libro_PICO - BCC Gradara
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PICO FOTOGRAFO A RICCIONE PREFAZIONE DI GIANFRANCO ANGELUCCI PICO FOTOGRAFO A RICCIONE PREFAZIONE DI GIANFRANCO ANGELUCCI Gli scatti di Pico sono il nostro Istituto Luce. Ogni foto un racconto, un personaggio, una storia. L’archivio fotografico che Pico, all’anagrafe Epimaco Zangheri, ha raccolto su Riccione in oltre sessant’anni di scatti è un po’ il nostro Istituto Luce. Non c’è personaggio, cantante, attore, personalità, evento, inaugurazione, spettacolo, persino alluvioni e calamità, come il fortunale del 1964, che mise sottosopra la spiaggia ed il lungomare, che Pico non abbia “coperto”, vuoi per il Carlino, vuoi per incarico ricevuto, molto spesso per semplice piacere personale. Per l’orgoglio, quello del cronista ma anche del fotoreporter, di essere sempre sul pezzo. Là dove qualcosa di interessante si muove e merita di essere raccontato per immagini. Una passione, quella di Pico per il suo lavoro, che lo ha portato spesso anche a mettere in secondo piano l’interesse commerciale. Sempre pronto a offrire qualche scatto d’annata a qualche giornale, o a qualche redazione televisiva, ricavandoci a volte poco più del costo della semplice pellicola. Non è diventato ricco, Pico. Però ha reso più ricca la sua città. Ricca di un patrimonio di immagini fotografiche dove tutti, ma proprio tutti, i protagonisti degli anni d’oro del Dancing Savioli, hanno lasciato la propria traccia. Da Mina a Walter Chiari, da Pelé a Don Backy, da Gloria Gaynor a Raoul Casadei, Lola Falana, Raffaella Carrà e Lucio Dalla. E chissà quanti ne rimangono fuori, quanti torti negli elenchi incompiuti: Claudio Villa, il Quartetto Cetra, Iva Zanicchi, Rita Pavone, giovanissima, con Teddy Reno, un Gianni Morandi imberbe che suona la chitarra per i bimbi ospiti di una colonia estiva, Adriano Celentano che gira in giostra con i suoi figli, Vittorio De Sica e Gino Cervi, fino a Jovanotti, Fiorello e, orgoglio riccionese, Martina Colombari. L’Archivio fotografico di Pico deve essere considerato come un vero e proprio archivio storico, e come tale dovrà essere tutelato, inventariato, catalogato, digitalizzato e reso fruibile da tutti. L’impegno è stato preso ed espresso con chiarezza da me in diverse occasioni pubbliche. Quelle immagini acquistano valore ogni giorno che passa. C’è dentro sessant’anni di vita di questa città, ogni foto un racconto. Riccione è una città ambiziosa, lo sappiamo. Ma ci possiamo spingere avanti solo se abbiamo la giusta considerazione di ciò che siamo stati e da dove veniamo. E a guardare bene, è tutto scritto negli scatti di Pico, fotografo a Riccione. Massimo Pironi - Sindaco di Riccione 3 Presentazione Questa ristampa, o meglio rivisitazione, di un importante libro illustrato sulla Riccione degli ‘anni ruggenti’, è il regalo di Natale che la BCC di Gradara desidera affidare ai riccionesi senza distinzione di età: i più maturi rivivranno momenti ben conosciuti di esaltazione generale in una lunga stagione fortunata, i più giovani, che per ragioni anagrafiche non possono ricordare quegli anni, troveranno nelle immagini di Epimaco Zangheri lo stimolo a prendere in mano il proprio destino con lo slancio e la passione di allora. Abbiamo affidato con piacere i testi di questa nuova edizione a Gianfranco Angelucci, noto scrittore, giornalista, regista, che ha avuto il privilegio di diventare sceneggiatore e amico del genio romagnolo Federico Fellini. Era necessaria la sua penna gentile per restituire, in un attraente racconto, gli anni della Dolce Vita e dei decenni che ne sono seguiti, durante i quali Riccione ha saputo tenere un ruolo da protagonista sulla scena italiana. Angelucci ne ha tratteggiato il sembiante regalandoci la memoria di un’epoca con il suo scintillio, ma riuscendo anche a far parlare Pico, figura di artigiano-artista di poche parole, capace tuttavia con la sua macchina fotografica di racchiudere in centinaia di migliaia di rullini il film della nostra vita. La Banca di Credito Cooperativo di Gradara è una banca ultracentenaria che, proprio grazie alla forza e all’esperienza dell’età, in una congiuntura di gravissima crisi generale è riuscita a difendere e a mantenere vivi i principi, vorrei dire i valori, dai quali l’Istituto prende origini e significato. Un’idea radicata di banca organica al territorio che ha caratterizzato da sempre il suo operato. La BCC di Gradara è presente nelle Province di Rimini e di Pesaro-Urbino, con venti filiali che servono una collettività di oltre 350 mila persone. Questo Istituto di credito, accanto all’attività bancaria vera e propria, svolge una funzione accessoria molto intensa, ricca di iniziative e di promozioni a beneficio di tutti i soci; estesa anche alla clientela comune e concepita come particolare supporto alle Istituzioni: scuole, parrocchie, associazioni, ospedali, sanno di poter contare sulla presenza attenta e costante di una banca dalla precisa vocazione territoriale. 4 Dopo tre anni dal libro sulla marineria curato da Carlo Volpe, con la direzione scientifica della Professoressa Maria Lucia De Nicolò, la BCC di Gradara promuove questa volta una prestigiosa pubblicazione su Riccione, dove da un anno ha inaugurato un nuovo sportello. In sinergia con l’Amministrazione Comunale, abbiamo colto con gioia l’opportunità di ristampare il volume su Epimaco Zangheri, “fotografo di Riccione”, che presenta una doviziosa scelta di immagini di almeno tre decenni, gli anni ‘60, ‘70 e ‘80, nei quali tutta la riviera romagnola ed in particolare Riccione era la meta prediletta di un gran numero di personalità del mondo dello spettacolo, della cultura e dello sport. Si tratta di un affascinante viaggio nel recente passato per progettare un futuro almeno altrettanto propizio in particolare per le nuove generazioni. La storia di Pico da garzone di bottega a memoria vivente del tragitto compiuto, con sacrificio ma anche con tante soddisfazioni, ci ricolma di fiducia e ancora una volta ci insegna che non esistono limiti alla volontà dell’uomo che crede nell’impegno, nella disciplina, nel lavoro, nell’umiltà. Pico con il suo sorriso, la naturale gentilezza, la scrupolosa professionalità, ci ricorda che ogni sogno è possibile quando si tengono i piedi ben appoggiati a terra. Questa iniziativa vuole essere un omaggio alla maestria di un artigiano di successo e nello stesso tempo alla città di Riccione che ha rappresentato per lui l’amore esclusivo dell’intera esistenza. Come Presidente della Banca di Credito Cooperativo di Gradara, convinto della fruttuosa alleanza tra cultura e impresa, formulo il mio auspicio più sincero perché questa pubblicazione possa ravvivare un sentimento di contagioso ottimismo per l’intero tessuto economico della città. Fausto Caldari Presidente della Banca di Credito Cooperativo di Gradara 5 LA RICCIONE DELLA DOLCE VITA di Gianfranco Angelucci 6 Gli anni delle dolcezza A rivedere oggi le fotografie in bianco e nero di Epimaco Zangheri detto Pico, che vengono ristampate dal Comune di Riccione e dalla BCC di Gradara a quindici anni dalla precedente edizione, si prova una dolce, vaga vertigine da ottovolante. Con l’avvento del nuovo millennio ci siamo lasciati alle spalle non soltanto il ‘secolo breve’ ma anche i connotati di una stagione a cui oggi ci rivolgiamo con qualche incertezza, avvolti da una lieve caligine; c’è bisogno di una costante messa a fuoco, come girando la rotella di un binocolo, o agitando i frammenti colorati di un caleidoscopio. E trovo che sia il fascino maggiore del libro, opportunamente rivisitato anche nella veste grafica di copertina, nell’impaginazione, nei testi che lo accompagnano. Le nuove generazioni, i ragazzi che hanno visto la luce nel 2000 e che adesso sono già alle scuole superiori, ignorano quasi completamente ciò che li ha preceduti; il loro sguardo si posa disincantato su un’era decisamente remota. Col passare dei decenni si sono sfocati nella memoria persino gli anni della ricostruzione, in cui il Paese uscito dalla guerra ricomponeva i cocci, riedificava insieme alle case, alle strade, alle fabbriche, anche il proprio destino. La voglia di farcela, la voglia di vivere, era esuberante, dominava in ogni campo. Il cinema di quel periodo, gli anni Cinquanta e Sessanta, è capace di restituircene la verità e il sapore meglio dei libri di storia; le immagini dello schermo, non diversamente dagli archivi fotografici, compiono più facilmente il miracolo di renderci familiare e ancora palpitante un’Italia lontana ormai anni luce, che sembra appartenere a un’altra galassia. Quando all’Accademia di Belle Arti proietto ai miei studenti “Una vita difficile” di Dino Risi, “Rocco e i suoi fratelli” di Luchino Visconti, “C’eravamo tanto amati” di Ettore Scola, capolavori che hanno segnato gli anni della nostra formazione, capita che commentandoli mi si spezzi a tradimento la voce e non di rado sono costretto a ingoiare di nascosto qualche lacrima; i ragazzi all’apparenza rimangono inerti, ma in realtà sono coinvolti più di quanto appaia da quei ‘reperti archeologici’ che li disorienta, li pone davanti a una scoperta inattesa; per la prima volta percepiscono l’esistenza di un popolo, un’arte, una cultura a cui appartengono e della quale non avevano il minimo sospetto. 