La selva incantata T5 - IIS Severi

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La selva incantata T5 - IIS Severi
Torquato Tasso dalla Gerusalemme liberata, XIII, 17-46
T5
La selva incantata
Dopo che Clorinda e Argante hanno incendiato la grande torre con cui i cristiani avevano dato l’assalto alle
mura, il mago Ismeno vuole impedire che i nemici ne costruiscano un’altra, perciò getta l’incantesimo sulla
selva di Saron, in modo che da essa non possa essere più ricavato legname.
1. Ma ... rifatta: ma nel frattempo il pio
Buglione non vuole che la città fortificata (forte) venga percossa inutilmente
(con macchine minori), se non vengono
prima rifatte la grande torre e qualche
altra macchina bellica.
2. porger ... atta: è solito offrire legname pronto e adatto a tale uso (cioè costruire le macchine).
3. timor ... arresta: un timore inconsueto, strano, all’apparire della foresta li
ferma.
4. Qual ... portenti: come l’ingenuo
bambino non osa guardare dove gli
sembra siano presenti fantasmi inquietanti, o come prova paura nella notte
tenebrosa, immaginando solo mostri o
fatti portentosi.
5. così ... Sfinge: così temevano, senza
però sapere che cosa fosse ciò che li
sgomentava, se non che forse la loro
paura rappresentava ai loro sensi prodigi più spaventosi che la Chimera o la
Sfinge (figure mitologiche mostruose
dell’antichità).
6. Torna ... effetti: torna il gruppo (dei
fabbri) ed espone i fatti in modi diversi e
confonde talmente le varie versioni che
mentre racconta viene schernito, né i
fatti prodigiosi vengono creduti.
7. eletti: scelti.
8. perché ... ardire: perché faccia da
scorta all’altra (dei fabbri) e le infonda
coraggio nel compiere il suo lavoro (magisteri).
9. Questi ... core: non appena questi (i
guerrieri scelti), avvicinandosi al luogo
dove si erano insediati gli empi demoni
nell’orrida selva, guardarono le nere ombre, il loro cuore tremò e si agghiacciò.
10. Pur ... timore: (nonostante la sensazione raggelante) procedono oltre, occultando il vile timore con l’ostentazione
della padronanza di sé.
11. lunge poco: poco lontano.
12. repente: improvvisamente.
13. che treme: che tremi (a causa di un
terremoto).
14. Austri: i venti del Sud.
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Ma in questo mezzo il pio Buglion non vòle
che la forte cittade in van si batta,
se non è prima la maggior sua mole
ed alcuna altra machina rifatta1.
E i fabri al bosco invia che porger sòle
ad uso tal pronta materia ed atta2.
Vanno costor su l’alba a la foresta,
ma timor novo al suo apparir gli arresta3.
18
Qual semplice bambin mirar non osa
dove insolite larve abbia presenti,
o come pave ne la notte ombrosa,
imaginando pur mostri e portenti4,
così temean, senza saper qual cosa
siasi quella però che gli sgomenti,
se non che ’l timor forse a i sensi finge
maggior prodigi di Chimera o Sfinge5.
19
Torna la turba, e misera e smarrita
varia e confonde sì le cose e i detti
ch’ella nel riferir n’è poi schernita,
né son creduti i mostruosi effetti6.
Allor vi manda il capitano ardita
e forte squadra di guerrieri eletti7,
perché sia scorta a l’altra e ’n esseguire
i magisteri suoi le porga ardire8.
20
Questi, appressando ove lor seggio han posto
gli empi demoni in quel selvaggio orrore,
non rimiràr le nere ombre sì tosto,
che lor si scosse e tornò ghiaccio il core9.
Pur oltra ancor se ’n gian, tenendo ascosto
sotto audaci sembianti il vil timore10;
e tanto s’avanzàr che lunge poco11
erano omai da l’incantato loco.
21
Esce allor de la selva un suon repente12
che par rimbombo di terren che treme13,
e ’l mormorar de gli Austri14 in lui si sente
e ’l pianto d’onda che fra scogli geme.
Come rugge il leon, fischia il serpente,
come urla il lupo e come l’orso freme
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v’odi, e v’odi le trombe, e v’odi il tuono:
tanti e sì fatti suoni esprime un suono15.
15. tanti ... suono: il suono prodotto
dalla selva è dunque il risultato dei più
inquietanti rumori conosciuti.
16. la temenza ... apparse: la paura apparve da mille segni.
