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Il marranesimo del Portogallo – fatti, dibattiti, idee
La storia del criptogiudaismo portoghese e le vicende che coinvolsero i “christaos novos” furono
rese note dal libro di C. Roth dedicato al marranesimo, Storia dei Marrani ( Marietti 1820, 2003).
Il libro fu pubblicato per la prima volta nel 1932 , quando l'autore poteva già disporre dello studio
dell'ingegnere polacco Schwarz che negli anni '20 aveva documentato la persistenza del
marranesimo nelle regioni di Tras-os montes e della Beira Interior.
Dalla pubblicazione del libro nella prima e nelle successive edizioni tuttavia il fenomeno fu più
volte indagato e documentato, non senza vincere la resistenza dei marrani che ancora nel XX
secolo custodivano con cautela la loro identità come un segreto da tramandare gelosamente di
generazione in generazione.1
In un momento storico in cui il Portogallo nel 2013 ha proclamato la “Legge del ritorno” per quanti
di origine ebraica riescano a documentare le lontane origini portoghesi della propria famiglia e la
fuga dovuta alle persecuzioni, può essere interessante ripercorrere in sintesi gli eventi che
determinarono l'espulsione del 1496 e illustrare il dibattito storiografico successivo all'epoca di
Roth, dibattito che propone una riflessione degli storici su un periodo così tormentato che segnò
inevitabilmente la storia del paese per i secoli successivi.
La speranza con cui il regno di Manuel fu salutato dalla nazione ebraica per l'impegno che il
sovrano inizialmente mise nel soccorrere gli Ebrei in fuga dalla Spagna, si infranse nel momento in
cui venne stipulato il contratto di nozze con Isabella , figlia dei Re cattolici, tra le cui clausole
figurava l'espulsione degli ebrei dal paese. L'annuncio dell'espulsione dieci mesi prima della data
fissata per la partenza, fu seguito da minacce e violenze che di fatto limitarono la possibilità di
scegliere tra partenza e conversione: alle famiglie ebraiche furono sottratti i figli di età inferiore ai
quattordici anni che, dopo essere stati battezzati, venivano affidati a famiglie residenti in luoghi
lontani per ricevere un'educazione cristiana.
Inoltre i porti deputati alla partenza, inizialmente tre, furono ridotti al solo porto di Lisbona dove
coloro che accorsero da tutto il paese sperando di partire non trovarono le navi, ma furono tenuti in
una logorante attesa che solo per pochi si concluse con l'imbarco.
Re Manuel era ormai risoluto a ostacolare la partenza degli ebrei temendo danni per l'economia del
paese ; per questa ragione, al fine di favorire non la partenza bensì la loro conversione, adottò una
serie di coercizioni la più grave delle quali si verificò nel noto episodio del battesimo forzato del
1497, che ebbe luogo a Lisbona con cerimonie che furono tragiche e grottesche al tempo stesso per
la pretesa che gli ebrei, che erano accorsi nella città per partire, si trasformassero in buoni cristiani
grazie ad un'aspersione di acqua benedetta. Non mancarono episodi di resistenza, ma la
maggioranza degli ebrei furono convertiti a forza: “baptizados em pè” 2 vennero nominati questi
“nuovi cristiani” ai quali vennero dati venti anni di tempo per adattarsi alla nuova religione, durante
i quali non sarebbero stati giudicati per reati di fede, e venne stabilito che anche dopo quella data
per tali reati avrebbero risposto di fronte ad un tribunale civile.3
1 Os ultimos Criptojudeus em Portugal, pubblicazione del Municipio di Belmonte , 2005: il testo costituisce
una storia aggiornata sugli studi relativi alla comunità di Belmonte.
2 L 'espressione viene dal titolo del libro Os baptizados em pè pubblicato a Lisbona dallo studioso E. Lipiner
nel 1998, ed. Vega. Dell'opera è dato conto anche nel saggio di Elia Boccara Baptizados em pè: il dramma
degli ebrei portoghesi in Gerush 1492-1510. Espulsione degli Ebrei dalla Sicilia e dal Meridione d'Italia
(ed. Amicizia ebraico-cristiana Torino, 2011).
3 Un analogo battesimo fu riservato ai “moriscos” di Gandia nel 1520 ,“per mezzo di scope e di rami
immersi nell'acqua di un fossatello”, episodio ricordato nell'opera di L. Poliakov, Storia dell'antisemitismo,
La Nuova Italia, 1974, Appendice al II volume.
1
Da quell'anno all'istituzione del tribunale dell'inquisizione trascorsero quaranta anni: periodo questo
caratterizzato da eventi tragici( “ la mattanza dei cristiani nuovi” avvenuta a Lisbona nel 1507 fu il
momento più drammatico per i convertiti) e da fasi in cui il divieto di allontanamento veniva
sospeso rendendo dunque possibile la partenza dal Portogallo.