7 La civiltà del superfluo Questa frattura tra il prima e il dopo è il fenomeno forse più appariscente della nostra epoca, a cui l’accelerazione impressa dalla tecnologia, dalla scienza, dal consumismo, ha sottratto il senso della continuità. Così come ci liberiamo senza indugio degli oggetti non più utili o non più alla moda, alla stessa maniera siamo tentati di comportarci con i ricordi: non servono, appesantiscono, creano disagio. Gettarsi il superfluo alle spalle è l’imperativo della nostra esistenza; dietro di noi si creerà un accumulo indifferenziato di detriti che qualcuno provvederà a spazzar via con noncuranza. Il Web (Internet, la ‘Rete’) sopperisce a ogni necessità; se abbiamo bisogno di notizie o di immagini ce le fornisce all’istante; la posta elettronica ci consente di comunicare in tempo reale con chiunque, e l’attesa anche di un solo giorno per l’arrivo di una lettera ci appare una pratica inconcepibile. Per spostarci acquistiamo voli a poche decine di euro che ci consentono di visitare luoghi e città fino a ieri solo vagheggiate, e anche in età matura ci si imbarca senza bagaglio, con il disinvolto zainetto in spalla, viaggiando in economia, scomodamente ma con rapidità. Il turismo a tutti i costi ha tarantolato le masse con una sorta di eccitazione irrefrenabile alla partenza; che non sarebbe stata per nulla condivisa da Giacomo Leopardi per il quale “conosciuto il mondo non cresce, anzi si scema”. Lo spostamento geografico, cioè saltare da un punto all’altro della superficie terrestre, ha abolito il concetto di viaggio inteso come scivolamento progressivo attraverso un paesaggio in mutamento, cullati da visioni, odori, scenari, fantasie, sembianti, abiti diversi che si accumulano man mano nella nostra anima. Finalmente, dopo tanta attesa, i treni ad alta velocità ci portano in meno di tre ore da Roma a Milano senza fermate intermedie; una specie di volo radente sui binari a cui tuttavia non facciamo caso, la testa china sui nostri sofisticati gingilli che intanto ci stanno scodellando il mondo a domicilio, proprio lì, sul sedile che ci avvolge. Ciò che in “2001 Odissea nello spazio” ci sembrava pura fantascienza, il protagonista che dall’astronave parlava attraverso un videoschermo con la moglie e il figlio rimasti a casa, oggi è ciò che ognuno fa quotidianamente con Skype o Face Time da una città all’altra, da un continente all’altro. Il tempo si è contratto, fuori e dentro di noi, siamo diventati impazienti di ogni attesa, e senza lo smartphone incollato all’orecchio che ci assicura di essere ancora vivi, saremmo smarriti e infelici. 8 Un benessere senza precedenti Non vorrei essere frainteso: sono appagato dalla mia epoca, anzi non sarò mai abbastanza grato alla rivoluzione digitale che in un paio di decenni ha cambiato integralmente il mondo intorno a noi; la vivo ancora con la stupefazione di un selvaggio e da scrittore quasi non riesco a credere di poter disporre di un programma di scrittura che mi consenta di correggere all’infinito, tutte le volte che voglio, le righe che ho allineato sul foglio rappresentato dallo schermo luminoso del pc; ma ancor più mi incanta la possibilità di disporre a piacimento, come fossi un semidio, di quello sterminato deposito del sapere costituito dalla memoria ininterrottamente aggiornata della rete, eternamente onnipresente, pulsante e consultabile. Sono convinto che senza quel piccolo e goffo personal computer in linguaggio MS-DOS, comprato a Los Angeles molti anni fa, non avrei scritto il mio primo romanzo. Tuttavia provengo anch’io dalla Olivetti Lettera 22, la leggerissima, elegante macchina da scrivere portatile che aveva sovvertito le abitudini degli italiani affermandosi in tutto il mondo, al punto che un esemplare viene conservato al Museo d’Arte Moderna di NY. Gli intellettuali, in molti casi, usavano ancora la penna stilografica, e i più fortunati dettavano a una dattilografa (questa sì una grave perdita dell’immaginario erotico; andrebbe rivisto “Nelly e monsieur Arnaud” il film di Claude Sautet, con Emmanuelle Béart e Michel Serrault). Montanelli teneva la Lettera 22 appoggiata sulle ginocchia per battere in diretta il reportage di guerra, Fellini l’ha usata fino agli ultimi mesi di vita. La creatività letteraria era associata al crepitio dei tasti, al foglio che veniva strappato e appallottolato dopo ogni errore, al cri cri del carrello che ingoiava la carta immacolata. La mia non è la solita lode del passato, non credo affatto che si vivesse meglio quando si viveva peggio, lascio questo vacillante giudizio ai poeti, o alle insidie della nostalgia. Provengo tuttavia da una stagione di tumultuosa trasformazione della quale sarebbe inutile negare l’importanza. Ho provato nel cuore un’emozione quasi incontenibile quando vidi mio padre tornare a casa alla guida della prima auto di famiglia, una Giardinetta FIAT con il muso della Topolino e la carrozzeria di legno, le frecce di direzione che si alzavano all’esterno manovrate da una manopola e la leva del cambio tra i due sedili anteriori lunga quanto un’alabarda. Ricordo ancora distintamente l’odore dell’abitacolo, lo associo alla conquista sociale: salire in macchina per andare a messa la domenica, che lusso spropositato! Sembrava di essere entrati a far parte di un film americano. 9 L’Italia della Dolce Vita Si ama ripetere normalmente una frase attribuita a Talleyrand, statista francese, vescovo di Autun e ministro di Luigi XVI, il quale affermava: “Chi non ha vissuto negli anni prima della Rivoluzione non può capire che cosa sia la dolcezza del vivere. » (Qui n’a pas connu l’Ancien Régime, n’a pas connu la douceur de vivre). Molto più modestamente in Italia potremmo applicare la massima ai ‘favolosi anni Sessanta’, gli anni della Dolce Vita. Le fotografie di Pico ristampate in questo volume hanno il pregio di ricucire le smagliature del tessuto fragilissimo della memoria, di lasciar riaffiorare un mondo scomparso, benché gli ultimi scatti della raccolta non siano poi così distanti da noi; ma la patina del tempo è la medesima. C’è Martina Colombari con in testa la coroncina di Miss Italia, ci guarda da un primo piano così intenso che riesce tutt’oggi a turbarci, a farci battere il cuore: gli occhi sgranati sotto le sopracciglia folte, le labbra accostate in un disegno sinuoso e perfetto, da ninfa fatale: siamo soltanto nel 1991, sembrano mille anni fa. E si arriva all’ultima fotografia del 1999 dove Papa Wojtyla, Giovanni Paolo II, porge la mano a Pico il quale intimidito la sfiora incredulo, con cautela, gli occhi bassi, la macchina fotografica appesa al collo. E il secolo si chiude. 10 Paparazzo a sua insaputa Nel suo stile gentile e riguardoso, Pico apparteneva solo idealmente alla categoria dei Paparazzi, cioè ai fotoreporter d’assalto chiamati così dal nome del fotografo che ne “La dolce vita” di Fellini accompagna come un’ombra Marcello, giornalista di cronaca rosa, nelle sue scorribande per Roma. Nella Capitale i colleghi di Pico si chiamavano Tazio Secchiaroli, Pierluigi Praturlon , Franco Pinna, Marcello Geppetti, buon ultimo Rino Barillari, l’unico ancora sulla breccia, la cui faccia è replicata in qualche vetrina di Via Veneto. Erano instancabili cacciatori di frodo, felici di scambiare la notte per il giorno, di affrontare la scazzottata con gli amanti infuriati o con i mariti gelosi, correndo il rischio di farsi frantumare la macchina sotto i piedi. Sottoponevano le prede a estenuanti pedinamenti e non c’era avvenimento di bianca, di rosa o di nera che non li vedesse sul posto, implacabili. L’Italia inaugurava la stagione dei primi rotocalchi popolari in cui la cronaca veniva raccontata dalle pagine fotografiche prima ancora che dagli articolisti, e le copie in carta lucida andavano a ruba. Fellini aveva adocchiato su un settimanale l’istantanea di una bionda svedese, creatura di avvenenza venusiana, sorpresa a scivolare a cavalcioni lungo il mancorrente di una scala stretto fra le cosce; travolto dalla conturbante visione aveva mormorato: “Dio mio, non fatemela incontrare mai!” Avrebbe scritto in seguito: “Quel senso di meraviglia, di stupore rapito, di incredulità che si prova davanti alle creature eccezionali come la giraffa, l’elefante, il baobab lo riprovai anni