periodico quadrimestrale di ambiente, dialetto, storia e tradizioni

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periodico quadrimestrale di ambiente, dialetto, storia e tradizioni
ISSN 1720-5638
IL CALITRANO
periodico quadrimestrale di ambiente, dialetto, storia e tradizioni
Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - 70% - DCB - Firenze 1
ANNO XXXV - NUMERO 62
(nuova serie)
CENTRO STUDI CALITRANI
Via Pietro Nenni, 1 - 83045 Calitri (AV)
www.ilcalitrano.it
MAGGIO-AGOSTO 2016
IN QUESTO NUMERO
ANNO XXXV - N. 62 n.s.
Non uccidiamo la speranza
3
di A. Raffaele Salvante
Il principe povero
Francesco Maria Mirelli (II)
di Emilio Ricciardi
IN COPERTINA:
Calitri, 1957. Salvatore Scoca ai P’ppun’
in una delle sue abituali visite fra i calitrani.
(Foto: Archivio Fotografico Pro Loco
Calitri, per gentile concessione)
4
Le collezioni di Michele Cerreta:
un tesoro da valorizzare
di Pietro Cerreta
7
La biblioteca dei Gesualdo
alla fine del ’400
di Concetta Zarrilli
10
Periodico quadrimestrale
di ambiente - dialetto - storia e tradizioni
dell’Associazione Culturale “Caletra”
Fondato nel 1981
Sito Internet:
www.ilcalitrano.it
E-mail:
[email protected]
Creato e aggiornato gratuitamente
da ITACA www.itacamedia.it
Direttore
dott.ssa Angela Toglia
Lavoro e destino.
Chiedi alla polvere
di Alfonso Nannariello
12
Il premio Caruso
14
Antonio e Maria
Roma, 1955. Viaggio di nozze di Lucia Panniello
e Giuseppe Tartaglia. Ai miei genitori con
profondo amore mi mancate. La figlia Maria
Antonietta
IL CALITRANO
di Marco Bozza
15
LA NOSTRA BIBLIOTECA
20
SOLIDARIETÀ COL GIORNALE
21
MOVIMENTO DEMOGRAFICO
22
REQUIESCANT IN PACE
23
Il 07 maggio a Calitri, in
piazza della Repubblica, è
stata scoperta la lapide in
memoria di Salvatore
Scoca. Alla celebrazione
hanno partecipato i figli e i
parenti, le scuole di Calitri, le autorità civili e religiose, nonché la cittadinanza. Al convegno presso
l’auditorium del Liceo
Scientifico di Calitri, sono
intervenuti oltre al relatore prof. Pino Acocella,
il presidente della Pro
Loco Vitale Zabatta, il
prof. Donato Lucev, il dirigente scolastico Gerardo
Vespucci e il sindaco
Michele Di Maio. Durante
questi due giorni (06 e 07
maggio) di commemorazioni si è ricordato l’impegno dell’On.Scoca per la
sua Calitri, volle istituire
la scuola media, l’istituto
tecnico, la scuola d’arte e
il liceo scientifico, oltre al
suo fattivo impegno nella
stesura della Costituzione
Italiana (in particolare nell’art.53). La targa commemorativa, opera del prof.
Fulvio Moscaritolo, vuol
essere un segno tangibile
del riconoscimento del
popolo calitrano.
Direttore Responsabile
A. Raffaele Salvante
Segreteria
Michela Salvante
Direzione, Redazione,
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Chiuso in stampa il 25 luglio 2016
IL CALITRANO
N. 62 n.s. – Maggio-Agosto 2016
NON RAGIONIAM DI LORO MA GUARDA E PASSA (INF.III/51)
NON UCCIDIAMO LA SPERANZA
La Politica non è per definizione una “cosa sporca” bensì il luogo
del compromesso in nome della governabilità.
S precise e circostanziali osservazioni
iamo alle solite, ancora una volta alle
dell’abnorme e sconcertante atteggiamento della cosiddetta “minoranza” si risponde con insulti e calunnie, che denotano un certo nervosismo e sbandamento;
certamente non possiamo accettare tale
comportamento da parte di un gruppo di
dilettanti allo sbaraglio, che volutamente
ignora – meglio sarebbe dire se ne frega
- delle regole della democrazia (siamo
tentati dal sospettare che dietro tutto questo insensato atteggiamento, possa esserci
la “manina” di qualche “burattinaio”,
che consiglia, suggerisce, orienta, persuade: altrimenti non si spiegherebbe tanta ottusità).
Non saremmo voluti scendere così in basso, ma bisogna pure insegnare le buone
maniere a questi sbarbatelli maleducati,
disinvolti e arroganti, invitandoli anzitutto a guardare in casa propria (medice cura te ipsum (Luca (4, 23) = medico cura
te stesso) cioè guarda prima in casa tua,
invece di vomitare ignobili accuse su chi
sta dedicando la propria vita al servizio dei
cittadini del proprio paese…uno spettacolo ignobile e vile, stupido ed insolente.
Come se non bastasse ai primi di marzo, con vera faccia tosta e strafottenza, la minoranza, ha presentato un
“esposto” all’Autorità Nazionale Anticorruzione ??? sull’affidamento lavori (manutenzione straordinaria strade ed edifici e riqualificazione urbana):
un episodio gravissimo e preoccupante; nulla di penalmente rilevante, ma
certo moralmente sconsolante. Ci viene il dubbio fondato che questi giovincelli non si rendano effettivamente conto di quello che stanno facendo:
ma come, in un paese come il nostro
con gli urgenti e improcrastinabili problemi che pesano sui cittadini, c’è gente che si diletta a giocare con il rischio
(ormai certezza) di far perdere al no-
stro paese delle importanti opportunità
di ripresa.
Ma loro cosa rischiano personalmente?
NULLA, così è bello fare politica… si fa
per dire… evitano di impegnarsi personalmente e girano intorno, al problema;
è come parlarsi addosso, perdere tempo,
in pratica l’antica, farraginosa, inconcludente ma pericolosissima politica del
“tanto peggio, tanto meglio”.
Maria Iraci
Poggioreale (TP) 21.10.1944
†Cisterna di Latina (LT) 10.06.2016
La costernazione e il dolore dei cittadini e,
degli amici in particolare, ha commosso la
comunità calitrana, al ferale annunzio della
dipartita di Maria, sposa di Antonio Zazzarino nelle non poche traversie della vita. Una
prece.
Nessuno, finchè vive, può dimenticarti. (Namaziano “De Reditu”)
Non si può più aspettare, c’è poco da cincischiare, occorre una netta presa di coscienza per operare ora e subito, i romani dicevano hic et nunc = qui ed ora, per
dire che una cosa non ammette proroghe
nella sua attuazione, di chiacchiere al vento se ne sono dette tantissime, invece occorre porre mano ai fatti perché la disoccupazione che porta miseria nelle
famiglie, nel paese e nella società, deve essere affrontata e tamponata drasticamen3
te e non a parole che possono essere forbite ed eleganti, ma restano soltanto parole, un imponente mare di chiacchiere
imbarazzanti….
Non si può aspettare oltre.
Gli egoismi, le incapacità, le gelosie, le
ambizioni fallite e il cinismo spregiudicato emergono drammaticamente e molte domande sorgono spontanee davanti ad
un tale devastante scenario: la vogliamo
smettere una buona volta? vogliamo
veramente impegnarci nell’interesse
dei cittadini o vogliamo continuare a
fare le guerre contro i mulini a vento ?
In una fase in cui occorre trasformare una
pericolosa transizione in una grande opportunità di palingenesi siamo chiamati
“tutti” a mettere da parte ogni nostro
“particulare” per spenderci a favore del
bene comune, uscendo da questa cappa
di opacità sociale, dobbiamo darci il coraggio di osare.
L’amore, e non l’odio, è mutamento continuo, trasformazione che nasce dal movimento, come già abbiamo imparato da
Platone, perché è desiderio incessante di
colmare una distanza. Il tempo attuale,
nella sua straordinaria complessità, necessita di una particolare attenzione vigile e continua.
Quello che ci deve interessare è il presente, qui e subito occorre ritrovare
l’orgoglio delle nostre radici sempre
tese alla pace, con la volontà, o meglio
la passione di mettersi in gioco senza
perdere il rispetto verso le persone, perché noi non giudichiamo le persone ma
i fatti.
Lamentarsi, senza darsi da fare secondo
le proprie possibilità, è il segnale inquietante di un populismo che avanza terribilmente, generando disaffezione e creando spazi per un individualismo pericoloso
per la tenuta della democrazia.
A. Raffaele Salvante
IL CALITRANO
N. 62 n.s. – Maggio-Agosto 2016
IL PRINCIPE POVERO
FRANCESCO MARIA MIRELLI
di Emilio Ricciardi
seconda parte
La prima puntata di questo articolo è stata pubblicata nel numero precedente del «Calitrano». Si tratta dell’inventario dei beni di Francesco Maria Mirelli e della moglie Carolina Pignatelli, compilato dopo la morte del principe. In questa seconda parte si parla soprattutto dell’appartamento e dei beni della principessa.
L’ Terminato l’inventario dei beni del
appartamento
marito, la principessa dichiarò “che in
tutta la casa niun altra cosa vi esiste di
pertinenza del defonto signor principe
di Teora, né poteva altro esistervi, perché il medesimo prima del matrimonio
si ebbe vita militare, con strettissime finanze, e quando si maritò con lei, queste non erano cangiate, perlocché tutto
fu dato, e portato da lei, e dalla sua casa”; inoltre, quando i Mirelli riebbero i
beni di Santa Maria in Elce e si trasferirono in Calitri, le rendite dell’abbazia
furono usate per pagare i debiti del principe e la gestione dei beni rimanenti fu
affidata alla nobildonna.
Sebbene ritenesse di non avere alcun
obbligo in tal senso, la principessa, “seguir volendo la di lei abituale delicatezza e servire ad una esattezza inattaccabile”, chiese al notaio e ai periti di
procedere anche all’inventario degli oggetti che erano di sua “esclusiva proprietà, pertinenza e godimento”, in modo da non lasciare nessun dubbio sui
suoi diritti, attestati da “incontrastabili
titoli”.
Innanzitutto, tenne a precisare la donna,
era stata lei a procurarsi “la casa di attuale abitazione … appigionata da essa
signora principessa a proprio conto e
carico dal signor don Michele Zampaglione”. Poi aveva provveduto all’arredamento “con proprio denaro, e con
oggetti, e mobili portati in porzione dalla sua casa paterna … mentre il signor
principe né si ebbe oggetti dalla sua casa paterna, né capitali disponibili, né voglia mai d’acquistarne; perloché ella
medesima per non stare male agiata ed
in modo indecente al comune stato si è
ritrovata nel duro bisogno di fare ciò che
far dovea il marito, cosicché ella ha dovuto provvedere alla decenza dello stato conjugale, ella adempiere ad ogni
giornaliero bisogno della comune famiglia”, acquistando perfino i granai necessari “per riporvi i generi della rendita”. Infatti i contadini pagavano l’affitto
delle terre versando ai proprietari una
certa quantità di grano che veniva conservato nei magazzini di cui ciascuna
casa padronale era provvista.
L’inventario dei beni della nobildonna
comportò due giorni di lavoro in più
per il notaio e per i periti, ma grazie a
esso è possibile conoscere l’aspetto dell’appartamento in cui i coniugi erano
vissuti. La ricognizione iniziò dalla
“stanza d’ingresso con finestra a mezzogiorno”, arredata con un tavolino,
qualche vecchia sedia e “una tina di legname di abete per la bucata”. Nella
stanza successiva “con balcone similmente a mezzogiorno” il mobilio consisteva in un “tavolino di ceraso”, una
“mezza dozzina di sedie dipinte color
torchino” e “due stipi di legname castagno a mezz’altezza situati ai due laterali
del balcone”. Nel primo erano conservati due servizi da tavola, uno “inglese
con zuppiera e piatti corrispondenti, e
l’altro napoletano, stimati ducati sedici”, oltre a un “aceto ed oglio di cristallo, quattro saliere, numero dodici
bicchieri per acqua ed altrettanti per
vino … più una fruttiera di terraglia”
(cioè di ceramica bianca) per un valore
complessivo di sei ducati e dodici carlini; invece nel secondo furono ritrovati
“un servizio di caffè con sei tazze di
porcellana dorate nei bordi, zuccheriera,
caffettiera corrispondente del valore di
4
ducati tre, e grana sessanta … più altro
servizio ordinario del valore di carlini
ventiquattro” e “due servizi di tavola
con mensali e ventiquattro salvietti, tutti
di fiandra fina, del valore di ducati
dieci”. In angolo della stanza c’era un
“lettino usato per il domestico Giuseppe
Durante” con “due materassi di Sassonia, una coverta, lenzuoli corrispondenti, lettiere di pioppo e scanni di ferro
ed altro, stimato ducati nove”.
L’ultima camera di questo lato della casa era arredata con due lettini, uno di legno di noce e l’altro “di ferro con quattro pomi di ottone negli angoli superiori
ed altrettanti ai piedi”, una “colonnetta”
tra i due letti, “una dozzina di sedie dipinte color verde”, “un piede di bacile
di ferro fuso, con bacile sovrapposto di
terraglia” (l’acqua corrente sarebbe arrivata a Calitri solo mezzo secolo dopo)
e, a capo del letto, “un quadro dell’Ecce Homo di pastello con cornice dorata di palmi due per tre, stimato ducati
cinque”.
