puzzolente flauto magico
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puzzolente flauto magico
ISTITUTO COMPRENSIVO “NICCOLÒ PISANO” Marina di Pisa A.S. 2008/2009 A cura della classe IC Carissimi genitori, con questo piccolo fascicolo vorremmo provare a spiegarvi come i vostri ragazzi hanno lavorato durante l’anno sulla fiaba. Il progetto è iniziato con la visione del film “La volpe e la bambina”, una fiaba moderna che ci è servita come punto di partenza per approcciarci a questo tipo specifico di testo narrativo. Il film è stato analizzato, commentato ed è stato costruito un cartellone che riassumeva le sequenze narrative. Dal linguaggio cinematografico siamo poi passati alla scrittura, illustrando ai ragazzi le caratteristiche della fiaba: personaggi, ambientazione, funzioni di Propp. Anche questa fase del lavoro è stata fissata con dei cartelloni che illustravano queste peculiarità. Una volta puntualizzate le coordinate per scrivere delle fiabe, abbiamo dato loro delle semplici consegne da rispettare (presenza di alcuni personaggi, ambientazione definita, una certa scelta di mezzi magici, ecc). I ragazzi hanno potuto scegliere e combinare diversamente i vari elementi: ecco così la prima sezione, intitolata “Fiabe in solitudine…” poiché ogni alunno ha lavorato da solo. La successiva fase del lavoro ha visto impegnati i ragazzi in un lavoro di coppia, che metteva alla prova, non solo le competenze acquisite, ma anche la capacità di lavorare insieme. Da qui la sezione “…e fiabe di coppia In seguito abbiamo applicato le caratteristiche della fiaba classica a dei contenuti specifici: i testi scritti dovevano avere caratteristiche interculturali. È stata una fase molto complessa: dapprima i ragazzi hanno lavorato singolarmente, le sedici fiabe ottenute sono state “fuse” in tre testi a cui hanno collaborato gli alunni divisi in altrettanti gruppi, infine abbiamo ricavato dalle tre fiabe, un unico testo. Per ovvi motivi presentiamo soltanto la versione unica del testo intitolato “I nerini e il mondo ovale”. È stato un percorso lungo e impegnativo, che ha messo in gioco competenze disciplinari e relazionali, a cui tutti i ragazzi hanno dato un valido e significativo apporto. Che dire ancora? Buona lettura! Le insegnanti di IC Caterina Ceccarelli Carla Menichini Marinella Turco di Mattia Bigongiali C’era una volta una famiglia molto povera che non aveva da mangiare. Allora il figlio maggiore di nome Mario partì per fare fortuna: aveva sentito dire che un re di un paese lontano avrebbe dato in sposa la figlia a chi era capace di imprigionare un orco di nome Bablus che mangiava uno dopo l’altro gli abitanti del suo paese. Mentre Mario viaggiava verso il suo destino, incontrò un corvo parlante che gli donò un fiore stranissimo chiamato “Fiore di Antarpicus”. Il potere di questa pianta era grandissimo: infatti poteva stordire gli orchi in men che non si dica. Mario si presentò al re e raccolse la sfida. Il re gli spiegò che l’orco viveva in una nera caverna non lontana dal castello. Mario andò incontro all’orco che si stava preparando per un’altra scorpacciata di persone. Appena lo vide, lo toccò con il fiore di Antarpicus: Bablus rimase stordito dal forte puzzo che il fiore emanava e scappò. Mario riuscì ad ottenere ciò che aveva chiesto il re, ma il re impose una nuova condizione: doveva imprigionare Bablus per sempre. Mario riuscì nella sua impresa stordendo l’orco ancora una volta con il fiore, mentre dormiva in un bosco dopo la sua fuga. Riuscì così a legarlo e ad imprigionarlo per sempre. Finalmente Mario potè sposare la principessa e la sua famiglia diventò ricca. di Gabriele Gemignani Una volta in una famiglia non c’era da mangiare. Il figlio maggiore partì da casa per sposare la figlia del re: infatti il sovrano stesso avrebbe dato in sposa la principessa a chi fosse riuscito ad uccidere il troll che terrorizzava la città. Un giorno, ormai vicino al palazzo reale, trovò un uomo che lo aiutò dicendogli: “Sali sulla montagna e scendi senza nemmeno un graffio e ti darò l’arma per sconfiggere il troll”. Il coraggioso ragazzo lo fece e l’uomo come premio gli diede il fiore “Spara-veleno”: un fiore capace di uccidere i troll. Il nostro eroe arrivò al castello del re e, dopo una lotta feroce, scacciò il troll. Il re, che si era rimangiato la parola e non voleva dare in sposa la figlia, disse al povero ragazzo che non solo doveva scacciare il troll, ma anche catturarlo. Intanto il cattivissimo troll non si era rassegnato e tornò al palazzo del re per vendicarsi. Ma lì lo aspettava ancora il nostro eroe e dopo una feroce battaglia, il mostro fu sconfitto e messo in galera. Il protagonista riuscì così a sposare la principessa, vissero tutti felici e contenti e per questa volta il cibo non mancò,anzi sovrabbondò! di Martina Iacomelli C’era una volta una povera famiglia che non aveva da mangiare. Dopo un po’ allora Guido, uno dei figli, decise di partire perché aveva sentito dire che un re dava in sposa sua