jg pitzipios e la sua attività fra roma e costantinopoli all`epoca di pio ix
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J. G. PITZIPIOS E LA SUA ATTIVITÀ FRA ROMA E COSTANTINOPOLI ALL’EPOCA DI PIO IX (1848-1868) Le Litterae ad Orientales di Pio IX del 6 gennaio 1848, con il loro invito partito da Roma verso tutti gli ortodossi perchè volessero accostarsi alla Se de di Pietro, hanno segnato indubbiamente il primo inizio, in epoca contempo ranea, di un colloquio e a volte di una polemica destinati a giungere sino ai giorni che viviamo. La risposta del patriarca Antimo e degli altri patriarchi e vescovi orientali (maggio 1848) fu dura e intransigente, non senza riferi mento al modo affatto privo di riguardi con cui l’invito di Pio IX fu recato a conoscenza del mondo ortodosso. Tuttavia il ghiaccio era stato rotto e qual che cosa cominciava a muoversi, inconsapevolmente, nelle coscienze di uo mini che, al di là di secolari divisioni non avevano perduto il senso profondo dell’ unità della Chiesa. Purtroppo, man mano che la grossa polemica religiosa ed ecclesiastica messa in moto o accentuata dalle Litterae ad Orientales di Pio IX si allarga, essa acquista connotati o quanto meno sottintesi politici, legati alla politica russa in Oriente ed alle relative preoccupazioni presso la pubblica opinione e le sfere dirigenti dell’Europa occidentale. Quella enorme cassa di risonanza che è il mondo ortodosso — dalla Grecia ai Principati danubiani ed al resto dei Balcani, da Costantinopoli ad Atene a Mosca e Pietroburgo a Gerusa lemme e al vicino Oriente — non fa che rispondere e rilanciare motivi che si ripercuotono un po’ dovunque, con interventi vari, di vario significato ed im portanza. Accanto alle prese di posizione ufficiali da parte degli ambienti ecclesiastici, sono soprattutto esponenti laici quelli che — per maggior impegno culturale e adeguata preparazione, per il loro frequente muoversi nelle ca pitali dell’Occidente — sentono di dover intervenire in una polemica per di re una loro parola. Questa naturalmente non è sempre di chiarificazione o di approfondimento, ma — proprio perchè giunge da laici — più spesso forte mente influenzata da presupposti politici : essi finiscono a volte per prendere il sopravvento sino a snaturare i termini soprattutto religiosi del grosso pro blema delle relazioni fra la Chiesa di Roma e le Chiese ortodosse separate. 52 Angeb Tamborra In questo contesto non deve recare meraviglia se, accanto a uomini res ponsabili per sicura dottrina e forte impegno morale e religioso, si facciano avanti, a gomitate, quasi a mettersi in mostra in modo prepotente ed inva dente uomini o personaggi che vanno poi a sconfinare verso posizioni da av venturieri od arruffoni: l’ambizione di farsi “mediatore” fra quelli che ven gono definiti come l’Oriente ortodosso e l’Occidente cattolico, da secoli se parati, non può non attirare qualche personaggio che, collocato com’è per tradizione storica e interessi religiosi e culturali ai limiti fra i due “mondi”, sente di potere e dover dire una propria parola. Ma il problema non può es sere ridotto in modo semplicistico ad un puro incontro a metà strada: esso, invece, ha dietro di sè secoli di polemiche dottrinali e religiose, si appoggia soprattutto ad un diverso sviluppo teologico presso le due Chiese, ad un differente atteggiarsi della coscienza religiosa e del modo di concepire la società ecclesiale. Ne deriva, di conseguenza, che nota dominante di questi interventi, spesso prevalentemente pubblicistici, è di affrontare il problema solo in superficie, di farsi dominare da preoccupazioni di ordine politico. La scena politica dell’Ottocento, specie in questa parte dell’Europa, dominata da tanti contrasti politici e religiosi e dove l’elemento nazionale in ascesa esprime una propria individuazione anche attraverso l’elemento religioso, presenta più d’uno di questi personaggi. Essi formulano proget ti, affacciano prospettive per il momento in cui i Turchi dovessero es sere allontanati definitivamente dall’Europa, con la conseguente soluzione di quella che viene chiamata “questione d’Oriente”. Ma non trascurano an che il problema dei rapporti fra Costantinopoli, “Nuova Roma”, ed il mon do ortodosso che da essa ha avuto il suggello, da un lato, con la Roma anti ca del cattolicesimo e del papato. Uno di questi personaggi, non privo di fantasia e di iniziativa, che può essere considerato in certo modo emblematico, è senza dubbio il greco Jakovos Georgios Pitzipiòs (1802-1876). Principe, come tiene a farsi chiamare, forse a motivo del titolo di bey ricevuto dai Turchi, egli apparteneva ad una cos picua famiglia dell’isola di Chio, rimasta o forse divenuta cattolica. Questa fedeltà a Roma egli tenne a testimoniare con uno scritto del 1848, in occasio ne delle Litterae di Pio IX e della presa di posizione polemica dei patriarchi orientali e di esponenti ortodossi, dal titolo: Contro gli ortodossi che hanno scritto contro ГEnciclica di Pio IX. A Costantinopoli, dove insegnava la sua posizione, divenne insostenibile, per cui fu costretto a trovare rifugio a Hermupolis, nelle Cicladi. Qui si dette a collaborare a periodoci e giornali, pub blicò il romanzo in due tomi “L'orfana di Chio o il trionfo della virtù” che ebbe un certo successo e gli procurò il titolo di bey da parte dell’amministrazione J. G. Pitzipiòs e la sua attività alPepoca di Pio IX 53 ottomana verso cui si era mostrato sempre leale, schierandosi soprattutto con tro la politica russa in Oriente. Ma la sua non doveva essere una vita facile, circondata come era dall’ ostilità dell’ ambiente ortodosso e della Chiesa di Costantinopoli per i qua li egli appariva poco meno che un traditore e un rinnegato, specie per quanto veniva scrivendo sul suo periodico Le Chrétien d'Orient. Così, fra la fine del 1851 o gli inizi del 1852, decide di spostarsi verso Occidente e, come prima tappa verso mete che potevano essere solo Roma o Parigi, nel 1852 lo trovia mo a Malta, proprio nel momento in cui la crisi d’Oriente comincia a