studio e verifica di attrezzi alternativi per la pesca del caparozzolo

Transcript

studio e verifica di attrezzi alternativi per la pesca del caparozzolo
STUDIO E VERIFICA DI ATTREZZI ALTERNATIVI PER LA
PESCA DEL CAPAROZZOLO NELLA LAGUNA DI VENEZIA
PREMESSA:
La richiesta formulata da Federcoopesca per la realizzazione di uno studio
riguardante gli attrezzi innovativi per la pesca nella Laguna risponde ad un chiaro
bisogno della stessa intera comunità di Venezia.
La città lagunare è inserita in un delicato sistema ecologico, del quale l’acqua è parte
essenziale.
Per secoli i suoi amministratori hanno rivolto grande attenzione a questo sistema,
perché non venisse alterato, dall’uomo e dalle sue opere, il suo naturale equilibrio.
Con l’aumento della pressione antropica le insidie sono aumentate e parecchie
iniziative e diverse opere stanno mutandone la precaria stabilità.
La Laguna per tanti secoli è stata, e lo è ancora oggi, fornitrice di risorse alimentari
per gli abitanti che si sono insediati sulla gronda che la circonda: alimenti che si
identificano in prodotti ittici anche di grande valore nutritivo e di notevoli bontà
organolettiche. Essi danno sostentamento soprattutto agli abitanti delle isole e della
fascia esterna.
La molluschicoltura ne costituisce l’attività primaria: viene esercitata dalla maggior
parte dai pescatori di Pellestrina, S. Pietro in Volta, Chioggia, ecc.
Le vongole veraci “filippine”, sono una specie alloctona che da pochi anni ha
popolato in maniera infestante l’intera laguna veneziana, sostituendosi alla specie
nostrana, più delicata e meno riproducibile.
Questa rapida e intensa colonizzazione ha sollecitato i pescatori ad impiegare sistemi
e attrezzi sempre più sofisticati (turbosoffianti) per la raccolta di questa specie ittica,
non curandosi, malgrado i regolamenti ne vietassero l’uso, dell’impatto ambientale.
L’esplosione delle turbosoffianti ha creato seri problemi di natura ambientale nonché
violenti contrasti socio-economici, legati al fatto che con il loro divieto, confermato
ed recentemente attuato dalle pubbliche amministrazioni, vengono a mancare risorse
economiche, su cui le comunità locali avevano riposto affidamento.
Il diversivo recentemente praticato, l’impiego cioè delle “casse”, da oltre cinquecento
operatori è più precario e forse ugualmente impattante, almeno dal punto di vista
ambientale, delle stesse turbosoffianti.
Si rende quindi indispensabile avviare delle iniziative per la costruzione di un nuovo
assetto della laguna veneziana mediante un approccio che, evitando danni al sistema
geomorfologico, dovrebbe portare successivamente (sulla base delle nuove
indicazioni dell’amministrazione regionale (art. 30 bis Reg.to 3/89)) alla coltivazione
della laguna affidandola a Consorzi di gestione.
Essi, nelle aree concesse dagli organismi pubblici preposti, dovranno organizzare
piani di produzione da affidare ai pescatori che, autocontrollandosi e
autoregolamentandosi, realizzeranno un nuovo modo di gestire la Laguna.
1
*
*
*
*
1) BREVE SINOSSI STORICA.
E’ noto come la Laguna di Venezia sia da qualche anno al centro di interessi e di
azioni collegate alla pesca delle vongole veraci “filippine” (Tapes semidecussatus o
philippinarum) che da pochi anni hanno colonizzato vaste aree lagunari.
La stessa opinione pubblica partecipa, grazie alle notizie riportate dalla stampa locale
e nazionale, alla particolare situazione che vede interessi e posizioni spesso
contrapposte tra chi vuol trarre beneficio economico dalla pesca delle vongole
all’interno della laguna di Venezia e chi è preposto rispetto alle norme per la corretta
gestione delle risorse, la tutela della salute pubblica, la sicurezza nel lavoro e la tutela
dell’ecosistema lagunare .
In pochi anni si è creata una risorsa economica nuova e redditizia formata dai banchi
di “vongola filippina” che, dopo aver colonizzato con successo le lagune del Delta
del Po, si sono diffuse negli ultimi anni anche nella Laguna di Venezia .
Le marinerie che insistono su questa Laguna sono principalmente quelle ubicate
nell’isola di Pellestrina e nella città’ di Chioggia.
In anni passati, quando le vongole filippine non avevano ancora colonizzato la
Laguna di Venezia, operatori di tali marinerie si spingevano fino alle lagune del
Polesine creando non pochi problemi sociali sfociati anche in eventi tragici .
Alla fine degli anni ottanta, l’insediamento progressivo delle vongole veraci filippine
nella laguna di Venezia, se da un lato ha quasi annullato le conflittualità tra le
marinerie veneziane e quelle rodigine, ha di fatto riattivato l’interesse nella pesca
particolarmente nei giovani che hanno trovato in essa una nuova fonte di lavoro .
La nuova risorsa ha dato occupazione anche ad una flotta di scafi attrezzati con
“turbosoffianti” in precedenza armati per la pesca in mare della vongola comune o
bevarasse( Chamelea gallina) .
Essa era presente in grande quantità nelle sabbie del litorale veneto ma uno sforzo di
pesca eccessivo ne ha ridotto a tal punto la presenza da rendere non più remunerativo
l’attività delle “turbosoffianti “ appositamente attrezzate ed autorizzate a tale pesca.
La diffusione della vongola verace filippina, non solo ha colmato la cronica carenza
della vongola verace nostrana ( Tapes decussatus) ma è stata in grado di far
2
espandere la flotta delle turbosoffianti. Tali imbarcazioni, inoperose in mare, in
franca violazione alle norme ed alle leggi che governano sia l’uso della turbosoffiante
come pure la pesca in Laguna di Venezia, per anni hanno esercitato “abusivamente”
la pesca delle vongole veraci all’interno della Laguna con un raccolto stimabile nel
1995 in ben 30.000 tonnellate.
Tale situazione si e’ protratta fino a quando la magistratura ha fatto eseguire la
sequestro degli attrezzi di queste “turbosoffianti illegali” (1996) che sono state
successivamente sostituite, da un nuovo attrezzo denominato “ rastrello vibrante “ di
minor impatto ambientale ancora in fase sperimentale.
L’effetto ambientale delle “turbosoffianti” sui fondali della Laguna è ben
documentato negli studi che precedettero il sequestro degli attrezzi e nelle perizie
eseguite successivamente.
2) LA PESCA DELLE VONGOLE IN LAGUNA: SITUAZIONE ATTUALE ED
ANALISI DEI METODI ESTRATTIVI INNOVATIVI.
La precedente sinossi storica sulla colonizzazione delle vongole veraci in Laguna e
sul loro prelievo, è necessaria premessa per inquadrare la situazione socioeconomica attuale.
Si ritiene fuori luogo dilungarsi sulle argomentazioni scientifiche: esse comunque
non consentono l’uso, sui fondali lagunari, di attrezzi turbosoffianti.
Ci si richiamerà ad esse per lo studio preposto del metodo alternativo della pesca
delle vongole in Laguna di Venezia: l’attrezzo turbosoffiante è stato eliminato e gli
stessi pescherecci col nuovo armamento denominato “rastrello vibrante”, pesca le
vongole filippine in aree definite date in concessione.
Da rilevare inoltre che, a partire dal blocco delle turbosoffianti e ancor prima, la
pesca delle vongole filippine in laguna di Venezia, secondo stime non ufficiali ma
facilmente verificabili, viene realizzata oggi da una flotta di 400-500 “barchini
abusivi” che raccolgono il prodotto dai bassofondali con un attrezzo denominato
“cassa” il cui uso non è consentito per i motivi che saranno di seguito illustrati.
Per completezza espositiva, bisogna comunque riferire brevemente sui vari metodi
innovativi conosciuti, legali e non, che ingegnosi operatori hanno elaborato nel
tempo. In particolare gli attrezzi innovativi seguono due “logiche” dell’inventore il
quale persegue il massimo raccolto nel minor tempo .
Chi ha limitazioni economiche ha poco da inventare, e certe innovazioni, per la loro
macchinosità e costo, vedrebbero limitata lo loro diffusione.
3
Ci riferiamo in particolare a:
A) mezzi meccanici:
a) - sistema escavatorio su nastro a tazze: tale nastro trasportatore a tazze, applicato
sulla prua di una imbarcazione, raccoglie tutto il sedimento che viene separato dalle
eventuali vongole sulla prua del natante da getti d’acqua a pressione.
La sua evidente capacità distruttiva del fondale e di ciò che vi vive non merita
commenti.
b) - ramponcino a traino: simile ai ramponi (rapidi) usati in mare per la pesca delle
capesante, possiede dei denti piegati in avanti che, sgretolando il sedimento,
sollevano il materiale corpuscolare accumulandolo in una rete a sacco o in una cassa.