Terminato l’inventario della stanza, i
periti si trasferirono nell’ala opposta
dell’appartamento, alla quale si aveva
accesso da un secondo ingresso posto
di fronte al primo. Da qui si entrava in
un’ampia cucina illuminata da un “balcone posto a mezzogiorno”, nella quale fu ritrovata una “fucina grande di acqua della capienza barili otto” che
costituiva la provvista di acqua potabile. Il corredo di utensili comprendeva
“tredici casseruole con coverchi corrispondenti di rame e con manichi di ferro; due colabrodi di rame con manichi
di ferro; cinque tortiere; quattro tielle
con corrispondenti coverchi di rame, e
con manichi di ferro; due sartagini di
IL CALITRANO
N. 62 n.s. – Maggio-Agosto 2016
ferro, ed una di rame; due bacili grandi
di rame; tre caldaje, e due caldaruli” per
un peso complessivo “di libbre centosessantanove … stimate dal perito Leone ducati trentasette, e grana diciotto”1.
Furono inventariati anche “due forni di
campagna di ferro, due graticole, due
spiedi, ed altri piccoli oggetti di batteria di cucina, stimati ducati tre … quattro caffettiere di rama bianca, ed una di
rama rossa … più quattro candelieri di
ottone del peso libbre ventiquattro, stimati ducati sette, e grana venti”.
Superata la cucina si accedeva a un’anticamera “con finestra a mezzogiorno e
divisa in due da un paravento”, dietro il
quale era stato sistemato “un lettino a
uso di domestico”. L’anticamera a sua
volta introduceva alla galleria, dove i
periti provvidero a valutare il mobilio,
tutto di proprietà della principessa (il
principe possedeva solo i quadri appesi alle pareti). L’arredamento, piuttosto
scarno se si considera l’ampiezza del
salone, comprendeva “sedie numero
trenta dipinte di verde … un divano di
pioppo con impellicciatura di noce, vestito di magrammé, e cuscini corrispondenti … un tappeto appié del divano di color rosso e verde lungo palmi
otto per due, di lana” e “due console di
ceraso” alle estremità della stanza. Sulla prima consolle era sistemato un lume di cristallo, sulla seconda “uno scarabat to di legno noce con lastre
corrispondenti” e ai lati “due campane
di cristallo … con buchi di fiori”2.
Dalla galleria si aveva accesso a una
stanza senza finestre che conteneva un
armadio a muro, un “granajo di legno di
faggio, vuoto, della capienza di tomola
duecentocinquanta”, un “altro piccolo
granajo della capienza di tomoli venticinque similmente di faggio” con “tomoli sei di carosella” e “una cassa per
la farina similmente di faggio della capienza di tomoli quattro” con dentro “tomoli due di farina”3.
La stanza successiva, “con finestra a occidente”, era quella della cameriera
“con letto per la medesima ad una piazza …uno stipo a mezz’altezza tinto in
rosso di legname di pioppo, un tavolino di pioppo e due sedie”, oggetti che
appartenevano a Lucia Romano, la domestica dei principi. L’arredamento era
completato da “un armadio di pioppo
dell’altezza di palmi otto per quattro, e
due di larghezza”, con dentro “dodici
bottiglie di cristallo da vino, ventiquattro bicchierini di rosolio, e tre guantiere, stimati tutti detti oggetti ducati sei e
grana quaranta”. Da questa camera si
aveva accesso a quella della principessa Carolina, dove naturalmente l’inventario fu più laborioso.
Gli oggetti della principessa
La stanza di donna Carolina Pignatelli
era ampia e ariosa, con una finestra e
due balconi, uno a sud e l’altro a ovest,
dai quali era possibile vedere la chiesa
madre, la piazza del paese, il mercato,
che si svolgeva ogni lunedì nel piccolo
largo tra vico Teglie e “la strada” (l’attuale corso Matteotti), e, spingendo lo
sguardo più lontano, il panorama della
vallata dell’Ofanto con le colline in lontananza e il Vùlture sullo sfondo.
Rispetto al resto della casa l’arredamento era più ricco, con mobili di qualità migliore e con qualche oggetto d’oro e d’argento. Al centro della stanza
c’era “una scrivania di pioppo impellicciata di noce con cinque foderi, stimata ducati sette”, nella quale erano
conservati “i libri di magazzino, ossia di
esazione delle rendite dei tre fondi della badia di Santa Maria in Elce appellati Tufiello, Luzzano, e Cardinale … più
tre libri di compasso dell’agrimensore
Lonardo Martiniello … relativi ai suddetti tre fondi”. Gli altri “tiratoj” contenevano “lettere di corrispondenza della signora principessa e fascicoli di
stampati di scritture in bianco per le
nuove locazioni a farsi de’ mentovati tre
fondi”. Questo conferma che era donna
Carolina, come lei stessa aveva affermato, a gestire il patrimonio di famiglia, forse con l’aiuto di qualche uomo
di fiducia come Angelomaria Melaccio,
una persona molto legata al principe.
Ai lati del balcone esposto a sud c’erano “due comò di legno di noce, ciascuno a quattro tiratoi, stimati ducati sedici”. Il primo conteneva “la biancheria
della signora principessa di camicie,
lenzuoli, ed altro …più le vesti della
stessa di diverse stagioni”, mentre nel
secondo furono ritrovati “gli abiti del
signor principino” e, in un cassetto chiu5
so a chiave, “uno scatolino di legname
di noce contenente un riposto di argento, composto di dodici forchette, ed altrettanti cocchiai, nonché il cocchiajone, e sei cocchiarini d’argento per caffè
senza marchio, del peso libbre sei, o per
meglio dire once settantadue, stimati
ducati settantacinque. Più dodici coltelli inglesi senza punta con manico
d’osso bianco ducati tre e grana sessanta. Più due orologi da tasca entrambi d’oro … ducati settanta”.
Il resto dell’arredamento comprendeva “sei sedie dipinte color verde … due
lettini di ferro con pomi di ottone ad
una piazza, con lettiere corrispondenti
di tavole di pioppo, ciascuno con tre
materassi di Sassonia, cioè di color rosso e bianco, due di essi per ogni letto
pieni di lana con le cusciniere corrispondenti, ed un paglione sottoposto
pure di Sassonia, lenzuoli corrispondenti di tela di lino imbottita di magrammé colorata, stimati entrambi ducati settanta … un piede di bacile di
ferro fuso con bacile corrispondente di
terraglia … una colonnetta di noce vicino al letto … una cassetta da sedere
di noce … una tavola di pioppo ad uso
di tavolino detta lava mano dipinta color ceraso con toletta superiore” più “un
comò rustico di pioppo impellicciato di
noce a tre tiratoi” nel quale erano riposti “quattro covertini di pelo di coniglio, altrettanti di librettini fini di Francia, e due di cottone sfioccato, del
valore di ducati sedici”.
L’ultimo oggetto presente nella stanza
era un “ritratto di un palmo e mezzo
d’altezza per uno … che dicesi della
principessa di Morra”, cioè di Caterina
Caracciolo (1573-1622), figlia del conte di Sant’Angelo dei Lombardi e moglie di Ettore III Pignatelli, principe di
Morra e grande di Spagna, uno dei più
illustri antenati di donna Carolina.
La stalla e i magazzini
Terminato l’inventario nell’appartamento, notaio e periti si spostarono nella stalla “posta al primo piano della strada piazza, con porta di entrata per la strada
medesima”, dove furono ritrovati “tre cavalli da sella, uno di manto bajo con marchio lettera B, un altro di manto morello
senza marchio, ed un altro di manto stor-
IL CALITRANO
no detto rapicano, e questi sono quegli
stessi che si fecero sequestrare dall’arcivescovo di Conza nell’interesse del suo
seminario a danno del defunto principe di
Teora”, che evidentemente era riuscito a
indebitarsi anche con la Curia, costringendo la moglie a ricorrere ai giudici per
evitare il sequestro delle cavalcature. Il
maniscalco Toglia, incaricato di stimare
il prezzo degli animali, diede “al cavallo
bajo il valore di ducati sessanta, di ducati cinquanta all’altro di manto morello, e
di ducati trentasei all’altro storno”, mentre il quarto quadrupede presente, “un asino per il trasporto dell’acqua”, fu valutato dodici ducati. Infine cinque “selle alla
tirolese, delle quali una da donna con le
briglie corrispondenti”, furono valutate
complessivamente venti ducati.
La principessa aveva affittato anche due
vani sottani da usare come magazzini.
Il primo, che aveva “l’entrata per la strada piazza” e apparteneva al “signor Pasquale Scoca”, conteneva alcuni vecchi
granai di faggio “vuoti di generi”, più altri granai “di pertinenza del proprietario del magazzino”. Nel secondo, “appigionato alla signora principessa da
don Gaetano Rinaldi” e “sito nel vico
Tornillo”, c’erano altri granai per una
capienza complessiva di quattrocento
tomoli, anche in questo caso vuoti, e poi
“dodici cofani vestiti di pelle nella parte interna, dodici sacchi di paglia di canapa, altri dodici più piccoli, detti colle da trasportar generi, due piazze di tela
di canapa per misurar generi, ed otto crivelli di ferro”; il resto degli oggetti pre-
N. 62 n.s. – Maggio-Agosto 2016
senti non apparteneva ai Mirelli, ma al
proprietario del sottano.
I granai vuoti e la stalla con i cavalli pignorati sono l’immagine più eloquente
delle condizioni in cui era vissuto l’erede dei signori di Calitri. Non solo è
impossibile ogni paragone con i patrimoni di altre casate patrizie dell’epoca,
ma anche con gli elenchi di terre, case,
armenti e gioielli che si leggono nei contratti matrimoniali e negli atti di successione dei grandi proprietari come
Zampaglione, Berrilli e Tozzoli e perfino di alcune famiglie della borghesia
ricca come i Polestra, i Vitamore e i Nicolais.
La confezione dell’inventario fu probabilmente l’ultima umiliazione che Carolina Pignatelli dovette subire prima di
lasciare Calitri e ritornare per sempre a
Napoli con il figlio. Ma anche il nuovo
principe si rivelò inadeguato al suo ruolo di capofamiglia e dissipò in breve
tempo ogni avere, prima di morire di
morte violenta a soli ventinove anni4.
Una libbra corrisponde a circa mezzo kg.
Lo scarabattolo era un soprammobile di legno e vetro fatto a forma di armadio e utilizzato per conservare ninnoli e altri piccoli oggetti.
3 La “carosella” era una varietà di grano piuttosto comune a Calitri.
4 Cfr. V. Acocella, Storia di Calitri [1946], r.a.
Calitri 1984, 226.
1
2
Ringraziamo tutti i cittadini per i traguardi raggiunti dall’apertura del chiosco ECO PURA, in data
data 10.05.2015
6
La vita è magnetismo.
Non dovete né spingere
e né tirare, dovete attrarre.
Giovanni Rinaldi
24.07.1959 †16.03.2016
Giovanni Rinaldi era noto per la sua gentilezza e il suo immancabile sorriso. Per chi lo
ha conosciuto ha potuto apprezzarne l’entusiasmo, la voglia irriducibile di partecipare
attivamente alla vita del paese.
Lui, insieme ai suoi amici, da giovanissimo
fondò RADIO IRPINIA, emittente locale che riscosse un fortissimo successo. Ricordo nelle tue parole e nei tuoi occhi la
passione che riversavi nel tuo programma sulle Canzoni e Dediche Richieste,
facevi lo speaker. Ciò che hai fatto tu, oggi, non verrebbe in mente a nessun altro
… c’era la voglia di fare e non la rassegnazione! Da qui poi approdasti alla tua
PRO LOCO, ne fosti più volte presidente. Sempre parte attiva, sempre propositivo. Dalla tua caparbietà nacque la BANDA MUSICALE DELLA CITTÀ DI
CALITRI. Amavi la fotografia, altra tua
grande passione. Fondasti anche l’ Ofanto, giornale della Pro Loco. Grazie al tuo
impegno la Pro Loco, negli anni, continua
ad avere la presenza di volontari del SERVIZIO CIVILE NAZIONALE, se non fosse stato per te, molti di noi non avrebbero potuto vivere quest’esperienza.
Grazie alle tue idee Calitri ha avuto modo di dimostrare di essere un po’ più
avanti rispetto agli altri paesi.
Purtroppo la tua improvvisa scomparsa
ci ha lasciati storditi, increduli, affranti.
Sappi che un sorriso lo avremo sempre
per te, ogni qualvolta ti ricorderemo, lo
stesso tuo sorriso.
Grazie amico
Una volontaria del S.C.N.
IL CALITRANO
N. 62 n.s. – Maggio-Agosto 2016
LE COLLEZIONI DI MICHELE CERRETA:
UN TESORO DA VALORIZZARE
di Pietro Cerreta
C dizioni affini, ma molto diversi nel
alitri e Aquilonia: paesi contigui, tra-
modo di conservarle. A Calitri, ad esempio, la collezione di strumenti dei contadini e degli artigiani, realizzata da Michele Cerreta, non ha trovato altra
sistemazione, dopo aver perso quella originaria presso la locale Scuola Media,
dov’era sorta negli anni Ottanta. Ad
Aquilonia, invece, una raccolta simile,
iniziata con lo stesso spirito da Beniamino Tartaglia, è diventata addirittura un
Museo Etnografico. Ho ragione di temere, oggi, che i materiali raccolti con
tanta cura da Michele non abbiano molta speranza di essere riesposti.
