Industria - ARPA Lombardia

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Industria - ARPA Lombardia
Industria
L’
industria e il sistema delle piccole e medie imprese (PMI)
costituiscono la base del tessuto produttivo della Lombardia.
In regione si contano oltre 800.000 imprese attive nelle diverse sezioni di
attività economiche e il 15% di queste svolge attività manifatturiera; il 94% delle
imprese regionali, inoltre, è classificato come PMI. In Lombardia – come nel sistema nazionale –
nella manifatturiera prevalgono i settori tradizionali e a basso contenuto tecnologico: si trovano
ben rappresentate l’industria metalmeccanica, la chimica e il tessile e abbigliamento; seguono
la siderurgia, l’industria editoriale e quella del legno. Gli imprenditori lombardi eccellono nella
creazione di beni a forte specializzazione e per i quali è richiesto un intervento di adattamento
per il cliente come, ad esempio, mobilio o macchine utensili.
Uno dei punti di forza del sistema produttivo lombardo è rappresentato dai distretti industriali.
Sebbene il modello di sviluppo industriale basato sui distretti non sia esclusivamente italiano,
esso ha trovato in Italia e in particolare in Lombardia le condizioni ideali per la sua affermazione.
Ad oggi i distretti industriali in Lombardia sono 16 e si caratterizzano per l’elevata
concentrazione territoriale di piccole imprese con alta specializzazione in un determinato
settore produttivo. Nello specifico i distretti sono specializzati in tutti i comparti tradizionali del
Made in Italy, come il sistema moda e il tessile-arredamento, ma anche in quelli dove sono
dominanti le nuove tecnologie quali elettronica, automazione industriale, robotica. Le imprese
distrettuali lombarde occupano 2,2 milioni di lavoratori (corrispondente al 45% circa
dell’occupazione manifatturiera del Paese) e coinvolgono 202 comuni appartenenti a 10
province. Accanto ai distretti industriali Regione Lombardia ha riconosciuto 6 metadistretti,
con l’obiettivo principale di definire aree di eccellenza produttiva in grado di rappresentare poli
di sviluppo con un elevato potenziale tecnologico e con forti legami con il mondo della ricerca
e dell’innovazione. I 6 metadistretti individuati riguardano le biotecnologie alimentari, le
biotecnologie non alimentari, il design, la moda, i nuovi materiali e l’ICT (Information and
Communication Technology).
N
el 2007 la Lombardia ha prodotto il 20,8% del PIL nazionale e tutti gli indicatori di
reddito e ricchezza sono risultati significativamente superiori ai dati medi nazionali;
nonostante sia in atto un processo di trasformazione, la Lombardia conserva
ancora una struttura industrializzata rispetto al resto della nazione (Figura 1).
Valore aggiunto — 2007
100%
80%
60%
40%
20%
0%
Lombar dia
agricoltura
Figura 1
Italia
industria
servizi
Fonte dei dati: ISTAT
112 Segnali ambientali
Rapporto sullo Stato dell’Ambiente in Lombardia 2008-2009 113
F
Settori che determinano
i cambiamenti ambientali
Industria
Il dinamismo produttivo distribuito sul territorio – e le relative ricadute ambientali – viene
rappresentato dal numero di unità locali (U.L.): nel biennio 2005-2006 l’indicatore si presenta
sostanzialmente stabile nella maggior parte delle province lombarde (Figura 2).
Distribuzione territoriale delle U.L. manifatturiere
N
50.000
45.000
40.000
35.000
L’
acqua viene utilizzata nelle attività manifatturiere per numerosi
processi (come il lavaggio, il raffreddamento, la generazione di
vapore o la solubilizzazione); a livello europeo l’industria manifatturiera usa
circa l’11% dell’acqua dolce emunta o derivata mentre a livello lombardo tale
percentuale nei primi anni del terzo millennio si attestava intorno al 6%: in questa quota è
compresa l’acqua di processo (22% circa dell’acqua usata per scopi industriali) e l’acqua
utilizzata per il raffreddamento delle centrali termoelettriche (78%). In linea generale, negli ultimi
vent’anni l’uso industriale dell’acqua si è ridotto sia a causa del relativo declino dell’industria
pesante sia grazie all’adozione di tecnologie più efficienti; le tipologie industriali che più
consumano acqua sono la chimica e la raffinazione, seguite dalla lavorazione dei metalli, della
carta e degli alimenti.
L’industria manifatturiera può ridurre il consumo idrico riciclando e riutilizzando l’acqua,
riducendo le perdite di rete, modificando alcuni cicli produttivi e adottando tecnologie più
efficienti; il decremento del consumo di acqua è già in atto in alcuni specifici settori industriali.
