studio e verifica di attrezzi alternativi per la pesca del caparozzolo
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studio e verifica di attrezzi alternativi per la pesca del caparozzolo
STUDIO E VERIFICA DI ATTREZZI ALTERNATIVI PER LA PESCA DEL CAPAROZZOLO NELLA LAGUNA DI VENEZIA PREMESSA: La richiesta formulata da Federcoopesca per la realizzazione di uno studio riguardante gli attrezzi innovativi per la pesca nella Laguna risponde ad un chiaro bisogno della stessa intera comunità di Venezia. La città lagunare è inserita in un delicato sistema ecologico, del quale l’acqua è parte essenziale. Per secoli i suoi amministratori hanno rivolto grande attenzione a questo sistema, perché non venisse alterato, dall’uomo e dalle sue opere, il suo naturale equilibrio. Con l’aumento della pressione antropica le insidie sono aumentate e parecchie iniziative e diverse opere stanno mutandone la precaria stabilità. La Laguna per tanti secoli è stata, e lo è ancora oggi, fornitrice di risorse alimentari per gli abitanti che si sono insediati sulla gronda che la circonda: alimenti che si identificano in prodotti ittici anche di grande valore nutritivo e di notevoli bontà organolettiche. Essi danno sostentamento soprattutto agli abitanti delle isole e della fascia esterna. La molluschicoltura ne costituisce l’attività primaria: viene esercitata dalla maggior parte dai pescatori di Pellestrina, S. Pietro in Volta, Chioggia, ecc. Le vongole veraci “filippine”, sono una specie alloctona che da pochi anni ha popolato in maniera infestante l’intera laguna veneziana, sostituendosi alla specie nostrana, più delicata e meno riproducibile. Questa rapida e intensa colonizzazione ha sollecitato i pescatori ad impiegare sistemi e attrezzi sempre più sofisticati (turbosoffianti) per la raccolta di questa specie ittica, non curandosi, malgrado i regolamenti ne vietassero l’uso, dell’impatto ambientale. L’esplosione delle turbosoffianti ha creato seri problemi di natura ambientale nonché violenti contrasti socio-economici, legati al fatto che con il loro divieto, confermato ed recentemente attuato dalle pubbliche amministrazioni, vengono a mancare risorse economiche, su cui le comunità locali avevano riposto affidamento. Il diversivo recentemente praticato, l’impiego cioè delle “casse”, da oltre cinquecento operatori è più precario e forse ugualmente impattante, almeno dal punto di vista ambientale, delle stesse turbosoffianti. Si rende quindi indispensabile avviare delle iniziative per la costruzione di un nuovo assetto della laguna veneziana mediante un approccio che, evitando danni al sistema geomorfologico, dovrebbe portare successivamente (sulla base delle nuove indicazioni dell’amministrazione regionale (art. 30 bis Reg.to 3/89)) alla coltivazione della laguna affidandola a Consorzi di gestione. Essi, nelle aree concesse dagli organismi pubblici preposti, dovranno organizzare piani di produzione da affidare ai pescatori che, autocontrollandosi e autoregolamentandosi, realizzeranno un nuovo modo di gestire la Laguna. 1 * * * * 1) BREVE SINOSSI STORICA. E’ noto come la Laguna di Venezia sia da qualche anno al centro di interessi e di azioni collegate alla pesca delle vongole veraci “filippine” (Tapes semidecussatus o philippinarum) che da pochi anni hanno colonizzato vaste aree lagunari. La stessa opinione pubblica partecipa, grazie alle notizie riportate dalla stampa locale e nazionale, alla particolare situazione che vede interessi e posizioni spesso contrapposte tra chi vuol trarre beneficio economico dalla pesca delle vongole all’interno della laguna di Venezia e chi è preposto rispetto alle norme per la corretta gestione delle risorse, la tutela della salute pubblica, la sicurezza nel lavoro e la tutela dell’ecosistema lagunare . In pochi anni si è creata una risorsa economica nuova e redditizia formata dai banchi di “vongola filippina” che, dopo aver colonizzato con successo le lagune del Delta del Po, si sono diffuse negli ultimi anni anche nella Laguna di Venezia . Le marinerie che insistono su questa Laguna sono principalmente quelle ubicate nell’isola di Pellestrina e nella città’ di Chioggia. In anni passati, quando le vongole filippine non avevano ancora colonizzato la Laguna di Venezia, operatori di tali marinerie si spingevano fino alle lagune del Polesine creando non pochi problemi sociali sfociati anche in eventi tragici . Alla fine degli anni ottanta, l’insediamento progressivo delle vongole veraci filippine nella laguna di Venezia, se da un lato ha quasi annullato le conflittualità tra le marinerie veneziane e quelle rodigine, ha di fatto riattivato l’interesse nella pesca particolarmente nei giovani che hanno trovato in essa una nuova fonte di lavoro . La nuova risorsa ha dato occupazione anche ad una flotta di scafi attrezzati con “turbosoffianti” in precedenza armati per la pesca in mare della vongola comune o bevarasse( Chamelea gallina) . Essa era presente in grande quantità nelle sabbie del litorale veneto ma uno sforzo di pesca eccessivo ne ha ridotto a tal punto la presenza da rendere non più remunerativo l’attività delle “turbosoffianti “ appositamente attrezzate ed autorizzate a tale pesca. La diffusione della vongola verace filippina, non solo ha colmato la cronica carenza della vongola verace nostrana ( Tapes decussatus) ma è stata in grado di far 2 espandere la flotta delle turbosoffianti. Tali imbarcazioni, inoperose in mare, in franca violazione alle norme ed alle leggi che governano sia l’uso della turbosoffiante come pure la pesca in Laguna di Venezia, per anni hanno esercitato “abusivamente” la pesca delle vongole veraci all’interno della Laguna con un raccolto stimabile nel 1995 in ben 30.000 tonnellate. Tale situazione si e’ protratta fino a quando la magistratura ha fatto eseguire la sequestro degli attrezzi di queste “turbosoffianti illegali” (1996) che sono state successivamente sostituite, da un nuovo attrezzo denominato “ rastrello vibrante “ di minor impatto ambientale ancora in fase sperimentale. L’effetto ambientale delle “turbosoffianti” sui fondali della Laguna è ben documentato negli studi che precedettero il sequestro degli attrezzi e nelle perizie eseguite successivamente. 2) LA PESCA DELLE VONGOLE IN LAGUNA: SITUAZIONE ATTUALE ED ANALISI DEI METODI ESTRATTIVI INNOVATIVI. La precedente sinossi storica sulla colonizzazione delle vongole veraci in Laguna e sul loro prelievo, è necessaria premessa per inquadrare la situazione socioeconomica attuale. Si ritiene fuori luogo dilungarsi sulle argomentazioni scientifiche: esse comunque non consentono l’uso, sui fondali lagunari, di attrezzi turbosoffianti. Ci si richiamerà ad esse per lo studio preposto del metodo alternativo della pesca delle vongole in Laguna di Venezia: l’attrezzo turbosoffiante è stato eliminato e gli stessi pescherecci col nuovo armamento denominato “rastrello vibrante”, pesca le vongole filippine in aree definite date in concessione. Da rilevare inoltre che, a partire dal blocco delle turbosoffianti e ancor prima, la pesca delle vongole filippine in laguna di Venezia, secondo stime non ufficiali ma facilmente verificabili, viene realizzata oggi da una flotta di 400-500 “barchini abusivi” che raccolgono il prodotto dai bassofondali con un attrezzo denominato “cassa” il cui uso non è consentito per i motivi che saranno di seguito illustrati. Per completezza espositiva, bisogna comunque riferire brevemente sui vari metodi innovativi conosciuti, legali e non, che ingegnosi operatori hanno elaborato nel tempo. In particolare gli attrezzi innovativi seguono due “logiche” dell’inventore il quale persegue il massimo raccolto nel minor tempo . Chi ha limitazioni economiche ha poco da inventare, e certe innovazioni, per la loro macchinosità e costo, vedrebbero limitata lo loro diffusione. 3 Ci riferiamo in particolare a: A) mezzi meccanici: a) - sistema escavatorio su nastro a tazze: tale nastro trasportatore a tazze, applicato sulla prua di una imbarcazione, raccoglie tutto il sedimento che viene separato dalle eventuali vongole sulla prua del natante da getti d’acqua a pressione. La sua evidente capacità distruttiva del fondale e di ciò che vi vive non merita commenti. b) - ramponcino a traino: simile ai ramponi (rapidi) usati in mare per la pesca delle capesante, possiede dei denti piegati in avanti che, sgretolando il sedimento, sollevano il materiale corpuscolare accumulandolo in una rete a sacco o in una cassa. Le limitazioni di tale tecnica sono di diversa natura: - ambientale: la forza di traino è tale che i denti strapperebbero qualunque fanerogama e disgregherebbero anche i fondali compatti privi da naturale erosione; - operativa: riesce a pescare bene su fondali morfologicamente molto regolari e sufficientemente sciolti a prevalenza sabbiosa. Inoltre non permette un’azione di setaccio e restituzione “in situ” di sedimenti ed organismi che involontariamente raccoglie. c) - draga a denti azionata meccanicamente: un rastrello fornito di lunghi ed affilati denti, se azionato dalla forza di un motore idraulico con braccio telescopico, può esercitare una forza di penetrazione tale (nei sedimenti anche profondi) da sconvolgere la struttura geologica dei fondali e biologica della comunità bentonica. d) - draga a traino con lama detta “cassa”, ampiamente discussa avanti; e) - meccanici subacquei vibranti “ Tipo Tecnoil e Menetto” con l’inconveniente di essere ingombranti e pesanti (240 cm e qualche quintale di peso) e quindi applicabili solo in un ristretto numero di grosse imbarcazioni. B) mezzi turbo-idraulici: molteplici sono le innovazioni che prevedono l’uso di un compressore che invii aria e/o acqua in pressione per provocare la fuoriuscita delle vongole dal sedimento. 