TUTTI CONTRO UNO Di Adel Wieser Adattamento di Giada Gatti

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TUTTI CONTRO UNO Di Adel Wieser Adattamento di Giada Gatti
TUTTI CONTRO UNO
Di Adel Wieser
Adattamento di Giada Gatti
Buio
VOCE OFF DI DONNA: Bene Thomas, come sai sceglieremo solo 15 ragazzi che parteciperanno
allo stage della Schwarz apparecchiature. E’ un’occasione importante per voi, perché dopo la stage
ci potrebbe essere la possibilità di un’assunzione. Tu parli molto bene il tedesco e mi hai detto che
non avresti problemi a trasferirti a Monaco anche per un lungo periodo e questo è ottimo.
Dobbiamo però valutare molti ragazzi, lo capisci, no? Riceverai comunque una nostra risposta per
posta, tra un paio di settimane scriveremo a tutti i candidati.
Spero di rivederti presto, è stato un piacere conoscerti.
VOCE OFF THOMAS: Anche per me, grazie e arrivederci.
Luce in scena. Siamo nella camera di un ragazzo. Letto singolo, un armadio, una cassettiera, una
piccola scrivania con sopra un computer. Poster alle pareti e un po’ di disordine.
Thomas, in jeans e maglietta, sta sdraiato sul letto e gioca a un videogioco. E’ distratto e continua
a sbagliare.
D’un tratto si alza ed esce di scena. Rientra, strascicando i piedi, poco dopo.
THOMAS: (impaziente) le Poste!
Si ributta sul letto e riprende il video gioco, ma dopo un attimo tende l’orecchio come ad un
rumore. Scatta in piedi ed esce di scena. Nuovamente rientra abbattuto.
THOMAS: Meno male che dovevano scrivere dopo due settimane.
Comincia a girare per la stanza, accende il pc, poi mette della musica, si siede al pc che ancora
non è avviato ed impaziente agita il mouse. Poi di nuovo tende l’orecchio, si alza e scappa fuori.
Rientra in scena con una lettera, la rigira tra le mani. Si siede sul letto guardando la busta chiusa.
Poi si alza e va a spegnere la musica. Di nuovo si siede con la busta in mano. Fa per aprirla ma ci
ripensa.
THOMAS: E se è andata male? Va quasi sempre male!
Thomas poggia la lettera sul letto, accanto a sé. Esce di scena. Rientra dopo un attimo con una
lattina di coca cola, da un’occhiata alla lettera poi si siede al computer e inizia a scrivere
qualcosa.
Dopo qualche secondo squilla il cellulare.
THOMAS: Pronto? Ohi, Francesco, come butta? Tutto al solito… no, al computer. Stasera? Ma chi
c’è? … E chi è Paolo? … Ah, quello! E che c’entra con noi? … Che ha detto?... Ti ha detto che
siamo amici da anni? … No, no, lo conosco dalle elementari… va buono, ci penso… sì, ci vediamo
lì. A dopo. Sì… ciao.
Thomas riattacca e continua a guardare il telefono.
THOMAS: Amici? Quel pezzo di… ora dice che siamo amici! Capito, ora fanno tutti gli amici.
Ciao Thomas qui, ehi Thomas là, ma ti ricordi alle medie, ti ricordi al parco quando giocavamo
insieme. Ma giocavamo chi? Loro giocavano. A sfottermi, giocavano. Era il loro gioco preferito. “Il
pazzo, il pazzo è arrivato il pazzo” che bel gioco. Nemmeno fossi stato un cane randagio!
Butta il cellulare sulla scrivania, arrabbiato, si alza e riprende la busta.
Quella donna al colloquio mi ha detto di stare tranquillo, che avevo ottime possibilità. E come no?
Ma che possibilità ha uno come me?
Inizia a rivolgersi alla busta come parlasse con la donna del colloquio.
Lei è molto gentile ma perché dovrei crederle? Potrebbe fingere, no? Così giusto per essere educata.
Certo, sono estroverso e socievole all’apparenza, ma non le ho mica raccontato che a scuola mi
chiamavano “il pazzo”. Sì, perché ero strano, e poi perché ho cominciato a menare le mani. Ma che
scelta avevo? Tutti mi trattavano come un cane. E che c’è di diverso ora? Che possibilità ha uno
come me? Certo, certo, sono sveglio e non ho paura di lavorare. Parlo il tedesco, sai che figata! Ma
non si esce dalla merda quando ci sei cresciuto dentro, inutile sperare! Inutile!
Thomas sta per accartocciare la busta chiusa, poi si ferma.
E se per una volta fosse andata bene? Se potessi davvero andare via e ricominciare? Io qui non ci
voglio restare, non ne posso più di merda e merda e merda.
Io voglio…
Thomas resta in silenzio un attimo, poi poggia con delicatezza la busta sul letto, si alza e si
avvicina all’armadio. Attaccata all’anta c’è una cartolina di mare, Thomas la guarda, poi la stacca
e legge il retro. La poggia sul letto. Torna all’armadio e tira fuori uno zaino da campeggio, butta
anche quello sul letto, sopra la cartolina. Poi inizia a tirare fuori dall’armadio vestiti su vestiti e ad
infilarli nello zaino, dopo pochi momenti non c’entra più nulla.