17. né disciplina ... scarse: né la disciplina militare o la ragione possono far sì
che osino andare avanti o fermarsi, perché contro la misteriosa potenza che li
colpisce le loro possibilità di difesa sono
deboli e insufficienti.
18. in cotal ... n’avisa: ne informa il pio
Buglione in questo modo, giustificando
l’accaduto.
19. non è ... traslata: non vi è più nessuno fra noi che si vanti di tagliare gli
alberi, perché la selva è così custodita
che io credo (e sarei disposto a giurarlo) che in quelle piante abbia trasferito
la sua reggia Plutone (il dio degli inferi,
vale a dire Satana, perché, come avviene spesso nel poema, la mitologia pagana si sovrappone a quella cristiana).
20. Ben ... guata: certo colui che riesce
a guardare intrepidamente la selva ha il
cuore protetto da una triplice o ancora
più spessa corazza di duro diamante.
21. né ... s’arrischia: né ha sentimento
in cuore colui che si arrischia a udire.
22. a sorte: per caso.
23. fera: feroce.
24. fèra: fiera, belva feroce.
25. formidabile: temibile.
26. tremoto: terremoto.
27. Crollava ... dicendo: il suo atteggiamento segnala il totale disprezzo del
pericolo.
28. gir confido: ho il coraggio di andare.
29. io sol ... nido: io solo ho intenzione
di tagliare gli alberi di quel bosco, che è
divenuto sede di oscuri fantasmi.
30. augei: uccelli.
31. o pur ... mostri: neppure se tra quei
luoghi spaventosi mi si mostri il varco
per entrare nell’inferno.
32. Cotal ... s’invia: in tal modo si vanta
davanti a Goffredo e, ricevuto il permesso, il cavaliere si avvia (verso la foresta).
33. quel ... uscia: quello strano rimbombo che usciva da essa.
34. pria: prima.
35. e già ... acceso: e già avrebbe calpestato il suolo custodito (dai diavoli),
ma si oppone (o così gli pare) un fuoco
acceso.
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In tutti allor s’impallidìr le gote
e la temenza a mille segni apparse16,
né disciplina tanto o ragion pote
ch’osin di gire inanzi o di fermarse,
ch’a l’occulta virtù che gli percote
son le difese loro anguste e scarse17.
Fuggono al fine; e un d’essi, in cotal guisa
scusando il fatto, il pio Buglion n’avisa18:
23
– Signor, non è di noi chi più si vante
troncar la selva, ch’ella è sì guardata
ch’io credo (e ’l giurerei) che in quelle piante
abbia la reggia sua Pluton traslata19.
Ben ha tre volte e più d’aspro diamante
ricinto il cor chi intrepido la guata20;
né senso v’ha colui ch’udir s’arrischia21
come tonando insieme rugge e fischia. –
24
Così costui parlava. Alcasto v’era
fra molti che l’udian presente a sorte22:
l’uom di temerità stupida e fera23,
sprezzator de’ mortali e de la morte;
che non avria temuto orribil fèra24,
né mostro formidabile25 ad uom forte,
né tremoto26, né folgore, né vento,
né s’altro ha il mondo più di violento.
25
Crollava il capo e sorridea dicendo27:
– Dove costui non osa, io gir confido28;
io sol quel bosco di troncar intendo
che di torbidi sogni è fatto nido29.
Già no ’l mi vieterà fantasma orrendo
né di selva o d’augei30 fremito o grido,
o pur tra quei sì spaventosi chiostri
d’ir ne l’inferno il varco a me si mostri31. –
26
Cotal si vanta al capitano, e tolta
da lui licenza il cavalier s’invia32;
e rimira la selva, e poscia ascolta
quel che da lei novo rimbombo uscia33,
né però il piede audace indietro volta
ma securo e sprezzante è come pria34;
e già calcato avrebbe il suol difeso,
ma gli s’oppone (o pargli) un foco acceso35.
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Cresce il gran foco, e ’n forma d’alte mura
stende le fiamme torbide e fumanti;
e ne cinge quel bosco, e l’assecura
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ch’altri gli arbori suoi non tronchi e schianti36.
Le maggiori sue fiamme hanno figura37
di castelli superbi e torreggianti,
e di tormenti bellici ha munite
le rocche sue questa novella Dite38.
36. l’assecura ... schianti: lo rende sicuro dal fatto che altri non tronchi e
schianti i suoi alberi.