4 Si sono viste innovazioni come “la rasca soffiante”, rastrello di raccolta azionato da un braccio idraulico che accanto ai denti di penetrazione possiede ugelli per l’uscita di fluidi sotto pressione. Anche delle “mini-turbosoffianti” hanno riscosso un momento di gloria “clandestina”: di fatto tutti gli attrezzi “turbo” ed ogni azione che generi turbolenza (eliche o compressori) sul fondale e quindi risospensione dei sedimenti con perdita di quelli più fini sono da evitare se si vuole tutelare la Laguna e le sue attuali risorse. 3) LA PESCA DELLE VONGOLE VERACI CON “LA CASSA” NELLA LAGUNA DI VENEZIA. La conoscenza di questo attrezzo, e le sue caratteristiche operative e reddituali devono ancora essere approfondite completamente perchè sono la vera motivazione che ha determinato questa ampia diffusione. Essa è illegale, comporta pericoli per gli operatori ed è probabile causa di gravi danni ambientali: questo non è servito da deterrente, e la sua diffusione perpetua comunque l’ingovernabilità da parte delle Istituzioni e l’impossibilità “tecnica” di bloccare tale attività. Per poter far rispettare regole nella pesca delle vongole in Laguna, è necessario proporre e far adottare uno strumento che possa sì avere la stessa diffusione della “cassa”, ma che sia di soddisfazione agli operatori nel rispetto però delle leggi e dell’ambiente. In effetti la diffusione della “cassa” è da ricondurre alle diverse positive caratteristiche dell’attrezzo: esse dovranno essere ripetute nella nuova proposta innovativa, la quale dovrà ricevere non solo l’approvazione degli organismi pubblici ma anche il “gradimento dell’utenza” che altrimenti continuerebbe ad operare nell’illegalità. Della “cassa”, e cioè dell’attrezzo da sostituire legalmente”, vengono di seguito indicati la struttura meccanica, la tecnologia del sistema, la sua efficienza nella raccolta e nella selezione dei molluschi, la operatività, la resa per unità di sforzo, la sicurezza operativa. a) Descrizione della “cassa” o “draga a traino” 5 La “cassa”, che è tecnicamente una draga a traino costituita da una struttura graticolare in ferro installata su due slitte di appoggio registrabili, anch’esse in ferro, e viene trainata da un’imbarcazione a motore. L’attrezzo presenta nella bocca di entrata una lama sagomata a “V“ che serve all’affondamento nel terreno. La struttura graticolare viene fissata con una forte inclinazione (45°-60° rispetto al piano del terreno) alle slitte di appoggio sul terreno in modo da realizzare una “barriera” per il prodotto convogliato al suo interno. La raccolta avviene trainando l’attrezzo con una barca su bassi fondali (massimo m. 1,5) ed utilizzando la turbolenza prodotta dall’elica del motore fuoribordo, posta a livello del terreno, per convogliare il prodotto nella rete al fondo della graticola inclinata. Con tale sistema viene garantita soltanto una raccolta indiscriminata perchè l’azione meccanica esercitata dall’acqua spinta dall’elica sommata all’avanzamento forzato dell’imbarcazione, provoca l’accumulo e quindi la raccolta di ogni materiale grossolano sollevato dai sedimenti. E’ implicito che la pesca con la “cassa”, essendo “al traino”, comporta l’uso dell’imbarcazione che in tal caso non serve solo al raggiungimento della zona di pesca ma partecipa attivamente all’opera di raccolta. In pratica durante le operazioni di pesca, sono necessari due operatori: uno a bordo che guida il fuoribordo, la cui elica smuove il fondale, mentre l’altro in acqua, in piedi sulla “cassa”, la guida e la tiene affondata nel terreno con il proprio peso. Benché siano diffuse gli adattamenti, le dimensioni costruttive di una “cassa” sono le seguenti : larghezza lunghezza altezza calibratura griglia mm. mm. mm. mm. 800 1.000 500 10 slitte di appoggio: larghezza lunghezza peso complessivo mm. 100 mm 1.000 Kg 35 circa La “cassa”, costruita in tondino di ferro saldato, possiede un sacco di rete per la raccolta del prodotto dal lato posteriore. Il costo corrente di una “cassa” è di circa £. 500.000, facilmente accessibile; un discreto saldatore può realizzarla da sè e non necessita di particolare manutenzione. 6 b) Costo d’investimento iniziale per la pesca con “la cassa”: Oltre all’acquisto della “cassa” (£. 500.000) l‘operatore deve disporre dell’imbarcazione d’appoggio il cui costo è variabile dai 5 ai 50 milioni, a seconda dell’imbarcazione e del fuoribordo installato. Nell’attuale situazione tale investimento è stato già effettuato dalle attuali centinaia di “caparozzolanti” la cui attività ha creato un notevole indotto economico . Il settore dei commercianti di piccole imbarcazioni di fuoribordo dei ricambi e del combustibile prospera di questa economia sommersa dalle vongole; ogni soluzione alterativa nonché innovativa alla “cassa” dovrà anche considerare il destino della flotta di “barchini” già esistente. L’imbarcazione sulla cui poppa si applica “la cassa” è una semplice barca lagunare, senza particolari esigenze strutturali: il “barchino” era già diffuso tra i pescatori lagunari, tra pescatori sportivi e tra i motoscafisti da diporto. Attualmente si sono diffuse anche imbarcazioni più sofisticate (con radar) e molto potenti (oltre 200 HP): in un contesto “legalizzato” non vi sarebbe più la necessità di pescare le vongole di notte o di navigare a luci spente a 90 km/ora! c) Costo di gestione e di manutenzione: La “cassa” non necessita di manutenzione se non di una periodica affilatura della lama che ara il fondale; molto alto è invece il costo della pesca delle vongole con “la cassa” in quanto si consuma una notevole quantità di combustibile (miscela super) acquistato senza le agevolazioni concesse agli operatori legali della pesca. Il grande consumo di combustibile è dovuto all’azione di scavo dei sedimenti realizzata in gran parte dall’elica del fuoribordo che, collocata tra la poppa dell’imbarcazione e la “cassa”, produce le turbolenze necessarie per la fuoriuscita delle vongole dal sedimento. Al costo in combustibile (un barchino veloce in VTR che opera a Pellestrina consuma ogni settimana una media di £ 1.500.000 in combustibile) vanno aggiunte: - il frequente cambio dell’elica, soggetta in continuo a rotture ed abrasione (anche settimanale); - la sostituzione frequente del fuoribordo che per lo stress operativo (alti giri, cattivo raffreddamento, sabbia nell’acqua di raffreddamento) è soggetto ad una rapida usura. 7 Si può stimare il costo gestionale mensile (20 uscite) per un barchino con una cassa e due operatori in lire 7 - 9 milioni/mese, compresa la manutenzione periodica e l’ammortamento del capitale (6 mesi il motore e tre anni la barca). d) Produttività e redditività della pesca con “la cassa”: Il basso investimento in capitale iniziale e i consistenti guadagni permettono comunque a molti di intraprendere tale attività e di sopportare l’altissimo costo di gestione che abbatte la redditività dell’operazione. Va considerato che un’uscita per la pesca con “la cassa” può talvolta risultare passiva se non si raggiungono sufficienti quantità di prodotto; sono determinanti la perizia degli operatori e le condizioni meteomarine favorevoli. La produttività di tale attività di pesca risulta condizionata da numerose variabili quali : - batimetria della zona di pesca; - profondità di affondamento dell’attrezzo (definibile); - tipo di fondale (sabbia, fango, misto); - perizia degli operatori; - vongole presenti nella zona; - condizioni meteomarine; - fattori di sicurezza. In definitiva “la cassa o draga a traino” presenta come vantaggio, oltre al costo limitato dell’attrezzo, la quantità raccolta di prodotto che di norma garantisce risultati soddisfacenti e stimabili in media in qualche quintale per un’uscita di 3-4 ore (con una cassa e due operatori). La redditività oltre alla produttività è collegata al prezzo di vendita al grossista che varia in funzione della domanda e dell’offerta. Ad essa si aggiungono le variabili legate al maltempo, alle festività e alla vigilanza repressiva. Da non sottovalutare il fatto che essendo tali vongole un prodotto pescato in violazione di legge, in genere sono prive di attestato di scorta che ne certifichi quantomeno la provenienza. In tale situazione pertanto i pescatori di vongole con “la cassa”, non potendo legalizzare l’origine del proprio pescato, collocano il loro prodotto in un “mercato parallelo” dove non si ottempera a norme di carattere fiscale o sanitario. 