Le limitazioni di tale tecnica sono di diversa natura:
- ambientale: la forza di traino è tale che i denti strapperebbero qualunque
fanerogama e disgregherebbero anche i fondali compatti privi da naturale
erosione;
- operativa: riesce a pescare bene su fondali morfologicamente molto regolari e
sufficientemente sciolti a prevalenza sabbiosa. Inoltre non permette un’azione di
setaccio e restituzione “in situ” di sedimenti ed organismi che involontariamente
raccoglie.
c) - draga a denti azionata meccanicamente: un rastrello fornito di lunghi ed affilati
denti, se azionato dalla forza di un motore idraulico con braccio telescopico, può
esercitare una forza di penetrazione tale (nei sedimenti anche profondi) da
sconvolgere la struttura geologica dei fondali e biologica della comunità bentonica.
d) - draga a traino con lama detta “cassa”, ampiamente discussa avanti;
e) - meccanici subacquei vibranti “ Tipo Tecnoil e Menetto” con l’inconveniente di
essere ingombranti e pesanti (240 cm e qualche quintale di peso) e quindi applicabili
solo in un ristretto numero di grosse imbarcazioni.
B) mezzi turbo-idraulici:
molteplici sono le innovazioni che prevedono l’uso di un compressore che invii aria
e/o acqua in pressione per provocare la fuoriuscita delle vongole dal sedimento.
4
Si sono viste innovazioni come “la rasca soffiante”, rastrello di raccolta azionato da
un braccio idraulico che accanto ai denti di penetrazione possiede ugelli per l’uscita
di fluidi sotto pressione. Anche delle “mini-turbosoffianti” hanno riscosso un
momento di gloria “clandestina”: di fatto tutti gli attrezzi “turbo” ed ogni azione che
generi turbolenza (eliche o compressori) sul fondale e quindi risospensione dei
sedimenti con perdita di quelli più fini sono da evitare se si vuole tutelare la Laguna e
le sue attuali risorse.
3) LA PESCA DELLE VONGOLE VERACI CON “LA CASSA” NELLA
LAGUNA DI VENEZIA.
La conoscenza di questo attrezzo, e le sue caratteristiche operative e reddituali
devono ancora essere approfondite completamente perchè sono la vera motivazione
che ha determinato questa ampia diffusione.
Essa è illegale, comporta pericoli per gli operatori ed è probabile causa di gravi danni
ambientali: questo non è servito da deterrente, e la sua diffusione perpetua comunque
l’ingovernabilità da parte delle Istituzioni e l’impossibilità “tecnica” di bloccare tale
attività.
Per poter far rispettare regole nella pesca delle vongole in Laguna, è necessario
proporre e far adottare uno strumento che possa sì avere la stessa diffusione della
“cassa”, ma che sia di soddisfazione agli operatori nel rispetto però delle leggi e
dell’ambiente.
In effetti la diffusione della “cassa” è da ricondurre alle diverse positive
caratteristiche dell’attrezzo: esse dovranno essere ripetute nella nuova proposta
innovativa, la quale dovrà ricevere non solo l’approvazione degli organismi pubblici
ma anche il “gradimento dell’utenza” che altrimenti continuerebbe ad operare
nell’illegalità.
Della “cassa”, e cioè dell’attrezzo da sostituire legalmente”, vengono di seguito
indicati la struttura meccanica, la tecnologia del sistema, la sua efficienza nella
raccolta e nella selezione dei molluschi, la operatività, la resa per unità di sforzo, la
sicurezza operativa.
a) Descrizione della “cassa” o “draga a traino”
5
La “cassa”, che è tecnicamente una draga a traino costituita da una struttura
graticolare in ferro installata su due slitte di appoggio registrabili, anch’esse in ferro,
e viene trainata da un’imbarcazione a motore.
L’attrezzo presenta nella bocca di entrata una lama sagomata a “V“ che serve
all’affondamento nel terreno. La struttura graticolare viene fissata con una forte
inclinazione (45°-60° rispetto al piano del terreno) alle slitte di appoggio sul terreno
in modo da realizzare una “barriera” per il prodotto convogliato al suo interno.
La raccolta avviene trainando l’attrezzo con una barca su bassi fondali (massimo m.
1,5) ed utilizzando la turbolenza prodotta dall’elica del motore fuoribordo, posta a
livello del terreno, per convogliare il prodotto nella rete al fondo della graticola
inclinata.
Con tale sistema viene garantita soltanto una raccolta indiscriminata perchè l’azione
meccanica esercitata dall’acqua spinta dall’elica sommata all’avanzamento forzato
dell’imbarcazione, provoca l’accumulo e quindi la raccolta di ogni materiale
grossolano sollevato dai sedimenti.
E’ implicito che la pesca con la “cassa”, essendo “al traino”, comporta l’uso
dell’imbarcazione che in tal caso non serve solo al raggiungimento della zona di
pesca ma partecipa attivamente all’opera di raccolta. In pratica durante le operazioni
di pesca, sono necessari due operatori: uno a bordo che guida il fuoribordo, la cui
elica smuove il fondale, mentre l’altro in acqua, in piedi sulla “cassa”, la guida e la
tiene affondata nel terreno con il proprio peso.
Benché siano diffuse gli adattamenti, le dimensioni costruttive di una “cassa” sono le
seguenti :
larghezza
lunghezza
altezza
calibratura griglia
mm.
mm.
mm.
mm.
800
1.000
500
10
slitte di appoggio:
larghezza
lunghezza
peso complessivo
mm.
100
mm
1.000
Kg 35 circa
La “cassa”, costruita in tondino di ferro saldato, possiede un sacco di rete per la
raccolta del prodotto dal lato posteriore. Il costo corrente di una “cassa” è di circa £.
500.000, facilmente accessibile; un discreto saldatore può realizzarla da sè e non
necessita di particolare manutenzione.
6
b) Costo d’investimento iniziale per la pesca con “la cassa”:
Oltre all’acquisto della “cassa” (£. 500.000) l‘operatore deve disporre
dell’imbarcazione d’appoggio il cui costo è variabile dai 5 ai 50 milioni, a seconda
dell’imbarcazione e del fuoribordo installato. Nell’attuale situazione tale
investimento è stato già effettuato dalle attuali centinaia di “caparozzolanti” la cui
attività ha creato un notevole indotto economico .
Il settore dei commercianti di piccole imbarcazioni di fuoribordo dei ricambi e del
combustibile prospera di questa economia sommersa dalle vongole; ogni soluzione
alterativa nonché innovativa alla “cassa” dovrà anche considerare il destino della
flotta di “barchini” già esistente.
L’imbarcazione sulla cui poppa si applica “la cassa” è una semplice barca lagunare,
senza particolari esigenze strutturali: il “barchino” era già diffuso tra i pescatori
lagunari, tra pescatori sportivi e tra i motoscafisti da diporto.
Attualmente si sono diffuse anche imbarcazioni più sofisticate (con radar) e molto
potenti (oltre 200 HP): in un contesto “legalizzato” non vi sarebbe più la necessità di
pescare le vongole di notte o di navigare a luci spente a 90 km/ora!
c) Costo di gestione e di manutenzione:
La “cassa” non necessita di manutenzione se non di una periodica affilatura della
lama che ara il fondale; molto alto è invece il costo della pesca delle vongole con “la
cassa” in quanto si consuma una notevole quantità di combustibile (miscela super)
acquistato senza le agevolazioni concesse agli operatori legali della pesca.
Il grande consumo di combustibile è dovuto all’azione di scavo dei sedimenti
realizzata in gran parte dall’elica del fuoribordo che, collocata tra la poppa
dell’imbarcazione e la “cassa”, produce le turbolenze necessarie per la fuoriuscita
delle vongole dal sedimento.
Al costo in combustibile (un barchino veloce in VTR che opera a Pellestrina consuma
ogni settimana una media di £ 1.500.000 in combustibile) vanno aggiunte:
- il frequente cambio dell’elica, soggetta in continuo a rotture ed abrasione (anche
settimanale);
- la sostituzione frequente del fuoribordo che per lo stress operativo (alti giri,
cattivo raffreddamento, sabbia nell’acqua di raffreddamento) è soggetto ad una
rapida usura.
7
Si può stimare il costo gestionale mensile (20 uscite) per un barchino con una cassa e
due operatori in lire 7 - 9 milioni/mese, compresa la manutenzione periodica e
l’ammortamento del capitale (6 mesi il motore e tre anni la barca).
d) Produttività e redditività della pesca con “la cassa”:
Il basso investimento in capitale iniziale e i consistenti guadagni permettono
comunque a molti di intraprendere tale attività e di sopportare l’altissimo costo di
gestione che abbatte la redditività dell’operazione.
Va considerato che un’uscita per la pesca con “la cassa” può talvolta risultare passiva
se non si raggiungono sufficienti quantità di prodotto; sono determinanti la perizia
degli operatori e le condizioni meteomarine favorevoli.
La produttività di tale attività di pesca risulta condizionata da numerose variabili
quali :
- batimetria della zona di pesca;
- profondità di affondamento dell’attrezzo (definibile);
- tipo di fondale (sabbia, fango, misto);
- perizia degli operatori;
- vongole presenti nella zona;
- condizioni meteomarine;
- fattori di sicurezza.
In definitiva “la cassa o draga a traino” presenta come vantaggio, oltre al costo
limitato dell’attrezzo, la quantità raccolta di prodotto che di norma garantisce risultati
soddisfacenti e stimabili in media in qualche quintale per un’uscita di 3-4 ore (con
una cassa e due operatori).
La redditività oltre alla produttività è collegata al prezzo di vendita al grossista che
varia in funzione della domanda e dell’offerta. Ad essa si aggiungono le variabili
legate al maltempo, alle festività e alla vigilanza repressiva.