Nel 1536 fu istituito il primo tribunale dell'Inquisizione che tuttavia divenne pienamente autonomo
dal papato solo nel 1579.
Furono dunque cinquanta anni circa quelli durante i quali la religione ebraica, scomparsa
ufficialmente dal Portogallo nel 1497, poté sopravvivere all'interno delle mura domestiche, il tempo
di due generazioni, un tempo durante il quale i “cristiani nuovi “ si adattarono a vivere un'esistenza
scissa tra due identità: quella familiare e privata di ebrei che potevano affidare solo all'oralità e alla
ritualità la trasmissione della cultura d'origine, e quella pubblica di cristiani nuovi; si abituarono a
vivere al confine tra una società che non li integrava completamente ma li continuava ad etichettare
come “Christaos novos”, e una microsocietà di criptogiudei costituita da relazioni parentali e di
amicizia che consentivano il perdurare degli antichi rituali, talvolta praticati con rischio della
propria e dell'altrui vita. Il rischio ovviamente era tanto più alto in una città come Lisbona, minore,
ma pur sempre presente in luoghi periferici, come per l'appunto le regioni di Tras-os montes o la
Beira Interior.
Il ritorno all'ebraismo, nei periodi in cui temporaneamente veniva sospeso il divieto di allontanarsi
dal Portogallo, non era pensabile partendo alla volta dei paesi cristiani senza incorrere prima o poi
nei medesimi rischi degli Auto da fé (esemplare il caso dei marrani portoghesi che si stabilirono ad
Ancona sotto Clemente III: sebbene avessero ricevuto garanzie da questi e dagli immediati due
successori, con l'inizio del pontificato di Paolo IV furono oggetto di una persecuzione conclusasi
con un Auto da Fé); la partenza per le terre dell'Islam divenne più sicura, Nord Africa, Istanbul e
Salonicco le mete prefissate per una nuova vita.
Perché potesse cessare la distinzione dei “cristiani nuovi” dal resto della società e con essa la
macchina dell'Inquisizione che operò per più di due secoli, celebrando processi, infliggendo pene e
torture e incamerando i beni dei condannati, fu necessario arrivare alla metà del XVIII secolo; il
marchese di Pombal, promotore di una politica illuminista protesa a sollevare il Portogallo
dall'arretratezza in cui versava per elevarlo verso il progresso di altri paesi europei, e noto per
l'espulsione dei Gesuiti, varò diversi provvedimenti tra cui la eliminazione della vecchia distinzione
dei “cristiani nuovi” dal resto della società, nella convinzione che essa non avesse contribuito alla
assimilazione, ma avesse di fatto consentito il perdurare dell'eresia giudaizzante.
Da allora se cessarono i processi non venne certo meno il fenomeno del criptogiudaismo: Roth
nell'ultimo capitolo della sua opera racconta la persistenza di una propensione ad identificare certe
persone come ebree sebbene apparentemente fedeli cristiani, narra dell'accoglienza riservata alle
truppe napoleoniche nel nord del paese, della reazione sanfedista successiva all'invasione francese,
in cui si incitava alla caccia al giacobino e all'ebreo, così come di altre testimonianze che qua e là
facevano affiorare il perdurare del fenomeno.
Nel corso del XIX secolo nel Portogallo furono autorizzati a stabilirsi gruppi di ebrei stranieri che
vennero lentamente a costituire delle comunità ebraiche a Lisbona ed Oporto, e in tale occasione
furono sporadicamente documentati contatti tra criptogiudei e ebrei ortodossi: Theodore Reinach
ricorda come nel 1884 giunsero a Lisbona dalla regione di Tras-os montes alcuni marrani per
prendere parte alla celebrazione del Kippur .4
Inoltre un parroco di uno dei centri di Tras-os montes nel 1852 scrive al vescovo di Braganza
denunciando la crescita di manifestazioni giudaizzanti nella comunità della propria parrocchia, non
più coperte da quella segretezza e da quella cautela del passato: testimonianza che il declino
4
Canelo, op. cit. ,pag . 69
2
dell'Inquisizione aveva prodotto una diminuzione dei timori e incoraggiava ad uscire allo scoperto,
ma contemporaneamente che le autorità ecclesiastiche erano a conoscenza del fenomeno tollerato in
una certa misura proprio perché nascosto.5
All'inizio del XX due circostanze consentirono di prendere di nuovo contatto con tale realtà:
“L'opera di riscatto” iniziata da Arthur Barrios Basto, che scelse di avviare a Oporto un'attività di
istruzione storica e religiosa dei marrani per il ritorno in seno al giudaismo ortodosso, e i contatti
dell'ingegnere polacco Schwarz con la comunità marrana di Belmonte che documentarono, dopo
aver superato le non poche resistenze dei marrani, il fenomeno dal punto di vista sociale e religioso,
e permisero la trascrizione di quanto fino ad allora le donne avevano tramandato oralmente, le
credenze, i riti e le preghiere della comunità locale .