8 Si aggiunge così altra illegalità: turbativa al mercato del “prodotto legale” e rischi per la salute pubblica. In tale contesto d’illegalità si pescano le vongole “dove ci sono” e quindi anche in aree precluse alla pesca per la presenza di fondali ricchi in metalli pesanti e/o altre sostanze inquinanti che le vongole possono bioaccumulare con grave rischio per il consumatore (l’eventuale depurazione dei molluschi non elimina tale rischio!) Parlando di una attività sommersa non vi sono studi di mercato o di impatto ambientale. A supporto di quanto affermato ed anche per le valutazioni economiche, ci si può riferire unicamente a quelle “ufficiali” che parlano di ampie fluttuazioni di prezzo: 2.500 - 12.000 £/kg. In questo “mercato parallelo”, esistono a volte pratiche commerciali che, impongono al pescatore uno “sconto in merce” chiamato 2 x 1 o 3 x 1 a seconda che si debba “scontare” al grossista un 50 % o un 33% delle vongole conferite. e) Sicurezza dell’operatore: La pericolosità dell’uso della “cassa” riguarda due aspetti: - l’impiego dell’attrezzo; - gli inconvenienti legati all’illegalità dell’azione; - l’inalazione continua dei gas di combustione. Come già descritto per “pescare bene” l’attrezzo ha bisogno di un operatore che entri in acqua e si collochi in piedi sulla “cassa” mentre l’altro operatore gestisce il fuoribordo che con, l’elica in movimento, scava nel sedimento ed avanza lentamente. La pericolosità dell’operazione è altissima per chi, oltre ai rigori dell’acqua fredda, rischia di continuo un infortunio dal quale non può essere coperto da assicurazione. Non secondario è comunque il rischio di operare di notte ed a luci spente per sfuggire ai controlli delle Forze dell’Ordine che tentano di reprimere il fenomeno: gli incidenti in navigazione occorsi sono certamente molto più numerosi di quelli che per la loro tragicità arrivano ai mezzi d’informazione. Con riferimento infine all’inalazione massiccia e continuata dei gas di scarico del fuoribordo, più che di pericolosità, si tratta di nocività del lavoro. Si pensi che l’imbarcazione, frenata dalla “cassa” procede lentissimamente con un motore in accelerazione per creare con l’elica le turbolenze necessarie allo scavo del fondale. I due operatori, ma in particolare quello posto in acqua, in piedi sulla cassa, operano per ore all’interno di una densa nuvola di idrocarburi parzialmente combusti. 9 f) Impatto ambientale della pesca con “la cassa”: L’impatto ambientale causato dalla pesca delle vongole con la cassa nella Laguna di Venezia non è stato quantificato ma è implicito nelle caratteristiche operative dell’attrezzo e negli evidenti solchi lasciati nei luoghi dove si pratica tale pesca. Si fa notare solo come due siano gli aspetti “ambientalmente impattanti“ e scientificamente approfondibili in campo biologico e geologico nell’uso della “cassa“ in Laguna: - il solco lasciato sui bassofondali dall’azione congiunta elica-cassa; - il riversamento in un un’unica zona di quanto si è raccolto lungo l’escavazione del solco, costituito da organismi bentonici scartati dall’operatore dopo la raccolta delle vongole; - il sollevamento delle particelle fini dal sedimento causato dalle turbolenze prodotte dall’elica. 4) CARATTERISTICHE E REQUISITI DELL’ATTREZZO INNOVATIVO. Nella chiara indicazione che l’attrezzo innovativo dovrà sostituire con soddisfazione per tutti, l’uso della “cassa” attuale, si puntualizzano le caratteristiche salienti da soddisfare. Dal punto di vista della legislazione l’attrezzo innovativo dovrà possedere i seguenti requisiti: - impatto ambientale compatibile; sufficiente sicurezza del lavoro per l’operatore; buona qualità del prodotto; soddisfacente produttività per unità di sforzo; codificabilità all’interno delle arti alieutiche; inserimento dell’attività in uno specifico piano di produzione. Approfondendo in particolare il primo dei requisiti elencati, ecologicamente “ideale” è quello che ha anche le seguenti caratteristiche: - bassa “funzionalità pescatoria” sui fondali “compatti”; l’attrezzo 10 - inoperatività in zone di fanerogame o loro resti; rapido intasamento ed inefficienza operativa in presenza di macroalghe; ridotta ampiezza dell’area esplorata per non creare “canali”; peso ridotto per non creare lo sfondamento del sedimento; ridotta capacità di accumulo del prodotto raccolto per limitare l’appesantimento; assenza di turbolenze in grado di sollevare e disperdere le particelle fini; capacità di non accumulare ma di restituire integro ed in loco il materiale vagliato; Dal punto di vista dell’utenza i requisiti richiesti per il successo e l’ampia diffusione dell’attrezzo innovativo sono: - basso costo d’investimento; riutilizzo delle imbarcazioni già in uso per lo stesso scopo; facilità nell’operatività dell’attrezzo; sufficiente produttività per unità di sforzo di pesca; ampliamento delle aree “pescabili” con il nuovo attrezzo; diminuzione dei costi di gestione di manutenzione; In tal modo si ottiene: - possibilità di operare di giorno ed in legalità; miglioramento delle condizioni di mercato; preservazione dell’ecosistema lagunare; miglioramento delle igiene delle condizioni di lavoro. Solo coniugando le esigenze di tutti si potrà raggiungere una legale gestione della pesca delle vongole in Laguna di Venezia. L’attrezzo innovativo proposto nella presente relazione si ritiene possa avere le caratteristiche costruttive ed operative tali da rispondere positivamente ai requisiti esposti. L’attrezzo innovativo prescelto, avrà caratteristiche costruttive ed operative ben definite e regolamentate. Solo all’interno di un chiaro quadro normativo l’azione di vigilanza delle Forze dell’Ordine può realizzarsi con efficacia. Sarà certamente compito della vigilanza poi evitare probabili “alterazioni migliorative” che potrebbe subire il nuovo attrezzo legalizzato. 11 5) DESCRIZIONE DELLA PROPOSTA INNOVATIVA : LA “SCATOLA VIBRANTE“ Una Officina Meccanica specializzata di Chioggia, è da anni impegnata nella progettazione e nella realizzazione di macchine per la lavorazione di molluschi. Esse sono diffuse a bordo come a terra nei luoghi dove si pescano, si selezionano, e confezionano i molluschi bivalvi. L’officina indicata, raccogliendo le diverse istanze delle Istituzioni e dei “caparozzolanti”, hanno ideato e progettato un attrezzo innovativo per la pesca delle vongole veraci in Laguna chiamandolo “scatola vibrante “ a traino. L’attrezzo è stato progettato perché potesse essere “approvato” e “legalizzato”. Le caratteristiche principali sono quelle di essere adatto alla raccolta dei molluschi, di essere facilmente utilizzabile, sicuro e che garantisca nel contempo una buona produttività nel rispetto dell’ecosistema del sito di raccolta. a) Caratteristiche costruttive e funzionali L’attrezzo, del quale esiste già un prototipo in fase di sperimentazione, è costituito da una scatola graticolare di forma parallelepipoidale, simile nell’aspetto alla “cassa” ma di concezione operativa del tutto diversa. La “scatola vibrante”, che ha il fondo sagomato di forma convessa, è installata su di una struttura portante avente funzione di supporto e di limitatore di affondamento. Possiede due slitte di appoggio, con superficie di mm.200 x mm. 1.200 circa, necessarie per mantenere il “galleggiamento sulla superficie del fondale“ Le dimensioni attuali del prototipo della “scatola vibrante”, che comunque non si discosteranno significativamente dal modello ottimizzato, sono le seguenti: larghezza mm. 600 lunghezza mm. 900 altezza mm. 250 peso 40 kg circa calibratura della griglia/vaglio mm. 12 circa (da definire sperimentalmente); materiale di costruzione: tubi e tondino in ferro elettrosaldato, più due piccoli motori a bassa tensione (12 Volts) per l’azione di vibro-vaglio e rilascio del sedimento. Sulla parte anteriore della struttura vi è una slitta di profondità (lama anteriore) che serve a sollevare il prodotto dal sedimento e a calibrare la misura del dragaggio (circa 5 cm da testare sperimentalmente). Sul lato superiore della “scatola” sono installati due piccoli motori elettrici in bassa tensione (12 volts) per imprimere un movimento 12 unidirezionale leggermente sussultorio alla “scatola” stessa in modo da setacciare e selezionare il prodotto raccolto durante l’avanzamento. b) Operatività dell’attrezzo L’avanzamento del fondo della “scatola vibrante” si può ottenere in due modi: a) trainando lentamente la “scatola“ con un’imbarcazione di modeste dimensioni, motorizzata con un piccolo/medio fuoribordo (25HP), b) attraverso l’azione di un verricello collegato con un cavo ad un’ancora calata sul fondo operando sempre a bordo di un “barchino”. In ambedue i metodi di pesca l’angolo di inclinazione del cavo trainante dovrà essere sufficientemente stretto rispetto all’asse del fondale in modo da