Ho scritto Michele, semplicemente così, perché, sebbene egli avesse vent’an-
ni più di me e fosse una persona autorevole per i ruoli svolti nella società, era
pur sempre mio cugino.
Mi si dirà che è inutile avere dei doppioni, dopo che il Museo di Aquilonia si
è ormai così affermato. Ciò potrebbe esser vero in teoria, ma la collezione calitrana in realtà non è un doppione ed è un
peccato grave lasciarla deperire tra ruggine e tarli.
Si tratta infatti di un patrimonio ben ordinato di oggetti, non presi qua e là alla
rinfusa, ma scelti con criterio scientifico
allo scopo di documentare, spiegandola,
la vita dei nostri antenati. C’è poi un
aspetto umano, non secondario. Nel riceverli, Michele garantiva ai donatori di
quei materiali di conservarli integral-
Disegni di utensili del calzolaio eseguiti da Michele Cerreta.
7
mente, tramandando così la memoria delle loro funzioni d’uso e nel contempo
quella di chi li aveva posseduti. Era un
modo indiretto di perpetuare una voce
che giungeva da lontano. Tale impegno
era ricambiato da illimitata fiducia, sapendo tutti che egli ne avrebbe avuto
amorevole riguardo.
E per riportare alla mente ciò a cui mi riferisco, oltre a proporre qui in fotografia
alcuni manufatti della collezione suddetta, invito i lettori a visitare il sito di
ScienzaViva http://www.scienzaviva.it
/video_exhibit%202016_03.php. Lì si rivede Michele in un breve video mentre
racconta, con la sua tipica cadenza descrittiva, gli aspetti della tecnologia del
ferro di cui erano fatti alcuni attrezzi ado-
IL CALITRANO
Naschetta. Attacco al nasello in ferro per tori e bovini molesti per renderli docili al richiamo
perati nel nostro paese. È interessante sapere che lo stimolo per questa ricerca scaturì, in lui, da un progetto della Comunità Europea del 1976 sull’agricoltura e
sull’alimentazione destinato alle scuole
irpine. L’obiettivo educativo era quello di
collegare il sapere col saper fare: guardando al futuro ma anche recuperando il
passato. Calitri e la sua Scuola Media,
grazie a Michele, vi si distinsero perché
seppero agire affrontando il tema con
concretezza.
Chi si soffermerà a guardare detto video
noterà che l’allestimento degli oggetti
esibiti da Michele è essenziale, nel senso che non ricorre ad arredi costosi. Pertanto, riproporlo in qualche altro ambiente destinato alle memorie storiche
dei calitrani, sarebbe semplice perché
non comporterebbe ulteriore accollo di
spese. So che la Pro Loco è ben disposta
a lavorare in tal senso.
Sono compiaciuto, intanto, che presso la
Scuola Media di Calitri, di cui Michele
è stato preside per tanto tempo, sia ancora
in qualche modo accessibile, benché nascosta, un’altra sua collezione, quella dei
vasi di ceramica, dei monili femminili e
delle punte di lance reperti da lui recuperati da tombe antiche.
Vediamo in che modo. Con l’introduzione dei trattori in agricoltura, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, i solchi risultarono sempre più profondi. I vomeri
andarono così ad intaccare più di frequente i depositi funerari dei nostri lontani progenitori, per secoli rimasti sepolti
ed intatti. Michele raccoglieva ogni co-
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sa emergesse da quegli scavi ed, essendo consulente agrario nonché amico dei
coltivatori, li convinceva a non buttar mai
niente di ciò che vedevano affiorare dal
terreno. Mi limito, per ragioni di spazio,
a riportare qui l’immagine di un solo reperto. Si tratta della punta di una lancia
di bronzo che il tempo ha patinato di un
bellissimo colore verde, che purtroppo
in bianco e nero non si può percepire. Se
volessi mostrare per intero ciò che ho fotografato, le pagine di questa rivista non
basterebbero a contenerlo. Questi bellissimi oggetti potrebbero anch’essi far
bella mostra di sé davanti al pubblico calitrano ed interessare i turisti, quando
vengono in visita a Calitri. Nella stessa
Scuola ho trovato anche altre due raccolte, la cui presenza è ugualmente riconducibile alla cura di Michele. La prima di queste è quella degli strumenti del
laboratorio scientifico della Scuola di Avviamento Professionale di tipo Agrario e
Femminile di Calitri di cui egli fu direttore prima dell’istituzione, nel 1963, della Scuola Media Unica. In essa è ancora
presente, abbastanza integro, quel modellino di cassetto di distribuzione di
macchina a vapore che tanto mi affascinava da piccolo perché, mentre la ruota
associata girava, il pistone, attraverso una
coppia biella-manovella, scorreva realmente su e giù dentro il cilindro. Nel ritrovarlo, ho ricordato i tempi in cui frequentavo la scuola elementare
nell’edificio scolastico di via Francesco
Canneggh. Piccoli tubi di canna adoperati dal
mietitore per proteggere dalla falce le dita con
cui afferrava il grano
Tedesco ora demolito, in un’aula posta
sullo stesso piano della Scuola d’Avviamento. Chiedevo al maestro di poter andare da mio cugino Michele a prendere
quel modellino e lo mostravo in classe ai
miei compagni come qualcosa di strabiliante, dal momento che a noi, ragazzi di
campagna, le macchine a vapore raramente era dato di vederle e, quelle poche volte, solo da lontano.
La seconda raccolta, invece, riguarda gli
insetti delle campagne nostrane, studiati da Michele in qualità di esperto di entomologia. Essa è costituita da piccoli
pezzi di resina epossidica trasparente, alti due centimetri e larghi tre o quattro, ottenuti da colate in recipienti opportunamente sagomati, al cui centro egli
includeva l’insetto da studiare. Una volta solidificata la resina, l’insetto poteva
Lancia in bronzo, trovata a Calitri, tuttora conservata nei locali della scuola media
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essere comodamente osservato da vicino, tenendolo in mano senza interferire
sulla sua fisiologia.
E ancora.
Alle spalle del suddetto edificio scolastico sorgeva una torretta in cui era alloggiata una piccola stazione meteorologica, nella quale c’era il pluviometro.
Periodicamente egli rilevava i dati delle
precipitazioni segnati da un pennino su
un rullo di carta rotante e li spediva, se
non erro, ad un centro di ricerca universitario. Un bell’esemplare di barometro
a mercurio era collocato, invece, nel suo
ufficio.
Parallelamente a questa attività, Michele svolgeva tutto quello che era necessario all’istruzione dei ragazzi i quali, non
potendo seguitare gli studi per ragioni
economiche, frequentavano l’Avviamento di tipo Agrario invece che la scuola Media e si sarebbero in seguito occupati del lavoro nei campi.
Ma ciò non bastava, egli di sera preparava i giovani più grandicelli, i coltivatori che per intenderci rientravano dalle
campagne al calar del sole. Michele li invitava ad usare sempre più le moderne
tecnologie, tra le quali spiccava quell’aggeggio, per me curioso, che era l’incubatrice per i pulcini.
L’Avviamento, come s’è detto, era anche di tipo Femminile. Le studentesse lì
venivano educate alle mansioni di economia domestica e ai lavori di ricamo,
taglio e cucito. E Michele organizzava
ogni anno, immancabilmente, l’esposizione dei lavori più pregiati. In ciò si serviva com’è ovvio dell’aiuto delle docenti
che ne avevano seguito la realizzazione.
Tutta la popolazione di Calitri vi accorreva, curiosa.
Ma non vorrei che di lui si avesse l’idea
sbagliata di un uomo all’antica desideroso principalmente di preservare il passato. Egli era invece, per certi aspetti, più
moderno di altri perché coglieva quanto
di nuovo, utile e interessante forniva in
quel momento la produzione industriale
dell’Italia postbellica.
Ad esempio, allorché la Geloso alla fine
degli anni Cinquanta commercializzò il
primo magnetofono, Michele subito l’acquistò. E lo fece non solo per il desiderio di possedere l’incredibile strumento
capace di registrare la voce, una novità
di quel tempo insieme alla televisione,
ma anche per creare un nuovo ponte comunicativo con i calitrani lontani, specialmente quelli che, ormai da tempo
emigrati nelle Americhe, desideravano
provare l’emozione sonora contenuta nei
messaggi orali dei loro cari. Ed io ricordo bene che la domenica sera, a casa mia,
che era poi la casa dei nonni comuni, egli
convocava parenti e vicini, invitandoli ad
accostarsi al microfono per «incidere»,
con i sentimenti più calorosi, le espressioni da far pervenire ai congiunti al di
là dell’oceano.
Foto delle allieve della scuola di Avviamento di tipo femminile di Calitri partecipanti alla 4°mostra di ricamo e cucito dell’anno 1957. Sull’uscio, da sinistra: Michelina Donatiello, prof. Maria
Francesca Di Maio, e il direttore prof. Michele Cerreta. Prima fila da sinistra: Anna Cesta, Lucia
Lampariello, prof. Dora De Martino, ? Del Toro, Lucia Della Valva, Luigina Trofa, dietro Maria Santoro, Gerardina Cantore, Antonia Gervasi e Giuseppina Di Milia.
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L’apparecchio, nei primi tempi, fu infatti chiamato «incisore», perché si immaginava che le parole scolpissero dei segni sul nastro magnetico, come avveniva
sui dischi. Di sicuro, c’era qualcosa che
veniva fisicamente fissato sui nastri, ma
era frutto di un’azione per noi impensabile a quel tempo perché di natura elettromagnetica e pertanto non riducibile
ad un atto meccanico. Poi lo si chiamò
registratore, termine che lo qualificava
più in generale come raccoglitore di dati, in questo caso di dati vocali.
Il posto dei nastri magnetici oggi è stato
preso dai video, il cui supporto è diventato talmente evanescente da non lasciar
più intuire in cosa consista. Alla voce essi aggiungono le immagini e trasmettono il tutto senza neppure bisogno di confezionare una busta ed imbucarla alla
posta.
Michele sarebbe stato felice di adoperarli. Ne sono certo perché ultimamente egli si lasciava riprendere da me con
la videocamera quando lo intervistavo
sulle tecnologie agricole di cui era
esperto, non solo come laureato in Agraria, ma anche come figlio di agricoltori, agricoltore lui stesso. Nel suo recente Dizionario Calitrano si trova, tra
l’altro, la preziosa documentazione terminologica di queste conoscenze. Si
tratta in fondo di un’altra collezione pregiata realizzata da Michele, quella delle parole calitrane che fra poco non si
useranno più.
L’ho interrogato più volte, fino alla settimana prima che si ammalasse gravemente, giusto un anno fa, sull’uso della
zappa, del bidente e dell’aratro nelle varie fasi dei lavori di campagna. Gli chiedevo di spiegarmi in che modo il contadino sapesse sfruttare le conoscenze
fisiche e naturalistiche in suo possesso
in modo da approfittare utilmente di quegli arnesi. Ora conservo questo gruppo di
riprese come ulteriore suo contributo alla cultura calitrana, per collocarle su un
sito web che ho in animo di creare. Intendo aggiungere ad esse anche le testimonianze di altri amici e colleghi, i quali hanno fatto e sanno fare tante cose,
come Michele. Potrebbero servire ai più
giovani ad apprendere nozioni su quella
civiltà operativa nella quale, proprio come lui, la gente di Calitri ha sviluppato
le sue radici per poi distinguersi degnamente nei campi moderni.
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N. 62 n.s. – Maggio-Agosto 2016
LA BIBLIOTECA DEI GESUALDO ALLA FINE DEL ’400
e la camera della loggetta in Santa Maria in Elce
di Concetta Zarrilli
N gobardo di Salerno, Guaimaro IV,
el febbraio del 1017 il principe lon-
riconosceva all’abate Dauferio dell’ordine di San Benedetto il possesso del monastero di Santa Maria in Elce, da questi costruito ex novo dalle fondamenta
sulla riva sinistra del torrente Orato, nel
territorio fra Calitri, Cairano e Andretta.
Ad un millennio di distanza, in attesa
delle celebrazioni previste per l’anno
prossimo, mi piace ricordare questo monumento, che ho sempre immaginato come un “presidio” di cultura, oltre che di
civiltà, fede e preghiera. La presenza dei
monaci benedettini era garanzia di grande laboriosità, in agricoltura e nell’artigianato, e grazie alle loro opere e alle donazioni dei fedeli, l’abbazia di Santa
Maria in Elce era una delle più ricche,
possedendo notevoli beni fino a Salerno.