30.000
P
er quanto attiene le informazioni concernenti i rifiuti di origine industriale, negli
ultimi anni si registrano alcune difformità connesse con la nuova disciplina dei
rifiuti (D.Lgs. 152/2006 e s.m.i.). La raccolta dei dati relativi ai rifiuti industriali si
effettua attraverso il MUD (Modello Unico di Dichiarazione Ambientale) che – a
partire dai dati di produzione rifiuti del 2006 – vede differenziarsi rispetto al passato l’insieme
dei soggetti obbligati alla dichiarazione; il D.Lgs. 152/2006 esclude dalla dichiarazione i
produttori di rifiuti non pericolosi; i produttori di fanghi derivanti dalla potabilizzazione e da altri
25.000
20.000
15.000
10.000
5.000
0
BG
BS
CO
CR
LC
2005
Figura 2
LO
MN
MI
PV
SO
VA
Consumi elettrici nell’industria — 2007
2006
BG
Fonte dei dati: ISTAT
N
egli ultimi dieci anni le pressioni ambientali generate dal comparto produttivo sono
state sensibilmente mitigate dalle norme di prevenzione e controllo integrati: ad
F
esempio la Direttiva IPPC (Integrated Pollution Prevention and Control) – recepita
in Italia dal D.Lgs. 372/1999 – promuove l’adozione delle migliori tecniche
disponibili e impone una visione integrata del controllo delle emissioni nell’ambiente (acqua,
aria e suolo) intervenendo all’origine dei singoli processi produttivi in termini di consumo di
acqua e di energia, di emissioni in atmosfera, di contaminazione delle acque e del suolo, di
produzione di rifiuti. Se negli anni ‘90 la Direttiva IPPC si rivolgeva prevalentemente alle attività
con maggiore impatto potenziale sull’ambiente, oggi ogni attività produttiva poggia la propria
gestione sul principio della sostenibilità ambientale, vale a dire sull’obiettivo di raggiungere la
crescita economica congiuntamente alla riduzione dell’uso di risorse e della generazione di
pressioni ambientali.
BS
CO
CR
LC
Siderurgica
1.063,3 4.813,2 65,2 832,2 255,1
Metalli non ferrosi
44,1 570,5
5,3
1,9 42,7
Chimica
930,7 128,6 107,2 87,9 25,6
Materiali da costruzione 526,4 357,5 214,5 46,4 36,2
Cartaria
274,1 243,6 52,8 38,2 70,4
Alimentare
238,9 225,3 97,1 313,8 73,7
Tessile, abbigliamento
725,3 398,4 408,0 23,7 90,9
Meccanica
1.040,4 2.213,2 274,0 237,9 642,3
Mezzi di trasporto
61,8 123,8 15,0
2,6 10,5
Plastica e Gomma
636,8 449,5 167,4 38,6 133,0
Legno e Mobilio
72,5
51,3 105,4 55,7 20,2
Altre Manifatturiere
96,9
44,7 14,1 27,2
6,8
Tabella I
LO
GWh
4,0
1,3
116,1
23,1
3,9
66,1
17,8
110,2
1,8
81,8
9,3
1,9
MN
MI
PV
SO
VA
134,3 102,3
2,3 17,9 421,5
13,1 177,9 10,3 71,5 20,3
594,0 1.486,5 227,5 14,9 235,4
159,5 354,8 132,2 56,2 329,6
183,6 671,5 38,0 28,1 156,4
310,6 402,5 274,5 118,5 87,4
416,3 559,8 30,6 81,8 398,6
188,4 2.326,6 252,2 49,8 692,8
75,1
94,4
2,5
4,0 88,2
87,8 780,0 151,4 10,6 641,2
320,0 171,1 144,1 13,6 14,7
12,5
88,8 50,5
1,1 22,1
Fonte dei dati: Terna
L
e principali pressioni ambientali generate dalle attività produttive riguardano il
consumo di energia e di acqua, la produzione di rifiuti e le emissioni in atmosfera e
nelle acque.
I
I consumi finali di energia dell’industria lombarda rappresentano il 28% circa dei
consumi finali regionali; essi sono garantiti per il 43% da gas naturale e per il 45% circa da
energia elettrica.
I consumi di energia elettrica dell’industria rappresentano all’incirca il 56% dei consumi elettrici
regionali e sono diversamente distribuiti sia a livello territoriale sia come tipologia produttiva:
le province che consumano i maggiori quantitativi di energia elettrica nell’industria sono
Bergamo, Brescia e Milano; le tipologie produttive che presentano i consumi elettrici finali
maggiori sono la meccanica, la siderurgica e la chimica (Tabella I).