evitare il sollevamento anteriore dell’attrezzo annullando l’efficacia . Tale caratteristica funzionale consente all’operatore di mantenere una sufficiente distanza tra l’elica e l’attrezzo di pesca. Risulta evidente che non esiste alcun collegamento tra l’azione propulsiva dell’elica e quella “piscatoria” dell’attrezzo che mantiene la sua efficienza anche operando alla profondità di qualche metro (anche a 5 metri di profondità). In ambedue i casi, (la efficienza però è ancora da valutare), l’azione “piscatoria” della scatola è data dall’azione dei due motori elettrici che erogano una potenza di circa 1HP attinta da un normale accumulatore a 12 volts mantenuto in ricarica costante dallo stesso fuoribordo. Qualora si pescasse a recupero con verricello è prevista l’installazione supplementare di un accumulatore di potenza adeguata. Come già indicato e più ampiamente esposto nel capitolo precedente (vedi Cap. n. 4) (si rimandano più avanti l’esame delle valutazioni economiche ed ambientali) i vantaggi operativi nell’adozione di tale attrezzo sono molteplici: - non essendo necessario che l’operatore stia in acqua, si può operare su diverse batimetrie garantendo sicurezza nel lavoro; - ha una ridotta area esplorativa con dragaggio ed affondamento definibili e limitati; - non necessita della turbolenza escavatoria provocata da un’elica in quanto è lo stesso attrezzo che, trainato lentamente ( 1-3 m lineari al minuto), pesca e vaglia i molluschi ( eventuali turbolenze ostacolano la stessa efficienza ); - il prodotto raccolto è di ottima qualità commerciale, libero da sedimento, vagliato e calibrato senza arrecare rotture alle conchiglie; - è di bassissimo costo gestionale e di grande semplicità operativa; 13 - può essere utilizzato dalle stesse imbarcazioni attualmente attrezzate con “la cassa”; Si opera in condizioni igieniche ideali. 6) PREVISIONE DELLO STUDIO D’IMPATTO AMBIENTALE DELLA ”SCATOLA VIBRANTE “ I°) - Indicazioni Generali e Programma Operativo di Massima 6.a)Premessa Per ottemperare alle esigenze di verifica delle conseguenze dell’attività dell’attrezzo proposto rispetto all’ambiente ci si è riferiti agli studi di impatto ambientale già eseguiti in Laguna di Venezia. In particolare sono stati presi a riferimento gli studi che hanno valutato gli effetti causati dalle azioni antropiche, (tra cui la pesca dei molluschi), sui sedimenti e sulla comunità bentonica in Laguna ed in mare. Gli studi di Froglia, Giovanardi, Pranovi e Vaccarella, tra gli altri, delineano al meglio gli elementi e i parametri per definire e quantificare l’impatto ambientale della “scatola vibrante” proposta. **** Le risorse finanziarie della “gara d’appalto”, grazie al fatto che il prototipo della “scatola vibrante” è stato già realizzato, consentono di realizzare uno studio d’impatto ambientale che copra i più significativi aspetti di natura geologica e biologica. **** In particolare gli aspetti ambientali, che saranno valutati nel tempo (12 mesi) in parallelo con aree simili e contigue non sottoposte ad alcun prelievo, saranno: - indagine biologica della comunità meio e macro-bentonica; - indagine geologica dei sedimenti: analisi dei fondali. 6.b) Ubicazione dell’area di pesca sperimentale e di studio d’impatto ambientale Allo stato attuale, non è definibile con esattezza l’area lagunare dove saranno realizzate le prove di messa a punto della “scatola vibrante” e il successivo studio d’impatto ambientale. La scelta potrà essere concordata con la committenza. 14 Per poter realizzare compiutamente la sperimentazione proposta comunque è necessaria un’area lagunare con caratteristiche idonee data appositamente in concessione. In via preliminare si ritiene sia meglio condurre la sperimentazione ed in particolare la valutazione d’impatto ambientale, in un’area in cui siano già stati condotti studi simili e quindi già nota sotto il profilo geologico e biologico (biocenosi delle Sabbie Fangose di Moda Calma, SFMC e/o biocenosi Lagunare Euriterma ed Eurialina, LEE). Tale scelta è dettata da motivazioni pratiche in quanto i risultati che si otterranno saranno più facilmente comparabili con i dati pubblicati negli studi pregressi e quindi scientificamente più interpretabili. Aree idonee, in tal senso, possono essere quelle studiate da Giovanardi, Pranovi e Savelli durante l’indagine preliminare sull’utilizzo della draga idraulica (turbosoffiante) per la pesca dei bivalvi in ambiente lagunare (ICRAM 1994). Gli stessi Autori affermano che, in ambito lagunare, notevole importanza (per studi di tipo ambientale) riveste la scelta delle aree in cui eseguire i campionamenti, data l’enorme varietà dei biotopi: anche a brevissima distanza si può avere un cambiamento radicale del popolamento bentonico e diversa morfologia dei fondali. Ripercorrendo le indicazioni di tali precedenti studi, che hanno identificato e quantificato l’impatto ambientale causato dalla pesca con le ”turbosoffianti” in Laguna, si è orientati a realizzare la sperimentazione in un’area prospicente la bocca di Porto di Malamocco. L’area concessa in esclusiva per le sperimentazioni con “la scatola vibrante” e per lo studio d’impatto ambientale sarà contrassegnata da opportune segnalazioni. 6.c) Programma operativo di massima: ottimizzazione del prototipo e calendario dei campionamenti per l’indagine biologica e geomorfologica : I° - Scelta ed ottenuta l’area lagunare, in circa 1-2 mesi si completerà un programma di verifiche di pesca sperimentale al fine di ottimizzare il “prototipo della scatola vibrante”. Si ricaveranno così tutti i dati di esercizio nelle diverse condizioni di operatività ipotizzabili (diverse batimetrie, condizioni meteomarine, tipo di fondale ecc) che faranno parte della relazione tecnica sull’attrezzo. Tale “messa a punto“ tecnica ed operativa dell’attrezzo sarà condotta in zone all’interno dell’area in concessione che saranno esclusivamente utilizzate a questo fine. 15 II° - Con il prototipo nella versione definitiva, si darà inizio , in 4 zone diverse (zone di sperimentazione) ubicate all’interno dell’area ed opportunamente segnalate, ai test di pesca sperimentale con la “scatola vibrante” per la valutazione dell’impatto ambientale. In ogni zona di sperimentazione (orientativamente 4 o più in ragione dalla variabilità geomorfologica del fondale), prima di effettuare la pescata sperimentale, viene definita una striscia operativa di pescata sulla quale opererà l’attrezzo ed una seconda striscia operativa di controllo contigua a quella operativa che non sarà impiegata ma servirà di riferimento (blank) per tutta la durata dello studio d’impatto ambientale (12 mesi). Per ogni zona di sperimentazione si effettueranno le rilevazioni geo-morfologiche iniziali, mentre nelle due strisce si preleveranno, con benna e carotatore manuale (azionato da un operatore subacqueo), campioni rappresentativi nella situazione iniziale sia nella striscia da sottoporre a pesca che in quella contigua di controllo. Successivamente si effettuerà la pescata sperimentale sulla striscia ad essa destinata ed il prelievo avrà la durata necessaria per il completo riempimento dell’attrezzo (circa una decina di chili di prodotto). Subito dopo aver realizzato la pescata sperimentale, sulla striscia sottoposta a “pescata”, si ripeteranno i rilievi morfologici per definire della “traccia” lasciata dall’attrezzo. Si preleveranno inoltre due campioni lungo tutta la traccia (uno all’inizio ed uno alla fine del percorso) per rilevare comparativamente l’impatto sul fondale con l’attrezzo inizialmente vuoto e successivamente a pieno carico di vongole. III° - Poichè è fondamentale valutare l’evoluzione nel tempo dell’ecosistema “turbato” in raffronto con quello “non turbato”, dopo tre, sei nove e dodici mesi dalla pescata sulla striscia definita, si ripeteranno per ogni area unicamente i rilievi geomorfologici e per ogni stazione il prelievo di campioni per gli studi geologici e quelli biologici sul bentos (le aree non avranno dovuto subire alcun disturbo antropico per 12 mesi). 