Nel XV secolo, dal governo degli abati
benedettini essa passò nelle mani degli
abati commendatari della famiglia Gesualdo, che ne aveva reclamato il possesso; mentre il numero dei monaci diminuiva vistosamente, l’abbazia non
cessò di essere un importante riferimento, soprattutto per gli abitanti del piccolo borgo che nei secoli le si era formato
intorno, almeno fino alla distruzione di
quest’ultimo nel 1597i. Dal 1489 ne fu
abate commendatario Massenzio Gesualdo, figlio di Sansone, primo Conte di
Conza, e di Costanza di Capua. Massenzio e altri due suoi fratelli, Luigi conte di Conza e signore di Calitri, e Antonello, possedevano le tre sezioni della
ricca biblioteca di famiglia, che complessivamente comprendeva circa 170
esemplari. I libri di Massenzio si trovavano a Santa Maria in Elce, quelli di Luigi nel castello di Calitri, quelli di Antonello nel palazzo di famiglia a
Fontanarosa; insieme ad altri beni di famiglia, furono sequestrati nel giugno del
1494, quando Luigi, come altri baroni,
si ribellò al re Alfonso II d’Aragona e fu
arrestato con i suoi familiari. Il commissario regio, assistito da altri funzio-
nari, fece compilare l’inventario, custodito presso l’Archivio di Stato di Napoliii. Già nel 1999 Padre Gerardo Cioffari pubblicava su questo giornale i titoli
della biblioteca di Massenzio, e qualche
pagina dopo, sullo stesso numero, Emilio Ricciardi elencava quelli di Luigi nel
castello di Calitri iii; qualche anno dopo,
il prof. Mario Del Treppo, dell’Università “Federico II” di Napoli, in un interessante contributo rendeva nota anche
la sezione di Fontanarosaiv. I libri si trovavano in casse chiuse, alcune recanti
segni di effrazione, a Santa Maria in Elce “dui sportoni sferrati e scasciati”, a
Calitri “uno sportone da campo trovato
aperto”, che conteneva anche un corredo completo da torneo, e a Fontanarosa
“una casciecta piccula mustiata trovata aperta con la chiavatura rocta”. La
sezione più ricca era quella di Massenzio, con 87 libri su circa 170v; la meno
fornita era quella di Antonello, che alla
data dell’inventario era già morto. Antonello però aveva avuto i libri più pregiati: tre libri a stampa rilegati a mezza
pelle, i “Trionfi” di Petrarca tutto ricoperto di pergamena bianca e un libro di
contenuto familiare rilegato addirittura
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con fibbie d’argento; messali in carta
francese, di gran pregio, di formato piccolo e di carta sottile; in uno scrigno c’era una “carta da navegare”, e inoltre due
libretti di canto che, insieme ad una viola (anche se priva di corde) trovata nel palazzo, testimoniavano il suo interesse per
la musica. A Calitri Luigi sembrava aver
preferito i tre grandi autori della letteratura italiana in volgare: “Dante ad penna vechio et strazato in carta di bambace”, “ lo Petrarcha e li sonetti ad
stampa” (più copie) “ e Boccaccio, il suo
prediletto, di cui aveva più copie del Decamerone, ossia le “Centonovelle ad
stampa”, l’opera giovanile “Il Filocolo”, e altri in formato tascabile, “lo libro
de Joan Boccazo in volume piccolo ad
stampa… la fiammetta de Joan boccazo
in volume piccolo… una fiammetta in
volume pizulo in pergamena ad penna”;
Luigi possedeva quasi tutti testi in volgare, pochissimi in latino (i “Commentarii” di Cesare, il “De officiis” di Cicerone, le “Vite” di Plutarco, un’opera di
Plinio), traduzioni di classici dal latino
al volgare, “Isopo vulgare et storiato
(istoriato, con scene dipinte), ovidio medamolfoses vulgate ad penna in carta
pergamena… le epistole de ovidio in vulgare ad stampe…” e finanche “la bibia
vulgata ad stampa”. Uno dei libri del
conte, un “De armis”, probabilmente di
Christine de Pizan, pregiato codice membranaceo, non sfuggì all’occhio esperto
del commissario addetto al sequestro,
uno spagnolo che viveva a corte, maggiordomo di casa reale, “messere Dieco”, il quale prese il libro “per portarelo al s. Re”; il prof. Del Treppo ipotizza
che si tratti dell’opera della poetessa Christine de Pizan “Les livres des faits d’armes et de la chevalerie” del 1410, ritenuto allora molto importante ed
esclusivo, un testo destinato ai cavalieri
scritto però da una donna, una singolare
figura di intellettuale, che di cavalleria e
rituali feudali se ne intendeva molto, vissuta alla corte di re Carlo V, anche se di
origine italiana. Luigi aveva inoltre mol-
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N. 62 n.s. – Maggio-Agosto 2016
ti messali vecchi e mal ridotti, alcuni di
fattura molto grossolana definiti “paesani”; in base a quest’ultimo dato il prof.
Del Treppo ha affermato che “vien da
pensare che il conte conservasse presso
di sé anche i breviari e i messali usati nelle funzioni religiose dai dipendenti del
castello, che non dovevano essere pochi,
o dei vassalli del luogo”, ed infatti sappiamo che molti erano i preti che officiavano nella chiesa del castello, intitolata a Santa Maria della Neve, e nelle
cappelle della famiglia Gesualdo nelle
chiese del paese, nella Chiesa Madre e
in quella appena costruita di Santa Sofia
annessa al monastero di San Sebastiano,
fondato tra 1480 e 1489.
I libri di Massenzio erano in gran parte
messali, breviari, antifonari in buono stato, alcuni sicuramente suoi personali, e
classici latini di autori quali Cicerone,
Valerio Massimo, Alberto Magno, Giustiniano, Seneca, Aulo Gellio, Orazio,
Lucano, Lattanzio, Sallustio, Properzio,
Eusebio, Persio, Svetonio, Quintiliano,
Plinio, Giovenale, Marziale, Apuleio e
un “De re rustica” presumibilmente di
Varrone; non mancano opere più “mondane”, come le “Heroides” di Ovidio,
lettere che l’autore delle “Metamorfosi”
e dell’ “Ars Amatoria “ immaginò essere state scritte da eroine del mito e della
storia ai loro amanti che le avevano abbandonate, e testi delle commedie di
Plauto; in netta minoranza vi troviamo
gli autori greci, vi compaiono infatti solo Diodoro Siculo e Giuseppe Flavio. Si
trattava della biblioteca di un perfetto
umanista, come Massenzio doveva essere, nella Napoli aragonese contemporaneo di Giovanni Pontano e di Jacopo
Sannazaro, del quale suo fratello Luigi
a Calitri possedeva il capolavoro, “ lo
archadio sannazaro ad penna” cioè l’
”Arcadia” scritto a mano; non mancavano inoltre testi di astrologia, fra i quali l’opera di Tolomeo, testi di musica e
un “libro de zorfa de canto”, cioè di solfeggio, e carte geografiche, “carte de navicare... un papamundo ad stampa con
le figure in volume grande” che dimostrano la curiosità per i viaggi e le scoperte geografiche, non dimenticando che
solo due anni prima Cristoforo Colombo era approdato a San Salvador. Al contrario dei libri di Antonello, quelli di
Massenzio non erano rilegati con materiali preziosi; molti erano addirittura “di-
sligati” o “squaternati”, cioè erano in
fogli sciolti o in quaderni sfusi, perciò
andavano custoditi in scrigni come le
carte sciolte, e si compravano a minor
prezzo dallo stampatore prima di essere
da questi confezionati, riservandosi di
fare la rilegatura in un secondo momento, o di farla da sé. Massenzio risulta così il più parsimonioso dei fratelli, interessato sinceramente alla sola lettura e
non al possesso di esemplari di pregio.
Nella “camera del gaifo” di Santa Maria in Elce, cioè la camera che si affacciava sulla loggetta, dove si trovavano le
casse con i libri, c’era “uno banchecto
da tenere scripture aperto intro lo quale ce sta uno Tulio de Officiis de stampa
legato ad modo de regestro con certe
scripture de niente…”; la presenza di
questo banchetto da scittura mi ha sempre fatto pensare a questa camera adibita oltre che a biblioteca anche a “scriptorium”; molto probabilmente nei secoli
precedenti era il posto dove i monaci
scrivevano e miniavano antichi codici,
come avveniva anche nei più piccoli monasteri benedettini; che ciò si sia verificato non è impossibile, poiché, come ho
ricordato in precedenza, Santa Maria in
Elce non era affatto un’abbazia di secondaria importanza. È un vero peccato
che di tutto quel patrimonio non sia rimasto assolutamente nulla, che si debba
solo ricordare e immaginare, anziché
contemplare, osservare e studiare le meravigliose architetture di Santa Maria in
Elce e le bellezze che custodivano.
Notai di Calitri
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1 Nel 1597 il cardinale Alfonso Gesualdo diede il permesso di distruggere il borgo, istigato
e mal consigliato da un suo spietato agente, Prospero Crudele (di nome e di fatto) dell’Aquila.
L’abbazia fu risparmiata e continuò ad esistere; nel 1734, poiché era in rovina, fu ricostruita in contrada Demoste.
2 Archivio di Stato di Napoli, “Relevi”, vol. 322,
ff. 81-111 [1494]
3 “Il Calitrano” n. 10 n.s. gennaio-aprile 1999,
pag. 8 e segg.
4 M. Del Treppo “La biblioteca dei Gesualdo,
feudatari del Regno di Napoli” in “Italia et Germania. Liber amico rum Arnold Esch” nsrg Von
H. Keller, W. Paravicini und W. Schieder, Niemayer, Tubigen 2001, pp. 583-601
5 Sfrondando i doppioni, tutte e tre le sezioni
contavano circa 170 libri per un totale di 74 autori diversi. I doppioni sono molto importanti,
perché ci consentono di individuare i gusti di
chi possedeva quei libri.
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Nascenzo Fastiggi
1558-1573
Giovanni Codella
1561-1587
Giovanni Battista Balascio
1590-1604
Giovanni Battista Balascio jr.
1650-1685
Leonardo Martiniello
1604-1631
Nicolantonio Rosa
1574-1612
Giovanni Lupone
1604-1611
Pompilio Margotta
1623-1628
Giovanni Progena
1640-1642
Antonio Berrilli
1722-1745
Virgilio Palmieri
1690-1742
Eligio Rinaldi
1723-1751
Giuseppe Antonio Cestone
1739-1761
V? Polestra
1734
Annibale Rinaldi
1759-1797
Giuseppe Rinaldi
1798-1808
Pasquale Berrilli
1749-1798
Francescantonio Cestone
1779-1788
Andrea Toglia
1781-1788
Giovanni Lupone jr
1752-1803
Salvatore Lupone
1767-1784
Michele Zampaglione
1760-1788
Michele Margotta
1779-1786
Francesco Santoro
1782-1784
Vincenzo Santoro
1775-1808
Sigismondo Nicolais
1776-1810
Francesco Nicola Nicolais
1805-1831
Giuseppe De Maio
1802-1829
Arcangelo Berrilli
1835-1884
Luigi Berrilli
1820-1853
Michele Stanco
1849-1892
Luigi Nicolais
1854-1870 c:
Giovanni Stanco
1855-1883
Luigi Cerrata
1861-1894?
Giovanbattista Polestra
1892-1900
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SPONZ FEST 2016
LAVORO E DESTINO.
CHIEDI ALLA POLVERE
di Alfonso Nannariello
“I letterario; è già stato scritto sul-
l poema epico non è un progetto
le bocche della tribù”, così Derek Walcott in La voce del crepuscolo. Quanto era sulle nostre labbra Vinicio l’ha
trascritto, da Il Paese dei Coppoloni
alle Canzoni della Cupa, e illustrato,
dalla prima edizione del Calitri Sponz
Fest ai docufilm e videoclip che ci riguardano. Impastandola con voce e inchiostro, ha reso fitta e densa la polvere ormai quasi tutta gettata al vento
dei nostri miti e delle nostre tradizioni. Riportandola in bella copia, ha reso grumo, pietra miliare della nostra
storia, la scrittura rimasta sulle bocche. Raccontandolo, ha reso leggendario il taglio del labbro leporino.
‘Chi tiene polvere spara, chi no sente
le botte’. Anche questo si è trovato
scritto una mattina sulle nostre porte.
Polvere, in questa locuzione, non è la
polvere che raccoglie sotto il letto il
tempo. Non è quella “esposta al secco” delle Canzoni della Cupa. È più
polline che polvere. È gialla come
l’oro.
La polvere del nostro verdetto, infatti, non è inerte e arida. È polvere feconda. È polvere che sazia. È polvere
esplosiva. È polvere di soldi. È innanzitutto denaro. Pertanto, a seconda della polvere che si ha, metallica o
cartacea, o di altre ricchezze, così si
spara. Fino a puntare al bersaglio
grosso. Fino a ‘sparare a pallini’. ‘Ci
vuole la polvere per sparare a pallini!’
Questa polvere che diciamo apre
varchi e brecce nell’accerchiamento
della vita avversa. Come quella sparata dalle famiglie di profughi e
richiedenti asilo il cui viaggio della
speranza verso le nostre coste è reso
possibile dalla polvere raccolta dall’intero loro clan. Come quella sparata da tante nostre famiglie che, pur non
riuscendo ad arrivare a fine mese,
stringendo la cinghia fin che possono,
sparano la loro polvere per laureare i
figli.
Il nostro modo di dire ‘chi tiene polvere spara’, prima di Marx nel Capitale, scopre la metamorfosi delle cose:
dalla polvere, questa sì del cd Polvere
delle Canzoni della Cupa, che impolvera gli abiti di lavoro, alla polvere
degli spicci del salario, alla trasfigurazione di quest’ultima in cose che si
acquistano al mercato. Pertanto: ‘se si
deve comprare ci vuole la polvere!’ e,
in simmetria, ‘se si deve suonare ci
vuole la musica’, la stessa argentina
dei quattrini.
Polvere e musica in questo Sponz, come nell’edizione scorsa. Polvere di grano l’altranno al Formicoso, impastata
col sudore del lavoro. Polvere da sparo, polvere sonante quest’anno, polvere del salario che transustanzia, come
la formula sull’ostia, l’esistenza.
