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jg pitzipios e la sua attività fra roma e costantinopoli all`epoca di pio ix
J. G. PITZIPIOS E LA SUA ATTIVITÀ FRA ROMA
E COSTANTINOPOLI ALL’EPOCA DI PIO IX
(1848-1868)
Le Litterae ad Orientales di Pio IX del 6 gennaio 1848, con il loro invito
partito da Roma verso tutti gli ortodossi perchè volessero accostarsi alla Se­
de di Pietro, hanno segnato indubbiamente il primo inizio, in epoca contempo­
ranea, di un colloquio e a volte di una polemica destinati a giungere sino
ai giorni che viviamo. La risposta del patriarca Antimo e degli altri patriarchi
e vescovi orientali (maggio 1848) fu dura e intransigente, non senza riferi­
mento al modo affatto privo di riguardi con cui l’invito di Pio IX fu recato
a conoscenza del mondo ortodosso. Tuttavia il ghiaccio era stato rotto e qual­
che cosa cominciava a muoversi, inconsapevolmente, nelle coscienze di uo­
mini che, al di là di secolari divisioni non avevano perduto il senso profondo
dell’ unità della Chiesa.
Purtroppo, man mano che la grossa polemica religiosa ed ecclesiastica
messa in moto o accentuata dalle Litterae ad Orientales di Pio IX si allarga,
essa acquista connotati o quanto meno sottintesi politici, legati alla politica
russa in Oriente ed alle relative preoccupazioni presso la pubblica opinione
e le sfere dirigenti dell’Europa occidentale. Quella enorme cassa di risonanza
che è il mondo ortodosso — dalla Grecia ai Principati danubiani ed al resto
dei Balcani, da Costantinopoli ad Atene a Mosca e Pietroburgo a Gerusa­
lemme e al vicino Oriente — non fa che rispondere e rilanciare motivi che si
ripercuotono un po’ dovunque, con interventi vari, di vario significato ed im­
portanza. Accanto alle prese di posizione ufficiali da parte degli ambienti
ecclesiastici, sono soprattutto esponenti laici quelli che — per maggior impegno
culturale e adeguata preparazione, per il loro frequente muoversi nelle ca­
pitali dell’Occidente — sentono di dover intervenire in una polemica per di­
re una loro parola. Questa naturalmente non è sempre di chiarificazione o
di approfondimento, ma — proprio perchè giunge da laici — più spesso forte­
mente influenzata da presupposti politici : essi finiscono a volte per prendere
il sopravvento sino a snaturare i termini soprattutto religiosi del grosso pro­
blema delle relazioni fra la Chiesa di Roma e le Chiese ortodosse separate.
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Angeb Tamborra
In questo contesto non deve recare meraviglia se, accanto a uomini res­
ponsabili per sicura dottrina e forte impegno morale e religioso, si facciano
avanti, a gomitate, quasi a mettersi in mostra in modo prepotente ed inva­
dente uomini o personaggi che vanno poi a sconfinare verso posizioni da av­
venturieri od arruffoni: l’ambizione di farsi “mediatore” fra quelli che ven­
gono definiti come l’Oriente ortodosso e l’Occidente cattolico, da secoli se­
parati, non può non attirare qualche personaggio che, collocato com’è per
tradizione storica e interessi religiosi e culturali ai limiti fra i due “mondi”,
sente di potere e dover dire una propria parola. Ma il problema non può es­
sere ridotto in modo semplicistico ad un puro incontro a metà strada: esso,
invece, ha dietro di sè secoli di polemiche dottrinali e religiose, si appoggia
soprattutto ad un diverso sviluppo teologico presso le due Chiese, ad un
differente atteggiarsi della coscienza religiosa e del modo di concepire
la società ecclesiale. Ne deriva, di conseguenza, che nota dominante di
questi interventi, spesso prevalentemente pubblicistici, è di affrontare il
problema solo in superficie, di farsi dominare da preoccupazioni di ordine
politico. La scena politica dell’Ottocento, specie in questa parte dell’Europa,
dominata da tanti contrasti politici e religiosi e dove l’elemento nazionale
in ascesa esprime una propria individuazione anche attraverso l’elemento
religioso, presenta più d’uno di questi personaggi. Essi formulano proget­
ti, affacciano prospettive per il momento in cui i Turchi dovessero es­
sere allontanati definitivamente dall’Europa, con la conseguente soluzione
di quella che viene chiamata “questione d’Oriente”. Ma non trascurano an­
che il problema dei rapporti fra Costantinopoli, “Nuova Roma”, ed il mon­
do ortodosso che da essa ha avuto il suggello, da un lato, con la Roma anti­
ca del cattolicesimo e del papato.
Uno di questi personaggi, non privo di fantasia e di iniziativa, che può
essere considerato in certo modo emblematico, è senza dubbio il greco Jakovos Georgios Pitzipiòs (1802-1876). Principe, come tiene a farsi chiamare, forse
a motivo del titolo di bey ricevuto dai Turchi, egli apparteneva ad una cos­
picua famiglia dell’isola di Chio, rimasta o forse divenuta cattolica. Questa
fedeltà a Roma egli tenne a testimoniare con uno scritto del 1848, in occasio­
ne delle Litterae di Pio IX e della presa di posizione polemica dei patriarchi
orientali e di esponenti ortodossi, dal titolo: Contro gli ortodossi che hanno
scritto contro ГEnciclica di Pio IX. A Costantinopoli, dove insegnava la sua
posizione, divenne insostenibile, per cui fu costretto a trovare rifugio a Hermupolis, nelle Cicladi. Qui si dette a collaborare a periodoci e giornali, pub­
blicò il romanzo in due tomi “L'orfana di Chio o il trionfo della virtù” che ebbe
un certo successo e gli procurò il titolo di bey da parte dell’amministrazione
J. G. Pitzipiòs e la sua attività alPepoca di Pio IX
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ottomana verso cui si era mostrato sempre leale, schierandosi soprattutto con­
tro la politica russa in Oriente.
Ma la sua non doveva essere una vita facile, circondata come era dall’
ostilità dell’ ambiente ortodosso e della Chiesa di Costantinopoli per i qua­
li egli appariva poco meno che un traditore e un rinnegato, specie per quanto
veniva scrivendo sul suo periodico Le Chrétien d'Orient. Così, fra la fine del
1851 o gli inizi del 1852, decide di spostarsi verso Occidente e, come prima
tappa verso mete che potevano essere solo Roma o Parigi, nel 1852 lo trovia­
mo a Malta, proprio nel momento in cui la crisi d’Oriente comincia a delinear­
si in tutta la sua gravità.