37. figura: l’aspetto.
38. e di tormenti ... Dite: e questa nuova città infernale (Dite) ha le sue mura
difese da macchine da guerra (tormenti bellici).
39. in guarda: a guardia.
40. il riguarda: lo guarda.
41. dibattendo: agitando.
42. in caccia: quando è cacciato.
43. ignoto affetto: sentimento a lui sconosciuto.
44. fatto ... lontan: dopo essersi allontanato.
45. acceso e muto: infiammato e reso
muto.
46. i passi torse: rivolse i passi.
47. ne la luce: al cospetto.
48. di restarsi agogna: desidera di restare in disparte.
49. ragiona ... sogna: gli parla con
l’aria trasognata.
50. Diffetto ... in lui: Goffredo deduce
che egli abbia avuto paura e sia fuggito.
51. Or ciò ... prodigi?: ciò che sarà
mai? Forse questi sono incantesimi o
straordinari fenomeni naturali?
52. Ma ... ritorni: ma se vi è qualcuno
che un nobile desiderio sproni ad esplorare quelle zone selvagge, vada pure e
tenti la sorte, e torni almeno portando
notizie più certe.
53. Tentata: affrontata.
54. alcun non fue: non ci fu nessuno.
55. sorto: alzato (dal letto dove giaceva
ferito).
56. mal atto ... lorica: non ancora in
grado di portare elmo e corazza.
57. ’l cor ... corpo: il suo animo pieno di
coraggio trasfonde il suo vigore al corpo.
58. n’abbonde: ne abbondi (di vigore).
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Oh quanti appaion mostri armati in guarda39
de gli alti merli e in che terribil faccia!
De’ quai con occhi biechi altri il riguarda40,
e dibattendo41 l’arme altri il minaccia.
Fugge egli al fine, e ben la fuga è tarda,
qual di leon che si ritiri in caccia42,
ma pure è fuga; e pur gli scote il petto
timor, sin a quel punto ignoto affetto43.
29
Non s’avide esso allor d’aver temuto,
ma fatto poi lontan44 ben se n’accorse;
e stupor n’ebbe e sdegno, e dente acuto
d’amaro pentimento il cor gli morse.
E, di trista vergogna acceso e muto45,
attonito in disparte i passi torse46,
ché quella faccia alzar, già sì orgogliosa,
ne la luce47 de gli uomini non osa.
30
Chiamato da Goffredo, indugia e scuse
trova a l’indugio, e di restarsi agogna48.
Pur va, ma lento; e tien le labra chiuse
o gli ragiona in guisa d’uom che sogna49.
Diffetto e fuga il capitan concluse
in lui50 da quella insolita vergogna,
poi disse: – Or ciò che fia? forse prestigi
son questi o di natura alti prodigi?51
31
Ma s’alcun v’è cui nobil voglia accenda
di cercar que’ salvatichi soggiorni,
vadane pure, e la ventura imprenda
e nunzio almen più certo a noi ritorni52. –
Così disse egli, e la gran selva orrenda
tentata53 fu ne’ tre seguenti giorni
da i più famosi; e pur alcun non fue54
che non fuggisse a le minaccie sue.
32
Era il prence Tancredi intanto sorto55
a sepellir la sua diletta amica,
e benché in volto sia languido e smorto
e mal atto a portar elmo o lorica56,
nulla di men, poi che ’l bisogno ha scorto,
ei non ricusa il rischio o la fatica,
ché ’l cor vivace il suo vigor trasfonde
al corpo57 sì che par ch’esso n’abbonde58.
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59. Vassene ... tremoto: il valoroso se
ne va verso il rischio ignoto raccolto in
sé, silenzioso e guardingo, e riesce a
sopportare la terribile vista della selva e
il gran rumore del tuono e del terremoto.
60. nulla sbigottisce: non si spaventa
per nulla.
61. il seda: lo frena.
62. Trapassa: prosegue.
63. dubbio: dubbioso.
64. che vaglion: a che servono.
65. Non mai ... risparmi: nessuno risparmi la vita, quando una causa giusta
(onesta) lo richieda per il vantaggio comune.
66. né prodigo ... spande: né un uomo
degno sia prodigo della sua grande anima (cioè non la getti via troppo facilmente); e tale (prodigo) sarebbe certamente chi qui la spreca.
67. Pur l’oste ... riedo?: tuttavia l’esercito dei crociati che cosa dirà se io torno
senza aver ottenuto nulla?