Come lo scorso, anche in questo
Sponz si scorge, nelle forme eleganti
e discrete dell’insetto perfetto uscito
dal bozzolo dell’immaginario di Vinicio, l’economia dei Siensi. Se ne
sente confermato il “raglio” e riaffer-
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mata quell’economia della biada e della mungitura, vale a dire di quel frutto civile che è il lavoro, lavoro che fa
sentire il gusto del bene uscito dal seno premuto con sensuale dolcezza alla Vita e alla Terra. Si avverte nel tema dello Sponz di quest’anno
l’urgenza, per quanto sottotraccia, del
lavoro, perché solo in esso la persona,
impiegando le proprie energie a uno
scopo, energizza se stessa sentendosi
utile e viva. Si sente sollecitare un piano organico nazionale per la promozione e protezione del lavoro, senza il
quale tutte le botte fin qui sparate sono frizzi di petardi che avviliscono chi
ha sparato, facendogli constatare che
ha fatto la fine dei tracchi e delle botte a muro. Solo col lavoro, ricaricati
dal basso dosaggio vitale di ‘chi non
tiene polvere’, passiamo da esseri liminari a uomini. Conquistata con il
lavoro la dignità di noi stessi, l’esistenza, tenendo sotto tiro l’assalto dei
giorni avversi, cambia l’abito impolverato in quello eucaristico, in quello
della festa.
Anche se sembra sovrapponibile alla
locuzione/tema di quest’edizione dello Sponz, un altro nostro modo di dire,
anch’esso non solo nostro, ‘chi tiene
santi va in paradiso’, non combacia
affatto. Proprio per niente. Se in entrambe le asserzioni c’è sia un ‘chi
tiene’, che sostiene l’idea di un qualcosa che si stringe, sia un cambiamento di situazione, stato o condizione che la cosa tenuta garantisce, le
dichiarazioni si differenziano sostanzialmente in relazione allo strumento
salvifico. Nell’ultima locuzione riportata il riscatto viene dal santo protettore. È lui che porta ‘in paradiso’.
E da queste parti, in questa Irpinia e
in questa Italia, specie oggi, molte anime di purgatorio questuano elemosine e favori che, se ottenuti, spostano
IL CALITRANO
N. 62 n.s. – Maggio-Agosto 2016
solo da fiamma a fiamma. Da quelle
dell’inferno a quelle mortificanti del
purgatorio della bassezza e della meschinità. Nel tema dello Sponz di quest’anno la salvezza è nelle nostre mani. Per riscatto. ‘Aiutati che Dio ti
aiuta!’ si dice in tanti posti. Anche qui.
E qui Dio, mutuando termini dalla filosofia aristotelica, aiuta come causa
efficiente della resurrezione, servendosi di noi, come causa strumentale e
materiale dell’insurrezione.
Qui, ad Atella della Campania, per essere precisi, solo una volta l’Altissimo
intervenne con il suo angelo, tirando
per i capelli il santo divenuto protettore di Calitri, Canio, un africano di
Iuliana, dice la sua passio, mentre il
boia stava per mozzargli il capo. Solo
allora bombardò i carnefici con tuoni,
lampi, grandine e con boati e scosse di
un terremoto. Da allora, nonostante
ancora si continuino a spiccare teste
dal collo, l’Altissimo ha cambiato
strategia. E noi con lui. Ora ci fa tirare su da soli. Ora ci tira fuori da tutte
le paludi, afferrandoci lo stesso per i
capelli, ma con le nostre mani. Come
il barone di Münchausen.
Come lo scorso, anche questo Sponz
non è più solo miti e tradizioni. È una
traccia, una indicazione. Come lo
scorso, anche questo riafferma quella
metodologia della partecipazione,
quel crowdfunding sociale, quell’impegno collettivo di persone che mettono in comune ognuno la polvere che
ha per fare la botta forte che si vuole
sentire. Per quanto con eleganza e discrezione, è rimarcata anche in questo
Sponz la necessità di quell’economia
dal basso, di quell’economia che accomuna persone, enti e associazioni
in uno stesso sforzo, quell’economia
che amministra l’ôikos, la dimora comune. È ribadito quel modo di vivere
e di esistere che ci fa sentire solidali
tra di noi, e non solo. Col suo Sponz
quest’anno Vinicio rafforza l’alba
nuova. Ci conferma che siamo coniugi e divinità della Natura.
Si è tenuta a Calitri la 34°Fiera Interregionale, dal 13 al 17 aprile 2016.
Ringraziamo gli organizzatori e il presidente Nino Campana che ogni anno gentilmente ci ospitano e che continuano il loro impegno per le nostre zone. Il prossimo appuntamento è ad agosto.
Sabato 30.04.2016 in c.da Orto di Cioglia è stata inaugurata l’isola ecologica, per la nobilitazione e il recupero dei materiali. L’area è stata dedicata a Giovanni De Nicola (17.12.1943†23.08.2008).
Calitri, 1962, matrimonio
di Giovanna Cerreta e Nicola Ragazzo. Prima fila:
Sibilia Enzo, Sibilia Mario,
(?), Sibilia Rosanna, gli sposi, Cerreta Lucia Di Milia
Giuseppina Cerreta Umberto, Di Milia Michele,
Abate Giovanna, Cerreta
Canio. Seconda fila: Sibilia Raffaele, Sibilia Rocco (si intravede solo la testa), Ragazzo Leonardo Di
Milia Elvira, Canio Cerreta, Luigi Cerreta, Di Carlo Maria Galgano Rosa,
Cerreta Michela, Cerreta
Michele, Cestone Vincenzo, (?). In alto i fratelli Andrea e Vincenzo Cerreta.
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IL CALITRANO
N. 62 n.s. – Maggio-Agosto 2016
Il Premio “LE ECCELLENZE NELLE IMPRESE” allo stilista calitrano Salvatore CARUSO
da IL CORSIVO 09/04/16 anno 2 n.15
Avellino. È andato allo stilista calitrano Salvatore Caruso il premio
“Le eccellenze nelle Imprese” promosso dal Lions Club di Avellino
Host e dal Lions Club Avellino Principato Ultra. Lo stilista artigiano
calitrano, padre del brand “Nelle Grandi Fauci” (griffe di moda maschile nota per aver vestito, tra gli altri, l’abbigliamento di scena di
attori come Raoul Bova, Alessandro Preziosi, Claudio Amendola,
Paolo Conticini, Giulio Scarpati, Sergio Assisi, Kaspar Capparoni,
Massimo Ghini, Claudio Bisio, Massimo Ceccherini), è stato insignito del riconoscimento, insieme ad altri tre imprenditori irpini, in
una cerimonia ufficiale, patrocinata dal Comune di Avellino,che si
è tenuta venerdì 1 aprile, alle ore 18 presso il Circolo della stampa
di Avellino. Diversi parametri utilizzati dall’organizzazione territoriale dei Lions per identificare le best practice manageriali che
operano con successo in ambito locale. Fra i requisiti esaminati:
aziende capitanate da giovani imprenditori under 45, imprese che
si sono distinte nel mercato di appartenenza per il loro core business. Ed ancora: società che hanno portato il made in Irpinia ad di fuori dei confini nazionali e che hanno prodotto, con la loro attività, un ritorno economico sul territorio provinciale.
Tutti criteri che premiano il lavoro e l’impegno profuso da Caruso che sta fecendo, della sua signature, una label sempre più
apprezzata e conosciuta nei circoli nazionali e internazionali della moda per uomo. Soprattutto nel campo della jeanseria dove
il suo marchio è diventato celebre grazie all’idea del “No Wash Jeans”.Denim, frutto di numerosi esperimenti e concepito
su telai tradizionali con aghi ancora di legno, che viene pulito in freezer o all’aria aperta così da avere un effetto personalizzato sulla vestibilità. “Ricevere questo importante premio – dichiara entusiasta il maker Caruso – mi emoziona e mi inorgoglisce non poco”. “Essere considerato un’eccellenza nel panorama imprenditoriale irpino – continua – è sì un grande attestato di stima. Ma è anche una grande responsabilità che mi spinge ad un senso del dovere ancora più forte.Il tutto nell’ottica
di fare sempre meglio e di più”. “La nostra terra – conclude – ha tanti talenti acquisiti e in erba. Sembrerà forse scontato.
Ma sacrifici, idee sempre nuove e in movimento, capacità di innovarsi e rinnovarsi, fare rete anche in maniera trasversale possono essere ingredienti giusti per emergere soprattutto in un mercato che impone sfide sempre più glocal. La mia esperienza
è fatta da questi elementi. Spero possano essere utili soprattutto alle nuove generazioni
Diocesi di Sant’Angelo dei Lombardi – Conza – Nusco – Bisaccia. RINNOVO CARICHE SOCIALI NELL’ARCICONFRATERNITA IMMACOLATA CONCEZIONE CALITRI (AV).
Domenica 10 gennaio 2016, nel salone della Chiesa Immacolata Concezione di Calitri (Av) alla presenza del Vicario Zonale don Cosimo EPIFANI, delegato arcivescovile, della Diocesi di Sant’Angelo dei Lombardi – Conza – Nusco – Bisaccia, ed
al Padre Spirituale don Pasquale RICCIO, l’Arciconfraternita Immacolata Concezione ha rinnovato le proprie cariche sociali
per il triennio 2016/2018.
L’assemblea generale ha eletto il nuovo Consiglio Direttivo, che risulta così costituito:
Vitantonio
DI MILIA
Priore
Vincenzo
GALGANO
1°Assistente
Antonio
BAVOSA
2°Assistente
Canio
CIALEO
Consigliere
Leone (Leo)
COPPOLA
Consigliere
Antonio
DI MILIA
Consigliere
Gerardo
NIGRO
Consigliere
Antonio Mario RABASCA
Revisore dei conti
Fabio
CALA’
Revisore dei conti
Giuseppe
STROLLO
Revisore dei conti
Concluse le operazioni per il rinnovo delle cariche amministrative ed organizzative si è innalzato il canto del “Te Deum”
Il Consiglio Direttivo nella seduta di insediamento del 15 gennaio 2016 ha nominato/eletto quali componenti del
Consiglio i confratelli:
Angelo
MARGOTTA Cassiere
Michele
CICOIRA
Segretario
Pasquale
CALA’
Maestro dei Novizi
Vincenzo
CUBELLI
Maestro dei Novizi
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IL CALITRANO
N. 62 n.s. – Maggio-Agosto 2016
Antonio e Maria
di Marco Bozza
L gliamo immaginarla, è un po’ come
a perfezione non esiste, ma se vo-
il canto degli uccelli una mattina di primavera in cui la natura da impulso al
suo risveglio, agitando l’umana coscienza lungo dimensioni assai più vivaci e meno plumbee.
Il gioco della perfezione sussiste nell’immaginario, anche nell’incontro,
nello sguardo fulmineo, nell’occasione
dorata in cui due persone, perfette sconosciute, diventano piano piano la conoscenza reciproca, il gusto del buono,
il trillo dell’attenzione, la guida costante su quella che è l’onda della vita.
La vita è proprio come un’onda, alti e
bassi, ma quando hai un appiglio a cui
afferrare la mano o l’eco della voce, allora la navigazione va sempre nella giusta direzione, anche con la bussola alterata. L’incontro, il cammino lungo e
costante intorno al globo terracqueo, li
ho visti nella fantastica coppia formata
da Antonio Zazzarino e Maria Iraci.
Ho avuto modo di conoscerli da piccolo, e di serbare un lungo ricordo fino
agli ultimi giorni della loro esistenza.
Parlandoci, ascoltandoli ho sempre avuto l’impressione di far ruotare il mappamondo in qualsiasi direzione, perché ogni
latitudine o quasi era stata toccata. Ho
avuto l’impressione di sfogliare l’atlante
dell’intraprendenza, del dinamismo, della voglia di fare e non accontentarsi.
La spola costante tra il Venezuela, sede
del business calzaturiero, e l’Italia, dove
nella ridente Cisterna di Latina, si sta-
gliano a perdita d’occhio ettari di terreno
che hanno prodotto ogni ben di Dio, tra
cui l’immancabile kiwi.
Tonino il cuore pulsante, la mente, lo sviluppo dell’idea, l’esempio assoluto di come stare fermi non sia possibile, bisogna
sempre fare per avere, magari sbagliando,
ma con l’alibi di poter rifare tutto ancora
meglio.
Maria, dolcissima donna, capace di stare
accanto ad un uomo esuberante, attenta
alla famiglia e a quegli aspetti che solo la
sensibilità di una donna sa gestire. Una
compagna di viaggio instancabile a supporto di Antonio. In entrambi è stato sempre vivo, a distanza di anni, il magone dell’emigrazione, della lontananza nel vivere
in una terra che sul fronte dei principi democratici non è proprio idilliaca, ma che
ha permesso loro di realizzare ciò che altrove, forse, non avrebbero potuto. Nasce
così l’idea di erigere un monumento quale custode della figura dell’emigrante,
quello di un tempo, povero, con i calzoni
rattoppati e lo spago ad avvolgere un contenitore cartonato, più che una valigia (fenomeno che oggi è mutato nella forma, si
va via col trolley, ma non arrestato nella
sostanza).
Tutto però, inizia a scricchiolare quando la tenacia di Tonino viene scalfita da
un problema ai reni che potrebbe portarlo in dialisi. Per un giramondo come
lui, sarebbe stata la fine. L’idea di essere vincolato ad una macchina di ripulitura interna, senza la possibilità di muoversi a suo piacimento, lo avrebbe ucciso
La città che non sorride mai
anzitempo. Ed ecco che come una stella cometa rispunta Maria, che con tutto
l’affetto gli regala altri anni di felicità
grazie alla donazione di un rene. La compatibilità e il desiderio dell’unione sono
più forti di tutte le avversità vissute nel
tempo, e a volte, con cocenti delusioni.