Da non sottovalutare il fatto che essendo tali vongole un prodotto pescato in
violazione di legge, in genere sono prive di attestato di scorta che ne certifichi
quantomeno la provenienza.
In tale situazione pertanto i pescatori di vongole con “la cassa”, non potendo
legalizzare l’origine del proprio pescato, collocano il loro prodotto in un “mercato
parallelo” dove non si ottempera a norme di carattere fiscale o sanitario.
8
Si aggiunge così altra illegalità: turbativa al mercato del “prodotto legale” e rischi per
la salute pubblica. In tale contesto d’illegalità si pescano le vongole “dove ci sono” e
quindi anche in aree precluse alla pesca per la presenza di fondali ricchi in metalli
pesanti e/o altre sostanze inquinanti che le vongole possono bioaccumulare con grave
rischio per il consumatore (l’eventuale depurazione dei molluschi non elimina tale
rischio!)
Parlando di una attività sommersa non vi sono studi di mercato o di impatto
ambientale. A supporto di quanto affermato ed anche per le valutazioni economiche,
ci si può riferire unicamente a quelle “ufficiali” che parlano di ampie fluttuazioni di
prezzo: 2.500 - 12.000 £/kg.
In questo “mercato parallelo”, esistono a volte pratiche commerciali che, impongono
al pescatore uno “sconto in merce” chiamato 2 x 1 o 3 x 1 a seconda che si debba
“scontare” al grossista un 50 % o un 33% delle vongole conferite.
e) Sicurezza dell’operatore:
La pericolosità dell’uso della “cassa” riguarda due aspetti:
- l’impiego dell’attrezzo;
- gli inconvenienti legati all’illegalità dell’azione;
- l’inalazione continua dei gas di combustione.
Come già descritto per “pescare bene” l’attrezzo ha bisogno di un operatore che entri
in acqua e si collochi in piedi sulla “cassa” mentre l’altro operatore gestisce il
fuoribordo che con, l’elica in movimento, scava nel sedimento ed avanza lentamente.
La pericolosità dell’operazione è altissima per chi, oltre ai rigori dell’acqua fredda,
rischia di continuo un infortunio dal quale non può essere coperto da assicurazione.
Non secondario è comunque il rischio di operare di notte ed a luci spente per sfuggire
ai controlli delle Forze dell’Ordine che tentano di reprimere il fenomeno: gli incidenti
in navigazione occorsi sono certamente molto più numerosi di quelli che per la loro
tragicità arrivano ai mezzi d’informazione.
Con riferimento infine all’inalazione massiccia e continuata dei gas di scarico del
fuoribordo, più che di pericolosità, si tratta di nocività del lavoro.
Si pensi che l’imbarcazione, frenata dalla “cassa” procede lentissimamente con un
motore in accelerazione per creare con l’elica le turbolenze necessarie allo scavo del
fondale.
I due operatori, ma in particolare quello posto in acqua, in piedi sulla cassa, operano
per ore all’interno di una densa nuvola di idrocarburi parzialmente combusti.
9
f) Impatto ambientale della pesca con “la cassa”:
L’impatto ambientale causato dalla pesca delle vongole con la cassa nella Laguna di
Venezia non è stato quantificato ma è implicito nelle caratteristiche operative
dell’attrezzo e negli evidenti solchi lasciati nei luoghi dove si pratica tale pesca.
Si fa notare solo come due siano gli aspetti “ambientalmente impattanti“ e
scientificamente approfondibili in campo biologico e geologico nell’uso della “cassa“
in Laguna:
- il solco lasciato sui bassofondali dall’azione congiunta elica-cassa;
- il riversamento in un un’unica zona di quanto si è raccolto lungo l’escavazione
del solco, costituito da organismi bentonici scartati dall’operatore dopo la
raccolta delle vongole;
- il sollevamento delle particelle fini dal sedimento causato dalle turbolenze
prodotte dall’elica.
4) CARATTERISTICHE E REQUISITI DELL’ATTREZZO INNOVATIVO.
Nella chiara indicazione che l’attrezzo innovativo dovrà sostituire con soddisfazione
per tutti, l’uso della “cassa” attuale, si puntualizzano le caratteristiche salienti da
soddisfare.
Dal punto di vista della legislazione l’attrezzo innovativo dovrà possedere i seguenti
requisiti:
-
impatto ambientale compatibile;
sufficiente sicurezza del lavoro per l’operatore;
buona qualità del prodotto;
soddisfacente produttività per unità di sforzo;
codificabilità all’interno delle arti alieutiche;
inserimento dell’attività in uno specifico piano di produzione.
Approfondendo in particolare il primo dei requisiti elencati,
ecologicamente “ideale” è quello che ha anche le seguenti caratteristiche:
- bassa “funzionalità pescatoria” sui fondali “compatti”;
l’attrezzo
10
-
inoperatività in zone di fanerogame o loro resti;
rapido intasamento ed inefficienza operativa in presenza di macroalghe;
ridotta ampiezza dell’area esplorata per non creare “canali”;
peso ridotto per non creare lo sfondamento del sedimento;
ridotta capacità di accumulo del prodotto raccolto per limitare l’appesantimento;
assenza di turbolenze in grado di sollevare e disperdere le particelle fini;
capacità di non accumulare ma di restituire integro ed in loco il materiale
vagliato;
Dal punto di vista dell’utenza i requisiti richiesti per il successo e l’ampia diffusione
dell’attrezzo innovativo sono:
-
basso costo d’investimento;
riutilizzo delle imbarcazioni già in uso per lo stesso scopo;
facilità nell’operatività dell’attrezzo;
sufficiente produttività per unità di sforzo di pesca;
ampliamento delle aree “pescabili” con il nuovo attrezzo;
diminuzione dei costi di gestione di manutenzione;
In tal modo si ottiene:
-
possibilità di operare di giorno ed in legalità;
miglioramento delle condizioni di mercato;
preservazione dell’ecosistema lagunare;
miglioramento delle igiene delle condizioni di lavoro.
Solo coniugando le esigenze di tutti si potrà raggiungere una legale gestione della
pesca delle vongole in Laguna di Venezia. L’attrezzo innovativo proposto nella
presente relazione si ritiene possa avere le caratteristiche costruttive ed operative tali
da rispondere positivamente ai requisiti esposti.
L’attrezzo innovativo prescelto, avrà caratteristiche costruttive ed operative ben
definite e regolamentate.
Solo all’interno di un chiaro quadro normativo l’azione di vigilanza delle Forze
dell’Ordine può realizzarsi con efficacia.
Sarà certamente compito della vigilanza poi evitare probabili “alterazioni
migliorative” che potrebbe subire il nuovo attrezzo legalizzato.
11
5) DESCRIZIONE DELLA PROPOSTA INNOVATIVA : LA “SCATOLA
VIBRANTE“
Una Officina Meccanica specializzata di Chioggia, è da anni impegnata nella
progettazione e nella realizzazione di macchine per la lavorazione di molluschi. Esse
sono diffuse a bordo come a terra nei luoghi dove si pescano, si selezionano, e
confezionano i molluschi bivalvi.
L’officina indicata, raccogliendo le diverse istanze delle Istituzioni e dei
“caparozzolanti”, hanno ideato e progettato un attrezzo innovativo per la pesca delle
vongole veraci in Laguna chiamandolo “scatola vibrante “ a traino.
L’attrezzo è stato progettato perché potesse essere “approvato” e “legalizzato”.
Le caratteristiche principali sono quelle di essere adatto alla raccolta dei molluschi, di
essere facilmente utilizzabile, sicuro e che garantisca nel contempo una buona
produttività nel rispetto dell’ecosistema del sito di raccolta.
a) Caratteristiche costruttive e funzionali
L’attrezzo, del quale esiste già un prototipo in fase di sperimentazione, è costituito da
una scatola graticolare di forma parallelepipoidale, simile nell’aspetto alla “cassa” ma
di concezione operativa del tutto diversa.
La “scatola vibrante”, che ha il fondo sagomato di forma convessa, è installata su di
una struttura portante avente funzione di supporto e di limitatore di affondamento.
Possiede due slitte di appoggio, con superficie di mm.200 x mm. 1.200 circa,
necessarie per mantenere il “galleggiamento sulla superficie del fondale“
Le dimensioni attuali del prototipo della “scatola vibrante”, che comunque non si
discosteranno significativamente dal modello ottimizzato, sono le seguenti:
larghezza mm. 600
lunghezza mm. 900
altezza
mm. 250
peso 40 kg circa
calibratura della griglia/vaglio mm. 12 circa (da definire sperimentalmente);
materiale di costruzione: tubi e tondino in ferro elettrosaldato, più due piccoli motori
a bassa tensione (12 Volts) per l’azione di vibro-vaglio e rilascio del sedimento.
Sulla parte anteriore della struttura vi è una slitta di profondità (lama anteriore) che
serve a sollevare il prodotto dal sedimento e a calibrare la misura del dragaggio (circa
5 cm da testare sperimentalmente). Sul lato superiore della “scatola” sono installati
due piccoli motori elettrici in bassa tensione (12 volts) per imprimere un movimento
12
unidirezionale leggermente sussultorio alla “scatola” stessa in modo da setacciare e
selezionare il prodotto raccolto durante l’avanzamento.
b) Operatività dell’attrezzo
L’avanzamento del fondo della “scatola vibrante” si può ottenere in due modi:
a) trainando lentamente la “scatola“ con un’imbarcazione di modeste dimensioni,
motorizzata con un piccolo/medio fuoribordo (25HP),
b) attraverso l’azione di un verricello collegato con un cavo ad un’ancora calata sul
fondo operando sempre a bordo di un “barchino”.