A Malta infatti il Pitzipiòs dà alle stampe un opuscolo dal titolo La ques­
tion d'Orient sous sa vraie face che si collega con una sua fisionomia nella
enorme pubblicistica polemica e di propaganda suscitata dalla crisi d’Oriente.
A differenza di altri, attenti al semplice dato politico della questione, questo
scritto rimane particolarmente sensibile alla componente religiosa, sottoli­
neando senza mezzi termini come la politica russa in Oriente si sia sempre
servita della religione per i suoi fini politici di espansione e di influenza,
quale protettrice della Chiesa ortodossa nell’ambito dell’Impero ottomano.
Per la verità, anche le Potenze europee hanno seguito la Russia su questa stra­
da, ma — egli scrive — “les Puissances européennes auraient donc très bien
fait si, dès le commencement de ces intrigues, elles n’eussent point touché à
cette corde de la religion, après,que la Russie s’en était emparée avec tant d’
ardeur et de force..... Elles devraient tâcher seulement d’aider la perspicacité
naturelle de ces peuples, pour leur faire ouvrir les yeux et distinguer eux mê­
mes leurs vrais intérêts et leurs véritables protecteurs”1.
Idee di questo genere, fortemente critiche verso la politica delle Potenze
europee, specie Russia e Francia, che facevano servire i contrasti religiosi ed
ecclesiastici, cosi vivi in Oriente, alle proprie esigenze di espansione o di influ­
enza politica, dovevano suonare gradite alle orecchie di quanti, a Roma, guarda­
vano con apprensione agli svolgimenti della crisi. E come il Pitzipiòs era sta­
to l’unica voce in dissenso, a Costantinopoli, nel 1848, nel corso di critiche
aspre e senza mezzi termini alle Litterae di Pio IX per l’unione delle Chiese,
giusto a papa Mastai egli si rivolge fra i primi con un promemoria e con 1’
opuscolo sulla questione d’Oriente.
Secondo quando egli racconta 2, era giunto a Roma nel febbraio del
1. Opuscolo conservato nell’Archivio Segreto Vaticano (A.S.V.), Archivio di Pio IX,
fase. n. 1021.
2. Le Romanisme, Parigi 1860, pp. 391 e segg.
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Angelo Tamborra
1853, dove ebbe “de longs entretiens avec le cardinal Antonelli” che lo pre­
sentò al pontefice. “Sa Sainteté nous reçut avec bienveillance, nous écouta
avec un très vif intérêt et nous fit concevoir les espérances plus légitimes.” A
Ko IX Pitzipiòs consegna il memorandum dal titolo Considérations sur l'U­
nion de l'Église grecque à celle de Rome, 8 il cui motivo centrale è chiaro e
conseguente rispetto agli argomenti sviluppati nello scritto sulla questione
d’Oriente: poiché le grandi Potenze interessate alla questione d’Oriente trag­
gono pretesto dalle divisioni e dai contrasti storici fra la chiesa di Roma e le
Chiese ortodosse piegandoli alle proprie esigenze di predominio politico,
unico rimedio a questa situazione è il ritorno alFunica Chiesa, eliminando la
secolare separazione.
La tesi possiede una sua logica ed il Pitzipiòs intorno ad essa svolge consi­
derazioni di indubbia efficacia, dimostrando una notevole conoscenza dei
problemi, delle difficoltà, delle condizioni di crisi o quanto meno di disagio
in cui si dibatte il mondo ortodosso. Indubbiamente, in un promemoria di­
retto a Roma da cui intende sollecitare l’appoggio anche per la soluzione
della sua questione personale, di profugo, questa condizione di crisi e l’atteg­
giamento contrari a Roma vengono alquanto esagerati dal Ktzipiòs. Tut­
tavia vi sono svolte idee di indubbio interesse e di un certo potere suggestivo.
Premesso che “dès le commencement de la déplorable séparation” la
Chiesa di Roma “s’occupa sans relâche à y ramener la paix et en opérer la
réunion”, quando quella di Costantinopoli, “s’y est toujours opiniâtrement
opposée”, se questa auspicata riunione delle Chiese non si è sin qui avuta “il
s’ensuit de deux choses l’une”...“ou que les peuples soumis à la jurisdiction
spirituelle de l’Église de Constantinople sont entièrement dépourvus d’intel­
ligence”... rinunziando quindi ad ogni speranza di riunione; oppure “que les
mesures et moyens employés jusqu’aujourd’hui pour la réalisation de ce grand
but, soit l’application de ces mesures... firent toujours manquer, contre
toute attente, l’effet presque sûr d’un but combiné avec tant de soins; constam­
ment poursuivi avec tant d’efforts et de zèle depuis tant de siècles... et dans
ce cas, il serait de toute nécessité de viser à un système plus propre et plus adapté aux circonstances, aux moeurs et au caractère naturel de ces peuples
et qui saurait garantir, par son efficacité spéciale et la véridicité de ces prin­
cipes, la réalisation de ce grand but”.
Poiché gli è facile dimostrare che i Cristiani d’Oriente non sono gente stu­
pida, Ktzipiòs conclude che solo i mezzi hanno dunque fatto difetto, in quan-3
3.
A.S.V., Archivio di Pio IX, fase. n. 1021, promemoria senza data ma della fine del
1852 o del 1853.
J. G. Pitzipiàs e la sua attivila αΙΓepoca di Pio IX
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to “n’étaient pas convenables”. Se, dunque, bisogna fare in modo di “apla­
nir les difficultés”, purtroppo “l’unique écueil” sono stati “les intérêts person­
nels et l’orgueil satanique du clergé de Constantinople”, di cui il Pitzipiòs at­
tacca duramente costumi, abitudini, ignoranza.
Quanto all’avvenire ed all’azione concreta da svolgere ai fini dell’unio­
ne delle Chiese i mezzi indicati sono tutt’altro che concilianti e animati da
vera fraternità cristiana e da sentito spirito ecumenico. L’impostazione du­
ramente polemica ha, in lui, il sopravvento se si propone di pubblicare nel
suo periodico Le Chrétien d'Orient alcune sue “Lettres sur l’administration
actuelle de l’Église grecque de Constantinople, sur la conduite de son Clergé
et sur l’état social des peuples qui se trouvent sous la jurisdiction patriarcale”,
quale critica a fondo, senza mezzi termini, della Chiesa ortodossa nel suo cos­
tume contemporaneo.