68. qual ... speranza?: quale speranza
ha di tagliare un’altra selva? (Infatti vicino a Gerusalemme non vi è altra selva
che possa fornire legname).
69. questo varco: l’accesso alla selva
di Saron.
70. fia ... sembianza: sarà negli effetti
minore di quanto appaia.
71. seguane ... pote: accada ciò che
deve accadere.
72. ma pur ... ora: ma i suoi sensi in
così breve tempo non poterono giudicare se fossero fiamme vere o vane apparenze (larve), perché improvvisamente
la falsa immagine appena toccata sparì
e sopraggiunse una densa nuvola che
portò buio e gelo; e il gelo e la tenebra
si dileguarono parimenti in un attimo
(picciol ora).
73. Stupido: stupefatto.
74. profane soglie: il varco della foresta abitata dai diavoli.
75. secreto: angolo remoto.
76. né trova ... fosco: né trova sul suo
cammino ostacolo o impedimento, se
non in quanto il bosco, essendo intricato
e buio, di per sé impedisce la vista e ritarda il cammino.
77. altero: alto.
78. Colà si drizza: Tancredi si dirige
verso il cipresso.
79. impresso: inciso.
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Vassene il valoroso in sé ristretto,
e tacito e guardingo, al rischio ignoto,
e sostien de la selva il fero aspetto
e ’l gran romor del tuono e del tremoto59;
e nulla sbigottisce60, e sol nel petto
sente, ma tosto il seda61, un picciol moto.
Trapassa62, ed ecco in quel silvestre loco
sorge improvisa la città del foco.
34
Allor s’arretra, e dubbio63 alquanto resta
fra sé dicendo: «Or qui che vaglion64 l’armi?
Ne le fauci de’ mostri, e ’n gola a questa
devoratrice fiamma andrò a gettarmi?
Non mai la vita, ove cagione onesta
del comun pro la chieda, altri risparmi65,
ma né prodigo sia d’anima grande
uom degno; e tale è ben chi qui la spande66.
35
Pur l’oste che dirà, s’indarno i’ riedo?67
qual altra selva ha di troncar speranza?68
Né intentato lasciar vorrà Goffredo
mai questo varco69. Or s’oltre alcun s’avanza,
forse l’incendio che qui sorto i’ vedo
fia d’effetto minor che di sembianza70;
ma seguane che pote71». E in questo dire,
dentro saltovvi. Oh memorando ardire!
36
Né sotto l’arme già sentir gli parve
caldo o fervor come di foco intenso;
ma pur, se fosser vere fiamme o larve,
mal poté giudicar sì tosto il senso,
perché repente a pena tocco sparve
quel simulacro, e giunse un nuvol denso
che portò notte e verno; e ’l verno ancora
e l’ombra dileguossi in picciol ora72.
37
Stupido73 sì, ma intrepido rimane
Tancredi; e poi che vede il tutto cheto,
mette securo il piè ne le profane
soglie74 e spia de la selva ogni secreto75.
Né più apparenze inusitate e strane,
né trova alcun fra via scontro o divieto,
se non quanto per sé ritarda il bosco
la vista e i passi inviluppato e fosco76.
38
Al fine un largo spazio in forma scorge
d’anfiteatro, e non è pianta in esso,
salvo che nel suo mezzo altero77 sorge,
quasi eccelsa piramide, un cipresso.
Colà si drizza78, e nel mirar s’accorge
ch’era di vari segni il tronco impresso79,
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simili a quei che in vece usò di scritto
l’antico già misterioso Egitto80.
80. a quei ... Egitto: i geroglifici, che
l’antico e misterioso Egitto usò come
scrittura.
81. sermon di Soria: lingua della Siria.
82. chiostri: spazi, regioni.
83. secreta: appartata.
84. Perdona ... prive: risparmia le anime dei morti, ormai prive della luce del
mondo dei vivi.
85. dée: deve.
86. quel motto: quell’iscrizione.
87. i sensi occulti: il misterioso significato.
88. tragge: sfodera.
89. Tutto ... consiglia: è invaso dal raccapriccio e tuttavia rinnova con maggior
forza il colpo e decide (si consiglia) di
vedere quale sarà il risultato.
90. distinto in voci: risolvendosi in parole distinte.
91. Ahi! troppo ... offeso: ahimè, mi hai
fatto troppo male, Tancredi.
