la, dottrina dello schiavo di bari

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la, dottrina dello schiavo di bari
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superiore, d' una immaginazione
ognora in moto e ansiosa di fondere i risultati della ricerca storica
nella plasticità e venustà della rappresentazione estetica. Ricordo che
fin da molti anni il Perotti (e mi
confidava questo suo spasimo e
questo suo sogno con quel fare
vivo insieme e contenuto che conferiva alla sua energica figura un
carattere così spiccato) andava alla
ricerca d'uno stile che sposasse la
severirà dello storico all' eleganza
del Poeta, e ne traea i modelli., oltre che dalla propria ricca personalità, da taluni antichi scrittori.
Pensava che assai aiutasse allo
scopo lo studio degli storici latini,
primo l'ubertoso patavino, e che
solo che se ne disciogliesse alquanto la compressione sintetica e
vi si spirasse un po' di quella
sprezzatura moderna, figlia di tempi
più liberi e disinvolti, il miracolo
::
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•
fosse fatto. E ognuno può vedere,
scorrendo i suoi scritti, come effettivamente egli riuscì a farsi uno
stile proprio, tutto severità di scheletro di pensiero e grazia armonia
e artistica ridondanza di forma. Anche si può dire del Perotti, a voler
esprimere un giudizio riassuntivo
su l'opera sua, ch'egli ha con pochi altri egregi liberato la strada e
posti i termini per quelle maggiori
e più possenti costruzioni, per le
quali sarà possibile un giorno abbracciare con un solo colpo d'occhio tutta la storia di Puglia e levarne le ampie e infaticate pianure
alla significazione e al simbolo della
loro storia nei secoli e dei loro fati
nell'avvenire.
Con una calda stretta di mano
da casa li 12 luglio 1924
aff.mo
L. Paladini
LA, DOTTRINA DELLO SCHIAVO DI BARI ::
(Continuazione e 'fine)
Non essere gavarrier nè vantatore,
Che tutta gente ti terrà peggiore.
A puttana non dimostrare amore
Nè a meretrice.
Femmina buona, quella è da amare,
E quella è da servire e da onorare:
A quella non però manifestare
Ogni tuo fatto.
Femmina lusingarda è traditrice,
Ch'ella non t'ama siccom'ella dice:
Nè ghiotta non amar, nè bevitrice
D'andare alla taverna non sia ratto.
E non usare troppo a nullo patto:
Pagar si vuol lo vino poi ch'è tratto
Nè beffarda.
g_ lograto.
Femmina vana con tutti è bugiarda ;
Non l'amar tu, e bene te ne guarda:
Lassala andare, che 'l mal fuoco l'arda.
Le ruffiane
A ber lo vin soperchie è gran peccato
Che quando l'uomo è caldo e inebriato,
EI cade insino in terra strabuzzato
E non si sente.
Da casa le ti caccia come cane:
S'elle non fusser, non sarian puttane,
E spesso fanno l'altre che son vane
E dice villania all'altra gente :
Amico non riguarda nè parente.
Di che dispiace a Dio fortemente
Folleggiare,
E alle persone;
RIVISTA D'ARTE E Dl CULTURA
Ed enne fatto beffe e dilegione.
Ed è chiamato ebriaco e ghiottone,
E non saprebbe dire sua ragione,
Nè favellare.
Figlio, quando tu odi ben parlare,
Odi intendi e ascolta e non gridare,
E di saper risponder dei pensare,
Se ti bisogna.
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Quale uomo sede bene, non si tnuoka ;
Chi va carendo il male, assai ne trova :
Chì lascia la via vecchia per la nuova,
Fa follezza.
Bella cosa mi par la gentilezza,
E la cortesia e la nettezza:
A quelle cose che l'uomo s'avvezza,
Sì si mantiene.
Ch' i' ho veduto 'i buon sofferitore,
Per umiltade essare vincitore,
E per superbia essare perditore
D'ogni prova.
Lascia stare il male e appara il bene,
E non fare quello che non si conviene,
E non rispondar, se non t'appartiene,
Disse Cato.
Va a consiglio, laddove se' avvocato
E non ci andare, se non se' chiamato;
E non andare in pelago, lodato,
A pescare.
Guardati in fiume torbo non entrare,
Se tu non vedi in prima altrui passare:
Se vuoll far la cosa dei pensare
Per ragione.
Ogni cosa vuol tempo e stagione :
Per gara si distrugge la magione
Non batter tua moglie senza ragione,
E nolle dare;
Nè a torto non l'accagionare,
Che ria la faresti diventare.
Anco, figliuolo, voglioti pregare
Per amore;
Che ami lo tuo padre di buon cuore,
E sì gli sta ubbidiente e servitore,
Ed alla madre tua sempre fa opore. Quanto
E del bene o del mal che lor farai,
Da Jesu Cristo merito n'avrai,
E dalli tuoi figliuoli ne sarai
Meritato.
Compiuto omai egli è questo dittato:
Abbia quei che fece erto trattato,
In questo mondo da Dio buono stato
E sì nell'altro. AMEN.