6.d) Glossario e specifiche operative : Riassumendo il programma operativo dei campionamenti, salvo un loro aumento da concordare, si determina quanto segue: - la concessione di un’area lagunare ossia, di una zona entro i cui confini si svolgeranno tutte le sperimentazioni, i rilievi e la raccolta dei campioni da analizzare nei laboratori specifici; 16 - 4 zone di sperimentazione (il numero è condizionato dalla variabilità geomorfologica) ossia sub-aree definite all’interno dell’area in concessione ; - 2 strisce operative (di controllo e di pescata) per ogni zona di sperimentazione: sono corridoi delimitati sul fondale a larghezza fissa (come quella dell’attrezzo) ed a lunghezza variabile (in base al tempo necessario all’attrezzo per riempirsi); - 3 stazioni di campionamento per ogni zona di sperimentazione di cui 2 nella striscia di pescata (all’inizio e alla fine) ed una nella striscia di controllo, ossia sub- aree di limitata superficie (2 -3 metri quadrati ) all’interno delle strisce operative dove si raccolgono i campioni per analisi geologiche e biologiche sul bentos. - 5 campagne (1 iniziale + 4 stagionali) di rilevamento dei dati geomorfologici per ogni striscia operativa e di raccolta campioni per analisi geologiche e bentoniche in ognuna delle 12 stazioni di campionamento. II°) - Indagine biologica sulla comunità bentonica 6.a.1) Premessa Il deterioramento della qualità ambientale in ecosistemi lagunari può essere valutato sulla base degli effetti prodotti sugli organismi viventi e, in modo particolare, su quelli che posseggono una scarsa mobilità, come gli organismi appartenenti al bentos. Si verifica infatti, a livello della comunità, una risposta biologica variabile a seconda dell’intensità dell’impatto ambientale, che può essere adeguatamente valutato ai fini della definizione della qualità dell’ambiente. Il bentos, cioè l’insieme degli organismi che vivono sopra, dentro o comunque in stretto rapporto con il sedimento, viene distinto in macro, meio e microbentos sulla base del metodo impiegato per separare gli organismi dal sedimento. Sebbene non vi sia ancora una completa concordanza fra gli Autori sulla definizione di queste categorie, la tendenza più diffusa è quella di considerare macrobentos l’insieme degli organismi che vengono trattenuti da un setaccio con maglie di mezzo millimetro, meiobentos gli organismi che passano attraverso il setaccio con maglia da mezzo millimetro, ma vengono trattenuti da quello con maglie da 42 µm, ed infine microbentos quelli che non vengono trattenuti da quest’ultimo. Per la loro scarsa o nulla capacità di spostamento, gli organismi bentonici sono, più di altri, soggetti ai condizionamenti della qualità dei parametri ambientali. Gli effetti collegati all’utilizzo di speciali attrezzature per la pesca di molluschi bivalvi fossori verranno valutati tramite lo studio delle variazioni in termini di composizione, abbondanza e biomassa del popolamento meio- e macrobentonico. Lo studio sarà ovviamente comparativo e verrà effettuato contemporaneamente ,su aree trattate e non , con l’attrezzo in oggetto. Le operazioni di campionamento, verranno 17 effettuate subito dopo il trattamento e scadenze prefissate che dovranno perlomeno avere cadenza stagionale. Prima di dare inizio alle campagne (4+1) di campionamento verranno effettuati rilievi e campionamenti nelle aree di sperimentazione per avere un quadro definito della situazione geobentonica. 6.b.1.) La meiofauna bentonica o meiobentos Tranne alcune rare eccezioni il gruppo dominante nella meiofauna è quello dei Nematodi, che normalmente costituiscono oltre il 50 % delle comunità, seguito da quello dei Copepodi Harpacticoidi. Molte indagini sulla qualità ambientale basate sullo studio della meiofauna riguardano l’analisi di divergenti reazioni che questi due gruppi manifestano in situazioni di stress. Ciò si riferisce alla diversa nicchia trofica occupata da Nematodi e Copepodi. * Importanza della Meiofauna Il fondo del mare, dei laghi e delle lagune contengono un’alta concentrazione di nutrienti, molti microrganismi e una ricca fauna nella colonna d’acqua sovrastante i sedimenti. Questi ultimi sono sede di un’importante produzione primaria, dovuta alla presenza di microfitobentos e secondaria da parte degli organismi eterotrofi. Tali forme permangono anche quando viene meno la luce, essendo sostenuti dal flusso energetico rappresentato dal detrito organico dato principalmente da resti di alghe e fanerogame marine. Gran parte di questi resti vegetali non sono in genere direttamente utilizzati dagli animali, (per i quali essi rappresentano un cibo povero d’azoto), ma sostengono una importante produzione batterica dalla quale si diparte una catena trofica che per il tramite dei Protozoi sostiene la meiofauna. Si parla di milioni di individui per m2 di superficie di sedimento e con valori di biomassa dell’ordine di 1-2 gr di peso secco per metro quadrato di superficie . Questi organismi sono usati come cibo da pesci bentonici o da organismi bentonici sedentari di grandi dimensioni (macrofauna), che verranno essi stessi predati dai pesci. Il ruolo svolto dai batteri è quindi fondamentale. Questi demoliscono la sostanza organica ossidandola a spese dell’ossigeno disciolto nell’acqua interstiziale. Il meiobentos pertanto accelera la decomposizione e la mineralizzazione batterica del detrito organico, perché, predando la popolazione batterica, mantiene quest'ultima in fase di crescita (Alkemade et al., 1992). Nei trasferimenti energetici degli ambienti particolarmente ricchi di detrito organico il meiobentos può dunque svolgere un ruolo più importante del macrobentos, (Rudnick et al.,1985). 18 Nei sedimenti lagunari, ricchi di fango ed argilla e con minore possibilità di circolazione negli interstizi, la quantità di ossigeno è bassa, per cui si presentano anossici già a piccole profondità dalla superficie. Quando l’ossigeno viene a mancare la demolizione della sostanza organica continua, anche se con minore intensità, ad opera di batteri anaerobi, la maggior parte dei quali ossidano la sostanza organica utilizzando certi composti inorganici come accettori di idrogeno: è per questa via che lo ione solfato viene ridotto a idrogeno solforato, il nitrato ad ammoniaca, l’anidride carbonica a metano. Il passaggio tra lo strato ossidato e quello anossico profondo è detto strato di discontinuità redox, perché in esso i valori del potenziale di ossido-riduzione (Eh) passa dai ~ +500 mV in superficie a ~ -200 mV in profondità. La presenza della meiofauna, che si nutre di batteri e protozoi, è limitata allo strato soprastante quello di discontinuità redox. * Tecnica di campionamento di meiofauna I campionamenti saranno eseguiti con un apposito carotatore; sono generalmente utilizzate carote in plexiglas che vanno inserite nel sedimento ad una profondità superiore a quella dello strato di discontinuità redox, al di sopra del quale si trova il popolamento meiobentonico. Al materiale prelevato va aggiunta una soluzione di MgCl2 in acqua di mare (filtrata al fine di evitare l’aggiunta involontaria di organismi) in volume pari a quello del campione; ciò allo scopo di anestetizzare gli animali. Infatti in assenza di anestetico la fissazione provoca alterazioni morfologiche che rendono difficile o impossibile lo studio successivo. Dopo almeno 15' dall’introduzione dell’anestetico si procede alla fissazione con formalina neutralizzata. * Estrazione della meiofauna Lo studio della meiofauna non può essere eseguito mediante l’osservazione diretta del sedimento e ciò principalmente a causa delle frazioni fangose ed argillose che renderebbero l’operazione particolarmente difficoltosa. E’ dunque necessario separare la componente biotica dal sedimento. La carota viene filtrata con setacci di 40 e 500 µm di maglia. La frazione inferiore ai 40 µm viene eliminata in quanto contenente la microfauna; la frazione superiore ai 500 µm viene a sua volta conservata in quanto macrofauna. Dalla frazione rimanente, compresa tra i 40 e i 500 µm, la meiofauna, viene separata dal sedimento utilizzando il Ludox-TM, seguendo il procedimento descritto da McIntyre & Warwick (1984). Una volta isolata, la meiofauna viene quindi colorata con Rose-Bengal. Il numero degli animali estratti da una carota è normalmente troppo elevato per essere contato per intero, si procede pertanto all’esecuzione di subcampionamenti 19 corrispondenti ad 1/30 della quantità originale. Il subcampione viene quindi suddiviso in tre frazioni per mezzo di setacci con maglia da 200 µm, 100 µm e 40 µm. Le tre frazioni così ottenute vengono montate su vetrini da microscopia secondo la tecnica descritta da Alkemande e Van Rijswijk (1993). A questo punto è possibile procedere all’osservazione e al conteggio della meiofauna al microscopio ottico fino a 400 ingrandimenti (il tipo di preparato non consente infatti l’uso dell’obiettivo ad immersione). * Calcolo della biomassa La determinazione della biomassa è di particolare importanza in ecologia in quanto è un elemento basilare per eventuali studi sulla produzione ed in generale sull’energetica del sistema in studio. I valori di biomassa vengono espressi in “peso umido”, in “peso secco senza ceneri” e quest’ultimo è il modo migliore in quanto esprime la quantità di materia organica disponibile come cibo per i livelli trofici più alti. E’ evidente che nel caso della meiofauna una determinazione ponderale diretta è praticamente inattuabile. E’ tuttavia possibile procedere secondo la metodologia suggerita da Widbom (1984), il quale ha determinato dei fattori che permettono di calcolare il peso secco senza le ceneri sulla base dei soli valori di abbondanza. I fattori di conversione di Widbom si riferiscono ai soli Nematodi e Copepodi, ma questi due taxa rappresentano normalmente il 90 % e oltre della densità del popolamento meiobentonico, per cui i valori ottenuti sono una stima molto buona del valore complessivo. 