In ambedue i metodi di pesca l’angolo di inclinazione del cavo trainante dovrà essere
sufficientemente stretto rispetto all’asse del fondale in modo da evitare il
sollevamento anteriore dell’attrezzo annullando l’efficacia .
Tale caratteristica funzionale consente all’operatore di mantenere una sufficiente
distanza tra l’elica e l’attrezzo di pesca. Risulta evidente che non esiste alcun
collegamento tra l’azione propulsiva dell’elica e quella “piscatoria” dell’attrezzo che
mantiene la sua efficienza anche operando alla profondità di qualche metro (anche a 5
metri di profondità).
In ambedue i casi, (la efficienza però è ancora da valutare), l’azione “piscatoria” della
scatola è data dall’azione dei due motori elettrici che erogano una potenza di circa
1HP attinta da un normale accumulatore a 12 volts mantenuto in ricarica costante
dallo stesso fuoribordo.
Qualora si pescasse a recupero con verricello è prevista l’installazione supplementare
di un accumulatore di potenza adeguata.
Come già indicato e più ampiamente esposto nel capitolo precedente (vedi Cap. n. 4)
(si rimandano più avanti l’esame delle valutazioni economiche ed ambientali) i
vantaggi operativi nell’adozione di tale attrezzo sono molteplici:
- non essendo necessario che l’operatore stia in acqua, si può operare su diverse
batimetrie garantendo sicurezza nel lavoro;
- ha una ridotta area esplorativa con dragaggio ed affondamento definibili e
limitati;
- non necessita della turbolenza escavatoria provocata da un’elica in quanto è lo
stesso attrezzo che, trainato lentamente ( 1-3 m lineari al minuto), pesca e vaglia
i molluschi ( eventuali turbolenze ostacolano la stessa efficienza );
- il prodotto raccolto è di ottima qualità commerciale, libero da sedimento,
vagliato e calibrato senza arrecare rotture alle conchiglie;
- è di bassissimo costo gestionale e di grande semplicità operativa;
13
- può essere utilizzato dalle stesse imbarcazioni attualmente attrezzate con “la
cassa”;
Si opera in condizioni igieniche ideali.
6) PREVISIONE DELLO STUDIO D’IMPATTO AMBIENTALE DELLA
”SCATOLA VIBRANTE “
I°) - Indicazioni Generali e Programma Operativo di Massima
6.a)Premessa
Per ottemperare alle esigenze di verifica delle conseguenze dell’attività dell’attrezzo
proposto rispetto all’ambiente ci si è riferiti agli studi di impatto ambientale già
eseguiti in Laguna di Venezia.
In particolare sono stati presi a riferimento gli studi che hanno valutato gli effetti
causati dalle azioni antropiche, (tra cui la pesca dei molluschi), sui sedimenti e sulla
comunità bentonica in Laguna ed in mare.
Gli studi di Froglia, Giovanardi, Pranovi e Vaccarella, tra gli altri, delineano al
meglio gli elementi e i parametri per definire e quantificare l’impatto ambientale
della “scatola vibrante” proposta.
****
Le risorse finanziarie della “gara d’appalto”, grazie al fatto che il prototipo della
“scatola vibrante” è stato già realizzato, consentono di realizzare uno studio
d’impatto ambientale che copra i più significativi aspetti di natura geologica e
biologica.
****
In particolare gli aspetti ambientali, che saranno valutati nel tempo (12 mesi) in
parallelo con aree simili e contigue non sottoposte ad alcun prelievo, saranno:
- indagine biologica della comunità meio e macro-bentonica;
- indagine geologica dei sedimenti: analisi dei fondali.
6.b) Ubicazione dell’area di pesca sperimentale e di studio d’impatto ambientale
Allo stato attuale, non è definibile con esattezza l’area lagunare dove saranno
realizzate le prove di messa a punto della “scatola vibrante” e il successivo studio
d’impatto ambientale. La scelta potrà essere concordata con la committenza.
14
Per poter realizzare compiutamente la sperimentazione proposta comunque è
necessaria un’area lagunare con caratteristiche idonee data appositamente in
concessione.
In via preliminare si ritiene sia meglio condurre la sperimentazione ed in particolare
la valutazione d’impatto ambientale, in un’area in cui siano già stati condotti studi
simili e quindi già nota sotto il profilo geologico e biologico (biocenosi delle Sabbie
Fangose di Moda Calma, SFMC e/o biocenosi Lagunare Euriterma ed Eurialina,
LEE).
Tale scelta è dettata da motivazioni pratiche in quanto i risultati che si otterranno
saranno più facilmente comparabili con i dati pubblicati negli studi pregressi e quindi
scientificamente più interpretabili.
Aree idonee, in tal senso, possono essere quelle studiate da Giovanardi, Pranovi e
Savelli durante l’indagine preliminare sull’utilizzo della draga idraulica
(turbosoffiante) per la pesca dei bivalvi in ambiente lagunare (ICRAM 1994).
Gli stessi Autori affermano che, in ambito lagunare, notevole importanza (per studi di
tipo ambientale) riveste la scelta delle aree in cui eseguire i campionamenti, data
l’enorme varietà dei biotopi: anche a brevissima distanza si può avere un
cambiamento radicale del popolamento bentonico e diversa morfologia dei fondali.
Ripercorrendo le indicazioni di tali precedenti studi, che hanno identificato e
quantificato l’impatto ambientale causato dalla pesca con le ”turbosoffianti” in
Laguna, si è orientati a realizzare la sperimentazione in un’area prospicente la bocca
di Porto di Malamocco.
L’area concessa in esclusiva per le sperimentazioni con “la scatola vibrante” e per lo
studio d’impatto ambientale sarà contrassegnata da opportune segnalazioni.
6.c) Programma operativo di massima: ottimizzazione del prototipo e calendario dei
campionamenti per l’indagine biologica e geomorfologica :
I° - Scelta ed ottenuta l’area lagunare, in circa 1-2 mesi si completerà un programma
di verifiche di pesca sperimentale al fine di ottimizzare il “prototipo della scatola
vibrante”. Si ricaveranno così tutti i dati di esercizio nelle diverse condizioni di
operatività ipotizzabili (diverse batimetrie, condizioni meteomarine, tipo di fondale
ecc) che faranno parte della relazione tecnica sull’attrezzo. Tale “messa a punto“
tecnica ed operativa dell’attrezzo sarà condotta in zone all’interno dell’area in
concessione che saranno esclusivamente utilizzate a questo fine.
15
II° - Con il prototipo nella versione definitiva, si darà inizio , in 4 zone diverse (zone
di sperimentazione) ubicate all’interno dell’area ed opportunamente segnalate, ai test
di pesca sperimentale con la “scatola vibrante” per la valutazione dell’impatto
ambientale.
In ogni zona di sperimentazione (orientativamente 4 o più in ragione dalla variabilità
geomorfologica del fondale), prima di effettuare la pescata sperimentale, viene
definita una striscia operativa di pescata sulla quale opererà l’attrezzo ed una seconda
striscia operativa di controllo contigua a quella operativa che non sarà impiegata ma
servirà di riferimento (blank) per tutta la durata dello studio d’impatto ambientale (12
mesi).
Per ogni zona di sperimentazione si effettueranno le rilevazioni geo-morfologiche
iniziali, mentre nelle due strisce si preleveranno, con benna e carotatore manuale
(azionato da un operatore subacqueo), campioni rappresentativi nella situazione
iniziale sia nella striscia da sottoporre a pesca che in quella contigua di controllo.
Successivamente si effettuerà la pescata sperimentale sulla striscia ad essa destinata
ed il prelievo avrà la durata necessaria per il completo riempimento dell’attrezzo
(circa una decina di chili di prodotto).
Subito dopo aver realizzato la pescata sperimentale, sulla striscia sottoposta a
“pescata”, si ripeteranno i rilievi morfologici per definire della “traccia” lasciata
dall’attrezzo. Si preleveranno inoltre due campioni lungo tutta la traccia (uno
all’inizio ed uno alla fine del percorso) per rilevare comparativamente l’impatto sul
fondale con l’attrezzo inizialmente vuoto e successivamente a pieno carico di
vongole.
III° - Poichè è fondamentale valutare l’evoluzione nel tempo dell’ecosistema
“turbato” in raffronto con quello “non turbato”, dopo tre, sei nove e dodici mesi dalla
pescata sulla striscia definita, si ripeteranno per ogni area unicamente i rilievi geomorfologici e per ogni stazione il prelievo di campioni per gli studi geologici e quelli
biologici sul bentos (le aree non avranno dovuto subire alcun disturbo antropico per
12 mesi).
