Il Centro - Polo Servizi Culturali Abruzzo

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Il Centro
« Gli anelli del terremoto
Dopo 16 mesi rispuntano l'anello nuziale e pezzi di una vita strappata
di Giustino Parisse
L'AQUILA. Due giorni fa anch'io ho ricevuto in regalo un anello. E' stato un dono dei vigili del fuoco. Prima di
demolire quella parte della casa, in via dei Calzolai a Onna, dove c'era la cameretta di mia figlia Maria Paola
hanno avuto la delicatezza di recuperare fra le macerie quei pochi pezzi rimasti seppelliti per 16 mesi, muti
testimoni di una vita dilaniata da pochi secondi di orrore.
A fianco alla cameretta di mia figlia, lungo un breve corridoio, c'era una scrivania: lì la sera, prima di andare
a letto, poggiavo le cose più personali, fra cui la fede nuziale, in attesa di riprenderle al mattino. Il 9 aprile del
2009 quando andai a recuperare i resti della mia esistenza spezzata, chiesi ai vigili del fuoco di cercare su
quella scrivania per trovare, soprattutto, quell'anello. Mi portarono, giù nel giardino, fra mille pericoli e scosse
continue, due paia di occhiali, il portafogli con i documenti, mazzi di chiavi, bollette da pagare, l'orologio,
alcune foto dei miei ragazzi. Ma l'anello non c'era. Pochi giorni dopo andai a Pescara e la prima cosa che
feci fu recarmi in una gioielleria in piazza Salotto per ricomprarlo. La titolare quando seppe la mia storia me
lo regalò: fu un gesto bellissimo che ricordo ancora con grande commozione.
Per 16 mesi, via dei Calzolai a Onna è stata quasi inaccessibile. I vigili del fuoco adesso stanno demolendo
quel poco che era rimasto in piedi. Per caso, la fede nuziale, quella originale con incisa la data (23
settembre 1990), è stata ritrovata e mi è stata riconsegnata. A due passi, dentro una valigetta ormai
consunta, è "riemerso" anche l'album delle foto del matrimonio. Un po' di polvere, qualche sassolino qua e
là, ma le immagini non hanno perso la brillantezza di allora: è stato un nuovo e più forte colpo al cuore. Fu
quello l'inizio di una storia familiare che non doveva finire così.
Quando si parla di post terremoto, ricostruzione, fondi, pratiche, sembra quasi che tutto sommato quella
notte del sei aprile sia solo ormai un brutto ricordo.
I vari furbetti che spuntano nelle inchieste di questi giorni (anche al di là di quelle che saranno le
responsabilità penali che accerteranno o meno i giudici) quella tragedia l'hanno menticata subito: chi rideva
fregandosi le mani in vista di succulenti appalti, chi pensava ai favori da fare ad amici e clienti. Sicuramente
l'anello con diamanti di cui si parla in queste ore nell'ultima - in ordine di tempo - inchiesta giudiziaria che
coinvolge anche la Regione Abruzzo, costa molto di più di una "semplice" fede nuziale. Eppure quando i
vigili del fuoco mi hanno "regalato" quell'anello sepolto per mesi sotto sassi e pezzi di cemento ho pensato
che, al contrario, valesse più di un qualsiasi diamante.
Il terremoto del sei aprile è ancora nelle macerie materiali e nelle macerie dell'anima. I vigili mentre
scavavano e demolivano hanno chiesto dei sacchi neri. Lì dentro hanno messo tutto quello che hanno
trovato. Io, all'interno dell'unico pezzetto di casa rimasto in piedi perché costruito in cemento armato, mi sono
ritrovato a frugare come coloro che hanno fame e cercano il cibo - che gli altri buttano - nei cassonetti
dell'immondizia. La mia è la fame della memoria che si alimenta soltanto di un dolore senza fine.
Dentro quei sacchi neri ho trovato le tracce di due giovani vite che avevano lo sguardo volto al futuro. Ecco il
mini computer di Maria Paola. Lo avevo comprato a Natale 2008 e lei lo conservava gelosamente in un
cassetto della sua scrivania.
Pensavo che fosse ormai fuori uso. Invece l'ho aperto e l'ho collegato all'energia elettrica. Funziona
benissimo. Ma non si può accedere ai contenuti. Serve la password di Maria Paola e non posso più
chiedergliela.
Sparsi come foglie al vento ho raccattato tanti fogli. Lei aveva conservato tutti i temi della quinta elementare.
Ieri sera, prima di cercare di prendere sonno li ho letti tutti. Ce n'è uno, in cui racconta la notte della befana,
che si conclude: «Quest'anno la befana mi ha portato molti doni e la ringrazio di cuore. Vorrei che anche i
bambini meno fortunati di me abbiano doni come me». Non sapeva che la sua fortuna si sarebbe interrotta
alle 3.32 del sei aprile 2009. Il 14 febbraio del 2003 scrisse di un fatto che all'Aquila aveva fatto notizia: un
fulmine era caduto sulla cupola delle Anime Sante danneggiandola. Lei racconta anche la storia di quella
chiesa: «Fu costruita per i defunti del terremoto del 1703» afferma nel tema «in quella tragedia morirono
circa 1600 persone che si erano riunite per celebrare la festa della Candelora. In pochi secondi L'Aquila
andò distrutta. I cittadini superata la paura decisero di riedificare la città e con essa una chiesa da dedicare
alle vittime del terremoto».
Fra le vittime del terremoto del 2009 c'è anche lei. Non potrà vedere e raccontare la città riedificata. Di lei e
di Domenico restano poche cose. Le toglierò dai sacchi neri per conservarle come reliquie. Mentre tutto il
mondo intorno dimentica e fa affari.
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4 agosto 2010