delinear si in tutta la sua gravità. A Malta infatti il Pitzipiòs dà alle stampe un opuscolo dal titolo La ques tion d'Orient sous sa vraie face che si collega con una sua fisionomia nella enorme pubblicistica polemica e di propaganda suscitata dalla crisi d’Oriente. A differenza di altri, attenti al semplice dato politico della questione, questo scritto rimane particolarmente sensibile alla componente religiosa, sottoli neando senza mezzi termini come la politica russa in Oriente si sia sempre servita della religione per i suoi fini politici di espansione e di influenza, quale protettrice della Chiesa ortodossa nell’ambito dell’Impero ottomano. Per la verità, anche le Potenze europee hanno seguito la Russia su questa stra da, ma — egli scrive — “les Puissances européennes auraient donc très bien fait si, dès le commencement de ces intrigues, elles n’eussent point touché à cette corde de la religion, après,que la Russie s’en était emparée avec tant d’ ardeur et de force..... Elles devraient tâcher seulement d’aider la perspicacité naturelle de ces peuples, pour leur faire ouvrir les yeux et distinguer eux mê mes leurs vrais intérêts et leurs véritables protecteurs”1. Idee di questo genere, fortemente critiche verso la politica delle Potenze europee, specie Russia e Francia, che facevano servire i contrasti religiosi ed ecclesiastici, cosi vivi in Oriente, alle proprie esigenze di espansione o di influ enza politica, dovevano suonare gradite alle orecchie di quanti, a Roma, guarda vano con apprensione agli svolgimenti della crisi. E come il Pitzipiòs era sta to l’unica voce in dissenso, a Costantinopoli, nel 1848, nel corso di critiche aspre e senza mezzi termini alle Litterae di Pio IX per l’unione delle Chiese, giusto a papa Mastai egli si rivolge fra i primi con un promemoria e con 1’ opuscolo sulla questione d’Oriente. Secondo quando egli racconta 2, era giunto a Roma nel febbraio del 1. Opuscolo conservato nell’Archivio Segreto Vaticano (A.S.V.), Archivio di Pio IX, fase. n. 1021. 2. Le Romanisme, Parigi 1860, pp. 391 e segg. 54 Angelo Tamborra 1853, dove ebbe “de longs entretiens avec le cardinal Antonelli” che lo pre sentò al pontefice. “Sa Sainteté nous reçut avec bienveillance, nous écouta avec un très vif intérêt et nous fit concevoir les espérances plus légitimes.” A Ko IX Pitzipiòs consegna il memorandum dal titolo Considérations sur l'U nion de l'Église grecque à celle de Rome, 8 il cui motivo centrale è chiaro e conseguente rispetto agli argomenti sviluppati nello scritto sulla questione d’Oriente: poiché le grandi Potenze interessate alla questione d’Oriente trag gono pretesto dalle divisioni e dai contrasti storici fra la chiesa di Roma e le Chiese ortodosse piegandoli alle proprie esigenze di predominio politico, unico rimedio a questa situazione è il ritorno alFunica Chiesa, eliminando la secolare separazione. La tesi possiede una sua logica ed il Pitzipiòs intorno ad essa svolge consi derazioni di indubbia efficacia, dimostrando una notevole conoscenza dei problemi, delle difficoltà, delle condizioni di crisi o quanto meno di disagio in cui si dibatte il mondo ortodosso. Indubbiamente, in un promemoria di retto a Roma da cui intende sollecitare l’appoggio anche per la soluzione della sua questione personale, di profugo, questa condizione di crisi e l’atteg giamento contrari a Roma vengono alquanto esagerati dal Ktzipiòs. Tut tavia vi sono svolte idee di indubbio interesse e di un certo potere suggestivo. Premesso che “dès le commencement de la déplorable séparation” la Chiesa di Roma “s’occupa sans relâche à y ramener la paix et en opérer la réunion”, quando quella di Costantinopoli, “s’y est toujours opiniâtrement opposée”, se questa auspicata riunione delle Chiese non si è sin qui avuta “il s’ensuit de deux choses l’une”...“ou que les peuples soumis à la jurisdiction spirituelle de l’Église de Constantinople sont entièrement dépourvus d’intel ligence”... rinunziando quindi ad ogni speranza di riunione; oppure “que les mesures et moyens employés jusqu’aujourd’hui pour la réalisation de ce grand but, soit l’application de ces mesures... firent toujours manquer, contre toute attente, l’effet presque sûr d’un but combiné avec tant de soins; constam ment poursuivi avec tant d’efforts et de zèle depuis tant de siècles... et dans ce cas, il serait de toute nécessité de viser à un système plus propre et plus adapté aux circonstances, aux moeurs et au caractère naturel de ces peuples et qui saurait garantir, par son efficacité spéciale et la véridicité de ces prin cipes, la réalisation de ce grand but”. Poiché gli è facile dimostrare che i Cristiani d’Oriente non sono gente stu pida, Ktzipiòs conclude che solo i mezzi hanno dunque fatto difetto, in quan-3 3. A.S.V., Archivio di Pio IX, fase. n. 1021, promemoria senza data ma della fine del 1852 o del 1853. J. G. Pitzipiàs e la sua attivila αΙΓepoca di Pio IX 55 to “n’étaient pas convenables”. Se, dunque, bisogna fare in modo di “apla nir les difficultés”, purtroppo “l’unique écueil” sono stati “les intérêts person nels et l’orgueil satanique du clergé de Constantinople”, di cui il Pitzipiòs at tacca duramente costumi, abitudini, ignoranza. Quanto all’avvenire ed all’azione concreta da svolgere ai fini dell’unio ne delle Chiese i mezzi indicati sono tutt’altro che concilianti e animati da vera fraternità cristiana e da sentito spirito ecumenico. L’impostazione du ramente polemica ha, in lui, il sopravvento se si propone di pubblicare nel suo periodico Le Chrétien d'Orient alcune sue “Lettres sur l’administration actuelle de l’Église grecque de Constantinople, sur la conduite de son Clergé et sur l’état social des peuples qui se trouvent sous la jurisdiction patriarcale”, quale critica a fondo, senza mezzi termini, della Chiesa ortodossa nel suo cos tume contemporaneo. Agli aspetti di fondo, più propriamente dottrinari, che hanno determi nato la separazione fra le due Chiese avrebbe dovuto provvedere una seconda lettera: da essa dovevano essere messe in evidenza “les