6.d) Glossario e specifiche operative :
Riassumendo il programma operativo dei campionamenti, salvo un loro aumento da
concordare, si determina quanto segue:
- la concessione di un’area lagunare ossia, di una zona entro i cui confini si
svolgeranno tutte le sperimentazioni, i rilievi e la raccolta dei campioni da
analizzare nei laboratori specifici;
16
- 4 zone di sperimentazione (il numero è condizionato dalla variabilità
geomorfologica) ossia sub-aree definite all’interno dell’area in concessione ;
- 2 strisce operative (di controllo e di pescata) per ogni zona di sperimentazione:
sono corridoi delimitati sul fondale a larghezza fissa (come quella dell’attrezzo)
ed a lunghezza variabile (in base al tempo necessario all’attrezzo per riempirsi);
- 3 stazioni di campionamento per ogni zona di sperimentazione di cui 2 nella
striscia di pescata (all’inizio e alla fine) ed una nella striscia di controllo, ossia
sub- aree di limitata superficie (2 -3 metri quadrati ) all’interno delle strisce
operative dove si raccolgono i campioni per analisi geologiche e biologiche sul
bentos.
- 5 campagne (1 iniziale + 4 stagionali) di rilevamento dei dati geomorfologici per
ogni striscia operativa e di raccolta campioni per analisi geologiche e bentoniche
in ognuna delle 12 stazioni di campionamento.
II°) - Indagine biologica sulla comunità bentonica
6.a.1) Premessa
Il deterioramento della qualità ambientale in ecosistemi lagunari può essere valutato
sulla base degli effetti prodotti sugli organismi viventi e, in modo particolare, su
quelli che posseggono una scarsa mobilità, come gli organismi appartenenti al bentos.
Si verifica infatti, a livello della comunità, una risposta biologica variabile a seconda
dell’intensità dell’impatto ambientale, che può essere adeguatamente valutato ai fini
della definizione della qualità dell’ambiente.
Il bentos, cioè l’insieme degli organismi che vivono sopra, dentro o comunque in
stretto rapporto con il sedimento, viene distinto in macro, meio e microbentos sulla
base del metodo impiegato per separare gli organismi dal sedimento.
Sebbene non vi sia ancora una completa concordanza fra gli Autori sulla definizione
di queste categorie, la tendenza più diffusa è quella di considerare macrobentos
l’insieme degli organismi che vengono trattenuti da un setaccio con maglie di mezzo
millimetro, meiobentos gli organismi che passano attraverso il setaccio con maglia da
mezzo millimetro, ma vengono trattenuti da quello con maglie da 42 µm, ed infine
microbentos quelli che non vengono trattenuti da quest’ultimo.
Per la loro scarsa o nulla capacità di spostamento, gli organismi bentonici sono, più di
altri, soggetti ai condizionamenti della qualità dei parametri ambientali.
Gli effetti collegati all’utilizzo di speciali attrezzature per la pesca di molluschi
bivalvi fossori verranno valutati tramite lo studio delle variazioni in termini di
composizione, abbondanza e biomassa del popolamento meio- e macrobentonico. Lo
studio sarà ovviamente comparativo e verrà effettuato contemporaneamente ,su aree
trattate e non , con l’attrezzo in oggetto. Le operazioni di campionamento, verranno
17
effettuate subito dopo il trattamento e scadenze prefissate che dovranno perlomeno
avere cadenza stagionale.
Prima di dare inizio alle campagne (4+1) di campionamento verranno effettuati rilievi
e campionamenti nelle aree di sperimentazione per avere un quadro definito della
situazione geobentonica.
6.b.1.) La meiofauna bentonica o meiobentos
Tranne alcune rare eccezioni il gruppo dominante nella meiofauna è quello dei
Nematodi, che normalmente costituiscono oltre il 50 % delle comunità, seguito da
quello dei Copepodi Harpacticoidi.
Molte indagini sulla qualità ambientale basate sullo studio della meiofauna
riguardano l’analisi di divergenti reazioni che questi due gruppi manifestano in
situazioni di stress. Ciò si riferisce alla diversa nicchia trofica occupata da Nematodi
e Copepodi.
* Importanza della Meiofauna
Il fondo del mare, dei laghi e delle lagune contengono un’alta concentrazione di
nutrienti, molti microrganismi e una ricca fauna nella colonna d’acqua sovrastante i
sedimenti. Questi ultimi sono sede di un’importante produzione primaria, dovuta alla
presenza di microfitobentos e secondaria da parte degli organismi eterotrofi. Tali
forme permangono anche quando viene meno la luce, essendo sostenuti dal flusso
energetico rappresentato dal detrito organico dato principalmente da resti di alghe e
fanerogame marine.
Gran parte di questi resti vegetali non sono in genere direttamente utilizzati dagli
animali, (per i quali essi rappresentano un cibo povero d’azoto), ma sostengono una
importante produzione batterica dalla quale si diparte una catena trofica che per il
tramite dei Protozoi sostiene la meiofauna. Si parla di milioni di individui per m2 di
superficie di sedimento e con valori di biomassa dell’ordine di 1-2 gr di peso secco
per metro quadrato di superficie .
Questi organismi sono usati come cibo da pesci bentonici o da organismi bentonici
sedentari di grandi dimensioni (macrofauna), che verranno essi stessi predati dai
pesci. Il ruolo svolto dai batteri è quindi fondamentale.
Questi demoliscono la sostanza organica ossidandola a spese dell’ossigeno disciolto
nell’acqua interstiziale. Il meiobentos pertanto accelera la decomposizione e la
mineralizzazione batterica del detrito organico, perché, predando la popolazione
batterica, mantiene quest'ultima in fase di crescita (Alkemade et al., 1992).
Nei trasferimenti energetici degli ambienti particolarmente ricchi di detrito organico
il meiobentos può dunque svolgere un ruolo più importante del macrobentos,
(Rudnick et al.,1985).
18
Nei sedimenti lagunari, ricchi di fango ed argilla e con minore possibilità di
circolazione negli interstizi, la quantità di ossigeno è bassa, per cui si presentano
anossici già a piccole profondità dalla superficie.
Quando l’ossigeno viene a mancare la demolizione della sostanza organica continua,
anche se con minore intensità, ad opera di batteri anaerobi, la maggior parte dei quali
ossidano la sostanza organica utilizzando certi composti inorganici come accettori di
idrogeno: è per questa via che lo ione solfato viene ridotto a idrogeno solforato, il
nitrato ad ammoniaca, l’anidride carbonica a metano. Il passaggio tra lo strato
ossidato e quello anossico profondo è detto strato di discontinuità redox, perché in
esso i valori del potenziale di ossido-riduzione (Eh) passa dai ~ +500 mV in
superficie a ~ -200 mV in profondità.
La presenza della meiofauna, che si nutre di batteri e protozoi, è limitata allo strato
soprastante quello di discontinuità redox.
* Tecnica di campionamento di meiofauna
I campionamenti saranno eseguiti con un apposito carotatore; sono generalmente
utilizzate carote in plexiglas che vanno inserite nel sedimento ad una profondità
superiore a quella dello strato di discontinuità redox, al di sopra del quale si trova il
popolamento meiobentonico.
Al materiale prelevato va aggiunta una soluzione di MgCl2 in acqua di mare (filtrata
al fine di evitare l’aggiunta involontaria di organismi) in volume pari a quello del
campione; ciò allo scopo di anestetizzare gli animali. Infatti in assenza di anestetico
la fissazione provoca alterazioni morfologiche che rendono difficile o impossibile lo
studio successivo. Dopo almeno 15' dall’introduzione dell’anestetico si procede alla
fissazione con formalina neutralizzata.
* Estrazione della meiofauna
Lo studio della meiofauna non può essere eseguito mediante l’osservazione diretta
del sedimento e ciò principalmente a causa delle frazioni fangose ed argillose che
renderebbero l’operazione particolarmente difficoltosa. E’ dunque necessario
separare la componente biotica dal sedimento.
La carota viene filtrata con setacci di 40 e 500 µm di maglia. La frazione inferiore ai
40 µm viene eliminata in quanto contenente la microfauna; la frazione superiore ai
500 µm viene a sua volta conservata in quanto macrofauna.
Dalla frazione rimanente, compresa tra i 40 e i 500 µm, la meiofauna, viene separata
dal sedimento utilizzando il Ludox-TM, seguendo il procedimento descritto da
McIntyre & Warwick (1984). Una volta isolata, la meiofauna viene quindi colorata
con Rose-Bengal.
Il numero degli animali estratti da una carota è normalmente troppo elevato per essere
contato per intero, si procede pertanto all’esecuzione di subcampionamenti
19
corrispondenti ad 1/30 della quantità originale. Il subcampione viene quindi suddiviso
in tre frazioni per mezzo di setacci con maglia da 200 µm, 100 µm e 40 µm.
Le tre frazioni così ottenute vengono montate su vetrini da microscopia secondo la
tecnica descritta da Alkemande e Van Rijswijk (1993).
A questo punto è possibile procedere all’osservazione e al conteggio della meiofauna
al microscopio ottico fino a 400 ingrandimenti (il tipo di preparato non consente
infatti l’uso dell’obiettivo ad immersione).
* Calcolo della biomassa
La determinazione della biomassa è di particolare importanza in ecologia in quanto è
un elemento basilare per eventuali studi sulla produzione ed in generale
sull’energetica del sistema in studio. I valori di biomassa vengono espressi in “peso
umido”, in “peso secco senza ceneri” e quest’ultimo è il modo migliore in quanto
esprime la quantità di materia organica disponibile come cibo per i livelli trofici più
alti. E’ evidente che nel caso della meiofauna una determinazione ponderale diretta è
praticamente inattuabile.