Agli aspetti di fondo, più propriamente dottrinari, che hanno determi­
nato la separazione fra le due Chiese avrebbe dovuto provvedere una seconda
lettera: da essa dovevano essere messe in evidenza “les preuves bien consta­
tées que la réunion de l’Église orientale à celle de Rome avait été formellement
opérée et solennellement reconnue et executée par l’Empereur de Byzance,
le Patriarche et les Evêques de cette Église dans le Concile de Florence, sans
qu’une nouvelle séparation formelle ait eu lieu après cette réunion solennel­
le”.
L’idea di Pitzipiòs è abile e concreta e tale da poter essere accolta da Ro­
ma con particolare favore, perché solo nel ricollegarsi all’ultimo atto di unio­
ne, quello proclamato solennemente a Firenze nel 1439 alla vigilia della ca­
duta di Costantinopoli in mano ai Turchi, significava togliere di mezzo tutte
le polemiche dottrinali e teologiche che le Litterae di Pio IX avevano fatto
rinverdire, clamorosamente, al primo loro apparire. Insieme, tuttavia, tutto
questo rivelava nel Pitzipiòs una notevole carica di semplicismo, come se una
separazione di quattro secoli e le relative polemiche teologiche avessero po­
tuto essere cancellate come con una spugna, dicendo, semplicemente, di vo­
ler “tornare” a Firenze. La verità è che egli, in questa fase del suo pensiero
circa i rapporti fra Roma e Costantinopoli, si colloca sulla stessa e identica
posizione della Chiesa cattolica: di propaganda e non controversistica. Lo
dice del resto lui stesso, là dove scrive che si tratta di “une espèce de Propagan­
de”, svolta sotto l’egida di Pio IX allo scopo di riunire la Chiesa d’Oriente
con Roma.
Nè sono di poco conto, per lui, i vantaggi politici generali, specie in rap­
porto agli interessi della Francia ed alla politica di Napoleone III, quali “la
destruction radicale de l’influence spéciale de la Russie exercée sur l’Orient”,
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Angelo Tamborra
sia che essa accetti l’Unione delle Chiese, sia che invece rimanga separata da
Roma o risolvere la questione della religione del successore del re di Grecia.
Un particolare vantaggio politico dovrebbe risultare per la Francia e per Na­
poleone III che oltre a continuare nella protezione dei Luoghi Santi, si dov­
rebbe dichiarare “le Protecteur de l’Union des deux Églises.”
Come si vede, partito dalla considerazione di sottrarre i problemi religiosi
alle influenze delle grandi Potenze o, peggio, al divenire strumento di queste,
Pitzipiòs finisce per vedere nella unione delle Chiese un mezzo per diminui­
re l’influenza della Russia e veder accresciuto quella della Francia in Oriente:
cioè ne mortifica l’essenza che doveva essere soprattutto spirituale e religiosa.
Questo scadimento di valore doveva essere stato avvertito con chiarez­
za da Pio IX che di proprio pugno segnò a tergo del promemoria, l’annota­
zione significativa: “Sono state già date le disposizioni compatibili colla dig­
nità e lealtà che caratterizzano la S. Sede: ma nisi Dominus custodierit [civitatemj frustra'4. 5 In altri termini, la proposta od il programma al quanto
peregrini di Pitzipiòs venivano lasciati cadere, appunto come non conformi
alla dignità e lealtà della Sede Apostolica, rimettendo ai piani imperscrutabili
di Dio il compito di avvicinare e poi attuare la sospirata unione delle Chiese.
Nei colloqui con Pio IX e col card. Antonelli — come scriverà più tardi —
egli sviluppò l’idea che la riunione delle Chiese avrebbe servito ad allonta­
nare i Turchi dall’Europa, compiendo “infailliblement le grand but des ancien­
nes croisades”; la “salvezza” della società europea dipendeva infatti dall’im­
pegno con cui sovrani e popoli avrebbero aiutato il Sommo Pontefice ad at­
tuare “La christianisation du gouvernement de l’Empire byzantin, la réunion
de l’Église et son indépendance spirituelle de toute influence temporelle, la
emancipation de toutes les nationalités opprimés de l’Orient et d’Italie”.
Pitzipiòs aveva tratto la convinzione—che l’annotazione icastica di Pio IX ri­
vela come errata — di una intera adesione del pontefice alle sue idee e in questo
senso deve avere preso per oro colato delle semplici frasi di circostanza6.
Certo, egli si attendeva chi sa quali iniziative ed aiuti da parte della San­
ta Sede, con relativo conferimento a lui di compiti precisi nell’opera di pro­
paganda per l’unione delle Chiese e in sede politica. Ma il papato “politico”,
almeno come veniva ancora concepito in Europa, era morto da un pezzo ed
era stato definitivamente seppellito dalla allocuzione di Pio IX del 29 aprile
1848. Rimaneva, semplicemente, l’opera di propaganda a favore dell’unità della
Chiesa e a questo fine non deve essere stato difficile ottenere dal pontefice
4. La parola Civitatem, facente parte del Salmo 126, manca nell’annotazione di Pio IX.
5. J. Pitzipiòs, Le Romanisme, Parigi 1860, pp. 392-393.
J. G. Pitzipiòs e la sua attività all'epoca di Pio IX
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il consenso (che il Pitzipiòs definisce “patronato”) per creare, a Parigi, una
Société Chrétienne Orientale: qui il terzo Napoleone, nel sentirsi investito
della “missione” di proseguire l’opera del primo, si presentava in quel mo­
mento come il campione dell’Occidente cattolico contro l’Oriente ortodosso
e da lui dunque ci si potevano attendere appoggi e consensi.
A Parigi Pitzipiòs trova l’ambiente adatto per sviluppare la sua attività,
come il centro in cui convenivano da anni, quasi a porto di salvezza e luogo
da dove dare risonanza alle loro concezioni politiche, gli esponenti delle vari
emigrazioni dell’Europa orientale; soprattutto a Parigi e in Francia soggior­
navano a lungo o finiranno poi per stabilirsi i rappresentanti della migliore
nobiltà russa, di recente conversione al cattolicesimo: per il loro ardore di
neofiti essi erano i più sensibili al problema dell’unione delle Chiese, mentre
le loro cospicue relazioni con tutta la nobiltà europea li indicava come i più
indicati a mettere a fuoco nelle coscienze il complesso problema.
Proprio in questo ambiente — dove fra gli altri, intorno al salotto della
russa contessa Švetčin, si muovevano i gesuiti russi Gagarin, Martynov e
Balabin o il conte G. Šuvalov anch’egli passato al cattolicesimo e che entrerà
nei Barnabiti — il Pitzipiòs trova le condizioni favorevoli per dare una base
organizzativa alle sue idee.
