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CRONACA PERCORSO FRANCIGENO MONTEFIASCONE-VITERBO GIOVANE MONTAGNA Sez. di Roma IN OCCASIONE DELLA IV GIORNATA DELLA RETE DEI CAMMINI 09/05/2012 11.19.00 5 MAGGIO Si avvicina la data della IV Giornata della Rete dei Cammini Francigeni, l’eccitazione cresce vieppiù, ma ahimè la pressione atmosferica cala altrettanto velocemente. Che facciamo? Rimandiamo? Giammai! Non ci faremo fermare per qualche mbar in meno. Ci vuol altro. Perdiamo qualche prenotazione: da 25 restiamo in 19, ma tali resteremo fino alla fine, senza perderne alcuno lungo il cammino. 6 MAGGIO al mattino. Sembra ancora notte! Il cielo è di un finissimo grigio scuro che fa risplendere il verde brillante delle nuove foglie. Più tardi il verde diverrà scintillante sotto l’allegro sciaquettio della pioggia. Per ora procede tutto bene, dal cielo solo qualche rada goccia nemmeno sufficiente a detergere il parabrezza del pullman. Arriviamo a Montefiascone dove il grigio tufo dei suoi severi edifici non si distingue da quello del cielo. Iniziamo il cammino, anche i basoli del solido fondo stradale sono grigi; in un tripudio di raffinatezza cromatica risaltano nel verde dei prati: le euphorbie fiorite, i rossi papaveri, i gialli fiori del ravizzone ed i celesti fiordalisi. Nel cielo lo strato di nubi comincia ad assottigliarsi, filtrano dei raggi solari, qualcuno comincia a rimpiangere la crema protettiva, altri si espongono per abbronzarsi e per poi mostrarne orgogliosamente i segni a quei pavidi rimasti a casa. Il sentiero è ben segnato e ben tenuto, le indicazioni sono sufficienti senza essere ridondanti. Sulle rampe del Monte Jugo (m 454 s.l.m.), ma appena 50m dal piano della campagna circostante, incrociamo un gruppo di pellegrini nord europei che si godono la passeggiata, il panorama ed il tempo eccezionalmente bello, per loro. Sicuramente in Scozia questa sarebbe considerata una giornata meravigliosa. Al di là del Monte Jugo ci attende una sorpresa: le nubi che fino a quel momento ci avevano graziato decidono improvvisamente di lasciar cadere una pioggerellina tenue e carezzevole, che si manterrà tale, ma fino al termine del percorso ed anche durante il viaggio di ritorno. Sfoggiamo subito la nostra efficiente dotazione di protezione e proseguiamo indomiti. Qualcuno suggerisce di farci raggiungere dal pullman, ma viene aspramente redarguito, solo dopo il Bagnaccio e dopo aver consumato il pasto rituale ci lasceremo raccogliere dal mezzo meccanico. Quindi continuiamo a goderci la nostra umida, ma silente atmosfera, quando un rombo assordante ed improvviso ci assale alle spalle, istintivamente ci gettiamo fuori strada. Giusto in tempo; un’astronave ci sfiora quasi al livello del suolo. Faccio appena in tempo a scorgere dentro una fusoliera trasparente mia moglie appoggiata alla parete interna del mostro. Lancio un urlo: è stata rapita! Ma poi vedo che mentre si allontana, saluta per niente spaventata, anzi sorride. Allora penso che forse ha deciso di lasciarmi. Disperato cerco di riflettere: ma perché poi fuggire con un marziano? Osservo meglio il mezzo mostruoso, che oltre ad un rumore infernale lascia una scia maleodorante affatto astrale, anzi tipicamente terrestre. Ora appare la sua vera sembianza: si tratta di un trattore colossale con un rimorchio dal fondo del quale fuoriesce un’ esile traccia di liquido ammorbante di origine animale. Ora capisco: la presunta rapita si era fatta dare un passaggio dall’unico mezzo protetto dalla pioggia, che poteva transitare in quella tratta; probabilmente la ritroverò al Bagnaccio, a questo punto sollevato, anche perché parte del mio spuntino era nel suo zaino; riprendiamo il cammino. Poco dopo raggiungiamo il Bagnaccio sotto l’oramai costante gaia pioggerella. Nelle calde piscine del luogo non mancano i bagnanti, che immersi si riparano dalla pioggia e si godono il naturale tepore sulfureo. Riabbraccio mia moglie e nel contempo constato, che il pacchetto del pranzo è ancora lì, nel suo zaino. Decidiamo di consumare il pasto rituale e di attendere che il pullman ci raggiunga. Ci accomodiamo su un tavolo da pic nic e diamo inizio al rito, accompagnato dal tenue ticchettio delle gocce che cadono; fortunatamente non tutte fanno rumore, in particolare quelle che cadono sul nostro frugale pasto, che già morbido di per se, lo diventa sempre di più. L’atmosfera mi ricorda quella vista all’epoca dell’alluvione di Firenze: una strada ancora invasa dall’acqua, sulla porta di una trattoria, anch’essa allagata, appariva un cartello: OGGI UMIDO. Sulla via del ritorno mia moglie ci racconta la sua avventura: un giovanissimo lavoratore agricolo, il presunto marziano, si ferma al suo segnale e le dà un passaggio fino al Bagnaccio, al momento di scendere lei lo rigrazia e lo saluta, lui scende a sua volta dal trattore, per salutarla e darle la mano. Inquadro la scena allargando il campo: un baldo giovane trascorre la domenica a svuotare i “bagni” delle sue mucche incontinenti ed a concimare i suoi campi, poi al momento opportuno si comporta come un vero gentiluomo. Che il riscatto del nostro curioso paese debba passare per le uniche virtù primordiali rimaste ancora presenti? 09/05/2012 11.19.00 09/05/2012 11.19.00