1) Il diritto di proprietà e il suo trasferimento.

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1) Il diritto di proprietà e il suo trasferimento.
1) Il diritto di proprietà e il suo trasferimento.
1.1)
La proprietà come diritto naturale.
Essere proprietari di un bene significa poterne disporre in modo esclusivo e assoluto ,
vuol dire, insomma, avere il diritto di farne ciò che si vuole. Il “diritto di proprietà” su di un bene mi
consente, quindi, non soltanto di usarlo direttamente, ma anche di concederne temporaneamente l’uso a un’altra
persona (cioè di prestarlo o di noleggiarlo), di regalarlo (cioè di trasferire gratuitamente lo stesso diritto di proprietà a qualcun altro), di
venderlo (cioè di trasferire a pagamento ad altri lo stesso diritto), o, infine, di distruggerlo.
Dopo il diritto alla vita, la proprietà dei beni è, insieme alla libertà, il più fondamentale dei diritti
umani. Anzi, poiché nessuna azione umana è possibile senza l’uso di beni (lo si è visto in altri appunti) e poiché solo
la proprietà permette la totale disponibilità del bene (c’è scritto qui sopra), allora
il diritto di proprietà è preliminare alla libertà in quanto la libertà senza la proprietà è
un diritto vuoto: se posso usare i beni solo se autorizzato da altri (perché non ho alcun bene “mio”), l’unica cosa che
posso fare liberamente, oltre a pensare, è grattarmi. Ogni altra libertà d’agire mi è in realtà preclusa (= impedita).
1.2)
Diritto naturale e diritto positivo.
La proprietà, come la vita e la libertà, è considerata un “diritto
naturale”, cioè un valore oggettivo che non deriva da una legge ideata dall’uomo,
bensì che scaturisce da principi eterni e immutabili perché da sempre radicati nella
stessa natura umana.
L’uomo delle caverne, così come il bambino del nido, è
già consapevole di tali diritti, senza che nessuno glieli
abbia descritti e insegnati (prova a prendere a un bimbo un gioco che
ritiene suo: strillerà e sentirà di avere subito un’ingiustizia, cioè che gli è stato
negato un suo diritto). Altra cosa rispetto al “diritto naturale” è
il “diritto positivo”, cioè quelle leggi (come il diritto di voto o di
precedenza per chi viene da destra) che sono state costruite,
pensate dall’uomo, e non da lui “lette” nella Natura.
Diritto “positivo” o “artificiale”
Diritto “naturale”
Per il cristiano il diritto naturale è stato “… impresso dal dito dello stesso Creatore nelle tavole del
cuore umano” e “il compito di porre correttamente in luce la legge impressa nelle anime degli uomini
spetta alla ragione umana” (Pio XII, Humani Generis, 1950).
Ecco perché il cristiano, ma anche qualsiasi altra persona dotata di razionalità e buon senso, non ha
l’obbligo morale di rispettare in ogni caso la legge umana (cioè il “diritto positivo”): egli deve sentirsi
moralmente obbligato a rispettare solo (tutte) quelle leggi fatte dagli uomini che non contrastano con il diritto
naturale. Di più: l’uomo ragionevole, che sia cristiano o no, deve sentirsi moralmente tenuto a disubbidire a
una norma di legge che sia contraria al diritto naturale. Il diritto naturale deve prevalere sul diritto positivo.
Non è detto che ciò che è legale sia anche legittimo o morale : nella Germania nazista così
come nell’Unione Sovietica di Stalin trionfava la legalità e quasi nessuno osava non rispettare le leggi, e però
quelle società, coi loro campi di concentramento e leggi odiose erano orribili.
Il rispetto delle leggi non può essere, quindi, la stella polare che orienta il nostro agire, e chi vi parla
della “legalità” come di un principio assoluto o è un mostro o manca di buon senso o non ha riflettuto
abbastanza: le leggi vanno rispettate non per principio morale ma per prudenza, per non correre il rischio di
essere sanzionati. Infatti, chi non rispetta la legge rischia di subire conseguenze negative (sanzioni economiche, come le
multe, o anche penali, come il carcere), e quindi non di rado occorre coraggio e a volte persino eroismo nel disubbidire alla
legge contraria al diritto naturale: nella Germania nazista erano “criminali” coloro che, da uomini veramente
“giusti” e coraggiosi, non rispettando la legge nascondevano gli ebrei per salvarli dai campi di sterminio, ed
erano invece bravi cittadini rispettosi della legge coloro che denunciavano gli ebrei facendoli così deportare.