dopo quando nel giardino dell’Hotel de la Ville la vidi avanzare verso di me preceduta, seguita, affiancata da tre o quattro ometti, il marito, gli agenti, che sparivano come ombre attorno all’alone di una sorgente luminosa. Sostengo che la Ekberg, oltretutto, è fosforescente”. Stava soltanto anticipando il medesimo sentimento di smarrimento, di ebbrezza panica, che in seguito metterà in bocca a Marcello Mastroianni nella sequenza della Fontana di Trevi; quando il protagonista entra interamente vestito nell’acqua per raggiungere quella dea in terra che gli si era manifestata durante la festa in un locale notturno, e alla quale rivolge parole febbricitanti: “Tu sei tutto… you are everything. You are the first woman of the first day of the earth … You are Eve.. You are mother, sister, sei l’amante, la femmina…sei un angelo… il diavolo…la terra, la casa… Home… Perché sei venuta? Torna in America…Cosa faccio adesso io?” 11 Il miracolo economico Intorno al ‘caso’ “La Dolce Vita” si dipanano le vicende di quell’annus mirabilis, il 1960, che segna simbolicamente il passaggio dell’Italia da un’epoca all’altra, dalla società ancora vetero rurale alla modernità industriale, dalla sobrietà al consumismo. Il 1960 è l’anno del miracolo economico; a Roma si disputano le Olimpiadi, nell’universo della musica leggera irrompono gli ‘urlatori’, al Festival di Sanremo Mina giunge in finale con la canzone “E’vero” e su La Domenica del Corriere Walter Molino le dedica la copertina accanto alla divina e superata Nilla Pizzi. Nelle case entrano televisori e frigoriferi Telefunken. Il mondo dell’automobile compie un salto di qualità; dall’utilitaria si passa alle vetture più importanti, vengono immesse sul mercato la Lancia Flavia, pezzo di listino 1.800.000 lire, la Giulietta Sprint Speciale, la Fiat Abarth 1600, e anche la Innocenti A 40, tipica familiare da 880.000 lire. Il 25 marzo sale al governo Fernando Tambroni con una coalizione di centro destra che include il Movimento Sociale; dopo il tragico luglio con i morti in piazza a Milano si aprirà la svolta del centro sinistra con il gabinetto Fanfani. Il cattolico John F. Kennedy è eletto a novembre il nuovo presidente democratico degli Stati Uniti battendo per un soffio Richard Nixon. I lutti si susseguono. Stroncato da un terribile male in Africa, esce di scena Fausto Coppi il Campionissimo. In Francia lo scrittore Premio Nobel Albert Camus muore in uno scontro automobilistico. E in Italia la stessa sorte tocca a Fred Buscaglione falciato da un incidente d’auto a soli 38 anni. Per una banale caduta dal palco dell’Arena di Verona scompare anche Mario Riva, il più amato presentatore televisivo, l’amico del sabato sera che a conclusione del “Musichiere”cantava “Domenica è sempre domenica si sveglia la città con le campane…” mentre Gorni Kramer dirigeva l’orchestra con i baffetti atteggiati all’inalterabile sorriso. In campo letterario prendono congedo Sibilla Aleramo e Massimo Bontempelli. In compenso il cinema alimenta ogni giorno la cronaca mondana; Via Veneto è la strada più celebrata del pianeta, a dispetto del poeta Vincenzo Cardarelli che la marchia senza pietà: “Questa strada antipatica, maledetta e senza passato.” Le star d’oltreoceano fanno a gara per venire a girare in Italia e Domenico Meccoli in un’inchiesta su Epoca rivela che “non pagano tasse e mangiano spaghetti.” La quotazione di Gregory Peck per un film è di 250.000 dollari, più pagato di Humphrey Bogart e Ava Gardner; Shelley Winters ne percepisce appena 60.000. 12 Hollywood sul Tevere “Tra le molte cravatte a fiori che verso l’ora dell’aperitivo scendono da via Veneto verso piazza Barberini (cravatte – ci sia permesso dirlo – che rendono penosamente superflue le ricerche dei nostri pittori astrattisti), alcune appartengono a gentiluomini americani venuti in Italia per affari cinematografici.” Così sorrideva Ennio Flaiano in Ombre fatte a macchina. In circa venti anni gli ‘americani a Roma’ sarebbero diventati un esercito, una colonia; l’elenco dei loro nomi sembra non avere più fine. A Cinecittà accorrono le troupe e i divi d’oltreoceano e Roma viene ribattezzata la “Hollywood sul Tevere” con una formula felicemente inventata dalla leggendaria coppia di agenti cinematografici Hank Kaufman e Gene Lerner. Lando Buzzanca arrivato dalla Sicilia nella Capitale senza quattrini e con una faccia visibilmente da affamato, era riuscito a farsi reclutare tra le comparse di “Ben Hur” (è provato, esiste la fotografia); il kolossal del 1959 interpretato da Charlton Heston è una pacchia per i generici di Cinecittà, ma mai quanto “Cleopatra” con Richard Burton e Elisabeth Taylor, costato ben 44 milioni di dollari di allora; di cui 250.000 spesi durante la lavorazione soltanto per l’acquisto di acqua minerale e 194.800 per i fastosi costumi della capricciosa Liz. Dichiarò il suo regista Joseph L. Mankiewicz: “Cleopatra è stato concepito nell’isteria, girato nel casino, montato nel panico”. Il film è celebre per aver quasi mandato in fallimento la 20th Century Fox, se si pensa che l’impegno finanziario è equivalente a più di 300 milioni di dollari attuali, situando la pellicola al terzo posto tra i film più costosi prodotti nel mondo e al secondo tra quelli prodotti negli Stati Uniti. I soggetti storici furoreggiavano a Roma; il clima per gli esterni era clemente, i costi competitivi, e le maestranze capaci di ogni prodigio di abilità. L’ideale per storie a forti tinte passionali ambientate nell’antica Roma, chiamate dagli americani ‘peplum’ (dall’abbigliamento dei protagonisti) e da noi più modestamente “sandaloni”. Le Major Company hollywoodiane aprivano gli uffici a Roma impegnandosi, con la legge varata da Giulio Andreotti, a reinvestire i guadagni nell’industria italiana della celluloide. Spiegava allora Ennio Flaiano: “L’Italia è il posto dove un generico viene pagato un terzo di quello che viene pagato ad Hollywood. Dove un grande attore prende ciò che prende un caratterista americano; dove quel delizioso romanzo di Luigi Bartolini che è “Ladri di biciclette” può essere acquistato per il cinema con centomila lire, visto che nessuno lo legge; mentre ad Hollywood per “Maria Antonietta” di Stefan Zweig si arrivano a pagare 250 mila dollari cioè 150 milioni di lire.” 13 Del lauto banchetto beneficiavano in molti. Le gigantesche costruzioni scenografiche dei kolossal, appena un po’ ritoccate, venivano riutilizzate dalle produzioni minori per girare in fretta altri film casalinghi, con tanti Ercole, Ursus, Maciste nostrani, e vestali discinte al punto giusto “per esigenze di copione”; e gli incassi premiavano l’intraprendenza italica. Dino De Laurentiis pensava invece già in grande, da napoletano con il cuore in America. I suoi titoli attraversavano l’oceano: “Ulisse” con Kirk Douglas (scontento e sgarbato, aveva fatto impazzire il regista Mario Camerini), Silvana Mangano nel doppio ruolo di Penelope e della Maga Circe, e Rossana Podestà innocente Nausicaa; “Barabba”, con Anthony Quinn; “La Bibbia”, diretta da John Huston, anche interprete con la barba di Noè. Per non parlare di un capolavoro immortale della letteratura come “Guerra e Pace”, a proposito del quale fiorivano le maldicenze: “Ponti e De Laurentiis producono Guerra e Pace, ma Ponti ha letto solo il primo volume e De Laurentiis il secondo.” Però Audrey Hepburn incarnava impareggiabilmente l’incantevole, irrequieta Nataša Rostova. I grandi divi arrivavano a Ciampino con i poderosi quadrimotori della LAI (Linee Aeree Italiane) non ancora Alitalia, e in cima alla scaletta posavano per i fotografi assiepati sulla pista, proprio come Sylvia (Anita Ekberg) immortalata da Fellini nella sequenza di “La Dolce Vita”. E la sera si andava in Via Veneto, centro della mondanità, dei paparazzi, degli esibizionismi, delle gelosie, degli accapigliamenti, degli scandali. Ava Gardner, ‘La Contessa scalza’, pur innamorata di suo marito Frank Sinatra, era troppo bella e troppo corrotta dalla propria avvenenza per resistere all’assedio incessante dei nostri latin lover, Walter Chiari in testa. Ricorda Luciano Vincenzoni: “Compagno di una notte di Ava poteva essere chiunque, conoscenza, amico, ‘chum’ o favorito del momento… Poteva immergersi sempre più nei fumi dell’alcool fino a perdere i contatti con chi le stava attorno… Quando capitava ‘una notte di Ava’, riprendersi non era cosa facile.”. Roma rappresentava un territorio franco dove nel tepore dell’aria, nell’ebbrezza dei sapori e del vino, si sgretolavano le barriere morali e tante proibizioni diventavano lecite: i divi esibivano atteggiamenti di chi abita in colonia. Kirk Douglas “Ulisse” con occhiali da sole e atteggiamento strafottente; Ava Gardner con collana di perle e sigaretta tra le dita. Non mancava nessuno: Humphrey Bogart, Henry Fonda, Marlon Brando, Robert Mitchum, Orson Welles, Tyron Power e Linda Christian, Alfred Hitchcock, Danny Key, John Wayne, Jane Mansfield, Gary Cooper, Ingrid Bergman, Clark Gable, Kim Novak, Cary Grant, Sean Connery: un Olimpo disceso tra i ruderi! 