figlia a chi era capace di trovare e sconfiggere un orco. Guido partì e durante il suo cammino incontrò un misterioso donatore che lo sottopose a tre prove: la prima era quella di riuscire a scalare una montagna altissima, la seconda doveva riuscire ad ammaestrare un leone e la terza era quella di riuscire a trovare un fungo blu. Riuscì a superare tutte e tre le prove e ottenne in cambio un oggetto potente: un fiore magico tutto fatto di pietre preziose che emetteva una luce abbagliante. Guido sul suo cammino incontrò un terribile orco di misure sproporzionate: aveva la testa piccola e il corpo grande. Lottò a lungo con lui, ma alla fine vinse con l’aiuto del suo magico fiore che aveva sprigionato la sua luce abbagliante. Guido dopo aver trovato e sconfitto l’orco,si diresse al palazzo reale,e finalmente riuscì ad ottenere ciò che aveva detto il re e così, glorioso, poté sposare la principessa e diventare molto ricco. Il re però volle mettere ancora una volta alla prova il povero Guido con un compito molto difficile. Doveva riuscire a mettere in gabbia l’orco, però non capiva perché credeva di averlo ucciso e poi diceva fra sé e sé: “Sarà un giochetto per me mettere fra le sbarre l’orco! Guido tornò nel bosco, dove incontrò di nuovo l’orco. Dopo tanto combattere, l’orco riuscì a dare una bastonata in faccia a Guido che, non essendo abituato ad essere colpito, si arrabbiò molto: si rigirò contro l’orco e con tutta forza gli diede un calcio. L’orco cadde a terra e Guido con tre funi lo legò e lo mandò in galera. Così l’orco venne punito e Guido tornò dal re: finalmente riuscì a sposare la principessa e tutta la famiglia diventò ricca di Gianluca Iacopini C’era una volta in un paese lontano una famiglia che non aveva né da mangiare né da bere. Un giorno uno dei figli venne a sapere che il re avrebbe dato in sposa sua figlia a chi fosse stato capace di creare una spada fatta completamente di platino. Il figlio s’incamminò nel suo viaggio e lungo il cammino incontrò uno gnomo che correva. Mentre passava, gli cascò una poesia che poteva sciogliere gli essere viventi in platino. Incontrò un orco malefico, gli recitò la poesia e si sciolse, trasformandosi nel prezioso materiale. In tale modo poté costruire la spada. Tutto felice arrivò dal re e gli diede la spada, ma il re non volle cedergli la figlia, anzi gli chiese di andare nel bosco a trovare la pianta dei diamanti. Il nostro eroe riuscì a trovare la pianta e finalmente il re cedette la figlia. I due si sposano, la sua famiglia diventò ricca e vissero tutti per sempre felici e contenti. di Aurora Lazzerini Una famiglia molto povera, non aveva da mangiare nemmeno un pezzo di pane. Un giorno una delle figlie andò a prendere l’acqua al pozzo come faceva sempre: ad un certo punto spuntarono fuori delle farfalle bellissime. La fanciulla si incuriosì, si buttò nel pozzo e atterrò in un prato pieno di fiori. All’improvviso apparve una fata con una corona di fiori sulla testa. La fata chiese alla ragazza di raccogliere cinque fiori di ogni specie per abbellire di nuovo la sua corona. Lei obbedì e raccolse rose rosse, margherite, tulipani, piscialletto e rose bianche e le portò alla bella fata che le disse: “Non mi scorderò il tuo gesto gentile”. Ad un tratto una fata cattiva, spuntata dal nulla, trasformò il prato in un deserto con alberi secchi e un vento terribile che spazzava tutto. La fanciulla era disperata: non sapeva più come tornare alla sua casa! Allora la fata dei fiori, commossa dalla sua gentilezza e dalla sua disperazione, le chiese che cosa avrebbe voluto in cambio e la bambina disse: “Vorrei tornare dalla mia famiglia, avere una casa, dei soldi, tanto oro, essere ricca e non soffire più la fame”. Allora la fata esaudì il suo desiderio e la fanciulla torno a casa piena di oro. Riabbracciò la sua famiglia e vissero per sempre felici e contenti. di Raul Moisan In una famiglia vivevano tre figli con i genitori. Loro erano poveri e non avevano niente da mangiare. Il più grande che si chiamava Marco non poteva sopportare la sua povertà e se ne andò a cercare fortuna. Sapendo che il re dava in sposa sua figlia a chi fosse stato capace di catturare l’orco che dava da noia al paese, si incamminò. Mentre camminava verso il palazzo, Marco vide una pianta che poteva addormentare anche un elefante. Andò dall’orco e lo addormentò. Poi lo legò con una fune grossa e lo portò dal re per sposare la principessa e diventare ricco, ma il re furbo e geloso, gli disse che avrebbe potuto sposare sua figlia, solo se ammazzava l’orco senza nessuna arma. Marco con un trucco fece entrare l’orco in una stanza piccola piccola e cominciò a tirargli pugni. Si picchiarono e si picchiarono, fino a che l’orco non ce la fece più e morì. Marco sposò la principessa e diventò ricco con la sua famiglia. di Alberto Nobili C’era una volta una famiglia che non si poteva permettere da mangiare. Un giorno il re disse: «Chi sarà in grado di trovare la “Spada di Achille” avrà mia figlia in sposa». Quando