Queste vengono da lui formulate nell’autunno del 1853, a Parigi, con
la creazione — almeno sulla carta — di una Société Chrétienne Orientale, il cui
Programme — pubblicato a Parigi il 12 ottobre 1853 “au bureau de la Société,
rue de Fürstenberg n.2, 1853” — fu da lui subito inviato a Pio IX con lettera
da Parigi in data 23 ottobre 1853 e.
Secondo il Programma, la Société Chrétienne Orientale ha come “objet
de ses premières opérations l’Orient, et s’occupe systématiquement et exclu­
sivement de l’unité de la foi de toutes les communions Chrétiennes de ce
pays, tout en conservant à chaque Église son propre rite, et par la du déve­
loppement moral des besoins et des intérêts sociaux de ses habitants chré­
tiens.” In concreto, l’attività della Società, nel sollecitare il ritorno al cri­
stianesimo delle origini, intende superare con questo mezzo tutta l’incrosta­
zione di polemiche teologiche e dottrinali che ha allontanato le due Chiese
della primitiva unità. “Les bases principales du système de la Société et
objets plus importants de ses opérations” sono dunque: “l’immuable con­
servation de tous les dogmes de l’Église une, Sainte, Catholique et Apos­
tolique...; la conservation de tous les anciens usages et formules particulières
à chaque rite...; le rétablissement de la hiérarchie canonique de notre Église,6
6. A.S.V., Archivio di Pio IX, fase. n. 1021.
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Angelo Tamborra
conformément aux institutions et coutumes de l’Église primitive, établies et
confirmées par tous les Conciles, et celle qu’elle existait et était observée avant
la séparation par toutes les Églises...; abolition complète de la simonie dans
les ordinations et dans l’administration des sacrements...; l’expulsion des
différentes innovations et autres abus...; la formation convenable, l’instruc­
tion et la discipline du clergé, l’éducation de la jeunesse et l’enseignement
au peuple de ses devoirs religieux et sociaux...; l’extirpation de la détestable
antipathie qui existe parmi les chrétiens des différents rites...; la propagation
en Orient des principes de l’Unité de la Foi et de ceux dela charité chrétienne
par tous les moyens possibles...; l’introduction en Orient de la morale pra­
tique de l’Évangile et de la charité chrétienne”, con l’istituzione di scuole, os­
pedali, sviluppo di attività assistenziali ecc. ; “la fondation à Paris d’une Ég­
lise du rite grec oriental, aussi que d’un collège pour les jeunes orientaux...”;
la pubblicazione, infine di opuscoli, libri e riviste per dare adeguata risonanza
agli scopi perseguiti dalla Società.
A parte l’impegno nell’eludere tutte le differenze dogmatiche, è indub­
bio che Pitzipiòs tiene a mettere l’accento su ciò che unisce le due Chiese, ri­
facendosi alla dottrina dei Concili da entrambe accettati prima della separa­
zione. È questo, a ben vedere, il punto di vista ufficiale e più volte riafferma­
to delle Chiese ortodosse, che rimangono saldamente ancorate ai primi cinque
Concili; non certo della Chiesa cattolica e non si vede per questo come il
Pitzipiòs potesse ritenere facile una durevole riconciliazione. Indubbiamente,
al di là delle divergenze dogmatiche, per lui il punto centrale è che in Oriente
si raggiunga, nelle coscienze, la consapevolezza dell’unità della fede; di più,
non diversamente dal russo P. J. Caadaev, nelle sue Lettres sur la philosophie
d'histoire è anch’egli colpito dalla “presenza” della Chiesa nell’intimo del
tessuto sociale dell’Occidente : come in Oriente, per il diverso atteggiarsi
dell’esperienza religiosa e di concepire il suo rapporto con l’uomo e con la
società, ogni intervento nel corpo sociale rimane del tutto estraneo, alla Chiesa
ortodossa preferendosi un atteggiamento mistico e contemplativo piuttosto
che pratico, cosi Pitzipiòs ritiene indispensabile che venga mutuata dalla
Chiesa Cattolica “la morale pratique de l’Evangile et de la Charité chrétienne”,
mediante l’istituzione di scuole, ospedali, l’educazione della gioventù, ‘T
enseignement au peuple de ses devoirs religieux et sociaux”; premessa di tut­
to questa doveva essere l’elevazione del clero mediante una formazione con­
veniente.
Questo aspetto del Programma della Société Chrétienne Orientale ap­
pare come il più costruttivo, rispondente com’è alle vere esigenze di popo­
lazioni le cui condizioni di vita sono al livello più basso e che, soprattutto, non
J. G. Pitzìpiòs e la sua attivila all'epoca di Pio IX
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vedono nessuna mano soccorrevole volgersi verso di sè. Nessun accostamen­
to serio fra le due Chiese poteva determinarsi in modo duraturo ove nella Chie­
sa d’Oriente mentalità, costumi, in una parola l’estraniarsi al corpo sociale
non fossero radicalmente mutati.
A Roma, negli ambienti di Propaganda Fide ci si doveva rallegrare di
queste iniziative, se appena due anni più tardi non si esitò ad avallare, con
l’autorità de nihil obstat dovuto al censore teologo Clemente Schrader S.J.
e dell’imprimatur del vice gerente F.A. Ligi Bussi, l’opera più importante del
Pitzipiòs, dal titolo L'Église orientale. Pubblicata dalla tipografia di Propa­
ganda Fide nel 1855, non senza ragione Pitzipiòs potrà nel 1860 sottolineare
l’intero consenso della Sede Apostolica, là dove scrive: “Personne ne saurait
nier que ce livre, ayant passé par ordre exprès du Saint Père par toutes les
censures ecclésiastiques et politiques de Rome, pas une des opinions qu’il
renferme n’appartient plus à son auteur. Toutes appartiennent à l’Église de
Rome par le fait même de la publication que cette Église a faite” 7.
Questo scritto — nel partire dallo studio delle circostanze storiche che
hanno condotto alla separazione fra le Chiese d’Oriente e d’Occidente — vuo­
le dimostrare la “imprescriptibilité du droit de suprématie du pape sur P
Église orientale, même d’après les seules lois civiles” (p.85). Quanto ai mez­
zi per giungere alla unità della Chiesa, essi appaiono qui affatto singolari,
in quanto ci si vuole affidare esclusivamente al “braccio secolare” dell’auto­
rità temporale dei sovrani — fossero essi il Sultano e Gran Califfo o l’Impe­
ratore di tutte le Russie — per imporre tale misura, coattivamente.