preuves bien consta tées que la réunion de l’Église orientale à celle de Rome avait été formellement opérée et solennellement reconnue et executée par l’Empereur de Byzance, le Patriarche et les Evêques de cette Église dans le Concile de Florence, sans qu’une nouvelle séparation formelle ait eu lieu après cette réunion solennel le”. L’idea di Pitzipiòs è abile e concreta e tale da poter essere accolta da Ro ma con particolare favore, perché solo nel ricollegarsi all’ultimo atto di unio ne, quello proclamato solennemente a Firenze nel 1439 alla vigilia della ca duta di Costantinopoli in mano ai Turchi, significava togliere di mezzo tutte le polemiche dottrinali e teologiche che le Litterae di Pio IX avevano fatto rinverdire, clamorosamente, al primo loro apparire. Insieme, tuttavia, tutto questo rivelava nel Pitzipiòs una notevole carica di semplicismo, come se una separazione di quattro secoli e le relative polemiche teologiche avessero po tuto essere cancellate come con una spugna, dicendo, semplicemente, di vo ler “tornare” a Firenze. La verità è che egli, in questa fase del suo pensiero circa i rapporti fra Roma e Costantinopoli, si colloca sulla stessa e identica posizione della Chiesa cattolica: di propaganda e non controversistica. Lo dice del resto lui stesso, là dove scrive che si tratta di “une espèce de Propagan de”, svolta sotto l’egida di Pio IX allo scopo di riunire la Chiesa d’Oriente con Roma. Nè sono di poco conto, per lui, i vantaggi politici generali, specie in rap porto agli interessi della Francia ed alla politica di Napoleone III, quali “la destruction radicale de l’influence spéciale de la Russie exercée sur l’Orient”, 56 Angelo Tamborra sia che essa accetti l’Unione delle Chiese, sia che invece rimanga separata da Roma o risolvere la questione della religione del successore del re di Grecia. Un particolare vantaggio politico dovrebbe risultare per la Francia e per Na poleone III che oltre a continuare nella protezione dei Luoghi Santi, si dov rebbe dichiarare “le Protecteur de l’Union des deux Églises.” Come si vede, partito dalla considerazione di sottrarre i problemi religiosi alle influenze delle grandi Potenze o, peggio, al divenire strumento di queste, Pitzipiòs finisce per vedere nella unione delle Chiese un mezzo per diminui re l’influenza della Russia e veder accresciuto quella della Francia in Oriente: cioè ne mortifica l’essenza che doveva essere soprattutto spirituale e religiosa. Questo scadimento di valore doveva essere stato avvertito con chiarez za da Pio IX che di proprio pugno segnò a tergo del promemoria, l’annota zione significativa: “Sono state già date le disposizioni compatibili colla dig nità e lealtà che caratterizzano la S. Sede: ma nisi Dominus custodierit [civitatemj frustra'4. 5 In altri termini, la proposta od il programma al quanto peregrini di Pitzipiòs venivano lasciati cadere, appunto come non conformi alla dignità e lealtà della Sede Apostolica, rimettendo ai piani imperscrutabili di Dio il compito di avvicinare e poi attuare la sospirata unione delle Chiese. Nei colloqui con Pio IX e col card. Antonelli — come scriverà più tardi — egli sviluppò l’idea che la riunione delle Chiese avrebbe servito ad allonta nare i Turchi dall’Europa, compiendo “infailliblement le grand but des ancien nes croisades”; la “salvezza” della società europea dipendeva infatti dall’im pegno con cui sovrani e popoli avrebbero aiutato il Sommo Pontefice ad at tuare “La christianisation du gouvernement de l’Empire byzantin, la réunion de l’Église et son indépendance spirituelle de toute influence temporelle, la emancipation de toutes les nationalités opprimés de l’Orient et d’Italie”. Pitzipiòs aveva tratto la convinzione—che l’annotazione icastica di Pio IX ri vela come errata — di una intera adesione del pontefice alle sue idee e in questo senso deve avere preso per oro colato delle semplici frasi di circostanza6. Certo, egli si attendeva chi sa quali iniziative ed aiuti da parte della San ta Sede, con relativo conferimento a lui di compiti precisi nell’opera di pro paganda per l’unione delle Chiese e in sede politica. Ma il papato “politico”, almeno come veniva ancora concepito in Europa, era morto da un pezzo ed era stato definitivamente seppellito dalla allocuzione di Pio IX del 29 aprile 1848. Rimaneva, semplicemente, l’opera di propaganda a favore dell’unità della Chiesa e a questo fine non deve essere stato difficile ottenere dal pontefice 4. La parola Civitatem, facente parte del Salmo 126, manca nell’annotazione di Pio IX. 5. J. Pitzipiòs, Le Romanisme, Parigi 1860, pp. 392-393. J. G. Pitzipiòs e la sua attività all'epoca di Pio IX 57 il consenso (che il Pitzipiòs definisce “patronato”) per creare, a Parigi, una Société Chrétienne Orientale: qui il terzo Napoleone, nel sentirsi investito della “missione” di proseguire l’opera del primo, si presentava in quel mo mento come il campione dell’Occidente cattolico contro l’Oriente ortodosso e da lui dunque ci si potevano attendere appoggi e consensi. A Parigi Pitzipiòs trova l’ambiente adatto per sviluppare la sua attività, come il centro in cui convenivano da anni, quasi a porto di salvezza e luogo da dove dare risonanza alle loro concezioni politiche, gli esponenti delle vari emigrazioni dell’Europa orientale; soprattutto a Parigi e in Francia soggior navano a lungo o finiranno poi per stabilirsi i rappresentanti della migliore nobiltà russa, di recente conversione al cattolicesimo: per il loro ardore di neofiti essi erano i più sensibili al problema dell’unione delle Chiese, mentre le loro cospicue relazioni con tutta la nobiltà europea li indicava come i più indicati a mettere a fuoco nelle coscienze il complesso problema. Proprio in questo ambiente — dove fra gli altri, intorno al salotto della russa contessa Švetčin, si muovevano i gesuiti russi Gagarin, Martynov e Balabin o il conte G. Šuvalov anch’egli passato al cattolicesimo e che entrerà nei Barnabiti — il Pitzipiòs trova le condizioni favorevoli per dare una base organizzativa alle sue