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1.3)
Il trasferimento del diritto di proprietà: il contratto di compravendita.
1.3.1) Cosa è un contratto.
Un contratto è un accordo, liberamente accettato, fra due (o
regolare un aspetto economico-patrimoniale della loro esistenza.
più)
soggetti per
Se vi sembra più chiara, qui sotto c’è la definizione usata in genere dai libri di testo:
Il contratto è un accordo con il quale due o più soggetti costituiscono, regolano o
estinguono un rapporto giuridico di natura patrimoniale.
I (due o più) soggetti che, accordandosi, stipulano un contratto sono detti le “parti” del contratto.
Si può dire, con linguaggio matematico, che i contratti sono un sotto-insieme dell’insieme più vasto
degli accordi. Se quattro di voi decidono di passare insieme la mattina del prossimo compito di economia al
bowling di Parma, concludono sì un accordo, ma non certo un contratto: infatti quell’accordo non ha lo scopo
regolare dei rapporti economico-patrimoniali tra di voi.
Un contratto, invece, nascerà quando vi accorderete con un amico patentato affinché, in cambio di 5
euro a testa, vi porti in auto fino al bowling e poi di nuovo a Reggio in tempo per essere a casa in orario.
La differenza fra i due accordi sta nel fatto che solo il secondo ha un “oggetto” (l’oggetto di un accordo è
costituito, più o meno, dalle cose che le parti intendono realizzare) suscettibile di valutazione economica, e quindi solo esso è anche
un contratto.
Un contratto (di compravendita, di lavoro, di locazione, di servizi telefonici o di quello che volete) non è il foglio firmato dalle
due parti; infatti il contratto è l’accordo fra le parti, e quindi il contratto nasce, è già valido, è già vincolante
anche se c’è nulla di scritto. Il foglio scritto e firmato è utile per provare che le parti si sono accordate e quindi
per provare l’esistenza del contratto, ma non è il contratto. Se riuscite a dimostrare (ad esempio con delle dichiarazioni di
qualche testimone o con una registrazione della voce) la conclusione dell’accordo (relativo alla vendita di un bene, o per svolgere un lavoro, per usare
il telefono ecc.) anche senza avere nulla di scritto e firmato allora voi siete comunque e regolarmente proprietari di
quella cosa comprata, dipendenti di quell’azienda, utilizzatori di quella linea telefonica ecc. . Sono pochi i casi
in cui il contratto non è valido se non è scritto: la compravendita e la locazione di beni immobili (cioè di case e
terreni), i contratti di assicurazione e pochissimi altri.
Un contratto è formato da vari elementi, alcuni “essenziali”, altri “accessori”.
Sono detti elementi essenziali del contratto quelli la cui mancanza lo rende nullo, cioè inesistente; in
mancanza, invece, di un elemento accessorio il contratto esiste ed è valido, ma è probabile che quella
mancanza faccia sorgere qualche controversia fra le parti al momento dell’esecuzione del contratto (cioè che
probabilmente i contraenti litigheranno perché ognuno pensa, anche in buona fede, che l’accordo era diverso da quello che pensa l’altro).
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1.3.2) Il contratto di compravendita e i suoi elementi essenziali.
Col contratto di compravendita si trasferisce la proprietà di un bene in cambio di un prezzo.
(Con più professionalità il legislatore, nell’art. 1470 del cod. civ., scrive: “La vendita è il contratto che ha per oggetto il
trasferimento della proprietà di una cosa o il trasferimento di un altro diritto verso il corrispettivo di un prezzo”).
Gli elementi essenziali del contratto di compravendita sono il bene la cui proprietà viene
trasferita e il prezzo; per ciò che ho scritto poco sopra, quindi, se nell’accordo l’uno o l’altro non sono stabiliti
in modo chiaro allora il contratto è nullo.