114 Segnali ambientali
Rapporto sullo Stato dell’Ambiente in Lombardia 2008-2009 115
Settori che determinano
i cambiamenti ambientali
Industria
trattamenti delle acque nonché dalla depurazione delle acque reflue o dall’abbattimento fumi;
i singoli produttori di imballaggi che hanno aderito al CONAI o ad altri consorzi di filiera e tutti
gli utilizzatori di imballaggi (con l’obbligo di dichiarazione che passa in capo ai consorzi). Il
correttivo disposto con il successivo D.Lgs. 16/2008 ha di nuovo modificato tipologie e
soggetti obbligati alla presentazione del MUD, reintroducendo la dichiarazione per la
produzione di rifiuti non pericolosi e allargando nel contempo la fascia di esenzione: ne risulta
che le statistiche più recenti non sono comunque confrontabili con quelle compilate prima
dell’entrata in vigore del D.Lgs. 152/2006 (Figura 3). Le modifiche legislative introdotte hanno
infatti portato nel 2006 alla perdita di oltre 5.000 dichiarazioni MUD rispetto al 2005.
L
a capacità degli impianti regionali rendono la Lombardia assolutamente
autosufficiente rispetto al recupero e allo smaltimento dei propri rifiuti speciali; le
attività di recupero spaziano dalla selezione e stoccaggio alla produzione di materie
prime seconde, rimanendo il riutilizzo dei rifiuti nel proprio ciclo produttivo la forma
di recupero più diffusa.
Il recupero di materia rappresenta circa il 60% della gestione complessiva dei rifiuti industriali
Produzione rifiuti speciali, totale e pericolosi
t
14.000.000
12.000.000
10.000.000
L’industria dell’ambiente
L’evolversi della tutela dell’ambiente determina lo sviluppo dell’eco-industria, termine che include tutte quelle
attività economiche che offrono prodotti e servizi per il controllo dell’inquinamento di acque, aria e suolo, per la
gestione dei rifiuti nonché per la gestione delle risorse.
Poiché le tipologie di attività dell’eco-industria sono in continua trasformazione, risulta problematica una
connotazione definitiva utile per la classificazione e il conteggio; lo specifico rapporto del 2006 della Commissione
Europea distingue due categorie principali: la gestione dell’inquinamento e la gestione delle risorse. Nella prima
categoria sono comprese tutte le attività connesse con la gestione dei rifiuti solidi, il trattamento delle acque
reflue, il contenimento dell’inquinamento atmosferico, la bonifica del suolo e del sottosuolo, il controllo di rumore
e vibrazioni, il monitoraggio ambientale, la ricerca ambientale, la componente pubblica e privata dedicata alle
problematiche ambientali. La gestione delle risorse comprende invece tutte le attività connesse con la distribuzione
dell’acqua, il riutilizzo e il riciclaggio dei materiali, la produzione di energia da fonti rinnovabili, la protezione
della natura e l’edilizia ecologica.
Nel 2004 il fatturato nazionale dell’eco-industria si è attestato intorno a 19,2 Miliardi di Euro, il 53,6% del
quale generato dalla gestione delle risorse; l’Italia era preceduta da Germania (66,1 Md €), Francia (45,8 Md €)
e Regno Unito (21,2 Md €), nazioni nelle quali prevaleva però nettamente il fatturato connesso con la gestione
dell’inquinamento. Il fatturato dell’eco-industria italiana – che rappresentava l’1,4% circa del PIL nazionale
– era generato in proporzione maggiore dalle attività connesse con la distribuzione delle risorse idriche (38,2%),
con il riutilizzo e il riciclaggio dei materiali (13,5%) e dalle società private operanti in campo ambientale
(13,0%).
Nel prossimo futuro la crescita dell’eco-industria sarà determinata principalmente dalla richiesta di adeguamento
ai dettati programmatici e normativi nazionali e comunitari; in questa ottica le eco-industrie possono essere
distinte in tre classi: le attività che traggono origine prevalentemente dalla normativa ambientale (come quelle
connesse al contenimento dell’inquinamento atmosferico), le attività che derivano dalle politiche pubbliche (ad
esempio quelle connesse alla depurazione delle acque) e le attività che derivano da nuovi obiettivi di governo
(come quelle connesse alla produzione di energia da fonti rinnovabili).