6.c.1) La macrofauna bentonica o macrobentos E’ definito come l’insieme di organismi trattenuti da un setaccio con maglie da 500 µm. Si tratta generalmente di organismi che vivono infossati nel sedimento spesso a profondità superiori a quelle dello strato di discontinuità redox, essendo protetti dall’effetto tossico dell’ H2S da strati di muco, tubi o rivestimenti calcarei. Alcuni però sono epibentonici e vivono alla superficie del sedimento. Si utilizzano generalmente delle benne a ganasce, che consentono il prelievo sia della macrofauna epibentonica che di quella che vive infossata. Quando lo strumento viene calato sul fondo, le ganasce sprofondano nel sedimento e si richiudono, intrappolandolo, al momento del prelievo. Anche in questo caso si conoscono una serie notevole di modelli adatti a varie esigenze. Per l’uso da piccoli natanti è particolarmente utile la benna di van Veen (1933) la quale, per il suo peso limitato, ha inoltre il vantaggio di poter essere azionata, a mano, anche da un singolo operatore. * Estrazione della macrofauna dal campione 20 Gli organismi della macrofauna si ottengono semplicemente per setacciamento del campione di sedimento su maglie di 500 µm di lato (ciò in accordo con la definizione di macrofauna; tuttavia maglie più fini possono essere usate quando si desideri non perdere gli stadi giovanili che potrebbero sfuggire al setaccio da 500 µm). Il procedimento richiede una grande quantità di acqua per il lavaggio, che deve avvenire in modo delicato per non danneggiare gli animali. Il materiale trattenuto dal setaccio da 500 µm viene quindi ulteriormente suddiviso con setacci di maglie più fini e le varie frazioni fissate in opportuni contenitori per lo studio successivo. * Conservazione dei campioni Il fissativo più adatto è la formalina; una soluzione al 10 % del prodotto commerciale è utile per la fissazione iniziale, mentre per la conservazione può essere sufficiente una concentrazione del 5 %. Per evitare l’acidificazione della formalina nel tempo è consigliato aggiungere un agente tamponante come il borace. L’alcool, da taluni adoperato perché meno tossico per gli operatori, presenta degli indubbi svantaggi, il principale è forse dato dalla sua forte azione disidratante che rende gli organismi rigidi e fragili. Se lo studio lo richiede, gli animali possono essere anestetizzati prima della fissazione; ciò consente di evitare la loro contrazione che, in certi gruppi, può impedire o rendere particolarmente laboriosa la determinazione tassonomica (per una review su anestetici e fissativi vedi Lincoln & Sheals (1979). * Smistamento Lo smistamento degli animali ha luogo ad occhio nudo o con l’aiuto di deboli ingrandimenti: da una lente da tavolo ad uno stereomicroscopio. Soprattutto per le forme più piccole, che possono nascondersi tra il detrito, è utile procedere ad una colorazione con rose bengal, come per la meiofauna, ma altri coloranti possono essere adatti (vedi Williams & Williams, 1974). Infine l’uso del Ludox-TM descritto per la meiofauna può essere applicato anche per le forme più piccole della macrofauna. * Analisi statistica ed elaborazione dei dati sul meio e macrobentos Per il confronto delle diverse situazioni riscontrate nelle varie stazioni di campionamento (vedi oltre) alle varie date si utilizzeranno gli indici di Sorensen (1984) e di Jaccard (1928) che considerano il numero di specie in comune fra le due diverse situazioni analizzate, nonchè l’indice di affinità (Pearson e Rosenberg , 21 1978), che, invece, considera anche l’abbondanza delle specie in comune fra i due popolamenti confrontati. Per il confronto, invece, dei campioni prelevati nella stessa data in aree soggette a pesca sperimentale ed aree di confronto si utilizzerà il test U di Mann-Witney (Siegel,1973). Per valutare inoltre l’evoluzione nel tempo dei popolamenti delle varie zone indagate si utilizzeranno i seguenti metodi: - indici di Shannon & Weaver, di Margalef (1957) e quello di “eveness” di Pielou; - correlazione dei ranghi di Spearmann, che tiene conto dei rapporti quantitativi tra le variabili, anche se con parziale perdita d’informazione (Daget,1979) valutando poi l’affinità dei campioni mediante Cluster analysis (algoritmo di analisi semplice). - calcolo della matrice di correlazione di Pearson ed applicazione dell’analisi delle componenti principali (PCA). In definitiva lo studio multisettoriale della componente biologica (meio e macro bentos) realizzato su aree comparabili e prolungato nell’arco dei 12 mesi successivi alle pescate sperimentali del prototipo definitivo della “scatola vibrante”, fornirà un quadro chiaro ed inconfutabile del tipo e dell’intensità dell’impatto ambientale che tale attrezzo potrebbe arrecare. III°) Indagine geologica dei sedimenti: analisi dei fondali 6.a.2) Premessa Qualunque sia il metodo per raccogliere le vongole, poichè vivono infossate nel sedimento, bisognerà agire meccanicamente per provocare la fuoriuscita dei molluschi e permetterne la raccolta. Tale “disturbo” può comportare modificazioni anche molto significative dei fondali particolarmente fragili della Laguna con ovvie ripercussioni anche sulla natura stessa degli ecosistemi presenti e delle comunità bentoniche che la abitano. E’ infatti accertato che le caratteristiche granulometriche, tessiturali, composizionali e geotecniche del sedimento influenzano il tipo di comunità biologiche sia a livello meccanico, agendo sulle specie che necessitano d’insediarsi nel sedimento, sia a livello trofico, controllando ad esempio la quantità e qualità di materia organica interstiziale. Approfonditi studi hanno dimostrato come l’azione di mezzi “turbosoffianti” creino alterazioni notevoli ai fondali Lagunari. Si è dimostrato come l’azione dell’acqua e/o dell’aria sotto pressione utilizzata per scavare il fondale crei una tale sospensione 22 delle particelle più fini che esse vengono portate via dalle correnti di marea creando una progressiva alterazione della natura del sedimento stesso e della morfologia dei canali. L’eventuale risospensione di sedimento può comportare l’allontanamento delle sue componenti più fini (dal silt alle argille) da parte di correnti ed onde, modificando così la tessitura del fondale rendendolo più grossolano (più sabbioso) con potenziali ripercussioni anche gravi sulle comunità viventi. Tale tipo di alterazione comporta numerose conseguenze tra le quali ne citiamo due che riteniamo le più pertinenti al caso: - modificazione geomorfologica dei fondali con ripercussioni idrologiche; - modificazione a carico della comunità degli organismi bentonici. Se si considera il dispendio di risorse impiegate dal Consorzio Venezia Nuova per la preservazione della Laguna di Venezia e nel ripristino della morfologia lagunare in relazione al fatto che l’azione erosiva delle turbosoffianti avrebbe fatto ricadere nei canali una quantità di sedimenti stimata in qualche centinaio di migliaia di metri cubi, si può ben comprendere l’importanza ecologica ma anche economica del non sollevare sedimenti. Si aggiunge inoltre che, indipendentemente dall’utilizzo della turbolenza di fluidi compressi di cui prima, l’eventuale uso di un nuovo attrezzo non turbosoffiante ma violento nella penetrazione dei fondali (come ad esempio denti di rastrello manovrati con forza meccanica) porterebbe alla distruzione degli edifici geo-biologici attivi o dei loro resti sub-fossili (rizomi vivi ma anche morti di fanerogame). La perdita di tali aree più compatte e della variegata morfologia del sedimento aumenterebbe la naturale esposizione all’erosione causata da fattori naturali e non. 6.b.2) Programma operativo di massima Per le valutazioni della morfologia dei fondali e le eventuali modificazioni subite si interverrà in due momenti: 1) raccolta bibliografica dei dati pregressi pertinenti l’area di studio in grado di inquadrare sotto il profilo morfologico ed idrodinamico l’area interessata; 2) campagna di campionamenti parallela a quella per lo studio della comunità degli organismi bentonici. 23 Operativamente, una volta definita l’area della pesca sperimentale e quella di confronto, si predisporrà una griglia di punti di campionamento identificati con rilievi a mezzo coordinate con GSP e con indicazioni fisse in superficie e sul fondo. Il programma dei campionamenti e dei rilievi geomorfologici è parallelo a quello per i rilievi biologici ed è esplicitato in dettaglio nei vari punti del quadro sinottico dei tempi di esecuzione (cap. 10). I campionamenti saranno realizzati da un operatore subacqueo munito di carotatore manuale per il prelievo di carote di sedimento del diametro di 35 mm ed il loro studio sarà effettuato da personale dell’Istituto di Geologia Marina del C.N.R. di Bologna che effettuerà anche i rilievi geomorfologici. Per la validità scientifica si ricorrerà a tale centro altamente specializzato in quanto il loro laboratorio di sedimentologia è particolarmente ben attrezzato per questo tipo di analisi. Più in dettaglio si precisa che si provvederà ad effettuare le analisi granulometriche anche mediante “Sedigrafo” per determinare le frazioni nelle classi di sabbia, silt e argilla. Queste tecniche altamente avanzate per lo studio geologico dei sedimenti sono le stesse utilizzate in altri studi sulla Laguna e tale scelta è dettata dalla necessità di uniformare i dati per una migliore comparazione dei risultati. 