Questa dottrina si compone di 260 versi
in 75 strofe di tre endecasillabi ciascuna,
con rima unica e un quinario o quaternario finale, che dà la rima alla strofa seguente,
di bellissima fattura, e di lingua squisitamente italiana, in cui affiorano abbondantemente, qua e là, antichissimi vocabili
dialettali pugliesi, che ebbero poscia consacrazione nella lirica posteriore e quindi sede,
con lievissime modifiche, nel nostro diziona
Infatti, sono dizioni perfettamente baresi,
che si trovano nella Dottrina e che nessuno, tranne un autentico figlio nato a Bari
E che avesse succhiato col latte materno i
nostro dialetto, che poteva scrivere le seguenti : sadan o saudano per sultano, vuoli
per vuoi, aggi per abbi, veritade, lialtade,
boutade, ciltade ,per verita, lealtà, bontà,
città — nasciaranno per nasceranno — distruggiare per distruggere — none per non:
sono termini assolutamente baresi sine e none
per indicare si e no —• diciar per dire
gli — pollo per non lo — fellonag—liper
gio per tradimento — lo male per il /naie —
tielia per tienila — dalli per dai — ellt per
essi liallade per lealtà — ndivino per indovino — mino per merlo — perdare per per-
Al tuo vicin non elevar menzdgna,
E non li fare danno, nè vergogna:
Tanto si gratta l'uom, che accatta rogna
Assai fiate.
La gelosia per certo lasciate ;
E' rio mantello di verno e di state:
Quel Lite non volete, non procacciate
Di trovare.
Se hai figliuola grande a maritare,
Se tu non se' agiato e puolo fare,
Dàlle marito, e troppo non tardare,
Nè la tenere.
Per lei non consumar lo tuo podere,
Dàlle quello che tu puoi sostenere,
Sta con li tuoi, così farai savere,
E ponci cura.
Uomo che vuol volare contra natura,
E vuol per forza montare in -altura,
Se non v'aggiugne, e' cade in terra dura,
E si disfate:
Lo pensier lì divien tutto fallace.
Figlio, quand'odi quel che non ti piace,
E non puote esser altro, datti pace.
Ch'è 'I migliore ;
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dere — esemPro per , esempio — poni?' re per
porre — vendere per vendere — togliare per
togliere — face per ./a e tantissimi altri vocaboli dell'idioma pugliese, che il lettore potrà da sè riscontrare nella Dottrina e che
costituiscono la prova migliore e più esauriente della sua autenticità, anche in confronto dei più scettici e dei più increduli.
A buon diritto dunque questa metrica
costituisce fin dal IX secolo il più importante monumento letterario dell'idioma italiano e lo Schiavo di Bari deve ritenersi
il più grande creatore ed artefice primo e
pregenitore della nostra lirica, il quale pre•
corre tutti gli altri poeti, che cantarono
nella nostra meravigliosa, sonante e divina
lingua di si, la quale per dolcezza e melodia indubbiamente avanza tutte le altre
moderne lingue neo-latine.
Nella rettorica novissima di Maestro Buon
Compagno, scritta nel 1235, si fa cenno di
un'altra composizione dello Schiavo di Bari,
andata smarrita e ci si danno particolari della
sua vita fortunosa, dicendo che, avendo tutto il
suo avere impiegato nell'acquisto diuna nave,
gliene venne gran danno; cherapì per mare l'amante ; che era poverissimo e possedeva una
sola camicia ed aveva un , figlio solo.
E così forse abbiamo finalmente la chiave dell'enigma. In quelle condizioni disastrose, è facile infatti intuire che egli volie
tentare le avventure del mare, alleandosi
coi Corsubles, cioè coi Corsari, Saraceni ed
Arabi, li incitò alla • conquista di Bari ed
alla invasione di Roma. E così infatti avvenne. Per ricompensa poscia lo Schiavo
fu creato Signore di Bari, sotto il protettorato Arabo Saraceno, attricuendosi il titolo di Sauldan o Saudan, che erroneamente fu tradotto in Satana, per la fantasia alterata dalla paura di Giovanni
mentre la parola Saudan chiaramente esprime e•significa non altro che Sultano nel
nostro dialetto barese. Infatti, anche oggi
non è difficile sentire ripetere sulla bocca
del nostro popolo la parola Saudàno o Saldano per indicare il Sultano.
La confusione evidentemente è avvenuta
nel voler ritenere Saudan per cognome,
quando invece è il titolo di cui lo Schiavo
di Bari era investito.
Non parrà strano, pertanto, nè ardito o
temerario affermare che questa Dottrina
vale, come primogeni i manifestazione linguistica, parecchi canti della Divina Commedia, perchè, se questo è il libro delle
passioni umane, quella cestituisce il codice,
la legge e il regolamento onde infrenarle
e combatterle e dominarle, nell'intento no-,
bilissimo di costruire gli uomini nuovi, che
saranno i nuovissimi fattori della futura
rinascenza umana. In cui potrà finalmente
verificarsi l'avvento della vera pace sulla
terra, che allora soltanto potrà raggiungere
la vetta di questa .meta altissima, quando
gli uomini si saranno resi perfettamente coscienti dei loro doveri e dei loro diritti.
Dott. Gioacchino Gambatesa
MONDO FEMMINILE
Seguiamo il nostro programma di concedere libero campo alla discussione delle
idee, e pubblichiamo il seguente articolo del
noto studioso Lamberto Rossi:
Gli articoli apparsi nell'ultimo numero
di questa rivista sotto il titolo Mondo
femminile » a firma A. F. Mangione, e
« Penso così » a firma Maria Laporta, se
avversione degli italiani dei due sessi ad
ogni manifestazione di femminismo, posseggono; d'altra parte, la prodigiosa singolarità
di sorvolare troppo rapidamente tanto
rapidamente da non sfiorarli neppure —
sui problemi cha sono così intimamente connessi a quello del femminismo: il problema psicologico e quello etico.
rispecchiano chiaramente lo stato di nebulosa
Singolarità questa che, per una partico-