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Tecnica
settembre 2011
la termotecnica
Inquinamento Atmosferico
di G. Carminati, V. Gianelle, C. Giglioni
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La misura del particolato
atmosferico
con il metodo del laser scattering
La misura tradizionale delle polveri si effettua con il metodo gravimetrico, un metodo lento, che non consente di avere risultati
in tempo reale e che non dice nulla sul numero e la dimensione delle particelle. Il Laser Scattering, descritto nell’articolo,
risolve questi problemi, assicurando la disponibilità immediata dei dati, completi di spettro granulometrico. Se è nota la
densità del particolato, si ricava in modo semplice anche il peso, che può essere confrontato con la classica pesata, prevista
dalle Normative.
The Measurement of Dust Concentration in Air by Means of
Laser Scattering Method
The measurement of dust concentration in air is traditionally performed by means of the gravimetric method, a slow technique
that does not provide real-time results, nor any information about the number and size of particles. The laser scattering method,
described in this paper, solves these problems, granting the immediate availability of data, including the granulometric spectrum.
If the density of particulate matter is known, its weight can be easily calculated and compared with the results of the classical
weighting method, recognized by regulations.
Il particolato atmosferico è un sistema disperso di particelle solide e di
particelle liquide che si trovano in sospensione in atmosfera (definito in
ambito scientifico come aerosol). Le particelle possono essere prodotte e
immesse in atmosfera attraverso fenomeni naturali (erosione del suolo ad
opera degli agenti atmosferici, spray marino, eruzioni vulcaniche, etc.)
o antropogenici (emissioni da traffico, da impianti per la produzione di
energia, da impianti di riscaldamento ed industriali di vario genere).
Altro materiale particellare si può formare in atmosfera come risultato
di complessi processi fisico-chimici fra gas, oppure tra gas e particelle o
goccioline d’acqua. Si definisce aerosol primario l’insieme delle particelle
che vengono immesse direttamente in atmosfera dalle diverse sorgenti
(sali marini, polvere minerale o vulcanica, emissioni dirette da traffico
o impianti industriali ecc.). L’aerosol secondario è invece costituito da
particelle che non sono state immesse direttamente in aria ma che si sono
formate da processi di conversione gas-particella (solfati, nitrati, alcuni
composti organici) che sono avvenuti in atmosfera. Le particelle di origine primaria o secondaria, e in particolare quelle di piccole dimensioni,
svolgono un importante ruolo tra gli inquinanti atmosferici a causa dei
loro effetti negativi sulla salute umana e per il forte impatto ambientale.
Alla presenza di polveri sospese in atmosfera sono infatti legati fenomeni
quali la formazione di nebbie e nubi, la variazione delle proprietà ottiche
dell’atmosfera con effetti sulla visibilità e sul bilancio energetico terrestre,
la contaminazione delle acque e del suolo attraverso deposizione secca e
umida, la catalisi di reazioni chimiche in atmosfera ed il danneggiamento
dei materiali. Le particelle atmosferiche possono essere caratterizzate in
base alla loro densità, forma, superficie, volume e composizione.
Le dimensioni delle particelle costituenti il particolato atmosferico coprono
una gamma che si estende da pochi nanometri fino a valori di decine
di micron. La dimensione di una particella può essere determinata utilizzando un microscopio ottico o elettronico, dallo scattering della luce,
dalla sua mobilità elettrica o dal suo comportamento aerodinamico. Le
particelle atmosferiche spesso non sono sferiche e le loro forme possono
essere estremamente differenziate.