7) ORIENTAMENTI PER L’ELABORAZIONE DEL PIANO DI PRODUZIONE RELATIVO ALLA PESCA DELLE VONGOLE IN LAGUNA. L’adozione di un sistema per la pesca delle vongole in Laguna dovrà essere inquadrato all’interno di uno specifico piano di produzione e di gestione della risorsa. E’ possibile redigere un piano di produzione solo se si conoscono i dati annuali su: a) la quantità estraibile di vongole che non compromette la risorsa; b) lo sforzo di pesca esercitato qualitativamente e quantitativamente sulla risorsa. Conoscendo la capacità estrattiva di ogni attrezzo per unità di sforzo, si potrà programmare il numero degli addetti, o quello degli attrezzi o le limitazioni da imporre nel numero di giornate operative o nella produzione giornaliera per addetto. L’imposizione di limiti e norme per la redazione del piano di produzione esula dallo studio ma, per come richiesto nel disciplinare, si possono già esporre degli orientamenti per l’inserimento dell’attrezzo proposto all’interno di un piano di produzione. 24 Noto lo sforzo di pesca esercitato in Laguna dai pescherecci riconvertiti a “rastrello vibrante”, nel caso in cui “la scatola vibrante“ proposta o un altro nuovo attrezzo ottenesse l’autorizzazione alla pesca in Laguna, sarà necessario conoscere e definire nel dettaglio lo sforzo di pesca esercitabile con l’adozione della nuova tecnologia. Va segnalato che per poter quantificare esattamente la capacità di pesca che può attribuirsi alla “scatola vibrante” la sperimentazione sarà realizzata in un’area sufficientemente vasta usata ed all’interno di quella concessa per lo studio. Il prototipo che si propone è in avanzato stato di progettazione e di sperimentazione ma manca l’ottimizzazione operativa e la quantificazione scientifica della sua efficienza operativa oltre che dell’impatto ambientale. In via preliminare alcune limitazioni positive della “scatola vibrante”, che comunque andranno quantificate sperimentalmente sono già definite: - intasamento in presenza di macroalghe e fanerogame; - scarsissimo rendimento sui fondi duri; - limitata capacità di accumulo di vongole vagliate; - lentezza nell’azione di traino; - bassissima alterazione morfologica del fondale. In particolare si vuol confrontare l’efficienza operativa operando con il traino a motore o con il verricello elettrico dato che, come già indicato esistono le due possibilità operative. * Produttività per unità di sforzo In merito alla “capacità piscatoria” dell’attrezzo proposto si può solo anticipare, con sufficiente certezza, che essa sembra essere dell’ordine di grandezza previsto nel Punto a) del Regolamento regionale del 26 aprile 1996, n.1 Art. 1-Comma III° che ipotizza una quota pro-capite pari a 87,5Kg al giorno per 200 giorni lavorativi l’anno. Il citato Regolamento, si riferisce ad una popolazione di “addetti alla pesca di vongole” che opererebbero in aree date in concessione al Co.Ve.Al.La. dove si ipotizza che i 1.000 operatori previsti, pescando ognuno per 5 ore/giorno per 5 giorni a settimana, potrebbero produrre la quantità complessiva di 17.500 t/anno all’interno di un’area “coltivata” di 3.500.000 mq. * Previsioni sull’innovazione dell’attrezzo posto in studio I risultati fino ad ora ottenuti lasciano ipotizzare una discreta produttività ed una buona accettazione da parte dell’utenza. In merito alle previsioni possibili si può già affermare che qualora la “scatola vibrante” ottenesse l’approvazione per la pesca 25 delle vongole in laguna, essa avrebbe uguale o maggiore diffusione dell’attuale “cassa” (oltre 500 unità ) per i motivi di seguito illustrati: • • • • • • • • • possibilità di operare in ambito legale e quindi anche in ore diurne; basso costo d’investimento (circa due milioni di lire ); riutilizzo delle stesse imbarcazioni attualmente utilizzate con “la cassa”; bassi costi operativi (ricarica e manutenzione delle batterie); possibilità di pescare con un solo operatore; ottima sicurezza del lavoro (corrente a 12 volts); risparmio di combustibile (la “scatola“ pesca solo a bassa velocità); migliori condizioni di lavoro (poca fatica e nessun operatore in acqua); ampliamento delle aree da pesca sfruttabili. In tale contesto, una volta definita l’unità di sforzo di pesca con “la scatola vibrante” (uscita, ora operativa) e gli altri parametri che saranno ricavati dalla sperimentazione (modalità operative, limitazioni, produttività media per unità di sforzo, superficie esplorata per unità di sforzo ecc.) sarà possibile redigere un programma operativo. Sulla base dei dati ottenuti nel corso della sperimentazione dello strumento (impatto ambientale e geomorfologico della Laguna, capacità rigenerative della risorsa) si potrà decidere se liberalizzare o contingentare e normare l’uso della “scatola vibrante”. Per una diffusione controllata dell’attrezzo, volendo limitarne la diffusione della “cassa vibrante” si suggerisce di identificare i motori o comunque l’attrezzo con una punzonatura ufficiale in modo da poter facilmente identificare e perseguire l’immissione illegale di attrezzi “fuori quota”. 8) LA LEGISLAZIONE REGIONALE DEL VENETO IN MATERIA DI PESCA NELLE ACQUE INTERNE. La legge regionale n. 50 del 09/12/86 sancisce norme per la protezione e lo sviluppo della fauna ittica e disciplina l’esercizio dell’acquacoltura, della pesca professionale, sportiva e dilettantistica nelle acque pubbliche interne della Regione Veneto ai fini di assicurare una idonea protezione idrobiologica delle varie specie ittiche le acque pubbliche della Regione Veneto sono suddivise nelle zone A, B e C (acque interne). Nella fattispecie la zona C, per la provincia di Venezia comprende: la laguna di Venezia la laguna di Caorle - Lugugnana il bacino di “Lama del morto” 26 Per esercitare la pesca nelle acque interne della Regione Veneto è necessario essere muniti della licenza di pesca rilasciata in conformità a quanto stabilito dalle leggi dello Stato e della Regione Veneto e nel rispetto delle norme sulla disciplina delle tasse sulle concessioni regionali. L’art. 5 della citata legge regionale stabilisce che l’esercizio della pesca viene disciplinato da tale legge e dal regolamento di pesca che il Consiglio Regionale, su proposta Provincia, deve approvare in materia di uso di reti e di altri attrezzi permessi, con la descrizione sommaria degli stessi e l’indicazione del tempo e delle località in cui possono essere adoperati. L’art. 27 del regolamento, recante le disposizioni particolari per la pesca di molluschi e crostacei nelle acque della zona C compresa nelle provincie di Padova e Venezia, al comma 8, indica che la pesca di molluschi bivalvi con l’uso di apparecchiature turbosoffianti è vietata. L’art. 31, relativo alla pesca del novellame, stabilisce che tale pesca è consentita al pescatore di professione dal 15 marzo al 30 giugno ad esclusivo scopo della semina; per quanto attiene i molluschi tale attività è consentita dal 01 settembre al 30 giugno. La pesca del novellame è vietata durante le ore notturne. Essa è subordinata al rilascio , da parte del Presidente della Provincia, di un apposito permesso nel quale vengono stabiliti i luoghi e i tempi stabiliti per l’esercizio. I possessori del permesso devono inviare, entro il 30 agosto all’amministrazione provinciale specificando i luoghi di raccolta e la quantità raccolta delle specie pescate e la destinazione. Il permesso per la raccolta del novellame non viene rinnovato qualora l’interessato non ottemperi a quanto disposto avanti. Questa legge e il regolamento, almeno per quanto attiene la laguna di Venezia, sono stati disattesi e non sono stati applicati: negli ultimi anni si è avuto un progressivo aumento di abusivi che con turbosoffianti e con “casse” prelevano in maniera per lo meno disordinata, il irregolare ancorché illegalmente enormi quantitativi di vongole veraci del tipo “filippina semidecussatus”, le quali, partendo dall’area del Polesine, si sono diffuse in modo infestante sull’intera laguna veneziana. Solo recentemente è stato bloccato l’impiego delle turbosoffianti, ma attualmente il ricorso abusivo alle “casse”, il considerazione del prelievo da loro adottato, produce gli stessi inconvenienti ambientali delle turbosoffianti e pericoli di gravi infortuni per gli operatori. Negli anni scorsi l’Amministrazione Provinciale preoccupata della situazione socioeconomica che si sarebbe creata con l’eventuale blocco delle turbosoffianti, blocco che si è poi verificato, ma soprattutto del danno ambientale che tale attrezzi causavano sull’intera laguna veneziana, commissionò all’ICRAM uno studio per sia verificare da una parte l’effettivo danno