le parole dell’uomo, ma non per questo è in grado di esprimersi compiutamente in una lingua. Di fatto sappiamo che l’evoluzione del linguaggio umano è andata di pari passo con lo sviluppo del suo apparato fonatorio e di attività sociali sempre più complesse. Ma perché l’uomo parla e, ad esempio, le scimmie no? È tutta una questione anatomica: la struttura della laringe non permette ai primati di produrre la maggior parte dei suoni di cui sono capaci gli esseri umani. E anche una questione cerebrale, visto che nel nostro cervello vi sono alcune aree come quella di Broca (nella parte frontale) e di Wernicke, nel lobo temporale, legate tra loro da una connessione neurale detta fascicolo arcuato: la prima è responsabile dell'elaborazione del linguaggio, la seconda della comprensione del linguaggio. Sono inoltre responsabili del controllo dei muscoli della faccia, della lingua, della bocca e della laringe, così come di riconoscere i suoni. Ma cosa avrebbe prodotto questa evoluzione dell’apparato fonatorio dell’uomo e quando? Il lungo percorso della parola Tutto sembra abbia avuto inizio con la conquista della stazione eretta, circa 3,5 milioni di anni fa: la nuova postura avrebbe apportato dei cambiamenti al cranio umano, formando un tratto vocale più a forma di «L» e facendo sì che la laringe si abbassasse nel collo, requisiti necessari per produrre molti dei suoni della lingua umana Un altro aspetto anatomico molto importante è la presenza dell’osso ioide (situato alla radice della lingua), già noto nell’uomo di Neanderthal, e lo sviluppo del nervo ipoglosso (che innerva i muscoli volontari della lingua e governa i movimenti necessari per articolare i suoni), entrambi legati alla capacità di esprimersi attraverso parole compiute Dobbiamo però aspettare un’epoca più recente, tra i 200 e i 150 mila anni fa, in Africa per avere la comparsa dell’Homo Sapiens. Le difficili condizioni climatiche di quell’era (glaciazioni comprese) imponevano una maggiore abilità nel realizzare manufatti e utensili più sofisticati e precisi, e questo testimonierebbe anche un’accresciuta capacità linguistica. La fame aguzza l’ingegno, dunque... e anche la parola. Ma è in un periodo ancor più vicino a noi - dai 100 ai 50 mila anni fa - che probabilmente ha avuto luogo l’evento decisivo per lo sviluppo di un linguaggio “moderno”: una mutazione, relativa al gene FOX P2, che avrebbe portato a un cambiamento biologico nel cervello, aprendo di fatto la strada alla comunicazione umana. Come conseguenza, si svilupparono le aree di Broca e di Wernicke e si accrebbe il sistema limbico (che controlla anche aspetti non verbali come la risata e il pianto) Questo ulteriore passaggio è fondamentale per lo sviluppo del linguaggio, che è cosa diversa dal semplice “parlare”: se infatti l’uomo di Neanderthal aveva già un apparato fisico ben sviluppato per la produzione dei fonemi, pur tuttavia il suo cervello non aveva ancora raggiunto la complessità necessaria per una lingua articolata Per tutte queste cause anatomiche, fisiologiche, ambientali, genetiche, il ramo evolutivo umano si era separato nettamente da quello degli altri primati e questo permise agli esseri umani di comunicare Ricapitolando: 3,5 milioni di anni fa conquista della stazione eretta: abbassamento della laringe, comparsa dell’osso ioide, sviluppo del nervo ipoglosso 200-150 mila anni fa Homo Sapiens, sviluppo delle attività manuali e capacità linguistiche 100-50 mila anni fa mutazione FOX P2, evoluzione del centro del linguaggio e dei percorsi neurali La lingua: una, nessuna, centomila Secondo gli studiosi agli inizi del linguaggio, tra i 50 e 100 mila anni fa si formò una lingua primigenia, una protolingua mondiale - già, a sua volta, frutto di una lunga evoluzione - da cui sarebbero derivate, per contatto tra le varie popolazioni, tutte le famiglie linguistiche (“monogenesi linguistica”), sia quelle viventi che LE LINGUE INDOEUROPEE quelle estinte Forse questa protolingua era l’ebraico o l’indoeuropeo: la storia ricorda vari aneddoti di esperimenti per scoprire la lingua originaria. Erodoto racconta che il faraone Psametek fece crescere due bambini da pastori sordomuti, per vedere alla fine quale lingua avrebbero parlato. Quando i bambini furono portati di fronte a lui, si espressero in frigio (indoeuropeo). Analogo esperimento fu condotto nel XVI secolo dal re scozzese Giacomo V e i bambini parlarono in ebraico! La Bibbia parla di una "lingua edenica" o "adamitica", così come la leggenda della Torre di Babele (presente anche nella tradizione polinesiana) rappresenta quest’idea che un tempo l'umanità si esprimesse in un unico idioma, prima di differenziarsi in molteplici lingue e dialetti Ma, al di là dei miti, ci sono anche evidenze scientifiche in queste ipotesi, come la scoperta, nei primi anni Ottanta, dell’Eva mitocondriale africana (circa 150 mila anni fa), da cui forse tutti gli esseri umani discendono. O ancora la teoria delle catastrofi, come l’immensa eruzione del vulcano Toba in Indonesia (circa 70 mila anni fa), che potrebbe aver drasticamente ridotto la popolazione umana a poche migliaia (15.000-2.000 individui), privilegiando così un solo ceppo linguistico (teoria del “collo di bottiglia”) LA VENERE DI WILLENDORF (XXII millennio a.C.) «La parola è capace di manifestare idee, concetti e significati di qualsiasi genere. È la parola che consente alla cultura di nascere»