federazione ordini farmacisti italiani
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FEDERAZIONE ORDINI FARMACISTI ITALIANI Roma, 10/1/2006 Ufficio Protocollo Oggetto DRE/MDT 20060000361/AG Farmacisti collaboratori e rapporti giuridici di lavoro. Circolare n. 6732 AI PRESIDENTI DEGLI ORDINI DEI FARMACISTI e p.c. AI COMPONENTI IL COMITATO CENTRALE DELLA F.O.F.I. LORO SEDI Questa Federazione ritiene utile precisare alcuni aspetti concernenti i rapporti giuridici di lavoro che possono intercorrere con i collaboratori di farmacia. E’ stato posto a questa Federazione un quesito circa la possibilità di stipulare contratti di lavoro a progetto con farmacisti nella farmacia. A tale riguardo si fa presente che il DLgs 276/2003 (noto come “Legge Biagi”) ha introdotto l’istituto del lavoro a progetto (in sostituzione delle collaborazioni coordinate e continuative, non più utilizzabili nel settore privato). Tuttavia occorre precisare che, in base a quanto disposto dall’art. 61 del DLgs 276/2003 (All. 1), sono escluse dalla disciplina del lavoro a progetto le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione all’Albo; tale esclusione riguarda pertanto anche la professione del farmacista. Ne consegue che il contratto di lavoro a progetto non può essere stipulato con un farmacista ove abbia ad oggetto l’espletamento di attività proprie della professione. Con l’occasione questa Federazione ritiene utile fornire alcune precisazioni in merito ai rapporti giuridici di lavoro che possono intercorrere con un collaboratore di farmacia. In primo luogo occorre evidenziare che i rapporti di lavoro, previsti dall’ordinamento e configurabili nei confronti dei farmacisti collaboratori, sono i seguenti: • • • • • rapporto di lavoro dipendente; rapporto di lavoro autonomo; associazione in partecipazione; impresa familiare; società tra farmacisti. In particolare, preme richiamare l’attenzione sulla differenza che intercorre tra lavoro autonomo e lavoro subordinato quale si ricava dai principi enucleati dalla dottrina e dalla giurisprudenza giuslavoristica. La dottrina dominante ha individuato nel “vincolo di dipendenza da altri per poter lavorare” l’elemento fondamentale del lavoro subordinato e nel “conseguente assoggettamento ai poteri di iniziativa e di gestione del datore di lavoro” il tratto che lo distingue da quello autonomo caratterizzato, invece, dalla “libertà di scelta e di gestione della attività rivolta alla realizzazione di un’opera o di un servizio” (cfr Scognamiglio R. voce Lavoro subordinato in Enciclopedia Giuridica Treccani, volume XVIII, 1990). Il medesimo principio emerge anche da diverse pronunce della giurisprudenza (cfr Corte di Cassazione, Sez. Lavoro sentenze n. 2680/1990; n. 2553/1990 e n. 2370/1998 - All. 2, 3 e 4) in cui è stato evidenziato che ai fini della distinzione tra lavoro autonomo e subordinato occorre aver riguardo anzitutto alla sussistenza o meno del vincolo di subordinazione inteso come vincolo di natura personale che assoggetta il prestatore al potere direttivo (e, quindi, anche organizzativo e disciplinare) del datore di lavoro con conseguente limitazione della sua autonomia. L’elemento distintivo del rapporto di lavoro subordinato va individuato, dunque, “nell’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, che si estrinseca in specifiche disposizioni, le quali si risolvono nell’inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale” (cfr Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, sentenza n. 9151/2004 - All. 5). Ulteriori criteri, di natura complementare e sussidiaria rispetto a quello determinante della subordinazione, sono stati individuati nella collaborazione, nella continuità delle prestazioni, nell’osservanza di un orario determinato, nel versamento a scadenze fisse di una retribuzione prestabilita, nel coordinamento dell’attività lavorativa all’assetto organizzativo dato dal datore di lavoro, nell’assenza in capo al lavoratore di una sia pur minima struttura imprenditoriale, nella necessità di giustificare le assenze. Tali elementi, pur non essendo sufficienti, singolarmente considerati, a rilevare la natura subordinata o autonoma di un rapporto di lavoro possono essere valutati globalmente come indizi della sussistenza di un vincolo di subordinazione (cfr Corte di Cassazione Sez. Lav. sentenze n. 84/1993; n. 11079/1995; n. 2370/1998 e Sez. U sentenza n. 379/1999 - All. 6, 7 e 8). Occorre inoltre precisare che ai fini della distinzione tra rapporto di lavoro autonomo e rapporto di lavoro subordinato non rileva il nomen iuris utilizzato dalle parti nel contratto ma il concreto atteggiarsi del rapporto dal momento del suo instaurarsi fino a quello suo successivo svolgimento. In tale ottica determinano la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato l’inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale e il suo assoggettamento al potere gerarchico e disciplinare del datore di lavoro (Corte di Cassazione, Sez. Lav., sentenza n. 6570/2000 - All. 9). Pertanto, in caso di contrasto tra il concreto atteggiarsi del rapporto e la diversa configurazione formale datane dalle parti dovrà darsi rilievo alle effettive modalità di svolgimento del rapporto onde evitare che, attraverso una configurazione formale del contratto non corrispondente alle concrete modalità di esecuzione, venga elusa la tutela relativa al lavoro subordinato, peraltro di rilievo costituzionale (Corte di Cassazione, Sez. Lav. sentenza n. 5520/1997 - All. 10). Si fa presente altresì che la stipulazione di un contratto di lavoro autonomo per dissimulare un rapporto di lavoro subordinato, al fine di eludere gli obblighi che quest’ultimo comporta per il datore di lavoro, configura un’ipotesi di contratto in frode alla legge ai sensi dell’art. 1344 cod. civ. (Corte di Cassazione, Sez. Lav., sentenza n. 2224/1988 - All. 11). A tale riguardo si sottolinea che nell’ipotesi di frode alla legge l’ordinamento commina la nullità del contratto (artt. 1344 e 1418 cod. civ.). In termini più generali si osserva, infine, che qualora venissero instaurati rapporti di lavoro contra legem o rapporti di lavoro simulati, ovvero venissero comunque violati gli obblighi in materia previdenziale, assicurativa e fiscale, il responsabile si esporrebbe non solo a sanzioni civili, penali e amministrative ma anche alle sanzioni disciplinari conseguenti all’aver posto in essere un comportamento contra legem. Cordiali saluti. IL SEGRETARIO A. Perotti Nigra All. 11 IL PRESIDENTE G. Leopardi