14 Il film dello scandalo Con “La dolce vita” Fellini realizza il celebre, impareggiabile affresco cinematografico che ancora oggi rende mitici quegli anni; tre ore di spettacolo in cui succede di tutto, un inarrestabile riflusso di vita che fa gridare allo scandalo, e allarma specialmente le gerarchie ecclesiastiche preoccupate del crollo della morale e dell’avvento di una nuova Sodoma e Gomorra. L’Osservatore Romano, il quotidiano della curia, condanna il film gridando in prima pagina: “Basta”, “Vergogna”. In una parrocchia veneta del padovano vengono appesi manifesti listati a lutto in cui si esortano i fedeli a “pregare per il pubblico peccatore Federico Fellini”. A Rimini la signora Ida Barbiani, madre del regista, viene allontanata con ostilità durante la messa domenicale e dalla vergogna è costretta in seguito a rifugiarsi per pregare in una chiesa di periferia. In parlamento c’erano state furiose interpellanze del MSI, la nobiltà nera del Vaticano aveva ufficialmente protestato per essere stata messa alla berlina nel film (ma Giovanni XXIII, il Papa Buono, due anni dopo ne abolirà l’ordine); un padre gesuita inventore dei Cineforum, Angelo Arpa s.j., che aveva osato difendere pubblicamente l’opera di Fellini, era stato condannato al silenzio dalle gerarchie ecclesiastiche, e privato della facoltà di scrivere o parlare di cinema in pubblico per vari anni, con la minaccia in caso di disobbedienza di essere ‘sospeso a divinis’, cioè di non poter più recitare messa. Alla prima milanese alcuni irriducibili benpensanti si erano fatti largo nella ressa per sputare addosso a Mastroianni e Fellini che si recavano in sala tra due ali di folla. Ma il successo era stato straripante, il pubblico si assiepava senza interruzione ai botteghini, a Roma e in molte altre città italiane i gestori erano stati costretti a tenere aperti i cinema notte e giorno, per 24 ore; e Ugo Gregoretti ne “I nuovi angeli” (1962) aveva mostrato alcuni giovani in Sicilia che durante la proiezione della pellicola, in preda a incontenibile eccitazione, prendevano a morsi e rodevano le spalliere in legno dei sedili di fronte. Sequenza dopo sequenza il film immergeva gli spettatori in un affresco sconvolgente, in cui sembravano non esserci più limiti alla licenza: spogliarelli di viziose seducenti signore, balletti di travestiti, orge, perversioni, falsi miracoli al Santuario del Divino Amore, la morte di Steiner, un intellettuale che uccide i due piccoli figli adorati e si spara un colpo alla tempia; il fallimento di un giornalista che vorrebbe diventare scrittore senza riuscirci e che non si decide a sposare la sua fidanzata, avvenente ma 15 troppo possessiva, travolto dalle avventure femminili che la Capitale gli offre in una interminabile lusinga. Alla fine appare un pesce mostruoso arenato sul bagnasciuga di Fregene con il suo occhio vitreo e spalancato; un simbolo di putredine. Qualche critico si affrettò a interpretarlo come un terribile anatema rivolto alla comitiva di scioperati che all’alba si allontana lungo la spiaggia, iniziando un nuovo giorno senza mai prendere coscienza del proprio vuoto. Dunque una visione pessimista del mondo, a cominciare dal titolo che nel giudizio dei quaresimalisti suonava intenzionalmente ironico, anzi di aperta condanna. Proposito del tutto assente nell’autore che tenne invece a precisare: “Non c’erano in me intenzioni sarcastiche né moralistiche, volevo semplicemente dire che la vita può essere bella nonostante tutto.” Dopo l’uscita del film e lo scandalo che ne seguì, Federico Fellini dichiarò a Giorgio Bocca su L’Europeo: “Sono un peccatore anch’io”. 16 La necessità del superfluo Il film di Fellini rende universalmente popolare la figura del paparazzo, non più scattino e non ancora fotoreporter: il vero cronista dei tempi che riempie con le sue istantanee le pagine dei giornali. Titoli, flash, momenti indimenticabili, scintillanti emozioni, frammenti di memoria, di cui Epimaco Zangheri è il custode riccionese. L’Italia in pieno boom economico si posizionava nella classifica alta dei paesi industriali, sperimentava un’appagante prosperità; la popolazione uscita dalla morsa dei bisogni elementari e improrogabili, assaporava il benessere, scoprendo l’esattezza del celebre aforisma di Oscar Wilde: “Nulla è più necessario del superfluo.” Iniziava in quegli anni la motorizzazione di massa e il primo turismo familiare; ed è in tale filosofia che si situa anche la rapida ascesa di Riccione tra le mete vacanziere più ambite. La stazione balneare viene presto riconosciuta come capitale dei locali notturni, delle feste, dei premi roboanti, delle gare motociclistiche e di tutti quegli avvenimenti nei quali non possono mancare procaci presenze femminili. Nel ’60 Pico ha trent’anni, l’età giusta per il salto professionale; da garzone di bottega ha imparato a puntino il mestiere, gli obiettivi, le pose, l’uso delle pellicole. E’ pronto per l’avventura che l’aspetta in una cittadina graziosa e raccolta, prescelta come tappa immancabile dal caravanserraglio della mondanità. I fasti di Roma si riverberano sempre più spesso sulla “perla verde dell’Adriatico”, e Dino Risi vi ambienta nel 1965 “L’ombrellone”, immortalandone nell’immaginario collettivo l’allegra trasgressione. Il fortunato autore di “Il sorpasso” cambia mare, passando dalla costa viareggina alla Riviera romagnola; segno dei tempi. Affrancata da Rimini e promossa a comune autonomo con Regio Decreto del 19 ottobre 1922, Riccione aveva trovato molto rapidamente una propria personalità, competitiva non soltanto con la diretta concorrente che pulsava ai confini, ma con le più nobili e famose spiagge d’Italia, dell’uno e dell’altro versante. Nel 2012 ha festeggiato il suo novantesimo compleanno e nel 2014 ricorreranno gli ottanta anni da quando Benito Mussolini, nel 1934, costruì la ben nota villa sul lungomare; qualcuno ancora rammenta che quando il Duce arrivava per passare i bagni, un incrociatore della Marina stazionava al largo, per proteggere la sua vacanza. 17 Passerella di personaggi famosi Da fotografo da spiaggia che mette in posa i bagnanti per la cartolina ricordo, Epimaco diventa il fotoreporter de Il Resto del Carlino e il cantore di una stagione irripetibile per la quantità e la notorietà dei personaggi che ne sono stati i protagonisti. Attori, calciatori, cantanti, comici, centauri, campioni dell’atletica, bagnini, maggiorate, i primi nudi; ritroviamo in queste pagine tutta la nostra storia, aggiornata ai nomi che ancora oggi fanno notizia. Totò e Walter Chiari, Anita Ekberg e Mina, Villaggio e Lucio Dalla. Ci sono attori leggendari come Amedeo Nazzari, Eleonora Rossi Drago, Raf Vallone; sfilano davanti a nostri occhi Nunzio Filogamo a fianco di Raffaella Carrà, Teddy Reno insieme a Rita Pavone, Claudio Villa e Florinda Bolkan, Ugo Tognazzi e Roberto Benigni, Vittorio De Sica e Gino Cervi; la ‘bersagliera’ Gina Lollobrigida, la morbida Ave Ninchi, Liana Orfei radiosa al braccio di Arnoldo Foà, Renato Rascel con la giovanissima Giuditta Saltarini di cui era innamorato perso, Sylva Koscina allo stesso tavolo con Ernest Borgnine, Isabella Biagini, Pier Paolo Pasolini, persino Cicciolina che stringe tra le braccia un enorme orsacchiotto, e un’anonima bionda in calzamaglia ‘ramage’che esibisce un fondoschiena per il quale Totò avrebbe esclamato: “Questa faccia non mi è nuova!”. La acerba e già seducente Ambra Orfei posa in costume circense, Adriano Celentano ciondola al bar intorno a Claudia Mori in audace déshabillé, “la coppia più bella del mondo”, Gianni Morandi sfodera la sua faccia pulita da bravo ragazzo ‘che amava i Beatles e i Rolling Stone’. Scopriamo Don Backy, 18 Bobby Solo, Franco Franchi e Alighiero Noschese, Patty Pravo torbida musa del Piper. Si farebbe prima a nominare gli assenti. Una legione sono le bellezze da spiaggia, con o senza reggiseno e la fascia d’ordinanza di Miss a tracolla; non mancano i primi tanga per “mostrar le chiappe chiare”, secondo i gorgheggi di Gabriella Ferri; non mancano le corse di cavalli e i tornei di football, né le gare di nuoto nel porto canale; spicca con il suo sorriso malandrino Giacomo Agostini a cavallo della MV Agusta, e su tutti il grande Pelé campione dal sorriso malinconico. Incontriamo il maratoneta istriano Abdon Pamich, Eddy Merks e Felice Gimondi, perfino Alberto Tomba sui pattini a rotelle, forse per acciuffare meglio la Colombari. E chissà quanti ne sto tralasciando. Ma che volete il libro è poderoso, da sfogliare e risfogliare a sazietà. Nell’ultima sezione appaiono perfino gli scenari delle calamità naturali: l’inondazione del 1954, causata dallo straripamento del Rio Melo che trasformò Riccione in una laguna; la tromba d’aria del ’64 che devastò la spiaggia e il litorale; infine la ghiacciata del ’66 con la neve alta un metro e gli slittini per le strade. Quanti ricordi, quante facce, quante splendide gambe, quante arrostite di pesce in riva al mare! Si arriva di slancio ai volti di ieri e di oggi: il Cardinal Tonini, Vittorio Sgarbi insieme a Federico Zeri nemici per la pelle, don Antonio Mazzi, Carla Fracci, Oliviero Toscani, Charles Aznavour, Renzo Arbore, Jovanotti e tanti tanti altri ancora. Ognuno pescherà all’amo la sua emozione, il suo idolo, la sua privata nostalgia. 