la notizia giunse anche a quella famiglia, il figlio più grande prese del cibo, il suo arco e s’incamminò Dopo qualche giorno di cammino incontrò un vecchio che gli disse: «Se supererai tutte e tre prove a qui io ti sottoporrò ti darò un premio. Prima dovrai portarmi il cinghiale più grosso della foresta». Il ragazzo si avviò, dopo qualche ora vide il cinghiale, prese il suo arco e con un colpo dritto sulla fronte, uccise l’animale, lo prese e lo portò al vecchio. Egli disse: «Hai superato la prova, ma devi superarne ancora due. Ora devi andare sott’acqua e prendere l’alga d’oro». Il giovane si buttò in mare a cercare l’alga, la trovò, la prese, la portò al vecchio che lo vide disse: «Ti manca solo una prova, devi colpire quel albero con una delle tue frecce e stare a venti metri di distanza». Il ragazzo prese l’arco lanciò una freccia e colpì in pieno il tronco. Il vecchio quando lo vide gli dette in premio un fiore in grado di lanciare fulmini. Il giovane si mise di nuovo in cammino, ma poco dopo incontrò un Ciclope che lo voleva mangiare, ma l’eroe usò il fiore per farlo scappare. Dopo alcune ore trovò la Spada di Achille, andò dal re e gliela fece vedere. Egli disse: «Hai trovato ciò che avevo chiesto, ma prima dovrai portarmi un Unicorno». Il ragazzo cercò dappertutto e infine lo trovò: era sotto l’albero sacro. Durante il cammino vide il Ciclope stava distruggendo una città, allora scese e con i poteri dell’Unicorno, trasformò il mostro in un fiore, dopo di che continuò il suo camino e arrivò dal re, gli fece vedere l’Unicorno, sposò la principessa, divenne ricco e vissero per sempre felici e contenti. di Irene Paolicchi C’era una volta tanto tempo fa una famiglia molto povera che non aveva cibo. Il figlio più grande si chiamava Marco e aveva sentito dire che il re dava in sposa sua figlia a chi fosse stato capace di sconfiggere l’orco che abitava sul monte Acutangolo. Il re aveva emanato questo editto perché ogni giorno quest’orco cattivissimo, bruttissimo e orripilante metteva sottosopra la sua città. Il povero Marco allora decise di mettersi subito in cammino. Durante il suo viaggio l’eroe incontrò un misterioso donatore che lo sottopose a tre prove molto molto complicate. La prima consisteva nel correre per 45 km con 49 libri in testa senza mai farli cadere. La seconda camminare per 10 metri su carboni infuocati e la terza cercare della terra blu. Marco le superò e in cambio ottenne un fiore bellissimo, pieno di pietre abbaglianti. Inoltre Marco scoprì che toccando le foglie del fiore usciva un odore sgradevole. Una volta arrivati sul monte Acutangolo combatté con l’orco. Questo era un ciclope enorme, dalla testa enorme e due braccia piene di vene. L’orco disse a Marco: «Tu formica puzzolente come pensi di sconfiggermi: io sono il re dei Ciclopi e sono imbattibile. Ahahahahahah!!!». Allora il nostro amico Marco combatté l’orco usando tutte le sue forze, ma ad un certo punto gli venne un idea. Prese il fiore, toccò le foglie facendo uscire il nauseante odore. Il grande orco si arrese e decise che non avrebbe più dato fastidio alla città Marco riuscì così ad ottenere ciò che aveva chiesto il re: così adesso poteva sposare la principessa. Ma il re lo sottopose ad un’altra prova: «Dovrai portarmi qui l’orco legato come un salame e riuscire a rinchiuderlo nella galera che c’è sotto il palazzo». Il coraggioso eroe pensò: «Se ho superato tutte le prove, potrò superare anche questa!». Il giorno dopo Marco tornò dall’Orco: con uno stratagemma e con l’aiuto del fiore lo rinchiuse nei sotterranei. Poté così sposare la principessa, diventando ricco e togliendo la sua famiglia dalla miseria. Di Lorenzo Plantulli C’era una volta una famiglia molto povera che un giorno si trovò senza nulla sulla tavola. Il padre, di nome Peter, disperato e vedovo, andò in una piccola locanda per cercare lavoro. Proprio nel momento in cui entrava, un ragazzo stava dicendo che chi avesse trovato il fiore giallo, avrebbe preso in sposa la bellissima figlia del re. Allora Peter si mise in cammino in direzione del fiore. Ad un certo punto trovò un signore e gli disse: «Se vuoi il fiore dovrai superare tre prove le più difficili di tutto il creato». Allora Peter iniziò e dopo tante ore di combattimento e di sudate superò le tre prove, così poté prendere l’irraggiungibile fiore giallo. Sul cammino Peter trovò un gigantesco orco che gli ostacolò il passaggio. Allora si mise a combattere e vinse con l’ aiuto della potente spada (regalatagli da un passante), ma anche con il fiore perché aveva poteri magici. Dopo qualche ora di cammino arrivò al palazzo reale. Consegnò al re il fiore, ma il re gli dette un altro compito prima di sposare la principessa: doveva rinchiudere in cella l’orco. Allora Peter andò nella tana dell’orco, lo sconfisse e lo portò in cella. Così il re preparò le nozze, Peter sposò la principessa e così la sua famiglia poté essere ricca. di Matteo Ristori C’era una volta una famiglia molto povera e i genitori