Secondo il Pitzipiòs — e non senza fondamento, visto che in tutta l’Europa
orientale l’elemento religioso-ecclesiastico è uno dei più veri e saldi elementi
di individuazione nazionale — l’antipatia esistente fra i Cristiani orientali con­
tro gli occidentali non è altro che “une tactique consacrée pour combattre
toute attaque contre la conservation de leur propre nationalité, réelle ou ima­
ginaire, et enfin la base de l’espoir de leur renaissance politique, de leur palingénésie” (p. 24). Espressione, dunque, di aspirazioni ad una ascesa che nel
passaggio verso lo Stato nazionale poteva dirsi completa solo se — secondo
il suggello di Bisanzio — una intima unione avesse caratterizzato i rapporti
fra Chiesa e Stato, questo particolarismo nazionale era tale da mettere in cri­
si i complessi plurinazionali quali l’Impero ottomano o la stessa Russia za­
rista. Di conseguenza, per Pitzipiòs, “l’unique moyen avantageux aux peu­
ples et aux gouvernements et la plus indispensable à l’union de l’Église, à la
conservation de l’Empire ottoman, à la paix générale et à l’équilibre euro­
7. J. Pitzipiòs, Le Romanisme, Parigi 1860, p. 396.
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Angelo Tamborra
péen” consiste nel costringere'“par l’autorité temporelle compétente le Patri­
arche de Constantinople de se conformer aux canons et aux institutions bien
explicites de sa propre Église et de se soumettre à l’autorité de son chef
suprême, l’Évêque de Rome, en se faisant confirmer par lui. Dans le cas con­
traire de le faire déposer par le chef de l’Église et de le remplacer par un évê­
que docile et soumis aux institutions de l’Église qu’il gouverne” (p. 44).
A questo spingono gli interessi sia dell’Impero ottomano, sia della Rus­
sia nonché quelli delle Potenze occidentali. In particolare proprio la Rus­
sia dovrebbe avere un interesse preminente per l’unione delle Chiese: essa
“par sa réunion avec l’Église de Rome serait aussi parvenue à appliquer
réellement chez elle en grande partie la principale base de son système consti­
tutif, l'unité nationale. Car ce n’est que par cette réunion qu’elle saurait ac­
complir la fusion d’une grande partie de ses sujets, que la séparation des deux
Églises continuera, tant qu’elle existera, à caractériser comme étrangers à
leur propre gouvernement, malgré l’identité de la langue, de l’éducation,
des droits et obligations et même de leur opinion” (p. 50).
Ancora una volta, dunque, Pitzipiòs mette avanti prospettive ed esi­
genze di natura politica in un delicato problema religioso quale quello dell’
unione delle Chiese, anche se giusto pochi anni prima si era rammaricato che
proprio gli interessi delle grandi Potenze continuassero a pesare in senso ne­
gativo sulle relazioni già di per sé così difficili fra Roma e le Chiese orientali
separate. Indubbiamente, il mezzo che egli indica per giungere all’unione ap­
pare piuttosto semplicistico, o per meglio dire anche offensivo non solo della
dignità dei Patriarchi orientali, ma di quella stessa del Pontefice Romano.
Quale valore vero, inequivocabile, poteva avere una unione imposta coatti­
vamente, dall’alto, da un Sultano che era anche Gran Califfo, cioè capo re­
ligioso dei credenti maomettani?
In queste condizioni, appare veramente singolare o addirittura incredi­
bile che l’opera del Pitzipiòs e lo stesso autore riscuotano il più caloroso con­
senso dalle pagine autorevoli di Civiltà Cattolica, nella recensione dedicata
a L’Église orientale dal gesuita russo p. I. S. Gagarin. Libro “degnissimo di
essere conosciuto dal pubblico”, l’autore viene paragonato al ven. Tommaso
di Gesù carmelitano scalzo ; in particolare viene giudicato come condotto “con
molta maestria” il capitolo riguardante il Concilio di Firenze, e scrive il p. Ga­
garin, “chi si faccia a leggerne il libro vedrà nel Pitzipiòs un uomo versatis­
simo negli affari e avvezzo a considerarli dal lato pratico. Egli mostra degli
uomini e delle cose d’Oriente una cognizione del tutto singolare e fondata
sull’esperienza... Ora il rimedio che egli trova ai tanti mali è il ristabilire fra
l’Oriente e l’Occidente l’antica unione e la tutelare autorità del Pontefice Ro­
J. G. Pitzipiôs e la sua attività all'epoca di Pio IX
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mano sui vescovi orientali”. Infine, nel suggerire i mezzi pratici per giungere
alla sospirata unione delle Chiese, “ci sembra — conclude il gesuita con disin­
voltura — anch’egli abbia soddisfatto compiutamente per quanto era in lui
all’officio assunto” 8.
Ora sono proprio le conclusioni pratiche del libro che dovevano per lo
meno suscitare qualche riserva nel p. Gagarin, almeno circa l’autorità ci­
vile che veniva indicata come necessaria per imporre l’unione con Roma,
cioè lo stesso Sultano. Non viene affacciata, invece, neppure una riserva, ve­
dendosi nel libro un opportuno mezzo di propaganda o quanto meno di pres­
sione nei confronti del patriarca di Costantinopoli e, in genere, verso tutti i
patriarchi orientali separati.
Intorno a queste idee, diffuse abilmente dal Pitzipiòs soprattutto nel
fresco e vivace ambiente politico e culturale di una Parigi galvanizzata dall’
impegno nella crisi d’Oriente, in Francia si cominciano a coagulare dei con­
sensi, specie dopo la vittoria ed il Congresso di Parigi del 1856. Pitzipiòs ries­
ce a trovare appoggi presso l’arcivescovo di Parigi Sibour e, riferisce il p. Ga­
garin da Parigi il 23 aprile 1856 al Preposito generale della Compagnia di
Gesù p. Pierre Beckx, “l’archevêque de Paris travaille de son côté à organiser
une oeuvre en faveur de la réunion des Orientaux; c’est Pitzipiòs qui est 1’
occasion de cette oeuvre nouvelle.”
Le riunioni si tengono in arcivescovato, presiedute dal Sibour, a cui par­
tecipa anche il p. Gagarin. Da questi incontri prendono corpo alcune idee
concrete, che però rimarranno tali : “Une revue en français ou en grec qui se­
ra rédigée par Pitzipiòs, un séminaire du rite grec à Paris, avec une chapelle
du même rite, puis enfin une église du rite grec à Constantinople” 9.