Per l’individuazione del bene occorre essere sempre molto chiari, e ciò è semplice nel caso a)
di prodotti industriali e in quello b) di beni unici; risulta, invece, assai più complesso nel caso c) di materie
prime e prodotti agricoli.
a)
Nel caso di prodotti industriali la quantità è normalmente espressa in numero (25
stampanti) e per la qualità si fa riferimento al “catalogo” in cui il venditore evidenzia tutti i suoi
prodotti riportando per ognuno la denominazione (stampante HP laser Jet P2015) e le
caratteristiche tecniche principali.
b) Anche l’individuazione di un bene specifico, come ad esempio la Dacia Duster
targata ED346KL (attualmente nel mio garage) o il dipinto di Umberto Boccioni “Il romanzo di
una cucitrice” (attualmente nella collezione Barilla), difficilmente genera problemi: basta solo
usare il buon senso nel descrivere il bene.
c) Le cose, però, si complicano quando a essere vendute sono materie prime (il carbone acquistato da
Iren-Enia per l’inceneritore di rifiuti di Cavazzoli) o prodotti agricoli (le nocciole acquistate dalla Ferrero per la Nutella). In
questi casi, infatti, è impensabile pretendere che la quantità e, soprattutto, la qualità della
merce consegnata coincidano perfettamente con un dato assolutamente preciso: se, ad
esempio, la qualità concordata prevedeva un tasso di umidità delle nocciole del 7,5%, cosa
succede se l’umidità delle nocciole consegnate risulta del 7,504%? Di queste e altre
appassionanti questioni analoghe non ci occupiamo, poiché l’importanza di questo settore,
rispetto a quello dei prodotti industriali, è trascurabile.
L’indicazione del prezzo (quando – come quasi sempre capita – è in denaro e non in natura) non presenta mai
problemi. L’unico caso in cui non è sufficiente indicare semplicemente l’importo è
quando compratore e venditore non usano la stessa moneta, ad esempio quando l’Alter
s.r.l. di Reggio Emilia vende generatori di micro-onde alla Richardson Electronics Ltd.
dello Iowa (U.S.A.): se nel contratto non si specifica che i 35.000 di prezzo sono euro e
non dollari è evidente che sorgeranno dei problemi quando il venditore italiano (l’Alter
s.r.l.), all’arrivo dei 35.000 $ inviati dagli U.S.A dal compratore Richardson Electronics
Ltd., si lamenterà con il cliente (il dollaro oggi vale meno dell’euro, circa 0,75 €): entrambi, infatti, possono sostenere
di avere ragione.
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1.3.3) Gli elementi accessori del contratto di compravendita.
Gli elementi accessori (cioè quelli la cui mancanza non rende inesistente il contratto ma che spesso provoca
equivoci, incomprensioni e conseguenti controversie fra le parti al momento dell’esecuzione) che più frequentemente si
trovano in un contratto di compravendita riguardano:
1) il
momento della consegna;
4)
2) il
momento del pagamento;
5) il
il trasporto;
modo del pagamento;
il luogo della consegna;
6) l’imballaggio;
Mi pare intuitivo che la mancata definizione di questi aspetti possa generare problemi non piccoli fra
le parti: la diversa interpretazione anche solo di uno di essi può modificare significativamente l’economicità
dell’operazione, provocando magari una perdita laddove si riteneva di ottenere un guadagno (essere pagati tre mesi
3)
dopo rispetto al previsto o dover inaspettatamente pagare l’imballaggio che si riteneva fosse già compreso nel prezzo può
compromettere la vantaggiosità dell’accordo).
Da qui la necessità di esprimere in modo chiaro la comune volontà delle parti.
1) Il momento della consegna. Se il contratto non prevede nulla in merito al momento in cui deve
essere fatta la consegna, allora il compratore può pretenderla immediatamente.
1a) Quando si vuole che la merce sia consegnata al momento della stipulazione del contratto è
comunque preferibile esplicitarlo in modo chiaro, e lo si fa con la clausola di consegna “immediata”.
1b) Con l’indicazione di consegna “pronta”, invece, si intende che la merce dovrà essere resa
disponibile entro pochi giorni.
1c) Quando,
come spesso capita, si vuole lasciare più tempo fra la conclusione del contratto e la sua
esecuzione da parte del venditore, allora si indica con chiarezza il termine: o specificando una particolare data
(consegna “il 20/10/2015”) o, più frequentemente, una data terminale (consegna “entro il 30/11/2015”).
1d)
Quando, infine, si vuole che la merce sia consegnata non in un'unica soluzione (= non tutta in una
volta) allora si stabilisce la consegna “frazionata” indicando singolarmente i vari quantitativi e i rispettivi
momenti di consegna.
2) Il momento del pagamento. Se le parti non hanno stabilito nulla in proposito, allora si intende
che il pagamento deve essere effettuato contemporaneamente alla consegna.
2a)
Quando si vuole che il pagamento avvenga insieme alla consegna della merce è comunque
opportuno, per chiarezza e quindi per evitare il rischio di contestazioni, segnalarlo esplicitamente con la
clausola “pagamento immediato”.