avevano due figli ma dovettero prendere una decisione difficile: uno doveva andare via da casa. Tirarono a sorte e toccò a Gigi, il più piccolo. Prese le sue cose e partì. In una cittadina sentì correre la voce che il re dava in sposa sua figlia a chi uccideva il drago del fossato. Gigi un giorno trovò una vecchietta che gli disse che se voleva uccidere il drago doveva andare nella Valle maledetta: lì c’era il bastone che lo poteva uccidere. Ritornò nella cittadina con il bastone e andò nel fossato: il drago, appena vide il bastone, si immobilizzò e così Gigi poté uccidere il drago e prendere in sposa la figlia del re. Ma il re non voleva darla ad un poveraccio come lui. Gli propose un’altra sfida quella di fare ridere la moglie del re. Ci provò tanto a fare ridere la moglie del re e dopo molti sforzi ce la fece. La principessa e Gigi si sposarono e vissero felici e contenti e ebbero tanti soldi. di Gianluca Iacopini e Raul Moisan In un bosco lontano viveva una colonia di allegri folletti. Un giorno si misero a festeggiare: ballavano, cantavano, suonavano… insomma facevano tanta baldoria. Non molto lontano dal bosco, in una grotta buia e profonda abitava un cattivissimo drago, che fu disturbato dal rumore: infatti è noto a tutti che i draghi odiano le feste e il frastuono. Infuriato il drago andò dai folletti per mangiarli, ma il capo-folletto era preparato per qualsiasi evenienza, anche gli attacchi improvvisi dei draghi: tirò fuori un flauto magico e cantò una canzone che dette talmente fastidio al drago che esso scappò via a gambe levate e tornò nella sua buia tana. La volta seguente il drago si preparò meglio e si mise dei tappini nelle orecchie. Quando arrivò dai folletti, il capo-folletto suonò di nuovo il flauto, ma non ebbe effetto sul drago, che mangiò la non più tanto allegra compagnia. Si salvò solo Jimmy, il più piccolo della colonia, ma il più astuto di tutti. Jimmy prese del pepe magico e lo mise dentro al flauto, poi si preparò ad affrontare il drago. Quando il mostro lo vide, disse a Jimmy: «Cosa vuoi fare?!? È inutile suonare quel futile flauto, non ha più effetto su di me!!!». Ma Jimmy imperturbabile suonò lo strumento e soffiò tutto il pepe magico addosso al drago, che iniziò a starnutire violentemente: ad ogni starnuto saltava fuori un folletto. Così Jimmy riuscì a mettere in salvo tutti i suoi amici. Nel frattempo il drago continuava a starnutire e, man mano, si consumò fino a sparire. Questa fu la fine del drago che non amava le feste: da quel giorno tutti i folletti vissero per sempre felici e contenti. di Gabriele Gemignani e Irene Paolicchi C’erano una volta dei folletti. Questi erano piccoli esserini dalle orecchie a punta e il corpo molto piccolo. I folletti erano molto coraggiosi, amichevoli, sinceri, abili nel creare invenzioni e, soprattutto, erano più astuti di una volpe. I folletti vivevano tutti insieme in una grande casa nel bosco. Qui c’erano molte piante rare di vari tipi, dalle più piccole alle più grandi. I folletti erano molto esperti nel riconoscere i funghi commestibili da quelli velenosi. Il bosco, molto verde e molto grande aveva al centro una palude che era la casa di un orco terribile. Quest’orco era molto crudele, assai malvagio, mostruoso, brutto, molto minaccioso, orripilante e gigantesco!!! Era alto più di due metri, aveva occhi enormi e due braccia colossali. Il capo dei folletti era molto malato, allora tre folletti di nome Matic, Onix e Noris decisero di andare da Mago Folletto, il più anziano e saggio tra tutti i folletti. Mago Folletto diede a loro queste indicazioni: «Andate nella parte ovest del bosco, lì troverete una pianta blu con fiori verdi: servirà a curare il nostro amato capo. Ma fate attenzione! Questa nasce solo sugli alberi follettosi, molto rari e difficili da trovare». I folletti si misero alla ricerca di quest’albero misterioso. Durante il viaggio dovettero attraversare la palude dell’orco. Dovete sapere che questo essere mostruoso amava alla follia il brodo di folletti. Con il suo grande naso fiutò subito il loro odore e decise di uscire dalla sua disordinata e puzzolente casa per cercarli e farsi un gustosissimo brodo. I folletti intanto proseguivano il loro cammino, non avvertendo la presenza dell’orco. Questo essere mostruoso amava il brodo di folletti. Con il suo grande naso,fiutò il loro odore perciò uscì dalla sua disordinata e puzzolente casa per cercarli. I folletti,proseguivano il loro cammino,non avvertendo la presenza dell’orco che,in punta di piedi, li seguiva senza farsi notare. Onix cadde per terra e Matic gli chiese “stai bene? Ti sei fatto male”.Nel frattempo, Noris scoprì che Onix era inciampato in un meraviglioso e luccicante flauto. A quel punto l’orco decise di attaccare Matic cercò di sconfiggerlo con tutte le forze che aveva in corpo. Ma l’orco lo prese per il collo e lo scaraventò a terra. Onix allora decise di vendicare Matic usando la sua luccicante spada,ma niente da fare,anche lui venne sconfitto. Norix era