In Francia governo e pubblica opinione mostrano, riferisce il p. Gaga­
rin, particolare simpatia per queste prospettive di unione delle Chiese. “L’
opinion publique en France semble très disposée à prendre feu sur toutes ces
questions, cela arrive tant naturellement comme le résultat de la guerre et
de la paix”, che hanno galvanizzato aspirazioni e propositi, dando una ca­
rica religiosa al “messianismo” del terzo Napoleone. Quanto al Pitzipiòs, la
sua ambizione di rimanere al centro di queste iniziative, non trova — prevede
il p. Gagarin — alcuna soddisfazione; “on lui prête une oreille attentive, on
8. Civiltà Cattolica, serie 2°, vol. II, anno 1855, pp.557-568.
9. Archivio romano della Compagnia di Gesù, Francia 8, fase. VII, 3, il p. Gagarin al
Generale dei Gesuiti p. Pierre Beckx, Parigi, 23 aprile 1856.
62
Angelo Tamborra
l’informe, mais on veut faire soi-même ou par soi-même. Il est possible que
cela réussisse” 10. 11
In presenza di tutto questo complesso di iniziative e di attività pubblicistica, non poteva mancare, naturalmente, la reazione del mondo ortodos­
so che si vede quasi preso d’assalto, da più parti; e, questa volta, da un espo­
nente di quella grecità cattolica o cattolicizzante rappresentata dal Pitzipiòs,
da cui ci doveva attendere almeno un atteggiamento di maggiore rispetto
e, in ogni caso, un impegno francamente controversistico.
Chi affronta, duramente, il Pitzipiòs ed il suo volume sulla Chiesa d’
Oriente è A. S. Khomjachov, sempre pronto e sensibile di fronte a tutte le ma­
nifestazioni di pensiero religioso e politico che tocchino da vicino l’ortodos­
sia. Nel novembre del 1857, insieme ad altri scritti “latini” e protestanti, egli
prende in esame anche l’opera di Pitzipiòs e, senza mezzi termini, giudica 1’
autore “nul sous le rapport de la science” non meno che dal punto di vista mo­
rale. Come lo scritto del p. Gagarin su “La Russie sera-t-elle catholique?” gli ap­
pare come tendente a insinuare l’ombra del sospetto fra governo russo e sud­
diti, quella di Pitzipiòs è destinata, secondo lui, “à semer la discorde entre
l’ordre laïque et le clergé...”: “Ce n’est pas à un Grec latinisé de se faire
une arme contre l’Église des vices de quelques évêques ou patriarches dont
l’importance est fort médiocre, en oubliant complètement les abominations
sans nom qui ont siège pendant des siècles sur le trône au pied duquel il se
prosterne maintenant et qu’il considère comme le centre de la vérité sur la
terre. Cette attaque — conclude Khomjachov con estrema durezza e in modo
tale da lasciare veramente il segno — est donc, malgré sa justice apparente,
lâchement cruelle dans ce qu’elle exprime et bassement menteuse dans ce
qu’elle tait” n.
Per l’autorità indiscussa da cui giungeva, per la risonanza europea di
tutti gli scritti di Khomjachov, la critica del teologo e pensatore slavofilo
russo doveva aver fortemente impressionato il Pitzipiòs. Uomo di non sal­
do carattere, pronto a oscillare ed a piegarsi, la vigorosa ripresa polemica
che giunge dal mondo ortodosso attraverso gli scritti di Khomjachov, di Murav’jëv o sulle pagine vivaci e intransigenti della rivista ortodossa russa di
Parigi L'Union Chrétienne del Guettée dovevano averlo fortemente impres­
10. Archivio romano della Compagnia di Gesù, Francia 8, fase. VII, 8, il P. Gagarin
al Generale Beckx, Parigi, 18 aprile 1857.
11. Encore quelques mots par un chrétien orthodoxe sur les confessions occidentales à
l'occasion de plusieurs publications religieuses latines et protestantes (1857), ripubblicato in
L’Église latine et le protestantisme au point de vue de l'Église d’Orient, Losanna 1872, pp.
221-223.
J. G. Pitzipiàs e la sua attività all'epoca di Pio IX
63
sionato. Così, già nel 1860 cominciano i suoi ripensamenti, dovuti anche alla
sua stessa non matura e consolidata formazione religiosa e teologica. In
fondo la sua sensibilità rimane essenzialmente politica, come politiche sono
le soluzioni che egli addita per lo stesso problema delFunione delle Chiese
e di quello ben più vasto, e da vedere su altro piano, della questione d’Oriente.
Anche in ordine a quest’ultimo problema egli si muove nell’utopia, non
senza tuttavia pagare il proprio tributo di adesione a concezioni federalistiche
per l’Europa centro orientale che si inseguono da capitale a capitale, da emi­
grazione a emigrazione ormai sin dal 1848, rappresentando un lievito, un fer­
mento di notevole rilievo. Così, nel 1860 prospetta l’esigenza di attuare tre
“restaurazioni”, allo scopo di mantenere l’ordine sociale, l’equilibrio euro­
peo, una pace generale e durevole e, soprattutto, conservare e difendere la
religione cristiana:
"I.—Restauration religieuse et politique qui concerne tous les États chré­
tiens, y compris ceux de l’Italie, conformément au système synodal des Égli­
ses orientales.
II. —Restauration romaine, ou particulière à cet État et au prince évê­
que de Rome, conformément au système de séparation des deux pouvoirs.
III. —Restauration réelle de toutes les nationalités qui composent le grand
Empire byzantin, soit d’après le système de l’unité intégrale de cet empire,
soit d’après celui de sa division en confédérations ’,12.
Animato dunque dagli ideali della “grande idea” in vita dalla fine del
’ 700 di vedere ricostituito in capite et membris l’Impero bizantino, ad opera
della nazione ellenica un più esplicito ed articolato progetto di “confedera­
zione bizantina” viene messo innanzi dal Pitzipiòs nello stesso 1860 12
13.
Capitale, con statuti di città libera, doveva essere naturalmente Costanti­
nopoli, mentre la Confederazione avrebbe dovuto articolarsi, in Europa con
gli Stati della Dacia, slavo, greco, e delle Isole dell’arcipelago; in Africa, con
gli stati egiziani e tunisino, quest’ultimo comprendente anche il vilayet di
Tripoli; in Asia, con gli Stati della Ionia (comprendente i greci d’Asia minore),
ebraico comprendente tutta la Palestina, quello dell’antica Colchide.
Ma sono, questi, idee e progetti veramente utopistici, che mentre con­
siderano l’esigenza di offrire una soluzione a problemi nazionali sempre più
pressanti, esigono il definitivo allontanamento dei Turchi dall’Europa, dal
Vicino Oriente e dall’Africa: un evento che tarderà a prodursi, compiuta­
12. Le Romanisme, Parigi 1860, p. 446.
13. La question d'Orient en I860 ou la grande crise de l'Empire byzantin, Parigi 1860, p.
152 e segg.