economico sia per ricercare un attrezzo alternativo che recasse minor danno o che lo eliminasse completamente. I risultati furono riportati un una relazione all’Amministrazione: in sintesi le conclusioni indicavano il danno delle turbosoffianti in confronto con quello 27 notevolmente inferiore di un “rastrello vibrante” opportunamente studiato da officine meccaniche locali. Il rapporto suggeriva altresì l’impiego del “rastrello” in aree ben definite che l’Amministrazione avrebbe concesso a Consorzi di pescatori all’uopo costituitisi. In sostanza si ponevano le premesse e si indicavano le soluzioni per una coltivazione della Laguna su aree concesse. In tal modo si poteva avviare a soluzione quella situazione di abusivismo che tanti danni, anche di natura sociale, sta arrecando alla laguna veneziana e alle comunità insediate sulla sua gronda. Infine il rapporto suggeriva il prosieguo dell’indagine al fine di individuare un attrezzo più idoneo al prelievo dei molluschi e che non arrecasse nel contempo danni all’ambiente. La gara di appalto per la realizzazione per uno studio di attrezzi innovativi per la pesca in Laguna di Venezia, è pertanto conseguente a quanto suggerito dallo studio ICRAM. L’Amministrazione Regionale, consapevole anch’essa della sempre più pesante situazione che si stava creando in laguna di Venezia con l’aumento dell’abusivismo, il 26 aprile 1996 emanava una modifica al Regolamento avanti citato, modifica che introduceva l’art. 30 bis: “Disposizioni particolari in materia di utilizzo di tecniche e strumenti meccanici innovativi per il prelievo di molluschi bivalvi”. In sintesi tale articolo autorizza l’uso in via sperimentale, per un periodo massimo di due anni, di tecniche e strumenti meccanici innovativi per il prelievo di molluschi bivalvi. Inoltre, per quanto avanti indicato, i Consorzi operanti nelle rispettive aree devono associare un numero di cooperative che rappresentano almeno il 75% dei pescatori di professione che prelevano i molluschi bivalvi e devono provvedere nel proprio statuto idonee forme di disciplina e autocontrollo per il rispetto delle modalità previste. Almeno due volte l’anno il Presidente della Giunta dovrà convocare una apposita conferenza di servizio per determinare: - i quantitativi massimi di prelievo in relazione ai piani di produzione - le tecniche, i strumenti meccanici innovativi e il loro numero - i periodi di tempo per l’attività - la presentazione delle domande dei consorzi - le aree di prelievo - i punti di sbarco e di conferimento del pescato per il controllo sanitario - le aree di rispetto biologico - l’ampiezza e la localizzazione delle aree lagunari che possono essere concessi ai consorzi. A questa modifica hanno fatto seguito le diverse conferenze a cui si fa riferimento in precedenza. L’ultima, che ha avuto luogo nel mese di aprile ‘97, definisce, al punto 1, il modello di gestione eco-compatibile nelle acque marittime interne della Laguna di Venezia mediante impiego di tecniche e strumenti meccanici innovativi per il prelievo di molluschi bivalvi di fondo. 28 Al punto “i” del comma “situazione attuale” si sottolinea la necessità di incentivare la ricerca di mezzi meccanici alternativi a quelli attuali. Consorzi, enti e istituti di ricerca possono presentare ipotesi di studio da sottoporre a sperimentazione al fine di poter disporre di un diverso numero di attrezzature che possano maggiormente adattarsi alle diverse tipologie dei fondi lagunari. L’Amministrazione Provinciale di Venezia dovrà provvedere al coordinamento dell’attività mediante il supporto tecnico fornito dall’I.C.R.A.M. o da altri istituti individuati, nonché alla predisposizione di rapporti informativi periodici circa lo svolgimento delle attività sperimentali. La conferenza di servizi stabilisce di individuare un gruppo di lavoro rappresentante le diverse categorie produttive del settore, che fornisca indicazioni programmatiche in relazione alle capacità di mercato, tenendo presente della realtà produttiva dei bacini polesani. Va infine sottolineato la presa d’atto dell’Amministrazione Regionale che attraverso l’art. 30 bis, oltre alla ricerca di strumenti innovativi per la pesca di molluschi in Laguna, al fine di evitare danni ambientali irreversibili, indica nella costituzione dei Consorzi, nella concessione di aree lagunari da parte delle autorità competenti, nella definizione di specifici piani di produzione e nell’auto controllo le linee guida per razionalizzare e sviluppare le attività di molluschicoltura senza alterare l’ambiente lagunare. Sono tutti elementi in positivo perché al divieto si sostituisce l’autocontrollo con la disciplina organizzata da Consorzi di operatori. Alle Amministrazioni viene riservato il compito di guida e di supervisione. 9) LE CONCLUSIONI Il progetto proposto rappresenta la necessaria risposta alle esigenze espresse dagli operatori per lo studio di attrezzi innovativi per la pesca in laguna di Venezia. Se Federcoopesca lo riterrà opportuno il presente rapporto consentirà di definire una strategia operativa nel panorama produttivo della vongola verace, e nell’eventualità dell’estensione dell’incarico, il sottoscritto si impegna a svolgerlo secondo le linee guida ora rappresentate. La proposta indicata dall’elaborato avanti ampiamente illustrato, contiene elementi concreti e operativi per ottimizzare un attrezzo già progettato e costruito in prototipo da un’officina meccanica specializzata in grado di raccogliere molluschi bivalvi nella laguna veneziana, con il minor impatto possibile. 29 Per l’impatto ambientale si dovrà tener conto della situazione in cui oggi si trova la Laguna e verificare le modificazioni geomorfologiche, geologiche e biologiche da controllare in fasi successive al prelievo di prodotto al fine di constatarne la reversibilità nel tempo. Per l’igiene e la sicurezza del lavoro, ampiamente evidenziata nella descrizione avanti riportata, si dovrà tener conto di quanto viene prescritto dall’attuale normativa e dalla legislazione nazionale rendendo nel contempo le valutazioni effettuate con elementi puntuali e specifici, senza far ricorso alla soggettività. Tutte queste valutazioni richiederanno tempo e soprattutto verifiche successive per evitare di lasciare spazio a dubbi e ad incertezze. Per l’organizzazione dell’attività pratica e la sua economia sarà necessario valutare la produttività dell’attrezzo collaudato ed approvato e confrontarla con le norme regionali che definiscono le quantità prelevabili al fine di evitare sovrapproduzioni che creerebbero distorsioni commerciali. “L’inserimento e la codificazione dell’attrezzo nell’interno di particolari ambienti lagunari” sono subordinati alle concessione degli areali che la pubblica amministrazione attiverà e ai tempi in cui esse verranno realizzate. Comunque rimane sempre valida l’indicazione dell’amministrazione Regionale che specifica di realizzare piani di produzione “in aree che possono essere concesse, dalle competenti autorità, ai Consorzi”. La realizzazione del progetto avverrà in 15 mesi, sempre che non si manifestino intoppi di natura burocratica o anche contestazione da parte di operatori. Esse verranno prontamente segnalate alla committenza al fine di un loro rapido superamento. Ci si avvarrà per la realizzazione del progetto e per le valutazioni richieste, di specialisti che hanno nel passato eseguite analoghe sperimentazioni e valutazioni in Italia e nel contesto comunitario i cui “curricola” saranno esibiti su richiesta. L’ampia descrizione della metodologia per la valutazione dell’impatto ambientale in laguna costituisce elemento di fondamentale importanza per l’accettazione e l’utilizzo dell’attrezzo che si andrà a suggerire e collaudare. Tutti gli altri aspetti potranno trovare differenti soluzioni, mentre la salvaguardia dell’ambiente è condizione pregiudiziale a qualsiasi sistema da impiegare! Gli operatori che attualmente, con tecniche diverse, prelevano molluschi dalla laguna sono quasi duemila. Il loro censimento non è più differibile per definire il loro inquadramento professionale. Esso dovrà regolarizzare coloro che operano con diversi sistemi e dovrà consentire di predisporre piani di produzione coerenti con le risorse disponibili. Vane saranno le azioni di pianificazione e di programmazione nonché quelle per la salvaguardia dell’ambiente se non si realizzerà un realistico cambiamento: la ricerca di un attrezzo e solo propedeutica al riordino della Laguna dal punto di vista della gestione produttiva. L’economia della zona, in mancanza di un corretto prelievo delle risorse ittiche in laguna, si deprimerebbe ancor più rendendo critico l’assetto socio-economico. 30 Il rispetto dell’art. 30 bis porterà alla riconversione dell’attività ittico in Laguna abbandonando il sistema sinora praticato (in deroga alle leggi emanate) e dando vita all’allevamento nelle zone concesse: il prelievo con lo strumento che verrà definito nello studio, sarà importante per la salvaguardia dell’ambiente. 31