Thomas si ferma.
THOMAS: No, così no, non posso buttare dentro tutto quello che capita.
Capovolge lo zaino e lo svuota sul letto. Poi inizia a scegliere i vestiti. Nel cumulo trova una
maglietta logora e stinta, che sicuramente è troppo piccola per lui. La guarda con attenzione e
sorride tra sé.
THOMAS: E di te che ne faccio? Sei in quell’armadio da quanto? 10 anni? Eh sì, avevo 7 anni
quando mamma me l’ha regalata. Non mi ricordo nessun altro regalo di mamma. Né compleanni né
Natale. Sei un pezzo unico!
Resta in silenzio, pensieroso, seduto a terra con le spalle appoggiate al letto. Allunga una mano e
riprende la busta chiusa.
E se me ne vado che ne sarà di mia madre? Non mi ricordo una volta in cui mia madre mi abbia
fatto un regalo, o sia venuta a prendermi a scuola. Io restavo lì, con lo zaino in spalla e guardavo i
genitori degli altri bambini che abbracciavano i propri figli e chiedevano cos’era successo di nuovo
quel giorno a scuola. Deprimente. Questo me lo ricordo.
Però credo che mamma abbia sempre fatto il possibile, solo che era troppo impegnata a litigare con
le mie sorelle… anche di questo mi ricordo, di quando tornavo a casa e sentivo che stavano
litigando e urlando e sapevo che mi dovevo nascondere perché presto avrebbero iniziato a
picchiarsi. Mi sa che questa (stringe la maglietta) me l’ha regalata dopo una di quelle crisi.
Come faccio ad andarmene e a lasciare mia madre in questo casino?
Ma se non me ne vado continuerà così, violenza, violenza, violenza. Ne ho vista fin troppa di
violenza! L’ho usata anche, ma ora non più. No, ora non più, l’ho deciso. Ma come faccio a restare
qui se non voglio mai più alzare le mani su qualcuno? Qui o picchi o muori, non c’è scelta!
(Thomas posa di nuovo la lettera sul letto) Tanto dubito che mi abbiano scelto…. (inizia a piegare
accuratamente la maglietta. Poi la mette nello zaino). Si fa così, per scherzo, per illudersi un po’!
MUSICA. Ricomincia a piegare i vestiti e ogni tanto ne mette qualcuno nell’armadio e qualcun
altro nello zaino. Quando ha finito riprende la busta e ricomincia a rigirarla fra le mani. Poi, come
se di nuovo le parlasse. La musica si abbassa.
THOMAS: Il problema non è la risposta. Il problema sono io. Se va bene, ok. Ma se va male che
faccio? Resto qui a distruggermi? Me ne vado lo stesso? Che faccio? Che ne so io di come ci si
comporta fuori? Che faccio?
La musica si alza di nuovo. Thomas si prende la testa tra le mani e resta immobile fino alla fine del
pezzo.
Fine musica.
Thomas prende il telefono.
THOMAS: Ohi Francesco sono io, stasera non vengo. No, non ho voglia. Sì si, alla prossima, ciao.
Thomas prende lo zaino, lo chiude e lo appoggia vicino alla porta. Torna al letto e vede la
cartolina che ci aveva appoggiato sopra. La prende in mano.
THOMAS: Troppi ricordi per un giorno solo... Ma questo è un monito, non un ricordo. Se cresci
con un padre alcolista che poi un giorno scompare è bene avere qualcosa che ti ricordi di lui, che ti
ricordi di non diventare come lui. La cosa buffa è che l’unico ricordo di quell’uomo è un ricordo
felice. Mi sa che è per questo che fa ancora più male. Vedere di sfuggita una famiglia… un viaggio
al mare, due genitori felici e sereni e un bambino che dorme nel sedile posteriore della macchina,
vedere di sfuggita una famiglia normale. Vedere come poteva essere se lui fosse stato un altro
invece dell’ubriaco che mi svegliava di notte, puzzando di vino, mi dava dei soldi e spariva per
mesi. Già un monito. Il monito di cosa potrei perdere, del male che potrei fare se restassi qui e
diventassi come lui. Ma forse sono già come lui… io non lo so se ci si può riscattare, se si può
essere diversi… Ma comunque non voglio essere come lui.
Riapre lo zaino e ci mette dentro la cartolina.
Qualunque cosa ma non come lui.
Torna al letto, riprende la busta in mano.
THOMAS: Forza!
Apre la busta e legge la lettera. Resta immobile con lo sguardo fisso, un’espressione indecifrabile.
Poi si alza lentamente, piega il foglio e se lo mette nella tasca dei jeans. Spegne il pc e lo stereo. Si
guarda intorno, prende lo zaino e apre la porta.
THOMAS: (guardandosi indietro per un attimo) Forza!
Thomas esce di scena. Musica e luce che si abbassa illuminando solo la busta aperta abbandonata
sul letto.
Buio.
Fine.