Quando però si subisce un trapianto, per
quanto si possa andare avanti, non si è più
quelli che madre natura ha confezionato. Il corpo diventa una macchina che
cammina con un pezzo estraneo, e quel
pezzo, affinché funzioni, necessita di
grossi supporti farmacologici, che nel
tempo, aggravano la condizione fisica e
anche psichica.
Così, nella sua Cisterna di Latina, il caro Tonino colto da malore, finisce in
ospedale, e in ospedale termina la sua
corsa nel mondo terreno. La cara Maria,
pur fingendo di resistere al duro colpo,
in cuor suo ha perso la forza del battito,
l’impulso del respiro, l’intreccio con
quella mano che per anni ha stretto forte, e così, dopo pochi mesi, sempre per
complicazioni legate alla salute, ha raggiunto il suo Tonino.
Tutto questo è solo la punta dell’iceberg
di vite vissute intensamente, per narrare
le quali, ci vorrebbe un’opera enciclopedica.
Una cosa però è certa: il bello della vita
nasce quasi sempre per caso, con una
matita immaginaria che traccia il disegno dell’esistenza, che può essere bella
o brutta, ma sicuramente ha il sapore della scoperta.
di Giovanni Toglia (cappiegghij)
Un giorno mi recai al cimitero per fare una visita ai morti, tutto mi sembrò una cosa normale, ma mentre ero dentro mi vennero degli strani pensieri. Una piccola città circondata da un enorme muro, racchiude in sé la gioia di tanti abitanti che anche
essendo popolata da uomini, donne e bambini, questa città non sorride mai. Passando per le vie, tutti ti guardano come se volessero dirti qualcosa, ma le loro bocche non parlano, ciò che parla è il loro sguardo pieno di vita e di tristezza, che anche col
passare degli anni non muta mai. Ma tutto ciò è così caro a tutti perché ognuno di noi ha qualcuno che abita in questa città e
che guardando per le strade non vedi quell’immensa folla che cammina, un volto di mamma, di padre o di figlio, che con le
lacrime agli occhi crede di parlare con il proprio caro, che a sua volta, con il suo volto pieno di vita sembra dire “Non piangere, lo vedi che io sto bene, piuttosto pensa a te, che ogni volta che mi vieni a trovare ti trovo più invecchiato”. Questa è la
città senza sorrisi, dove ognuno ha la propria casa e tutto ciò che c’è è una lampada e un po’ di fiori secchi, che solo la pioggia fa rifiorire, dove tutti ti guardano ma nessuno ti giudica, dove solo i tuoi sogni si possono realizzare senza nessuna difficoltà e poterti guardare uno con l’altro senza giudicarsi, come spesso accade in questo mondo pieno di odio e di corruzione,
ed è questo che ti rende tutto più facile nella città che non sorride mai.
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IL CALITRANO
N. 62 n.s. – Maggio-Agosto 2016
Calitr’ mij
Li cal’tran’ chi s’ n’ vann’ ,
s’ n’vann’ cu lu nuzz’ nda lu cor’
p’cchè lassan’ nu pajes’
chi eia stat’ la naca r’ la vita lor’,
e lor’ hav’ rat’ cos’ chi n’ s’ ranna mai scurdà.
Lor’ ten’n’ la sp’ranza r’ t’rnà
p’cchè sann’ che hann’ lassat’ qua
e nu prezz’ tropp’ car’ ma purtropp’ ranna fa.
T’hamm’ lassat’ Calitr’ mij
lundan’ n’ sim sciut’
ma nda lu cor’ t’hamm’ p’rtat’.
Calitri primi anni 70, da sinistra in piedi: Vittorio Toglia (tottacreta), Giovanni Toglia (cappiegghj), Giovanni Di Milia (paglier’), Giuseppe Fatone (faton’),Vito Antonio Toglia (cappiegghj/+23.11.1980), Luigi Di Maio (urt’lan’
r’ Cast’glion’), Vincenzo Zarrilli (v’ton’), Vincenzo Scoca (baggian’), Mario
Capossela (nzaccand’/deceduto), Luigi Bavosa (buld’).
Qua ndov’ sim’ arr’vat’
stann’ tutt’ cu la cap’ calata
cum’ stess’n’ ngazzat’,
n’ n’geia sol’ chi t’ scaglienda
e n’ n’geia ciel’ chi puoj tar’mend’.
E Calitr’ mij quanda malingunia
a p’nzà a quigghj ciel’
e a quigghj sol’ chi la matina quann’ t’auzav’
t’ ria frahor’ p’ totta la sc’rnata.
E si t’nia n’ picca r’ fatia, era fessa e m’ n’ scia!
Muccioli Teresa (14.09.1941) e Luigi Diasparra (03.12.1936) festeggiano 55 anni di matrimonio. Sposi a Ruvo del Monte il 06.02.1961. Auguri dai figli Agnese, Mario, Rosetta e Vincenzo, da parenti, amici e dalla Redazione.
Giovanni Sicuranza
Calitri, 25.05.2016. Il gruppo di portatori della statua di san Canio. Da sinistra: Carmine Iannece, Giovanni Miele, Salvatore Fierravanti, Vincenzo Di Pietro, Antonio Zarrilli, Michele Gallo, don Pasquale Riccio. A terra da sinistra: padre Angelo Sardona rogazionista, Giuseppe Fierravanti,
Angelo Maffucci e il sindaco Michele Di Maio. Un invito a tutti i calitrani
ad essere maggiormente presenti e partecipi offrendosi volentieri per il
trasporto della statua.
Il 23.02.2016 la dott.sa Giulia Zarrilli (Poggibonsi) è stata premiata -alla
Camera dei Deputati presso Palazzo Montecitorio in Roma- come una
delle 106 eccellenze d’Italia. Alla dott.sa un augurio dalla mamma Antonella, dal babbo Antonio Zarrilli (ciamban), dal fratello Daniele, dal nonno Antonio, dalla nonna Delli Liuni Rosa Maria, dal fidanzato Mirko, dalla
cognata Valentina, dagli zii e parenti tutti. Complimenti dalla Redazione.
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IL CALITRANO
N. 62 n.s. – Maggio-Agosto 2016
Calitri, vendemmia 2012 presso le cantine “La guardia”. Da sinistra: Angelo Galgano (tottacreta), Giuseppe Di Maio (scardalan’), Michele Cerreta dietro, Gerry Savage, Raffaele Pastore (m’rcand) e Michele Zabatta (ciend’ capill’). Davanti da sinistra: Canio Cerreta (ricca recca) con la moglie Antonietta Petraglia,Vincenzo Codella (st’val), Concetta Russo (bellascrima), Maria Russo, Della Badia ????, Michelina Fatone (carezza), Angela Fastiggi (chiangon’), Maria Eleonora Monico, Bernardette Savage e Demetrio Nicolais.
Calitri, 2014. Festeggiano pasquetta (davanti il ristorante la Gatta Cenerentola), da sinistra: Vito Natale, Angelo Cubelli, Emilio Zabatta, Angelo Caruso e Michele Caruso. Dietro Michele Galgano con Marta Pica.
Calitri, 28.02.1966 matrimonio di
Rosa Gallucci (ard’ casazz’) e Canio Maffucci (spacca c’pogghij). I figli Enza, Michele, Luciano e Nino, i
parenti e tutti gli amici augurano
infiniti auguri per la nozze d’oro
05.06.2016.Anniversario di matrimonio di Sonia Giarla e Massimo Cianci, qui con i figli Amina e Tiziano. Amate e ricordatevi di essere felici, sempre
e comunque! Siamo angeli in cerca di un sorriso, essere spirituali che stanno
facendo un’ esperienza terrena! Onoriamo questo viaggio nell’unico modo possibile: amare! Chi è stato vicino alla nostra anima lo sarà per sempre! A special
family.
Cestone Giovannina (m’calon)
mentre ,in occasione del Natale
2015 prepara I gravajuol alla sua
famiglia.
27.12.2015 e 27.12.1965. Giuseppe Cucciniello e la moglie Mia Clotilde
(Tilde) Pio festeggiano le nozze d’oro. Auguri dalla famiglie e dalla Redazione.
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IL CALITRANO
N. 62 n.s. – Maggio-Agosto 2016
Calitri, 06.04.2015. Gli sposiVincenzo Delli Liuni (‘u ciamban’) e Teresa Kalyan con i testimoni Marie Thirwall e Angelo Zabatta. Gli sposi
ricordano il loro primo anniversario di matrimonio con immensa gioia per aver celebrato
la fusione di più culture con quella calitrana.
Sinceri auguri da parenti, amici e dalla Redazione.
Calitri, fine anni ’50. I fratelli Antonio e Lucia
Zabatta (quequ).
Calitri, elezioni comunali 1980, in attesa della presentazione delle liste. Sulla soglia, da sinistra: Giuseppe Cubelli (ndrand’la),Antonio Maffucci (patr’nett’) e Giuseppe De Nicola col cappello (piecur’).
A terra: Angelo Cetta (p’cec’), Giuseppe Rainone (‘a pastora) e Vito Galgano (m’l’nar).
Germania, Colonia, 2015. Laurea di Tiziana Zabatta. Da sinistra: il fratello Enzo Fabio, la neo
dottoressa, la madre Maria e il padre Giuseppe Zabatta (quequ). Auguri dalla Redazione.
Belgio, Charleroi, primi anni ’50. Due giovani
minatori, gli amici Pietro Di Napoli (sc’mm’rott’,
a sinistra) e Vito Melaccio (f ’lic’/
18.09.1931+03.01.2012).
Calitri, 24.04.2016
battesimo della piccola Giulia Di Mattia. Da sinistra:
Rossella Fierravanti
(madrina), la festeggiata in braccio alla
madre Francesca
Fatone, il fratellino
Davide in braccio al
padre Giuseppe e
Iolanda Fierravanti
(madrina).Auguri da
parenti, amici e dalla Redazione.
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La piccola Emma nata (da Paola Di Cecca e Luca Russo il 30.10.2015) a Milano ...ma con cuore Calitrano!
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Gruppo “I Mediterranei”, estate 1975. Da sinistra: Claudio Iannella (figlio di Benito u c’nes, al basso), Vincenzo Quaranta (kembò, al triccaballacche e voce), Giovanni Buldo (chitarra e voce), Antonio Abate
(18.10.1955-19.01.2013 alle tastiere vox),Vito Zabatta (mattaion alla batteria e voce).
Gruppo “I Mediterranei”, 1972/73. Da sinistra: Claudio Iannella al basso,Antonio Abate alla tastiera,Vincenzo Quaranta alla chitarra e alla batteria Mario Fatone (24.09.1954-24.12.1980)
PER RICORDARE CARI AMICI CON CUI ABBIAMO CONDIVISO MOMENTI BELLI NELLA VITA E
NELLA MUSICA: ROCCO DI NAPOLI (U’ BOIA), MICHELE CALA’ (U’ BAMMIN’), ANTONIO ABATE
(MAST’ TONN’) E MARIO FATONE (CAREZZA) .
Calitri, 18.03.2016. Cena con gli allievi del corso di informatica di base
organizzato da IL CALITRANO. Da sinistra in piedi: Antonio Cianci,
Orazio Santoro, Cecilia Rossi,Angela Toglia, Raffaele Salvante, Michele Del
Cogliano, Antonio Cialeo, Gerardo Maffucci, Giovanni Nusco, Giuseppe
Fastiggi. Seduti da sinistra: Lisa Marchitto, Gaetana Zarrilli, Giovanni
Di Milia e Gerardino Zabatta. Nella foto sono assenti: Giuseppe Di
Maio, Lucia Martiniello, Alessandra Del Cogliano, Giovanna De Lorenzo.
Gruppo “I The First”, 1972. Da sinistra: Rocco Di Napoli (11.01.195015.04.2016, alla batteria), Francesco Maffucci (u parrucchier’, alla chitarra
e voce),Vincenzo Scoca (cinz’ u baggian’, alle tastiere e organo Welson),
Giovanni Buldo (bubù, alla chitarra e voce), Michele Calà (11.01.194930.06.1995 al basso).
Calitri, 07.05.2016. Festa
dei 70 anni della signora
Francesca Cianci (u napulitan’). Qui con tutta la famiglia. Da sinistra: Michele Cialeo (nipote),Vito
Martiniello (figlio), Antonietta Galgano (nuora),
Vincenzo Martiniello (nipote), Antonio Martiniello (nipote), Francesco
Cialeo (nipote), Antonio
Martiniello (u lancier’/ marito), la festeggiata, Michele Martiniello (figlio) con
in braccio la figlia Alessia
(ultima nipotina), Francesca Galgano (nuora), Teresa Martiniello (figlia),
Salvatore Cialeo (genero)
e davanti i piccoli Diego e
Giorgia Martiniello (nipoti). Auguri di buon compleanno da tutta la famiglia e dalla Redazione.
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IL CALITRANO
L A NOSTRA
BIBLIOTECA
Pironti - Bellino - Piccininno: Herberto Consano Archiepiscopo (sec.
XII) Contributo alla biografia del santo e alla storia di Conza; Ed. Delta 3
- Grottaminarda 2015.
Questo studio è frutto della competenza di chi ha dedicato buona parte del
suo tempo alla ricostruzione del contesto storico antropologico e della biografia di un personaggio caro alla città
e all’Arcidiocesi di Conza: Sant’ Erberto.