19 Si apre una nuova era Epimaco Zangheri non si è risparmiato; del resto il suo nome deriva dal greco antico e viene letteralmente tradotto “colui che assiste nelle avversità”. Ma può avere anche significati più estesi: il verbo “machomai” vuol dire combattere, pugnare; mache è la lotta, e il prefisso “epì” che lo precede indica lo star sopra, il sovrastare l’avversario, e quindi vincere facilmente”. Nel nome si prefigura un destino di successo. C’è anche un santo che si chiama Epimaco, martirizzato ad Alessandria nel 250 d. C. e festeggiato il 12 dicembre. Oggi che Pico ha quasi 84 anni, la sua città gli è debitrice di una documentazione vasta e preziosa e questo libro rinnova legittimamente l’orgoglio riccionese nel cuore degli abitanti, lanciando un ponte verso le generazioni future. L’attuale ristampa riflette la risolutezza dell’amministrazione comunale nel prepararsi all’imminente celebrazione del secolo di vita della città con le radici ben affondate nella propria tradizione: la migliore assicurazione nei confronti di qualsiasi avvenire. Mi sembra particolarmente ben augurante l’alleanza produttiva - e creativa - con la BCC di Gradara, una banca locale che a sua volta ha già festeggiato i Cento Anni di vita e di successi, e i cui clienti, i comuni risparmiatori, sono in gran parte soci nell’impresa. Un bel segno di fiducia nei confronti di un Istituto di credito che nasce per aiutare l’imprenditore agricolo, l’artigiano, il commerciante, l’impiegato; per sostenere la famiglia e la comunità, per supportare lo studente, l’artista, l’inventore; per dare credito alla volontà di riscatto di ogni essere umano, di ogni cittadino. E che nel proprio statuto contiene a chiare lettere l’impegno, invariabilmente onorato, allo sviluppo economico del territorio in cui opera. Il libro di Pico ci parla dunque anche di un’Italia della solidarietà, della consapevolezza, della sussidiarietà, della cultura; di un Paese che non ha paura, perché conosce bene il valore del sacrificio e la gioia di farcela nonostante tutto. Sfogliare queste pagine intrise del profumo di un tempo che c’era e non c’è più, ci aiuterà a credere in una nuova stagione di immancabili traguardi; la quale non avrà nulla da invidiare al passato che tanto ci intenerisce. Propongo anzi un copyright da depositare al più presto: “Profumo di Riccione”, un’essenza inebriante le cui gocce, imprigionate in un flacone prezioso, ci aiutino ad amare la vita. 20 21 PICO Premio Riccione Il Premio Riccione per il mondo dello spettacolo organizzato da Renato Morazzani, in collaborazione con Azienda Autonoma di Soggiorno ed il Dancing Savioli, per oltre vent’anni ha rappresentato l’avvenimento mondano per eccellenza della nostra città. Per comprenderne appieno l’importanza occorre ricordare che numerosi personaggi, noti o meno noti, convergevano insieme nel centro di Riccione e sfilavano su carrozze a cavalli scoperte fra due ali di folla entusiasta che scandiva i loro nomi e applaudiva. Le foto che seguono sono solo una campionatura delle migliaia di immagini riprese in quegli anni, apparse spesso su quotidiani e riviste. Totò insieme ad un folto gruppo di artisti 22 23 Anita Ekberg 24 Viale Dante: l’incontenibile folla di fans per ore in attesa degli artisti, di fronte all’ingresso del Savioli Dancing 25 Un simpatico per eccellenza: Walter Chiari 26 Carrozzella a sorpresa: un giovane Paolo Villaggio insieme alla coppia Ric e Gian 27 Il Quartetto Cetra Iva Zanicchi 28 Il ricercato look di Lucio Dalla 29 Raf Vallone e Florinda Bolkan 30 Eleonora Rossi Drago e Cecchi Gori 31 Una coppia che ha fatto sensazione: Teddy Reno e Rita Pavone 32 Una giovanissima ed esuberante Raffaella Carrà Claudio Villa 33 34 Il principe Antonio De Curtis, in arte Totò 35 Walter Chiari in una delle sue più note imitazioni: la scimmia 36 Ugo Tognazzi L’imprevedibile, incorreggibile Roberto Benigni 37 Amedeo Nazzari 38 Vittorio De Sica Gino Cervi accanto al presentatore per eccellenza Nunzio Filogamo 39 40 Gina Lollobrigida 41 Ave Ninchi 42 La sempre giovane Paola Borboni Liana Orfei e Arnoldo Foà 43 Renato Rascel con la giovane moglie Giuditta Saltarini 44 Un gruppo di artisti (Vallone, Borgnine, Koscina) 45 Ernest Borgnine e Silva Koscina 46 Isabella Biagini 47 Pier Paolo Pasolini con il sindaco Biagio Cenni e l’avvocato Giuseppe Mengozzi presidente dell’Azienda di Soggiorno 48 Mina 49 Il Comm. Bepi Savioli con la figlia Roberta e Lola Falana 50 Ilona Staller in arte Cicciolina agli esordi, sotto lo sguardo perplesso di Osvaldo Bevilacqua 51 Tre giovani cantanti: Mal, Don Backy Massimo Ranieri 52 Serafino e Luciana Turina Il Circo di Ambra Orfei 53 PICO Personaggi e Varietà Tanti, tantissimi personaggi hanno soggiornato a Riccione, alcuni per lavoro, altri perché invitati ed altri ancora per trascorrere un periodo di vacanza insieme ad amici o parenti. Dario Fo 54 55 56 La Famiglia Celentano, per anni assidua frequentatrice di Riccione 57 Il matrimonio di Don Backy con Liliana Petralia 58 Gianni Morandi alla colonia marina Mater Dei si esibisce per i giovani ospiti 59 Lucio Dalla al ristorante “Da Fino” 60 Bobby Solo attorniato dai fans sotto lo sguardo vigile di Cappuccini 61 Il Premio Riccione per il teatro è la manifestazione più affermata dell’immediato dopoguerra. 62 Riunione dell’appena costituita Associazione Sindacale degli Autori di Teatro. Tra gli altri si riconoscono Eduardo De Filippo ed un giovanissimo Dario Fo (1967) 63 Franco Franchi 64 L’indimenticabile Alighiero Noschese, maestro indiscusso di tutti gli imitatori 65 Nini Rosso e la sua tromba, qui ripreso insieme a Giorgio Leardini ed al portiere del Milan Vecchi Loredana Berté a Radio Sabbia 66 Patty Pravo 67 Filo diretto con Raffaella Carrà 68 Alla fine degli anni ’80 nasce a Riccione Aquafan, il primo parco divertimenti dedicato ai giochi d’acqua. Il suo direttore, Luciano Tirincanti, è qui ripreso insieme a Claudio Cecchetto e all’allora semisconosciuto Jovanotti Carrellata di artisti per una serata di Gala 69 Negli anni a cavallo del 1970 una manifestazione di successo è il “Festival della bellezza tedesca”, organizzato dall’Azienda di Soggiorno, dalla rivista Neue Illustrierte ed il fotografo Paolo Costa. 70 71 72 73 74 75 76 77 78 79 Ma ad ogni estate e da sempre è tutto un susseguirsi di “Reginette di bellezza”, di “Miss”, di belle donne con tanto di fascia e non, in pose impacciate o disinvolte, languide o aggressive, comunque sorridenti e testimoni di quella gioia di vivere così naturale durante le vacanze a Riccione. 80 81 82 83 84 85 86 87 Il “Gran Bal en Tête”, tradizionale manifestazione estiva degli anni Cinquanta al Savioli Dancing. L’acconciatura bizzarra, ancor più dell’abito, faceva sensazione. Era una gara di eccentricità ed eleganza, un severo impegno per parrucchieri, sarte e belle donne. 88 89 90 91 Tipi da spiaggia 92 Tipi da spiaggia 93 PICO Lo Sport Riccione è oggi una città dotata di impianti sportivi moderni ed efficienti. La passione per lo sport ha solide radici, cresce il numero delle società sportive, aumentano i tesserati e i praticanti. La Romagna inoltre, si sa, è terra di motori, e Riccione ha contribuito ad alimentare l’entusiasmo per il motociclismo. Basti pensare che nell’arco di tempo di un decennio si passò dalle gare libere a quelle di campionato italiano e internazionali con i piloti più affermati a livello mondiale. Chi potrà mai dimenticare gli entusiasmanti duelli fra Giacomo Agostini e Renzo Pasolini? Tarquinio Provini 94 95 96 97 98 Il podio della premiazione per una vittoria di Libero Liberati Pronti... via! 99 “Ago” e “Paso” 100 101 Agostini e Bergamonti alla partenza in quella tragica domenica di primavera del 1972 102 Giacomo Agostini, primatista assoluto di vittorie 103 “Maratona Adriatica di nuoto”, manifestazione internazionale sponsorizzata dalla famiglia Manicone, svoltasi a mare aperto fino a metà degli anni Settanta 104 105 Corse al trotto a campo Ceschina in località Abissinia 106 L’Inter di Helenio Herrera alla partita inaugurale del nuovo centro sportivo (1962) 107 Edson Arantes do Nascimiento in arte Pelé in viaggio di nozze a Riccione (1966). È accompagnato da Roland Hendler e festeggiato dalle autorità, dai marinai e dalla banda municipale. 