Misura della concentrazione di massa
del particolato
Il Metodo tradizionale, riconosciuto dalle Normative, è il Metodo Gravimetrico, che consiste nel far depositare le polveri ad una portata costante
e conosciuta su un filtro, precondizionato in maniera ben definita e pesato
prima del campionamento; poi il filtro viene nuovamente pesato alle
stesse condizioni; la differenza rappresenta la massa il peso delle polveri,
riferita poi al volume campionato (m3 o litri). Il Metodo è lento: richiede
il campionamento di un volume di aria importante (diversi metri cubi) le
procedure di condizionamento del filtro richiedono almeno 48 ore. Inoltre
non consente di rappresentare lo spettro granulometrico delle particelle,
ma richiede, per questo, un’analisi successiva, anche complessa e assai
dispendiosa in termini di tempo. Negli ultimi decenni sono state sviluppate
Dott. Giovanni Carminati, Forni Engineering Srl, dott. Vorne Gianelle, Arpa Lombardia, ing. Carlo Giglioni, Con.Tec Engineering
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diverse tecniche per ottenere una misura immediata e che
fornisca informazioni più complete del Metodo Gravimetrico,
una di queste è il Laser Scattering.
Interazione della luce con la materia
La luce è una piccola porzione dello spettro elettromagnetico
(400-800 nanometri di lunghezza d’onda), ma, pur avendo una banda così stretta, l’interazione della stessa con la
materia può avere effetti molto diversi in funzione della sua
lunghezza d’onda e delle caratteristiche dei materiali su cui
incide, variabili che possono essere viste come le condizioni
a cui si manifesta, appunto, l’interazione; tale interazione è
chiamata light scattering in senso lato.
L’interazione si verifica come Riflessione, Rifrazione, Diffrazione, Assorbimento.
Figura 1 - Interazione della luce con una particella
Nella maggior parte dei casi, per ogni particolare lunghezza
d’onda emessa, le onde non sono in fase; tuttavia, è possibile
costringere la luce ad assumere una configurazione monofase, ottenendo così luce monocromatica coerente. Fino al
1960, luce con questa purezza di lunghezza d’onda e di
fase era solo una possibilità teorica, quando Theodore H.
Maiman della Hughes Aircraft mise a punto il Laser (Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation). Inizialmente
i Laser furono a gas ed abbastanza ingombranti, finché verso
il 1980 divennero disponibili i Laser a semiconduttori (Diodi
Laser), che hanno permesso di generare luce coerente da
dispositivi molto piccoli.
Il fenomeno del light scattering
Dai concetti espressi brevemente sopra è possibile costruire la
seguente definizione: lo scattering della luce è un’alterazione
della direzione ed intensità di un fascio di luce che colpisce
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un oggetto; tale alterazione è dovuta agli effetti combinati
di riflessione, rifrazione e diffrazione (l’assorbimento è volutamente assente). Agli inizi del 1900 Gustav Mie formulò
una teoria che predice accuratamente l’angolo e l’intensità
della luce dispersa dall’interazione luce-particelle. L’intensità
caratteristica delle luce in funzione dell’angolo è chiamata
scattering pattern. La teoria generale di Mie si applica allo
scattering di onde piane di luce monocromatica da parte di
sfere isotropiche; questi materiali hanno proprietà che sono
indipendenti dalla direzione in cui vengono misurati. Questa
teoria pone alcune limitazioni teoriche e sperimentali al fine
di affrontare una corretta analisi degli scattering patterns. Tali
limitazioni sono le seguenti:
-- si considera solo luce monocromatica;
-- le particelle sono isotropiche;
-- le particelle sono sferiche;
-- la luce incidente è costituita da onde piane;
-- viene preso in considerazione lo scattering e l’assorbimento.
Questi due fenomeni sono entrambi di grande importanza
per comprendere l’interazione di un fascio di luce con delle
particelle sospese, perché l’assorbimento della luce non è
mai del 100%, alcuni fotoni del fascio sono comunque riflessi
o trasmessi.
•Viene preso in considerazione solo il single scattering, vale
a dire solo lo scattering primario e non quello secondario
generato da una particella rispetto ad un’altra;
•Si considera solo lo scattering statico, cioè indipendente dal
moto delle particelle;
•Non sono considerati gli effetti quantistici (effetti Raman
o Doppler).