soprannominato il “folletto Suonatore”.Questa era la sua passione è vedendo l’orco avviarsi verso di lui incominciò a suonare lo strumento magico. I tre folletti rimasero sorpresi perché dal flauto,invece di uscire una melodia,uscivano delle enormi frecce infuocate. Allora Noris puntò il flauto sull’orco,scaraventandogli le frecce addosso,mentre Matic, sprecando le sue ultime forze,salì sulla testa dell’orco infilandogli un ramo nel naso. Così riuscirono ha sconfiggerlo. Consapevoli di aver perso tanto tempo si misero di nuovo alla ricerca dell’albero. Improvvisamente trovarono il bosco di alberi follettosi e raccolsero fiori con molta cautele perché avevano delle spine. Tutti e tre tornarono alle loro case dando i magici fiori a capo folletto. Il vecchio folletto guarì,li ringraziò ripagandoli in oro. Da quel giorno vissero per sempre felici e contenti. di Mattia Bigongiali e Aurora Lazzerini Tanto tempo fa una principessa e un principe vivevano in un castello bellissimo. Un brutto giorno, mentre la principessa era a fare una passeggiata, improvvisamente venne rapita da una strega che la potrò in una torre abbandonata e diroccata. Il principe si preoccupò andò a cercare la principessa. Non sapeva dove fosse e chiese agli abitanti del villaggio vicino al castello se l’avevano vista, ma nessuno gli seppe dare indicazioni. Dopo tanto cercare, il principe si sdraiò abbattuto su una panchina, ad un certo punto vide per terra qual cosa che brillava. Guardò e scoprì che era una chiave d’oro. Quando la prese in mano la chiave improvvisamente si mosse e guidò il principe fino alla torre dove era nascosta la principessa. Il principe salì le scale e infilò la chiave nella porta che si aprì, ma la principessa non c’era. Allora il principe andò nella torre più alta del palazzo; infilò di nuovo la chiave nella porta che si aprì anche questa volta e c’era la principessa sdraiata sul letto, il principe la baciò, uccise la strega e portò via la principessa. Si sposarono, fecero due bellissime figlie e vissero per sempre felici e contenti. di Mirsada Bajram e Martina Iacomelli C’era una volta una bella famiglia che aveva avuto dalla sua gatta cinque gattini. Purtroppo non potevano tenerli, quindi li misero in uno scatolone di fronte al cancello di casa. Passarono quattro persone che presero quattro gattini, l’ultimo gattino non lo prese nessuno perché era molto brutto. Passarono altre persone, ma nessuno guardava il gattino. Verso sera passò davanti al cancello una bambina tutta ricoperta di bellissime cose. Appena vide il gattino, lo chiamò Nino e lo portò nel suo grande castello. Nino non era abituato a stare al chiuso ed appena fu posato a terra iniziò a distruggere tutto. Era un disastro! Soprattutto perché quel castello era della zia della bambina. Al castello c’era anche una serva, di nome Brunilde, sempre arrabbiata e scorbutica. La bambina dopo tutto il disastro procurato da Nino, voleva cacciarlo via, il micetto però le disse: -Non cacciarmi via perché con il tempo ti sarò utile-. La bambina non aveva mai sentito un gatto parlare e svenne dalla paura. Quando si risvegliò guardò Nino e capì che era un gatto magico. La serva (in realtà una strega cattiva) appena sentì che la bambina voleva cacciare Nino, corse nel suo antro segreto dove preparò tre pozioni per cacciare via anche la bambina. La prima pozione era un intruglio di occhi di rana, la seconda un intruglio di zampe di gatto e la terza, la più velenosa, un intruglio di occhi e braccia di drago. La serva, per decidere quale pozione usare, le provò tutte sul suo gufo che alla fine diventò un misto di zampe e occhi, ma appena provò la terza pozione, il suo gufo si tramutò in polvere. La strega dopo aver perso il suo aiutante gufo non era triste, anzi impazziva dalla gioia perché aveva capito che quella era la fine della bambina. Il giorno dopo, all’ ora di pranzo, la bambina ordinò il suo piatto preferito: la cacciagione. La serva andò subito a preparargliela, di nascosto ci mise la polvere di drago e la portò in tavola. Appena la posò, la bambina ci trovò un capello e per non dare un dispiacere al cuoco, lo diede a Nino che tutto felice lo mangiò tutto: infatti era immune da ogni pozione, tranne agli intrugli di gatto e la polvere di drago sembrava non avergli fatto nulla, pur essendo la più velenosa. La serva tornò in sala da pranzo e appena vide la bambina in piedi diventò tutta pallida. Le chiese subito se voleva qualcos’altro e la bambina ordinò un po’ d’uva su cui la serva mise l’intruglio di rana. La portò in tavola, ma la bambina voleva l’uva bianca, mentre quella era rossa. La bambina la diede a Nino, che era goloso di frutta. La serva tornò in sala da pranzo e quando vide la bambina tutta felice giocare con Nino, cascò di colpo a sedere. La bambina, appena vide la serva, ordinò un altro grappolo d’uva, questa volta bianco su cui la serva mise la pozione di gatto. La serva lo portò alla bambina, ma per la bambina in quell’uva c’erano troppi semi, allora