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una finestra o una piccola scatola di Jedediah Berry Erano in fuga, e si erano dimenticati di cosa volesse dire non esserlo. Lui indossava una camicia a fiori, lei un cappello di paglia, in modo da riuscire sempre a ritrovarsi quando si trovavano in mezzo alla folla. Gli scagnozzi erano costantemente a pochi passi da loro — e così era stato da quel giorno al mare, nella casa vuota — ma erano riusciti a farsi degli amici nei posti dove avevano avuto bisogno di amici, avevano comprato biglietti dell’autobus e mappe stradali, e qualche volta si erano persino fermati il tempo sufficiente per un film o una birra, o per una sveltina in una stanza affittata. Erano lontani da casa, ma non sapevano esattamente quanto lontani. Immaginavano che tutto si sarebbe sistemato, alla fine. «Tutto si sistemerà, alla fine,» disse lei. Lui era in un momento di cattivo umore, rannicchiato sul marciapiede con le mani sulla testa. Alla fermata dell’autobus all’angolo, due ragazzi che indossavano zaini ingombranti si scambiarono un’occhiata. «Vedi,» disse lei, «qui è un po’ come essere a Los Angeles.» Solo che per essere Los Angeles aveva decisamente troppe porte: porte lungo i marciapiedi, porte su ogni facciata di ogni casa, piccole porte sugli alberi. Dietro a molte porte non 9 gli amici degli amici di Henry James I So perfettamente che sono stata io la causa; ma questo non migliora le cose. Fui la prima a parlargliene – lui non l’aveva mai sentita nominare. Se non gliene avessi parlato io l’avrebbe fatto qualcun altro: in seguito ho provato a trovare conforto in questa riflessione. Ma il conforto delle riflessioni è sottile: nella vita l’unico conforto che conta è di non essere stata una stupida. Una beatitudine di cui senza dubbio non godrò. «Perché dovresti incontrarla e discutere» è quello che dissi subito. «Chi si somiglia si piglia.» Gli raccontai di lei e che erano simili perché se lui in gioventù aveva avuto un’esperienza curiosa, lei all’incirca alla stessa età aveva vissuto qualcosa di simile. Era risaputo tra gli amici di lei – un incidente che era spesso invitata a raccontare. Lei era affascinante, intelligente, bella e infelice; ma la sua reputazione era dovuta soprattutto a quella vicenda. A diciott’anni, mentre si trovava all’estero con una zia, aveva avuto la visione di uno dei suoi genitori in punto di morte. Il padre era in Inghilterra, lontano centinaia di chilometri e, per quanto ne sapeva, non era né morente né morto. Avvenne di giorno, nel museo di una grande città straniera. 67 la muta di Andrea Viscusi Chiara raggiunse il paese al quarto giorno di viaggio. Riuscì a scorgerlo dalla cima della collina sulla quale si era inerpicata, adagiato nella valle sottostante nella quale un torrente saltellava vivace. La vista dei frutteti in fiore che circondavano il villaggio la mise di buonumore, e sorrise mentre iniziava la discesa. Anche la tortora sembrava eccitata, e s’involava per alcuni minuti librandosi sopra di lei, procedendo in direzione del borgo, per poi tornare ad appollaiarsi sulla sua testa. Il contatto di quel corpicino caldo sui capelli era rassicurante. Il paese non aveva mura né cancelli, nessun posto di guardia a delimitarne l’ingresso, ma la ragazza riconobbe di esservi entrata quando ne sentì l’odore: era l’essenza dell’industriosità, l’impercepibile tensione nell’aria provocata da centinaia di persone indaffarate e assorte. Era insolito, per lei, e leggermente inebriante. Abituata alla calma contemplativa del monastero, rimaneva pericolosamente affascinata da quella dimensione alternativa della vita umana, in cui le persone si muovevano e parlavano con fretta e determinazione. Suoni estranei tanto alla sua dimora che ai sentieri sconnessi che aveva percorso per giorni la investivano da ogni direzione: il vociare di mille voci accavallate, il clangore di un fabbro che batteva la sua incudine, l’abbaiare irritato di 111 la cuccetta superiore di Francis Marion Crawford I Qualcuno chiese dei sigari. Avevamo parlato a lungo, e la conversazione iniziava a perdere di interesse; il fumo del tabacco impregnò le tende appesantite, e il vino a sua volta impregnò quelle menti sempre più appesantite, ed era evidente a tutti che, se non si fosse fatto qualcosa per destare i nostri animi oppressi, la serata sarebbe presto giunta ad una naturale conclusione, e noi, gli ospiti, saremmo tornati a casa in fretta e ci saremmo gettati nel letto, quasi certamente al fine di dormire. Nessuno raccontò alcunché degno di nota, e forse per il motivo che nessuno, in realtà, avesse da dire alcunché degno di nota. Jones rese pubblico ogni minimo dettaglio riguardante la sua ultima battuta di caccia nello Yorkshire. Il signor Tompkins, di Boston, ci spiegò, tutto concitato, i particolari motivi, e attraverso quali vie burocratiche, la compagnia ferroviaria Santa Fe non solo riuscì nell’ottenere il controllo di maggiori porzioni di territorio, nell’aumentare la propria influenza nel settore, nel trasportare capi di bestiame vivi senza che arrivassero moribondi al giorno di consegna, ma per lungo tempo riuscì anche a ingannare i passeggeri che ne acquistarono i biglietti a credere alla bislacca convinzione che la suddetta compagnia fosse realmente in grado di 129 sul piacere di odiare di William Hazlitt Un ragno (non uno di quelli così ben raffigurati nell’allegoria dei memorabili Versi a un ragno¹, ma un altro esemplare della stessa preziosa razza), procede lungo il pavimento ricoperto di tappeti della stanza in cui siedo. Corre in una furia emotiva e precipitosa, si trascina verso di me in modo goffo: si ferma. Vede un’ombra gigantesca davanti a sé e, impossibilitato a far marcia indietro o a proseguire, studia il suo imponente avversario – tuttavia, dato che non effettuo movimenti bruschi né afferro il Sancho Panza allo sbaraglio, cosa che lui farebbe con una sfortunata mosca finita nella sua trappola, si fa coraggio e si rimette in movimento, spinto da un misto di furbizia, sfacciataggine e paura. Una volta superatomi, sollevo il tappeto per facilitargli la fuga, sollevato dall’idea di essermi sbarazzato di quell’intruso indesiderato. Anche dopo che se n’è andato, rabbrividisco al ricordo. Un bambino, una donna, un pagliaccio o un moralista del secolo scorso avrebbero schiacciato a morte quel piccolo rettile – ma la mia filosofia ha più che superato tutto questo. Non provo sentimenti negativi nei confronti della creatura, ma è certo che non riesco a sopportarne la sola vista. Lo spirito di malevolenza resiste alla sua applicazione pratica. Impariamo a modellare la nostra volontà e a confinare le nostre azioni più 163 163