Lo scattering della luce di particelle molto piccole - inferiori
a 0,05 µm di diametro - è descritto in maniera abbastanza
semplice dalla teoria di Rayleigh, la teoria molecolare dello
scattering. Lo scattering delle particelle grosse - maggiori
di 100 µm - può essere facilmente analizzata con l’ottica
geometrica, seguendo i raggi di luce riflessi, rifratti e diffratti
dalla particella. Tra questi estremi dimensionali c’è la regione
di Mie, in cui le particelle sono dello stesso ordine di grandezza della luce. Diversamente dalle altre aree di ricerca sugli
aerosoli la teoria dello scattering della luce nella regione di
Mie è molto complessa, tanto che ha trovato pratica applicazione solo dopo la comparsa dei calcolatori elettronici.
Lo scattering è, in ogni caso, governato dal rapporto della
dimensione della particella rispetto alla lunghezza d’onda
della radiazione λ. Questo rapporto adimensionale è chiamato size parameter ed è dato da:
α = πd/λ
Il fattore π è stato introdotto per semplificare alcune equazione del light scattering ed ha l’effetto di rendere α uguale
al rapporto della circonferenza della particella rispetto alla
lunghezza d’onda. La luce diffusa (“scatterata”) da una particella è un indicatore estremamente sensibile della dimensione
della particella, permettendo misure dimensionali di singole
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particelle submicroniche.
Come si può vedere dal grafico di Figura 2, la curva è semplice per α = 0,8, mentre per α = 10 si notano forti variazioni
di intensità, anche di un fattore 100 o più, che rendono
improponibile la misura.
Figura 2 - Intensità dei parametri di Mie, in
funzione dell’angolo di scattering, per goccioline
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particelle d e dell’indice di rifrazione relativo n delle particelle
e del mezzo. In maniera simbolica:
Isc = Iin(θ,λ,d,n)(1)
Si noti che θ è l’angolo relativo alla direzione della luce incidente. Il raggio non deviato ha un angolo di scattering 0,
gli angoli di scattering inferiori a 90° sono chiamati forward
scattering. I campioni da misurare con strumenti laser scattering possono presentarsi in tre configurazioni: particelle
solide sospese in un mezzo liquido, particelle solide separate
tra loro e trascinate da un flusso gassoso e particelle solide e
liquide sospese in un mezzo gassoso (aerosoli). Un problema
rilevante è riuscire a mantenere un flusso continuo di un campione omogeneo, in quanto le particelle tendono a separarsi
in funzione della dimensione durante la circolazione, con il
risultato che quelle di dimensione minore sono sovrarappresentate a causa del trasporto più efficiente. Tale separazione
è influenzata dalla gravitazione e da effetti fluidodinamici.
Uno dei fattori di maggiore importanza è costituito dal tipo
di flusso: laminare o turbolento. L’effetto del moto laminare
è tale che le particelle tendono a muoversi verso il basso con
una pendenza legata al peso, mentre nel moto turbolento le
particelle si muovono in tutte le direzioni e sono ben miscelate.
di acqua (n = 1,33), avendo α = 0,8. 2,0, e 10,0.
Le linee continue descrivono I1, quelle tratteggiate
Estensione del Laser scattering
I2, che rappresentano rispettivamente la luce
scatterata con polarizzazione perpendicolare e
parallela. (Da W.C. Hinds, Aerosol Technology,
Wiley & Sons)
Il meccanismo del Laser scattering
L’ampiezza della luce dispersa a differenti angoli (scattering
pattern) dipende non solo dalla concentrazione e dalla dimensione delle particelle, ma anche dal rapporto dell’indice
di rifrazione delle particelle rispetto al mezzo, in cui sono
immerse. Più le particelle differiscono dal mezzo (con riferimento all’indice di rifrazione) più la luce sarà dispersa.