8.000.000
6.000.000
Emissioni in atmosfera da attività industriali — 2005
4.000.000
SO2
2.000.000
NOx
t/anno t/anno
0
2000
2001
2002
totale
Figura 3
2003
2004
2005
2006
pericolosi
Fonte dei dati: ARPA Lombardia
Combustione
nell’industria
Processi produttivi
Contributo dell’industria
alle emissioni totali (%)
Tabella II
mentre il recupero di energia si attesta intorno al 5%; il conferimento in discarica rappresenta
il 25% circa. Per i rifiuti industriali è quasi impossibile realizzare un bilancio netto tra gestito e
prodotto a causa dei flussi di rifiuti importati o esportati: in Lombardia l’importazione è
F
complessivamente maggiore rispetto all’esportazione a causa dell’elevata capacità degli
impianti in grado di trattare i rifiuti speciali avviati a recupero.
R
ispetto alle emissioni in atmosfera, in Lombardia il contributo dell’industria alle
emissioni regionali si presenta di un certo rilievo per gli ossidi di zolfo e d’azoto
nonché per il biossido di carbonio e il particolato; i contributi emissivi sono generati
principalmente nella fase della produzione energetica necessaria per sostenere i
diversi processi produttivi (Tabella II).
116 Segnali ambientali
COV
CH4
t/anno
t/anno
CO
CO2
8.076 27.136 4.583 1.837 13.755 11.096
3.798
39,3
3.220 13.174
16,4
6,5
N2O
t/anno kt/anno t/anno
NH3
PM2.5
PM10
PTS
t/anno
t/anno
t/anno
t/anno
749
134
963 1.355 1.948
125 23.753 4.763
44
101
418 1.014 1.211
0,4
5,2
0,2
7,4
9,0
20,7
10,8
12,3
Fonte dei dati: ARPA Lombardia
P
er quanto concerne le emissioni in acqua e in aria, nell’ambito d’applicazione della
Direttiva IPPC è stato attivato il registro INES (Inventario Nazionale delle Emissioni
e loro Sorgenti): esso contiene informazioni sulle emissioni di specifici inquinanti
provenienti da stabilimenti generalmente particolarmente significativi e facenti capo
ai principali settori produttivi. Il registro INES è il prodotto di una gestione ambientale integrata
che coinvolge governo, industrie e pubblico, cui viene garantito il diritto d’accesso alle
informazioni ambientali. In Lombardia sono presenti 1.624 attività produttive soggette alla
Direttiva IPPC: il punto qualificante di tale norma è rappresentato dal processo di innovazione
delle tecniche in uso in azienda per raggiungere sempre più elevati obiettivi di qualità
ambientale.
Rapporto sullo Stato dell’Ambiente in Lombardia 2008-2009 117
Settori che determinano
i cambiamenti ambientali
Industria
REACH (Registration, Evaluation, Authorisation
of Chemical): contenuti e sfide per l’industria chimica
O
gni organizzazione – a qualunque settore economico appartenga – può migliorare
progressivamente le proprie prestazioni ambientali anche su base volontaria
attuando un sistema di gestione ambientale. A livello europeo il sistema volontario
di ecogestione è EMAS: esso non solo richiede la formazione dei dipendenti e la loro
partecipazione attiva al processo di miglioramento ma prevede anche che le prestazioni
ambientali e i progetti di miglioramento vengano comunicati attraverso la Dichiarazione
Ambientale, documento certificato a frequenza annuale mediante il quale l’organizzazione
comunica alle parti sociali le tendenze delle proprie prestazioni ambientali.
Il numero di organizzazioni registrate EMAS (Regolamento CE 761/2001) è cresciuto
sensibilmente negli anni, arrivando a fine 2008 a circa 4.300 in Europa e a un migliaio in Italia,
nazione al terzo posto tra gli Stati Membri dopo Germania e Spagna. In Lombardia sono
presenti 120 organizzazioni registrate EMAS, di cui 43 di tipo manifatturiero (Figura 4).
Organizzazioni manifatturiere registrate EMAS – giugno 2009
Dal 1 giugno 2007 si applica in tutta l’Unione Europea il Regolamento REACH, il nuovo sistema di registrazione,
valutazione e autorizzazione delle sostanze chimiche e dei preparati; REACH – che sostituisce 40 norme
preesistenti – verrà applicato in modo scalare e prevede l’ultima scadenza nel 2018.
Fermo restando il principio di precauzione, REACH si pone due obiettivi principali: raggiungere un alto livello
di protezione della salute umana e dell’ambiente per la generazione attuale e per quella futura, e promuovere il
funzionamento efficace del mercato interno rilanciando la competitività dell’industria chimica europea.