anche quella saltò in bocca a Nino che questa volta iniziò a dondolare di qua e di la. La bambina preoccupata lo accarezzò e Nino le diede un morso sulla mano, dopo Nino svenne. Per tre giorni non si risvegliò, ma il terzo giorno grazie alle lacrime della bambina, che non avevano mai smesso di scendere dai suoi occhi, iniziò a svegliarsi e pian piano aprì un occhio. La bambina, piena di gioia, lo abbracciò forte e lo riempì di baci e non gli lasciò più mangiare niente che non fosse cibo per gatti. Appena scoprirono che la serva che era sempre stata una strega, la arrestarono e la mandarono in prigione. Nino e la bambina da quel giorno vissero per sempre felici e contenti. di Lorenzo Plantulli e Ranieri Costantino Vigili De Kreutzenberg C'era una volta un bellissimo principe di nome Alexander che viveva in una casetta nel bosco perché era molto povero. Il principe era bello, coraggioso, abile. Però viveva da solo perché sua madre e suo padre erano stati uccisi dalla strega delle Alpi Orientali. Una notte la principessa Antonia fu rapita dalla strega delle Alpi Orientali. Il re e la regina disperati mandano messaggeri per tutto il paese: il re avrebbe dato in sposa Antonia a chi l'avesse salvata. I messaggeri arrivarono anche nel bosco dove c'era la casa di Alexander che si stava allenando con la sua fedele spada. Alexander stupito da questo editto, lesse il foglio e si incamminò subito. Verso la sua nuova avventura Passò per i monti Beor e anche per i monti Buragh, poi c'è il deserto di Hadarac, poi le colline Kirtan ed infine le Alpi Orientali, il luogo in cui c'era il castello della malvagia strega che aveva rapito la principessa. Mentre viaggiava, gli vennero in mente sua madre e suo padre uccisi anche loro dalla strega. Improvvisamente sentì qualcosa al collo: era una chiave magica apparsa come per incanto. Arrivò al castello spinse il portone ed entrò. Sentì un urlo che proveniva dall'ultimo piano, allora Alexander iniziò a salire ma al primo piano trovò un enorme drago che ostacolava il passaggio. Dopo una lunga lotta lo uccise e proseguì. Ma ad ogni piano che saliva, incontrava un drago sempre più grande e potente. Alla fine, esausto, arrivò all'ultimo piano dove lo aspettava la strega. Si mise a combattere per ore e ore, lui con la spada lei con i suoi poteri magici. Alexander sapeva che doveva, per uccidere la strega, trafiggerle la testa con la spada. Alla fine dopo un lunghissimo combattimento Alexander infilzò la strega che morì immediatamente. Con la chiave magica poté aprire la stanza dove era rinchiusa la principessa. La prese e la portò al palazzo reale, pensando di poterla sposare subito. Ma il re, non tanto convinto di far sposare sua figlia, decise di fare superare ad Alexander un'altra prova. Alexander doveva andare a combattere i tre draghi del Nord e portare i loro cuori al re. Senza perdersi di coraggio, si incamminò verso Nord in compagnia della sua fedele spada. Quando ormai tutti lo davano per spacciato, al quinto giorno Alexander arrivò al palazzo con i tre cuori. Il re esterrefatto disse:”Servi, lavatelo, dategli vestiti nuovi e portatelo alla chiesa del paese, oggi lui si sposa con mia figlia”. Così si sposò , ma c'era un piccolo problema: la casa!! I due sposi andarono nella casa dove viveva prima la strega. Quando arrivarono videro qualcosa di strano: il castello era tutto pulito, con i lampadari di cristalli splendenti, i mobili tutti lavati. Il mistero fu presto risolto: la chiave che aveva al collo magicamente aveva preparato il castello. Così Alexander ed Antonia vissero felici e contenti per il resto della loro vita. di Alberto Nobili e Silvana Bekir C’era una volta un forte e bellissimo principe che viveva con una dolce e buona principessa in un enorme ed imponete castello. Un giorno il principe chiese alla principessa: “Mi vuoi sposare?”. Lei accettò entusiasta e decisero di sposarsi il giorno dopo. Una bruttissima strega, invidiosa della principessa, decise che nel giorno del matrimonio si sarebbe vendicata. Andò alla cerimonia e, nel momento del bacio, trasformò la principessa in una brutta e puzzolente scrofa. Il principe disperato per far tornare la moglie come prima, andò da un saggio veggente. Il vecchio gli disse di andare di andare sul monte più alto del regno: lì avrebbe trovato un anello che poteva trasformare qualunque cosa in ciò che si desiderava di più. Il giorno dopo il principe iniziò a scalare la montagna, arrivò in cima e trovò l’anello: era d’oro zecchino con pietre preziose incastonate. Immediatamente lo prese e lo portò via. Arrivato a casa la principessa-scrofa non c’ era più: la strega l’aveva rapita per cucinarla arrosto. Sempre più disperato il principe chiamò il suo fedele cavallo che venne subito. Cavalcò per ore ed ore, fino a quando non raggiunse la casa della strega. Il principe usò l’ anello per trasformare le guardie in docili uccellini, entrò e vide la moglie, ancora trasformata, rinchiusa dentro una gabbia, ma non vi era traccia della