idee. Queste vengono da lui formulate nell’autunno del 1853, a Parigi, con la creazione — almeno sulla carta — di una Société Chrétienne Orientale, il cui Programme — pubblicato a Parigi il 12 ottobre 1853 “au bureau de la Société, rue de Fürstenberg n.2, 1853” — fu da lui subito inviato a Pio IX con lettera da Parigi in data 23 ottobre 1853 e. Secondo il Programma, la Société Chrétienne Orientale ha come “objet de ses premières opérations l’Orient, et s’occupe systématiquement et exclu sivement de l’unité de la foi de toutes les communions Chrétiennes de ce pays, tout en conservant à chaque Église son propre rite, et par la du déve loppement moral des besoins et des intérêts sociaux de ses habitants chré tiens.” In concreto, l’attività della Società, nel sollecitare il ritorno al cri stianesimo delle origini, intende superare con questo mezzo tutta l’incrosta zione di polemiche teologiche e dottrinali che ha allontanato le due Chiese della primitiva unità. “Les bases principales du système de la Société et objets plus importants de ses opérations” sono dunque: “l’immuable con servation de tous les dogmes de l’Église une, Sainte, Catholique et Apos tolique...; la conservation de tous les anciens usages et formules particulières à chaque rite...; le rétablissement de la hiérarchie canonique de notre Église,6 6. A.S.V., Archivio di Pio IX, fase. n. 1021. 58 Angelo Tamborra conformément aux institutions et coutumes de l’Église primitive, établies et confirmées par tous les Conciles, et celle qu’elle existait et était observée avant la séparation par toutes les Églises...; abolition complète de la simonie dans les ordinations et dans l’administration des sacrements...; l’expulsion des différentes innovations et autres abus...; la formation convenable, l’instruc tion et la discipline du clergé, l’éducation de la jeunesse et l’enseignement au peuple de ses devoirs religieux et sociaux...; l’extirpation de la détestable antipathie qui existe parmi les chrétiens des différents rites...; la propagation en Orient des principes de l’Unité de la Foi et de ceux dela charité chrétienne par tous les moyens possibles...; l’introduction en Orient de la morale pra tique de l’Évangile et de la charité chrétienne”, con l’istituzione di scuole, os pedali, sviluppo di attività assistenziali ecc. ; “la fondation à Paris d’une Ég lise du rite grec oriental, aussi que d’un collège pour les jeunes orientaux...”; la pubblicazione, infine di opuscoli, libri e riviste per dare adeguata risonanza agli scopi perseguiti dalla Società. A parte l’impegno nell’eludere tutte le differenze dogmatiche, è indub bio che Pitzipiòs tiene a mettere l’accento su ciò che unisce le due Chiese, ri facendosi alla dottrina dei Concili da entrambe accettati prima della separa zione. È questo, a ben vedere, il punto di vista ufficiale e più volte riafferma to delle Chiese ortodosse, che rimangono saldamente ancorate ai primi cinque Concili; non certo della Chiesa cattolica e non si vede per questo come il Pitzipiòs potesse ritenere facile una durevole riconciliazione. Indubbiamente, al di là delle divergenze dogmatiche, per lui il punto centrale è che in Oriente si raggiunga, nelle coscienze, la consapevolezza dell’unità della fede; di più, non diversamente dal russo P. J. Caadaev, nelle sue Lettres sur la philosophie d'histoire è anch’egli colpito dalla “presenza” della Chiesa nell’intimo del tessuto sociale dell’Occidente : come in Oriente, per il diverso atteggiarsi dell’esperienza religiosa e di concepire il suo rapporto con l’uomo e con la società, ogni intervento nel corpo sociale rimane del tutto estraneo, alla Chiesa ortodossa preferendosi un atteggiamento mistico e contemplativo piuttosto che pratico, cosi Pitzipiòs ritiene indispensabile che venga mutuata dalla Chiesa Cattolica “la morale pratique de l’Evangile et de la Charité chrétienne”, mediante l’istituzione di scuole, ospedali, l’educazione della gioventù, ‘T enseignement au peuple de ses devoirs religieux et sociaux”; premessa di tut to questa doveva essere l’elevazione del clero mediante una formazione con veniente. Questo aspetto del Programma della Société Chrétienne Orientale ap pare come il più costruttivo, rispondente com’è alle vere esigenze di popo lazioni le cui condizioni di vita sono al livello più basso e che, soprattutto, non J. G. Pitzìpiòs e la sua attivila all'epoca di Pio IX 59 vedono nessuna mano soccorrevole volgersi verso di sè. Nessun accostamen to serio fra le due Chiese poteva determinarsi in modo duraturo ove nella Chie sa d’Oriente mentalità, costumi, in una parola l’estraniarsi al corpo sociale non fossero radicalmente mutati. A Roma, negli ambienti di Propaganda Fide ci si doveva rallegrare di queste iniziative, se appena due anni più tardi non si esitò ad avallare, con l’autorità de nihil obstat dovuto al censore teologo Clemente Schrader S.J. e dell’imprimatur del vice gerente F.A. Ligi Bussi, l’opera più importante del Pitzipiòs, dal titolo L'Église orientale. Pubblicata dalla tipografia di Propa ganda Fide nel 1855, non senza ragione Pitzipiòs potrà nel 1860 sottolineare l’intero consenso della Sede Apostolica, là dove scrive: “Personne ne saurait nier que ce livre, ayant passé par ordre exprès du Saint Père par toutes les censures ecclésiastiques et politiques de Rome, pas une des opinions qu’il renferme n’appartient plus à son auteur. Toutes appartiennent à l’Église de Rome par le fait même de la publication que cette Église a faite” 7. Questo scritto — nel partire dallo studio delle circostanze storiche che hanno condotto alla separazione fra le Chiese d’Oriente e d’Occidente — vuo le dimostrare la “imprescriptibilité du droit de suprématie du pape sur P Église orientale, même d’après les seules lois civiles” (p.85). Quanto ai mez zi per giungere alla unità della Chiesa, essi appaiono qui affatto singolari, in quanto ci si vuole affidare esclusivamente al “braccio secolare” dell’auto rità temporale dei sovrani — fossero essi il Sultano e Gran Califfo o l’Impe ratore di tutte