Il “pagamento a pronti” o “pronto pagamento” segnala invece che il prezzo deve essere
corrisposto entro pochi giorni (usualmente non più di 15) dalla consegna.
2b)
2c) Analogamente a quanto visto per il momento della consegna, anche l’accordo sul momento del
pagamento è più spesso indicato con una data precisa (pagamento “il 30/11/2015”) o un termine ultimo
(pagamento “entro il 30/11/2015”). In entrambi i casi si tratta di un pagamento “differito”.
2d) Non
di rado il pagamento è stabilito in più momenti, es. “½ al 31/10/2015 e ½ al 30/11/2015”
Per “pagamento rateale” o “a rate” si intende in genere un pagamento effettuato con varie
scadenze periodiche (mensili, trimestrali ecc.). Quando, come spesso accade, questa forma di pagamento è abbinata
alla clausola “con riserva di proprietà”, allora il bene diviene di proprietà del compratore solo dopo il
pagamento dell’ultima rata (sebbene i rischi – di furto, danneggiamento ecc. – siano a suo carico a partire dal momento della
consegna).
2e)
2f) La clausola “pagamento anticipato”, infine, indica che il pagamento dovrà essere effettuato
prima della consegna.
La clausola “pagamento contrassegno” rientra nel caso del pagamento immediato, in quanto
significa che la merce dovrà essere pagata al vettore che consegna la merce, il quale poi girerà l’importo al
venditore (vedi anche quanto scritto alla fine del punto 4) nella prossima pagina).
2g)
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3) Il luogo di consegna. Può essere un qualunque punto del globo terracqueo (anzi, con i rifornimenti
degli aerei in volo e gli invii di materiali nelle stazioni orbitanti come la MIR, ora si può dire del sistema solare ). L’importante,
come sempre, è indicarlo con chiarezza e tenere presente che tutti i costi e i rischi del trasporto rimangono del
venditore fino al raggiungimento di quel luogo, mentre gli eventualmente necessari spostamenti successivi sono
invece a spese e a rischio del compratore. I luoghi che più frequentemente vengono indicati sono, ovviamente,
la sede del venditore e quella del compratore, ma non sono rari i luoghi di consegna intermedi ( ad esempio la
banchina del porto di Trieste o la stazione di London King’s Cross, binario 9 ¾ ) o comunque diversi (come quando il compratore
chiede che la merce sia consegnata presso un proprio cliente a cui l’ha già rivenduta ). In ogni caso il luogo scelto è indicato
facendolo precedere dalla parola “franco”, che significa “libero da vincoli” (come si intuisce dalle locuzioni “farla
franca” e “affrancare dalla schiavitù”). Per ora segnalo le clausole più frequenti nel commercio interno; quelle tipiche
del commercio internazionale (come Ex Works, Free On Board, ecc.) le vedremo quando sarete più grandi (o anche
prima se mi fate arrabbiare perché non studiate nemmeno queste)
3a) Franco magazzino venditore (o “franco partenza”): per quello che si è scritto sopra, in questo
caso tutti i costi e i rischi dell’intero trasporto sono a carico del compratore, e quindi è la clausola più
vantaggiosa per il venditore.
Franco magazzino compratore (o “franco destino”): è invece la clausola più favorevole
all’acquirente, in quanto costi e rischi dell’intero trasporto gravano tutti sul venditore.
3b)
3c) Franco “XY (luogo)” (ad esempio “franco vagone Reggio Emilia”): il venditore si libera dagli oneri e
rischi del trasporto quando la merce arriva a XY (nell’esempio alla stazione di Reggio e sul vagone ferroviario).
4) Il trasporto. Non è frequente che a effettuare il trasporto sia, materialmente, il venditore o il
compratore. Molto più spesso viene incaricato un terzo soggetto, il “vettore” o il “corriere”, cioè un’azienda
la cui attività è produrre servizi di trasporto per chi li richiede. L’azienda incaricata del trasporto può essere
pagata dal venditore come dal compratore, e questo indipendentemente dal soggetto a carico del quale è il costo
del trasporto. Ecco allora che quando del trasporto viene incaricato un terzo soggetto (vettore o corriere che sia)
allora è necessario stabilire chi dovrà pagarlo. A questo servono le clausole “porto franco” e “porto assegnato”.
4a)
Porto franco: indicando questa clausola si intende che il vettore viene pagato, per il servizio di
trasporto svolto, dal venditore. All’arrivo della merce, quindi, l’acquirente non deve nulla al trasportatore per il
servizio che ha svolto.