108 Arturo Antonelli, presidente dell’Associazione Calcio Riccione, porge gli omaggi a Pelé 109 Haller e Pelé con i rappresentanti della stampa e delle società sportive cittadine 110 Gianni Rivera 111 Un supertifoso del Riccione si reca allo stadio per il derby con il Rimini 112 La squadra del Riccione promossa in serie C (1973) 113 Rivera e Schnellinger con il presidente del Riccione Calcio in occasione di una partita di precampionato 114 Abdon Pamich durante una gara del campionato italiano Gli Harlem Globetrotters in tournée 115 Il Giro d’Italia fa tappa a Riccione (1967) 116 Eddy Merckx Felice Gimondi 117 Helmut Haller in vacanza con i figli 118 Pierino Prati Il Santos di Pelé (1968) 119 Francesco Moser Emerson Fittipaldi e Ronnie Peterson 120 Alberto Tomba 121 PICO Gli eventi Date importanti, anniversari, cose diverse L’inondazione del 1954 122 123 Lo straripamento del Rio Melo 124 Tanti allagamenti a causa dei temporali estivi 125 Anche Riccione sotto la neve: immagini del 1966 126 127 8 giugno 1964: una tromba d’aria di grande estensione e potenza, accompagnata da onde anomale, fa piazza pulita della spiaggia e del litorale. I danni sono ingenti, l’attrezzatura balneare è pressoché dispersa o distrutta. Occorre ricostruire e in fretta, poiché la stagione estiva è già iniziata. Dopo un primo momento di smarrimento, molti degli sbigottiti turisti collaborano attivamente alla raccolta ed alla pulizia dei materiali, al ripristino delle cabine, tende e ombrelloni. È una gara di solidarietà che entusiasma. Gli operatori di spiaggia non lo dimenticano. Nasce così la “Rustida”, festa gastronomica a base di pesce, cucinato ed offerto gratis a tutti gli ospiti di Riccione. 128 129 130 131 132 133 La Rustida è tradizione dal 1965 134 Pubblicità d’altri tempi 135 Quando Beppe Brilli era di casa “sul” Viale Ceccarini 136 La Rosa d’inverno: tradizionale serata di gala al Grand Hotel, organizzata dal Moto Club Celeste Berardi 137 Le moto di grossa cilindrata sono il nuovo “status symbol” Quante gimkane! 138 Pubblicità d’altri tempi 139 Nel 1972 Riccione compie cinquant’anni: il Sindaco Biagio Cenni spegne le simboliche candeline 140 Si inaugura l’impianto di depurazione delle acque: il Sindaco dà prova di coraggio 141 “Fenomeni” a passeggio: uno è Jimmy, l’altro, l’allora Presidente del Consiglio dei Ministri Onorevole Senatore Giovanni Spadolini 142 Luglio 1982: in piena stagione turistica la nazionale italiana di calcio è campione del mondo. Una folla incontenibile si abbandona per ore ed ore in caroselli di gioia 143 Omaggio della città ad Alberto Sordi 144 Il Premio Nobel Rita Levi Montalcini posa la prima pietra del costruendo Liceo Scientifico “Alessandro Volta” il Sindaco Terzo Pierani al taglio della torta per il sessantesimo compleanno di Riccione: è il 1982 145 Alla fine degli anni Ottanta Viale Ceccarini si rifà il look consolidando la sua vocazione di salotto cittadino 146 147 La concittadina Martina Colombari viene eletta Miss Italia 1991 148 149 150 151 152 153 PICO Anni Novanta Saranno ricordati per i grandi spettacoli televisivi, trasmessi dalle maggiori reti nazionali. Una grande kermesse che, soprattutto d’estate, ha catturato l’attenzione di migliaia d’italiani, facendo impennare l’audience delle tv. Non solo intrattenimento. Altri eventi hanno infatti segnato la storia di Riccione. 154 155 Gli eventi atmosferici trasformano completamente il luogo dei ricordi estivi: con le mareggiate che lasciano grandi ferite alla spiaggia, prontamente rifatta per accogliere l’arrivo della nuova estate. 156 157 Le nevicate cadute abbondanti negli inverni dell’85 e del 91 158 159 La solidarietà La catena umanitaria ha coinvolto numerose associazioni e gruppi di volontari. Obiettivo: aiutare persone bisognose, case famiglia e vittime di calamità naturali. Calcando le orme di Maria Boorman Ceccarini, la città si è mobilitata per dotare l’ospedale riccionese di attrezzature all’avanguardia per lo svolgimento dell’attività sanitaria. Il Presidente della Famija Arciunesa Renzo Manaresi consegna al Pronto Soccorso una costosa attrezzatura 160 Martina Colombari e Billy Costacurta assieme a Miloud Oukili, fondatore dell’Associazione Parada, alla cene di beneficienza per i bambini di Bucarest (Romania) La conferenza stampa di una delle tante partite di beneficienza, che hanno portato a Riccione le squadre della Nazionale cantanti, attori e attrici, modelli, DJ, atleti e altre star 161 La cultura Il premio giornalistico televisivo Ilaria Alpi, nato per ricordare la giovane giornalista uccisa a Mogadiscio (Somalia) insieme all’operatore Miran Hrovatin, è diventato un importante punto d’incontro per i famosi giornalisti italiani e stranieri 162 163 Tra gli ospiti illustri figurano anche scrittori, uomini di cultura e prelati, che hanno scelto il pulpito della Perla non solo per parlare ad una vasta platea, ma anche per presentare le loro opere e mostre. Claudio Cecchetto, il Mons. Emmanuel Milingo e il Sindaco Massimo Masini 164 Alberto Bevilacqua Folco Quilici 165 Mons. Ersilio Tonini Don Antonio Mazzi 166 Vittorio Sgarbi Federico Zeri 167 Oliviero Toscani 168 Carla Fracci 169 Gli spettacoli trasmessi sia dalle reti Rai, che da Mediaset e Cecchi Gori, hanno portato Riccione sul piccolo schermo in tutti i periodi dell’anno: Domenica in, Il Processo di Biscardi, Piacere Rai Uno, Karaoke, Maurizio Costanzo Show, Taxi, Un Disco per l’Estate, Sapore di Mare, Tra Mare e Stelle, Capodanno in Tv, Cronaca in Diretta, Linea Blu e altri ancora. 170 Personaggi famosi come Fiorello, ma anche spettacoli come i concerti della Banda dei Carabinieri o la banda in concerto sulla barca, i defilés di Riccione Moda Italia con il concorso per giovani stilisti, hanno fatto di Riccione un punto di attrazione per tanti turisti. Passeggiando per Riccione i turisti hanno la possibilità di incontrare le loro star: impegnate nelle riprese dei vari spettacoli, film o videoclip, in pieno relax a godersi la tranquillità di qualche giorno di vacanza. 171 Fiorello 172 Concerto della Banda sulla barca Concerto della Banda dei Carabinieri 173 Riccione Moda Italia 174 Il Processo di Biscardi 175 Alberto Castagna, Simona Ventura, Maurizio Ferrini Maurizio Costanzo, Fiorello, Maria De Filippi 176 Renato Zero, Paolo Bonolis Claudio Baglioni 177 Francesco Guccini, Lucio Dalla 178 Gloria Gaynor, Raoul Casadei 179 Giacomo Agostini, Carol Alt 180 Eros Ramazzotti, Michelle Hunziker Luciano De Crescenzo Renzo Arbore 181 Nino Benvenuti, Sandro Lo Popolo, Duilio Loi (tre ex campione del mondo di boxe) Fred Bongusto 182 Fiorello, Paola Barale 183 Claudio Brachino, Paolo Brosio 184 Edoardo Bennato 185 Marco Pantani con il Sindaco Massimo Masini Ciro Ferrara, Angelo Di Livio, Moreno Torricelli 186 Alberto Tomba, Max Biaggi 187 Pippo Inzaghi 188 Idris Carmen Russo Jovanotti 189 190 191 L’ANTIPAPARAZZO EPIMACO ZANGHERI UN ARTIGIANO CON IL CUORE di Gianfranco Angelucci 192 «Avrò avuto dodici, tredici anni, quando dovendo mettermi a lavorare perché mio padre era morto e in famiglia non c’erano soldi, pensavo di imbarcarmi come mio babbo, su piccole barche da pesca qui del posto; ma mia madre che non voleva lasciarmi andare mi trovò un posto da garzone nell’unica bottega fotografica di Riccione, e lì sono rimasto tutta la vita». Epimaco Zangheri che oggi di anni ne ha settanta in più essendo quasi giunto alla felice tappa degli 84, conserva sorprendentemente la candida espressione di quel se stesso bambino di cui racconta nell’intervista; ora il viso è ampio, solcato, ma lo sguardo mite e sorridente è identico a quello di allora, di chi non è invecchiato perché ha vissuto in pace con se stesso. Era il ‘43 quando andò a imparare il mestiere di fotografo. Poco prima che la guerra passasse con la sua distruzione: «Il Grand Hotel era stato occupato e trasformato in circolo ufficiali per gli americani, il negozio fu requisito per la documentazione militare. ‘Foto Riccione’, la bottega fondata da Alfredo Ricci nel 1923, riaprì i battenti nel ‘46 ed io ero di nuovo al mio posto». Mi mostra le mani, belle, robuste, ma dalle dita deformate: «Sono stati gli acidi – mi spiega – settant’anni di bagni nelle bacinelle le hanno ridotte così.» Nel 1947 Pico era già sulla spiaggia a scattare foto: «Si andava di corsa, appena impressionati i rullini bisognava tornare in fretta in negozio a sviluppare i negativi e a stampare. La gente non aveva pazienza, era curiosa, e dopo un’ora già si affacciavano i clienti per chiedere: «Sono pronte? Sono venute bene?». Era una catena, non si finiva mai. Eravamo in cinque o sei e ognuno pensava alle proprie pellicole». 