Un’indagine certosina, una ricostruzione critica che sollecita l’interesse di
quanti, e non solo, al tema si appassionano.
Il plauso non va solo al metodo di lavoro, all’accuratezza della ricerca che
offre un contributo di conoscenza e aggiunge importanti tasselli alla storia
della città, ma soprattutto al soggetto
esemplare che si è scelto.
Credo, infatti, che la figura di S. Erberto possa essere intesa da tutti come
N. 62 n.s. – Maggio-Agosto 2016
un segno, un simbolo ed un monito da
condividere, anche da un punto di vista laico, oltre la fede e la religiosità.
Un segno della continuità nel tempo,
del patrimonio di cultura di un popolo, della devozione e del valore di un
territorio. Un simbolo di civiltà e della capacità di ogni comunità di esprimere o di adottare grandi personalità e
dare il meglio di sé, quando non sia miseramente affetta dall’auto sottovalutazione, che fa ritenere sempre e comunque migliore ciò che viene detto o
fatto dagli altri.
Un monito proprio nel suo essere inossidabile punto di riferimento, invocazione, grido e speranza di una comunità provata da cento eventi e da mille
avversità: ciò che vale non muore, resta, risorge e rivive giorno per giorno.
Quanto al merito indiscutibile della
pubblicazione, che per espressa “etica
scientifica deve rimanere aperta agli
ulteriori o eventuali risvolti della ricerca”, lo scorrere del tempo ha mostrato l’alternarsi dei giudizi e delle
conclusioni e credo che questo rincorrersi di notizie e di idee sarà ancora Al
centro di dibattiti tra venti, cinquanta,
cento anni.
Calitri, 27.08.2015. Festa dei 25 anni. Quarta fila da sinistra: Katia Russo, Roberta Codella, Enza Gautieri, Michele Margotta, Giovanni Fierravanti. Terza fila da sinistra: Mariangela Miele, Federica Lettieri, Maria Di Cairano, Francesco Cestone, Celeste Fierravanti, Iolanda Fierravanti, Francesca Viglioglia e Maurizio Maffucci. Seconda fila: Emanuel Gallucci,Alessandra Vallario,Antonella
Cestone, Marida Calabrese, Claudia Cialeo, Gaetano Di Maio. Prima fila in piedi: Lucia Toglia, Lorenza Sansone, Giovanna Altieri, Anna Fierravanti, Anna Di Napoli, Luisa Acquaviva, Lucia Basile e
Vincenzo Gammella. In ginocchio: Angelo Maffucci, Alessandro Lucrezia e Alessio Raho.
20
(dalla prefazione del signor Vito
Cappiello sindaco di Conza)
ALFONSO NANNARIELLO: La
vendetta dell’arcangelo Gabriele, Delta3 - Grottaminarda (AV) 2016, pp. 94.
Ninetta (Raffaela Pignone 18021832), nel vortice di un tempo ventoso di briganti, di annate senza frutti e
scarsità di affetto, cercando di braccia
in braccia chi le aveva sbandato l’anima in corpo, i sensi e il cuore, prese a
trattare con tutti i dissoluti e debosciati. Spargendo la sua carne, straziata d’amore, commise un brutale
omicidio. Ma la storia non inizia e non
finisce così.
(dalla seconda di copertina)
ALFONSO NANNARIELLO: L’indole del rovo, Delta3, Grottaminarda
(AV) 2015, pp. 302.
Un racconto fatto di tanti racconti. Una
narrativa antropologica che ripercorre
il nostro passato attraverso una ricerca etimologica paziente, accurata, analitica. Un ulteriore lavoro dell’autore
che arricchisce il nostro patrimonio popolare volgendo particolare attenzione a quelle tradizioni scomparse.
A Franco Fiordellisi, un doppio augurio per l’elezione a nuovo segretario della CGIL Irpinia
con l’80% dei voti; e per il suo matrimonio, avvenuto il 25.06.2016, con la signorina Rita Labruna, nella cornice di una incantevole ed eccellente festa nuziale. I nostri più sinceri, sentiti,
partecipati auguri dalla redazione.
IL CALITRANO
N. 62 n.s. – Maggio-Agosto 2016
S O L I D A R I E TÀ C O L G I O R N A L E
Francesco (Barbaiana), Cestone Vito (Buttapietra),Lettieri Lucia (Colle di Val D’Elsa), Don Pasquale Di Fronzo(Rocca San Felice), Colucci Pasquale (Sirignano),Delli
Liuni Rosa Maria (Poggibonsi),Zarrilli Antonio (Poggibonsi), Zabatta Mario (Cantù),
Di Milia Angela (Castel San Pietro Terme), Lampariello Luigino (Salerno), Currà Antonio (Novate M.se), Cella Iolanda (Meda), Ragazzo Michele (Fano), Fastiggi Vittorio
(Mariano C.se), Cianci Giacinta (Treggiaia), Cicoira Teobaldo (Nova M.se), Scoca
Eleonora (Nova M.se), Acocella Vitantonio (Lentate), Di Domenico Maria (Poggibbonsi), Buglione Gerardo (Cantù),Maffucci Giovanna (Salerno), Di Milia Iolanda (Pontedera), Zarrilli Maria Antonietta (Conza della Campania), Cecere Marco (Firenze),
Euro 15: Libreria già Nardecchia (Roma), Scoca Vincenzo (Bologna), Scoca Vincenzo (Perticato), Pastore Antonio (Lioni),Margotta Canio (Meda), Zarrillin Giuseppe
(Bollate),Mazziotti Antonietta (Santa Marinella),Acocella Ada (Castelfranci), Lantella Salvatore (Torino), Rubino Michele (Carmignano),Lotito Vincenzo e Nesta Rosetta Maria (Foggia),
Euro 20: Cianci Giuseppe (Villa Verucchio),Ardolino Marianna (Baronissi), Candela Anna ved.Carola (Milano), Maffucci Marco (Roma), GautieriVito (Moncalieri), Frasca Rosetta (Roma),Scoca Mauro e Bozza Rosina (Chieti),Zampaglione Angela (Roma), Rubino Canio (Briosco), Di Milia Iolanda (Pontedera), Di Milia Antonietta
(Milano),Cicoira Grazia (Roma), Sperduto Massimo e Maffucci Vanessa (Saludecio),
Senerchia Mario (Vicchio di Mugello), Acocella Nicola (Limidi Soliera),Leone Giovanni (Milano),Nicolais Luigi (Manfredonia), Rabasca Corcione Barbara (Caserta),
Codella Maria Antonietta (Roma), Carusp Patrizia (Roma), Gautieri Giuseppe (Bologna), Casarin Russo (Mestre), Rella Giovanna (Pescopagano), Galgano Anna (Milano), Maffucci Marco (Roma),CubelliVito (Foggia), Caruso Michele (Lomazzo), Gautieri Angelo (Trezzo D’Adda), Pecora Angelo e Lucia Nappo (Capriglia), Nicolais
Maria (Lavena Ponte
Tresa), Savanella Michela Ferroso (Avellino), Simone Vincenza (Maddaloni), Galgano
Angelo Maria (Salerno), Maffucci Vincenzo (Bregnano), Pastore Umberto (Verona),
Fastiggi Michele (Salerno), Di Milia Rocco (Avellino), Giuseppe e Maria Zabatta.
Euro 20,17: Bertolasi Silvia Maria (Sermide),
Euro 25: Margotta Mario (Figino Serenza), Lampariello Franchino (Garbagnate), Fenu Vigorito Vincenza (Uta), Di Cosmo Mario (Poggibonsi), Simone Anna (Carife), Di
Napoli Vincenzo (Bollate), Pezzella Di Maio Giusi (Dragoni), Antonio Vespucci
(Sant’Andrea di C.),Abate Michele (Roma), Giuliano Canio e Lampariello Maria (Genova Idra),Di Milia Mario (Busto Arsizio), Pastore Elio (Faenza),
Euro 30: De Nicola Antonietta (Poggibonsi), Maffucci Angelo Michele e Cuppone
Rosanna (Lissone), Nannariello Rosellina (Genova), Di Cairano Giuseppe (Milano),
Nappi Gaetana (Bergamasco), Nivone Antonio (Sant’Angelo dei L.), De Matteo Ersilia Di Maio (Roma),Armiento Edoardo (Roma),Grieco Paola (Roma),Vallario Giuseppe Nicola (S.Miniato Basso), Cubelli Lorenzo (Bergamo), Maffucci Samuele (Seano),Codella Elio (Corsico),Maffucci Giuseppe (Portici),
Euro 40: Cicoira Ettore (Napoli), Lavanga Pasquale (Cagliari),
Euro 50: Messina Giuseppe (Roma),Lucia Anna Senerchia (Latina),Tozzoli Giovanni Paolo (Roma), Fierravanti Lucia (Olgiate C.sco), Scoca Maria Antonietta (Guidonia), Miano Mario e Vincenzo (Napoli), Raffaele Marra (Caserta), D’Ascoli Berardino (Genova), Acocella Alfonso, Maria Alfonso e Federico (Salerno), Angela Di Maio
ved.Carmine Palermo,
Euro 100: Cicoira Ugo e Silvia (Aosta), Liliana Bonanome (Venezia),
DA CALITRI
Euro 5: Di Luzio Silvia, De Vito Antonietta,
Euro 10: Maffucci Benedetta, Di Luzio Donata Luongo, Paolantonio Giuseppina, Bozza Maria, Margotta Giuseppina ved.Gervasi, Cestone Assunta, Di Cecca Angelo Cirminiello Rosa,Tornillo Giovanna, Cirminiello Angelomaria,Girardi Graziella, Simone
Mario, Fatone Concetta,Armiento Antonietta, Martiniello Antonio, Galgano Rosa Di
Cairano, Di Maio Giuseppe Cestone Maria, Cestone Leonardo Antonio, Di Milia
Raffaele, Briuolo Giovanni, Di Cecca Vito, Galgano Bernardino, Galgano Giovanni,
Zarrilli Pasquale via Tozzoli74, Rosania Pietro, Cerreta Giuseppe, Lucrezia Antonio
e Nivone Lucia, Miele Giovanni, Cubelli Alfonso, Cestone Vincenzo e Galgano Luciana, Borea Giovanni, Di Guglielmo Luigi, MaffucciVincenzo e De Nicola Irene, Grasso Raffaella in Paolantonio, Martiniello Teresa, Di Napoli Giuseppe, Russo Pietro,
Euro 15: Maffucci Angelo & Calabrese Maria Concetta,Toglia Giovanna Nivone, Bozza Antonio, Cerreta Rosa Antonia, Ferri Gina e Iannella Claudio, Metallo Giovanni,
Martiniello Canio e Di Cosmo Giuseppina, Colucci Giuseppe, Buldo Maria e Zabatta
Antonio, Di Milia Giovanni e Gervasi Teresa, Margotta Canio, Fiordellisi Antonio,
Galgano Francesca, Panniello Carmine, Galgano Vito e Cerreta Iolanda, Russo Giovanni e Bozza Angela, Fatone Michelina, Fierravanti Maria, Rubino Maria Celeste, Metallo Canio e Di Milia Rosa,Avella Maria,
Euro 20: Di Napoli Di Cecca, Miele Antonio Giuseppe c/da M.Caruso, Maffucci
Gaetanina, Contino Vito, Cianci Lucia, Cicoira Mario Angelo, Caputo Vitantonio via
Dante 37, Di Milia Nicola, Armiento Assunta, Tabaccheria Antonietta Di Cairano,
Zampaglione Michele, Di Milia Antonio, Zarrilli Antonio, Fastiggi Antonio, Di Cecca
Berardino, Gautieri Vito, Maffucci Michele, Sperduto Giovanni,Acocella Pietro, Scoca Vito, Anonimo, Forgione Angelo, Lucrezia Vincenzina, Rabasca Antonio Mario, Di
Cosmo Michele, Nannariello Pasqualino, Martiniello Michela e Della Badia Canio,
Tateo Domenico, Metallo Colomba, Metallo Michele, Senerchia Angelo e Stanco
Giovanna, BozzaVincenzo, Roselli Donato, Di Napoli Antonella eVodola Sabino, Russo Canio, Iannece Carmine, Zarrilli Vincenzo ed Elisa, Cerreta Giovanni e Codella
Filomena, Di Carlo Giuseppina, Nicolais Raffaele, Gautieri Vincenzo e Fastiggi
M.Francesca, Di Maio Concetta, Di Milia Pasquale, Zabatta Canio,Aristico Gaetano,
Maffucci Donato, Scoca Antonio, Di MaioVincenzo e NicolaisVincenza, Pachi Nancy,
Mastrullo Giuseppe, Di Napoli Giuseppe, Codella Canio e Valeria, Capossela Mario,
Di Milia Michele, Salvante Giuseppe e Scoca Carla, Buldo Giovanni, Zarrilli Antonio
c.da Demostre, Senerchia Francesco e Lucrezia Luigina, Fastiggi Giuseppe via Sottopittoli 8, Forgione Angelo Francesco, Roselli Francesco, Cubelli Giuseppe fu Angelo, Cestone Angelo e Maffucci Enza, Zarrilli Rocco,Toglia Lucia, Zarrilli Canio,Tartaglia Maria Antonietta, D’Emilia Pasqualino,Forgione Maria, Cioffari Umberto, Di
Cairano Vittorio,Gianmatteo Silvana. Gautieri Donato,Zarrilli Giuseppe, Bovio Cosimo e Lucia,
Euro 25: Di Cosmo Angelo e Di Napoli Vincenza, Enzo Di Maio, Lettieri Angelo,
Euro 30: Rauso Fabrizio, Fiordellisi Giovanni e Maria, De Rosa Corrado, Caruso
Girolamo, Miranda Antonio e Francesca Cestone, Di Milia Vincenzo e Basile Elisa,
Immerso Maria, Zarrilli Michele via Verdi, Nesta Vincenzo, Fierravanti M.Francesca,
Cicoira Gianna e Di Cecca Michele,Miele Giuseppe e Maffucci Lucia, Metallo Fiorina, Metallo Giuseppina,
Euro 40: Di Milia Vito e Angela,
Euro 50: Nicolais Angelomaria, Caruso Angelo, Metallo Gerardo, Cestone Giovanni, Salvatore Caruso, Cianci Massimo, Zarrilli Donato e Maffucci M.Teresa, Caiazzo Vodola Clara, De Nicola Canio,
Euro 70: Armiento Giuseppe,
Euro 100: Studio Tecnico Via Largo Croce 35,
Euro 150: Bar New Poldo’s,
Euro 800: Corso di informatica,
DALL’ESTERO
BELGIO: euro 60 Di Carlo Raffaela, euro 15 Gervasi Antonietta,Ferrante Pasquale;
euro 20 Ruberto Vincenzo, euro 30 Galgano Antonio,
GERMANIA: euro 100 Nicolais Giovanni (Reutlingrn), euro 20Volz Michelina,
Gautieri Gaetano, Zabatta Giuseppe,
INGHILTERRA: euro 20 Fasulo Ester,
SVEZIA: euro 25 Armiento Michelangelo,
SVIZZERA: euro 450 Associazione Calitrani in Svizzera, euro 50 Petito Mario,
AUSTRALIA: $ 50 Fastiggi Angelo, $ 20 Maffucci Donato,
CANADA: euro 50 Sacino Giuseppe,
U.S.A.: $25 Bongo Robert,
VENEZUELA: euro 100 Di Napoli Vito e signora.