92. dal corpo ... discacciasti: (uccidendomi) mi scacciasti dal corpo, che
visse con me e grazie a me, un tempo
felice dimora dell’anima.
93. m’affisse: mi legò.
94. né sol ... dura: e non sono il solo
spirito umano che risieda in una pianta
dalla scorza ruvida e dura.
95. ma ciascun ... sepoltura: ma anche
ciascun altro, cristiano o pagano, che
lasci il suo corpo (morendo) ai piedi delle alte mura, è costretto da un incantesimo insolito e strano qui, in questa pianta, che non so se devo chiamare il nostro
corpo o la nostra tomba.
96. di sensi animati: forniti di sensibilità.
97. micidial: omicida.
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Fra i segni ignoti alcune note ha scorte
del sermon di Soria81 ch’ei ben possede:
«O tu che dentro a i chiostri82 de la morte
osasti por, guerriero audace, il piede,
deh! se non sei crudel quanto sei forte,
deh! non turbar questa secreta83 sede.
Perdona a l’alme omai di luce prive84:
non dée85 guerra co’ morti aver chi vive».
40
Così dicea quel motto86. Egli era intento
de le brevi parole a i sensi occulti87:
fremere intanto udia continuo il vento
tra le frondi del bosco e tra i virgulti,
e trarne un suon che flebile concento
par d’umani sospiri e di singulti,
e un non so che confuso instilla al core
di pietà, di spavento e di dolore.
41
Pur tragge88 al fin la spada, e con gran forza
percote l’alta pianta. Oh meraviglia!
manda fuor sangue la recisa scorza,
e fa la terra intorno a sé vermiglia.
Tutto si raccapriccia, e pur rinforza
il colpo e ’l fin vederne ei si consiglia89.
Allor, quasi di tomba, uscir ne sente
un indistinto gemito dolente,
42
che poi distinto in voci90: – Ahi! troppo – disse
– m’hai tu, Tancredi, offeso91; or tanto basti.
Tu dal corpo che meco e per me visse,
felice albergo già, mi discacciasti92:
perché il misero tronco, a cui m’affisse93
il mio duro destino, anco mi guasti?
Dopo la morte gli aversari tuoi,
crudel, ne’ lor sepolcri offender vuoi?
43
Clorinda fui, né sol qui spirto umano
albergo in questa pianta rozza e dura94,
ma ciascun altro ancor, franco o pagano,
che lassi i membri a piè de l’alte mura,
astretto è qui da novo incanto e strano,
non so s’io dica in corpo o in sepoltura95.
Son di sensi animati96 i rami e i tronchi,
e micidial97 sei tu, se legno tronchi. –
44
Qual l’infermo talor ch’in sogno scorge
drago o cinta di fiamme alta Chimera,
se ben sospetta o in parte anco s’accorge
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98. Qual ... cede: come talora il malato
che in sogno vede un drago o una Chimera enorme cinta di fiamme, sebbene
sospetti o in parte anche si accorga che
l’immagine non è una forma vera, tuttavia desidera fuggire, tanto l’apparenza
orrida e spaventosa gli incute spavento,
così il timoroso amante non crede pienamente ai falsi inganni, tuttavia ne ha
paura e si ritrae.
99. conquiso ... affetti: dominato da
vari sentimenti.
100. moto: emozione.
101. il ferro: la spada.
102. ’l manco ... tema: il timore è il sentimento meno forte; cioè più forti sono
l’orrore provato al sentire la voce di Clorinda morta e il rimorso di averla ancora
straziata con le sue mani.
103. presente ... gema: gli sembra di
avere dinanzi a sé la sua donna da lui
uccisa che pianga e gema.
104. soffrir: sopportare.
105. egro: malato, ferito.
106. Così ... spavento: così nessuna
vana immagine turbò con profondo spavento quel cuore audace di fronte alla
morte.
107. ma lui ... lamento: ma una falsa
immagine e finti lamenti ingannarono lui,
che è solo debole, vulnerabile in amore.
108. fore: fuori.
109. partissi: si allontanò.
110. poscia: poi.
che ’l simulacro sia non forma vera,
pur desia di fuggir, tanto gli porge
spavento la sembianza orrida e fera,
tal il timido amante a pien non crede
a i falsi inganni, e pur ne teme e cede98.
45
E, dentro, il cor gli è in modo tal conquiso
da vari affetti99 che s’agghiaccia e trema,
e nel moto100 potente ed improviso
gli cade il ferro101, e ’l manco è in lui la tema102.