REACH promuove quindi l’identificazione e l’eliminazione graduale delle sostanze chimiche più pericolose per
la salute e per l’ambiente e avvia una procedura comunitaria di registrazione, valutazione e autorizzazione; opera
considerando l’intero ciclo di vita delle sostanze pur richiedendo di conseguire singole registrazioni (Principio
OSOR – One Substance One Registration): valorizza quindi le interazioni fra produttori, importatori, catena di
distribuzione e utenti finali; pone in capo al proponente l’onere della dimostrazione della presenza di rischio,
esaltando la responsabilità sociale delle imprese. Il Regolamento in definitiva impegna direttamente i fabbricanti
e gli importatori a valutare i rischi derivanti dall’impiego di ogni prodotto, e a prendere le misure necessarie per
gestire qualsiasi rischio venga individuato; le sostanze chimiche saranno perciò caratterizzate da un fascicolo di
sicurezza, da scenari di esposizione e da schede di sicurezza con dati completi. Il Regolamento, inoltre, prevede
l’obbligo di informare il pubblico circa le sostanze pericolose contenute nei prodotti; prevede infine l’istituzione
di un’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) che svolge il ruolo di coordinamento tecnico-scientifico
e organizza la banca dati (parzialmente accessibile al pubblico) destinata a raccogliere e gestire i dati forniti
dall’industria attraverso la registrazione delle sostanze.
Nell’ambito del processo autorizzativo, la Commissione degli Stati Membri compila la Lista delle sostanze
candidate all’eventuale autorizzazione; le sostanze candidate sono quelle considerate di interesse prioritario ai fini
del REACH e vengono individuate in funzione della loro intrinseca pericolosità; nell’ottobre 2008 è stata
pubblicata la prima lista, contenente 15 sostanze candidate.
Regione Lombardia è stata la prima regione in Italia ad aiutare le piccole e medie imprese della filiera chimica
a ottemperare alle richieste europee, trasformando il vincolo del Regolamento REACH in una opportunità di
sviluppo sostenibile. Con D.G.R. 9528/2009 – e in ottemperanza alla L.R. 1/2007 per la competitività delle
imprese – ha approvato il bando Attivazione di misure di sostegno alle PMI per la gestione delle sostanze chimiche
di cui al Regolamento CE 1907/2006 (Reach) confermando il proprio impegno con uno stanziamento di
1.480.000 €, cui si sommano 600.000 € a carico del sistema delle Camere di Commercio lombarde. Il bando è
finalizzato all’acquisizione di determinati servizi necessari per affrontare i complessi processi che accompagnano
l’attuazione del REACH, e ha lo scopo di rafforzare la competitività delle imprese garantendo nel contempo agli
utenti la sicurezza dei prodotti, aspetto che troppo spesso è minacciato dall’uso improprio di sostanze pericolose
o dall’invasione di prodotti provenienti da Paesi extra UE, che non controllano la lavorazione né tanto meno
garantiscono la sicurezza.
Possono accedere al contributo le PMI – aventi sede operativa in Lombardia e iscritte a una Camera di Commercio –
che hanno correttamente espletato le procedure di pre-registrazione previste dal Regolamento REACH, che non
si trovano in stato di fallimento e che hanno assolto gli obblighi contributivi previsti dalle norme contrattuali e
della salute e sicurezza sul lavoro.
D
Figura 4
118 Segnali ambientali
Fonte dei dati: ARPA Lombardia
ue recenti leggi della Regione Lombardia, infine, rappresentano gli strumenti per
rivedere l’azione pubblica a sostegno del sistema economico regionale: la
L.R. 1/2007 – che individua azioni per coniugare tradizione e sviluppo promuovendo
processi virtuosi nel campo della ricerca, dell’internazionalizzazione e della
sostenibilità dello sviluppo – e la L.R. 8/2007, che completa il quadro di semplificazione e
snellimento delle procedure attraverso l’abolizione dei vincoli burocratici che appesantiscono
le procedure di ordine urbanistico, sanitario e ambientale cui le attività economiche devono
sottostare per avviare o gestire un’attività. Strumento operativo per la semplificazione dei
rapporti con le attività economiche per le quali l’esito dei procedimenti amministrativi dipenda
esclusivamente dal rispetto di norme di competenza legislativa regionale è la Dichiarazione
Inizio Attività Produttive (DIAP), che consente all’impresa di iniziare la propria attività produttiva
a partire dal giorno successivo alla presentazione della dichiarazione stessa.
Rapporto sullo Stato dell’Ambiente in Lombardia 2008-2009 119