le Russie — per imporre tale misura, coattivamente. Secondo il Pitzipiòs — e non senza fondamento, visto che in tutta l’Europa orientale l’elemento religioso-ecclesiastico è uno dei più veri e saldi elementi di individuazione nazionale — l’antipatia esistente fra i Cristiani orientali con tro gli occidentali non è altro che “une tactique consacrée pour combattre toute attaque contre la conservation de leur propre nationalité, réelle ou ima ginaire, et enfin la base de l’espoir de leur renaissance politique, de leur palingénésie” (p. 24). Espressione, dunque, di aspirazioni ad una ascesa che nel passaggio verso lo Stato nazionale poteva dirsi completa solo se — secondo il suggello di Bisanzio — una intima unione avesse caratterizzato i rapporti fra Chiesa e Stato, questo particolarismo nazionale era tale da mettere in cri si i complessi plurinazionali quali l’Impero ottomano o la stessa Russia za rista. Di conseguenza, per Pitzipiòs, “l’unique moyen avantageux aux peu ples et aux gouvernements et la plus indispensable à l’union de l’Église, à la conservation de l’Empire ottoman, à la paix générale et à l’équilibre euro 7. J. Pitzipiòs, Le Romanisme, Parigi 1860, p. 396. 60 Angelo Tamborra péen” consiste nel costringere'“par l’autorité temporelle compétente le Patri arche de Constantinople de se conformer aux canons et aux institutions bien explicites de sa propre Église et de se soumettre à l’autorité de son chef suprême, l’Évêque de Rome, en se faisant confirmer par lui. Dans le cas con traire de le faire déposer par le chef de l’Église et de le remplacer par un évê que docile et soumis aux institutions de l’Église qu’il gouverne” (p. 44). A questo spingono gli interessi sia dell’Impero ottomano, sia della Rus sia nonché quelli delle Potenze occidentali. In particolare proprio la Rus sia dovrebbe avere un interesse preminente per l’unione delle Chiese: essa “par sa réunion avec l’Église de Rome serait aussi parvenue à appliquer réellement chez elle en grande partie la principale base de son système consti tutif, l'unité nationale. Car ce n’est que par cette réunion qu’elle saurait ac complir la fusion d’une grande partie de ses sujets, que la séparation des deux Églises continuera, tant qu’elle existera, à caractériser comme étrangers à leur propre gouvernement, malgré l’identité de la langue, de l’éducation, des droits et obligations et même de leur opinion” (p. 50). Ancora una volta, dunque, Pitzipiòs mette avanti prospettive ed esi genze di natura politica in un delicato problema religioso quale quello dell’ unione delle Chiese, anche se giusto pochi anni prima si era rammaricato che proprio gli interessi delle grandi Potenze continuassero a pesare in senso ne gativo sulle relazioni già di per sé così difficili fra Roma e le Chiese orientali separate. Indubbiamente, il mezzo che egli indica per giungere all’unione ap pare piuttosto semplicistico, o per meglio dire anche offensivo non solo della dignità dei Patriarchi orientali, ma di quella stessa del Pontefice Romano. Quale valore vero, inequivocabile, poteva avere una unione imposta coatti vamente, dall’alto, da un Sultano che era anche Gran Califfo, cioè capo re ligioso dei credenti maomettani? In queste condizioni, appare veramente singolare o addirittura incredi bile che l’opera del Pitzipiòs e lo stesso autore riscuotano il più caloroso con senso dalle pagine autorevoli di Civiltà Cattolica, nella recensione dedicata a L’Église orientale dal gesuita russo p. I. S. Gagarin. Libro “degnissimo di essere conosciuto dal pubblico”, l’autore viene paragonato al ven. Tommaso di Gesù carmelitano scalzo ; in particolare viene giudicato come condotto “con molta maestria” il capitolo riguardante il Concilio di Firenze, e scrive il p. Ga garin, “chi si faccia a leggerne il libro vedrà nel Pitzipiòs un uomo versatis simo negli affari e avvezzo a considerarli dal lato pratico. Egli mostra degli uomini e delle cose d’Oriente una cognizione del tutto singolare e fondata sull’esperienza... Ora il rimedio che egli trova ai tanti mali è il ristabilire fra l’Oriente e l’Occidente l’antica unione e la tutelare autorità del Pontefice Ro J. G. Pitzipiôs e la sua attività all'epoca di Pio IX 61 mano sui vescovi orientali”. Infine, nel suggerire i mezzi pratici per giungere alla sospirata unione delle Chiese, “ci sembra — conclude il gesuita con disin voltura — anch’egli abbia soddisfatto compiutamente per quanto era in lui all’officio assunto” 8. Ora sono proprio le conclusioni pratiche del libro che dovevano per lo meno suscitare qualche riserva nel p. Gagarin, almeno circa l’autorità ci vile che veniva indicata come necessaria per imporre l’unione con Roma, cioè lo stesso Sultano. Non viene affacciata, invece, neppure una riserva, ve dendosi nel libro un opportuno mezzo di propaganda o quanto meno di pres sione nei confronti del patriarca di Costantinopoli e, in genere, verso tutti i patriarchi orientali separati. Intorno a queste idee, diffuse abilmente dal Pitzipiòs soprattutto nel fresco e vivace ambiente politico e culturale di una Parigi galvanizzata dall’ impegno nella crisi d’Oriente, in Francia si cominciano a coagulare dei con sensi, specie dopo la vittoria ed il Congresso di Parigi del 1856. Pitzipiòs ries ce a trovare appoggi presso l’arcivescovo di Parigi Sibour e, riferisce il p. Ga garin da Parigi il 23 aprile 1856 al Preposito generale della Compagnia di Gesù p. Pierre Beckx, “l’archevêque de Paris travaille de son côté à organiser une oeuvre en faveur de la réunion des Orientaux; c’est Pitzipiòs qui est 1’ occasion de cette oeuvre nouvelle.” Le riunioni si tengono in arcivescovato, presiedute dal Sibour, a cui par tecipa anche il p. Gagarin. Da questi incontri prendono corpo alcune idee concrete, che però rimarranno tali : “Une revue en français ou en grec qui se ra rédigée par Pitzipiòs, un séminaire du rite grec à Paris, avec une chapelle du même rite, puis enfin une église du rite grec à Constantinople” 9. In Francia governo e pubblica opinione mostrano, riferisce il p. Gaga rin, particolare simpatia per queste prospettive di unione delle Chiese. “L’ opinion publique en France semble très disposée à prendre feu sur toutes ces questions, cela arrive tant naturellement comme le résultat de la guerre et de la paix”, che hanno galvanizzato aspirazioni e propositi, dando una ca rica religiosa al “messianismo” del terzo Napoleone. Quanto al Pitzipiòs, la sua ambizione di rimanere al centro di queste iniziative, non trova — prevede il p. Gagarin — alcuna soddisfazione; “on lui prête une oreille attentive, on 8. Civiltà Cattolica, serie 2°, vol. II, anno 1855, pp.557-568. 