E’ tuttavia possibile procedere secondo la metodologia suggerita da Widbom (1984),
il quale ha determinato dei fattori che permettono di calcolare il peso secco senza le
ceneri sulla base dei soli valori di abbondanza. I fattori di conversione di Widbom si
riferiscono ai soli Nematodi e Copepodi, ma questi due taxa rappresentano
normalmente il 90 % e oltre della densità del popolamento meiobentonico, per cui i
valori ottenuti sono una stima molto buona del valore complessivo.
6.c.1) La macrofauna bentonica o macrobentos
E’ definito come l’insieme di organismi trattenuti da un setaccio con maglie da 500
µm. Si tratta generalmente di organismi che vivono infossati nel sedimento spesso a
profondità superiori a quelle dello strato di discontinuità redox, essendo protetti
dall’effetto tossico dell’ H2S da strati di muco, tubi o rivestimenti calcarei. Alcuni
però sono epibentonici e vivono alla superficie del sedimento.
Si utilizzano generalmente delle benne a ganasce, che consentono il prelievo sia della
macrofauna epibentonica che di quella che vive infossata. Quando lo strumento viene
calato sul fondo, le ganasce sprofondano nel sedimento e si richiudono,
intrappolandolo, al momento del prelievo. Anche in questo caso si conoscono una
serie notevole di modelli adatti a varie esigenze. Per l’uso da piccoli natanti è
particolarmente utile la benna di van Veen (1933) la quale, per il suo peso limitato, ha
inoltre il vantaggio di poter essere azionata, a mano, anche da un singolo operatore.
* Estrazione della macrofauna dal campione
20
Gli organismi della macrofauna si ottengono semplicemente per setacciamento del
campione di sedimento su maglie di 500 µm di lato (ciò in accordo con la definizione
di macrofauna; tuttavia maglie più fini possono essere usate quando si desideri non
perdere gli stadi giovanili che potrebbero sfuggire al setaccio da 500 µm).
Il procedimento richiede una grande quantità di acqua per il lavaggio, che deve
avvenire in modo delicato per non danneggiare gli animali. Il materiale trattenuto dal
setaccio da 500 µm viene quindi ulteriormente suddiviso con setacci di maglie più
fini e le varie frazioni fissate in opportuni contenitori per lo studio successivo.
* Conservazione dei campioni
Il fissativo più adatto è la formalina; una soluzione al 10 % del prodotto commerciale
è utile per la fissazione iniziale, mentre per la conservazione può essere sufficiente
una concentrazione del 5 %. Per evitare l’acidificazione della formalina nel tempo è
consigliato aggiungere un agente tamponante come il borace. L’alcool, da taluni
adoperato perché meno tossico per gli operatori, presenta degli indubbi svantaggi, il
principale è forse dato dalla sua forte azione disidratante che rende gli organismi
rigidi e fragili.
Se lo studio lo richiede, gli animali possono essere anestetizzati prima della
fissazione; ciò consente di evitare la loro contrazione che, in certi gruppi, può
impedire o rendere particolarmente laboriosa la determinazione tassonomica (per una
review su anestetici e fissativi vedi Lincoln & Sheals (1979).
* Smistamento
Lo smistamento degli animali ha luogo ad occhio nudo o con l’aiuto di deboli
ingrandimenti: da una lente da tavolo ad uno stereomicroscopio. Soprattutto per le
forme più piccole, che possono nascondersi tra il detrito, è utile procedere ad una
colorazione con rose bengal, come per la meiofauna, ma altri coloranti possono
essere adatti (vedi Williams & Williams, 1974). Infine l’uso del Ludox-TM descritto
per la meiofauna può essere applicato anche per le forme più piccole della
macrofauna.
* Analisi statistica ed elaborazione dei dati sul meio e macrobentos
Per il confronto delle diverse situazioni riscontrate nelle varie stazioni di
campionamento (vedi oltre) alle varie date si utilizzeranno gli indici di Sorensen
(1984) e di Jaccard (1928) che considerano il numero di specie in comune fra le due
diverse situazioni analizzate, nonchè l’indice di affinità (Pearson e Rosenberg ,
21
1978), che, invece, considera anche l’abbondanza delle specie in comune fra i due
popolamenti confrontati.
Per il confronto, invece, dei campioni prelevati nella stessa data in aree soggette a
pesca sperimentale ed aree di confronto si utilizzerà il test U di Mann-Witney
(Siegel,1973).
Per valutare inoltre l’evoluzione nel tempo dei popolamenti delle varie zone indagate
si utilizzeranno i seguenti metodi:
- indici di Shannon & Weaver, di Margalef (1957) e quello di “eveness” di Pielou;
- correlazione dei ranghi di Spearmann, che tiene conto dei rapporti quantitativi tra
le variabili, anche se con parziale perdita d’informazione (Daget,1979) valutando
poi l’affinità dei campioni mediante Cluster analysis (algoritmo di analisi
semplice).
- calcolo della matrice di correlazione di Pearson ed applicazione dell’analisi delle
componenti principali (PCA).
In definitiva lo studio multisettoriale della componente biologica (meio e macro
bentos) realizzato su aree comparabili e prolungato nell’arco dei 12 mesi successivi
alle pescate sperimentali del prototipo definitivo della “scatola vibrante”, fornirà un
quadro chiaro ed inconfutabile del tipo e dell’intensità dell’impatto ambientale che
tale attrezzo potrebbe arrecare.
III°) Indagine geologica dei sedimenti: analisi dei fondali
6.a.2) Premessa
Qualunque sia il metodo per raccogliere le vongole, poichè vivono infossate nel
sedimento, bisognerà agire meccanicamente per provocare la fuoriuscita dei
molluschi e permetterne la raccolta.
Tale “disturbo” può comportare modificazioni anche molto significative dei fondali
particolarmente fragili della Laguna con ovvie ripercussioni anche sulla natura stessa
degli ecosistemi presenti e delle comunità bentoniche che la abitano. E’ infatti
accertato che le caratteristiche granulometriche, tessiturali, composizionali e
geotecniche del sedimento influenzano il tipo di comunità biologiche sia a livello
meccanico, agendo sulle specie che necessitano d’insediarsi nel sedimento, sia a
livello trofico, controllando ad esempio la quantità e qualità di materia organica
interstiziale.
Approfonditi studi hanno dimostrato come l’azione di mezzi “turbosoffianti” creino
alterazioni notevoli ai fondali Lagunari. Si è dimostrato come l’azione dell’acqua e/o
dell’aria sotto pressione utilizzata per scavare il fondale crei una tale sospensione
22
delle particelle più fini che esse vengono portate via dalle correnti di marea creando
una progressiva alterazione della natura del sedimento stesso e della morfologia dei
canali.
L’eventuale risospensione di sedimento può comportare l’allontanamento delle sue
componenti più fini (dal silt alle argille) da parte di correnti ed onde, modificando
così la tessitura del fondale rendendolo più grossolano (più sabbioso) con potenziali
ripercussioni anche gravi sulle comunità viventi.
Tale tipo di alterazione comporta numerose conseguenze tra le quali ne citiamo due
che riteniamo le più pertinenti al caso:
- modificazione geomorfologica dei fondali con ripercussioni idrologiche;
- modificazione a carico della comunità degli organismi bentonici.
Se si considera il dispendio di risorse impiegate dal Consorzio Venezia Nuova per la
preservazione della Laguna di Venezia e nel ripristino della morfologia lagunare in
relazione al fatto che l’azione erosiva delle turbosoffianti avrebbe fatto ricadere nei
canali una quantità di sedimenti stimata in qualche centinaio di migliaia di metri cubi,
si può ben comprendere l’importanza ecologica ma anche economica del non
sollevare sedimenti.
Si aggiunge inoltre che, indipendentemente dall’utilizzo della turbolenza di fluidi
compressi di cui prima, l’eventuale uso di un nuovo attrezzo non turbosoffiante ma
violento nella penetrazione dei fondali (come ad esempio denti di rastrello manovrati
con forza meccanica) porterebbe alla distruzione degli edifici geo-biologici attivi o
dei loro resti sub-fossili (rizomi vivi ma anche morti di fanerogame).
La perdita di tali aree più compatte e della variegata morfologia del sedimento
aumenterebbe la naturale esposizione all’erosione causata da fattori naturali e non.
6.b.2) Programma operativo di massima
Per le valutazioni della morfologia dei fondali e le eventuali modificazioni subite si
interverrà in due momenti:
1) raccolta bibliografica dei dati pregressi pertinenti l’area di studio in grado di
inquadrare sotto il profilo morfologico ed idrodinamico l’area interessata;
2) campagna di campionamenti parallela a quella per lo studio della comunità degli
organismi bentonici.
23
Operativamente, una volta definita l’area della pesca sperimentale e quella di
confronto, si predisporrà una griglia di punti di campionamento identificati con rilievi
a mezzo coordinate con GSP e con indicazioni fisse in superficie e sul fondo.
Il programma dei campionamenti e dei rilievi geomorfologici è parallelo a quello per
i rilievi biologici ed è esplicitato in dettaglio nei vari punti del quadro sinottico dei
tempi di esecuzione (cap. 10).