64
Angelo Tamborra
mente, oltre un cinquantennio ma che sono in molti, in Europa in quel mo­
mento, a ritenere già a portata di mano.
A parte queste idee dirette a offrire una nuova soluzione alla questione
d’Oriente, ciò che stacca da Roma il Pitzipiòs è il fatto che la Sede Apostoli­
ca — lungi dal collocarsi su di un piano francamente controversistico ad af­
frontare con la Chiesa ortodossa una discussione teologica e dottrinale —
preferisce continuare sulla strada consueta, imboccata sin dal ’600, del pro­
selitismo. Proprio in questo torno di tempo l’attività dei missionari cattolici
nei Balcani — dai Cappuccini ai Lazzaristi, dai Resurrezionisti polacchi ai
Passionisti ecc. — stava recando i suoi frutti, il più vistoso dei quali sarà rap­
presentato dal passaggio di Bulgari di Costantinopoli, col vescovo Josip So­
kolski, al cattolicesimo nel 1861. Pitzipiòs cerca di opporsi come può a ques­
ta impostazione data da Propaganda Fide ai rapporti con gli Ortodossi se­
parati. “Nous nous empressâmes de soumettre donc à ce sujet, scrive nel 1860,
nos observations au souverain pontife. Bien plus, nous exigeâmes que les
nombreux missionnaires dispersés dans l’Orient cessassent leurs prétendues
conversions parmi les chrétiens de ce pays, attendu que ces conversions étai­
ent diamétralement opposées au sens et à la lettre du livre publié par ordre du
Saint-Père. Mais tous nos efforts échouèrent devant la résistance la plus opi­
niâtre et les intrigues les plus perfides” 14.
Indubbiamente questo atteggiamento aveva una sua logica, perchè non
si poteva, da parte della Sede Apostolica, puntare contemporaneamente sul­
la carta dell’unione delle Chiese e su quella della pura e semplice conversione
delle popolazioni, a mezzo dell’attività missionaria: la seconda (che era poi
quella prevalente, più vistosa e che suscitava maggiori reazioni e più cocenti
rimproveri da parte degli ortodossi) escludeva la prima o quanto meno la
metteva necessariamente in crisi. Occorreva dunque decidersi ed imboccare
una strada nuova. Ma questo avverrà un secolo più tardi, con Giovanni
XXIII e Paolo VI, dopo il Concilio Vaticano II.
Oramai la polemica di Pitzipiòs contro Pio IX e contro la Chiesa di Ro­
ma era aperta. Ad aggravarla giunse la Bolla del 6 gennaio 1862 che, sulla
linea delle Litterae del 6 gennaio 1848, continuava ad esortare i cristiani orto­
dossi separati a ritornare alla comunione con Roma, assicurando la conser­
vazione dei riti, il mantenimento della gerarchia ecc. Di qui la singolare rea­
zione del Pitzipiòs che, montatosi veramente la testa, il 2/14 giugno 1862 pub­
blica a Bucarest Tuna “Enciclica” diretta ai membri della “Société Chrétienne
Orientale”. In essa il Pitzipiòs, considerato che Pio IX ha “violé” con i propri
14. J. Pitzipiòs, Le Romanisme, cit. p. 448.
J. G. Pitzipiôs e la sua attività all’epoca di Pio IX
65
atti il programma, i regolamenti ed i principi della Società, ha “osé attaquer”
1’esistenza stessa della Associazione “en publiant sa bulle antichrétienne du
6 janvier 1862, par laquelle il s’efforce de provoquer des disputes religieuses
et de nouveaux déchirements dans le sein de l’Église Universelle, Catholique
et Apostolique de Constantinople...”, per tutte queste ragioni ritiene “con­
venable d’expulser le Pape Pie IX du sein de la Société Chrétienne Orientale
et de déclarer, de fait et de droit, étranger à tous ses membres et en dehors de
cette barque de salut de l’Église Universelle, Catholique et Apostolique...”.
Naturalmente respinge nel modo più assoluto la “pretesa” del Sommo Pon­
tefice di essere il Vicario di Cristo in terra e capo assoluto della Chiesa, e, in
relazione all’attività di proselitismo svolta dalla Chiesa cattolica presso gli
orientali separati, si chiede perchè la Chiesa d’Oriente non debba avere i suoi
“Latins-Unis”, come la Chiesa d’Occidente ha i suoi “Grecs-Unis” 15. 16
Questa
idea, lanciata nel mondo ortodosso, trova subito sulla ortodossa Union
Chrétienne di Parigi chi la rilancia col più caloroso consenso, attraverso un
articolo di Wladimir P. del 21 settembre 1862. E questo non può recare me­
raviglia vista che lo stesso fondatore e direttore del periodico, il padre Guet­
tée, è un “latino” passato all’ortodossia attraverso certa sua posizione gian­
senista.
Ormai nella impossibilità di svolgere qualche cosa di valido nel campo
dell’unione delle Chiese nel centro della cattolicità, Pitzipiòs si trasferisce
a Torino. Non si sa ben con quali appoggi, egli vi “risuscita” o dice di ricos­
tituire la Società Cristiana Orientale e il 18 gennaio 1864 giusto a Torino —
che in quel torno di tempo era diventata forse più che Parigi o Londra il centro
più attivo e vivace di incontro e di cospirazione degli emigrati dall’Europa
centro-orientalele — vi pubblica il Programma 17.
Esso ricalca le linee di quello che vide la luce a Parigi nel 1853, continua
a sottolineare l’impegno di tutti i soci “affine di lavorare insieme alla grande
opera della Unione di tutte le Comunità cristiane”, ma è indubbiamente
più preciso circa i mezzi cui far fronte a questo scopo; soprattutto, mostra
di possedere uno spirito irenico ancora più accentuato, anche se poi si finisce
per mettere nelTombra o addirittura ignorare tutte le questioni teologiche,
dottrinali, di giurisdizione ecclesiastica ecc. sempre sul tappeto. Cosi, dichia-
15. Encyclique du dirècteur général de la Société Chrétienne Orientale adressée à mes­
sieurs les membres de cette Société, Bucarest, Imprimerie de A. Ulrich, 1862, p. 4 e segg.