DA VARIE LOCALITÀ ITALIANE
Euro 5: D’Onofrio Giuseppe (Castellamare di Stabia),Caruso Maria Carmela (Castelfiorentino), Di Maio Antonio (Verbania),
Euro 10: Codella Rosa Di Milia (Salerno), Falcone Michelangelo (Foggia), Stanco
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IL CALITRANO
N. 62 n.s. – Maggio-Agosto 2016
MOVIMENTO DEMOGRAFICO
Rubrica a cura di Anna Rosania
I dati relativi al periodo dal 01 febbraio al 30 giugno 2016 sono stati rilevati
presso l’Ufficio Anagrafe del Comune di Calitri
DECESSI
NATI
Tuozzolo Kovacs Daniel Rubin
di Vincenzo e di Farago Kovacs Eva
Senatore Massimo
di Vincenzoe di Di Cecca Roberta
Zabatta Sofia di Carmine e di Capozi Giulia
Acocella Gabriele
di Nicola e di Cimmino Marianna
Cialeo Sveva Maria di Giuseppe Raffaello
e Racioppi Alfonsina Luisa
Calabrese Crystal di Domenico e di Albano Sara
D’Onza Ylenia di Giuseppe e di Di Salvo Lucia
Ruggiero Camilla di Vittorio e di Basile Bianca
Iannece Gerardo di Antonio e di Maffucci Enza
Coppola Gabriele
di Michele e di Maria Maddalena Nicolai
Traficante Antonio di Giuseppe e di Caputo Sonia
Traficante Gerardo di Giuseppe e di Caputo Sonia
Cicoira Vincenzo di Michele e di Piazza Carmen
Di Carlo Felicetta
Caputo Filomena
Gonnella Gerardo
Pagliarulo Gerardo
Paolantonio Pasqualina
Galgano Canio
Metallo Vincenza
Galgano Gaetana
Vallario Mario
Di Milia Antonia
Strollo Lucia
Acocella Michela
Rinaldi Giovanni
Di Napoli Vincenza
Marchitto Maria
Guglielmo Lucrezia
Di Napoli Rocco
Jaitem Jamal Kawsu
Maffucci Antonia
Zarrilli Michelina
Zabatta Lucia
Senerchia Angelo
Di Cecca Maria Luigia
Di Cecca Maria Michela
Di Napoli Salvatore Antonio
Russo Donato
Rossi Serafino
28.10.2015
22.01.2016
02.02.2016
03.03.2016
24.03.2016
05.04.2016
07.04.2016
23.04.2016
26.04.2016
02.06.2016
04.06.2016
04.06.2016
23.06.2016
MATRIMONI
Codella Michele e Grieco Anna
Cestone Vincenzo e Del Re Valentina
Lucrezia Giuseppe e Pepe Giusy
16.04.2016
23.04.2016
07.05.2016
06.03.1929 - † 06.01.2016
04.03.1937 - † 03.02.2016
10.04.1957 - † 04.02.2016
25.04.1938 - † 12.02.2016
11.03.1915 - † 13.02.2016
03.03.1952 - † 14.02.2016
25.02.1924 - † 18.02.2016
20.02.1922 - † 23.02.2016
28.10.1936 - † 28.02.2016
14.06.1925 - † 02.03.2016
08.10.1935 - † 02.03.2016
13.08.1926 - † 14.03.2016
24.07.1959 - † 16.03.2016
22.02.1926 - † 22.03.2016
25.11.1937 - † 05.04.2016
18.10.1924 - † 06.04.2016
11.01.1950 - † 15.04.2016
09.01.2016 - † 26-04.2016
29.10.1923 - † 28.04.2016
07.11.1950 - † 07.05.2016
13.09.1924 - † 08.05.2016
28.10.1940 - † 13.05.2016
11.09.1939 - † 17.05.2016
25.02.1921 - † 21.05.2016
18.04.1955 - † 01.06.2016
05.03.1927 - † 10.06.2016
02.01.1933 - † 16.06.2016
Ci scusiamo per qualsiasi eventuale errore.
Salvatore Antonio Di Napoli
Dirigente scolastico dell’I.C.S. “A.Manzi”di Calitri
18.04.1955†01.06.2016
La Redazione di questo giornale vuol rendere il doveroso omaggio
al carissimo D.S., uomo intelligente, onesto e lungimirante che ha
dedicato la sua vita all’amore per la famiglia e alla scuola. La sua
precoce dipartita ha segnato l’animo di tutti coloro che hanno
avuto la fortuna di conoscerlo. Il suo lavoro era la sua missione.
Riportiamo qui un suo pensiero:
PER I DOCENTI
È questa la sfida vera per i docenti “IMPARARE A NON INSEGNARE”, così il
docente si trasforma in un promotore di creatività. Non è colui che trasmette un sapere
bell’e confezionato, un boccone al giorno, un domatore di puledri, un ammaestratore di
foche. È un adulto che sta con i ragazzi per esprimere il meglio di se stesso, per
sviluppare anche in se stesso gli abiti della creazione, dell’immaginazione,
dell’impegno costruttivo in una serie di attività che vanno ormai considerate alla pari.
Grazie Preside!
22
Luigi Simone
20.06.1954
†Belgio,04.05.2014
Ogni fiore, ogni parola,
ogni gesto d’amicizia e di
simpatia ci hanno
profondamente colpiti.
Angela Zarrilli
vedova Simone
29.03.1922†05.12.2013
La morte non è niente.
Sono solamente passato
dall’altra parte: è come
fossi nascosto nella stanza
accanto. Io sono sempre io
e tu sei sempre tu.
(Henry S. Holland)
IL CALITRANO
N. 62 n.s. – Maggio-Agosto 2016
R E Q U I E S C A N T
I N
P A C E
Girolamo Caruso
04.05.1937 †05.10.2015
Brigida Ziccardi
27.04.1924 †06.03.2015.
Ciao nonno Girolamo! Dopo anni di sofferenze ci hai
lasciati...
Non c’è giorno che passi che non sei nei nostri pensieri..e
non c’è giorno che passi che la nostra cara nonna Angela
non ti pianga... Nel ricordo del tuo primo Compleanno in
cielo, ti abbracciamo infinitamente!
Le tue nipoti Marta e Sara.
Vincenzo Zabatta
02.07.1922†01.01.1996
Cari genitori e nonni il tempo passa ma
il vostro ricordo è vivo nei nostri cuori,
la vostra mancanza è incolmabile.
Ancora un grazie per avervi cresciuti
con tanti sacrifici e educati all’onestà,
al lavoro e alla fede. Figli e nipoti
Antonietta Talzighetti
1941†Varese 09.07.2016
Serafino Rossi
02.01.1933†16.06.2016
Rocco Di Napoli
11.01.1950†15.04.2016
Gli amici di Calitri sono
vicini nel dolore al marito
Cesare Giovanni Buldo e
ai figli Vincenzo e Nadia.
Dedicò la sua vita al
lavoro e alla famiglia.
Raccolse stima e affetto da
coloro che ebbero modo di
apprezzarne l’onestà e la
grande bontà di cuore.
Sei stato la nostra guida e
continuerai a essere il
nostro esempio di vita. La
tua famiglia
Canio Galgano
03.03.1952†14.02.2016
Pasqualina Paolantonio
11.03.1915 †13.02.2016.
Giuseppe Stifano
02.01.1928†21.01.2016
Per la bontà che illuminò
la sua esistenza, per il
ricordo che lasciò in quanti
lo conobbero, per l’affetto
che nutrì verso la sua
famiglia, resterà sempre
nei nostri cuori.
“Grazie Mamma”
i figli Angela e Vito Stanco
Beati quelli che osservano
la rettitudine e il ogni
tempo la giustizia
(Salmo CV)
Vincenzo Sicuranza
13.01.1927†12.11.2015
Salvatore Diasparra
18.11.1958†16.08.2015
Rosa Acocella
07.08.1975†18.06.2015
A voi quest’immagine
perché richiami alla vostra
mente un dolce ricordo ed
alle labbra una mesta
preghiera
Un anno è ormai passato,
soli siamo rimasti a
sopportare. Gli amici sono
dispersi, evitano,
dimenticano, ma io ricordo
ancora la luce del mio
cammino. Assunta
Non si perdono mai coloro
che amiamo, perché
possiamo amarli in Colui
che non si può perdere.
Sant’Agostino
Giuseppe Di Maio
04.09.1925†14.06.2015
Vito Di Guglielmo
16.03.1936†11.09.2015
Giuseppe Forgione
12.02.1941†06.07.2012
Sarai sempre il faro della
nostra vita.
Hai abbandonato questo
mondo ma rimarrai per
sempre nei nostri cuori. I
tuoi cari
In te mi rifugio, o Signore,
ch’io non sia confuso in
eterno! Scampami nella
tua giustizia e liberami,
tendi verso di me
iltuoorecchio e salvami.
(Salmi, 71-1)
Caro papà, a quattro anni dalla
tua scomparsa la tua assenza è
ancora molto forte,
nel quotidiano e sopratutto
nelle ricorrenze.
Sei sempre nei nostri
cuori...tua figlia Mariagrazia
e la tua famiglia.
Antonio Zabatta
06.07.1933
† Dragona 01. 05. 1985
Giuseppe Cianci
19.05.1928†21.06.1999
Berardino Galgano
09.01.1918†27.04.2005
Resterai sempre nel cuore di
quanti ti vollero bene. La
moglie Maria e i figli
Angelomario e Antonio.
O Dio, ascolta la mia
preghiera, porgi l’orecchio
alle parole della mia bocca.
(Salmi, 54-4)
A 31 anni dalla tua dipartita,
il tuo ricordo resta vivo per
sempre nei nostri cuori. Chi
vive nel cuore di chi resta
non muore. I nipoti
Michel Simone
16.12.1927†Belgio, 13.12.2013
Paolo Miele
15.06.1973†08.04.2015
Con il suo amore, la sua bontà, la sua generosità, il caro
papà se n’è andato come ha vissuto. Il cuore riempito degli
sguardi, noi conserveremo una memoria commossa di tutta
la compassione e l’affezione che ci avete testimoniato.
Sua moglie, i figli, i nipoti e i pronipoti, la famiglia e tutti i
suoi amici.
Signore, non ti chiediamo perché ce lo hai tolto, ma ti
ringraziamo per avercelo dato. I nostri occhi pieni di
lacrime sono fissi nei tuoi pieni di luce (Sant’Agostino). Nel
primo anniversario della sua scomparsa, la famiglia tutta lo
ricorda con immenso amore.
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In caso di mancato recapito rinviare all’Ufficio Postale di Firenze CMP
per la restituzione al mittente previo pagamento resi
Calitri, 06.09.2015. Festa degli 80enni. In alto da sinistra: Vitantonio Delli Liuni, Vincenzo Cicoira, Teodolinda Paolantonio, Angela Inverso, Michele Capossela e Antonio Tetta. Seconda fila da sinistra: Canio Gautieri, Vincenzo Zabatta, Angelo Zabatta, Angelomaria Cerreta, Vincenzo Scoca, Antonia Maffucci,
Gaetanina madre di don Pasquale, Canio Cestone e Rocco Di Milia. Prima fila da sinistra: Maria Lucrezia, Gicinta Zarrilli, Antonietta Codella, Benedetta Gervasi, Rosina Caputo, Oreste Gargano, Michele Cianci. Davanti in piedi: Michelina Santoro, Maria Giuseppa Di Roma, Angela Russo, Benedetta Maffucci, Giuseppe Caputo, Raffaele Galgano, Vito Zabatta.