9. Archivio romano della Compagnia di Gesù, Francia 8, fase. VII, 3, il p. Gagarin al Generale dei Gesuiti p. Pierre Beckx, Parigi, 23 aprile 1856. 62 Angelo Tamborra l’informe, mais on veut faire soi-même ou par soi-même. Il est possible que cela réussisse” 10. 11 In presenza di tutto questo complesso di iniziative e di attività pubblicistica, non poteva mancare, naturalmente, la reazione del mondo ortodos so che si vede quasi preso d’assalto, da più parti; e, questa volta, da un espo nente di quella grecità cattolica o cattolicizzante rappresentata dal Pitzipiòs, da cui ci doveva attendere almeno un atteggiamento di maggiore rispetto e, in ogni caso, un impegno francamente controversistico. Chi affronta, duramente, il Pitzipiòs ed il suo volume sulla Chiesa d’ Oriente è A. S. Khomjachov, sempre pronto e sensibile di fronte a tutte le ma nifestazioni di pensiero religioso e politico che tocchino da vicino l’ortodos sia. Nel novembre del 1857, insieme ad altri scritti “latini” e protestanti, egli prende in esame anche l’opera di Pitzipiòs e, senza mezzi termini, giudica 1’ autore “nul sous le rapport de la science” non meno che dal punto di vista mo rale. Come lo scritto del p. Gagarin su “La Russie sera-t-elle catholique?” gli ap pare come tendente a insinuare l’ombra del sospetto fra governo russo e sud diti, quella di Pitzipiòs è destinata, secondo lui, “à semer la discorde entre l’ordre laïque et le clergé...”: “Ce n’est pas à un Grec latinisé de se faire une arme contre l’Église des vices de quelques évêques ou patriarches dont l’importance est fort médiocre, en oubliant complètement les abominations sans nom qui ont siège pendant des siècles sur le trône au pied duquel il se prosterne maintenant et qu’il considère comme le centre de la vérité sur la terre. Cette attaque — conclude Khomjachov con estrema durezza e in modo tale da lasciare veramente il segno — est donc, malgré sa justice apparente, lâchement cruelle dans ce qu’elle exprime et bassement menteuse dans ce qu’elle tait” n. Per l’autorità indiscussa da cui giungeva, per la risonanza europea di tutti gli scritti di Khomjachov, la critica del teologo e pensatore slavofilo russo doveva aver fortemente impressionato il Pitzipiòs. Uomo di non sal do carattere, pronto a oscillare ed a piegarsi, la vigorosa ripresa polemica che giunge dal mondo ortodosso attraverso gli scritti di Khomjachov, di Murav’jëv o sulle pagine vivaci e intransigenti della rivista ortodossa russa di Parigi L'Union Chrétienne del Guettée dovevano averlo fortemente impres 10. Archivio romano della Compagnia di Gesù, Francia 8, fase. VII, 8, il P. Gagarin al Generale Beckx, Parigi, 18 aprile 1857. 11. Encore quelques mots par un chrétien orthodoxe sur les confessions occidentales à l'occasion de plusieurs publications religieuses latines et protestantes (1857), ripubblicato in L’Église latine et le protestantisme au point de vue de l'Église d’Orient, Losanna 1872, pp. 221-223. J. G. Pitzipiàs e la sua attività all'epoca di Pio IX 63 sionato. Così, già nel 1860 cominciano i suoi ripensamenti, dovuti anche alla sua stessa non matura e consolidata formazione religiosa e teologica. In fondo la sua sensibilità rimane essenzialmente politica, come politiche sono le soluzioni che egli addita per lo stesso problema delFunione delle Chiese e di quello ben più vasto, e da vedere su altro piano, della questione d’Oriente. Anche in ordine a quest’ultimo problema egli si muove nell’utopia, non senza tuttavia pagare il proprio tributo di adesione a concezioni federalistiche per l’Europa centro orientale che si inseguono da capitale a capitale, da emi grazione a emigrazione ormai sin dal 1848, rappresentando un lievito, un fer mento di notevole rilievo. Così, nel 1860 prospetta l’esigenza di attuare tre “restaurazioni”, allo scopo di mantenere l’ordine sociale, l’equilibrio euro peo, una pace generale e durevole e, soprattutto, conservare e difendere la religione cristiana: "I.—Restauration religieuse et politique qui concerne tous les États chré tiens, y compris ceux de l’Italie, conformément au système synodal des Égli ses orientales. II. —Restauration romaine, ou particulière à cet État et au prince évê que de Rome, conformément au système de séparation des deux pouvoirs. III. —Restauration réelle de toutes les nationalités qui composent le grand Empire byzantin, soit d’après le système de l’unité intégrale de cet empire, soit d’après celui de sa division en confédérations ’,12. Animato dunque dagli ideali della “grande idea” in vita dalla fine del ’ 700 di vedere ricostituito in capite et membris l’Impero bizantino, ad opera della nazione ellenica un più esplicito ed articolato progetto di “confedera zione bizantina” viene messo innanzi dal Pitzipiòs nello stesso 1860 12 13. Capitale, con statuti di città libera, doveva essere naturalmente Costanti nopoli, mentre la Confederazione avrebbe dovuto articolarsi, in Europa con gli Stati della Dacia, slavo, greco, e delle Isole dell’arcipelago; in Africa, con gli stati egiziani e tunisino, quest’ultimo comprendente anche il vilayet di Tripoli; in Asia, con gli Stati della Ionia (comprendente i greci d’Asia minore), ebraico comprendente tutta la Palestina, quello dell’antica Colchide. Ma sono, questi, idee e progetti veramente utopistici, che mentre con siderano l’esigenza di offrire una soluzione a problemi nazionali sempre più pressanti, esigono il definitivo allontanamento dei Turchi dall’Europa, dal Vicino Oriente e dall’Africa: un evento che tarderà a prodursi, compiuta 12. Le Romanisme, Parigi 1860, p. 446. 