strega. Usò l’anello e, come d’ incanto, la scrofa si trasformò nella bellissima ragazza di prima. I due innamorati scapparono velocemente. Quando la strega tornò a casa, non vedendo la principessa, andò a cercare il principe: lui per fermare la sua malvagità decise di trasformarla in un fiore, ma il potere dell’anello non aveva effetto su di lei. Anzi la strega lanciò un raggio che fece scoppiare l’anello. Ormai il principe e la principessa erano in trappola. Non appena la strega cercò di lanciare il raggio che li avrebbe uccisi, un fulmine scese dal cielo e la fulminò all’istante. Dal giorno dopo il principe e la principessa vissero per sempre felici e contenti. di Matteo Ristori e Himi Caldarar C’era una volta Jonny, un folletto molto simpatico e curioso. Viveva in un castello con sei torri, cinque piani, lampadari di cristallo e la moquette rossa. Quel castello era del re di Dasvidania. Un giorno una strega apparve a Jonny e lo trasformò in un gatto: esisteva infatti una profezia che diceva che Jonny avrebbe liberato le fate che la strega tatno tempo prima aveva rinchiuso in una gabbia. Ma una fata, l’unica rimasta libera, riuscita a raggiungere Jonny e gli chiese la chiave magica che lui teneva sempre con sé, in cambio lo avrebbe liberato dall’incantesimo. La fata andò a liberare le sue compagne che diedero a Jonny oro ed argento purissimo per ringraziarlo di aver dato la chiave Il folletto diventò ricchissimo, trovò una bella “folletta”, si sposò e vissero felici e contenti. Prova di scrittura collettiva di tutti gli alunni della classe IC C’era una volta un mondo ovale abitato soltanto da tanti esserini neri con gli occhi azzurri che non conoscevano il buio: vivevano sempre sotto il sole, ecco perché erano così abbronzati. Era il popolo dei Nerini e non conoscevano nessuno a parte se stessi. Un giorno ci fu un’eclissi di sole che per qualche minuto oscurò il mondo dei Nerini. Durante l’eclissi comparve un ragazzo a cavallo di un destriero nero: era alto, pallido, con gli occhi scuri e conosceva solo il buio. Al rumore degli zoccoli i Nerini incuriositi, pian piano uscirono dalle loro case e nel vedere lo straniero rimasero impressionati. Lo guardavano tutti straniti e, vedendolo così diverso, gli dissero: «Chi sei? Che vuoi da noi? Da dove vieni? Noi non ti vogliamo!!! Ti rendi conto che hai fatto sparire la luce?». Lo straniero, che si chiamava Likitus, rispose: «Lo so e mi dispiace, ma ho fatto un lungo viaggio e sono stanco: potreste accogliermi?». Vedendolo così diverso, i sospettosi Nerini si misero a confabulare tra loro e alla fine il loro re parlò per tutti: «Puoi restare perché nelle condizioni in cui sei non possiamo mandarti via. Ma stai lontano dal nostro villaggio, non farti vedere in giro e non ficcare il naso nei nostri affari». Likitus, triste e sconsolato, si costruì una capanna lontano nella pineta, ma soffriva di solitudine perché era sempre solo; invece lui avrebbe voluto giocare con i bimbi della sua età e passeggiare per le strade senza essere sempre additato. Un giorno la malvagia Strega Mirtilla, che viveva isolata sulla montagna oscura, fece un sortilegio alla popolazione dei Nerini: li rinchiuse in un enorme castello perché molto tempo prima era stata esclusa dagli abitanti per la sua diversità, proprio come ora accadeva a Likitus. Un giorno dopo tanta solitudine, Likitus si fece coraggio e decise di andare in paese, ma lo trovò deserto. Gira qua, gira di là, non c’era nemmeno un Nerino a pagarlo oro. Alla fine, mentre tornava sconsolato alla sua umile capanna, si sentì chiamare. Era Pinco, un ragazzo che Likitus aveva notato la prima volta che era arrivato perché se ne stava in disparte rispetto a tutti gli altri. Gli altri Nerini infatti lo scansavano perché i suoi occhi erano più blu rispetto a quelli degli altri. Pinco lo chiamò a gran voce: « Likitus, vieni qui! Non c’è più nessuno: la strega Mirtilla li ha rapiti tutti, ma io mi sono nascosto in cantina e il sortilegio non ha avuto effetto su di me». Likitus si avvicinò e, dopo aver sentito la storia, rispose: «Beh, un po’ se lo sono meritato, però mi dispiace. Dovremmo fare qualcosa per liberarli, ma siccome gli abitanti non volevano che mi facessi vedere troppo in giro, non conosco la regione e non so da dove cominciare». Pinco gli rispose: «Ti posso fare io da guida: dovremmo attraversare una fitta pineta, ma io ho paura perché non ci sono mai stato». Likitus rispose: «Non ti preoccupare: è da molto tempo che sono costretto a vivere nella pineta poco lontana dal villaggio ed ormai ho imparato ad orientarmi benissimo». Così i due si avviarono verso la pineta e, fatta un po’ di strada, si trovarono davanti un grosso serpente. A Pinco vennero i capelli ritti dalla paura e la pelle, da nera che era, gli diventò bianca bianca, ma Likitus pronto di riflessi estrasse il suo fedele coltello e lo tagliò in due. Likitus difese sempre Pinco durante il cammino e questi imparò a fidarsi del suo nuovo amico così diverso. Cammina