Va fuor di sé: presente aver gli è aviso
l’offesa donna sua che plori e gema103,
né può soffrir104 di rimirar quel sangue,
né quei gemiti udir d’egro105 che langue.
46
Così quel contra morte audace core
nulla forma turbò d’alto spavento106,
ma lui che solo è fievole in amore
falsa imago deluse e van lamento107.
Il suo caduto ferro intanto fore108
portò del bosco impetuoso vento,
sì che vinto partissi109; e in su la strada
ritrovò poscia110 e ripigliò la spada.
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ANALISI DEL TESTO
IL MODULO
FIABESCO
LA TECNICA
NARRATIVA:
FOCALIZZAZIONE
INTERNA
E SUSPENSE
TANCREDI
EROE
INADEGUATO
AL COMPITO
La tecnica narrativa. Nella ripetizione in parallelo delle varie prove dei fabbri e dei
guerrieri l’episodio rivela una costruzione di tipo fiabesco (propria della fiaba è infatti
la ripetizione indefinita delle azioni), ma si tratta di un fiabesco sinistro, allucinato e
terrificante. A creare l’atmosfera d’incubo contribuisce la tecnica narrativa, che punta a
determinare una continua tensione, una suspense. L’effetto è ottenuto mediante la focalizzazione interna ai personaggi: la voce narrante non anticipa nulla di ciò che sta per avvenire, sicché il lettore scopre le cose man mano che le scoprono i personaggi, in particolare
il principale di essi, Tancredi: le loro scoperte diventano quelle del lettore, ed egli può
immedesimarsi con le successive sorprese.
L’eroe inadeguato. Tancredi supera via via i diversi gradi di paura, ma non è l’eroe
eletto a portare a compimento l’impresa e a vincere le forze demoniache che si oppongono all’alta missione dei crociati: tale compito è assegnato a Rinaldo. Tancredi infatti è
ancora legato all’amore, che è una delle principali forze contrarie all’eroismo guerriero
indirizzato al trionfo della fede, e a questo vincolo in lui viene ad aggiungersi per di più
il rimorso per avere ucciso di sua propria mano la donna amata. Amore e rimorso uniti,
pertanto, bloccano irrimediabilmente la sua impresa eroica.
Come spesso avviene, Tancredi appare eroe velleitario, inadeguato dinanzi al suo alto compito, sconfitto per una sorta di tara psicologica che mina la sua volontà e le sue forze. Alla
debolezza psicologica si aggiunge quella fisica: Tancredi è ancora «languido e smorto» per
le ferite ricevute nel duello con Clorinda, e «mal atto a portar elmo e lorica». È questa una
situazione che si ripete spesso nel poema: quando Tancredi è chiamato ad un compito im-
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portante è sempre inadeguato per la debolezza fisica. Così avviene quando, ancora debole
per le ferite riportate nel duello con Argante, si pone all’inseguimento di quella che crede
Clorinda; così avverrà ancora durante la presa di Gerusalemme, quando soffrirà delle ferite
del secondo duello con l’eroe pagano. Evidentemente la debolezza fisica, esteriore, è cifra
di una debolezza interiore. Tasso vagheggia un eroe gagliardo e impavido, ma di fatto lo
presenta sempre perplesso, irresoluto, paralizzato nell’azione, ferito, languente.
LA FALSA
DISCESA
AGL’INFERI
LA DISCESA
NELLE
PROFONDITÀ
DELLA
PSICHE
I “MOSTRI”
LE FONTI
LETTERARIE
La dimensione simbolica. L’albero fatato, che ai sensi di Tancredi appare come animato dallo spirito di Clorinda, è un cipresso: non a caso una pianta mortuaria. E la scritta che
esso reca avverte l’eroe che ha osato porre piede «dentro a i chiostri de la morte». L’impresa
di Tancredi sembra configurarsi come una discesa agl’inferi, nel regno dei morti, un elemento ricorrente nell’epica antica: agl’inferi scendono sia Ulisse nell’Odissea omerica sia
Enea nell’Eneide virgiliana. La discesa è un momento essenziale nella vicenda degli antichi
eroi epici: lo scendere nelle profondità della terra e l’incontro con i morti valgono ad accrescere le loro conoscenze e a rinsaldare le loro forze per la missione che devono compiere.