I campionamenti saranno realizzati da un operatore subacqueo munito di carotatore
manuale per il prelievo di carote di sedimento del diametro di 35 mm ed il loro studio
sarà effettuato da personale dell’Istituto di Geologia Marina del C.N.R. di Bologna
che effettuerà anche i rilievi geomorfologici. Per la validità scientifica si ricorrerà a
tale centro altamente specializzato in quanto il loro laboratorio di sedimentologia è
particolarmente ben attrezzato per questo tipo di analisi. Più in dettaglio si precisa
che si provvederà ad effettuare le analisi granulometriche anche mediante
“Sedigrafo” per determinare le frazioni nelle classi di sabbia, silt e argilla.
Queste tecniche altamente avanzate per lo studio geologico dei sedimenti sono le
stesse utilizzate in altri studi sulla Laguna e tale scelta è dettata dalla necessità di
uniformare i dati per una migliore comparazione dei risultati.
7) ORIENTAMENTI PER L’ELABORAZIONE DEL PIANO DI PRODUZIONE
RELATIVO ALLA PESCA DELLE VONGOLE IN LAGUNA.
L’adozione di un sistema per la pesca delle vongole in Laguna dovrà essere
inquadrato all’interno di uno specifico piano di produzione e di gestione della risorsa.
E’ possibile redigere un piano di produzione solo se si conoscono i dati annuali su:
a) la quantità estraibile di vongole che non compromette la risorsa;
b) lo sforzo di pesca esercitato qualitativamente e quantitativamente sulla risorsa.
Conoscendo la capacità estrattiva di ogni attrezzo per unità di sforzo, si potrà
programmare il numero degli addetti, o quello degli attrezzi o le limitazioni da
imporre nel numero di giornate operative o nella produzione giornaliera per addetto.
L’imposizione di limiti e norme per la redazione del piano di produzione esula dallo
studio ma, per come richiesto nel disciplinare, si possono già esporre degli
orientamenti per l’inserimento dell’attrezzo proposto all’interno di un piano di
produzione.
24
Noto lo sforzo di pesca esercitato in Laguna dai pescherecci riconvertiti a “rastrello
vibrante”, nel caso in cui “la scatola vibrante“ proposta o un altro nuovo attrezzo
ottenesse l’autorizzazione alla pesca in Laguna, sarà necessario conoscere e definire
nel dettaglio lo sforzo di pesca esercitabile con l’adozione della nuova tecnologia.
Va segnalato che per poter quantificare esattamente la capacità di pesca che può
attribuirsi alla “scatola vibrante” la sperimentazione sarà realizzata in un’area
sufficientemente vasta usata ed all’interno di quella concessa per lo studio.
Il prototipo che si propone è in avanzato stato di progettazione e di sperimentazione
ma manca l’ottimizzazione operativa e la quantificazione scientifica della sua
efficienza operativa oltre che dell’impatto ambientale.
In via preliminare alcune limitazioni positive della “scatola vibrante”, che comunque
andranno quantificate sperimentalmente sono già definite:
- intasamento in presenza di macroalghe e fanerogame;
- scarsissimo rendimento sui fondi duri;
- limitata capacità di accumulo di vongole vagliate;
- lentezza nell’azione di traino;
- bassissima alterazione morfologica del fondale.
In particolare si vuol confrontare l’efficienza operativa operando con il traino a
motore o con il verricello elettrico dato che, come già indicato esistono le due
possibilità operative.
* Produttività per unità di sforzo
In merito alla “capacità piscatoria” dell’attrezzo proposto si può solo anticipare, con
sufficiente certezza, che essa sembra essere dell’ordine di grandezza previsto nel
Punto a) del Regolamento regionale del 26 aprile 1996, n.1 Art. 1-Comma III° che
ipotizza una quota pro-capite pari a 87,5Kg al giorno per 200 giorni lavorativi
l’anno.
Il citato Regolamento, si riferisce ad una popolazione di “addetti alla pesca di
vongole” che opererebbero in aree date in concessione al Co.Ve.Al.La. dove si
ipotizza che i 1.000 operatori previsti, pescando ognuno per 5 ore/giorno per 5 giorni
a settimana, potrebbero produrre la quantità complessiva di 17.500 t/anno all’interno
di un’area “coltivata” di 3.500.000 mq.
* Previsioni sull’innovazione dell’attrezzo posto in studio
I risultati fino ad ora ottenuti lasciano ipotizzare una discreta produttività ed una
buona accettazione da parte dell’utenza. In merito alle previsioni possibili si può già
affermare che qualora la “scatola vibrante” ottenesse l’approvazione per la pesca
25
delle vongole in laguna, essa avrebbe uguale o maggiore diffusione dell’attuale
“cassa” (oltre 500 unità ) per i motivi di seguito illustrati:
•
•
•
•
•
•
•
•
•
possibilità di operare in ambito legale e quindi anche in ore diurne;
basso costo d’investimento (circa due milioni di lire );
riutilizzo delle stesse imbarcazioni attualmente utilizzate con “la cassa”;
bassi costi operativi (ricarica e manutenzione delle batterie);
possibilità di pescare con un solo operatore;
ottima sicurezza del lavoro (corrente a 12 volts);
risparmio di combustibile (la “scatola“ pesca solo a bassa velocità);
migliori condizioni di lavoro (poca fatica e nessun operatore in acqua);
ampliamento delle aree da pesca sfruttabili.
In tale contesto, una volta definita l’unità di sforzo di pesca con “la scatola vibrante”
(uscita, ora operativa) e gli altri parametri che saranno ricavati dalla sperimentazione
(modalità operative, limitazioni, produttività media per unità di sforzo, superficie
esplorata per unità di sforzo ecc.) sarà possibile redigere un programma operativo.
Sulla base dei dati ottenuti nel corso della sperimentazione dello strumento (impatto
ambientale e geomorfologico della Laguna, capacità rigenerative della risorsa) si
potrà decidere se liberalizzare o contingentare e normare l’uso della “scatola
vibrante”.
Per una diffusione controllata dell’attrezzo, volendo limitarne la diffusione della
“cassa vibrante” si suggerisce di identificare i motori o comunque l’attrezzo con una
punzonatura ufficiale in modo da poter facilmente identificare e perseguire
l’immissione illegale di attrezzi “fuori quota”.
8) LA LEGISLAZIONE REGIONALE DEL VENETO IN MATERIA DI PESCA
NELLE ACQUE INTERNE.
La legge regionale n. 50 del 09/12/86 sancisce norme per la protezione e lo sviluppo
della fauna ittica e disciplina l’esercizio dell’acquacoltura, della pesca professionale,
sportiva e dilettantistica nelle acque pubbliche interne della Regione Veneto ai fini di
assicurare una idonea protezione idrobiologica delle varie specie ittiche le acque
pubbliche della Regione Veneto sono suddivise nelle zone A, B e C (acque interne).
Nella fattispecie la zona C, per la provincia di Venezia comprende:
la laguna di Venezia
la laguna di Caorle - Lugugnana
il bacino di “Lama del morto”
26
Per esercitare la pesca nelle acque interne della Regione Veneto è necessario essere
muniti della licenza di pesca rilasciata in conformità a quanto stabilito dalle leggi
dello Stato e della Regione Veneto e nel rispetto delle norme sulla disciplina delle
tasse sulle concessioni regionali.
L’art. 5 della citata legge regionale stabilisce che l’esercizio della pesca viene
disciplinato da tale legge e dal regolamento di pesca che il Consiglio Regionale, su
proposta Provincia, deve approvare in materia di uso di reti e di altri attrezzi
permessi, con la descrizione sommaria degli stessi e l’indicazione del tempo e delle
località in cui possono essere adoperati.
L’art. 27 del regolamento, recante le disposizioni particolari per la pesca di molluschi
e crostacei nelle acque della zona C compresa nelle provincie di Padova e Venezia, al
comma 8, indica che la pesca di molluschi bivalvi con l’uso di apparecchiature
turbosoffianti è vietata.
L’art. 31, relativo alla pesca del novellame, stabilisce che tale pesca è consentita al
pescatore di professione dal 15 marzo al 30 giugno ad esclusivo scopo della semina;
per quanto attiene i molluschi tale attività è consentita dal 01 settembre al 30 giugno.
La pesca del novellame è vietata durante le ore notturne.
Essa è subordinata al rilascio , da parte del Presidente della Provincia, di un apposito
permesso nel quale vengono stabiliti i luoghi e i tempi stabiliti per l’esercizio.
I possessori del permesso devono inviare, entro il 30 agosto all’amministrazione
provinciale specificando i luoghi di raccolta e la quantità raccolta delle specie pescate
e la destinazione.
Il permesso per la raccolta del novellame non viene rinnovato qualora l’interessato
non ottemperi a quanto disposto avanti.
Questa legge e il regolamento, almeno per quanto attiene la laguna di Venezia, sono
stati disattesi e non sono stati applicati: negli ultimi anni si è avuto un progressivo
aumento di abusivi che con turbosoffianti e con “casse” prelevano in maniera per lo
meno disordinata, il irregolare ancorché illegalmente enormi quantitativi di vongole
veraci del tipo “filippina semidecussatus”, le quali, partendo dall’area del Polesine, si
sono diffuse in modo infestante sull’intera laguna veneziana.
Solo recentemente è stato bloccato l’impiego delle turbosoffianti, ma attualmente il
ricorso abusivo alle “casse”, il considerazione del prelievo da loro adottato, produce
gli stessi inconvenienti ambientali delle turbosoffianti e pericoli di gravi infortuni per
gli operatori.