193 Ma per lei il lavoro era maggiore. «Ero benvoluto da tutti i bagnini, che cercavano di favorirmi, di convincere i loro bagnanti ad aspettare me per le foto ricordo: io arrivavo e riprendevo le signore, i loro bimbi, le coppiette. Li mettevo in posa il più delle volte sul bagnasciuga, o vicino all’ombrellone; ma capitava anche di dover entrare nell’acqua col pericolo di qualche spruzzo sull’obiettivo. Inoltre avevo fatto amicizia con la famiglia Savioli, che mi aveva dato una sorta di esclusiva per tutti i suoi locali. Poi nel ’58 con il Premio Riccione la mole di lavoro era aumentata enormemente». E Pico era il più richiesto. «A 18 anni il proprietario mi lasciò praticamente la responsabilità del negozio. Suo figlio Edmondo Ricci non era interessato a quella vita, inseguiva un suo sogno di regista, era andato a Roma. E alla fine nel ’74 rilevai completamente l’attività». Come si svolgeva la sua giornata? «Durante il giorno percorrevamo la spiaggia, si lavorava al mare, e la sera sviluppavamo a mano fino a ottanta, novanta rullini. Arrivavo a stampare anche 500 fotografie, senza sosta». Perché era tanto apprezzato, cosa la rendeva così speciale? «Non sono stato mai invadente, cercavo di far bene la mia fotografia ma sempre in punta di piedi, con rispetto delle persone. E in questo modo sono sempre riuscito a portare a casa lo scatto che mi interessava». 194 Lavorava a luce naturale o con le lampade? «Quasi sempre a luce naturale. Per le foto posate ho usato anche i lampi di magnesio, prima che arrivassero le lampade e poi un flash fatto venire dall’America che però pesava 12 chili, era ingombrante portarselo dietro.» Come misurava la luce per le aperture di obiettivo? «A occhio; le macchine allora non avevano esposimetro.» Che macchina adoperava? «All’inizio una Kodak Silette, quasi un giocattolo; poi la Leica sportiva, non ancora reflex. In seguito ho usato anche la Rollei 6X6, soprattutto per riprendere i matrimoni. Abbiamo avuto di tutto, la Nikon, la Asahi Pentax, la Linhof 9X12. Mio figlio ha comprato persino la Hasselblad.» Ma la sua preferita qual era? «È stata sempre la Nikon F2». E adesso con il digitale come si trova? «È un sistema automatico, mi limito a inquadrare. Al resto pensa mio figlio. Per me conta ancora l’occhio con cui si scatta la fotografia, la tecnica viene dopo». L’archivio di famiglia, curato dal figlio Gianni, vanta attualmente un milione di negativi, che vanno dal 1954 a oggi. Un vero deposito di ricordi e di documentazione, ma anche un giacimento che vale una fortuna, da far fruttare commercialmente. Argomento del tutto estraneo alla mentalità di Epimaco; l’intero fondo fotografico verrà probabilmente acquisito dal Comune come patrimonio cittadino. «Ci sono stati gli anni dello sport - riprende Epimaco con occhi raggianti di gioia - quando 195 a Riccione c’era Pelé col Santos, e venivano l’Inter e il Milan a fare i ritiri, a disputare le amichevoli. I giocatori mi volevano talmente bene che dicevano: “Non è ancora arrivato Pico, non cominciamo”. Mi aspettavano per dare il calcio d’inizio». Qualsiasi avvenimento cittadino passava dal suo negozio: «Spesso si affacciavano i fotografi che venivano da fuori: “Che c’è oggi a Riccione?” Ero il referente. Molte volte anche il confidente.» In che senso? «Quando Tomba e la Martina (Colombari) si erano innamorati, facevano di tutto per non farsi pescare. Una volta per festeggiare il compleanno di Tomba avevano affittato una motonave per stare tranquilli, lontani da occhi indiscreti, e avevano detto: “Pico viene con noi”. Ero il fotografo di fiducia; così da un lato erano sicuri che ai giornali sarebbero stati spediti soltanto gli scatti approvati; dall’altra portandomi via con sé impedivano agli altri fotoreporter di seguirmi e di scoprirli. Sapevano che io non li avrei mai traditi. Quando c’era Federica Panicucci a “Un disco per l’estate”, la mattina verso le dieci, le undici al massimo, la vedevo comparire in negozio per selezionare le pose, e sui provini segnavamo insieme quelle approvate. Anche Natalia Estrada voleva che fossi io a fotografarla insieme ai bambini e ai delfini. La ragione era sempre la stessa: sui giornali uscivano solo le foto più riuscite, mai quelle brutte, o magari sguaiate che tanto vanno oggi di moda, con gli scatti rubati per mezzo dei teleobiettivi.» E la concorrenza? «Ognuno si regolava come voleva. A Rimini Menghini, che era un’autorità in materia, non si faceva tanti scrupoli. Io non ho mai dato via una foto senza permesso». Le grandi dive facevano i capricci? Gina Lollobrigida come si comportava? 196 «Mi voleva bene, si faceva riprendere volentieri al Des Bains». Con i politici la vita era meno complicata? «Seguivo i consigli di Giovanni Spadolini che mi aveva detto: “Non faccia mai le foto ai politici quando mangiano, per il resto può far tutto”. Un politico che mangia autorizza facili allusioni, scherzava. Ma lui che era spiritoso e amante della sfoglia si era fatto riprendere senza problemi con il mattarello in mano.» Mussolini l’ha conosciuto? «Sì, ero ancora un bambino nel ’38, ’39, facevo il raccattapalle nel campo da tennis. Ci avevano dato i pantaloncini bianchi, la maglietta bianca Pirelli e le scarpe di gomma e tela, che non avevo mai viste, non sapevo neppure qual era la destra e la sinistra. Mussolini giocava con i pantaloni lunghi e io correvo a bordo campo o lungo la rete a recuperare le palle da rimettere in gioco». A Riccione lei era il fotoreporter del Resto del Carlino; veniva pagato bene? «Pagato? Nessuno mi pagava. Qualche volta ricevevo un piccolo compenso dall’ufficio stampa del Comune, oppure dall’Azienda Autonoma di Soggiorno. Ma al Carlino le foto le mandavo gratis, soltanto per il nome. La domenica appena finita la partita di calcio correvo a stampare, poi montavo in Vespa, andavo in stazione e spedivo le fotografie col treno, per fuorisacco. Allora si usava così.» Le bastava vedere il suo nome stampato sotto la foto? «Nel mio caso veramente la motivazione più forte era l’innamoramento che ho sempre avuto per Riccione, volevo che la mia città figurasse ovunque il più possibile, questo era il mio scopo e il mio orgoglio.» Rifarebbe tutto da capo, alle stesse condizioni? «Certo, era il mio mestiere! La fortuna è stata incontrare la moglie che ho avuto, Agostina Ricci. Era di San Lorenzo, l’ho sposata che avevo ventisei anni; quando 197 ci siamo conosciuti Agostina ne aveva sedici e io diciannove. Tutto quello che ho fatto lo devo a lei. E a mia madre, che viveva in casa con noi e quando mia moglie è venuta ad aiutarmi in negozio, ha pensato a tirare su i nostri tre figli. Io non c’ero mai, non avevo orari, il lavoro e il negozio mi assorbivano completamente, come avrei potuto occuparmi della famiglia!» Chi è la persona che l’ha aiutata di più? «Bepi Savioli. Per me è stato come un padre. Pensi che i tanti fotografi degli altri giornali andavano da lui a offrirgli delle belle cifre pur di scattare servizi nei suoi locali, ma lui rispondeva sempre: “Finché c’è Pico, viene lui”. E non accettava nessun altro.» Tra tutte le belle donne che ha fotografato, chi le è restata nel cuore? «La Hunziker, Michelle Hunziker è meravigliosa.» E le altre? «Ricordo Anna Falchi che era molto carina; Valeria Marini, disponibilissima, Emanuela Arcuri bella come una statua». Dove le incontrava? «Erano gli stessi ristoranti a chiamarmi se qualche personaggio andava a pranzo o a cena. E io arrivavo subito. Anche quando a Riccione si giravano i video musicali, venivo contattato in anticipo per realizzare i servizi fotografici. Senza contare che per trent’anni non sono mai mancato alla vasca dei delfini, dove ho conosciuto personaggi come Enzo Maiorca, Jacques Mayol». Riccione pullulava di magnifiche fanciulle; nel suo libro ne appaiono di superlative ma senza un nome. «Erano in genere ragazze tedesche, finaliste in Germania di concorsi di bellezza, che venivano ingaggiate d’estate. Servivano per far colore, suscitare allegria, portare un po’ di eccitazione nei villeggianti. Si facevano vedere sulla spiaggia, alle sfilate delle 198 automobili, nei dancing, a nuotare in piscina. E io le fotografavo. Qualche volta si toglievano il pezzo sopra, si lasciavano riprendere a seno nudo e allora le loro foto facevano il giro del mondo, uscivano contemporaneamente su quaranta, cinquanta testate». Una soddisfazione non da poco! «Vivevo di soddisfazioni. Sono stato un gran lavoratore ma con poca inclinazione a fare i conti. Non ho mai pensato al denaro, lavoravo per la mia città, perché desideravo che Riccione fosse sempre più importante, sempre alla ribalta. Pensi che al tempo della mucillagine mi telefonò il Resto del Carlino per avere le foto del