Ma quella di Tancredi è una falsa discesa agl’inferi, prodotto di inganni malefici. L’eroe non
scende veramente nel regno dei morti per ricavare una maggior forza per la sua missione,
ma, tutto al contrario, resta vittima di un inganno che lo distoglie dai suoi compiti. Tancredi
non scende nell’Ade, scende nelle profondità della propria psiche, scopre i mostri che la
popolano (l’amore funesto, il rimorso atroce), ne resta sconvolto e impedito nell’azione.
Tutto ciò che lo ostacola, la voce di Clorinda, il sangue, in realtà non è fuori di lui, ma è
proiezione di ciò che è dentro di lui, materializzazione di ciò che tormenta il fondo della
sua anima. Tasso, poeta inquieto e turbato di un’età di crisi, ha intuizioni straordinarie per
ciò che concerne le profondità della psiche, dense di anticipazioni del futuro.
La similitudine che illustra la reazione di Tancredi alla voce di Clorinda è estremamente
significativa: l’eroe è paragonato ad un «infermo» che in sogno scorge mostri terrificanti,
«drago o cinta di fiamme alta Chimera». Il termine «infermo» è allusivo alla condizione
di malato che è propria di Tancredi, malato nello spirito ancor più che nel fisico, mentre
la citazione dei mostri richiama l’atmosfera allucinata, d’incubo, che avvolge l’episodio
e i “mostri” che affiorano dal profondo dell’anima dell’eroe, venendo a popolare la realtà
intorno a lui. La sua coscienza non è spenta («il timido amante a pien non crede / a i falsi
inganni»), e tuttavia egli non ha la forza di vincere i “mostri”, ne è sconfitto ed è costretto
a cedere («e pur ne teme e cede»).
L’imitazione. L’episodio è modellato chiaramente su fonti letterarie, sempre in obbedienza al principio di imitazione dominante nel classicismo rinascimentale: il Polidoro del
libro III dell’Eneide, la cui voce esce di sotterra attraverso un cespuglio, ma soprattutto il
dantesco Pier della Vigna (Inferno, XIII), trasformato in un albero che, spezzato da Dante,
emette sangue e parole di rimprovero (si può poi aggiungere l’esempio più prossimo di
Astolfo, trasformato in mirto parlante da Alcina, nel Furioso). Ma in realtà i modelli sono
assunti in una prospettiva del tutto originale e piegati in tutt’altra direzione. In primo luogo
qui il prodigio dell’albero sanguinante e parlante non è un fatto reale, effetto della giustizia divina, come in Dante, ma è il prodotto di un’allucinazione demoniaca, di una funesta
illusione dei sensi; in secondo luogo chi parla dall’albero è stato ucciso dall’eroe stesso,
quindi la situazione è più orrida e straziante. Non c’è bisogno di dire, poi, che i tormenti
interiori di Tancredi sono lontanissimi dalla levità fiabesca dell’episodio di Ariosto.
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Torquato Tasso • T5
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ATTIVITÀ SUL TESTO
COMPRENSIONE
1.
2.
3.
4.
Chi tenta, prima di Tancredi, di addentrarsi nella selva incantata?
Di fronte a quale visione Alcasto si dà alla fuga?
Quali considerazioni fa Tancredi, prima di avanzare tra le fiamme della selva?
Dove sorge l’albero incantato che Tancredi colpisce?
ANALISI
5.
6.
7.
8.
Suddividi il brano in sequenze, tenendo conto dei diversi tentativi di addentrarsi nella selva messi in atto dai
cristiani. Quali differenze si possono cogliere nel rapporto tra tempo del racconto e tempo della storia tra le
varie sequenze? A quale sequenza corrisponde il racconto più ampio e dettagliato?
Analizza l’ottava 21: quali vocaboli evocano, a livello fonico, le sonorità inquietanti della selva? Si può notare, in
generale, un’insistenza su uno specifico timbro vocalico?
Anche Alcasto, come Tancredi, non è atto a portare a termine l’impresa e fallisce. Qual è il limite che ne abbassa la statura eroica?
Quale significato simbolico assume, nel contesto del brano, la perdita e il ritrovamento della spada da parte di
Tancredi (ottava 46, vv. 5-8)?
APPROFONDIMENTI
9.
Svolgi un confronto tra la selva di questo episodio e quelle che compaiono all’inizio della Commedia dantesca
e dell’Orlando furioso di Ariosto. In che cosa si rassomigliano? Quali significati assumono nelle diverse opere?
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