cammina, arrivarono ai piedi della Montagna Oscura dove si trova un profondo e scuro lago. L’unica scelta era quella di tuffarsi e attraversarlo a nuoto. Likitus e Pinco si immersero nelle gelide acque e cominciarono la traversata. Ad un certo punto saltò fuori un coccodrillo dalle fauci enormi. Likitus, coraggioso come sempre, saltò sul suo dorso, fece una briglia con la sua cintura, gliela mise al collo, lo domò e lo usò come cavalcatura. Tirò su anche Pinco e così riuscirono ad arrivare sull’altra sponda dove iniziava la via per salire sulla montagna. Finalmente arrivarono sulla cima dove erano imprigionati i Nerini con il loro re. La strega apparve loro davanti e disse a Likitus: “Fermo! Ti sto guardando da tempo. Perché ti ostini a voler liberare i Nerini che ti hanno negato ospitalità quando ne avevi bisogno?! Sai, anche a me tanto tempo fa è successa la stessa cosa. Per questo ora mi vendico: li ho rinchiusi qui e li isolerò come hanno fatto con me. Occhio per occhio, dente per dente”. Likitus le rispose: «Tu sbagli, non è così che si ragiona. Se tutti la pensassero come te, il mondo anche se ovale andrebbe a rotoli. Tutti, anche se diversi, possiamo vivere in pace ed armonia, nel rispetto delle nostre differenze. Il mondo sarebbe allora un posto bellissimo, pieno di fiori ed animaletti graziosi, dove tutti i bambini potrebbero insieme giocare e andare a scuola e imparerebbero a volersi bene per quello che sono veramente, non per quello che si vede da fuori». La Strega: «Io proprio non ti capisco: come è possibile vivere in pace senza litigare e vivere d’accordo in un mondo di persone diverse? Ci vorrebbe una magia! Visto che hai così fiducia nelle persone, ti metto alla prova: ti sfido a costruire un mondo di pace. Do l’opportunità a tre Nerini di liberare il proprio popolo: dovranno trovare la Pietra Multicolore che sta nascosta nelle Terre Ghiacciate sul picco più alto di questa montagna. Se la troverete, dovrete portarmela immediatamente: si dice che possa rivelare un messaggio che rende chi la possiede la persona più potente del mondo. Allora li libererò e tu potrai dimostrarmi che hai ragione». Allora il re dei Nerini si rivolse al suo popolo: «Miei fedeli sudditi, avete sentito la Strega? Non crede che tra noi ci siano persone coraggiose! Ma noi siamo i Nerini! Siamo unici, forti, non c’è nessuno come noi! Chi avrà il coraggio di andare a cercare la pietra? Fatevi avanti!». In realtà tutti i Nerini erano piuttosto spaventati e solo in due si fecero avanti, ma il terzo non si trovava. Allora la Strega: «Forti e unici! Mi fate voglia di ridere! Non ci sono nemmeno tre persone disposte a rischiare per salvare il proprio popolo, non c’è armonia neanche tra voi: sono sempre più convinta di avere ragione». Allora il generoso Likitus gridò: «Andrò io!». I Nerini borbottarono, ma il re li zittì: «Non c’è nessun altro, quindi andrà anche Likitus». La Strega scontenta disse: «Mmmh… Dovete recarvi nelle terre ghiacciate e ed estrarre una spada… Poi il resto lo vedrete». I tre si incamminarono e dopo una scalata tremenda e faticosa, arrivarono alle Terre Ghiacciate. Cerca e ricerca alla fine videro la spada infilata in un enorme blocco di ghiaccio. I due Nerini, sicuri di essere i migliori, fecero da parte Likitus deridendolo e provarono per primi ad estrarre la spada, ma il colore della loro pelle risaltava sul ghiaccio e quanto più si avvicinavano, la spada come per magia si ritraeva. Dopo vari tentativi, alla fine fecero provare Likitus che, grazie al colore candido della sua pelle, riuscì ad afferrare la spada fatata. Appena tirò fuori la spada, si aprì una fenditura nel ghiaccio e apparve la Pietra Multicolore. I tre la presero e la portarono alla strega che pronunciò un incantesimo di rivelazione: la pietra si illuminò tutta e sulla sua superficie comparve una scritta: “Non ha nessuna importanza il colore della pelle, non ha nessuna importanza le diverse religioni o le differenti tradizioni, quando il cuore ci unisce tutti”. Allora la strega capì: in quel momento uscì dalla pietra una luce che illuminò tutti e per un attimo tutti cambiarono il colore della loro pelle nel colore dell’altro. La Strega Mirtilla liberò i Nerini che la perdonarono, capendo di aver sbagliato nel passato. Il re poi si rivolse a Likitus dicendo: «Ti abbiamo trattato ingiustamente, ti abbiamo giudicato prima di conoscerti sul serio e ci siamo affidati solo alle apparenze. Tu invece sei stato generoso e ci hai aiutato lo stesso. Hai affrontato dei pericoli per noi, ci hai mostrato che noi non siamo gli unici, i migliori e, soprattutto, ci hai fatto capire che si può imparare anche da chi è diverso. Ti offro in sposa la mia adorata figlia come segno di gratitudine». La principessa, in verità una gran bella ragazza, e Likitus si guardarono e si piacquero subito: si fidanzarono e dopo poco furono celebrate le nozze. Dal matrimonio nacquero tanti bambini, marrone chiaro come tanti cioccolatini e vissero tutti felici e contenti.