Negli anni scorsi l’Amministrazione Provinciale preoccupata della situazione socioeconomica che si sarebbe creata con l’eventuale blocco delle turbosoffianti, blocco
che si è poi verificato, ma soprattutto del danno ambientale che tale attrezzi
causavano sull’intera laguna veneziana, commissionò all’ICRAM uno studio per sia
verificare da una parte l’effettivo danno economico sia per ricercare un attrezzo
alternativo che recasse minor danno o che lo eliminasse completamente.
I risultati furono riportati un una relazione all’Amministrazione: in sintesi le
conclusioni indicavano il danno delle turbosoffianti in confronto con quello
27
notevolmente inferiore di un “rastrello vibrante” opportunamente studiato da officine
meccaniche locali.
Il rapporto suggeriva altresì l’impiego del “rastrello” in aree ben definite che
l’Amministrazione avrebbe concesso a Consorzi di pescatori all’uopo costituitisi.
In sostanza si ponevano le premesse e si indicavano le soluzioni per una coltivazione
della Laguna su aree concesse. In tal modo si poteva avviare a soluzione quella
situazione di abusivismo che tanti danni, anche di natura sociale, sta arrecando alla
laguna veneziana e alle comunità insediate sulla sua gronda.
Infine il rapporto suggeriva il prosieguo dell’indagine al fine di individuare un
attrezzo più idoneo al prelievo dei molluschi e che non arrecasse nel contempo danni
all’ambiente.
La gara di appalto per la realizzazione per uno studio di attrezzi innovativi per la
pesca in Laguna di Venezia, è pertanto conseguente a quanto suggerito dallo studio
ICRAM.
L’Amministrazione Regionale, consapevole anch’essa della sempre più pesante
situazione che si stava creando in laguna di Venezia con l’aumento dell’abusivismo,
il 26 aprile 1996 emanava una modifica al Regolamento avanti citato, modifica che
introduceva l’art. 30 bis: “Disposizioni particolari in materia di utilizzo di tecniche e
strumenti meccanici innovativi per il prelievo di molluschi bivalvi”.
In sintesi tale articolo autorizza l’uso in via sperimentale, per un periodo massimo di
due anni, di tecniche e strumenti meccanici innovativi per il prelievo di molluschi
bivalvi.
Inoltre, per quanto avanti indicato, i Consorzi operanti nelle rispettive aree devono
associare un numero di cooperative che rappresentano almeno il 75% dei pescatori di
professione che prelevano i molluschi bivalvi e devono provvedere nel proprio statuto
idonee forme di disciplina e autocontrollo per il rispetto delle modalità previste.
Almeno due volte l’anno il Presidente della Giunta dovrà convocare una apposita
conferenza di servizio per determinare:
- i quantitativi massimi di prelievo in relazione ai piani di produzione
- le tecniche, i strumenti meccanici innovativi e il loro numero
- i periodi di tempo per l’attività
- la presentazione delle domande dei consorzi
- le aree di prelievo
- i punti di sbarco e di conferimento del pescato per il controllo sanitario
- le aree di rispetto biologico
- l’ampiezza e la localizzazione delle aree lagunari che possono essere concessi ai
consorzi.
A questa modifica hanno fatto seguito le diverse conferenze a cui si fa riferimento in
precedenza. L’ultima, che ha avuto luogo nel mese di aprile ‘97, definisce, al punto 1,
il modello di gestione eco-compatibile nelle acque marittime interne della Laguna di
Venezia mediante impiego di tecniche e strumenti meccanici innovativi per il
prelievo di molluschi bivalvi di fondo.
28
Al punto “i” del comma “situazione attuale” si sottolinea la necessità di incentivare la
ricerca di mezzi meccanici alternativi a quelli attuali.
Consorzi, enti e istituti di ricerca possono presentare ipotesi di studio da sottoporre a
sperimentazione al fine di poter disporre di un diverso numero di attrezzature che
possano maggiormente adattarsi alle diverse tipologie dei fondi lagunari.
L’Amministrazione Provinciale di Venezia dovrà provvedere al coordinamento
dell’attività mediante il supporto tecnico fornito dall’I.C.R.A.M. o da altri istituti
individuati, nonché alla predisposizione di rapporti informativi periodici circa lo
svolgimento delle attività sperimentali.
La conferenza di servizi stabilisce di individuare un gruppo di lavoro rappresentante
le diverse categorie produttive del settore, che fornisca indicazioni programmatiche in
relazione alle capacità di mercato, tenendo presente della realtà produttiva dei bacini
polesani.
Va infine sottolineato la presa d’atto dell’Amministrazione Regionale che attraverso
l’art. 30 bis, oltre alla ricerca di strumenti innovativi per la pesca di molluschi in
Laguna, al fine di evitare danni ambientali irreversibili, indica nella costituzione dei
Consorzi, nella concessione di aree lagunari da parte delle autorità competenti, nella
definizione di specifici piani di produzione e nell’auto controllo le linee guida per
razionalizzare e sviluppare le attività di molluschicoltura senza alterare l’ambiente
lagunare.
Sono tutti elementi in positivo perché al divieto si sostituisce l’autocontrollo con la
disciplina organizzata da Consorzi di operatori.
Alle Amministrazioni viene riservato il compito di guida e di supervisione.
9) LE CONCLUSIONI
Il progetto proposto rappresenta la necessaria risposta alle esigenze espresse dagli
operatori per lo studio di attrezzi innovativi per la pesca in laguna di Venezia.
Se Federcoopesca lo riterrà opportuno il presente rapporto consentirà di definire una
strategia operativa nel panorama produttivo della vongola verace, e nell’eventualità
dell’estensione dell’incarico, il sottoscritto si impegna a svolgerlo secondo le linee
guida ora rappresentate.
La proposta indicata dall’elaborato avanti ampiamente illustrato, contiene elementi
concreti e operativi per ottimizzare un attrezzo già progettato e costruito in prototipo
da un’officina meccanica specializzata in grado di raccogliere molluschi bivalvi nella
laguna veneziana, con il minor impatto possibile.
29
Per l’impatto ambientale si dovrà tener conto della situazione in cui oggi si trova la
Laguna e verificare le modificazioni geomorfologiche, geologiche e biologiche da
controllare in fasi successive al prelievo di prodotto al fine di constatarne la
reversibilità nel tempo.
Per l’igiene e la sicurezza del lavoro, ampiamente evidenziata nella descrizione
avanti riportata, si dovrà tener conto di quanto viene prescritto dall’attuale normativa
e dalla legislazione nazionale rendendo nel contempo le valutazioni effettuate con
elementi puntuali e specifici, senza far ricorso alla soggettività.
Tutte queste valutazioni richiederanno tempo e soprattutto verifiche successive per
evitare di lasciare spazio a dubbi e ad incertezze.
Per l’organizzazione dell’attività pratica e la sua economia sarà necessario valutare la
produttività dell’attrezzo collaudato ed approvato e confrontarla con le norme
regionali che definiscono le quantità prelevabili al fine di evitare sovrapproduzioni
che creerebbero distorsioni commerciali.
“L’inserimento e la codificazione dell’attrezzo nell’interno di particolari ambienti
lagunari” sono subordinati alle concessione degli areali che la pubblica
amministrazione attiverà e ai tempi in cui esse verranno realizzate. Comunque rimane
sempre valida l’indicazione dell’amministrazione Regionale che specifica di
realizzare piani di produzione “in aree che possono essere concesse, dalle competenti
autorità, ai Consorzi”.
La realizzazione del progetto avverrà in 15 mesi, sempre che non si manifestino
intoppi di natura burocratica o anche contestazione da parte di operatori. Esse
verranno prontamente segnalate alla committenza al fine di un loro rapido
superamento.
Ci si avvarrà per la realizzazione del progetto e per le valutazioni richieste, di
specialisti che hanno nel passato eseguite analoghe sperimentazioni e valutazioni in
Italia e nel contesto comunitario i cui “curricola” saranno esibiti su richiesta.
L’ampia descrizione della metodologia per la valutazione dell’impatto ambientale in
laguna costituisce elemento di fondamentale importanza per l’accettazione e l’utilizzo
dell’attrezzo che si andrà a suggerire e collaudare.
Tutti gli altri aspetti potranno trovare differenti soluzioni, mentre la salvaguardia
dell’ambiente è condizione pregiudiziale a qualsiasi sistema da impiegare!
Gli operatori che attualmente, con tecniche diverse, prelevano molluschi dalla laguna
sono quasi duemila. Il loro censimento non è più differibile per definire il loro
inquadramento professionale.
Esso dovrà regolarizzare coloro che operano con diversi sistemi e dovrà consentire di
predisporre piani di produzione coerenti con le risorse disponibili.
Vane saranno le azioni di pianificazione e di programmazione nonché quelle per la
salvaguardia dell’ambiente se non si realizzerà un realistico cambiamento: la ricerca
di un attrezzo e solo propedeutica al riordino della Laguna dal punto di vista della
gestione produttiva.
L’economia della zona, in mancanza di un corretto prelievo delle risorse ittiche in
laguna, si deprimerebbe ancor più rendendo critico l’assetto socio-economico.
30
Il rispetto dell’art. 30 bis porterà alla riconversione dell’attività ittico in Laguna
abbandonando il sistema sinora praticato (in deroga alle leggi emanate) e dando vita
all’allevamento nelle zone concesse: il prelievo con lo strumento che verrà definito
nello studio, sarà importante per la salvaguardia dell’ambiente.
31