Ma la coraggiosa iniziativa di Barrios Basto, che forse pagò la sua scelta con accuse che ne misero
in discussione la sua integrità morale, e la attenta ricognizione dell'ingegner Schwartz, portarono a
intuire che il fenomeno era molto più esteso di quanto si sarebbe potuto credere: non confinato
nella sola Belmonte esso coinvolgeva molti centri del nord del paese, dove forse le comunità
avevano potuto mantenere dei legami più stabili al loro interno, e le vittime causate
dall'Inquisizione non erano riuscite del tutto a sradicare la religiosità dei discendenti dei cristiani
nuovi.
Di certo col passar del tempo la religiosità si era modificata molto rispetto all'ortodossia ebraica e la
contiguità forzata con il cristianesimo aveva dato vita ad una religione sincretistica in cui i testi
utilizzati per la liturgia erano prevalentemente quelli comuni al Vecchio e al Nuovo Testamento (in
particolare i salmi), la lingua era il portoghese, essendosi conservato della lingua ebraica il solo
nome Adonai che veniva solennemente pronunciato accostando la mano agli occhi; solo i gesti ed i
riti legati alle feste mantenevano una maggiore aderenza all'ebraismo: in particolare il rituale di
Pesach , il digiuno di Kippur e “La festa della regina Esther”, ovviamente più sentita per l'esempio
di dissimulazione della propria identità che il personaggio biblico, l'ebrea Hadassà, divenuta regina
di Persia, costituiva per loro.6
Con la caduta del regime di Salazar, nel 1975 gli studi si intensificarono, molte famiglie superarono
la ritrosia e cominciarono ad abbandonare l'idea di una religione che era da praticare solo se in
clandestinità: il rituale della preparazione del pane azzimo venne nel 1988 filmato e acquisito dal
museo della diaspora di Tel Aviv: furono avviati i contatti con le comunità ebraiche d'Europa e di
Israele di cui fino a pochi decenni prima si ignorava l'esistenza (credendo i marrani di Belmonte di
essere gli unici ebrei del mondo) e iniziarono le prime conversioni per entrare nel giudaismo
ortodosso.
Molti anziani non abbandonarono tuttavia la tradizione in cui erano stati allevati: dopo aver
abbandonato la partecipazione al culto cattolico tuttavia non vollero entrare a far parte del
giudaismo ortodosso, documentando in tal modo la forza di una tradizione che nel corso del tempo
era stata modellata segretamente tra mille difficoltà ed era difficile da catalogare: era una religione
intima, della casa, della famiglia e del gruppo. Come un composto chimico irreversibile non era
facile nelle coscienze distinguere stratificazioni e sovrapposizioni per tornare automaticamente
cinquecento anni indietro: la religione marrana, nata dall'incontro-scontro di due fedi, aveva assunto
vita propria e aveva messo ormai radici solide che la riconquistata libertà non poteva
completamente strappare.
Un dibattito storiografico
Nel 1969 uno studioso portoghese, Antonio Jose Saraiva, pubblicò un testo “Inquisizione e cristiani
5
6
,pag .70
Per la documentazione di preghiere e riti con materiale nuovo rispetto a quello raccolto da Schwarz si
veda il capitolo III dell'opera citata di D.A.Canelo, pagg.81-157. A pag. 147 si trova un interessantissimo
esempio di preghiera, in tal caso già presente nell'opera di Schwarz, composta da 26 strofe i cui ultimi
versi formano il Padre nostro cattolico.