13. La question d'Orient en I860 ou la grande crise de l'Empire byzantin, Parigi 1860, p. 152 e segg. 64 Angelo Tamborra mente, oltre un cinquantennio ma che sono in molti, in Europa in quel mo mento, a ritenere già a portata di mano. A parte queste idee dirette a offrire una nuova soluzione alla questione d’Oriente, ciò che stacca da Roma il Pitzipiòs è il fatto che la Sede Apostoli ca — lungi dal collocarsi su di un piano francamente controversistico ad af frontare con la Chiesa ortodossa una discussione teologica e dottrinale — preferisce continuare sulla strada consueta, imboccata sin dal ’600, del pro selitismo. Proprio in questo torno di tempo l’attività dei missionari cattolici nei Balcani — dai Cappuccini ai Lazzaristi, dai Resurrezionisti polacchi ai Passionisti ecc. — stava recando i suoi frutti, il più vistoso dei quali sarà rap presentato dal passaggio di Bulgari di Costantinopoli, col vescovo Josip So kolski, al cattolicesimo nel 1861. Pitzipiòs cerca di opporsi come può a ques ta impostazione data da Propaganda Fide ai rapporti con gli Ortodossi se parati. “Nous nous empressâmes de soumettre donc à ce sujet, scrive nel 1860, nos observations au souverain pontife. Bien plus, nous exigeâmes que les nombreux missionnaires dispersés dans l’Orient cessassent leurs prétendues conversions parmi les chrétiens de ce pays, attendu que ces conversions étai ent diamétralement opposées au sens et à la lettre du livre publié par ordre du Saint-Père. Mais tous nos efforts échouèrent devant la résistance la plus opi niâtre et les intrigues les plus perfides” 14. Indubbiamente questo atteggiamento aveva una sua logica, perchè non si poteva, da parte della Sede Apostolica, puntare contemporaneamente sul la carta dell’unione delle Chiese e su quella della pura e semplice conversione delle popolazioni, a mezzo dell’attività missionaria: la seconda (che era poi quella prevalente, più vistosa e che suscitava maggiori reazioni e più cocenti rimproveri da parte degli ortodossi) escludeva la prima o quanto meno la metteva necessariamente in crisi. Occorreva dunque decidersi ed imboccare una strada nuova. Ma questo avverrà un secolo più tardi, con Giovanni XXIII e Paolo VI, dopo il Concilio Vaticano II. Oramai la polemica di Pitzipiòs contro Pio IX e contro la Chiesa di Ro ma era aperta. Ad aggravarla giunse la Bolla del 6 gennaio 1862 che, sulla linea delle Litterae del 6 gennaio 1848, continuava ad esortare i cristiani orto dossi separati a ritornare alla comunione con Roma, assicurando la conser vazione dei riti, il mantenimento della gerarchia ecc. Di qui la singolare rea zione del Pitzipiòs che, montatosi veramente la testa, il 2/14 giugno 1862 pub blica a Bucarest Tuna “Enciclica” diretta ai membri della “Société Chrétienne Orientale”. In essa il Pitzipiòs, considerato che Pio IX ha “violé” con i propri 14. J. Pitzipiòs, Le Romanisme, cit. p. 448. J. G. Pitzipiôs e la sua attività all’epoca di Pio IX 65 atti il programma, i regolamenti ed i principi della Società, ha “osé attaquer” 1’esistenza stessa della Associazione “en publiant sa bulle antichrétienne du 6 janvier 1862, par laquelle il s’efforce de provoquer des disputes religieuses et de nouveaux déchirements dans le sein de l’Église Universelle, Catholique et Apostolique de Constantinople...”, per tutte queste ragioni ritiene “con venable d’expulser le Pape Pie IX du sein de la Société Chrétienne Orientale et de déclarer, de fait et de droit, étranger à tous ses membres et en dehors de cette barque de salut de l’Église Universelle, Catholique et Apostolique...”. Naturalmente respinge nel modo più assoluto la “pretesa” del Sommo Pon tefice di essere il Vicario di Cristo in terra e capo assoluto della Chiesa, e, in relazione all’attività di proselitismo svolta dalla Chiesa cattolica presso gli orientali separati, si chiede perchè la Chiesa d’Oriente non debba avere i suoi “Latins-Unis”, come la Chiesa d’Occidente ha i suoi “Grecs-Unis” 15. 16 Questa idea, lanciata nel mondo ortodosso, trova subito sulla ortodossa Union Chrétienne di Parigi chi la rilancia col più caloroso consenso, attraverso un articolo di Wladimir P. del 21 settembre 1862. E questo non può recare me raviglia vista che lo stesso fondatore e direttore del periodico, il padre Guet tée, è un “latino” passato all’ortodossia attraverso certa sua posizione gian senista. Ormai nella impossibilità di svolgere qualche cosa di valido nel campo dell’unione delle Chiese nel centro della cattolicità, Pitzipiòs si trasferisce a Torino. Non si sa ben con quali appoggi, egli vi “risuscita” o dice di ricos tituire la Società Cristiana Orientale e il 18 gennaio 1864 giusto a Torino — che in quel torno di tempo era diventata forse più che Parigi o Londra il centro più attivo e vivace di incontro e di cospirazione degli emigrati dall’Europa centro-orientalele — vi pubblica il Programma 17. Esso ricalca le linee di quello che vide la luce a Parigi nel 1853, continua a sottolineare l’impegno di tutti i soci “affine di lavorare insieme alla grande opera della Unione di tutte le Comunità cristiane”, ma è indubbiamente più preciso circa i mezzi cui far fronte a questo scopo; soprattutto, mostra di possedere uno spirito irenico ancora più accentuato, anche se poi si finisce per mettere nelTombra o addirittura ignorare tutte le questioni teologiche, dottrinali, di giurisdizione ecclesiastica ecc. sempre sul tappeto. Cosi, dichia- 15. Encyclique du dirècteur général de la Société Chrétienne Orientale adressée à mes sieurs les membres de cette Société, Bucarest, Imprimerie de A. Ulrich, 1862, p. 4 e segg. 16. Cfr. A. Tamborra, Imbro I. Tkalac e l’Italia, Roma 1966. 