16. Cfr. A. Tamborra, Imbro I. Tkalac e l’Italia, Roma 1966.
17. Programma della Società Cristiana Orientale, Torino 1864 all’Officio della Società,
Via Saluzzo n.3 piano 3°.
i
66
Angelo Tamborra
ra esplicitamente che “nè la nazionalità, nè i principi politici, nè le opinioni
personali sopra questioni riguardanti l’amministrazione della Chiesa, ov­
vero le sue relazioni collo Stato, potranno essere mai di ostacolo ad un Cris­
tiano per addivenire membro della Società...; che la Società non vede nei suoi
membri nè Greci, nè Latini, nè Legittimisti, nè Repubblicani, nè Ultramonta­
ni, nè Liberali, nè difensori, nè nemici del potere temporale! Ella non vede
che cristiani riuniti per i vincoli della Fede, della Carità e della Tolleranza
che la religione commanda per lavorare in comune a prevenire la distruzione
dei principi del Cristianesimo colla riunione di tutte le comunioni cristiane
in una sola Chiesa, e col miglioramento dello stato politico e sociale dei popoli”.
Prevista infine la creazione di un periodico religioso, politico e lettera­
rio sotto il titolo di Rivista d’Oriente e d’Occidente — quasi a sottolineare, ap­
punto, l’impegno di conciliazione fra i due “mondi” nonché di dare vita
a Torino e in tutti i paesi ad un comitato di dame, il paragrafo XII del Pro­
gramma è quello che segnerà la definitiva rottura con Roma. Infatti, con gran­
de candore, constatato che il voto formulato nel Programma del 1853 circa
la fondazione a Parigi di ima Chiesa di rito greco-orientale “si è pienamente
compiuto, mercè le cure del governo di S.M. l’Imperatore di Russia e le contri­
buzioni dei cristiani di questo rito domiciliati in Parigi”, dichiarava non
più occuparsi del progetto di questa fondazione e di pensare, invece “ai mez­
zi onde erigere una tal chiesa in Torino, essendo questa Tunica delle grandi
città dell’Occidente ove non esista, nonché una chiesa, tampoco una cap­
pella di rito Greco-Orienrale”.
Era veramente il colmo che si intendesse creare un equivoco fra “rito”
e “chiesa” e che la chiesa russa di Parigi, eretta nel 1861, anche per le insis­
tenze dell’abate Guettée non senza lo scopo di evitare le conversioni di rus­
si al cattolicesimo, potesse ritenersi appartenente alla Chiesa già unita. Nel­
la sua impudenza — o illusione — il Pitzipiòs giunge ad avvicinare a Parigi il
Cesare Tondini de’Quarenghi, barnabita che da anni a Parigi, a Londra, in
Germania, Belgio ed in Italia conduceva una intensa azione per l’unione del­
le Chiese. Oltre a proporgli l’acquisto di molti esemplari dell’opera L'Église
Orientale, pubblicata a Roma col consenso di Pio IX nel 1855, lo invita an­
che ad aderire alla Società Cristiana Orientale. Il p. Tondini ne volle, natu­
ralmente, vedere il Programma e gli saltò subito agli occhi che “la Chiesa di
rito greco-orientale di cui si paria è la Chiesa scismatica russa”. E “questo,
scrive egli al Proposito generale p. Alessandro Teppa il 22 maggio 1868, non
era certamente il voto di Pio IX”. Le informazioni assunte sono poi le peg­
giori: a Bucarest ove risiedette per qualche tempo vi scrisse contro la Chiesa
Cattolica (appunto l'Enciclica che espelleva Pio IX dalla Società Cristiana
J. G. Pitzipìàs e la sua attivila all'epoca di Pio IX
Gl
Orientale); fu in Russia e mantiene rapporti con vari esponenti del governo
russo, pare infine che abbia bisogno di danaro”. Le conclusioni sono ovvie:
poiché “v’ha in lui qualcosa che esige la più grande prudenza in chi entra in
rapporti con lui... tutto sommato conto tenermene lontano”18
19.
In realtà se sull’inizio da Roma gli era stato dato un certo credito, de­
rivante dalla illusione che per l’unione delle Chiese fossero sufficienti appel­
li adeguati o azione missionaria, alla fine il Pitzipiòs si rivela per quello che
effettivamente è, un confusionario pronto a giocare sull’equivoco e a pensare
addirittura di trascinare con se la Santa Sede e quanti degli esponenti religiosi
cattolici sentono la missione di dedicarsi all’opera di conciliazione con gli
Orientali separati. La condizione di esule che si affida ad espedienti ed agli in­
troiti di una incerta attività pubblicistica, nonché certa propensione all’equi­
voco, devono averlo indotto ad assumere posizioni sempre meno chiare.
Tuttavia, egli non si rende conto di come il suo prestigio sia scaduto e
si illude sempre di risalire la china e di poter svolgere quella funzione di “me­
diatore” fra l’Oriente ortodosso e l’Occidente cattolico alla quale ritiene di
essere chiamato. Così, in presenza della convocazione del Concilio Vatica­
no e della lettera inviata agli Orientali separati da Pio IX perchè vi interven­
gano, di fronte al loro prevedibile rifiuto non esita a offrire i suoi servigi al­
la Santa Sede: come “devoir” da compiere quale cristiano d’Oriente e per la
parte “très active” avuta per anni nei problemi di relazione con la Chie­
sa cattolica, “je possède — scrive egli al Segretario di Stato card. Antonelli,
il 20 ottobre 1868 — la précieuse et seule clef de l’unique porte par laquelle
le Saint Siège pourrait sortir triomphant du labyrinthe actuel autrement
sans issue”. Per questo, passando sopra a talune “mésintelligences du
passé entre quelques membres de l’Église de Rome et moi”, chiede al Segre­
tario di Stato di sottoporgli le proprie idee “face à face”, pregandolo di invi­
argli per il viaggio ed il soggiorno a Roma una somma di 200 scudi.
Ma il Pitzipiòs è ormai ben conosciuto per quello che è: la sua lettera
riceve dal card. Antonelli l’annotazione tagliente e senza equivoci : “Non me­
rita alcuna risposta” ie. A lui non rimane che uscire definitivamente da una
scena di grande prestigio e di significato storico e religioso, quale quella dei
18. Archivio Storico dei Barnabiti, Roma, Carte Tondini, Lettere al Preposito Gene­
rale p. Alessandro Teppa, fascio I 1867, Tondini al p. Teppa, Parigi 22 maggio 1868.
19. A.S.V., Segreteria di Stato, Rubrica 284, fase. 4, 1868, Particolari esteri, prot. n.
5379, Jacques G. Pitzipiòs al Segretario di Stato card. Antonelli, Marsiglia, 20 ottobre
1868.
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Angelo Tamborra
problemi di relazione fra la Chiesa cattolica e quella ortodossa: dopo esser­
si illuso per tanti anni di esercitarvi un ruolo da protagonista, scompariva
dietro le quinte come semplice comparsa.
Università di Perugia
ANGELO TAMBORRA
ERRATUM
Page 69, Title, line 4 : read : XIX 6 instead : XXI e