La Figura 1 illustra l’interazione della luce con un oggetto
isolato. Essa mostra il fascio di luce incidente (che si assume
di intensità I e lunghezza d’onda λ) nelle immediate vicinanze di una particelle sferica e l’immagine rappresenta
diverse situazioni: un raggio è sufficientemente lontano da
non avere interazione con la particella e non è affetto dalla
sua presenza. Un altro raggio passa abbastanza vicino da
essere diffratto dall’interazione con la superficie esterna. Un
altro interseca la particella, con la conseguenza che alcuni
fotoni sono riflessi, altri penetrano la superficie e sono rifratti,
altri ancora sono trasmessi o riflessi sulla parete interna.
L’intensità della luce dispersa è funzione della lunghezza
d’onda λ, dell’angolo di scattering θ, delle dimensioni delle
La tecnica di misura che utilizza il Laser scattering effettua, di
fatto, solo il conteggio delle particelle con selezione dimensionale. Al fine di poter accostare il metodo Laser scattering
alla misura gravimetrica e confrontarli è necessario attribuire
al particolato in esame una densità. Nell’ipotesi di particelle
sferiche, conoscendo allora il diametro, è immediato risalire
al volume, che moltiplicato per la densità, fornisce direttamente il peso della particella. A queste condizioni, la misura
effettuata con la tecnica del Laser scattering dà risultati pari
a quelli del metodo gravimetrico. Alcuni strumenti hanno
ottenuto la certificazione di equivalenza da importanti Enti
internazionali.Per effettuare in maniera corretta questo accostamento, è opportuno conoscere la “densità” del particolato,
che si va a misurare, anche se, da prove sperimentali, si è
rilevato che per polveri ambientali generiche lo scostamento
non supera il 20%.Molti strumenti dispongono di opzioni atte
ad introdurre fattori correttivi per affinare la corrispondenza tra misura elettronica e gravimetrica o, più raramente,
consentono di variare la curva di calibrazione diametro/
numero delle particelle.Gli strumenti, che adottano la tecnica
del Laser scattering, generalmente non richiedono dispositivi
meccanici, quali gli impattori, per la selezione del particolato,
ma, quest’ultima, è intrinseca nella tecnica di misura.
A patto di una corretta valutazione della densità, la misura
del particolato con la tecnica del Laser scattering rappresenta
una conquista per la velocità di produzione dei dati sperimentali, che consente “in tempo reale” di avere un’immagine
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sufficientemente rappresentativa dello stato di un’atmosfera
completa di spettro granulometrico, attività, quest’ultima, non
possibile dalla misura gravimetrica (se non con test successivi
e complessi).
Esempi applicativi
Figura 3 - Curve di risposta per sei materiali differenti con curva di
taratura. (Da W.C. Hinds, Aerosol Technology, Wiley & Sons)
Figura 4 - Spettrometro di polveri a raggio laser (schema di principio)
Figura 5 - Esempio
applicativo
Gli OPC (Optical Particles Counter) sono un valido strumento di ricerca nell’analisi del particolato, studi relativi
all’inquinamento e monitoraggio di camere bianche, per
la loro capacità di fornire una rapida informazione sullo
spettro dimensionale delle particelle.Gli strumenti commerciali coprono la gamma dimensionale da 0,05 a 30
µm, benché la gamma più comune è da 0,1 a 30 µm,
suddivisa in 8-16 canali dimensionali.Quando una particella passa attraversa un fascio luminoso, essa “scattera”
un impulso di luce sul detector, che lo converte in un segnale elettrico. L’altezza dell’impulso elettronico (o l’area)
viene interpretata ed il segnale incrementa un contatore,
specifico del canale dimensionale, ove sono accumulati il
numero totale di conteggi, relativi a quella dimensione. La
distribuzione dimensionale delle particelle, come conteggio, è ottenuta dai conteggi accumulati nei singoli canali
dimensionali. Questi strumenti sono basati sull’assunto che
l’intensità della luce “scatterata” sia una funzione monotona della dimensione delle particelle, che, tuttavia, non
sempre avviene come sarà discusso brevemente in seguito.