17. Programma della Società Cristiana Orientale, Torino 1864 all’Officio della Società, Via Saluzzo n.3 piano 3°. i 66 Angelo Tamborra ra esplicitamente che “nè la nazionalità, nè i principi politici, nè le opinioni personali sopra questioni riguardanti l’amministrazione della Chiesa, ov vero le sue relazioni collo Stato, potranno essere mai di ostacolo ad un Cris tiano per addivenire membro della Società...; che la Società non vede nei suoi membri nè Greci, nè Latini, nè Legittimisti, nè Repubblicani, nè Ultramonta ni, nè Liberali, nè difensori, nè nemici del potere temporale! Ella non vede che cristiani riuniti per i vincoli della Fede, della Carità e della Tolleranza che la religione commanda per lavorare in comune a prevenire la distruzione dei principi del Cristianesimo colla riunione di tutte le comunioni cristiane in una sola Chiesa, e col miglioramento dello stato politico e sociale dei popoli”. Prevista infine la creazione di un periodico religioso, politico e lettera rio sotto il titolo di Rivista d’Oriente e d’Occidente — quasi a sottolineare, ap punto, l’impegno di conciliazione fra i due “mondi” nonché di dare vita a Torino e in tutti i paesi ad un comitato di dame, il paragrafo XII del Pro gramma è quello che segnerà la definitiva rottura con Roma. Infatti, con gran de candore, constatato che il voto formulato nel Programma del 1853 circa la fondazione a Parigi di ima Chiesa di rito greco-orientale “si è pienamente compiuto, mercè le cure del governo di S.M. l’Imperatore di Russia e le contri buzioni dei cristiani di questo rito domiciliati in Parigi”, dichiarava non più occuparsi del progetto di questa fondazione e di pensare, invece “ai mez zi onde erigere una tal chiesa in Torino, essendo questa Tunica delle grandi città dell’Occidente ove non esista, nonché una chiesa, tampoco una cap pella di rito Greco-Orienrale”. Era veramente il colmo che si intendesse creare un equivoco fra “rito” e “chiesa” e che la chiesa russa di Parigi, eretta nel 1861, anche per le insis tenze dell’abate Guettée non senza lo scopo di evitare le conversioni di rus si al cattolicesimo, potesse ritenersi appartenente alla Chiesa già unita. Nel la sua impudenza — o illusione — il Pitzipiòs giunge ad avvicinare a Parigi il Cesare Tondini de’Quarenghi, barnabita che da anni a Parigi, a Londra, in Germania, Belgio ed in Italia conduceva una intensa azione per l’unione del le Chiese. Oltre a proporgli l’acquisto di molti esemplari dell’opera L'Église Orientale, pubblicata a Roma col consenso di Pio IX nel 1855, lo invita an che ad aderire alla Società Cristiana Orientale. Il p. Tondini ne volle, natu ralmente, vedere il Programma e gli saltò subito agli occhi che “la Chiesa di rito greco-orientale di cui si paria è la Chiesa scismatica russa”. E “questo, scrive egli al Proposito generale p. Alessandro Teppa il 22 maggio 1868, non era certamente il voto di Pio IX”. Le informazioni assunte sono poi le peg giori: a Bucarest ove risiedette per qualche tempo vi scrisse contro la Chiesa Cattolica (appunto l'Enciclica che espelleva Pio IX dalla Società Cristiana J. G. Pitzipìàs e la sua attivila all'epoca di Pio IX Gl Orientale); fu in Russia e mantiene rapporti con vari esponenti del governo russo, pare infine che abbia bisogno di danaro”. Le conclusioni sono ovvie: poiché “v’ha in lui qualcosa che esige la più grande prudenza in chi entra in rapporti con lui... tutto sommato conto tenermene lontano”18 19. In realtà se sull’inizio da Roma gli era stato dato un certo credito, de rivante dalla illusione che per l’unione delle Chiese fossero sufficienti appel li adeguati o azione missionaria, alla fine il Pitzipiòs si rivela per quello che effettivamente è, un confusionario pronto a giocare sull’equivoco e a pensare addirittura di trascinare con se la Santa Sede e quanti degli esponenti religiosi cattolici sentono la missione di dedicarsi all’opera di conciliazione con gli Orientali separati. La condizione di esule che si affida ad espedienti ed agli in troiti di una incerta attività pubblicistica, nonché certa propensione all’equi voco, devono averlo indotto ad assumere posizioni sempre meno chiare. Tuttavia, egli non si rende conto di come il suo prestigio sia scaduto e si illude sempre di risalire la china e di poter svolgere quella funzione di “me diatore” fra l’Oriente ortodosso e l’Occidente cattolico alla quale ritiene di essere chiamato. Così, in presenza della convocazione del Concilio Vatica no e della lettera inviata agli Orientali separati da Pio IX perchè vi interven gano, di fronte al loro prevedibile rifiuto non esita a offrire i suoi servigi al la Santa Sede: come “devoir” da compiere quale cristiano d’Oriente e per la parte “très active” avuta per anni nei problemi di relazione con la Chie sa cattolica, “je possède — scrive egli al Segretario di Stato card. Antonelli, il 20 ottobre 1868 — la précieuse et seule clef de l’unique porte par laquelle le Saint Siège pourrait sortir triomphant du labyrinthe actuel autrement sans issue”. Per questo, passando sopra a talune “mésintelligences du passé entre quelques membres de l’Église de Rome et moi”, chiede al Segre tario di Stato di sottoporgli le proprie idee “face à face”, pregandolo di invi argli per il viaggio ed il soggiorno a Roma una somma di 200 scudi. Ma il Pitzipiòs è ormai ben conosciuto per quello che è: la sua lettera riceve dal card. Antonelli l’annotazione tagliente e senza equivoci : “Non me rita alcuna risposta” ie. A lui non rimane che uscire definitivamente da una scena di grande prestigio e di significato storico e religioso, quale quella dei 18. Archivio Storico dei Barnabiti, Roma, Carte Tondini, Lettere al Preposito Gene rale p. Alessandro Teppa, fascio I 1867, Tondini al p. Teppa, Parigi 22 maggio 1868. 19. A.S.V., Segreteria di Stato, Rubrica 284, fase. 4, 1868, Particolari esteri, prot. n. 5379, Jacques G. Pitzipiòs al Segretario di Stato card. Antonelli, Marsiglia, 20 ottobre 1868. 68 Angelo Tamborra problemi di relazione fra la Chiesa cattolica e quella ortodossa: dopo esser si illuso per tanti anni di esercitarvi un ruolo da protagonista, scompariva dietro le quinte come semplice comparsa. Università di Perugia ANGELO TAMBORRA ERRATUM Page 69, Title, line 4 : read : XIX 6 instead : XXI e