Porto assegnato: se la merce viaggia “porto assegnato” allora dovrà essere il destinatario a
pagare il vettore per il servizio di trasporto svolto.
4b)
Sottolineo e ripeto che le clausole “porto franco” e “porto assegnato” nulla hanno a che fare con
l’individuazione di chi deve sopportare il costo del trasporto (che, invece, viene stabilito, come abbiamo già
visto, con le clausole di consegna, ad esempio “franco magazzino compratore” e “franco magazzino
venditore”).
Sono quindi possibili tutte quattro le combinazioni (i, ii, iii e iv):
Consegna franco partenza (cioè franco magazzino venditore) e porto franco: i rischi e il costo del
trasporto sono a carico del compratore, e il venditore anticipa il pagamento del vettore facendoselo poi
rimborsare dal compratore. (Capita non di rado: in genere è il venditore che incarica il vettore di effettuare il trasporto, e il
i)
vettore è logico che preferisca farsi pagare dal venditore (che conosce) piuttosto che dall’acquirente-destinatario della merce con cui
assai spesso il vettore non ha ancora avuto rapporti.)
Consegna franco partenza e porto assegnato: i rischi e il costo del trasporto sono a carico del
compratore, il quale paga anche il vettore.
ii)
iii) Consegna franco destino (cioè franco magazzino compratore) e porto franco: i rischi e il costo del
trasporto sono a carico del venditore, il quale paga anche il vettore.
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iv) Consegna franco destino e porto assegnato: i rischi e il costo del trasporto sono a carico del
venditore; il compratore anticipa però il pagamento del servizio di trasporto al vettore e poi se lo fa rimborsare
dal venditore (probabilmente deducendolo dal prezzo della merce).
Attenzione! C’entra nulla con il pagamento del trasporto la clausola “contrassegno” che hai
incontrato al punto 2) (in cui parlo del momento del pagamento della merce): quando una merce viaggia
“contrassegno” significa che il vettore che la trasporta la consegnerà al destinatario solo dopo averne incassato
il prezzo per conto del venditore-mittente. Se l’acquirente-destinatario non paga il prezzo della merce, il
corriere consegna nulla e riporta indietro la roba al venditore.
5) Il modo del pagamento. Dei possibili modi in cui effettuare il pagamento (Ri.Ba., bonifico, carta di
credito, assegno bancario, assegno circolare, in contanti, con bollettino postale ecc ). parleremo quando affronteremo
l’argomento banca. Per ora memorizzate che quasi mai tra aziende di produzione si utilizza il “contante”, cioè
le banconote e le monete metalliche: oltre il 99,99% del denaro che si sposta da un’azienda di produzione e
un’altra è mosso tramite le banche (e per ora non preoccupatevi troppo del fatto che ancora non avete un’idea di cosa sia una
banca, e nel caso l’abbiate, vi posso assicurare che è sbagliata; di banche cominceremo a parlare in seconda ).
6) L’imballaggio. L’imballaggio è l’involucro che ha la funzione di proteggere la merce e di
renderne più agevole il trasporto. E’ quindi altra cosa dalla “confezione”, la cui funzione è soprattutto estetica e
commerciale (il termine inglese packaging è invece usato indifferentemente in entrambe le accezioni (= i significati)). A volte
l’imballaggio ha un valore non trascurabile rispetto a quello della merce,
come ad esempio per il gas in bombole, o i mattoni sui pallet.
Quando il contratto dice nulla riguardo l’imballaggio allora si
intende che l’acquirente ne diviene proprietario insieme alla merce.
Le clausole contrattuali più frequenti relative all’imballaggio sono:
6a)
Imballaggio gratuito: nonostante sia superfluo (per quello che ho scritto tre righe sopra), a volte si
segnala esplicitamente che la proprietà dell’imballaggio segue quella delle merce sebbene non sia previsto
alcun prezzo per l’imballaggio;
è ovvio che, se il suo valore non è del tutto trascurabile, nel prezzo
concordato per la merce si è già tenuto conto del valore dell’imballaggio.
a rendere: in questo caso l’imballaggio deve essere restituito; di norma il venditore
chiede una cauzione, cioè un importo che il venditore della merce restituirà al compratore solo quando
l’imballaggio gli sarà restituito.
6b) Imballaggio
6c) Imballaggio
fornito dal cliente: mi pare non sia necessario spiegare cosa significhi.
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