“
“
3
nuovi”, in cui, col supporto di fonti autorevoli 7 sostenne che l'Inquisizione del Portogallo aveva
operato con uno scopo reale ben diverso da quello dichiarato di porre fine al criptogiudaismo. Gli
Auto da fé che si erano celebrati per più di duecento anni avevano avuto lo scopo di mantenere in
vita la discriminazione dei “Cristiani nuovi” al fine di bloccare lo sviluppo della società e di
contenere un conflitto di classe in cui la borghesia avrebbe preso il sopravvento. Le idee che Sartre
aveva espresso sull'antisemitismo venivano estese alla persecuzione dei “Cristiani nuovi”da parte
del tribunale dell'Inquisizione: come Sartre aveva considerato l'ebreo un prodotto
dell'antisemitismo, così Saraiva riteneva che il marrano fosse un'invenzione dell'Inquisizione che
costringeva le sue vittime ad ammettere sotto tortura costumi e abitudini mai posseduti..8
L'opera di Saraiva , animata paradossalmente dalle stesse convinzioni secondo cui Pombal credeva
che l'abolizione di ogni distinzione tra Cristiani vecchi e nuovi avrebbe portato come conseguenza
una rapida assimilazione , non faceva i conti con alcuni dati che emergevano dalle carte dei processi
della Inquisizione: le vittime non erano solo di provenienza borghese, ma appartenevano a tutti i
ceti sociali; inoltre lo sviluppo del ceto medio della borghesia aveva investito anche la società
cristiana dove non per questo si erano verificate persecuzioni.9
La fede e la tenacia con cui i Cristiani nuovi erano rimasti legati a tradizioni che, seppur modificate
nel corso del tempo, mostravano chiaramente la loro ascendenza ebraica, non erano un
comportamento indotto dalla discriminazione sociale e religiosa (non si esclude che in un sussulto
d'orgoglio qualcuno maturasse una fede più intensa proprio nel martirio), ma avevano un'esistenza
propria e rappresentavano il bisogno di preservare la propria identità di fronte all'imposizione di
una nuova fede.
Del resto il ritorno alla pratica della religione dei padri a distanza di cento anni e più documentava
una coscienza della propria identità sopravvissuta almeno più di un secolo alle coercizioni; laddove
era data la possibilità di scegliere si verificarono ritorni nell'ortodossia ebraica fino al XVIII secolo.
Oggi
Il moderno paese nato dopo Salazar ha visto dall'ultimo decennio del secolo scorso un crescente
interesse verso le pagine di storia che riguardavano gli ebrei e i cristiani nuovi: nei centri di Tras os
montes e della Beira interior, a Belmonte in particolare, sono state riscoperte e segnalate le memorie
ebraiche, le giuderie e le vecchie sinagoghe in cui l'impianto originario era ancora riconoscibile,
sono stati edificati musei, come a Belmonte, volti a preservare le tracce del criptogiudaismo.
Certamente il paese fa i conti con tutte le pagine della sua storia, anche le più scomode, e tale scelta
non può non avere riflesso sulla presa di coscienza e del proprio passato e della propria identità,
giacché è molto probabile che un buon numero dei moderni Portoghesi abbia qualche antenato
ebreo.
Anche se i marrani, stando alle testimonianze, osservarono l'endogamia celebrando matrimoni
prevalentemente all'interno del loro gruppo, questo non sempre fu possibile, così come è
ragionevole pensare che al cadere delle distinzioni tra vecchi e nuovi cristiani, le unioni “miste” si
intensificarono.
Che la storia degli ebrei portoghesi sia una parte della storia del Portogallo intero è un dato che
sicuramente questa rinascita di interesse documenta; che l'interesse abbia dato coraggio a molti
criptogiudei di ritornare al giudaismo ortodosso è anch'esso un dato di fatto, come lo deve essere
anche la constatazione che per molti ex marrani la riscoperta della propria storia e l'acquisizione di
7 J.P. Sartre, Riflessioni sopra la cultura ebraica
8 L' opinione fu rivisitata in un'intervista al Nouvel Observateur nel 1980, nella quale il filosofo arrivò a
riconoscere al giudaismo un'identità che non dipendeva dall'antisemitismo, E. Lipiner, Os baptizados em pé,
pag. 415)
9 Una discussione più accurata delle tesi di Saraiva si trova nel capitolo O cristao-novo: mito ou realidade
dell'opera di Lipiner Os baptizados em pé, pag. 405 e segg. e nell'opera di D.A. Canelo Belmonte, Judaismo
e criptojudaismo, pag.33-44.
4
coscienza che la propria religiosità derivava dal giudaismo ortodosso non ha coinciso
automaticamente con una conversione.
La recente “Legge del ritorno” varata dal governo portoghese, come è stato osservato da alcuni
recenti commenti (Moked, Tobia Zevi, 13 Agosto 2013), sembra essere un punto d'arrivo di questo
percorso: più che un provvedimento volto a concedere la cittadinanza portoghese ai discendenti di
quanti furono costretti a partire nel 1497 e nei secoli delle persecuzioni - poiché di certo non è facile
dopo tanto tempo dimostrare sulla base del solo cognome la propria ascendenza - appare un
provvedimento riparatorio rispetto ad un passato con cui il Portogallo di oggi vuole chiudere
definitivamente.
Chiudere non nel senso di sanare il passato con un provvedimento di difficile attuazione, ma
continuare a studiare e divulgare quelle pagine di storia e creare le condizioni perché nessuno abbia
a vergognarsi della sua identità e di scelte che finalmente possono avvenire in un clima di assoluta
libertà.
Roma, agosto 2013
Claudia Di Cave
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