mare marrone. Ma io non volevo che uscissero, non volevo che ne andasse di mezzo il buon nome di Riccione e risposi che non le avevo. Insistettero: “Ma se ti hanno visto sulla spiaggia a scattare”. Mentii, per tagliar corto: «Sì, è vero, ma non sono venute bene.» E i soldi per vivere da dove venivano? «Dal negozio, dall’attività corrente. Accettavamo qualsiasi incarico: campionari di scarpe, di abbigliamento, le immaginette dei santini per le chiese, cerimonie di ogni tipo, battesimi, cresime, matrimoni. Persino i funerali. Molti volevano la fotografia del caro estinto nel catafalco e noi facevamo anche quelle. Scherzando usavo dire: noi siamo come il prete, vicino alla gente da quando nasce a quando muore.» Come è successo che ha incontrato Papa Wojtyla? «In Vaticano era stata organizzata una visita per i sindaci della Riviera, che hanno voluto portarmi con sé, in delegazione, per via delle fotografie. Mai avrei potuto immaginare che Giovanni Paolo II mi tendesse la mano! Sono un cattolico, per me il Papa è al di sopra di tutto, la massima autorità che esiste, e quel suo gesto così familiare, da amico, mi ha colto alla sprovvista, mi ha lasciato proprio senza fiato». Il suo negozio ha chiuso definitivamente nel 2012. Cosa c’è adesso al suo posto? «Una gelateria. Quando ho chiuso, la gente di notte andava a scrivere sui vetri con il pennarello, pensieri di saluto, di gratitudine, di amicizia. Proprio commoventi: il regalo più grande dei riccionesi. Quelle frasi avrei dovuto raccoglierle, perché sono il vero significato della mia vita.» Come vorrebbe essere ricordato? «Un artigiano con il cuore». 199 Dicono di lui Pico - Favolista a Riccione Di Epimaco Zangheri - in arte Pico - tanto si è scritto e, soprattutto tanto si è mostrato perchè quando siamo nella necessità di trovare una immagine di Riccione che non sia banale, che non sia la solita, è d’obbligo ricorrere a lui... perchè Pico coi suoi scatti ha “scritto” la favola di Riccione. È l’Esopo della Perla verde, con le immagini in luogo di parole, di frasi, di concetti, di fatti, di avvenimenti. Se quasi tremila anni fa, il favolista greco aveva come attori della sua prosa uomini, animali, piante e dei, Pico per le sue immagini ha avuto ed ha gli spazi di Riccione e dei personaggi che ci vivono o che, pur di passaggio, hanno lasciato una traccia, una impronta... e di questi ne ha colto l’anima fiabesca. Con la vastità delle sue foto Pico non “offre una morale” come “il grande greco” fa con le sue favole, ma un grande insegnamento: se nel lavoro metti amore e la gentilezza di un sorriso lo accompagna, si può dare valore a questa vita. Giuseppe Lo Magro - Presidente di Famija Arciunesa Prendete un buon fotografo di quelli che vanno di moda adesso: se state intervistando qualcuno lo vedrete immediatamente di spalle, fra voi e la persona con la quale stavate parlando. E il nostro interlocutore sparirà in una selva di gomiti, giubbotti di sopravvivenza, macchine, teleobbiettivi, esposimetri e non so quale altra diavoleria. Ecco, Pico è tutto il contrario. Arriva in punta di piedi e com’è venuto se ne va senza disturbare nessuno. E con l’immagine giusta nel rullino. Lavoro con Pico da sei anni e non conosco neppure il suo cognome. Ma Pico è del “Carlino”. Anzi è il “Carlino”. E guai a chi lo tocca. Il Resto del Carlino – Pierluigi Martelli 200 Aspettavo da tempo questa simpatica iniziativa di Pico, coetaneo e amico carissimo. Insieme abbiamo percorso, tra gioie e dolori, gli ultimi quarant’anni dello sport riccionese, e questo revival del suo magico obiettivo mi coinvolge ancora di più. L’amico Pico ha fermato nel tempo, fra uno scatto e l’altro, con la sua enorme passione di puntuale testimone dei fatti di casa sua, gli eventi, belli e brutti, della sua amatissima città. È anche commovente vederci com’eravamo, grazie al clic curioso di un bravissimo comunicatore di immagini che da oltre mezzo secolo vive per raccontarci la nostra città. Corriere dello Sport Stadio – Giuseppe Angelini Cinquant’anni di storia attraverso l’obiettivo e la lente d’ingrandimento. Con la sensibilità dell’artista, Pico ha saputo imprimere nella nostra memoria i personaggi, gli avvenimenti sportivi e mondani che non potranno mai essere dimenticati perché appartengono a tutti noi, patrimonio culturale di un’epoca irripetibile per le sue contraddizioni, fascino e gioia di vivere; i momenti più significativi, quindi, di questo ultimi cinquant’anni, di un’epoca pronta ormai a cedere il passo ad un’altra generazione di navigatori e perché no di… santi. Ed i prossimi anni potrebbero essere gli anni della spiritualità e della poesia, una poesia non solo di parole ma soprattutto di gesti come quelli nati dalla fantasia di un fotografo ispirato come Epimaco “Pico” Zangheri. La Gazzetta di Rimini – Giorgio Betti Lo chiamavano affettuosamente Rubartelli, il fotografo delle dive all’epoca della “Dolce vita” di Fellini, con la differenza che Pico la interpretava con più amore, con più dolcezza, facendo della donna, una figura da osservare e da ammirare. Non solo donne, ovviamente, davanti all’obiettivo di Pico, ma tutto quello che Riccione, la sua città, la nostra città, proponeva e propone. Il mare, gli ospiti, famosi e non, sono stati e sono per lui tutti da immortalare con le sue Nikon, con la passione e l’amore da lui così profondamente espressi come da nessun’altro. Grazie Pico, te lo dice un riccionese autentico, il tuo sorriso, la tua professionalità, sempre e ovunque ti avrebbero fatto grande anche se non lo fossi stato! Ad Maiora. Tele Sanmarino – Marzio Cesarini Cinquant’anni di carriera, mezzo secolo di testimonianze fotografiche riferite alle realtà più diverse di una comunità. Osservando le immagini di questa rassegna si nota come gli anni producono mutamenti di straordinaria evidenza, come gli uomini e le cose seguono il passo del tempo provocandoci sensazioni spesso malinconiche, qualche volta divertenti. Anni ancora così vicino a noi eppure segnati impietosamente da mode impensabili (le basette lunghe, i pantaloni a zampa di elefante, le giacche strette) e da 201 mezzi di locomozione (il “Cucciolo” o il “Mosquito” oppure le “Douphine”, le “Prinz”, le “Fiat 600”), sono riferimenti annotati in un calendario lungo più di cinquant’anni. Ma quanti particolari avevamo perduto, quanti dettagli il tempo aveva offuscato o fatto completamente sparire! L’obiettivo di Pico, fedele, costante e preciso, ha fermato nel breve tempo di un centoventicinquesimo di secondo fatti ed episodi ormai lontani a volte preziosi, a volte no, ma sempre importanti per ricostruire la memoria della nostra vita, la storia della nostra città. Ai giovani lo spaccato variamente ricco mostrato con l’efficacia della testimonianza diretta, quasi un racconto che nessuno scrittore o cronista potrebbe con tanta fedeltà rappresentare. Per tutto questo, per l’impegno da sempre profuso in cinquant’anni di giornaliera dedizione. Grazie Pico! VGA Telerimini – Edmo Vandi Epimaco Zangheri, pochi lo conoscono per nome e cognome, esattamente da mezzo secolo è per Riccione quello che è stato, sempre per cinquant’anni, Davide Minghini per Rimini: il testimone puntuale e riservato di ogni avvenimento, la memoria di fatti e personaggi che hanno segnato la vita politica e sociale della propria città. Chi scrive può dirlo con certezza sapendo oltretutto di fare un onore ad entrambi, anche se “Mingo” purtroppo non c’è più: le somiglianze tra Pico e Minghini sono tante e profonde e le loro carriere scorrono come parallele. Sempre in prima fila eppure mai ingombranti, totalmente dediti al loro lavoro, innamorati della propria città, puntuali con l’inseparabile macchina fotografica, cordiali, schivi, disponibili. Pico torna ad esporre alcune delle sue foto, da vero cronista, in bianco e nero. Non riusciamo nemmeno ad immaginare quanta fatica gli sia costato sacrificare decine di migliaia di immagini per sceglierne 300 o poco più. Nel suo prezioso archivio c’è la storia, dal ’53 ad oggi, di Riccione, da quando era la dolce perla verde fino al boom del turismo e purtroppo, del cemento. Una storia di avvenimenti, personaggi, soprattutto da ripercorrere con immagini che suscitano ora ricordi, ora sorprese, ora commozione, ricche sempre di sensibile umanità: Pelé e la Carrà, Tomba e Gina Lollobrigida, Spadolini ed Emilio Amati. Una vita, quella di Pico, passata nel negozio di via Gramsci oppure in spiaggia, in Comune o alla Fiera del francobollo, e sempre comunque, di notte, al Savioli. Così da cinquant’anni e sempre al servizio della sua città. Ecco perché Pico è il fotografo di Riccione. Anzi per generazioni di turisti, il signor Foto Riccione. Il Messaggiero – Andrea Basagni 202 Grafica: Michele Balducci Stampa: Grapho 5 Service - Fano - Dicembre 2013