Il principio di misura è lo scattering di un raggio laser,
descritto nei paragrafi precedenti, con alcune semplificazioni, soprattutto nella lettura dello scattering pattern.
Il detector è posto a 90° rispetto alla direzione del fascio
laser incidente, ottenendo così alcuni vantaggi:
-- l’indice di rifrazione diventa meno importante;
-- viene annullato l’effetto della luce incidente,
-- il rumore di fondo risulta minore;
-- la disposizione meccanica del banco ottico risulta semplificata.
Gli strumenti, che usano luce laser, sono in grado di rilevare particelle di dimensione minore e questi strumenti hanno
un’efficienza di conteggio di circa il 100% per particelle
> 0,1 µm. Particelle sferiche monodisperse di dimensione
ed indice di rifrazione noti vengono usate per verificare la
calibrazione dimensionale degli OPC. Come mostrato in
Figura 3 la risposta degli OPC dipende dalla dimensione
e dall’indice di rifrazione delle particelle.
Quando l’indice di rifrazione è noto, un’opportuna calibrazione permette misure accurate della distribuzione
dimensionale. Per particelle di aerosol con indice di rifrazione non noto, l’errore della stima dimensionale può
essere significativo. Questa incertezza limita l’utilità degli OPC quando sono presenti più indici di rifrazione o
quando l’indice di rifrazione non è noto. Per alcuni indici
di rifrazione una parte della curva non è monotona, generalmente nella gamma da 0,5 a 1,5 µm così che più di
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una dimensione corrisponde ad una particolare intensità del
segnale. Possono anche nascere errori di coincidenza quando
due o più particelle sono contemporaneamente presenti nel
volume di misura, generando un segnale spurio che porta ad
una sottostima del numero ed a una sovrastima della dimensione delle particelle.
Questo fenomeno si verifica con concentrazioni di particelle
dell’ordine di 104/cm3 in relazione alle caratteristiche geometriche ed elettroniche del sistema di rilevazione. Gli errori di
coincidenza possono essere ridotti, riducendo la portata e le
dimensioni del raggio e creando le condizioni fluidodinamiche
che inducono le particelle ad allinearsi. Poiché l’intensità luminosa del laser pattern può variare di dieci ordini di grandezza
ed i rivelatori non hanno una gamma così ampia, l’inconveniente può essere superato in vari modi. Ad esempio è possibile
variare l’intensità di energia luminosa o utilizzando diversi
amplificatori in funzione dell’intensità del segnale rilevato o
modificando l’intensità della luce incidente o miscelando le due
tecniche. La risoluzione dello strumento e, quindi, il numero di
classi granulometriche disponibili, è funzione della qualità dello scattering pattern (fuoco, allineamento sul detector, assenza
di aberrazioni ottiche) e dalla capacità di lettura dello stesso
da parte del detector, a cui si aggiunge il perfezionamento del
software, che deve gestire le complesse valutazioni statistiche
che trasformano la lettura del detector, di non facile interpretazione, in una misura reale e corretta.
Poiché l’ampiezza dell’impulso generato dallo scattering della
luce laser sulla particella è proporzionale alla radice sesta del
diametro aerodinamico della stessa, appare chiaro che non è
possibile effettuare misure su diametri estremamente piccoli, e
questo limite si assesta a circa 300 nm.
Per rinforzare il segnale luminoso, in posizione opposta al
detector, è posto, talvolta, uno specchio concavo, che concentra
anche la luce dispersa a 180° sul rivelatore, mentre la luce
diretta viene assorbita da una trappola di luce (Figura 5).
In tal modo è possibile costruire lo spettro granulometrico del
particolato, suddiviso in un certo numero di classi, oppure
fornire, con un opportuno algoritmo, direttamente la concentrazione di PM10, PM2,5 e PM1 in peso, quando si attribuisca
una certa densità alle polveri in esame.
Bibliografia
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Particulate In The Air, Università di Bologna.
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